La responsabilità sociale nelle organizzazioni
(enti locali e imprese)
INDICE
1. INTRODUZIONE
2. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
2.1 I RIFERIMENTI INTERNAZIONALI (OCSE, ONU, OIL)
2.2 LE INDICAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA
3. LE INIZIATIVE PER LA RSI IN ITALIA
3.1 IL CONTESTO NAZIONALE
3.1.2 Il progetto CSR-SC
3.1.1 Il progetto REBUS
3.2 IL CONTESTO REGIONALE
3.2.1 Campania
3.2.2 Emilia Romagna
3.2.3 Marche
3.2.4 Toscana
3.2.5 Umbria
3.2.6 Le esperienze siciliane
4
GLI STRUMENTI
5
LE BUONE PRATICHE
4.1 STANDARD DI CERTIFICAZIONE
4.1.1 AA 1000
4.1.2 SA 8000
4.1.3 Q-Res
4.2 BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ
4.2.1 GRI: Sustainability Reporting Guidelines
4.2.2 GBS
4.2.3 IBS
4.3 CODICI DI CONDOTTA
4.4 GLOBAL COMPACT
5.1 IMPRESE
5.1.1
5.1.2
5.1.3
5.1.4
5.1.5
5.1.6
4
5
8
8
8
13
20
20
21
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23
24
24
26
26
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31
35
39
39
43
47
51
54
58
Granarolo
Il Sistema COOP
Monte dei Paschi di Siena
Unipol Assicurazioni
Banca Etica
L’esperienza di una piccola impresa: Piacenza 74
5.2 ENTI LOCALI
5.2.1 La Regione Toscana
5.2.2 La Provincia di Parma
5.2.3 Il Comune di Copparo (FE)
5.3 LE ASSOCIAZIONI
5.3.1 Assolombarda
5.3.2 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura
di Milano
5.3.3 CESVI
6
2
4
FONTI BIBLIOGRAFICHE
58
58
66
72
77
83
88
92
92
94
98
101
101
109
113
117
1 INTRODUZIONE
Il presente progetto di ricerca nasce come naturale proseguimento del percorso finora condotto
dal settore “Economia ambientale, sviluppo sostenibile e Agenda 21” della Fondazione
Lombardia per l'Ambiente, impegnato da diversi anni nella ricerca e nella applicazione di
strumenti e processi per la sostenibilità.
Dopo aver sviluppato diversi studi finalizzati a definire la gestione degli aspetti ambientali
(certificazioni/registrazioni) e le possibilità di integrazione con l’ambito socio-economico che li
determina (Agenda 21 Locale), il presente progetto mira a completare il quadro di sostenibilità
cui l’attuale società deve orientarsi.
Negli ultimi decenni si assiste a un costante incremento del numero di soggetti (pubblici e privati)
impegnati nel garantire un operato rispettoso di principi etici e morali.
Alla luce delle indicazioni elaborate a livello mondiale e dei numerosi strumenti a disposizione per
perseguire tali principi, la ricerca si propone come strumento formativo e di sensibilizzazione
rispetto alla tematica della Responsabilità Sociale.
Uno studio approfondito del concetto di Responsabilità Sociale di Impresa ha consentito di
individuare le principali caratteristiche degli strumenti a disposizione delle aziende e degli enti
locali che si rendono promotori della diffusione sul territorio, a partire dalle indicazioni e dalle
considerazioni che nel tempo si affermano a livello internazionale ed europeo.
Proprio dalle prescrizioni e dai consigli emanati dall’Unione Europea, emerge come la
componente sociale ed etica costituisca parte fondamentale del disegno europeo di sviluppo
economico futuro, congiuntamente alla tutela ambientale, con lo scopo di promuovere
un’economia che fonda la propria competitività sulla gestione integrata di tali aspetti e con
buone prospettive di sviluppo nel lungo periodo.
Dopo una breve rassegna dei passaggi fondamentali compiuti in ambito internazionale che
hanno determinato l’attuale stato di diffusione del concetto di Responsabilità Sociale nel mondo,
il documento si sviluppa considerando più dettagliatamente i riferimenti europei (a partire
dall’istituzione del Gyllenhammer Group nel 1997, alla pubblicazione del Libro Verde, fino alla
definizione dell’European Multi-Stakeholders Forum on CSR) e il loro recepimento nel contesto
italiano.
Pur nell’evidenza che da un punto di vista meramente istituzionale in Italia non sono stati compiuti
grandi passi1, è interessante notare come le imprese italiane si posizionino ai primi posti nel mondo
per l’applicazione degli strumenti di Responsabilità Sociale e l’adozione di comportamenti
eticamente e moralmente corretti.
Un segnale incoraggiante della crescente sensibilità rispetto alle tematiche indagate è costituito
dalle iniziative sorte in ambito regionale: sempre più Regioni stanno infatti inserendo nel proprio
ordinamento indicazioni concrete per un impegno in tal senso dei propri cittadini. Nel documento
viene quindi data evidenza delle iniziative regionali maggiormente significative.
A partire dall’osservazione del panorama di strumenti a disposizione delle organizzazioni per
l’implementazione di sistemi di gestione socialmente sostenibili, la ricerca condotta intende offrire
un’analisi delle possibilità e dei processi percorribili, proponendo schede dettagliate per ognuno
di essi: vengono così presentati i principali metodi applicati nel contesto italiano, a partire dagli
strumenti che prevedono il rilascio di un certificato di conformità in seguito alla visita ispettiva di
una parte terza, alle varie modalità di compilazione di un bilancio di sostenibilità, ai codici di
comportamento e di condotta.
L’analisi proposta definisce le particolarità che rendono tali approcci preferibili dall’una o
dall’altra organizzazione in relazione alle specificità di ognuna e del settore di appartenenza, il
grado di coinvolgimento degli stakeholders e le migliori modalità per conseguirlo, in ragione delle
maggiori difficoltà riscontrate in questa delicata fase, le aree di intervento e il processo vero e
proprio. In un’ottica di organicità, ogni strumento viene posto in relazione con gli altri,
evidenziando le possibilità di integrazione.
Una consistente sezione del documento è poi dedicata a casi di studio italiani che possano
illustrare al meglio l’applicazione della teoria presentata. Nella selezione di tali esempi sono stati
Tra le iniziative coinvolgenti l’intero contesto nazionale italiano è possibile individuare l’avvio del progetto
CSR-SC promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e la realizzazione del Progetto REBUS,
promosso però da organismi privati grazie al finanziamento della Commissione Europea.
1
2
considerati diversi criteri, che hanno portato all’inclusione di buone pratiche caratteristiche dei
diversi settori di intervento, sia nell’ambito industriale, sia istituzionale locale.
3
2 IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
Per comprendere le motivazioni che spingono sempre più organizzazioni a occuparsi di
Responsabilità Sociale, è necessario analizzare il contesto di riferimento in cui esse sono state
originariamente pensate e definite.
Viene così brevemente trattato il contesto internazionale in cui sono maturate le prime idee in
merito alla responsabilità sociale delle imprese, con particolare attenzione alle indicazioni
dell’Unione Europea, che da diversi anni promuove un discorso di sviluppo economico
competitivo, basato sul rispetto degli aspetti ambientali e su una sempre maggiore coesione
sociale.
2.1 I RIFERIMENTI INTERNAZIONALI
Il concetto di responsabilità sociale ha trovato la sua prima formulazione istituzionale nelle Linee
Guida per le multinazionali dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico), pubblicate per la prima volta nel 1976 e riviste a più riprese negli anni successivi.
Le Linee Guida si rivolgono agli Stati nazionali e alle imprese multinazionali che in essi operano,
suggerendo ai primi di farsi promotori delle Linee Guida stesse e ai secondi di adottare un codice
di condotta. Forniscono principi e modelli di buona condotta ad adesione volontaria per le
imprese, mentre per gli Stati è previsto l’obbligo di dotarsi degli strumenti in esse previsti (come ad
esempio, il Punto di Contatto Nazionale, organismo con il compito di diffondere la conoscenza
delle Linee Guida, aiutare le aziende ad adottarle e raccogliere i reclami contro le multinazionali
che le violino).
Per poter avere una valenza standardizzata per tutte le nazioni facenti parte dell’organizzazione, i
principi e le direttive enunciati sono molto generici; per questo motivo alcune associazioni le
hanno definite troppo “deboli” per risultare realmente incisive sul comportamento delle imprese.
Rappresentano tuttavia l’unico strumento tuttora a disposizione della società civile per la
presentazione di reclami nei confronti dell’operato delle multinazionali all’estero.
Le Linee Guida si suddividono in 10 capitoli:
I.
Concetti e principi
II.
Politiche generali
III.
Trasparenza
IV. Impiego e relazioni industriali
V.
Ambiente
VI. Lotta alla corruzione
VII. Interessi dei consumatori
VIII. Scienza e tecnologia
IX.
Concorrenza
X.
Tassazione.
Un ulteriore riferimento internazionale è costituito dalla Dichiarazione Tripartita dei Principi
riguardanti le Aziende Multinazionali e la Politica Sociale della OIL (Organizzazione Internazionale
del Lavoro) che è stata formulata per la prima volta nel 1977 e la cui ultima revisione risale al 2000.
La dichiarazione, nella sua versione più recente, consta di 59 articoli, suddivisi in 6 parti:
- Introduzione
- Politica generale
- Occupazione
- Formazione
- Condizioni di lavoro e di vita
- Relazioni professionali.
Anche se più articolato, si tratta di un codice di condotta sostanzialmente equivalente a quello
adottato dall’OCSE; in particolare all’art. 7 si sottolinea: “nella Dichiarazione sono esposti i principi
in materia di occupazione, formazione, condizioni di vita e di lavoro e relazioni industriali che i
governi, le organizzazioni di datori di lavoro e di lavoratori e le imprese multinazionali sono invitati
ad osservare volontariamente; le disposizioni non devono limitare o modificare in alcun modo gli
obblighi derivanti dalla ratifica di una qualsiasi convenzione dell’OIL”. Dal 1996 l’OIL ha lo status di
osservatore per i problemi legati al mondo del lavoro presso il WTO (World Trade Organisation).
4
Principali documenti prodotti negli anni dalla OIL in ambito di tutela del lavoro
OIL conv. 29 e 105: Lavoro obbligato e vincolato
OIL conv. 87: Libertà di associazione
OIL conv. 98: Diritto di contrattazione collettiva
OIL conv. 100 e 111: Parità di retribuzione per lavoro eguale tra manodopera maschile e femminile
OIL conv. 135: Rappresentanti dei lavoratori
OIL conv. 138 e racc. 146: Età minima lavorativa
OIL conv. 155 e racc. 164: Sicurezza e salute sul lavoro
OIL conv. 159: Riabilitazione professionale e impiego delle persone disabili
OIL conv. 177: Lavoro a domicilio
OIL conv. 182: Peggiori forme di lavoro minorile
A livello di Nazioni Unite, il documento più importante risulta essere la Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani del 1948. Nel preambolo della dichiarazione viene esplicitata la necessità che “ogni
individuo e ogni organo della società […] si sforzi di promuovere […] il rispetto di questi diritti e di
queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e
internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto”. Le imprese, in quanto
componenti della società, sono quindi chiamate a fare la loro parte nel processo di promozione e
adozione dei diritti fondamentali dell’uomo.
Per quanto riguarda più specificamente la Responsabilità Sociale di Impresa, nel gennaio 1999, le
Nazioni Unite, nella persona del Segretario Generale Kofi Annan, hanno proposto il Global
Compact (par. 4.4). Si tratta un codice di condotta volontario basato su nove principi, suddivisi in
tre aree (diritti umani, diritti del lavoro, ambiente), che è stato poi ufficialmente lanciato l’anno
successivo. I nove principi sono:
1.
Supportare e rispettare la protezione dei diritti umani nella loro sfera di influenza;
2.
Assicurare che le proprie società non si rendano complici di abusi verso i diritti umani;
3.
Sostenere la libertà di associazione e l’effettivo riconoscimento del diritto alla
contrattazione collettiva;
4.
Eliminare tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio;
5.
Abolire effettivamente il lavoro minorile;
6.
Eliminare le discriminazioni relative all’impiego e all’occupazione;
7.
Supportare un approccio precauzionale alle sfide ambientali;
8.
Intraprendere iniziative per promuovere una maggiore responsabilità ambientale;
9.
Incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie amichevoli verso l’ambiente.
Il 4 maggio 2004 il Global Compact è stato lanciato ufficialmente in Italia dal Vice Segretario
Generale delle Nazioni Unite, Louise Fréchette, insieme al Ministro degli Esteri italiano, Franco
Frattini, e al Sotto-Segretario agli Affari Esteri, Mario Baccini. In occasione di questo incontro è
stata sottolineata l’importanza del Global Compact come strumento di cooperazione tra le
imprese nel loro apporto allo sviluppo sostenibile. Si è inoltre valutata positivamente la
partecipazione di 23 imprese italiane al progetto, nell’ambito di un network che ha rilevato un
positivo trend di crescita.
2.2 LE INDICAZIONI DELL’UNIONE EUROPEA
A livello comunitario, il primo segnale di interesse concreto nei confronti della RSI risale al 1998,
quando il Gyllenhammer Group (risultato del Jobs Summit del Lussemburgo, dicembre 1997) ha
suggerito nel proprio rapporto finale “Managing change – High level group on economic and
social implications of industrial change” che le “compagnie con più di 1000 dipendenti
dovrebbero pubblicare un rapporto sulla loro gestione dei mutamenti del mercato” su base
annuale, in modo da “rendicontare l’impatto sociale delle proprie attività”. Per la prima volta è
stata sostenuta l’ipotesi che le grosse compagnie debbano restituire informazioni di questo tipo in
maniera trasparente, prendendo coscienza dell’impatto generato dalle proprie attività sul
contesto sociale.
Al Consiglio Europeo di Lisbona del 2000, la stessa Unione Europea ha fissato “un nuovo obiettivo
strategico per il nuovo decennio: diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva
e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e
migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Sottolineando l’importanza della
5
partecipazione del settore privato per la realizzazione di tale obiettivo, per la prima volta il
Consiglio Europeo “rivolge un particolare appello al senso di responsabilità sociale delle imprese in
materia di migliori pratiche concernenti la formazione dei lavoratori lungo tutto il periodo
lavorativo, l’organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l’inclusione sociale e lo sviluppo
sostenibile.”
In seguito al Consiglio di Lisbona, l’attività degli organi di governo dell’Unione si è sempre più
intensificata; in particolare, la Commissione ha emanato una Comunicazione dal titolo Social
policy agenda nella quale viene sottolineata l’importanza per l’economia europea di una forte
politica sociale finalizzata alla realizzazione di una maggiore coesione sociale e di uno sviluppo
durevole e sostenibile, per i quali tutti i portatori di intesse sono chiamati a contribuire.
Adottata nel giugno 2000, la Social Policy Agenda sottolinea l’importanza della RSI
essenzialmente nei termini delle conseguenze che l’economia e i mercati producono
sull’occupazione e sulla sfera sociale delle comunità, nonché sugli adattamenti delle condizioni di
lavoro richiesti dalla cosiddetta new economy. In conseguenza di ciò, la Commissione si impegna,
nei mesi successivi alla Comunicazione, a sostenere le iniziative connesse alla RSI e la gestione dei
cambiamenti da esse derivanti.
Al Consiglio Europeo di Stoccolma, nel 2001, sono state lodate le iniziative intraprese dalle aziende
nella promozione della responsabilità sociale ed è stata sottolineata l’importanza della
circolazione delle idee e delle informazioni per aumentare ulteriormente la diffusione di nuove
iniziative.
Nel luglio dello stesso anno, la Commissione ha presentato il Libro verde “Promuovere un quadro
europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, attraverso il quale intendeva “lanciare un
ampio dibattito sui modi nei quali l’UE potrebbe promuovere la responsabilità sociale delle
imprese sia a livello nazionale sia internazionale, e in particolare su come sfruttare al meglio le
esperienze esistenti, incoraggiando lo sviluppo di prassi innovative, migliorando la trasparenza e
rafforzando l’affidabilità della valutazione e della convalida delle varie iniziative realizzate in
Europa.” La Commissione ha inoltre fornito una definizione univoca di Responsabilità Sociale delle
Imprese: “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese, nelle
loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Nel luglio 2002 la Comunicazione della Commissione “Responsabilità sociale delle imprese: un
contributo delle imprese allo sviluppo sostenibile” ha fatto seguito al Libro Verde, del quale ha
costituito il documento d’indirizzo. Nella Comunicazione si sottolinea l’importanza del carattere
volontario degli strumenti di RSI, in sintonia con quanto richiesto dagli imprenditori, e la necessità
di accrescere la consapevolezza delle imprese sul valore commerciale di tali strumenti, affinché
aumentino le adesioni spontanee. L’obiettivo principale, quindi, è creare un network tra le
imprese che favorisca la diffusione di esperienze e buone pratiche tra i manager delle aziende.
Viene creato l’European Multi-Stakeholders Forum on Corporate Social Responsibility (EMS Forum
on CSR), promosso dalla Commissione stessa al fine di unire nel dialogo 40 organizzazioni europee
rappresentative del mondo degli affari, dei sindacati, dei gruppi di consumatori e delle
Organizzazioni Non Governative (ONG) per promuovere innovazione, convergenza e trasparenza
sulle pratiche e gli strumenti esistenti. La Commissione intende controllare l’operato del Forum nel
2004 e per tale data è previsto un pronunciamento finale sulla materia.
Nell’aprile del 2003 il Parlamento Europeo ha pubblicato il proprio Rapporto sulla Comunicazione
della Commissione dell’anno precedente. Il Rapporto contiene anche opinioni delle Commissioni
su Industria, commercio con l’estero, ricerca e energia; Ambiente, salute pubblica e politica dei
consumatori; Sviluppo e cooperazione; Diritti delle donne e pari opportunità. Vengono
sostanzialmente accettate le indicazioni fornite dalla Commissione, sottolineando però la
necessità di far emergere gli aspetti economici e ambientali nella RSI, attribuendo loro pari dignità
rispetto a quelli sociali.
Tutti gli organismi della Comunità Europea hanno sottolineato nei documenti prodotti l’importanza
del coinvolgimento delle piccole e medie imprese nel processo di responsabilità sociale, sulla
base del riconoscimento del loro peso sull’economia europea.
Nel febbraio 2004 il CERFE, unitamente alla Commissione Europea DG Impiego e Affari Sociali, ha
pubblicato una “Proposta di linee guida per la diffusione della responsabilità sociale tra le piccole
e medie imprese” come esito della ricerca “Responsabilità sociale nelle piccole e medie imprese
europee”, volta a indagare le motivazioni e i comportamenti che regolano le scelte delle piccole
e medie imprese nell’ambito della RSI.
6
Convegni e Conferenze sulla RSI promossi dalla UE
!
!
!
27-28/11/2001 “RSI nell’agenda della politica sociale della UE” – Conferenza promossa
dalla Presidenza belga
21-22/11/2002 “RSI attraverso l’Europa” – Conferenza promossa dalla Presidenza danese
14/11/2003 “Il ruolo delle politiche pubbliche nella promozione della RSI” – Conferenza
promossa dalla Presidenza italiana
7
3 LE INIZIATIVE PER LA RSI IN ITALIA
L’approccio italiano alla Responsabilità Sociale d’Impresa risulta di definizione piuttosto recente,
soprattutto per quanto riguarda i progetti e gli studi avviati a livello istituzionale: risale infatti alla fine
del 2002 la presentazione del progetto CSR-SC avviato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali, mentre il progetto REBUS, promosso dall’ISTUD grazie al contributo del FSE, finalizzato a
indagare sulla diffusione della RSI in Italia e in Europa è del 2003.
Ciò nonostante, significative iniziative sono state intraprese a livello regionale, incentrate
soprattutto nella promozione o sensibilizzazione e nella definizione di strumenti normativi orientati
all’agevolazione dei soggetti concretamente impegnati nella realizzazione di strategie di
sostenibilità.
D’altro canto, le imprese italiane risultano, nel contesto internazionale, particolarmente attive: sono
più di 50 le organizzazioni dotate della certificazione SA 8000 e oltre 150 quelle registrate EMAS2.
Se si considera il panorama imprenditoriale italiano nel suo complesso, si può tuttavia osservare
come siano soprattutto le grandi imprese a occuparsi di tematiche sociali e ambientali, mentre le
piccole e medie imprese risultano mediamente a uno stadio piuttosto arretrato.
Considerando i diversi settori produttivi è possibile notare significative differenze, per cui i
macrosettori di Credito-Assicurazione, Servizi alle imprese e High Tech (ITC) risultano quelli
maggiormente sensibili a una gestione etica delle proprie strategie aziendali, mentre il
macrosettore Manifatturiero pare, in Italia, all’avanguardia nell’adozione di Sistemi di Gestione
Ambientale certificati o registrati (ISO 14001 e EMAS).
Sul territorio Italiano è inoltre possibile notare una differenziazione legata all’appartenenza
geografica: l’adozione degli strumenti di sostenibilità (sociali e ambientali) nel nord-est, in
Lombardia e in Toscana si presenta decisamente al di sopra della media.
Meritano un accenno a parte le imprese quotate, in particolare le grandi imprese: la quotazione in
borsa costituisce nel panorama italiano una forza trainante per lo sviluppo della Responsabilità
Sociale. In questo caso, infatti, risultano fondamentali le attese degli investitori e i rapporti che
l’impresa instaura con il pubblico e con i media, rendendo l’immagine dell’impresa quotata un
fattore maggiormente determinante rispetto alle altre imprese; i risultati conseguiti in questo ambito
si rivelano in effetti superiori (a volte sensibilmente) rispetto a quelli misurati per le aziende non
quotate.
A partire da tali osservazioni sul contesto italiano, si propone nel presente capitolo l’analisi dei
progetti avviati a livello nazionale, per poi focalizzare l’attenzione sulle iniziative di promozione
regionale. Una volta chiarite le caratteristiche dei soggetti e delle strutture di riferimento a livello
istituzionale, nonché il contesto in cui le organizzazioni si vanno a inserire implementando strategie
socialmente responsabili, risulterà più immediato l’approccio agli strumenti veri e propri (cap. 4).
3.1 IL CONTESTO NAZIONALE
3.1.1 Il progetto CSR-SC
Il progetto CSR-SC3 (Corporate Social Responsibility – Social Commitment) nasce dall’impegno,
assunto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali durante il semestre di Presidenza Europea
del Governo italiano, di promuovere la responsabilità sociale presso le imprese italiane,
indipendentemente dalle loro dimensioni e caratteristiche.
Il progetto si è svolto con la collaborazione dell’Università Bocconi di Milano ed è stato presentato il
13 dicembre 2002. Il Ministero, al fine di promuovere il progetto, ha stipulato e intende stipulare
accordi di programma con associazioni e attori che ne condividano gli obiettivi. In particolare,
sono stati definiti due protocolli di intesa, con Unioncamere e Confapi (Confederazione Italiana
della Piccola e Media Industria).
La ricerca nasce dalla necessità di fare chiarezza nell’ampio panorama di strumenti a disposizione
delle imprese nell’ambito della Responsabilità Sociale, affinché sia possibile sviluppare metodi di
2
3
Molteni M. e Lucchini M., I modelli di responsabilità sociale nelle imprese italiane (2003).
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, (2003)
8
verifica delle dichiarazioni fatte in ambito di RSI per tutelare le aziende realmente virtuose, come
forma di protezione per i consumatori e per le autorità pubbliche che intendono attivare politiche
di promozione in questo campo.
Gli obiettivi e la metodologia della ricerca
L’obiettivo generico del progetto è fornire alle imprese e a tutti gli attori coinvolti nella
Responsabilità Sociale una mappa, un modello, una griglia di lettura che permetta di fare
chiarezza nell’ampio panorama degli standard esistenti.
A questo si accompagnano una serie di obiettivi specifici, quali:
- Accrescere il grado di consapevolezza delle imprese sulla responsabilità sociale e quindi
diffondere la cultura della RSI all’interno del sistema industriale italiano
- Elaborare uno standard coerente con la posizione dell’Unione Europea, rispondente a
criteri di semplicità, modularità e flessibilità
- Rispondere alle crescenti richieste informative e di trasparenza in merito alle dichiarazioni
fatte dalle imprese sul tema della RSI, al fine di garantire una maggiore credibilità della
comunicazione aziendale, a tutela dei consumatori.
È possibile suddividere il progetto in due momenti distinti: una fase conoscitiva e la fase di avvio del
progetto vera e propria.
La fase conoscitiva
In un primo momento, il Ministero ha promosso una ricerca dal titolo “I modelli di responsabilità
Sociale nelle Imprese Italiane”4, realizzata da Unioncamere con la collaborazione di ISVI (Istituto
per i Valori d’Impresa). Obiettivo dello studio era fornire un quadro sintetico sulle dimensioni e sulle
caratteristiche del fenomeno della RSI in Italia, al fine di arricchire le conoscenze necessarie
all’attuazione del progetto CSR-SC.
La ricerca, condotta nel luglio 2003, è consistita in una serie di interviste telefoniche su un
campione di 3.663 imprese, suddivise in base a: dimensioni, macrosettore e area geografica di
appartenenza.
Il questionario distribuito tra le imprese è ripartito in sei sezioni. La prima sezione è costituita da
domande volte a indagare il grado di conoscenza della RSI attraverso l’analisi della notorietà di
alcuni strumenti chiave, quali, ad esempio, il Libro Verde della Commissione Europea, i codici etici,
ecc. Le restanti sezioni analizzano le principali aree tematiche riconducibili alla RSI (rapporti con la
comunità; rapporti con clienti e fornitori; principali misure adottate o in via di adozione nei campi
della salute, sicurezza, ambiente; misure volte ad accrescere la coesione e la motivazione tra i
collaboratori; adozione di sistemi di gestione in tema di RSI).
Dall’analisi dei risultati emersi è possibile delineare tre considerazioni fondamentali:
1. La dimensione aziendale influisce molto sia sulla conoscenza, sia sull’applicazione degli
strumenti di RSI. Le piccole imprese hanno infatti a disposizione capitali e risorse umane
troppo limitati per intraprendere un percorso strutturato di responsabilità sociale; inoltre
spesso operano all’interno di un mercato “ridotto”, per cui il giro di fornitori e clienti non è
tale da giustificare, a loro avviso, investimenti consistenti nel campo della RSI.
2. La diffusione degli strumenti non è equamente distribuita all’interno dei diversi macrosettori.
Alcuni esempi: il codice di comportamento e il bilancio sociale sono diffusi maggiormente
nel Credito-Assicurazione; il bilancio ambientale, nei comparti dei Servizi alle imprese e dei
Servizi alle persone; le certificazioni ambientali, nel Manifatturiero e nell’Agroalimentare; la
certificazione SA 8000, nei Servizi alle imprese e nel Manifatturiero.
3. L’influenza dell’appartenenza geografica è limitata, esistono esigue differenze riconducibili,
più che al contesto territoriale, al concentramento di alcuni macrosettori in determinate
aree geografiche piuttosto che in altre. L’unica variabile che ha dimostrato di avere un
certo effetto sulla diffusione territoriale della RSI risulta essere l’eventuale presenza di norme
o agevolazioni in genere di carattere locale.
Il secondo momento della fase conoscitiva ha riguardato l’analisi degli strumenti già utilizzati e il
relativo benchmark.
Sono stati analizzati i seguenti standard/iniziative:
4
Molteni e Lucchini op. cit.
9
- Social Accountability 8000 (SA 8000)
- Global Reporting Initiative (GRI)
- AccountAbility 1000 (AA 1000)
- Q-Res
- SEAN (Social and Ethical, Auditing and Accounting Network)
- GBS (Gruppo di studio per il Bilancio Sociale)
- SIGMA (Sustainability – Integrated Guidelines for Management) Project
- Copenhagen Centre
- VMS (WerteManagementSystem ZfW)
- LBG (The London Benchmarking Group)
- SERS (Sustainability Evaluation and Reporing System)
- Finetica.
Ciascuno strumento è stato valutato attraverso una griglia di analisi basata su alcuni parametri,
come: Aree coperte (Ambientale, Sociale, Economica), Elementi principali del progetto
(Coinvolgimento degli stakeholders, Sistema di gestione-implementazione, Rendicontazione,
Verifica esterna, Certificazione), Tipologia di standard (Standard di prodotto, Standard di
processo), Grado di rilevanza. A ciascun parametro fa seguito una breve descrizione.
L’attività di benchmark si è rivelata particolarmente utile per la definizione successiva di uno
standard comune.
Infine, il gruppo di lavoro si è concentrato sulla definizione dello standard, che rappresenta la parte
centrale del Progetto. Obiettivo di questa fase è la definizione del Social Statement, un
documento attraverso il quale l’azienda comunica agli stakeholders le proprie performance
sociali, ambientali ed economiche. Si basa su un set modulare e flessibile di CSR performance
indicators, la cui struttura si articola in particolare in funzione della classe dimensionale di
appartenenza dell’azienda. Gli indicatori sono infatti suddivisi in due gruppi: indicatori comuni e
indicatori addizionali. Le imprese di piccole dimensioni (con meno di 50 dipendenti) devono
applicare il set dei common indicators; le imprese con più di 50 dipendenti (medie e grandi
imprese) devono applicare, oltre ai common indicators, specifici gruppi di indicatori addizionali
appositamente selezionati; le imprese quotate devono utilizzare l’intero set di indicatori. Questa
suddivisione è stata studiata per favorire l’adesione delle piccole e medie imprese al progetto.
È importante sottolineare che lo standard elaborato dal Ministero non intende in nessun modo
contrapporsi agli strumenti già esistenti, ma integrarli. Nella predisposizione degli indicatori, infatti, si
è previsto che, per esempio, se un’impresa dovesse avere già in atto una certificazione SA 8000,
per il campo di indagine della certificazione il set di indicatori sia già soddisfatto.
Preliminarmente alla definizione del set di indicatori definitivo, è stata condotta una
sperimentazione attraverso un pilot test, presso 24 aziende (volontarie), rappresentative della realtà
imprenditoriale italiana e selezionate in base a criteri dimensionali, al settore di appartenenza, alla
localizzazione geografica e al tipo di proprietà/assetto giuridico. I commenti generali e le
indicazioni puntuali fornite dalle aziende partecipanti al pilot test hanno permesso di giungere alla
formulazione del set di indicatori contenuti nel Social Statement (per l’elenco completo degli
indicatori vedere l’appendice della pubblicazione del Ministero).
Il progetto
I principali attori coinvolti nel progetto appartengono a tre diversi ambiti:
1. Imprese
2. Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
3. CSR Forum.
Le imprese rappresentano, ovviamente, il cuore del sistema. La loro partecipazione al progetto è
strettamente volontaria.
Il ruolo del Ministero è favorire la diffusione della cultura sulla RSI tra le imprese italiane, attraverso la
realizzazione di iniziative di formazione e informazione. Inoltre, il Ministero ha il compito di definire le
aree di intervento su cui indirizzare azioni specifiche finanziate con risorse sia pubbliche, sia private.
In generale, il Ministero svolge la funzione di coordinatore del progetto, supervisore e di allocatore
delle risorse.
IL CSR Forum è un organismo che si ispira al Multi-Stakeholders Forum della Commissione Europea. Il
compito primario del CSR Forum è di controllare tutti i processi di raccolta, valutazione e
10
validazione dei Social Statement presentati dalle imprese. I compiti assegnati al Forum si possono
quindi così riassumere:
- esame e valutazione dei Social Statement (procedura di verifica, di cui si parlerà più avanti),
- attività di verifica on site a campione delle imprese che partecipano al progetto CSR-SC,
- monitoraggio delle imprese che hanno avuto accesso al sistema di agevolazioni,
- altre attività (favorire la diffusione dello standard).
La Presidenza del Forum è assegnata al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; i membri del
Forum si ripartiscono in quattro categorie: datori di lavoro, istituzioni, sindacati e società civile.
Nel progetto del Ministero lo standard prevede un sistema articolato su due differenti livelli: il livello
CSR e il livello SC.
Il livello CSR è suddiviso in due fasi:
1. fase di diffusione della cultura di RSI tra le imprese, attraverso adeguate forme di
promozione e iniziative di formazione e informazione, con il coinvolgimento di stakeholders
qualificati;
2. fase di realizzazione del Social Statement da parte delle imprese e successiva trasmissione
dello stesso, corredato di tutto il materiale di supporto previsto, al CSR Forum per la sua
valutazione. In caso di valutazione positiva, l’impresa viene iscritta in un apposito data-base
predisposto dal Ministero.
Il livello SC, invece, richiede uno sforzo (volontario) maggiore da parte delle imprese, che possono
partecipare in maniera attiva alle priorità di intervento sociale, finanziando un apposito Fondo SC.
Il Fondo SC, costituito nell’ambito del Bilancio dello Stato, convoglia i finanziamenti delle imprese
verso i progetti che rientrano nelle priorità contenute nel Piano di Azione Nazionale e individuate
dalla Conferenza Unificata e da alcune ONG.
È solo al livello SC che l'impresa, chiamata a cofinanziare progetti nel sociale, può beneficiare di
alcune agevolazioni finanziarie, che però implicano anche un meccanismo di valutazione di
conformità più strutturato. Nonostante questo, la valutazione non intende penalizzare le imprese
inadempienti, ma solo accrescere la fiducia degli stakeholders nella trasparenza delle dichiarazioni
contenute nel Social Statement. Per questo motivo, in caso di non conformità con quanto
dichiarato, non sono previste sanzioni di nessun tipo; vengono invece attivati meccanismi di moral
suasion e, se si tratta di una azienda che partecipa anche alla fase SC, le agevolazioni ottenute
vengono immediatamente sospese.
Nella figura seguente è schematizzata la procedura di verifica del Social Statement.
11
Trasmissione del SS e della
documentazione di supporto
Imprese
CSR Forum
Raccolta di eventuali
commenti delle parti
interessate
Esame e valutazione del SS
e della documentazione
Esame di eventuali reclami
delle parti interessate
Sospensione e richiesta di
chiarimenti,
approfondimenti, ecc.
Valutazione e
comunicazione della
valutazione
Iscrizione in apposito database
Segnalazione di eventuali
violazioni da parte di
stakeholders
Decisione di contribuire al
Fondo SC e accesso alle
agevolazioni
Verifiche ex post on
site a campione
Non conformità: meccanismo di
moral suasion e sospensione
agevolazioni
Verifiche on site
Conformità e mantenimento
delle agevolazioni, se l’azienda
ha deciso di aderire alla fase SC
Gli elementi caratteristici del sistema, quindi, sono:
1. Social Statement e set di indicatori
2. procedura di verifica del Social Statement
3. sistema di agevolazioni
4. eventuali meccanismi di moral suasion
Il Social Statement è stato già ampiamente discusso precedentemente. Per quanto riguarda la
procedura di verifica, essa può essere suddivisa in due momenti. La prima valutazione riguarda il
Social Statement così come viene presentato dall’impresa, il giudizio positivo implica l’inserimento
dell’azienda nell’apposito data-base (verifica su base triennale, con la richiesta di aggiornare
annualmente il set di indicatori) predisposto dal Ministero; il giudizio negativo, al contrario, implica
una sospensione della procedura per permettere all’azienda di fornire i chiarimenti richiesti dal CSR
Forum, che sono alla base delle motivazioni che hanno portato a quel giudizio.
Nel caso in cui l’impresa decida di partecipare anche alla fase SC del progetto, verrà sottoposta
al secondo momento di verifica, che consiste in controlli ex post on site a campione. La procedura
prevede anche la possibilità, per alcuni stakeholders accreditati, di segnalare, attraverso adeguati
supporti documentali, eventuali violazioni rispetto agli impegni presi dall’impresa. In questo caso
12
vengono attivate apposite verifiche on site, con la conseguente conferma o sospensione delle
agevolazioni e l’applicazione dei meccanismi di moral suasion.
Il sistema delle agevolazioni
Il sistema delle agevolazioni prevede in primo luogo la possibilità di beneficiare di alcune
agevolazioni fiscali, modulate a seconda del grado di partecipazione al progetto da parte
dell’impresa. In particolare, è in fase di studio la metodologia per premiare attraverso agevolazioni
quelle devoluzioni al Fondo SC che vanno oltre gli impegni presi in precedenza delle aziende.
Altri due meccanismi di agevolazione in fase di studio sono:
- campagne mirate sostenute dal Governo e forme di premi ad alta visibilità per le imprese
maggiormente coinvolte;
- incentivi previdenziali, incentivi finanziari e forme di semplificazione amministrativa.
I meccanismi di moral suasion
I meccanismi di moral suasion sono stati studiati come forma di protezione nei confronti dei
cittadini, dei consumatori e delle imprese più oneste. Si tratta in particolare di:
- meccanismi di mercato, ossia l’iscrizione nel data-base predisposto dal Ministero, che implica
anche, in caso di violazione, l’attivazione di procedure dirette a darne pubblica evidenza;
- meccanismi collegati agli incentivi: quale, ad esempio, il ritiro dei benefici fiscali e il
mantenimento finanziario del Fondo erogato.
In conclusione, il Progetto CSR-SC rappresenta un primo contributo del Governo Italiano alla
responsabilità sociale d’impresa e fornisce uno spunto per avviare ulteriori riflessioni sull’argomento
con le parti sociali e tutti gli stakeholders coinvolti.
Sicuramente il progetto è ancora incompleto, in particolare vanno identificate le modalità
operative di verifica del Social Statement, il sistema di incentivi e i meccanismi di moral suasion.
3.1.2 Il progetto REBUS5
Il progetto REBUS (Relationship between Business and Society), finanziato dalla Commissione
Europea e promosso dall’ISTUD (Istituto Studi Direzionali), risponde agli obiettivi prioritari delle azioni
innovative previste nel quadro dell’art. 6 del FSE e, più precisamente, alla definizione di nuovi
approcci al senso di responsabilità sociale delle imprese.
Si tratta di un’indagine europea su come il concetto di responsabilità sociale venga percepito dal
management delle piccole, delle medie e delle grandi imprese, nonché dai principali stakeholders
delle stesse (azionisti, dipendenti, clienti, comunità, pubbliche istituzioni, sindacati, ecc.), al fine di
individuare e selezionare esempi di buone pratiche che facilitino l’assunzione di prassi di gestione
responsabile nell’ambito delle imprese. Altrettanto utile l’indagine sulle aspettative che i diversi
attori hanno in merito all’applicazione degli strumenti della RSI, con lo scopo di diffondere
consapevolezza e sensibilizzazione sul tema, facilitare il confronto e lo scambio tra imprese e
valorizzare il coinvolgimento degli stakeholders.
I partecipanti
Il progetto conta diversi partner, coinvolti in maniera diversa a seconda della tipologia:
!
FORMAPER, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Milano: all’interno del progetto si
è concentrata sugli aspetti di responsabilità sociale legati alle imprese di dimensioni medie e
piccole;
!
ESC (Ecole Superieure de Commerce) Grenoble – Centre TIME: all’interno del progetto ha
realizzato casi di studio in riferimento sia a grandi, sia a piccole imprese, contribuendo alla
definizione di una rassegna delle pratiche esistenti in Francia in tema di RSI;
!
Bfz Norimberga, Training and development Centres of the Bavarian industry: all’interno del
progetto, la loro attenzione è stata posta maggiormente sulle imprese di ampie dimensioni.
Hanno inoltre reso disponibili per il progetto numerosi contatti con sindacati e network di
imprese nazionali e internazionali, nonché scuole di formazione;
5
Caramazza et al. (2003).
13
!
SFERA, Servizi Formativi Emiliano-Romagnoli Associati: il contributo all’interno del progetto si è
concretizzato negli aspetti promozionali: in collaborazione con Impronta Etica (rilevante attore
a livello nazionale nell’ambito della RSI) hanno organizzato il convegno di comunicazione dei
risultati del progetto (6-7 novembre 2003).
Partner scientifici:
Università Cattolica del Sacro Cuore (coordinatore della ricerca)
!
Associazione ISTUD per la cultura di gestione (con funzione di supporto e di analisi dei risultati
scaturenti dal progetto di ricerca)
!
SUPSI (Scuola Universitaria della Svizzera Italiana) (realizzazione di tre importanti casi di studio
relativi a grandi imprese del contesto svizzero, mediante la metodologia REBUS)
!
Sono state coinvolte svariate categorie di stakeholders, rappresentative degli interessi inerenti alle
tematiche indagate:
!
CISL
!
Medici Senza Frontiere
!
Assolombarda
!
Avanzi
!
Adiconsum
!
Regione Lombardia
!
Il Sole 24 Ore,
e numerose imprese presenti nel panorama italiano:
ABB
!
Adidas Salomon
!
Banca Popolare di Milano
!
BMW
!
Boeringher Ingelheim Italia
!
Citigroup
!
Comprabene
!
Credit Suisse Group
!
Datev
!
Evian
!
Granarolo
!
HVB
!
Illicaffè
!
Italcementi
!
Ikea Italia
!
INA-Schaeffer
!
Johnson&Johnson
!
Legrand
!
Migros
!
Ortho-Clinical
!
Diagnostics
!
Sabaf
!
Schneider Electric
!
Shurter
!
Seb Tefal
!
Rossignol
!
Siemens
!
StMicroelectronics
!
Unicredit
!
Verlag
!
Gli obiettivi e la metodologia del progetto di ricerca
All’interno del generico obiettivo di diffondere la cultura e le buone pratiche legate alla
responsabilità sociale d’impresa, è possibile individuare numerosi obiettivi specifici:
14
−
Accrescere la sensibilità tra i management delle imprese e i principali stakeholders rispetto ai
temi della RSI
−
Definire un quadro della situazione attuale di attivazione, coinvolgendo direttamente i
principali attori, economici e sociali, incoraggiando in questo modo il loro livello di
consapevolezza
−
Condividere con i management delle imprese europee le prassi più innovative ed efficaci
emergenti dalla ricerca
−
−
Facilitare l’estensione dei concetti legati alla RSI alle piccole e medie imprese
Confrontare a livello europeo i risultati scaturiti dalle ricerche condotte nei diversi Paesi dai
partner del progetto.
Il carattere distintivo della ricerca consiste essenzialmente nell’esplorazione di fonti di informazione
e dati ampiamente variegate.
In particolare, sono stati analizzati sia aspetti “strutturali” sia “culturali” dei diversi casi studio, in base
prevalentemente a un approccio di tipo qualitativo.
Le fonti di dati considerate possono essere classificate in tre principali categorie:
1. materiali prodotti,
2. comportamento di soggetti individuali ed eventi collettivi,
3. espressioni orali,
mediante differenti metodologie di indagine:
−
−
−
analisi dei documenti, o di altri materiali prodotti,
raccolta di osservazioni da parte dei partecipanti,
somministrazione di interviste semi-strutturate a singoli soggetti.
Per quanto riguarda l’analisi dei materiali prodotti, particolare attenzione è stata attribuita ai
documenti inerenti le strategie e le prassi della RSI, come rapporti/bilanci sociali, codici etici,
evidenze di decisioni rilevanti, dichiarazioni di intenti e di missione, stampa interna, stampa esterna
e commenti particolari sull’operato dell’impresa, progetti intrapresi, pianificazione.
Con le interviste, dall’altro lato, è stato perseguito lo scopo di evidenziare sia le caratteristiche delle
realtà oggetto di indagine (processi relazionali o situazioni in atto, azioni personali, attività
collettive, ecc.) sia le percezioni delle stesse, al fine di ricavare importanti informazioni sulle
dinamiche dei fenomeni socio-culturali e politico-strategici all’interno delle imprese.
Tale indagine è stata condotta su un livello “orizzontale” (in riferimento a ogni diversa unità
funzionale e linea di attività coinvolta) e su un livello “verticale” (in relazione ai differenti livelli
gerarchici).
Le domande componenti il questionario possono essere raggruppate in sei principali aree di
indagine:
1. gli stakeholders coinvolti nella definizione e nella realizzazione di programmi/pratiche
sull’RSI, sia interni, sia esterni all’impresa,
2. l’impatto prodotto da programmi/pratiche RSI sull’organizzazione interna, considerando:
a. unità, livelli, regolamenti contemplati
b. livello di procedurizzazione delle pratiche RSI
c. conseguenze per i sistemi di governance e decision making dell’impresa
d. conseguenze generali sul “clima” dell’organizzazione (motivazione del personale,
comunicazione, coesione e conflitti, cultura aziendale, ecc.),
3. gli impatti prodotti da programmi/pratiche RSI sulle relazioni con realtà e attori esterni:
a. in riferimento al mercato e al contesto economico (settore produttivo, partnership
tra organizzazioni, gestione dei fornitori e rapporti con i clienti)
b. relazioni con gli enti pubblici (locali, nazionali, internazionali)
c. relazioni con altri soggetti sociali (per esempio sindacati, associazioni di categoria,
ONG, organizzazioni no-profit)
d. relazioni con il pubblico e con i consumatori in genere,
4. le relazioni con gli strumenti etici: specificazioni, forme e contenuti (valori, livello di
condivisione tra gli attori, ecc.), gestione dei dilemmi morali (relazioni con la razionalità
economica, correlazioni tra strumenti etici utilizzati),
15
5. la RSI vista come un meccanismo “adattativo” e/o di innovazione strategica (non come
onere aggiuntivo): prassi adottate dettate da pressioni prevalentemente esterne, prassi
“autonome” derivanti da circostanze ed esigenze interne e relazioni fra di esse,
6. le performance in materia di RSI e gli audit:
a. benefici per l’organizzazione (efficacia/efficienza, reputazione, gestione delle risorse
umane, ecc.) e relativi criteri di valutazione
b. benefici per gli stakeholders e relativi criteri di validazione.
La struttura del progetto di ricerca
Il progetto REBUS può essere sintetizzato in tre momenti principali, sviluppati tra novembre 2001 e
dicembre 2003:
Definizione del framework della ricerca, attraverso l’analisi della letteratura esistente e la
realizzazione di focus group con i management delle grandi aziende.
Raccolta ed elaborazione dati: in particolare è stata costruita un’estesa banca dati contenente le
percezioni che imprese e società hanno del concetto di responsabilità sociale, attraverso 28 casi di
studio comprendenti grandi, medie e piccole imprese in Italia, Francia, Germania e Svizzera,
mediante interviste e workshop con gli stakeholders.
Diffusione dei risultati della ricerca, in occasione di diversi appuntamenti, con lo scopo di
promuovere confronti costruttivi tra manager, professionisti, pubbliche amministrazioni e soggetti
accademici sulle pratiche attualmente diffuse tra le aziende europee, sulle questioni che ancora
devono essere risolte, sui dilemmi morali che i soggetti coinvolti pongono oggi a chi
istituzionalmente si occupa di RSI.
Definizione del
framework
Analisi della letteratura
Tre focus group con:
- Esperti
- Rappresentanti
aziendali
- Neolaureati
Raccolta ed
elaborazione dati
28 casi di studio in Italia,
Francia, Germania e
Svizzera relativo alla
grande impresa
Diffusione
Workshop con i
rappresentanti delle
imprese coinvolte
Interviste agli
stakeholders
Workshop con
professionisti, esperti e
stakeholders
Analisi dei principali
risultati e implicazioni
Convegni di
presentazione dei risultati
Comitato di indirizzo
Fonte: Pratiche Socialmente Responsabili - Presentazione del Progetto REBUS, Milano, 3 dicembre 2003.
1. definizione del framework
Già da questa fase emergono alcune considerazioni rilevanti:
a. tra i partecipanti la percezione delle tematiche della RSI appare confusa: tra le definizioni
fornite è possibile notare una forte variabilità; da un lato si manifesta l’idea che la RSI sia
una buona pratica, ma senza che vengano fornite argomentazioni a sostegno di tale
affermazione; dall’altro c’è la percezione che la RSI possa essere considerata come una
nuova struttura che le imprese devono adottare per rispondere alle aspettative della realtà
esterna, ma che necessiti di costi e complessità ulteriori all’interno dell’organizzazione
aziendale. In una posizione intermedia, la RSI è vista come un utile strumento per motivare il
personale e per l’acquisizione di una maggior competitività sul lungo periodo rispetto ai
concorrenti, mediante una maggiore legittimazione sociale.
b. Secondo la percezione dei partecipanti ai focus group, l’adozione delle prassi della RSI
richiede un forte impegno agli alti livelli manageriali, mentre non risulterebbe sufficiente un
approccio di tipo bottom-up. Altro fattore molto importante per l’implementazione della RSI
è ritenuta essere una buona predisposizione economica da parte dell’impresa, dal
16
momento che la percezione diffusa è che la RSI comporti costi extra, per sviluppare
opportunità di miglioramento di processi, prodotti o servizi.
c. Non emerge una percezione chiara di quali siano effettivamente i benefici derivanti
dall’applicazione delle prassi di RSI e quali le migliori metodologie per misurarli.
2. raccolta ed elaborazione dati
La seconda fase della ricerca è stata orientata alla definizione dello stato dell’arte per quanto
concerne il grado di consapevolezza e di sensibilizzazione nei confronti della RSI tra le più
significative tipologie di stakeholders, nonché tra le piccole e le grandi imprese.
Le interviste agli stakeholders sono state approfondite per le seguenti categorie:
−
−
−
−
−
−
−
associazioni dei consumatori (Adiconsum)
−
−
−
−
motivazioni che hanno incrementato l’interesse nei confronti della RSI,
associazioni di categoria (Assolombarda)
finanza sostenibile (Avanzi)
sindacati (CISL)
media (Il Sole 24 Ore)
organizzazioni non governative (Médicins Sans Frontières)
istituzioni (Regione Lombardia),
rispetto alle tematiche:
−
−
significato attribuito alla RSI,
contestualizzazione della RSI nella situazione attuale e nel contesto italiano,
strumenti a disposizione per perseguire e concretizzare la responsabilità sociale e modalità di
applicazione,
interazione tra il mondo degli affari e gli attori sociali in relazione alla RSI,
prospettive e aspettative per il futuro.
Dalle riflessioni degli stakeholders emerge che il contesto italiano sembrerebbe ancora incentrato
più sull’approccio teorico che su quello pratico di realizzazione di azioni incentrate sulla RSI.
Considerazione che non sorprende, dal momento che l’Italia può essere considerata ancora in
una fase di approccio iniziale e sperimentazione.
In generale, sulla base di tutte le interviste condotte, la RSI viene percepita come buona
opportunità che deve però essere ancora “dimensionata”, nonché occasione di revisione del
paradigma manageriale; ciò nonostante, gli intervistati associano a tali concetti anche una certa
quantità di rischi, quali:
−
una parte del mondo produttivo aziendale teme che ogni attività intrapresa comporti costi che
possano portare a una riduzione della competitività in termini di aumento dei prezzi, rispetto ai
concorrenti;
−
qualsiasi segnalazione negativa (o non conformità) potrebbe compromettere lo sviluppo della
RSI, portando l’impresa ad assumere un profilo più basso;
−
la RSI potrebbe essere utilizzata come mezzo per risolvere esclusivamente questioni di
immagine.
Per quanto riguarda l’argomento cruciale del rapporto tra le imprese e i propri stakeholders,
emergono posizioni differenti, a seconda che si interpelli il mondo produttivo o quello degli
stakeholders intervistati.
Nel primo caso, l’approccio adottato dalle imprese (soprattutto di ingenti dimensioni) nei confronti
dei propri stakeholders può essere definito di tipo “proattivo”: vengono organizzati veri e propri
momenti per il coinvolgimento degli attori, con lo scopo di condividere le strategie d’impresa con i
soggetti esterni maggiormente rilevanti, e di sottoporle al loro giudizio.
Appare dissimile il punto di vista degli stakeholders, che sembrerebbero più inclini ad adottare
atteggiamenti di tipo “reattivo” nei confronti delle imprese, piuttosto che a impegnarsi
concretamente nella costituzione di partnership volte alla definizione di scelte condivise.
17
Appare comunque evidente la necessità di creare consapevolezza e momenti educativi per
promuovere il dialogo con il mondo delle imprese. In particolare, le aspettative per le attività future
riguardano:
−
una maggiore incidenza di progetti intesi a incrementare la consapevolezza di ogni attore e
che coinvolgano il più possibile tutte le svariate tipologie di attori (imprese, stakeholders, società
civile), incentrati su training e informazione, promozione di partnership tra associazioni, ONG e
organizzazioni no-profit, media (compresi quelli “di massa”) e istituzioni pubbliche;
−
trasparenza nell’informazione come presupposto essenziale per un corretto sviluppo delle prassi
della RSI;
−
costituzione di relazioni basate sul dialogo e sulla fiducia tra le imprese e gli svariati attori al
contorno, che esulino dalle semplici relazioni commerciali;
−
identificazione di un “margine comune”, in cui i vari soggetti coinvolti mirino, più che alla
singola soddisfazione personale, a un benessere più diffuso e condiviso.
L’impatto della RSI sulle organizzazioni6
Al termine del lavoro di ricerca del progetto REBUS, è apparso evidente come la responsabilità
sociale d’impresa sia attualmente una pratica diffusa o quantomeno conosciuta a livello di
management aziendale.
Per quanto riguarda le pratiche concretizzate dal campione analizzato, risulta come il contesto
italiano sia caratterizzato da un’ampia variabilità di attività e di modelli adottati; in effetti in Italia
ancora non sembra esserci un riferimento preciso e le esperienze maturate sono fortissimamente
legate alle specificità di ogni soggetto.
In generale, i manager intervistati adottano azioni diversificate a seconda delle tipologie di
stakeholders con cui interagiscono.
Le categorie di stakeholders generalmente prese in considerazione dalle imprese possono essere
classificate come segue:
−
−
−
−
−
−
dipendenti,
clienti/consumatori,
fornitori,
collettività,
ambiente,
azionisti/comunità finanziaria.
I dipendenti
Le attività implementate nei confronti dei dipendenti sono diversificate e varie: vanno
dall’allestimento di nursery aziendali, al coinvolgimento nella definizione delle politiche; in
particolare, gli intervistati hanno citato:
!
programmi per l’elaborazione partecipata di codici di condotta etici;
!
formazione;
!
programmi di management “alternativo”;
!
programmi per la gestione del ciclo di vita lavorativo;
!
progetti “maternità”;
!
programmi su salute e sicurezza;
!
azioni per il miglioramento dell’ambiente di lavoro;
!
prevenzione e cure mediche per dipendenti e famigliari;
!
gestione della disoccupazione;
!
servizi interni di sostituzione connessi alle esigenze del personale o con la ristrutturazione
dell’organizzazione;
!
criteri per i cambiamenti nel piano di lavoro;
!
presenza di asili nido.
6
Caramazza e Carroli (2003).
18
I clienti e i consumatori
Molte delle azioni intraprese nei confronti di clienti e consumatori dalle imprese intervistate non
rientrano tipicamente nelle tipologie previste dalla teoria della RSI, tuttavia le aziende coinvolte le
reputano tali:
!
azioni in favore della qualità e della sicurezza dei prodotti;
!
politiche dei prezzi favorevoli per i consumatori;
!
innovazioni nell’imballaggio;
!
selezione di prodotti “attivi” e “passivi” (selezione di prodotti specifici ispirati ai criteri della RSI
da includere nel portafoglio prodotti; rinuncia alla vendita di altre categorie di prodotti che
non risultino conformi agli ideali della RSI);
!
desiderio di costruzione di partnership con i clienti;
!
trasparenza nell’informazione;
!
assistenza nell’utilizzo di prodotti e/o servizi;
!
ripensamento circa alcune formule contrattuali.
I fornitori
Le politiche di RSI nei confronti dei fornitori risultano essere quelle di più critica definizione,
soprattutto per quanto concerne le imprese multinazionali. Molto spesso, infatti, i processi produttivi
avvengono in aree geograficamente distanti, caratterizzate da condizioni di sviluppo diversificate
e spesso incerte. In questi casi la valutazione dei fornitori – da un punto di vista sociale e
ambientale – risulta la pratica più diffusa.
A questo proposito la presenza di certificazioni di qualità, ambientali e/o sociali risulta un criterio di
scelta per definire collaborazioni e relazioni di fiducia durature nel tempo.
In generale, le azioni più comuni risultano:
!
sviluppo di prodotti e processi di qualità;
!
partecipazione negli investimenti;
!
verifica e valutazione delle pratiche ambientali e sociali dei fornitori;
!
costruzione di relazioni integrative e non meramente distributive;
!
assistenza nei processi di certificazione;
!
qualificazione professionale.
La collettività
All’interno di questa categoria ricadono numerose iniziative, che differiscono le une dalle altre in
ragione della diversa tipologia di impresa considerata e del significato cha viene attribuito al
termine “collettività”: da “umanità” in senso lato a comunità locale all’interno della quale
l’azienda opera. In genere vengono segnalate in questa sezione anche le attività di sostegno in
progetti di cooperazione allo sviluppo, come le iniziative di collaborazione tra l’impresa e il
territorio.
Le iniziative emerse dalle interviste riguardano:
!
lavoro volontario dei dipendenti per procurare benefici alla comunità locale;
!
sostegno ai programmi delle Organizzazioni Non Governative;
!
cooperazione con le amministrazioni locali;
!
promozione di momenti formativi per diverse fasce di popolazione;
!
cooperazione con le istituzioni scolastiche/educative;
!
promozione di momenti formativi per varie categorie di laureati;
!
progetti di educazione sociale;
!
partecipazione nella creazione e nel mantenimento di strutture di interesse sociale;
!
promozione di arte e cultura;
!
iniziative per l’integrazione impresa-territorio (porte aperte, ecc.);
!
servizi di viabilità;
!
donazioni e azioni filantropiche.
L’ambiente
L’attenzione per l’ambiente si concretizza sostanzialmente nella definizione di politiche (interne
all’azienda) di controllo e di riduzione delle emissioni e in una efficiente gestione dei rifiuti, insieme
all’adesione a campagne, protocolli e direttive internazionali.
19
Tra le imprese intervistate molto diffusa risulta la certificazione secondo lo standard ambientale ISO
14001; i criteri di qualità ambientale risultano in questi casi un fondamento imprescindibile per la
formulazione e lo sviluppo dei prodotti.
In generale si riscontrano:
!
riduzione delle emissioni;
!
riduzione di impatti visivi;
!
sviluppo di prodotti a basso impatto ambientale;
!
programmi e incentivi per il car sharing aziendale;
!
miglioramento degli impatti legati alla logistica;
!
investimenti nel trasporto su rotaia;
!
riciclaggio e smaltimento delle materie prime secondarie (o rifiuti riutilizzabili);
!
riduzione dei rifiuti;
!
adesione a protocolli e iniziative internazionali;
!
certificazioni ambientali.
Gli azionisti e la comunità finanziaria
Dalle interviste condotte risulta che le attività intraprese nei confronti di queste categorie di
soggetti sono quelle meno sviluppate; le società per azioni curano più delle altre i rapporti con
azionisti e comunità finanziaria, soprattutto mediante l’elaborazione di criteri per processi di
governance (processi decisionali partecipati) e criteri di trasparenza. In tutti gli altri casi, questi
aspetti risultano di secondaria importanza.
In conclusione, il progetto REBUS si focalizza sull’analisi di alcuni importanti aspetti relativi agli
impatti e alle conseguenze che la RSI produce sulle aziende intervistate.
Nella maggior parte dei casi, i principi della RSI permeano la strategia dell’impresa, andandone a
intaccare le attività principali, che vengono quindi svolte secondo principi etici e morali.
Un altro aspetto, finora non esplicitamente analizzato, riguarda la comunicazione, che vede il
campione spaccato su due alternative opposte: alcuni ritengono che l’allestimento di forme di
comunicazione e pubblicizzazione di questo tipo di attività di fatto sminuisca lo spirito autentico
con cui esse vengono intraprese, mentre in altri casi si ritiene che la divulgazione delle informazioni
contribuisca a creare una sensibilizzazione diffusa rispetto alle tematiche sociali e ambientali,
nonché modelli da seguire.
Le pratiche di RSI hanno sicuramente forti impatti sull’organizzazione dell’azienda, coinvolgendo in
modo particolare il top management, ma senza che vi siano strutture specificamente dedicate
alla cura di questi aspetti: la responsabilità sociale risulta trasversale lungo tutta la struttura.
Sussistono recenti e avviate prassi di coinvolgimento della base delle imprese, mentre rimane
ancora curiosamente poco coinvolto il livello intermedio.
Per quanto concerne gli strumenti della RSI, è possibile notare come ancora le attività di
pianificazione e controllo di queste pratiche siano piuttosto scarse. Nonostante esistano nella
maggior parte dei casi rapporti descrittivi delle attività svolte, sono molto pochi i casi in cui essi
vengono sottoposti a processi formali di valutazione o inseriti nella programmazione ordinaria. È
tuttavia da notare che esiste un trend significativo di miglioramento di questi aspetti.
3.2 IL CONTESTO REGIONALE
Le regioni italiane che hanno attualmente sviluppato progetti nel campo della responsabilità
sociale sono sei. Di queste, la Toscana è considerata l’ente “pioniere”, essendo stata la prima ad
attivarsi nella promozione della RSI presso le aziende del proprio territorio.
Si è deciso di menzionare tutte le iniziative intraprese, anche se, come si noterà, si tratta di attività
molto diversificate tra loro, sia come tipologia di intervento, sia come efficacia nell’azione.
3.2.1. Campania
L’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Campania ha attivato, nel febbraio 2004, il LET
(Laboratorio ETicampania).
20
Si tratta di un organismo multi-stakeholder su base associativa senza fini di lucro per la ricerca,
l’ascolto, l’approccio e la sperimentazione, la consultazione, il supporto all’indirizzo e all’intervento
politico, amministrativo, sociale, economico e finanziario in materia di sviluppo etico.
Il progetto è stato sviluppato grazie al contributo del partner sostenitore ERSAV (Ente Regionale di
Sviluppo e Valorizzazione dell’Artigianato). Altri partner fondatori sono: Consorzio FormAmbiente,
Dipartimento Studi e Ricerche Aziendali della Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di
Salerno, Facoltà di Economia della Seconda Università degli Studi di Napoli, Istituto Universitario
Suor Orsola Benincasa, seed.net. Partecipano inoltre in qualità di soci consultivi il Centro Studi
dell’Unione Industriali di Napoli, Mani Tese ONG, SICDAI/Federmanager.
Fondamentale è stato inoltre l’apporto della Regione Toscana, con la quale è stato stipulato un
protocollo di intesa, siglato dai due assessorati alle Attività Produttive, per l’innovazione, la ricerca,
la sperimentazione e la cooperazione a una rete per lo sviluppo etico.
Il laboratorio, concepito come luogo di ricerca e operatività per lo sviluppo di una economia del
valore sostenibile, è rivolto a individui e organizzazioni (pubbliche, private e no-profit) al fine di
attivare progetti sperimentali di miglioramento etico. È un laboratorio/osservatorio permanente
che si propone di studiare i sistemi produttivi regionali, progettare strumenti innovativi di sviluppo
sostenibile in un approccio di tipo triple bottom line, sperimentare le azioni progettate e derivarne
buone pratiche da diffondere sia a livello regionale, sia nazionale e internazionale.
Il laboratorio si propone due differenti livelli di intervento:
1. regionale – con tre linee di intervento prioritarie finalizzate alla realizzazione di una rete di
stakeholders locali che rappresenti una parte della più ampia rete globale e sia indirizzata
verso obiettivi comuni di sviluppo etico;
2. nazionale e internazionale – anch’esso con tre linee di intervento prioritarie finalizzate
all’inserimento della Regione Campania nel cuore dei contesti decisionali nell’ambito
dell’etica e della responsabilità sociale e alla realizzazione di legami costruttivi con gli attori
chiave dello scenario della nuova economia del valore.
Le attività del laboratorio si articolano su 3 differenti aree di intervento: Ricerca scientifica,
Applicazione, Disseminazione culturale, che si concretizzano in altrettanti traguardi per il 2004.
Tali traguardi riguardano in particolare un progetto già avviato (ARTIGIANeTICA) e le tre aree di
intervento.
ARTIGIANeTICA – Artigianato Etico Campania
Questo progetto ha come fine la ricerca e la promozione dei valori fondanti, delle strategie e degli
strumenti per sviluppare e consolidare un’etica economica relativa alle imprese artigiane della
Regione presso il sistema imprenditoriale di riferimento.
Ricerca Scientifica
È stato avviato un tavolo di lavoro presso l’UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) che,
prendendo spunto da una proposta progettuale definita dal SINCERT, dovrebbe portare alla
definizione di una technical reference per la certificazione etica entro il 2005.
Altri obiettivi della ricerca scientifica sono la redazione di linee guida, valori, indici, pratiche,
proposte, strumenti, spunti e altri riferimenti utili per definire e favorire l’introduzione di un sistema
integrato di miglioramento etico, con particolare riferimento all’ambito della Regione Campania.
Applicazione
Si tratta dell’avvio di progetti pilota, da condurre a compimento all’interno del tessuto economicosociale campano, per l’applicazione del modello di miglioramento etico oggetto del LET.
Disseminazione culturale
Il LET si impegna a diffondere i risultati e i progressi ottenuti nelle attività di ricerca e applicazione e
di promuoverne i contenuti nei contesti nazionali e internazionali7.
3.2.2 Emilia Romagna
L’impegno dell’Emilia Romagna nei confronti della responsabilità sociale è stato formalizzato
all’interno del Programma Triennale per le attività produttive 2003-20058. La Regione, a partire
dall’esperienza del proprio modello sociale e produttivo, ha inteso favorire la qualificazione delle
Documento di Orientamento Strategico del LET (2004)
Il Programma è scaricabile dal sito internet
http://www.ermesimprese.it/finanziamenti/notizie/2003/progr_triennale03.html
7
8
21
proprie imprese, sostenendo progetti che promuovessero anche l’innovazione di gestione delle
imprese, con speciale riferimento alla qualità e alla sicurezza del lavoro e alla qualificazione
ambientale.
In particolare, l’asse 2 del Programma (Piano Qualità Regionale), alla misura 2.1 (Interventi a
sostegno di progetti di sviluppo di sistemi di gestione globale e integrata della qualità nelle
imprese), prevede due azioni che mirano in maniera specifica alla promozione della RSI.
L’Azione A, titolata “Progetti per lo sviluppo di sistemi integrati di gestione”, impegna la Regione ad
attivare bandi di finanziamento specifici per il sostegno di progetti finalizzati al perseguimento di
una gestione di qualità nelle imprese e a una valorizzazione del loro ruolo sociale, in una visione
globale comprendente obiettivi di innovazione organizzativa, di contenimento dell’impatto
ambientale, di sicurezza sul lavoro e di sviluppo di una cultura imprenditoriale e di un ambiente di
lavoro socialmente responsabili.
L’Azione C, titolata “Ricerca, sperimentazione e realizzazione di sistemi di adozione della
responsabilità sociale”, impegna la Regione ad attivare bandi di finanziamento specifici per
sostenere progetti orientati all’informazione, allo studio, alla ricerca, alla promozione e alla
diffusione di conoscenze, finalizzati all’adozione dei principi di responsabilità sociale all’interno
delle imprese. In particolare, l’interesse della Regione è stato rivolto al coinvolgimento in tali
finanziamenti delle piccole e medie imprese emiliane, anche se i beneficiari finali del
provvedimento possono essere anche Associazioni, Enti e Organizzazioni operanti nell’ambito della
ricerca sui temi dell’organizzazione aziendale, del lavoro e della qualità.
3.2.3 Marche
La Regione Marche ha iniziato il suo percorso di Responsabilità Sociale nel 2003, quando
l’Assessorato ai Servizi Sociali della Regione Marche è stato coinvolto, in qualità di partner del
progetto, dal Centro Formazione Marche nella realizzazione di uno “Studio di fattibilità per la
creazione di un sistema informativo promotore della responsabilità sociale di impresa”. Il progetto
prevedeva la partecipazione di molti altri partner, tra i quali figurava anche l’Assessorato Industria
e Artigianato della Regione.
Si basava essenzialmente su due obiettivi:
- sensibilizzare tutti i portatori di interesse, in particolare le piccole e medie imprese, sul tema
della responsabilità sociale, al fine di favorire uno sviluppo realmente sostenibile nella sua
tripla articolazione (aspetti sociali, economici e ambientali);
- realizzare un innovativo Sistema Informativo che promuovesse il contatto diretto tra imprese
e consumatori, al fine di rafforzare il mercato del lavoro e dei consumi in un’ottica di
sostenibilità.
Le fasi previste dal progetto erano tre:
1. Attività preparatoria e di ricerca, realizzata grazie alla collaborazione del Centro di Studi
Impresa e Territorio (CESIT) della Facoltà di Economia dell’Università di Urbino: valutazione
del grado di conoscenza delle tematiche e degli strumenti legati alla RSI presso le piccole e
medie imprese e la popolazione.
2. Evento principale: tre giornate di incontri, sotto forma di conferenze e dibattiti, tra tutti gli
stakeholders finalizzati alla creazione delle basi per verificare, nell’ultimo incontro, la
fattibilità del Sistema Informativo che indirizzasse lo sviluppo economico regionale verso
forme più sostenibili e, al tempo stesso, competitive.
3. Follow up: con questa fase il Centro Formazione Marche si sarebbe assunto l’impegno di
diffondere sul territorio, con l’aiuto dei partner coinvolti, i risultati raggiunti attraverso le fasi
precedenti.
Il Progetto è stato posto al vaglio dell’Unione Europea per l’assegnazione di un finanziamento in
settembre; non avendo ottenuto tale finanziamento, l’inizio dei lavori è stato prorogato.
Il 30 marzo 2004, su iniziativa dei Consiglieri regionali Procaccini e Martoni, è stata presentata la
proposta di legge 240: “Interventi per la promozione di prassi socialmente responsabili, per la
certificazione dei sistemi di qualità, del rispetto dell’ambiente, della sicurezza e dell’etica di
amministrazioni pubbliche locali e loro enti e consorzi, di organizzazioni non lucrative d’utilità
sociale (ONLUS) e delle piccole e medie imprese marchigiane”.
La proposta di legge prevede che la Regione, nel rispetto del titolo V della Costituzione e in
conformità con le norme internazionali, comunitarie e nazionali, promuova e sostenga la cultura di
22
prassi socialmente responsabili, in particolare la pratica della qualità, del rispetto dell’ambiente,
della sicurezza dei lavoratori e dell’etica. A tal fine, vengono indicate tre tipologie di azioni positive
e interventi operativi:
1. promozione di azioni di informazione finalizzate alla diffusione di una cultura di
responsabilità sociale e ambientale;
2. sostegno economico a piccole e medie imprese, ONLUS, pubbliche amministrazioni e loro
enti e consorzi che aderiscono volontariamente a norme di certificazione relative
all’introduzione e allo sviluppo di prassi socialmente responsabili, di sistemi di gestione
aziendale certificati, nonché di certificazioni di prodotto e servizio;
3. promozione di azioni a sostegno di progetti di implementazione dei sistemi di cui sopra.
È prevista inoltre l’istituzione di un albo regionale per le piccole e medie imprese, le ONLUS, le
pubbliche amministrazioni e i loro enti e consorzi che promuovono e adottano pratiche
socialmente responsabili. Per l’iscrizione all’albo è obbligatorio il possesso di una o più certificazioni
da parte di un organismo terzo accreditato.
In concreto, per le organizzazioni, l’iscrizione all’albo costituisce titolo di priorità:
1. per ONLUS e amministrazioni pubbliche: la concessione di incentivi finanziari, contributi e
agevolazioni;
2. per piccole e medie imprese: il rilascio di autorizzazioni amministrative, la selezione di
soggetti da invitare alle gare d’appalto per lavori pubblici o forniture di servizi;
3. l’aggiudicazione di appalti a parità di condizioni di offerta.
La proposta di legge prevede che, a decorrere dall’anno 2005, venga stanziata una somma da
ripartire per l’80% in aiuti finanziari per le organizzazioni che intendano attuare processi di
certificazione etica, ambientale e di qualità; per il 10% per demandare la gestione di processi di
promozione e verifica ad associazioni e/o enti impegnati in attività di sensibilizzazione e diffusione
della cultura della responsabilità sociale; per il restante 10% per la promozione a favore dei giovani
e dei cittadini marchigiani di una capillare informazione finalizzata alla diffusione di una cultura
della responsabilità ambientale e sociale.
3.2.4 Toscana
La Regione Toscana, come anticipato nell’introduzione a questo capitolo, è la regione italiana più
attiva nel campo della responsabilità sociale. Per questo motivo, il suo caso è ampiamente trattato
al capitolo 5 (paragrafo 5.2.1), relativo alle “buone pratiche”. In questa sezione, quindi, viene
fornita una rapida trattazione cronologica degli eventi più importanti promossi dalla Toscana, a
partire dall’anno 2000.
- Giugno 2000: viene sviluppato un dibattito interno sulla RSI, che porta alla definizione, da
parte dell’Assessorato all’industria, PMI, innovazione, promozione e internazionalizzazione
del sistema produttivo toscano, di strumenti finanziari volti alla promozione e alla diffusione
della certificazione SA 8000. In particolare, con la misura 1.4.1 “Aiuti agli investimenti
immateriali” del Documento Unico di Programmazione, vengono stanziati 27.000.000 Euro.
- Dicembre 2001: viene prodotto da parte della Regione un commento al Libro Verde
pubblicato in luglio dalla Commissione Europea.
- Marzo 2002: viene realizzato a Firenze il convegno internazionale: “Fabbrica Ethica –
Responsabilità sociale delle imprese: SA 8000”. Contemporaneamente viene attivato il sito
www.fabricaethica.it.
- Maggio 2002: viene varata la L.R. 18/2002 “Norme per l’introduzione dei prodotti biologici,
tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e programmi di educazione alimentare nella
Regione Toscana” in cui veniva data priorità nell’aggiudicazione delle gare d’appalto alle
imprese con fornitori certificati SA 8000.
- Settembre 2002: vengono emanati i primi bandi per l’acquisizione della certificazione SA
8000 delle piccole e medie imprese; la certificazione viene introdotta come premialità fra i
requisiti per aggiudicarsi gli appalti pubblici dei trasporti regionali. Inoltre la Regione
istituisce un servizio di tutoraggio nei confronti di enti pubblici e privati sul tema della RSI.
- Dicembre 2002-Marzo 2003: vengono avviati tavoli con tutti i portatori di interesse regionali. I
risultati dei lavori portano a concordare la necessità di una Commissione Etica Regionale
sulla responsabilità sociale d’impresa.
23
-
Febbraio 2003: la Regione si impegna ad avviare la certificazione SA 8000 per la propria
amministrazione, rafforzata sull’aspetto ambientale.
Maggio 2003: viene insediata la Commissione Etica Regionale, composta da 24
rappresentanti di tutti gli stakeholders territoriali.
Luglio 2003: viene avviata la valutazione della fattibilità economica e tecnica di un sistema
integrato di certificazione dell’amministrazione, che comprenda SA 8000, ISO 9001:VISION
2000 e regolamento EMAS.
Febbraio 2004: viene siglato un patto tra Regione Toscana e Regione Campania per una
“nuova economia del valore”, i cui obiettivi sono, da una parte, definire un percorso
comune di governance locale orientata alla sostenibilità, dall’altra, formulare standard di
misurazione della qualità sociale e civile prodotta, da applicare ad aree test individuate.
3.2.5 Umbria
Sul tema della RSI, la Regione Umbria ha approvato nel corso dell’anno 2002 due leggi regionali. La
prima, legge regionale n. 20 del 12 novembre 2002, prevede l’istituzione di un Albo regionale delle
imprese umbre certificate SA 8000.
Con questa legge la Regione ha inteso riconoscere il valore irrinunciabile dei diritti umani,
economici, sociali e sindacali indicati nelle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia e
promuoverne l’attuazione anche attraverso la diffusione di una cultura della responsabilità sociale
nei consumatori e nelle imprese.
In concreto, per le imprese, l’iscrizione all’Albo costituisce titolo di priorità per:
- la concessione di incentivi finanziari, contributi e agevolazioni previsti dalla normativa
regionale;
- il rilascio delle autorizzazioni amministrative;
- la selezione di soggetti da invitare alle gare di appalto per lavori pubblici o forniture di beni
e servizi;
- l’aggiudicazione dell’appalto a parità di condizioni dell’offerta.
La seconda, legge regionale n. 21 del 12 novembre 2002, riguarda gli interventi per la
certificazione di sistemi della qualità, del rispetto dell’ambiente, della sicurezza e dell’etica nelle
imprese umbre.
Con questa legge la Regione Umbria ha voluto promuovere e sostenere la cultura e la pratica
della qualità, del rispetto dell’ambiente, della sicurezza e dell’etica nelle imprese umbre. In
particolare la Regione ha riconosciuto il valore dei sistemi di gestione ambientale, anche in
un’ottica di integrazione degli aspetti etici e sociali, monitorata attraverso indicatori di adesione
delle imprese agli obiettivi dello sviluppo sostenibile.
Le azioni e gli strumenti operativi previsti nel testo di legge sono:
- la promozione di azioni di informazione finalizzate alla diffusione della cultura della qualità,
del rispetto dell’ambiente, della sicurezza e dell’etica;
- il sostegno delle piccole e medie imprese che aderiscono volontariamente a norme
internazionali, comunitarie e/o nazionali, relative all’introduzione e allo sviluppo di sistemi di
gestione aziendale certificati, anche integrati fra loro, nonché di certificazione di prodotti e
di servizi;
- la promozione di progetti di qualificazione, attestazione e/o miglioramento propedeutici al
conseguimento della certificazione, definendo criteri e standard obiettivo, nell’ambito delle
politiche e azioni a sostegno delle piccole e medie imprese.
A tal fine, la legge prevede che la Regione stili ogni anno un programma annuale degli interventi,
nel quale vengano indicati gli indirizzi di promozione della certificazione e le tipologie, nonché le
priorità, sulla base degli effetti prodotti dai programmi precedenti. Il finanziamento stanziato
nell’anno 2002 è stato pari a 250.000 Euro.
3.2.6 Le esperienze siciliane
Nonostante la Regione Sicilia non abbia formalmente attivato iniziative specifiche nell’ambito della
responsabilità sociale, sul suo territorio si incontrano esperienze degne di nota, promosse dall’ associazione
EURO di Palermo e dall’Osservatorio Regionale Siciliano per l’Ambiente; tali enti hanno realizzato due
importanti progetti, entrambi finanziati dalla Comunità Europea.
Il progetto EQUAL “ETIQUALITAS”, attivato nell’anno 2003, è stato presentato da Partnership di Sviluppo
Geografica, composta dai seguenti soggetti:
24
- Osservatorio Regionale Siciliano per l’Ambiente (ORSA)
- Associazione EURO (soggetto referente)
- Comuni di Forza d’Agrò, Furci Siculo, Giardini Naxos, Limina, Roccalumera, Sant’Alessio Siculo, Santa Teresa
Riva, Savoca, Castelmola, Taormina
- 3 cooperative sociali a responsabilità limitata: AD ACTA, Comunità e Servizio, Papa Giovanni XXIII
- Associazione Naxos Progettazioni
- Centro Ignaziano di Ricerca e Formazione.
L’obiettivo del progetto è diffondere la cultura della responsabilità sociale tra il management pubblico e
privato della Sicilia. In particolare prevede le seguenti azioni:
1. realizzazione di un tavolo di concertazione che riunisca una rete di soggetti pubblici e privati per
individuare forme di collaborazione, volte a favorire l’inclusione socio-lavorativa di soggetti
svantaggiati, dando particolare importanza alla partecipazione attiva delle aziende private;
2. supporto alla diffusione di strumenti di certificazione di qualità (ISO 9000:2000) e di requisiti etici, in
concreto si prevede la certificazione, secondo gli standard della SA 8000, di almeno due imprese;
attivazione di un circuito di comunicazione finalizzato alla diffusione della responsabilità sociale e alla
promozione delle cosiddette “buone pratiche” in questo ambito. È stato attivato un portale internet 9
dedicato alla responsabilità sociale delle imprese.
Il progetto CSR-VADEREGIO: VADEMECUM FOR REGIONAL POLICIES
L’Associazione O.R.S.A. (Osservatorio Regionale Siciliano per l’Ambiente), congiuntamente con AgendaSocial Responsibility in Scotland (Scozia), Ministero del Lavoro fiammingo (Belgio, Fiandre) e Novia Salcedo
Foundation di Bilbao (Spagna, regione Basca), ha attivato il progetto CSR-Vaderegio, finanziato dalla
Commissione Europea-DG Occupazione e Affari Sociali.
Il progetto prevede che ciascuna regione analizzi la propria situazione in tema di responsabilità sociale,
attraverso il coinvolgimento delle autorità locali, perseguendo i seguenti obiettivi:
Promozione di una piattaforma regionale europea per lo scambio di informazioni in ambito di RSI;
Cooperazione con altre organizzazioni locali coinvolte nella RSI al fine di individuare strumenti utili per
la sua diffusione a livello locale;
Diffusione delle informazioni utili e redazione di un vademecum finale per evidenziare le peculiarità
locali delle regioni coinvolte, condividere i risultati delle attività, sviluppare modelli di buone pratiche.
Il fine ultimo, quindi, è fornire ai governi locali uno strumento di supporto per la diffusione della RSI presso le
imprese locali.
Attualmente è in corso di realizzazione il progetto CSR-VADEREGIO II, che prevede il coinvolgimento di nuove
regioni europee, fino a un massimo di 10 partner nel gruppo ristretto. Per l’Italia verrà coinvolta la Regione
Toscana.
9
www.portalesociale.it
25
4 GLI STRUMENTI
Nella presente sezione si analizzano gli strumenti di gestione della responsabilità sociale a
disposizione delle organizzazioni decise a intraprendere un completo percorso di sostenibilità.
Il capitolo è suddiviso in quattro principali categorie, rappresentative del panorama di attività e
interventi possibili: gli standard di certificazione, il bilancio di sostenibilità, i codici di condotta, i
principi del Global Compact.
Risulta decisamente rilevante sottolineare che gli strumenti presentati in questa sede non sono in
alcun modo da considerarsi in alternativa l’uno all’altro, ma, piuttosto, che concorrono tutti alla
definizione di un disegno di responsabilità sociale completo.
La trattazione dei singoli strumenti segue uno schema comune (pur con le differenziazioni rese
necessarie dalle peculiarità di ognuno di essi): le informazioni fondamentali fornite riguardano il tipo
di strumento, l’ente proponente e le sue caratteristiche, le tipologie di organizzazioni cui lo
strumento può essere applicato, le aree di intervento previste (sociale, ambientale, economica), il
coinvolgimento degli stakeholders e le eventuali relazioni o la compatibilità con altri strumenti.
4.1 GLI STANDARD DI CERTIFICAZIONE
Nella sezione dedicata agli standard di certificazione vengono presentati i processi che
contemplano una verifica esterna da parte di un Ente terzo e il rilascio di un certificato di
conformità a seguito della verifica stessa.
Si è deciso di inserire in questa sede anche la trattazione del Q-RES, che è attualmente in via di
definizione, ma che vuole diventare uno standard in breve tempo.
4.1.1 AA 1000
Tipo di strumento
AA 1000 è uno standard per l’accountability (rendicontazione), finalizzato a garantire la qualità
della contabilità, l’auditing e il reporting etici e sociali.
Questo strumento comprende, da una parte, i principi (caratteristiche del processo di qualità) che
stanno alla base della redazione degli standard, dall’altra, lo standard di processo stesso.
La metodologia definita non si riferisce alla redazione del bilancio sociale (per la quale si fa
riferimento alle linee guida GRI), ma all’integrazione delle attività di accounting (contabilità) con
l’attività dell’organizzazione.
Gli standard di processo AA 1000 uniscono la definizione e il radicamento di valori societari allo
sviluppo di obiettivi di performance, ma anche alla stima e alla comunicazione dei risultati
dell’organizzazione.
Attraverso questo processo, incentrato sul coinvolgimento degli stakeholders da parte dell’impresa,
AA 1000 collega le problematiche etico-sociali alla gestione strategica e alle attività
dell’organizzazione provvedendo a:
• Allineare sistemi e attività con i valori d’impresa
• Studiare gli impatti di sistemi e attività, e la percezione che gli stakeholders hanno di questi
impatti
• Sviluppare un sistema di controllo interno che abiliti l’organizzazione a identificare, valutare
e gestire i rischi derivanti da questi impatti e le conseguenze delle relazioni con i portatori di
interesse
• Costruire un vantaggio competitivo attraverso l’esplicitazione di una posizione definita in
merito alle problematiche etico-sociali.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
AA 1000 è stato lanciato nel novembre 1999 da ISEA (Institute of Social and Ethical Accountability),
organizzazione non governativa con sede a Londra. La sua missione è quella di promuovere e
supportare le imprese nello sviluppo dei sistemi di gestione etico/sociale. Varie esperienze di ISEA
nella valutazione e nel monitoraggio d’impresa sono diventate la base per lo sviluppo del AA 1000.
Allo stato attuale, ISEA gioca un ruolo centrale nel miglioramento e nella promozione dello
standard, monitorando la preparazione dei consulenti AA 1000 e regolamentando lo standard.
26
Recentemente, sempre con finalità di perfezionamento, ISEA ha stabilito una nuova fase di dialogo
con i portatori di interesse per la revisione dello standard, culminata nella presentazione di una
serie di moduli che integrano la attuale versione del AA 1000.
Organizzazioni cui lo strumento si può applicare
AA 1000 è disegnato per tenere in considerazione i bisogni e le richieste di utilizzatori appartenenti
a ogni tipologia di organizzazione. Questo include:
• Piccole e grandi imprese
• Organizzazioni locali, multilocali, e multinazionali
• Organizzazioni pubbliche, private e non-profit.
La natura delle organizzazioni che utilizzano lo standard influenza il loro approccio all’applicazione
del AA 1000. Per esempio, un’impresa locale utilizza questa metodologia per:
• Sviluppare una struttura di rendicontazione, auditing e reporting etico/sociale a livello
locale
• Divulgare un unico report verificato su tutti gli aspetti delle attività d’impresa presso i suoi
portatori d’interesse (prevalentemente locali).
Per contro, una organizzazione multilocale o multinazionale decide di utilizzare l’AA 1000 per:
• Promuovere a livello locale la responsabilità per la misurazione e il miglioramento dei risultati
etico/sociali
• Riportare sotto forma di sommario, a livello di gruppo, performance e attività globali
dell’impresa, incorporando gli indicatori contemplati nei sistemi di gestione strategica
dell’organizzazione
• Riportare, anche a livello locale, gli aspetti delle performance etiche e sociali dell’impresa
rilevanti per gli stakeholders locali
• Utilizzare un mix di metodologie di audit per assicurare le garanzie richieste dai portatori
d’interesse a livello di gruppo e a livello locale.
Aree di indagine
Le linee guida AA 1000 sono riferite soprattutto alle questioni etiche e sociali. L’approccio proposto
non può quindi essere propriamente definito “triple bottom line”. Tuttavia vi sono alcuni riferimenti
alla necessità di considerare anche variabili economiche e ambientali.
Coinvolgimento degli stakeholders
Il coinvolgimento degli stakeholders risulta l’elemento fondamentale del AA 1000; in definitiva è il
cuore dello standard. Questo coinvolgimento non va nella direzione di una deresponsabilizzazione
dell’organizzazione circa le proprie attività, ma piuttosto di un coinvolgimento della leadership
nella costruzione di relazioni con i portatori d’interesse, e di qui migliorare l’accountability e i risultati
dell’impresa.
Le linee guida, per sottolineare le migliori pratiche di interazione con gli stakeholders, prendono in
considerazione “come” i partecipanti al processo possano assicurare una consultazione e un
dialogo qualitativi. I tre elementi fondamentali per ciò che concerne questo rapporto sono:
• Definizione delle finalità del coinvolgimento
• Descrizione dei metodi di coinvolgimento
• Descrizione delle tecniche e espressione di consigli a supporto delle migliori pratiche dei
metodi definiti in precedenza.
Questi contenuti possono essere utilizzati da coloro che utilizzano gli standard per sviluppare linee
guida di coinvolgimento specializzate in particolari situazioni, tra cui:
• Coinvolgimento su questioni ambientali e sociali
• Coinvolgimento in differenti nazioni e culture
• Coinvolgimento in situazioni di crisi
• Coinvolgimento interno ed esterno
• Coinvolgimento in differenti tipologie di organizzazione
• Verifica dei processi di coinvolgimento.
L’interazione con gli stakeholders deve, inoltre, essere al centro del circolo virtuoso del
miglioramento delle performance. Un coinvolgimento significativo può:
• Anticipare e gestire i conflitti
• Migliorare il processo decisionale
• Costruire consenso
27
• Creare identificazione tra i portatori d’interesse e i risultati delle attività d’impresa
• Generare fiducia all’interno dell’organizzazione.
Questi cinque fattori sono fondamentali per il progresso dei risultati finanziari attraverso, per
esempio, il miglioramento nel reclutamento e nel mantenimento degli impiegati o l’incremento
della complessità dei sistemi di gestione. In generale, la soddisfazione dei portatori d’interesse
gioca un ruolo fondamentale di supporto alle performance di lungo periodo.
Affinché il livello di partecipazione di tutte le parti possa essere considerato significativo, il loro
coinvolgimento deve avere determinate caratteristiche:
• Permettere ai portatori di interesse stessi di partecipare all’identificazione di altri eventuali
stakeholders
• Assicurare che le parti coinvolte abbiano fiducia in coloro che sviluppano il processo, che
raccolgono ed elaborano le conclusioni del coinvolgimento
• Prevedere forme di dialogo, non informazione ad una sola via
• Stare tra le parti con sufficiente preparazione e informazioni per ottenere opinioni e
prendere decisioni
• Far partecipare gli stakeholders alla definizione dei termini del coinvolgimento, e in
particolare, riguardo a metodi e tecniche, domande poste, analisi delle risposte e processo
di feed-back
• Spingere le parti a esporre i propri punti di vista senza restrizioni e senza paure,
sottolineando il fatto che opinioni espresse seriamente possono avere conseguenze
importanti per tutti i gruppi coinvolti
• Divulgare le informazioni raccolte, a disposizione delle parti per analisi e commenti.
Nello standard viene proposta una lista minima di stakeholders che andrebbero coinvolti, sia
internamente che esternamente all’organizzazione: proprietari, amministratori, dipendenti e
sindacati, clienti, partner, fornitori, concorrenti, organismi con potere normativo, organizzazioni noprofit e non governative, gruppi di pressione, comunità locale e internazionale.
Sistema di gestione
Come citato, AA 1000 comprende da un lato i principi (caratteristiche del processo di qualità) su
cui si basa lo standard, dall’altro lo standard di processo stesso.
I principi identificano le caratteristiche del processo di qualità. Questi possono essere utilizzati per
disegnare e gestire la rendicontazione etica e sociale di una organizzazione, e possono, inoltre,
essere usati nella valutazione qualitativa del processo.
I principi di qualità sono undici, gerarchicamente dipendenti dal principio di inclusività, che
prevede di tenere costantemente conto di bisogni e aspettative degli stakeholders. Questi principi
sono:
Scopo e natura del processo organizzativo
1. completezza
2. materialità
3. regolarità e tempestività
Significatività dell’informazione
4. assicurazione di qualità
5. accessibilità
Qualità informativa
6. comparabilità
7. affidabilità
8. rilevanza
9. comprensibilità
Gestione del processo
10. incorporabilità
11. miglioramento continuo.
AA 1000 è uno standard di processo, non uno standard di performance. La sua finalità è
specificare i processi che una organizzazione deve seguire per la contabilizzazione delle proprie
performance, non i risultati che devono essere raggiunti.
Si tratta di un modello dinamico per un continuo perfezionamento; ogni suo ciclo consta di cinque
categorie d’azione principali. Il modello è tendenzialmente lineare, ma di frequente le fasi operano
in parallelo, e devono essere ripetute più volte nel tempo.
28
Le fasi del processo possono essere riassunte come segue:
• L’organizzazione definisce ed esamina i propri valori e obiettivi di carattere etico-sociale
(Pianificazione)
• Viene definito lo scopo del processo, raccolte e analizzate le informazioni, sviluppati gli
obiettivi di performance e il piano di miglioramento (Accounting)
• Viene redatto un rapporto (scritto o verbale) sui sistemi di organizzazione e sui risultati. Il
processo (incluso il reporting) è verificato esternamente, il rapporto è reso accessibile agli
stakeholders, e si ottengono dagli stessi dei feedback (Auditing e Reporting)
• A supporto di ognuna di queste fasi, vengono sviluppati strutture e sistemi per rafforzare il
processo e integrarlo nelle attività organizzative (Incorporazione)
• Ogni fase del processo viene improntata al coinvolgimento da parte dell’organizzazione di
tutti i possibili portatori di interessi (Impegno verso gli stakeholders)
Nello sviluppo delle fasi, l’organizzazione comincia a pianificare per il successivo ciclo del processo,
incorporando le esperienze del ciclo precedente.
All’interno del modello, viene identificato un set di passi che devono essere seguiti per soddisfare i
principi AA 1000. I momenti del processo sono:
Pianificazione
• Stabilire l’impegno e le procedure di governance. L’organizzazione si impegna nelle
procedure del modello, stabilendo anche il ruolo dei vari portatori di interesse all’interno
dello stesso. Definisce altresì le procedure di governance che assicurano l’inclusione degli
stakeholders nel processo.
• Identificare gli stakeholders. L’organizzazione identifica i vari portatori di interesse e
caratterizza la propria relazione con ogni gruppo.
• Definire e analizzare il sistema dei valori. L’organizzazione definisce o rielabora la propria
missione e il proprio sistema di valori.
Accounting
• Identificare gli aspetti. L’organizzazione identifica le questioni rilevanti in merito alla propria
attività e alle performance etico-sociali.
• Determinare lo scopo del processo. L’organizzazione determina lo scopo del corrente
processo in termini di stakeholders, localizzazione geografica, unità operative, identificando
anche le modalità di inclusione dei portatori di interesse non considerati e delle questioni
legate ai futuri cicli del processo. Contestualmente si stabiliscono i tempi del ciclo corrente,
ma anche scopo e metodi di audit nonché gli auditors, col fine di garantire un alto livello
qualitativo.
• Identificare gli indicatori. L’organizzazione individua gli indicatori etico-sociali che riflettono
le performance in relazione ai propri valori e obiettivi, ai valori e alle aspirazioni degli
stakeholders, e più ampiamente le norme societarie e le aspettative.
• Raccogliere le informazioni. L’organizzazione raccoglie le informazioni circa la sue
performance con riferimento agli indicatori identificati.
• Analizzare le informazioni, raccogliere gli obiettivi e sviluppare il piano di miglioramento.
L’organizzazione, grazie alle informazioni raccolte, rapporta i propri risultati a valori e
obiettivi precedentemente individuati e finalizza le valutazioni tratte allo sviluppo o alla
rivisitazione dei futuri target, ponendo l’accento sul miglioramento delle performance.
Auditing e Reporting
• Preparare i rapporti. L’organizzazione prepara un rapporto etico e sociale oppure più
relazioni relative al processo sviluppato in specifici periodi. Questi rapporti forniscono
evidenze dei rapporti che intercorrono tra risultati e valori condivisi, scopi e obiettivi, ma
anche informazioni comparative con i periodi precedenti, in modo da aiutare a
comprendere le performance attuali rispetto ai trend passati e, se disponibili, ai benchmark
esterni.
• Compilare gli audit reports. L’organizzazione organizza e supporta l’audit esterno del
processo.
• Comunicare i rapporti e raccogliere i feed-back. L’organizzazione comunica le informazioni
rilevanti sul processo a tutti i gruppi interessati. Questo include il fatto di rendere accessibile
a ognuno di essi i rapporti etico/sociali insieme alle valutazioni esterne indipendenti.
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Vengono ricercati attivamente feed-back dai vari gruppi con l’obiettivo di perfezionare
ulteriormente il processo.
Incorporazione
• L’organizzazione stabilisce i sistemi di supporto al processo e il progressivo raggiungimento in
corso degli obiettivi, in linea con i valori d’impresa.
Relazioni con altri strumenti
AA 1000 può essere utilizzato come strumento di integrazione di standard specializzati di
accountability, esistenti ed emergenti, ma anche come sistema unico di rendicontazione e
comunicazione sociale ed etica.
Vengono fornite indicazioni relative all’integrazione con diversi altri strumenti di certificazione e
metodologie di redazione del bilancio sociale, in particolare:
• GRI
• SA 8000
• ISO14001
• Investors in People
• Forest Stewardship Council
• Fair Trade Federation
• Ethical Trading Initiative
• Caux Round Table
• US Federal Sentencing Guidelines
• Humane Cosmetics Standard
• The business excellence model
• The balanced scorecard.
Un’applicazione dello standard AA 1000: il Piano pluriennale in materia di edilizia abitativa della Provincia
Autonoma di Trento
Decidere di applicare uno standard di condotta etico-sociale alla redazione del Piano pluriennale per
l’edilizia abitativa implica che, oltre alle tradizionali attività di analisi del bisogno abitativo e di pianificazione
della distribuzione delle risorse, si debbano prendere in considerazione la responsabilità economica,
l’attenzione ambientale e il corretto utilizzo del territorio.
In questa direzione si è mossa la Provincia di Trento che per prima in Italia, e tra le prime esperienze in ambito
internazionale, ha deciso di applicare lo standard AA 1000 al proprio piano edilizio, con lo scopo di rivisitare il
ruolo e l’importanza dello stesso.
Tali attività sono state condotte anche nell’ottica di una futura applicazione del modello a tutto il welfare
provinciale, nel caso in cui il riscontro della metodologia applicata risultasse positivo.
Nella definizione del Piano pluriennale sono stati tratteggiati e definiti, in conformità con quanto prestabilito
dai principi ispiratori dell’AA 1000:
•
le linee guida generali;
•
gli obiettivi di fondo (la scala valoriale);
•
le principali strategie abitative;
•
i portatori d’interesse.
Negli anni successivi (2004-2008) si procederà a definire con maggior dettaglio questi elementi, al fine di
migliorarne il grado di precisione e, idealmente, avviare il dialogo con i singoli stakeholders, e non più con i
gruppi che li rappresentano.
Per individuare il percorso completo che contempli tutti i passaggi, dalla definizione del modello valoriale di
riferimento e delle strategie, alla pianificazione delle politiche e degli interventi, alla individuazione degli
stakeholders di riferimento, ci si è avvalsi delle matrici coassiali: una metodologia che consente di analizzare
problematiche molto complesse, scomponendo i fenomeni nelle fasi elementari che li compongono,
secondo una sequenza logica. Il risultato finale consente di individuare gli stakeholders coi quali attuare
percorsi di condivisione delle politiche, al fine di consentire l’attuazione di azioni che consentano di
massimizzare la performance della Provincia in termini di impatto sociale ed etico.
Nel modello ipotizzato si sono individuate quattro matrici assialmente collegate secondo un percorso logico
che consente, una volta individuato il modello valoriale di riferimento, di individuare i portatori di interessi
specifici:
1. Matrice “Valori/Strategie”;
2. Matrice “Operatori istituzionali/Strategie”;
3. Matrice “Operatori istituzionali/Politiche”;
4. Matrice “Stakeholders/Azioni”.
Per sviluppare tali matrici sono stati ricercati gli elementi da incrociare per giungere alle conclusioni
desiderate.
30
L’Assessorato alle Politiche Sociali ha individuato i valori cui intende ispirarsi e che vuole soddisfare. In
particolare vi sono cinque ambiti valoriali di riferimento: sociale, territorio, economia, organizzazione,
ambiente.
Sono state quindi definite le dieci principali strategie che si intende perseguire nel corso della legislatura.
E’ stata compilata una prima lista degli stakeholders direttamente e indirettamente interessati alle politiche
abitative contenute nel Piano. Nella prima fase, per un vincolo temporale improrogabile quale è la delibera
del Piano, si è deciso di concentrare l’attenzione, e quindi avviare il dialogo, soltanto con alcuni soggetti, o
meglio, gruppi, in particolare quelli che abbiano una maggiore influenza a livello decisionale e rappresentino
gli interessi più rilevanti (i Comprensori, i Comuni, l’ITEA (Istituto Trentino per l’Edilizia Abitativa) e alcune
Associazioni di utenti e di categoria produttiva).
L’implementazione dello standard AA 1000 introduce un’innovazione in questa fase, formalizzando l’ascolto di
tutti gli stakeholders attraverso interviste, e comunicando, con report, verbali e scritti, i risultati raccolti. Questo
processo assicura trasparenza e garantisce che vengano prese in considerazione tutte le istanze.
Costruire questo piano secondo principi di responsabilità sociale, finalizzati a coinvolgere tutti i portatori di
interesse, e modellarlo secondo gli obiettivi e le aspettative espresse, significa rendere la comunità sociale
protagonista e artefice dello sviluppo e della crescita del proprio sistema. Sinteticamente, i vantaggi derivanti
dall’adozione di questo standard sono i seguenti:
1. Consente di misurare gli indicatori chiave di performance sociale;
2. Migliora la gestione della qualità nei rapporti con gli stakeholders;
3. Favorisce il processo di legittimazione;
4. Aumenta il consenso dei portatori di interessi e ne accresce la fiducia;
5. Rende più trasparenti i processi d’impiego delle risorse sia pubbliche sia private;
6. Riduce gli squilibri e le sperequazioni poiché si concertano gli obiettivi e si ricerca il consenso sociale;
7. Accresce la competitività del territorio;
8. Influenza positivamente l’attrattività del sistema locale;
9. Crea filiere etiche, promuovendo l’adozione di standard etico-sociali anche all’interno dei committenti
e referenti;
10. Favorisce l’introduzione di processi innovativi.
4.1.2 SA 8000
Tipo di Strumento
SA 8000 è l’unico standard internazionale volontario di certificazione rilasciato da terzi, secondo un
meccanismo analogo a quello utilizzato per i sistemi di gestione UNI EN ISO 9000 (Sistema di
Qualità), UNI EN ISO 14000 ed EMAS II (Sistemi di Gestione Ambientale), che mira a coniugare criteri
di gestione aziendali e principi di responsabilità sociale.
La norma è stata promossa dal SAI (Social Accountability International), ex Council on Economic
Priorities Accreditation Agency (CEEPA), pubblicata nell’ottobre 1997 e revisionata nel 2001.
SA 8000 riguarda:
• il rispetto dei diritti umani,
• il rispetto dei diritti dei lavoratori,
• la tutela contro lo sfruttamento dei minori,
• le garanzie di sicurezza e igiene sul posto di lavoro,
e la sua applicazione offre alle aziende un’importante occasione per dimostrare il loro impegno
verso l’attuazione di buone pratiche nella produzione e nella gestione etica delle merci che
producono e vendono.
È volontà delle organizzazioni far sì che attraverso l’applicazione di questo strumento i principi di
responsabilità sociale siano seguiti da tutti i fornitori nazionali e internazionali coinvolti nella catena
di fornitura del prodotto/servizio oggetto delle proprie attività: i fornitori assicurano il rispetto dei
requisiti dello standard e si rendono disponibili a verifiche da parte dell'impresa committente o
anche dell'organismo di certificazione. In questo senso la SA 8000, oltre a essere uno standard
internazionale verificabile e riconoscibile, permette, attraverso una sua corretta applicazione, la
ricostruzione della “tracciabilità sociale” dei prodotti e dei servizi.
Una particolarità che dà rilievo a questo standard è il “ruolo previsto per le Organizzazioni Non
Governative (ONG) e i Sindacati del Paese in cui l’impresa ha le sue sedi, perché è insieme a questi
enti che vengono portate a termine le diverse procedure di accreditamento che devono tener
conto delle realtà locali”.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
31
Social Accountability International (SAI) è un’associazione no-profit internazionale, con sede negli
Stati Uniti, che si occupa di sviluppare e diffondere standard verificabili relativi alla contabilità
sociale. Al suo interno sono rappresentati dirigenti sindacali, organizzazioni non governative,
università, enti di certificazione.
Il SAI, ente di accreditamento per gli organismi di certificazione SA 8000, nasce nel 1997 con le
seguenti funzioni: svolgere valutazioni imparziali degli organismi di certificazione per assicurarne la
competenza; monitorare il comportamento e la conformità degli organismi di certificazione e delle
loro procedure documentate; tenere un elenco degli organismi di certificazione accreditati,
disponibile al pubblico; valutare e risolvere le questioni nei confronti dei valutatori e degli organismi
di certificazione.
Il SAI si impegna ad accertare che gli standard e i sistemi per la verifica della conformità a tali
standard siano altamente qualificati e pubblicamente accessibili. Per compiere questo,
• riunisce gli stakeholders per sviluppare gli standard con il loro consenso,
• accredita le organizzazioni qualificate per la verifica della conformità,
• promuove la conoscenza e la diffusione di tali standard a livello mondiale.
L'approccio sistematico sociale di responsabilità del SAI è basato sulla trasparenza, sulla credibilità
e sulla verifica.
Caratteristiche delle organizzazioni a cui lo strumento si può applicare
SA 8000 fornisce una struttura per la verifica indipendente dell’eticità nella produzione di tutti i
prodotti e servizi, in aziende di tutti i tipi, ovunque nel mondo.
Il sistema prevede quanto segue:
• applicabilità sia nei Paesi in via di sviluppo, sia nei Paesi industrializzati,
• coinvolgimento di tutti gli stakeholders (governi, azionisti, organizzazioni internazionali) che
hanno qualche interesse nel mondo imprenditoriale,
• coinvolgimento di organizzazioni sindacali e rappresentanti dei lavoratori,
• coinvolgimento dei vari partner e dei fornitori che collaborano quotidianamente con le
diverse realtà del mercato,
• applicabilità ad aziende di piccole e grandi dimensioni,
• applicabilità a enti del settore pubblico o del settore privato,
• applicabilità ad aziende che cercano di verificare indipendentemente la loro
connotazione sociale,
• applicabilità ad aziende che cercano di verificare indipendentemente la propria
connotazione sociale e quella dei loro appaltatori,
• applicabilità ad appaltatori che producono merci per le aziende (soprattutto europee e
statunitensi) che desiderano dimostrare la cura degli aspetti sociali,
• inclusione di organizzazioni di sviluppo o multilaterali, che in questo modo garantiscono di
interagire con aziende che non sfruttano i loro lavoratori.
Inoltre, si specifica che:
• le filiali non sono certificate come componente della sede, ma fanno domanda a parte,
• nel caso del settore agricolo non esiste ancora un indirizzo SA 8000 (non si esclude che
venga definito in futuro),
• le industrie estrattive (petrolio, miniere) non sono coperte da SA 8000 (è in corso un progetto
per realizzare una norma e una linea guida specifica per il settore),
• il lavoro domestico non è attualmente contemplato, ma si prevede che nelle revisione
future della SA 8000 questo aspetto sarà considerato. La criticità legata all’applicabilità in
questo settore riguarda la potenziale violazione della privacy, connessa alle verifiche degli
aspetti lavorativi all’interno di abitazioni private.
E' poi possibile decidere di certificare solo una parte delimitata dell'azienda.
Aree coperte
La SA 8000 è ispirata alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), alle Convenzioni ILO
(International Labour Organisation) e alla Convenzione dell’ONU per i diritti del Bambino (1959).
Le seguenti convenzioni ILO sono parte integrante della norma per quanto riguarda i principi di
base e gli ambiti di intervento:
• Convenzioni ILO 29 e 105 (Lavoro forzato e vincolato) – Sono proibite le punizioni corporali,
la coercizione fisica come quella mentale, le multe e l’ingiuria nei confronti dei lavoratori.
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•
•
•
•
•
•
•
Convenzione ILO 87 (Libertà di associazione) - deve essere garantito il diritto di formare e
unirsi in un sindacato a scelta e di poter richiedere un contratto collettivo, senza che ciò
generi ritorsioni o intimidazioni verso i lavoratori.
Convenzione ILO 98 (Diritto alla Contrattazione Collettiva) – l’azienda deve rispettare il
diritto del personale di formare e aderire ai sindacati di loro scelta e il diritto alla
contrattazione collettiva.
Convenzioni ILO 100 e 111 (Parità di remunerazione tra lavoratori maschi e femmine per
lavoro di valore analogo; Discriminazione) - il salario deve rispettare tutti gli standard minimi
legali locali e fornire una rendita sufficiente per coprire almeno i bisogni primari, se non
qualcosa in più. Non deve esistere nessun tipo di distinzione, esclusione o preferenza basata
su motivi di razza, colore, sesso, religione, opinione politica, ecc., che possa alterare
l’uguaglianza di opportunità nel posto di lavoro.
Convenzione ILO 135 (Convenzione dei Rappresentanti dei Lavoratori) - le imprese devono
nominare un rappresentante responsabile della politica aziendale, pianificare ed eseguire i
controlli richiesti, selezionare i fornitori rispetto alla loro conformità agli standard etici,
realizzare le azioni correttive necessarie per la certificazione etica, rendersi disponibili alle
verifiche mostrando la documentazione e i registri necessari.
Convenzione ILO 138 e Raccomandazione 146 (Età minima e raccomandazioni) – è
proibito il lavoro dei minori al di sotto dei 15 anni e qualora l’azienda se ne fosse avvalsa in
passato deve impegnarsi a riparare garantendo ai bambini la possibilità di poter
partecipare a programmi di recupero; inoltre, le imprese certificate devono disporre di un
fondo per l’educazione dei minori che potrebbero perdere il lavoro a causa
dell’osservazione di questi standard.
Convenzione ILO 155 e Raccomandazione 164 (Salute e sicurezza sul lavoro) - devono
essere rispettati gli standard minimi per un ambiente di lavoro sicuro e salubre, includendo
in ciò almeno l’accesso all’acqua potabile, una stanza in cui riposarsi, un
equipaggiamento di sicurezza adeguato e la formazione necessaria per svolgere il lavoro.
Convenzione ILO 177 (Lavoro in casa) – deve essere garantito un uguale trattamento (diritti,
remunerazione, acceso all’informazione, ecc.) tra i lavoratoti a domicilio e i lavoratori
dipendenti, considerando le caratteristiche particolari del lavoro a casa.
Coinvolgimento degli stakeholders
La norma non definisce le modalità di coinvolgimento degli stakeholders; semplicemente,
stabilisce la necessità di attivare modalità di comunicazione nei confronti di tutte le parti
interessate alle informazioni riguardanti le performance aziendali.
Sarà compito delle organizzazioni gestire le politiche di coinvolgimento degli stakeholders per
identificare e condividere le linee da seguire in termini di strategia, organizzazione, priorità e
attività.
È fondamentale che l’organizzazione sappia promuovere il benessere della società attraverso la
soddisfazione degli interessi del consumatore e del lavoratore. Questo verrà riflesso nelle nuove
“strutture di governo o reporting” che l’azienda deve sviluppare per istituzionalizzare l’etica al
proprio interno. Una possibile via è l’adozione di ”codici etici di autoregolamentazione”, cioè
Codici di Condotta aziendali. Questi rappresentano un contratto sociale tra l’impresa e i suoi
stakeholders; legittimano l’autonomia dell’organizzazione, che coinvolge i diversi portatori di
interesse e che si dimostra cosciente dei suoi obblighi nei confronti della cittadinanza, che ha
sviluppato politiche e pratiche aziendali coerenti con questi obblighi e che è in grado di attuare
attraverso appropriate strutture organizzative e sistemi sanzionatori.
Il contratto sociale dell’impresa è rivolto a tutti coloro che presentano un interesse rilevante, sia
direttamente, sia indirettamente: esso va stipulato, con metodi e misure variabili a seconda dei
casi, con il coinvolgimento degli stakeholders, e verificato e certificato da istituzioni indipendenti.
Sistema di gestione
Nella norma vengono delineati i criteri di base relativi al sistema di gestione sociale.
La struttura di questo sistema è simile alla struttura dei sistemi di gestione di qualità e ambiente (UNI
EN ISO 9000 e 14000, rispettivamente). Si nota infatti la richiesta di elaborare una politica chiara e
concisa, con obiettivi puntuali da perseguire, la pianificazione e l’attuazione per raggiungere gli
obiettivi previsti, la nomina di un rappresentante della Direzione e infine il riesame periodico. In altre
parole, si potrebbe dire che segue il cosiddetto principio di Deming da applicarsi ciclicamente:
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•
•
•
•
Pianificazione (plan)
o identificare le aree di attività,
o confrontare le prassi vigenti con i requisiti della SA 8000,
o individuare le prescrizioni legislative/regolamenti,
o fissare gli obiettivi di responsabilità sociale,
o nominare un responsabile del sistema di gestione della SA 8000.
Attuazione (do)
o ottenere il consenso della Direzione,
o coinvolgere il personale, eseguire attività di formazione,
o attuare quanto prescritto nelle procedure,
o comunicare all'interno e all'esterno.
Verifica (check)
o verificare l'attuazione delle procedure,
o eseguire audit interni,
o prepararsi per l'audit di certificazione.
Riesame/miglioramento (act)
o attuare azioni correttive e preventive,
o assoggettarsi a verifiche ispettive di sorveglianza.
Per quanto riguarda la politica che l’azienda deve adottare, deve essere garantito l’impegno a
conformarsi a tutti i requisiti della norma e a tutti quelli sottoscritti dall’azienda, dimostrando anche
che il principio del miglioramento continuo è sempre vigente e che tutte le normative nazionali e
internazionali sono rispettate. Questa politica dovrà essere documentata, implementata,
mantenuta attiva (riesaminata periodicamente) e, soprattutto, essere disponibile tanto al pubblico
quanto al privato.
Il riesame della politica avverrà a carico della Direzione che dovrà periodicamente riesaminare
l’adeguatezza, l’appropriatezza e la continua efficacia della politica aziendale, delle procedure e
dei risultati di performance in conformità ai requisiti previsti dalla norma e agli altri eventuali requisiti
sottoscritti dall’azienda, tenendo conto di tutte le correzioni che si rendano necessarie, anche a
fronte del variare del contesto di riferimento.
L’impresa, nella persona del suo legale rappresentante, indipendentemente da altre
responsabilità, avrà il compito di ribadire l’importanza di sviluppare un ambiente di lavoro
socialmente responsabile e di favorire la crescita professionale di tutti i dipendenti, nel rispetto delle
leggi locali e sovranazionali, e dei diritti umani.
La pianificazione e implementazione della norma deve essere assicurata trasversalmente
all’interno dell’organizzazione. I ruoli e le responsabilità devono essere chiare. Tutto il personale
(permanente o temporaneo) dovrà essere sottoposto a una formazione periodica, e si deve
garantire l’efficacia dei sistemi attraverso un continuo monitoraggio.
L’azienda deve stabilire e mantenere attive procedure appropriate per la valutazione, il controllo e
la selezione di fornitori/subappaltatori/subfornitori sulla base della loro capacità di rispondere ai
requisiti etici della norma.
In riferimento alle problematiche e alle azioni correttive l’azienda deve indagare, trattare e
rispondere alle questioni mosse dai dipendenti e dalle altre parti interessate riguardo alla
conformità/non conformità della politica aziendale e ai requisiti della normativa. Devono anche
essere implementati rimedi e azioni correttive e definite le risorse adeguate e appropriate alla
natura e alla gravità di ogni non conformità, nei confronti della politica aziendale e dei requisiti
della SA 8000.
La comunicazione è fondamentale in tutti sistemi gestionali e serve come elemento di verifica e di
affinamento della strategia sociale dell’impresa. È attraverso di essa che si raccolgono le critiche e
i suggerimenti proposti dagli stakeholders; risulta inoltre fondamentale per la correzione delle
eventuali insufficienze nella relazione con gli stessi.
Qualora sia richiesto, l’azienda deve fornire ragionevoli informazioni e permettere l’accesso di tutte
le parti interessate alla verifica di conformità ai requisiti della norma.
Le conformità ai requisiti della SA 8000 dovranno essere sempre appropriatamente registrate e
attestate.
Relazioni con altri strumenti
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Nella norma non vengono esplicitate particolari relazioni con altri strumenti di gestione sociale.
Alcuni degli altri strumenti citati nel presente documento fanno tuttavia riferimento alla norma SA
8000 come una possibile integrazione degli stessi.
Un legame che già esiste è quello menzionato tra la SA 8000 e i sistemi di gestione della qualità e
dell’ambiente. SA 8000 è stata infatti pensata per potersi integrare con le serie ISO, mirando
entrambi al miglioramento continuo.
Diffusione
Attualmente, secondo dati aggiornati al 20 febbraio 2004, le aziende che hanno adottato SA 8000
come sistema di certificazione sociale sono 354 in 39 Paesi.
L’Italia risulta il primo Paese nel mondo, con 75 aziende certificate (21,2% del totale).
4.1.3 Q-RES
Tipo di strumento
Il Progetto Q-Res è stato avviato nel 1999 da un gruppo di imprese, enti no-profit, associazioni
professionali e di categoria e guidato dal CELE (Centre for Ethics Law and Economics), con
l’intento di definire uno standard di qualità per i sistemi di gestione volto a garantire la
responsabilità etico-sociale delle imprese. Il Progetto prevede due fasi: nel corso della prima sono
state realizzate diverse attività che hanno portato allo sviluppo delle Linee Guida Q-Res per il
management della qualità etico-sociale; attraverso la seconda fase, invece, si prevede di
giungere alle definizione di uno standard certificabile Q-Res.
Le linee guida propongono al management aziendale un sistema di gestione articolato nei
seguenti passaggi e strumenti:
- visione etica;
- codice etico;
- formazione etica;
- sistemi organizzativi di attuazione e controllo;
- rendicontazione etico-sociale;
- verifica esterna.
A ciascuna fase o strumento è dedicato un capitolo delle linee guida, articolato secondo lo
schema seguente:
1. definizione: fornisce una descrizione sintetica dello strumento;
2. funzione dello strumento: individua le finalità e gli obiettivi perseguiti con lo strumento;
3. contenuto: specifica i costituenti fondamentali dello strumento, come si compone e come si
articola;
4. metodologia di sviluppo: individua le linee essenziali dei passi e delle procedure per
l’implementazione del sistema di gestione in azienda, oltre alle competenze e responsabilità di tutti
i soggetti coinvolti;
5. evidenze per la verifica: definisce tutti gli elementi osservabili ed empiricamente accertabili, sulla
base dei quali è possibile procedere a una verifica delle qualità dello specifico strumento;
6. criteri di eccellenza: sintetizza i criteri che, nel modello Q-Res, individuano la fascia di eccellenza
e quindi la qualità dello strumento stesso.
Lo schema di riferimento per il sistema di gestione è del tipo Plan-Do-Check-Act tipico dei sistemi
proposti dai classici standard di certificazione, che rimandano a un processo circolare di
miglioramento continuo.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
Il progetto Q-Res è stato coordinato dal CELE (Centre for Ethics, Law & Economics), un centro di
ricerca del Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo di Castellana.
Il primo gruppo di lavoro, detto Tavolo Q-Res, era costituto dai seguenti partecipanti:
- CELE
- Associazione Italiana Internal Auditors (A.I.I.A.)
- Associazione Italiana Organismi Indipendenti di Certificazione e Ispezione (A.I.O.I.C.I.)
- Bosch Rexroth
- Certiquality
- Coop Adriatica
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- Coop Consumatori Nord Est
- Enel
- Glaxowellcome
- Lindt
- Pricewaterhousecoopers
- KPMG
- SCS AzionInnova
- Unicredito
- Unipol.
Il Tavolo, che negli anni successivi ha perso alcuni componenti e si è esteso ad altri, ha contribuito
alla redazione delle Linee Guida pubblicate nel corso dell’anno 2001.
Caratteristiche delle organizzazioni a cui lo strumento si può applicare
Le linee guida si rivolgono in maniera specifica al management aziendale. Il Progetto, infatti, nasce
dalla constatazione che le imprese private rappresentano, nella società della globalizzazione, una
componente fondamentale, le cui scelte hanno forti ripercussioni sul benessere delle comunità
locali e nazionali. Sulla base di questo ruolo, esse non possono rispondere a criteri basati sulla mera
massimizzazione del profitto, ma devono necessariamente definire le proprie azioni strategiche in
un contesto più ampio, che valuti anche le ricadute etiche e sociali dell’operato aziendale. L’idea
ispiratrice del progetto Q-Res è che la reputazione – intesa come l’essere pubblicamente
riconosciuti come impresa socialmente ed eticamente responsabile, impegnata nel rispetto dei
diritti umani e attenta alla gestione ambientale – sia una delle risorse più importanti per l’azienda.
Aree coperte
Le linee guida Q-Res riguardano esclusivamente la realizzazione di un modello di gestione per la
responsabilità etico-sociale, ma l’importanza di un’integrazione con la gestione degli aspetti
ambientali viene sottolineata in più punti della guida.
In particolare, viene suggerita l’integrazione con sistemi di gestione ambientale, come quello
proposto dalla norma ISO 14001.
Coinvolgimento degli stakeholders
Il coinvolgimento degli stakeholders, come si dirà più approfonditamente nel paragrafo dedicato
al sistema di gestione, è previsto in vari passaggi del modello Q-Res. In particolare, per la
definizione della visione etica è prevista la consultazione (mediante interviste, questionari, focus
group, etc.) di manager e stakeholders interni ed esterni. Nel preambolo del codice etico, invece,
viene richiesto di esplicitare l’elenco completo dei portatori di interesse coinvolti.
Il sistema di rendicontazione scelto va redatto dopo aver predisposto un sistema di misurazione,
raccolta, organizzazione e comunicazione dei dati relativi all’impatto dell’impresa sul benessere
dei vari stakeholders. Deve inoltre contenere informazioni relative all’identificazione e alla
descrizione dei portatori di interesse coinvolti e prevedere una sezione in cui la rendicontazione sia
organizzata per tipologie, per fornire a ciascuna di esse un quadro di sintesi dedicato.
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Sistema di gestione
Nella figura è rappresentato lo schema delle fasi e degli strumenti del sistema di gestione proposto
nel progetto Q-Res.
Visione etica
d’impresa
Verifica
esterna
Codice etico
Formazione
etica
Rendicontazione
etico-sociale
Sistemi
organizzativi di
attuazione e
controllo
L’integrazione delle fasi è stata definita prendendo in considerazione i principi e i processi già
individuati dalla norma ISO 9001.
Visione etica d’impresa
Con la visione etica vengono stabilite le finalità che l’impresa intende perseguire e l’impostazione
delle basi per una proficua collaborazione con gli stakeholders. L’esplicitazione dei valori, della
missione e della visione etica costituisce il primo fondamentale passo per la realizzazione di un
sistema di gestione e una premessa necessaria alle fasi successive.
Il punto di partenza per la formulazione della visione è costituito dal confronto tra i membri del
vertice aziendale finalizzato a far emergere le idee di ciascuno che convergono poi nella missione
dell’impresa. Il passo successivo è rappresentato dalla consultazione, attraverso vari strumenti
(quali questionari, interviste, ecc.) dei manager di medio e alto livello e dei gruppi di stakeholders
rilevanti, sia interni sia esterni, al fine di integrare le idee raccolte nella fase precedente.
A questo punto è possibile formulare una prima visione etica, anche attraverso una consulenza
esterna che possa confrontare le idee scaturite con i criteri più generali espressi dalle diverse
scuole di pensiero in questo ambito e possa sintetizzare il tutto in una visione etica più completa.
La bozza di visione etica, viene sottoposta a una discussione che porta a una mediazione fra le
diverse posizioni emerse e genera una formulazione esplicita e unica della missione, dei valori e
della visione etica stessa.
La responsabilità della formulazione e della versione finale spetta al Consiglio di Amministrazione
dell’azienda.
Codice etico
Il codice etico è l’enunciazione dell’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità dell’impresa
nei confronti di tutti i suoi stakeholders; traduce in principi e norme di comportamento la visione
etica dell’azienda. È un parametro di riferimento per la valutazione di conformità e per
l’espressione di giudizi sensati e ragionevoli sull’affidabilità e la buona reputazione dell’azienda. Il
codice etico è un documento volontario approvato dal Consiglio di Amministrazione dell’azienda
e impegna, oltre all’alta direzione, tutti i collaboratori.
Il contenuto del codice etico è articolato nelle seguenti sezioni:
- preambolo: chiarisce la visione etica e l’elenco completo degli stakeholders, definiti come “quei
gruppi di individui, ovvero quelle istituzioni rappresentative di interessi di gruppi e categorie, che
hanno una posta in gioco nella conduzione dell’impresa, sia perché scambiano o apportano
contributi di vario genere ma essenziali, sia perché subiscono in modo rilevante per il loro
benessere gli effetti dell’attività dell’impresa”;
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- principi etici dell’impresa: definiscono le aspettative degli stakeholders che si ritiene debbano
avere legittimità morale nei confronti dell’impresa e il loro livello di soddisfazione equa, rispetto al
quale l’impresa si assume una responsabilità. I principi sono astratti e generali e si applicano a
molteplici eventi;
- norme e standard di comportamento: possono avere connotazione negativa (divieti) oppure
positiva (standard preventivi di comportamento);
- procedure di attuazione e controllo: contengono una descrizione degli organi, aziendali o esterni,
identificati per l’attuazione, il monitoraggio e la diffusione del rispetto e della conformità al codice
etico. Viene dato forte risalto all’importanza della comunicazione all’interno e all’esterno
dell’azienda, affinché il codice etico diventi parte integrante della cultura d’impresa. La
comunicazione a tutto il personale dipendente, inoltre, permette di fornire gli strumenti necessari
per attivare meccanismi di segnalazione di scostamenti dagli standard di controllo indicati;
- revisione delle policies e delle procedure aziendali alla luce dei principi e degli standard di
condotta: si tratta di effettuare una revisione finale al fine di verificare la coerenza dell’intero
sistema di gestione.
La procedura di elaborazione del codice etico prevede la costituzione di un gruppo di lavoro
rappresentativo di tutte le funzioni aziendali, che si farà carico anche del processo di
miglioramento continuo.
Formazione etica
La formazione etica è l’insieme di attività che sviluppano e adeguano nel tempo la capacità di
riconoscere, analizzare e risolvere i dilemmi etici a livello organizzativo attraverso strumenti
concettuali, filosofici, economici, giuridici, organizzativi. Va allestita per tutti i livelli aziendali con gli
importanti obiettivi di diffondere i concetti del Codice Etico a tutto il personale e di creare
consenso intorno a essi. La formazione “allena” i decisori a inserire nelle scelte di tutti i giorni i
principi etici e crea un clima favorevole all’introduzione di nuovi strumenti di responsabilità sociale.
La formazione etica si suddivide in: formazione manageriale, formazione dei collaboratori, corsi
specialistici per determinate aree del business (come, ad esempio, la gestione del personale, la
sicurezza, ecc).
È inoltre necessario predisporre un programma di formazione permanente che garantisca sia il
coinvolgimento dei neoassunti, sia il supporto alla gestione di situazioni nuove relative a
cambiamenti della struttura organizzativa (fusioni, acquisizioni).
Sistemi organizzativi di attuazione e controllo
Le linee guida del Q-Res propongono di istituire all’interno dell’azienda una serie di infrastrutture
operative di sostegno al miglioramento e al controllo della performance etica.
L’infrastruttura etica dell’impresa comprende:
1. Sistemi di attuazione e controllo
a. il Comitato Etico: si tratta di un organismo aziendale, composto da rappresentanti
delle diverse funzioni e da membri esterni nominati dal Consiglio di Amministrazione
o dall’Amministratore Delegato. La responsabilità del Comitato Etico consiste
nell’esprimere pareri vincolanti sulle problematiche etiche che possono insorgere
relativamente a decisioni strategiche dell’azienda. Il Comitato riporta le proprie
attività al Consiglio di Amministrazione;
b. Ethics Officer: è il responsabile delle questioni etiche in azienda, gestisce
operativamente il programma etico aziendale e istruisce l’attività del Comitato
Etico, ne attua le decisioni e lo informa sulle proprie mansioni, riporta
all’Amministratore Delegato e al Consiglio di Amministrazione;
c. Internal Ethical Auditing: è un’attività indipendente che garantisce la trasparenza
dell’operato aziendale ed è finalizzata al miglioramento dell’efficacia e
dell’efficienza dell’organizzazione.
2. Sistema di segnalazioni: l’azienda deve predisporre le procedure che permettano a tutto il
personale di segnalare i comportamenti non conformi ai principi del codice etico e portarli
a conoscenza dell’organo competente.
3. Sistema di incentivi e sanzioni: si tratta di un meccanismo da attivare per favorire
l’attuazione delle politiche e delle procedure di qualità etico-sociale da parte di tutti i
collaboratori dell’azienda.
38
Rendicontazione etico-sociale
Questa fase prevede che l’azienda rediga un bilancio o un rapporto sociale, affinché tutti i dati
relativi alle performance sociali dell’azienda siano raccolti e sistematizzati. In questo modo è
possibile valutare la coerenza dell’operato dell’azienda con quanto enunciato nel codice etico.
Verifica esterna
Si tratta dell’attività, svolta da un ente terzo, di accertamento della conformità degli strumenti di
responsabilità adottati dall’azienda ai criteri di eccellenza stabiliti dal modello Q-Res. In futuro la
verifica sarà effettuata da un verificatore accreditato e darà luogo al rilascio del marchio Q-Res.
Attualmente il tavolo Q-Res sta discutendo su temi come la proprietà del futuro marchio, il sistema
di accreditamento dei certificatori e i metodi di audit prima e dopo il rilascio del marchio.
Relazioni con altri strumenti
Come si evince dalla descrizione del sistema di gestione, il modello Q-Res definisce relazioni con
molti strumenti di responsabilità sociale. Infatti, si suggerisce all’azienda di dotarsi di un codice etico
e di redigere il proprio bilancio sociale. L’impostazione stessa del Q-Res ha forti affinità con il
sistema di gestione della famiglia delle ISO 9000 e con le certificazioni etiche AA 1000 e SA 8000.
4.2 IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ
I bilanci di sostenibilità risultano gli strumenti più diffusi per la rendicontazione delle attività delle
organizzazioni in materia di gestione degli aspetti sociali e ambientali.
In questa sezione si riportano tre diverse tipologie di linee guida, definite con differenti finalità: la
Global Reporting Initiative (GRI) raccoglie al suo interno indicazioni utili per redigere un rapporto
che contempli le tre sfere della sostenibilità (economica, sociale, ambientale); il Gruppo di Studio
per il Bilancio sociale (GBS) propone una riflessione sul metodo migliore per la rendicontazione
degli aspetti sociali, mentre l’Istituto europeo per il Bilancio Sociale (IBS) elabora una metodologia
affine, con particolare applicabilità per gli istituti di credito.
4.2.1 GRI: Sustainability Reporting Guidelines (Linee Guida per il Rapporto di sostenibilità)
Tipo di strumento
Il bilancio di sostenibilità è uno strumento di rendicontazione volontario, mediante il quale
l’organizzazione descrive le proprie attività mettendo in luce le strategie attuate in campo
economico, ambientale e sociale, nonché i risultati conseguiti in ciascuno di questi ambiti. Tale
documento rappresenta per l’organizzazione un importante strumento di comunicazione con i
propri stakeholders, poiché consente di costruire un quadro di riferimento comune a partire dal
quale avviare un dialogo costruttivo tra le parti.
Nell’ambito della Global Reporting Iniziative (GRI) sono state realizzate le Linee guida per la
redazione del rapporto di sostenibilità (Sustainability Reporting Guidelines) che forniscono
indicazioni precise sui requisiti, sui contenuti e sulle informazioni che caratterizzano tale rapporto.
Scopo delle linee guida è delineare un modello rendicontivo che garantisca l’elaborazione di
documenti con un elevato grado di comparabilità, efficacia e completezza: per le organizzazioni
che intendono redigere il bilancio di sostenibilità, le linee guida definiscono non solo le tematiche
da affrontare e gli indicatori da utilizzare, ma illustrano anche la struttura con cui organizzare tali
informazioni.
Le attività di reporting devono dunque soddisfare alcuni requisiti:
1. Trasparenza: tutte le informazioni riportate all’interno del bilancio devono essere chiare,
esplicite e facilmente reperibili
2. Inclusione: tutti i portatori di interesse ai quali si rivolge l’organizzazione devono essere coinvolti
nelle attività di reporting e nella valutazione dei risultati
3. Verificabilità: le informazioni e i dati utilizzati nel bilancio devono derivare da procedure
accreditate, sottoposte a controllo e verificabili
4. Completezza: l’analisi svolta non deve trascurare nessuna delle attività dell’organizzazione e
soprattutto nessuna delle possibili ricadute a queste associate
39
5. Rilevanza: le tematiche affrontate devono essere significative per la valutazione dell’operato
dell’organizzazione
6. Sostenibilità: l’indagine deve riguardare gli aspetti economici, sociali e ambientali delle attività
dell’organizzazione
7. Accuratezza: le informazioni riportate nel bilancio devono presentare un basso margine di
errore, per poter essere utilizzate nei processi decisionali
8. Neutralità: il documento realizzato deve includere tutte le informazioni necessarie a descrivere
l’organizzazione, siano queste positive o negative
9. Comparabilità: il bilancio deve essere strutturato in modo tale da consentire il confronto e la
verifica delle informazioni in esso contenute con quelle riportate in altri documenti
10. Chiarezza: il bilancio deve essere comprensibile a tutti e deve rispondere alle aspettative di tutti
gli interlocutori cui si rivolge
11. Tempestività: l’indagine svolta deve poter essere aggiornata in relazione alle necessità di chi la
utilizza.
I tempi e la frequenza con cui realizzare il bilancio di sostenibilità non possono essere definiti a
priori, ma dipendono dalle caratteristiche dell’organizzazione, dalle risorse a disposizione e, non in
ultimo, dalle aspettative e dalle priorità assunte dagli stakeholders. È tuttavia auspicabile condurre
un monitoraggio periodico e sistematico delle attività svolte, così da garantire continuità e
concretezza al dialogo con gli interlocutori.
Ciò consente, inoltre, di mettere in relazione le informazioni contenute nel rapporto di sostenibilità
con quelle riportate in altri documenti interni all’organizzazione, prodotti periodicamente, primo tra
tutti il bilancio economico.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
La GRI è stata avviata nel 1997 dalla Coalition for Environmentally Responsible Economies (CERES),
con il supporto del United Nations Environment Programme (UNEP), al fine di definire e diffondere le
linee guida per la redazione del bilancio di sostenibilità.
CERES è un network statunitense composto da associazioni, organizzazioni e società di
investimento, impegnate in campo ambientale e sociale, che si pone l’obiettivo di diffondere in
ambito economico comportamenti attenti alla salute dell’ambiente e delle persone. La coalizione
ha individuato 10 principi ai quali possono aderire imprese e organizzazioni che intendano
impegnarsi ad agire in modo compatibile con l’ambiente, garantendo un dialogo costruttivo con
la società civile, in un’ottica di miglioramento continuo.
La GRI nasce dunque come una iniziativa multi-stakeholder cui sono stati chiamati a partecipare
rappresentanti del mondo economico, contabile e finanziario, delle organizzazioni ambientaliste,
delle associazioni per la salvaguardia dei diritti umani e per la difesa dei lavoratori, appartenenti a
diversi Paesi. Nel 1999, elaborata la prima bozza delle Linee Guida per il Rapporto di Sostenibilità, è
stato avviato un processo di sperimentazione e consultazione che ha portato alla pubblicazione
definitiva nel giugno 2000. Sulla base delle esperienze realizzate nei successivi due anni, si è giunti
nel 2002 al riconoscimento della GRI come istituzione autonoma affiliata alle Nazioni Unite, in
qualità di UNEP Collaborating Center. Nel 2002 è stata pubblicata la seconda edizione delle Linee
guida che, rispetto alla versione precedente, aggiorna i contenuti affrontati nel Rapporto e
introduce nuovi indicatori di performance, nonché una sezione dedicata alla governance e ai
sistemi decisionali interni all’organizzazione.
Caratteristiche delle organizzazioni a cui lo strumento si può applicare
Il bilancio di sostenibilità può essere redatto da qualsiasi tipo di organizzazione (imprese, enti, noprofit), indipendentemente dalle dimensioni e dalle attività condotte; la metodologia definita dalle
Linee guida, tuttavia, è stata elaborata rivolgendo particolare attenzione alle esigenze delle
imprese.
Qualora le attività di reporting risultassero eccessivamente impegnative, le Linee guida invitano le
piccole organizzazioni a intraprendere un percorso graduale, a tappe, studiato anche sulla base
delle risorse disponibili: si tratta di un approccio informale che non richiede l’indagine dettagliata di
tutti gli argomenti indicati, ma piuttosto un ampliamento progressivo delle tematiche analizzate e
relazionate.
Va ricordato infine che in considerazione delle profonde differenze esistenti tra soggetti operanti in
settori diversi, si è ritenuto necessario produrre nell’ambito della GRI specifici supplementi di settore
40
che integrassero le linee guida generiche con indicazioni tecniche riguardanti i differenti campi di
applicazione.
Oltre alle linee guida suddette, quindi, è possibile far riferimento a documenti tecnici di maggiore
approfondimento e dettaglio, quali:
- supplementi di settore, specifici per le diverse tipologie di attività;
- documenti di indirizzo, che indicano gli ambiti e le tematiche da analizzare;
- protocolli tecnici, nei quali si identificano gli indicatori di riferimento.
Aree coperte
Rispondendo a una esigenza di trasparenza e completezza, il bilancio di sostenibilità si caratterizza
per un approccio integrato, definito triple bottom line, perché riguarda le tre dimensioni dello
sviluppo sostenibile (economica, ambientale e sociale). L’analisi congiunta delle prestazioni
economiche, ambientali e sociali fornisce un quadro globale della sostenibilità di
un’organizzazione, mettendo in luce le forti correlazioni esistenti tra ciascuno di questi ambiti,
spesso erroneamente ritenuti indipendenti tra loro.
Il modello GRI prevede che, oltre ai contenuti richiesti dalle Linee guida, ciascuna organizzazione
possa prendere in considerazione ulteriori campi di indagine se, in relazione alle specificità di
ognuna, questi siano considerati significativi per la gestione e la valutazione del proprio operato.
Inoltre, là dove alcune informazioni, o indicatori, seppur richiesti esplicitamente dalle Linee guida,
non siano riportati nel bilancio, l’organizzazione deve motivare tale omissione, precisandone le
cause.
Coinvolgimento degli stakeholders
Il bilancio di sostenibilità rappresenta uno strumento di comunicazione tra l’organizzazione e i propri
stakeholders: per questo motivo il coinvolgimento dei portatori di interesse nelle procedure di
redazione del bilancio, nonché nella valutazione dei risultati ottenuti, deve essere considerato un
obiettivo prioritario. È infatti molto importante che l’organizzazione sviluppi un’attività di reporting
coerente con le aspettative degli interlocutori cui si rivolge, sviluppando ambiti di ricerca e
strategie gestionali adeguate.
Le Linee guida GRI riconoscono il ruolo cruciale degli stakeholders nell’elaborazione del bilancio di
sostenibilità e, sebbene non diano indicazioni precise sulle modalità con cui avviare il processo
partecipativo, costruiscono una metodologia basata sul dialogo e sulla consultazione di tutti gli
attori coinvolti.
Sistema di gestione
Il rapporto di sostenibilità, così come previsto dal GRI, si articola in cinque sezioni.
1. Vision e strategia
Vengono illustrati gli obiettivi e gli impegni assunti dall’organizzazione per lo sviluppo
sostenibile, esplicitando gli ambiti e le tematiche su cui vertono le principali azioni realizzate
per la sostenibilità.
2. Profilo
Sono descritte la struttura e le caratteristiche dell’organizzazione, nonché i prodotti e i servizi
offerti. Devono essere indicati, inoltre, i Paesi in cui si svolgono le attività presentate e gli
stakeholders coinvolti, specificando la relazione sviluppata con ciascuno di essi.
Questa sezione fornisce anche informazioni metodologiche e operative riguardanti le
procedure di reporting: vanno indicati i responsabili del progetto, il periodo di svolgimento, le
differenze rispetto ai rapporti precedenti, la metodologia applicata (conformità parziale o
totale alle linee guida), i criteri utilizzati nella valutazione delle performance economiche,
ambientali e sociali.
3. Governance e sistema di gestione
Viene rappresentata la struttura gestionale dell’organizzazione, individuando le responsabilità
e le competenze coinvolte nei processi decisionali e nella definizione delle politiche: in tal
senso assumono un ruolo cruciale gli impegni e gli obiettivi adottati nell’ambito di documenti
interni, come il codice di condotta o la carta dei valori. Particolare attenzione va rivolta alle
modalità con cui l’organizzazione rispetta il principio precauzionale, controlla le eventuali
esternalità correlate alle proprie attività (valutando gli impatti diretti e indiretti da esse
41
derivanti), adotta standard e sistemi di gestione ambientali per il miglioramento continuo
delle proprie performance.
In questa sezione vanno inoltre illustrati i criteri utilizzati per identificare i portatori di interesse
cui si rivolge l’organizzazione, nonché gli strumenti partecipativi adottati per assicurarne il
coinvolgimento e l’informazione.
4. Indice dei contenuti GRI
Per facilitare la lettura e l’uso del rapporto di sostenibilità è utile introdurre un indice che
riassuma le informazioni contenute nel bilancio, indicandone la collocazione all’interno del
documento. Le linee guida, in particolare, suggeriscono di mettere in evidenza la struttura del
rapporto in 4 sezioni: Vision e strategia, profilo, governance e sistema di gestione, indicatori di
performance.
5. Indicatori di performance
In questa sezione sono proposti gli indicatori di performance da utilizzare nelle attività di
reporting. In relazione alle tre dimensioni della sostenibilità, tali indicatori sono raggruppati in
indicatori economici, ambientali e sociali; è inoltre riportata una lista di indicatori integrati
che, sulla base delle correlazioni esistenti tra i tre ambiti, forniscono informazioni sintetiche
riguardo alla sostenibilità dell’organizzazione.
Le linee guida distinguono inoltre due tipologie di indicatori: i primi sono definiti “core indicators”
perché forniscono informazioni necessarie per rappresentare, comprendere e valutare le attività e
le performance dell’organizzazione; i secondi, chiamati “additional indicators”, considerano ambiti
di maggiore dettaglio e la loro applicazione è dunque a discrezione dell’organizzazione.
Gli indicatori economici descrivono gli impatti, diretti e indiretti, generati dall’organizzazione sulla
sfera economica dei diversi stakeholders, prendendo in esame il rapporto economico instaurato
con: clienti, fornitori, dipendenti, investitori, ma anche con il sistema economico locale e nazionale.
Gli indicatori ambientali rappresentano gli impatti derivanti dalle medesime attività sul sistema
ambientale, fornendo informazioni specifiche riguardo a: consumi di materie prime, di energia e di
acqua, perdita di biodiversità (in relazione all’uso del suolo o alle pressioni esercitate sugli
ecosistemi), produzione di rifiuti e di emissioni atmosferiche, grado di compatibilità ambientale dei
prodotti e dei servizi offerti, conformità alla normativa.
Gli indicatori sociali, infine, riguardano gli impatti che l’organizzazione esercita sul sistema sociale
nel quale opera, a partire da alcune tematiche generali quali: le condizioni di lavoro offerte, la
tutela dei diritti umani, l’impegno assunto in ambito sociale, la responsabilità sui prodotti e sui servizi.
Per quanto concerne le condizioni di lavoro e l’offerta di un lavoro dignitoso, gli indicatori utilizzati
fanno riferimento alle convenzioni OIL e mettono in luce: l’incidenza occupazionale
dell’organizzazione a livello locale, la presenza al suo interno di rappresentanza sindacale e di
tavoli di concertazione, l’adozione di sistemi che garantiscano la salute e la sicurezza dei
lavoratori, il rispetto delle pari opportunità (con particolare attenzione alle eventuali disparità di
trattamento imposte tra uomini e donne) e la predisposizione di adeguati strumenti formativi per il
personale dipendente.
Il rispetto dei diritti umani all’interno dell’organizzazione, sulla base di quanto stabilito dalla
Dichiarazione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, deve essere verificato nei diversi ambiti delle
strategie e delle politiche condotte dall’organizzazione, sia al proprio interno sia all’esterno, e
riguarda: la non discriminazione, la libertà di associazione e di contrattazione collettiva, il lavoro
minorile, il lavoro forzato, le pratiche disciplinari, la sicurezza personale, i diritti delle popolazioni
autoctone.
Altri indicatori dovrebbero descrivere gli impatti esercitati dall’organizzazione sulla comunità locale,
fornendo informazioni relative alle procedure attuate per impedire fenomeni di corruzione
economica e politica, nonché di concorrenza sleale. La responsabilità assunta dall’organizzazione
in relazione ai prodotti e ai servizi offerti può essere valutata, infine, considerando le politiche
attuate per garantire la sicurezza e la salute dei clienti, mediante l’adozione di sistemi di
etichettatura (dei prodotti e dei servizi), l’adesione a standard di certificazione (di prodotti o
procedure), e l’applicazione di strumenti per la tutela della privacy dei clienti.
42
Relazioni con altri strumenti
Il rapporto di sostenibilità rappresenta un modello rendicontativo mediante il quale
l’organizzazione può comunicare ai propri stakeholders le azioni realizzate per migliorare le
prestazioni economiche ambientali e sociali, i risultati di tali azioni e le future strategie per il
miglioramento continuo. Rispetto ad altri strumenti (codici di condotta, standard per i sistemi di
gestione e l’accountability), quindi, il bilancio di sostenibilità non agisce direttamente sull’operato
dell’organizzazione, ma ha piuttosto lo scopo di descrivere le politiche adottate, verificando i
risultati ottenuti.
Esistono quindi profonde sinergie fra il bilancio di sostenibilità e quegli strumenti che
l’organizzazione può utilizzare per orientare le proprie attività verso la sostenibilità, quali:
• Codici e principi (Global Compact, linee guida OCSE per la multinazionali)
• Management standards (ISO 9000 e 14000, EMAS, SA 8000)
• Standard per l’accountability (AA 1000).
4.2.2 GBS
Tipo di strumento
Il Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale (GBS)10 ha inteso
definire le caratteristiche di uno strumento di rendicontazione sociale che, unitamente agli
strumenti informativi e di divulgazione tradizionali, consenta alle imprese di realizzare una strategia
di comunicazione diffusa e trasparente, in grado di perseguire il consenso e la legittimazione
sociale; premesse, queste, per il raggiungimento degli ordinari obiettivi del mondo imprenditoriale,
compresi quelli di tipo reddituale e competitivo.
Il bilancio sociale viene proposto come un documento da affiancare a quelli esistenti, in grado di
fornire ai diversi soggetti interessati informazioni sugli effetti sociali che derivano dalle scelte delle
aziende. D’altro canto, rende disponibili per il management i dati necessari per la valutazione e il
monitoraggio dei risultati conseguiti, nonché per la definizione delle strategie da attuare in ambito
sociale.
Più nel dettaglio, il bilancio sociale viene definito come documento di sintesi da redigere
periodicamente, formato in base a regole e procedure precostituite alle quali è necessario
attenersi.
Si tratta, in estrema sintesi, di un documento in grado di fornire informazioni qualitative e
quantitative sugli effetti dell’attività aziendale. È un documento generalmente consuntivo, che
contempla comunque le linee programmatiche per il futuro; per questo si ritiene opportuno inserire
notizie e indicazioni sugli obiettivi formulati, per rendere possibile il confronto tra i risultati conseguiti
e gli obiettivi perseguiti, nonché per venire a conoscenza dei programmi futuri. La periodicità del
documento consente inoltre di effettuare confronti temporali sulle performance raggiunte.
Si tratta di un documento pubblico, rivolto agli interlocutori che, direttamente o indirettamente,
sono coinvolti nell’esercizio delle attività. I destinatari sono tutti gli stakeholders e la collettività in
generale; naturalmente, le informazioni sulle performance sociali o economiche, rivestono
importanza diversa per i diversi soggetti, in relazione ai contributi da essi apportati e alle
conseguenti attese che ne derivano. In generale, tuttavia, il bilancio sociale contribuisce a fornire
e diffondere una reputazione in grado di favorire il dialogo con tutti gli stakeholders.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
Nell’ottobre 1998 nasce a Milano il “Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del
Bilancio Sociale”, informalmente costituitosi un anno prima a Taormina in occasione di un seminario
internazionale sul tema.
Il Gruppo è composto da studiosi provenienti da diversi enti universitari e di ricerca, nonché da
esperti provenienti dalle più note società operanti nel settore e si propone l’obiettivo di offrire una
guida sulle finalità e sulle procedure di formazione del bilancio sociale.
Caratteristiche delle organizzazioni a cui lo strumento si può applicare
Il bilancio sociale può essere redatto da tutte le aziende, sia che producano per il consumo
interno, per il mercato, o in conto terzi.
10
Unipol Assicurazioni (2003).
43
Le linee guida prevedono dunque un insieme di principi generali di redazione del documento,
individuandone le specifiche regole applicabili nelle singole realtà aziendali, in relazione, ad
esempio, all’attività svolta o alle dimensioni assunte.
I principi adottati possono quindi essere applicati, con gli opportuni accorgimenti, a qualunque
tipo di azienda, indipendentemente dalla forma giuridica, dall’oggetto dell’attività e dalla
dimensione.
In ogni caso, il documento in oggetto deve essere sottoscritto dall’organo di governo che si
assume la responsabilità delle informazioni prodotte.
Aree coperte
Il bilancio sociale oggetto delle linee guida concerne gli aspetti sociali, con eventuale riferimento
a quelli economici. Nonostante non sia esplicitamente fatto riferimento alla componente
ambientale, nello specifico della trattazione dei rapporti con la comunità gestititi dalle imprese
viene sottolineata l’importanza dell’esistenza di strumenti di gestione ambientale, con particolare
riferimento all’utilizzo e al consumo di energia e materie prime.
Coinvolgimento degli stakeholders
Le linee guida stabiliscono la necessità di coinvolgere gli stakeholders, dedicando a questo
aspetto una consistente porzione della sezione “relazione sociale” che compone il bilancio.
L’azienda che redige il bilancio ha il compito di definire a quali categorie di stakeholders il proprio
documento è indirizzato.
In linea generale, vengono individuate alcune categorie cui rendicontare le attività e con le quali
mantenere relazioni: personale, soci, finanziatori, clienti/utenti, fornitori, pubblica amministrazione,
collettività.
Per ogni categoria evidenziata, l’impresa deve esplicitare le politiche adottate mirando, attraverso
il richiamo agli impegni espressi nella sezione sull’identità (vedere par. successivo), a ricercare la
coerenza con gli obiettivi dichiarati.
Indipendentemente dalle categorie di stakeholders considerati, le linee guida definiscono alcuni
contenuti comuni alle relazioni con tutti i soggetti interessati:
!
linee politiche e risultati attesi coerenti con i valori di riferimento e con la missione;
!
processo di rilevazione: aspettative legittime e grado di soddisfazione/consenso;
!
informazione e comunicazione;
!
contenzioso e litigiosità.
In aggiunta a tali elementi, le linee guida elencano i contenuti specifici per ognuno di essi.
Personale
I contenuti riguardano principalmente la composizione (con distinguo tra personale dipendente,
non dipendente e volontariato) e la consistenza per età, sesso, livello di istruzione, qualifica,
funzione, anzianità, provenienza territoriale, nazionalità e tipologia contrattuale. Altre importanti
informazioni riguardano l’organizzazione del lavoro, il turnover, le attività sociali, le politiche di
assunzione e per le pari opportunità; la formazione e la valorizzazione, il sistema di remunerazione e
incentivazione, l’attività sanitaria e la sicurezza sul lavoro, le relazioni industriali.
Soci
Deve essere considerata la ripartizione percentuale del capitale tra i soci (distinti per natura
giuridica e nazionalità), esplicitate le agevolazioni riservate ai soci, la remunerazione del capitale
investito, la partecipazione dei soci al governo dell’azienda e la tutela delle minoranze, le investor
relations.
Finanziatori
Vanno considerate la composizione, la tipologia e le caratteristiche dei finanziatori e dei relativi
finanziamenti, i rapporti con gli istituti di credito e le investor relations.
Clienti/utenti
In questo caso è necessario considerare le caratteristiche e l’analisi della clientela e dei mercati
serviti, i sistemi di qualità, la valutazione della soddisfazione dei clienti (customer satisfaction),
nonché le condizioni negoziali.
Fornitori
Come per la categoria precedente, i contenuti indicati per i fornitori riguardano le caratteristiche e
l’analisi dei fornitori, i sistemi di qualità, le condizioni negoziali; inoltre, è necessario considerare la
ricaduta sul territorio e il rispetto di standard omogenei nella catena di fornitura.
Pubblica Amministrazione
44
Vanno incluse considerazioni relative, da un lato, a imposte sul reddito, tasse e contributi versati,
dall’altro, a contributi, agevolazioni fiscali, e/o finanziamenti agevolati ricevuti, suddivisi per area di
destinazione; indicazioni sulle tariffe differenziate (agevolate), sui rapporti contrattuali con la
Pubblica Amministrazione, sulle norme interne e sui sistemi di controllo volti a garantire l’osservanza
della legge.
Collettività
Per quanto riguarda i rapporti con la collettività, le linee guida indicano due diversi tipi di interesse
da includere nel bilancio: di natura sociale e di natura ambientale.
Nel primo caso si citano la descrizione degli apporti diretti alla sfera sociale in termini di
arricchimento della qualità della vita nei diversi ambiti di intervento (istruzione, sport, sanità, cultura,
ricerca, solidarietà sociale) e i rapporti con associazioni e istituzioni, mentre nel secondo i sistemi di
gestione ambientale e di gestione del rischio, la formazione e l’educazione, gli indicatori di
performance ambientale, l’utilizzo e il consumo di energia e di materiale non riciclabile.
Sistema di gestione
Le linee guida identificano, in un primo momento, obiettivi e principi sulla base dei quali il bilancio
sociale deve essere compilato; secondariamente, l’attenzione viene rivolta a struttura e contenuti.
Obiettivi del bilancio sociale
Gli obiettivi fondamentali perseguiti con la redazione di un bilancio sociale si riassumono nel:
!
fornire a tutti gli stakeholders un quadro complessivo delle performance dell’azienda, aprendo
un processo interattivo di comunicazione sociale;
!
fornire informazioni utili sulla qualità dell’attività aziendale per ampliare e migliorare, anche
sotto il profilo etico e sociale, le conoscenze e le possibilità di valutazione e di scelta degli
stakeholders.
Tutto ciò si concretizza in una serie di indicazioni:
dare conto dell’identità e del sistema di valori di riferimento assunti dall’azienda e della loro
declinazione nelle scelte imprenditoriali, nei comportamenti gestionali nonché nei loro
risultati ed effetti;
esporre gli obiettivi di miglioramento che l’azienda si impegna a perseguire;
fornire indicazioni sulle interazioni fra l’azienda e l’ambiente in cui opera;
rappresentare il valore aggiunto e la sua ripartizione.
Principi di redazione del bilancio sociale
I principi cui deve fare riferimento il bilancio sociale sono riconducibili alla sfera dell’etica, alla
dottrina giuridica e alla prassi della professione contabile. Si tratta in sostanza dei principi e dei
valori condivisi dell’etica pubblica ed economica, nonché di quelli contenuti nella Costituzione e
nella legislazione vigente o, più in generale, dei principi fondamentali dei diritti dell’uomo (Carta
dei Diritti dell’ONU). I principi contabili di riferimento sono quelli nazionali e internazionali: Consigli
Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, IASC/IFAC – International Association for
Statistical Computing).
Le imprese sono comunque libere di adottare principi etici, normativi e professionali più specifici,
che, anzi, sono molto apprezzati.
La qualità del processo di formazione del bilancio sociale e delle informazioni in esso contenute è
garantita in particolare dal rispetto dei seguenti principi:
1. responsabilità: devono essere chiaramente identificate tutte le categorie di stakeholders alle
quali l’azienda deve rendere conto degli effetti della sua attività;
2. identificazione: le informazioni riguardo alla proprietà, al governo dell’azienda e al paradigma
etico devono essere divulgate nel modo più completo possibile, per dare alle parti terze la
chiara percezione delle responsabilità connesse;
3. trasparenza: tutti i destinatari devono essere messi in condizione di comprendere il
procedimento logico di rilevazione, riclassificazione e formazione, nelle sue componenti
procedurali e tecniche e in relazione agli elementi discrezionali adottati;
4. inclusione: tutti gli stakeholders individuati devono poter avere voce e la metodologia di
indagine degli stessi deve essere esplicitata;
5. coerenza: deve essere fornita una descrizione esplicita della conformità delle politiche e delle
scelte del management ai valori dichiarati;
45
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
neutralità: il bilancio sociale deve essere imparziale e indipendente da interessi di parte o da
particolari coalizioni;
competenza di periodo: gli effetti sociali devono essere rilevati nel momento in cui si
manifestano e non in quello della manifestazione finanziaria delle operazioni da cui hanno
origine;
prudenza: gli effetti sociali devono essere rappresentati in modo tale da non sopravvalutare il
quadro della realtà aziendale e della sua rappresentazione;
comparabilità: deve essere garantito il confronto tra bilanci differenziati nel tempo, per la
stessa azienda o tra aziende diverse operanti nel medesimo settore o contesto;
comprensibilità, chiarezza e intelligibilità: le informazioni contenute nel bilancio devono essere
chiare e comprensibili. La struttura e il contenuto devono fornire l’intelligibilità delle scelte
aziendali e del procedimento seguito;
periodicità e ricorrenza: il bilancio sociale, essendo complementare al bilancio d’esercizio,
deve corrispondere al periodo amministrativo di quest’ultimo;
omogeneità: tutte le espressioni quantitative monetarie devono essere espresse nell’unica
moneta di conto;
utilità: il complesso di notizie che compongono il bilancio sociale devono contenere solo dati
utili a soddisfare le aspettative del pubblico in termini di attendibilità e completezza;
significatività e rilevanza: è necessario che si prendano in considerazione gli impatti effettivi che
gli accadimenti producono nella realtà circostante; stime e valutazioni soggettive devono
essere fondate su ipotesi esplicite e congruenti;
verificabilità dell’informazione: anche l’informazione aggiuntiva supplementare del bilancio
deve essere verificabile, attraverso la ricostruzione del procedimento di raccolta e di
rendicontazione dei dati e delle informazioni;
attendibilità e fedele rappresentazione: le informazioni desumibili dal bilancio devono essere
scevre da errori e pregiudizi. Per essere attendibile, l’informazione deve rappresentare in modo
completo e veritiero il proprio oggetto, con prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali;
autonomia delle terze parti: qualora terze parti fossero incaricate di redigere parti specifiche
del bilancio, a esse deve essere garantita e richiesta la più completa autonomia e
indipendenza di giudizio.
Struttura e contenuti del bilancio sociale
Il bilancio sociale è composto da tre parti fondamentali:
1. Identità aziendale
Contiene l’esplicitazione dell’assetto istituzionale, della missione, dei valori etici di riferimento, della
politica aziendale e del disegno strategico.
Permette agli stakeholders e al pubblico di formare un giudizio e compiere le valutazioni delle
performance aziendali, rendendo possibile la comparazione tra gli assunti valoriali e le risultanze
dell’attività stessa.
2. Produzione e distribuzione del valore aggiunto
Rappresenta il principale tramite di relazione con il bilancio di esercizio e rende evidente l’effetto
economico (o economicamente esprimibile) che l’attività dell’impresa ha prodotto sulle principali
categorie di stakeholders.
Comprende diverse sezioni, quali il bilanciamento con la contabilità generale d’esercizio, il
prospetto di determinazione del Valore Aggiunto e il prospetto di riparto del Valore Aggiunto
(suddiviso in remunerazione del personale, della pubblica amministrazione, del capitale di credito,
del capitale di rischio, dell’azienda e liberalità esterne).
3. Relazione sociale
Espone sinteticamente i risultati ottenuti in relazione agli impegni e ai programmi, nonché agli
effetti sui singoli stakeholders.
L’azienda identifica in questa sezione le utilità prodotte per i propri stakeholders, avvalendosi di
misurazioni e comparazioni, resoconti narrativi, quadri descrittivi, testimonianze e pareri che
rendano possibile la costruzione di un quadro esauriente.
Gli elementi essenziali della relazione sociale riguardano l’identificazione degli impegni assunti e
degli stakeholders cui il bilancio è rivolto, l’esplicitazione delle politiche a essi relative, il processo di
46
formazione del bilancio sociale, un’ordinata e completa esposizione dei fatti e delle informazioni, le
opinioni e i giudizi degli stakeholders, le eventuali comparazioni (benchmarking), gli obiettivi di
miglioramento futuri, gli eventuali giudizi e pareri delle parti terze incaricate di verificare la qualità
del processo o la sua rispondenza agli assunti metodologici stabiliti.
Oltre alle tre sezioni fondamentali appena citate, è possibile che il bilancio sociale preveda alcune
sezioni integrative, contenenti ad esempio i giudizi e le opinioni degli stakeholders, eventuali
commenti e dichiarazioni dell’azienda, i miglioramenti cui si intende sottoporre il bilancio sociale
stesso.
Relazioni con altri strumenti
Le linee guida per la redazione del bilancio sociale non esplicitano la necessità o la possibilità di
integrazione tra il bilancio e altri strumenti per la responsabilità sociale. È tuttavia naturale pensare
che il bilancio sociale si possa bene inserire in qualsiasi attività o processo di questo tipo e fornisca,
anzi, le basi conoscitive adeguate per l’impostazione di politiche e strategie di impresa
socialmente responsabili.
Il bilancio sociale viene ad esempio citato nelle Linee Guida Q-Res.
4.2.3 IBS
Tipo di strumento
Il modello ideato dall’Istituto Europeo per il Bilancio Sociale (IBS) alla cui metodologia si attiene
SEAN (Social & Ethical Auditing and Accounting Network), è stato realizzato come estensione del
bilancio d’esercizio e introduce uno schema d’impostazione e una procedura considerati i più
avanzati a livello internazionale.
Il modello IBS/SEAN muove dai valori aziendali verso un “PROcesso di Gestione REsponsabile per
uno Sviluppo Sostenibile “ (PROGRESS©) di cui il Bilancio Sociale e il “racconto”.
Il modello, stante la sua impostazione, deve essere considerato un meta-processo di
comunicazione dell’orientamento strategico finalizzato al costante miglioramento della cultura
d’impresa.
In questo senso la comunicazione si sviluppa su due vie, la prima nella direzione del “far bene
gestione” e si realizza attraverso il processo di gestione responsabile, la seconda nella direzione del
“farlo sapere” grazie al bilancio sociale.
I presupposti sono l’ascolto e il dialogo con tutte le componenti del sistema azienda; alla base di
questo modello culturale stanno quindi libertà di coscienza ed espressione, ed in particolare, un
circuito di fasi di ascolto, comprensione, azione, valutazione e ritorno dell’informazione. In questo
modo, attraverso il dialogo sistematico e un continuo arricchimento di informazioni, si crea una
piattaforma permanente di intendimenti maggiormente armonici.
Una delle peculiarità legate alla adesione al processo risulta quella di coniugare la finalità del
profitto con le modalità attraverso le quali perseguirlo in maniera socialmente responsabile; non
soltanto soddisfacendo i vincoli di carattere normativo, ma sforzandosi di superarli: il processo in
atto spinge verso un’evoluzione del diritto per soddisfare più compiutamente i valori e quindi le
aspettative legittime di tutti i protagonisti della scena sociale, per i quali sono stati delineati nuovi
vincoli, nel rispetto dei diritti umani fondamentali.
Organizzazione che ha proposto lo strumento
Questo modello è stato realizzato da IBS (Istituto Europeo per il Bilancio Sociale), istituto
sperimentale di ricerca scientifica e applicata in materia di bilancio sociale. Questa organizzazione
ha per scopo:
• La ricerca scientifica in relazione alle tematiche della Gestione Responsabile per lo Sviluppo
Sostenibile
• La statuizione dei principi in tema di redazione di Bilancio Sociale
• Lo studio, l’approfondimento e lo sviluppo della cultura d’impresa, intesa come insieme di
fattori economici, di legittimazione sociale, di affettività delle risorse umane interne e di
rispetto delle relazioni industriali, nel suo processo di scambio sistematico con il contesto di
riferimento
• L’approfondimento e l’applicazione della cultura dei valori, fondata sulla centralità della
persona.
47
L’adesione all’istituto è aperta a Enti, persone fisiche e giuridiche che approvino e condividano il
suo scopo.
Alla metodologia di IBS si attiene SEAN, network fondato da KPMG e da Strategie d’Immagine, che
ha l’obiettivo di realizzare sistemi di analisi e rilevazione degli scambi sociali d’impresa,
identificando le metodologie più corrette per l’impostazione degli stessi.
L’attività di SEAN si realizza attraverso l’analisi degli elementi di rendicontazione economici e sociopolitici necessari alla comunicazione sociale, alla valorizzazione degli elementi portanti della
cultura d’impresa da porre in evidenza, ma anche attraverso la sintesi degli strumenti di
comunicazione capaci di far apprezzare le coerenze etiche e il valore aggiunto apportato
dall’impresa al contesto in cui si trova a operare.
Organizzazioni cui lo strumento si può applicare
Il modello IBS/SEAN può essere applicato a qualsiasi tipologia di organizzazione. Il Progress esprime
una completezza di percorso che è stata raggiunta grazie a una costante e graduale
armonizzazione tra i vari approcci e metodologie applicative in materia di rendicontazione sociale
d’impresa (impresa pubblica o privata, profit o no-profit ) sia a livello nazionale sia internazionale, e
il progressivo affinamento teorico/culturale del modello IBS. All’interno del modello sono state
apportate opportune varianti di percorso verso una visione sempre più ampia e articolata della
gestione delle problematiche sociali, economiche e ambientali caratterizzanti le diverse tipologie
di organizzazioni, per fare risaltare l’uniformità del riferimento metodologico comune, con
l’evidenza delle peculiarità specifiche di ciascuna di esse.
Il recepimento del modello IBS che ha ottenuto il maggior numero di adesioni risulta essere quello
che, grazie al lavoro di ABI (Associazione Bancaria Italiana) e con la consulenza tecnica di IBS,
SEAN e KPMG, ha portato allo sviluppo dello “Standard di processo unificato ABI/IBS”, modello di
redazione del Bilancio Sociale unico e specifico per il settore del credito.
Aree di indagine/interesse
Il modello può essere considerato a tutti gli effetti di tipo triple bottom line, approccio che riesce a
esprimere e a conciliare armonicamente le quantità economiche e le qualità di relazione tra
l’impresa e gli stakeholders rappresentativi della collettività. Un documento di comunicazione
interna ed esterna che riesce a far emergere e apprezzare un quadro sempre più omogeneo,
puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli
socio-politici e ambientali, connaturati e conseguenti alle scelte d’impresa. Tutto questo viene
trattato nell’ottica della sostenibilità, ponendo quindi grande attenzione ai valori condivisi;
paradigmatici quelli della persona e dell’ambiente.
Coinvolgimento degli stakeholders
Elemento fondamentale del processo risulta essere il coinvolgimento sistematico degli stakeholders
in una compartecipazione responsabile delle scelte attuate, che rende possibile armonizzare le
numerose possibilità di contrapposizione di interessi riscontrabili.
Il processo risulta essere una partecipazione comune, in grado di arricchire il continuo percorso di
miglioramento della cultura d’impresa grazie al contributo dei collaboratori e dei numerosi
interlocutori esterni:
• Internamente, attraverso un processo virtuoso di condivisione strategica e di
coprogettazione, utilizzando un mix di comunicazione e formazione per influenzare
verticalmente e trasversalmente l’organizzazione e stimolare i flussi di ritorno delle
informazioni
• All’esterno, attraverso il coinvolgimento dei portatori di interesse, quale che sia il titolo di
relazione negoziale con l’organizzazione, in un rapporto di partnership, per dimostrare di
saper riconoscere e soddisfare le loro ragioni, armonizzandole con quelle dell’impresa.
L’obiettivo di entrambe le parti è quello di contemperare gli interessi per il miglioramento
della qualità della vita
Il PROGRESS viene sviluppato con queste modalità come conseguenza dei diversi rapporti che si
creano con le varie categorie di soggetti con cui l’impresa entra in contatto giorno per giorno per
motivi diversi, e in particolare:
• Collaboratori e dipendenti: per riuscire ad attirare e mantenere i collaboratori più validi è
necessario fornire loro motivazioni, al di là del semplice aspetto economico, che stimolino
in loro senso di lealtà e appartenenza a una squadra
48
•
•
•
•
•
•
Clienti e potenziali clienti: non solo clientela consolidata ma anche potenziale, che deve
essere convinta della eccellenza dell’organizzazione ma anche motivata alla scelta dei
suoi prodotti
Fornitori e partner commerciali: per operare con efficacia si ha bisogno di sviluppare
relazioni qualificate con i soggetti capaci di fornire le soluzioni migliori nel momento e nel
luogo più appropriato
Banche e investitori: Le vecchie garanzie di tipo patrimoniale stanno cedendo il passo a
concetti dinamici. Alle aziende non si richiede solo una buona patrimonializzazione: per
ottenere capitale a condizioni più vantaggiose è necessario dimostrare di avere buone
idee e di saperle mettere in pratica.
Istituzioni: l’impresa deve essere in grado di proporsi come un interlocutore serio, affidabile
e responsabile non solo nei riguardi delle istituzioni locali e nazionali, ma sempre più spesso
anche verso le istituzioni dei Paesi stranieri e delle organizzazioni internazionali
Gruppi sociali qualificati: dalle relazioni con le comunità locali, con i consumatori, con le
associazioni dipende una parte consistente del successo dell’impresa. Investire in questi
rapporti aiuta a migliorare la propria immagine e a evitare pericolosi conflitti
Ambiente: la complessità delle normative di riferimento e l’ipersensibilità sociale
impongono alle imprese di non essere soltanto soggetti passivi o conservativi, in balia degli
umori del momento, ma di attuare precise strategie di gestione delle problematiche di
impatto ambientale, e di essere capaci di dimostrare un impegno e una responsabilità che
si traduca in vantaggio competitivo nei rapporti con le istituzioni e le società.
Sistema di gestione
Come già visto in precedenza, il modello IBS/SEAN muove dai valori aziendali per arrivare alla
costruzione del Processo di Gestione Responsabile per uno Sviluppo Sostenibile, del quale il Bilancio
Sociale è lo strumento di monitoraggio, di rendicontazione e di comunicazione.
Questo modello recupera e valorizza il quadro etico e valoriale sul quale si fonda l’identità
dell’impresa, ponendo in risalto le coerenze gestionali attraverso le quali i valori assunti a
riferimento vengono declinati nelle successive scelte di investimento.
Momento fondamentale della metodologia elaborata da IBS è la “Carta dei Valori d’Impresa”
secondo la quale l’impresa, nel perseguimento della sua missione, assume come valori/principi di
riferimento:
1. la centralità della persona, il rispetto della sua integrità fisica e culturale e il rispetto dei suoi
valori di interrelazione con gli altri;
2. la valorizzazione delle risorse umane attraverso percorsi di accrescimento professionale e di
partecipazione agli scopi d’impresa;
3. il rispetto e la tutela dell’ambiente;
4. l’attenzione ai bisogni e alle aspettative legittime degli interlocutori interni ed esterni per
migliorare il clima di appartenenza e il grado di soddisfazione;
5. l’affidabilità dei sistemi e delle procedure di gestione per la massima sicurezza degli
addetti, della collettività e dell’ambiente;
6. L’efficienza, l’efficacia e l’economicità dei sistemi gestionali per accrescere
costantemente i livelli di redditività e di competitività dell’impresa;
7. l’impegno costante nella ricerca e nello sviluppo in tutte le aree di intervento per favorire e
percorrere il massimo grado di innovazione nel perseguimento del disegno strategico;
8. la correttezza e la trasparenza dei sistemi di gestione in conformità alle norme e alle
convenzioni vigenti nei riguardi delle componenti interne ed esterne dell’impresa;
9. l’interrelazione con la collettività e con le sue componenti rappresentative, per un dialogo
partecipativo di scambio e di arricchimento sociale, finalizzato al miglioramento della
qualità della vita.
L’elemento di comunicazione fondamentale del modello è il PROGRESS, che è un avanzato
processo di gestione responsabile, il cui obiettivo primario è la rappresentazione dei valori
aziendali e delle scelte conseguenti che orientano l’attività delle aziende. Il suo fattore
qualificante risulta essere il sistematico dialogo con gli stakeholders. Le aziende dovrebbero essere
in grado di ascoltare i propri portatori di interesse, orientando i processi decisionali in base alle loro
legittime aspettative, grazie a un continuo percorso di partecipazione comune, cercando di
armonizzare gli interessi delle parti, nel rispetto dei valori condivisi.
49
La struttura del Processo di Gestione Responsabile per lo Sviluppo Sostenibile si compone di cinque
momenti fondamentali, preceduti da una premessa metodologica e seguite da un’attestazione di
conformità procedurale. In particolare questi momenti sono:
• Premessa metodologica: contiene i principi di rendicontazione dello standard GBS,
completato da due principi dello standard IBS: misurabilità del grado di consenso e
continuità aziendale
• Identità aziendale: storia e contesto, ma anche, con riferimento ai valori aziendali, visione
e missione, assetto istituzionale, disegno strategico e piano programmatico. Gli strumenti di
riferimento sono Codice Etico, Codice di Autodisciplina, Corporate Governance
• Rendiconto: ricerca dei dati significativi di gestione, calcolo del valore aggiunto e
distribuzione dello stesso. Lo strumento è una revisione contabile del bilancio
• Scambio sociale con gli stakeholders: in particolare con risorse umane, soci, finanziatori,
clienti, fornitori, pubblica amministrazione, collettività, ambiente. Gli strumenti utilizzati sono
ISO Management (SA 8000, OHSAS18001, ISO 14001, ISO 9000), Analisi di Clima, Capitale
Intellettuale, Customer Satisfaction
• Sistema di rilevazione: informazioni di ritorno dirette da parte dei portatori di interesse
ottenute attraverso il dialogo con le parti interessate
• Proposta di miglioramento: integrazione dei diversi aspetti correlati quali etica, qualità,
ambiente, sicurezza, economicità della gestione in un modello di Sustainability
Governance che garantisca un’evoluzione e un miglioramento continuo
• Attestazione di conformità
L’altro elemento fondamentale di comunicazione è il Bilancio Sociale, che come detto in
precedenza, è lo strumento di monitoraggio e rendicontazione del PROGRESS.
In quest’ottica non risulta casuale la coincidenza tra l’architettura del processo di gestione e del
Bilancio Sociale che ne è il “racconto”. In considerazione della dualità dell’approccio gestionerendicontazione le fasi dell’indice programmatico del bilancio IBS/SEAN sono le stesse del percorso
procedurale, quindi:
La premessa metodologica - indicazione dei postulati e dei principi di riferimento assunti come
guida nel processo di gestione e di rendicontazione
1. L’identità aziendale - espressione esplicita dei valori guida assunti per orientare, insieme
alla missione, il disegno strategico e le scelte d’intervento
2. Il rendiconto (produzione e distribuzione di valore - indicatore delle risorse economiche
prodotte e della loro ripartizione
3. La relazione di scambio sociale - rappresentazione quali-quantitativa dei flussi di scambio
con gli stakeholders
4. Il sistema di rilevazione - evidenza delle aspettative e del consenso nei confronti della
cultura dell’impresa
5. La proposta di miglioramento (orientamento per la futura gestione) - indicazione
programmatica per il futuro
Attestazione di conformità procedurale (relazione della società di revisione sul bilancio sociale)
- valutazione, espressa da organismi indipendenti, circa la corretta rispondenza del processo di
rendicontazione agli standard vigenti.
Il Bilancio sociale, secondo questa impostazione, non è soltanto uno strumento di comunicazione
per l’interno e l’esterno, ma un processo di orientamento strategico finalizzato al miglioramento
continuo della cultura d’impresa.
Relazioni con altri strumenti
Il modello IBS, come emerge dai paragrafi precedenti, prevede interazioni con diversi strumenti, sia
a livello di processo, sia per ciò che concerne la redazione del Bilancio Sociale.
Per il processo:
• Codice Etico
• Codice di autodisciplina
• Corporate Governance
• ISO Management (SA 8000/OHSAS18001/EMAS/ISO14001/ISO9000)
• Analisi di clima
• Customer Satisfaction.
50
Per il bilancio sociale i principali modelli di riferimento per la realizzazione di un sistema di social
accountability sono:
• Global Reporting Iniziative (GRI)
• AccountAbility 1000 “AA 1000”
• Norma SA 8000
• Gruppo di studio per il Bilancio Sociale (GBS)
• Standard di Processo Unificato ABI/IBS
• Manuale di Processo IBS/Osservatorio Nazionale per il Settore Chimico.
4.3 I CODICI DI CONDOTTA
Un Codice di Condotta è una dichiarazione di valori e di buone pratiche di cui un’organizzazione si
dota. È un insieme di regole, prescrizioni, liberamente accettate, che, nelle buone intenzioni dei
proponenti, dovrebbero costituire un dovere morale per tutti coloro che interagiscono
direttamente o indirettamente con l’organizzazione stessa. In altre parole, è un “contratto sociale”
tra azienda e stakeholders, attraverso il quale si stabilisce una forma di collaborazione
indispensabile per poter arrivare alla massimizzazione dell’utilità dell’intera comunità dei portatori di
interesse.
È una pratica nata per enfatizzare il comportamento etico di un’impresa verso i differenti
stakeholders. Serve a prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in
nome e per conto dell’azienda, introducendo una definizione chiara ed esplicita delle
responsabilità etiche e sociali dei propri dirigenti, quadri, dipendenti e, spesso, anche dei fornitori
verso i diversi gruppi prima citati.
Attraverso un Codice Etico, si prevedono una serie di diritti e doveri per ogni singola categoria di
stakeholders che siano parte del contratto sociale, garantendo in questo modo la condivisione di
parte degli stessi valori.
I Codici di Condotta sono strumenti volontari, non vincolanti ai sensi di legge. Devono, perciò,
essere il frutto di un processo auto-referenziale all’interno dell’impresa. Le prescrizioni non sorgono
come imposizione, devono piuttosto nascere dalla condivisione dei valori sentiti come comuni. In
questo senso l’impresa si assume la responsabilità rispetto a temi come la tutela dell’ambiente, dei
lavoratori, dei diritti umani, cruciali per il futuro della società.
È anche importante che il Codice Etico non rimanga esclusivamente un manifesto di buone
pratiche ma trovi attuazione concreta nel mondo operativo dell’azienda per cui i valori devono
essere condivisi a tutti i livelli, dalla dirigenza ai dipendenti.
Fondamentalmente un Codice Etico dipende della sua credibilità e dal livello di serietà con cui è
preso dall’impresa, dai sindacati, dai consumatori e dai governi. A sua volta la credibilità
dipenderà dal monitoraggio e dal controllo della sua applicazione, dalla maniera in cui viene
applicato e dalla trasparenza dello stesso.
Il Contesto
La diffusione dei Codici Etici (anche chiamati Compliance Programms, Programmi di Conformità)
nell’ambito delle imprese, nasce negli Stati Uniti, dove si è ritenuto che questi modelli fossero il più
importante passo verso una diffusione della cultura societaria, legata all’esigenza da parte delle
imprese di adottare un proprio Codice di Condotta. Si deve tener conto che questa cultura nasce
negli anni ’80, in un clima di generalizzata evasione della normativa da parte di diverse grosse
imprese statunitensi.
Già negli anni ’90, con la nascita delle U.S. Sentencing Commission’s Guidelines, il Governo degli
Stati Uniti emana norme specifiche in materia di azioni illegali da parte delle aziende. Questo fatto
ha determinato con il tempo una diffusione massiccia di questo strumento, al punto che circa il
‘93% delle principali aziende statunitensi è dotata di un Codice Etico.
Per quanto riguarda l’Italia, i Codici Etici hanno ancora una diffusione limitata. Negli ultimi anni si è
registrato un crescente interesse da parte delle aziende italiane per l’adozione al proprio interno di
un Codice di Condotta.
Alcuni esempi vengono forniti dal Codice di Comit, il Codice Etico delle Ferrovie dello Stato, Coop
Adriatica, il Codice di Autodisciplina delle Società della Borsa Italiana, ENI, FIAT e di
51
GlaxoWelcome. Esistono anche Codici Etici di categorie professionali, come quella dei notai, e dei
docenti, o Codici Etici per l'autoregolamentazione della raccolta fondi nell'ambito del no-profit.
Un incentivo alla diffusione dei Codici Etici in Italia è avvenuto con l’emanazione del Decreto
Legislativo n. 231 dell’8 giugno 2001, il quale ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento
italiano la responsabilità in sede penale degli enti, disciplinando la responsabilità amministrativa
delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni per gli illeciti amministrativi dipendenti
da reato.
L’importanza di questo decreto risiede nella proposta di adozione di un modello non obbligatorio
di organizzazione, gestione e controllo da parte dell'impresa (Codici Etici): l’adozione del Codice
Etico, e soprattutto il rispetto delle prescrizioni in esso contenute, non sono assistiti dalla forza
coercitiva dell’ordinamento giuridico, ma dal grado di adesione alla norma etica (per condivisione
del valore in essa espresso) da parte di ciascun stakeholder11.
Il Codice Etico, più semplicemente, può essere visto come la "Carta Costituzionale dell'impresa" e
la sua forza è in funzione non soltanto delle regole in esso enunciate, ma anche del grado di
legittimità e di potere coercitivo che i soggetti tenuti ad applicarlo gli attribuiscono.
Normalmente, i Codici Etici aziendali tendono a raggiungere tre obiettivi:
• Eliminare o prevenire atti palesemente contrari alla morale o agli interessi dell'impresa
• Sancire l'azione disciplinare in caso di violazione del Codice
• Aiutare i dipendenti a risolvere i "dilemmi etici", situazioni di conflitto tra gli interessi
appartenenti all'impresa e i principi etici del singolo manager (o dei pari grado), importanti
gruppi di clienti, ecc.
Il Codice Etico è poi utilizzato dalle aziende anche come strumento per contribuire alla
realizzazione di un rapporto di fiducia tra l'impresa e il pubblico.
Lo strumento
La struttura di un Codice di Condotta può variare da un’impresa all’altra, ma generalmente viene
sviluppato tenendo conto dei seguenti aspetti:
a) i principi etici generali che riassumono la missione imprenditoriale e il modo più corretto di
portarla avanti;
b) le norme etiche per le relazioni dell’impresa con i vari stakeholders (consumatori, fornitori,
dipendenti, etc.);
c) gli standard etici di comportamento
" Principio di legittimità morale
" Equità ed eguaglianza
" Trasparenza
" Onestà
" Diligenza
" Imparzialità
" Riservatezza
" Tutela della persona
" Tutela ambientale
" Protezione della salute;
d) le sanzioni interne per la violazione delle norme del Codice;
e) gli strumenti di attuazione dei principi contenuti nel Codice Etico, che dovranno essere affidati a
un Comitato Etico. Ad esso è affidato il compito di diffondere la conoscenza e la comprensione
del Codice in azienda, monitorare l’effettiva attivazione dei principi contenuti nel documento,
ricevere segnalazioni in merito alle violazioni, intraprendere indagini e comminare sanzioni.
Un esempio di metodologia di definizione del Codice prevede:
1) Un’analisi della struttura aziendale per l’individuazione degli obbiettivi e dei gruppi di
stakeholders di riferimento.
2) La discussione interna per l’individuazione dei principi etici generali da perseguire, le norme
etiche per le relazioni dell’impresa con i vari stakeholders, gli standard etici di comportamento, il
grado di responsabilità corporativa (Corporate Liability) da assumere.
3) La consultazione degli stakeholders per la condivisione dei principi etici generali e particolari per
ogni gruppo.
11
Nobili V. La responsabilità sociale e la responsabilità penale delle imprese (2003).
52
4) L’adeguamento dell’organizzazione aziendale, delle procedure, delle politiche imprenditoriali,
con riferimento ai principi etici del Codice. In particolare, riveste una notevole importanza l’attività
di formazione e comunicazione etica dentro e fuori dall’azienda. Il dialogo e la partecipazione
sono indispensabili per far condividere a tutto il personale i valori presenti nel Codice di Condotta12.
Un esempio di Codice Etico: ENEL S.p.A.
Nel suo Codice Etico, ENEL esprime gli impegni e le responsabilità etiche assunte dall’azienda.
La sua missione è perseguire l'eccellenza nella gestione delle grandi infrastrutture e nella fornitura di beni e
servizi, valorizzando le competenze e l'innovazione tecnologica, garantendo la leadership nel settore elettrico.
ENEL aspira a mantenere e sviluppare il rapporto di fiducia con i suoi stakeholders.
Il principio fondamentale per l’azienda è la buona reputazione. “La buona reputazione verso l’esterno
favorisce gli investimenti degli azionisti, la fedeltà dei clienti, l'attrazione delle migliori risorse umane, la serenità
dei fornitori, l'affidabilità verso i creditori”13. Verso l’interno essa prevede che le decisioni siano attuate senza
frizioni e che il lavoro sia svolto senza complicazioni burocratiche ed eccessi di autorità.
Il Codice Etico redatto dall’azienda prevede che sia applicato a tutte le Società appartenenti al Gruppo
ENEL ed è conseguentemente vincolante per i comportamenti di tutti i suoi collaboratori. Inoltre, ENEL invita
tutte le imprese ad essa collegate e i principali fornitori ad avere una condotta in linea con i principi generali
presenti nel suo Codice. Il Codice Etico ha validità sia in Italia sia all'estero, pur in considerazione della diversità
culturale, sociale ed economica dei vari Paesi in cui ENEL opera.
I principi generali su cui si basa l’organizzazione sono:
" imparzialità,
" onestà,
" correttezza in caso di potenziali conflitti di interesse,
" riservatezza,
" relazioni con gli azionisti,
" valorizzazione dell'investimento azionario,
" valore delle risorse umane,
" equità dell'autorità,
" integrità della persona,
" trasparenza e completezza dell'informazione,
" diligenza e accuratezza nell'esecuzione dei compiti e dei contratti,
" correttezza ed equità nella gestione ed eventuale rinegoziazione dei contratti,
" qualità dei servizi e dei prodotti,
" concorrenza leale,
" responsabilità verso la collettività,
" tutela ambientale.
Per quanto riguarda i Criteri di Condotta, l’azienda adotta un sistema di Corporate Governance orientato alla
massimizzazione del valore per gli azionisti, al controllo dei rischi aziendali, alla trasparenza verso il mercato,
ecc.
In riferimento alla modalità di attuazione del regolamento, ENEL stabilisce i compiti dei diversi organi incaricati
dell’esecuzione del Codice. L’azienda sostiene che la comunicazione e la formazione sono i mezzi appropriati
per portare gli stakeholders, sia interni sia esterni, a conoscenza delle proprie attività. Provvede a stabilire per
ogni stakeholder canali di comunicazione cui poter rivolgere le proprie segnalazioni (ad esempio: unità
responsabili del rapporto con le associazioni dei consumatori, ambientaliste, dei fornitori, del personale, call
center per i clienti, ecc.).
Si impegna anche a predisporre un rapporto di responsabilità etica e sociale (Bilancio di Sostenibilità14)
conforme agli standard nazionali e internazionali, che viene sottoposto a verifica esterna da parte di una
Società indipendente accreditata.
Può accadere che aziende dotate di strumenti di responsabilità sociale non vengano premiate in termini di
acquisizioni di prestigio e credibilità all’interno del mercato nel quale operano. Ciò può dipendere da fattori
endogeni o esogeni all’azienda, per esempio dal fatto che l’azienda non riesca ad “arrivare” all’esterno in
modo efficace, o dal fatto che l’opinione pubblica non sia sufficientemente sensibilizzata su tali temi.
L’efficacia di un Codice Etico dipende quindi dalle interazioni di tanti fattori interni ed esterni all’impresa.
13 ENEL, Codice Etico (2002).
14 ENEL, Bilancio di Sostenibilità (2003).
12
53
4.4 GLOBAL COMPACT
Tipo di strumento
Il Global Compact è un’iniziativa presentata per la prima volta dal Segretario Generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, nel 1999 a Davos in occasione del World Economic Forum. In tale
circostanza, il Segretario Generale chiese ai leader delle imprese di contribuire alla creazione di un
mercato globale più sostenibile e inclusivo, accettando e applicando nove principi universali nelle
aree dei diritti umani, delle norme del lavoro e della tutela dell’ambiente.
L’anno successivo (luglio 2000) l’iniziativa del Global Compact è stata lanciata ufficialmente presso
il Quartiere Generale delle Nazioni Unite a New York.
Inizialmente vi hanno aderito circa 50 grandi imprese. A tutt’oggi se ne contano più di 1.200, delle
quali 42 sono italiane.
L’idea alla base del progetto è che le imprese private, con la collaborazione dei governi, della
società civile e delle organizzazioni sindacali, possano cooperare nella ricerca di soluzioni
alternative ai problemi posti dalla globalizzazione, per lo sviluppo di un’economia sostenibile.
Il Global Compact, quindi, è un’iniziativa volontaria di cittadinanza d’impresa, che si pone due
obiettivi fondamentali:
1. far diventare i principi del Global Compact parte integrante di politiche e azioni nel
maggior numero possibile di imprese;
2. favorire la cooperazione tra i principali attori per la risoluzione dei problemi collettivi.
I nove principi del Global Compact (per l’elenco completo si veda il par. 2.1) fanno riferimento a
tre Dichiarazioni universalmente riconosciute: la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la
Dichiarazione dell’OIL sui Principi e i Diritti fondamentali del Lavoro, la Dichiarazione di Rio su
Ambiente e Sviluppo.
Le imprese partecipanti, il mondo del lavoro e le organizzazioni della società civile hanno la
possibilità di perseguire insieme gli scopi del Global Compact attraverso la partecipazione al
dialogo sulle politiche, ai learning forum (forum per l’apprendimento), ai progetti a livello
internazionale, nazionale e regionale e ai network locali.
Dialogo sulle politiche
Il dialogo rappresenta l’elemento centrale del Global Compact, finalizzato alla creazione di una
piattaforma di scambio delle informazioni e delle soluzioni efficaci alle sfide della globalizzazione
tra imprese, associazioni e società civile. In pratica vengono organizzati forum tra i diversi
stakeholders per affrontare le tematiche principali e trovare soluzioni appropriate. Gli argomenti
normalmente trattati sono:
- il ruolo del settore privato nelle zone di guerra;
- l’impresa e lo sviluppo sostenibile;
- HIV/AIDS sul luogo di lavoro;
- la gestione delle filiere di produzione;
- i partenariati;
- il consumo sostenibile (non ancora realizzato).
I risultati attesi dell’attività di dialogo sulle politiche, sono di tre tipi:
1. riuscire a generare un cambiamento nelle politiche generali, compresa la promozione di
incentivi e di meccanismi regolatori da parte delle istituzioni;
2. tentare di influenzare l’attuale comportamento dei partecipanti;
3. riuscire a mobilitare i differenti attori nella collaborazione.
Forum per l’apprendimento
Il forum per l’apprendimento è una piattaforma virtuale di scambio di buone pratiche tra i
partecipanti del Global Compact. Vengono raccolti in una banca dati on line, consultabile sul sito
del Global Compact15, tutte le comunicazioni annuali delle imprese aderenti, gli esempi di buone
pratiche, i Case Study formulati da Università, ONG e centri di ricerca, nonché i progetti di
partenariato realizzati nelle diverse aree del mondo. In particolare, le Comunicazioni Annuali sono
state istituzionalizzate nel corso dell’anno 2003, quando l’ufficio del Global Compact ha deciso di
adottare un nuovo approccio strategico che chiede alle imprese di comunicare la metodologia
15
www.unglobalcompact.org e www.globalcompactitalia.org
54
attraverso la quale si è scelto di implementare i nove principi all’interno dell’organizzazione
aziendale e le azioni intraprese.
Le imprese, inoltre, possono scegliere di sottoporsi ad analisi più dettagliate, effettuate da
Università, ONG e centri di ricerca, dette Case Study. A differenza delle Comunicazioni Annuali, i
Case Study sono:
- redatti da ricercatori indipendenti ed esterni all’impresa;
- arricchiti di informazioni che li rendono comprensibili anche a lettori esterni alla regione o al
settore di produzione specifico dell’azienda;
- non limitati a fornire “esempi di successo”;
- redatti in modo da poter essere utilizzati nella formazione, nei programmi del Global Compact e
nel dialogo sulle politiche.
L’ufficio del Global Compact ha elaborato le linee guida per la redazione dei Case Study e un
Formulario per la loro presentazione (entrambi scaricabili on line). È importante sottolineare che,
prima di essere pubblicati sul sito, i Case Study vengono sottoposti a un processo di revisione.
Oltre alle Comunicazioni Annuali e ai Case Study, l’Ufficio del Global Compact promuove la
realizzazione di progetti di partenariato, agevolando i contatti con le differenti Agenzie delle
Nazioni Unite più adatte, per capacità e competenze, a fungere da supporto informativo per le
organizzazioni che intendono avviare progetti di questo tipo.
Gli obiettivi del forum sono quindi tre:
1. offrire agli stakeholders una piattaforma di scambio delle informazioni;
2. gestire la rete in modo da assicurare una reale condivisione delle risorse e delle buone
pratiche;
3. incrementare l’affidabilità e la trasparenza, attraverso la pubblicazione dei documenti
prodotti sul sito web del Global Compact.
Oltre a gestire la banca dati, il forum per l’apprendimento organizza numerosi incontri nel corso
dell’anno, che rappresentano importanti occasioni di scambio tra i partecipanti.
Network locali
Il Global Compact favorisce la creazione di network a livello nazionale, regionale e di settore,
costruiti sulla falsariga del network centrale del Global Compact. La loro funzione è quella di
realizzare a livello locale tutte le funzioni tipiche del Global Compact, quali il dialogo sulle politiche,
il forum per l’apprendimento e l’avvio di progetti concreti. Essendo radicato nel contesto locale,
ciascun network ha caratteristiche proprie, sia dal punto di vista dei partecipanti, sia delle attività. Il
supporto fornito dal Global Compact per la costituzione di un network locale consiste nell’offrire gli
strumenti necessari per la comunicazione e una piattaforma virtuale per lo scambio di esperienze
pratiche.
In conclusione, è possibile affermare che il Global Compact rappresenta un innovativo approccio
alla Responsabilità Sociale delle Imprese, che cerca di coinvolgere tutti gli stakeholders in un unico
network, attraverso il quale scambiare informazioni, azioni, politiche e buone pratiche. Rimane
comunque aperto il dibattito, come per tutti gli strumenti affini, su quanto la volontarietà e la
mancanza di controlli sulle aziende che vi aderiscono incidano sulla trasparenza delle dichiarazioni
e sulla fiducia degli attori coinvolti.
Caratteristiche dell’organizzazione che ha proposto lo strumento
Nello Statuto delle Nazioni Unite, approvato nella storica data del 26 giugno 1945, si afferma: "Noi
popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra [...], a
riaffermare la fede nei diritti fondamentali della persona [...], a promuovere il progresso sociale [...],
abbiamo deciso di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini". L’impegno nel campo della
responsabilità sociale è quindi parte fondante dell’Organizzazione stessa, fin dalle sue origini.
Il Global Compact è un’iniziativa basata su un network. Il cuore della rete è rappresentato dal
Global Compact Office, l’Advisory Council e cinque agenzie delle Nazioni Unite (Ufficio dell’Alto
Commissariato per i Diritti Umani, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Programma Ambiente,
Programma di Sviluppo, Organizzazione per lo Sviluppo Industriale). L’Advisory Council (Consiglio
Consultivo) è composto da personalità provenienti dal mondo dell’impresa, da quello del lavoro,
dalla società civile e dal mondo accademico; fornisce pareri di importanza strategica al
Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Il progetto coinvolge inoltre tutti i più importanti attori sociali: i governi, che definiscono i principi sui
quali si basa l’iniziativa; le imprese, verso le quali l’iniziativa è rivolta; le organizzazioni della società
55
civile, che rappresentano la comunità di stakeholders più vasta; le Nazioni Unite, che costituiscono
l’unico vero forum politico globale, nel ruolo del facilitatore.
Caratteristiche delle organizzazioni a cui lo strumento si può applicare e coinvolgimento degli
stakeholders
Il Global Compact, come strumento di cittadinanza d’impresa, si applica alle imprese, ma
coinvolge tutti i differenti attori di rilievo.
I governi
I governi rappresentano l’interlocutore istituzionale del Global Compact, che garantisce la legalità
e l’universalità dei principi sanciti. Favoriscono la diffusione dei principi fondamentali dell’iniziativa
sia a livello nazionale, sia a livello globale, realizzando, grazie al loro potere legislativo, un ambiente
favorevole alla definizione di percorsi di sostenibilità.
A livello internazionale, oltre a determinare un quadro politico favorevole alla sperimentazione di
meccanismi innovativi per il coinvolgimento delle imprese, i governi sostengono finanziariamente
l’ufficio del Global Compact e offrono una guida politica generale per la promozione della
cittadinanza d’impresa.
A livello nazionale, sostengono le iniziative dei diversi attori e la formazione dei network locali.
Le imprese
L’obiettivo principale del Global Compact è quello di coinvolgere il maggior numero di leader
d’impresa nell’adesione ai suoi principi, al fine di favorire la sostenibilità dello sviluppo a livello
mondiale. Particolare attenzione viene rivolta al coinvolgimento delle piccole e medie imprese,
anche attraverso l’impegno delle associazioni internazionali di categoria e le organizzazioni
internazionali di imprenditori.
Il mondo del lavoro
Il mondo del lavoro, costituito da organizzazioni sindacali e società civile, è considerato un
interlocutore a sé stante rispetto alle imprese. A livello internazionale, le organizzazioni sindacali
fanno, insieme alle imprese, da supervisori all’OIL per l’effettiva applicazione delle norme del
lavoro. A livello nazionale, invece, partecipano alla concertazione, ove avvenga, per la definizione
delle politiche.
Inoltre le organizzazioni sindacali, per la loro natura storica, mettono in gioco una lunga tradizione
di democrazia interna, trasparenza e responsabilità verso i propri membri, tutte qualità richieste dal
Global Compact.
Organizzazioni della società civile
Le organizzazioni della società civile, in quanto partner del progetto, sono chiamate a partecipare
al dialogo sulle politiche, contribuendo alla condivisione delle informazioni, al rafforzamento delle
relazioni, alla risoluzione dei problemi e al raggiungimento del consenso. Svolgono un’importante
funzione di contrappeso rispetto a imprese e mondo del lavoro, conferendo all’iniziativa credibilità
e legittimazione sociale. Il loro contributo alla riuscita del progetto si esplica attraverso la
promozione delle seguenti iniziative:
- diffusione dei nove principi tra un pubblico sempre più ampio;
- responsabilizzazione delle imprese, invitandole con varie iniziative a prendere posizione sui diritti
umani e sulle norme sul lavoro;
- realizzazione di azioni concrete, come progetti specifici, o fornendo esempi di buone pratiche.
Aree coperte
L’approccio non è propriamente definibile triple bottom line, perché i riferimenti principali
riguardano la sfera etico-sociale e l’ambiente. Gli aspetti puramente economici non vengono
trattati direttamente, anche se l’applicazione dei nove principi dovrebbe portare anche
miglioramenti economici indiretti, derivanti principalmente dalla migliore gestione delle risorse
umane e della trasparenza dell’azienda aderente.
Sistema di gestione
I principi forniti dallo strumento sono volutamente generici e ad ampio respiro per permetterne
l’applicazione a realtà profondamente diverse tra loro. Non si fa quindi riferimento specifico alla
realizzazione di uno strumento di gestione, anche se è evidente che l’applicazione di strumenti di
gestione “attenti” allo sviluppo sostenibile rientra appieno negli obiettivi del Global Compact.
Per aderire ufficialmente ai principi del Global Compact, un’impresa è invitata a:
56
1. inviare una lettera e un formulario informativo sulle attività dell’impresa da parte
dell’Amministratore Delegato (e, possibilmente, sottoscritta dal Consiglio di
Amministrazione) al Segretario Generale delle Nazioni Unite esprimendo l’adesione al
Global Compact e ai suoi principi;
2. applicare i cambiamenti necessari nelle operazioni aziendali, integrando i principi nella
propria strategia, nella cultura d’impresa e nelle azioni quotidiane;
3. rendere noto il proprio impegno a rispettare i principi attraverso comunicati stampa,
conferenze, eventi, ecc;
4. pubblicare in un rapporto annuale una descrizione delle modalità con cui si è aderito e si è
applicato il Global Compact e i suoi nove principi.
Relazioni con altri strumenti
L’unico strumento citato esplicitamente dal Global Compact è il modello di redazione del bilancio
sociale della Global Reporting Initiative (GRI). Viene infatti incoraggiato l’uso delle linee guida per
la redazione del rapporto di sostenibilità dell’impresa.
Viene comunque più volte sottolineato che il Global Compact non si pone in concorrenza alle
altre iniziative volontarie, ma cerca di incoraggiare tutte quelle attività che possano contribuire
alla diffusione dei propri principi. Questo perché, nelle intenzioni del Global Compact, la diffusione
di strumenti volontari di responsabilità sociale delle imprese, caratterizzati da contenuti compatibili
tra loro e obiettivi convergenti, porterà alla definizione di efficaci norme globali che diverranno
uniche nella loro universalità e legittimità.
57
5 LE BUONE PRATICHE
Nella presente sezione viene presentata una rassegna di esempi applicativi degli strumenti finora
descritti.
I casi di studio sono stati selezionati in base a diversi criteri, primo fra tutti la completezza del
percorso di responsabilità sociale intrapreso e, in secondo luogo, la rappresentatività dei vari
settori di produzione o di servizi impegnati nei processi.
Compaiono quindi tre principali categorie di organizzazioni: le imprese (di grandi e piccole
dimensioni), gli Enti locali (che svolgono un ruolo fondamentale nelle attività di divulgazione e
promozione degli strumenti, ai diversi livelli amministrativi), le associazioni (con processi variabili a
seconda della differente missione di ognuna).
Oltre ai soggetti che si occupano di responsabilità sociale come strumento di gestione delle
ordinarie attività proprie delle organizzazioni, sono stati inseriti due esempi di soggetti,
appartenenti a categorie diverse, il cui scopo statutario è la cura degli aspetti sociali, a diversi
livelli: Banca Etica, tra le imprese, e CESVI, tra le associazioni. Tali casi vengono inclusi nonostante i
notevoli aspetti che li distinguono dagli altri, in quanto costituiscono comunque un valido esempio
di gestione e stimolo di riflessione rispetto a tematiche usualmente non inserite nelle trattazioni a
disposizione delle imprese.
5.1 LE IMPRESE
Il panorama delle imprese considerate cerca di rappresentare l’ampia varietà di questo ambito.
Tra le grandi imprese, sono stati selezionati i casi maggiormente visibili sul mercato e che da diversi
anni sono noti per l’impegno nella gestione degli aspetti sociali.
Il Gruppo Granarolo costituisce un ottimo caso di studio dell’industria alimentare, disponendo di
una mission composita, che comprende, oltre agli aspetti sociali, quelli ambientali. Il Sistema
COOP rappresenta il variegato mondo delle cooperative e dell’industria di distribuzione
(ultimamente, con il sopraggiungere dei “prodotti a marchio”, anche di produzione alimentare e
non), presentando anche una particolare attenzione verso i marchi di sostenibilità (fair trade). Il
settore di credito e finanza è qui rappresentato da Monte dei Paschi di Siena, gruppo impegnato
da diversi anni nella gestione degli aspetti sociali, e Unipol Assicurazioni, compagnia che redige
un proprio bilancio sociale dal 1993. A conclusione della sezione è stato incluso il caso di Piacenza
74, cooperativa di edilizia abitativa, come esempio di piccola impresa.
5.1.1 Granarolo
L’identità del gruppo
Il gruppo Granarolo, con un fatturato pari a 731 milioni di Euro nel 200316, rappresenta una delle
principali società italiane del settore agro-alimentare.
L’azienda, nata nel 1959 come piccola cooperativa per la produzione di latte e derivati (Consorzio
Bolognese Produttori Latte), nel corso dei trascorsi 40 anni ha vissuto un rilevante processo di
espansione che ha portato all’attuale assetto societario. Il gruppo comprende la Granlatte, in
qualità di società capofila, e la Granarolo S.p.A., che controlla società distribuite sull’intero territorio
nazionale, operanti nella produzione e nella trasformazione del latte, nonché in attività di
lavorazione e commercializzazione di prodotti gastronomici. Le società che costituiscono il gruppo
svolgono attività sinergiche e complementari: il consorzio dei produttori di latte Granlatte
garantisce la produzione e la raccolta della materia prima, mentre la società per azioni Granarolo
S.p.A. opera nella trasformazione e nella commercializzazione del prodotto.
L’attività del gruppo può essere ricondotta a tre business principali: latte e panna (72% del giro
d’affari), yogurt e caseari (24%) e, in misura minore, gastronomia industriale (4%).
Il modello Granarolo è un “modello di filiera”: il gruppo, nell’ambito delle proprie attività produttive
e commerciali, presiede l’intero ciclo di vita del prodotto, controllando la filiera produttiva che
conduce dal produttore al consumatore. Si tratta di una strategia imprenditoriale che condiziona
16
Granarolo, Annual Report 2003 – Granarolo incontra la Comunità Finanziaria, www.granarolo.it.
58
fortemente le politiche di sviluppo e il management aziendale, nel momento in cui si intende
perseguire il conseguimento di obiettivi legati alla qualità e alla sostenibilità dell’impresa.
La responsabilità sociale di Granarolo
Da diversi anni il gruppo Granarolo è impegnato nella definizione di politiche produttive e
commerciali orientate alla sostenibilità, che garantiscano la qualità dei processi e dei prodotti, ma
anche la tutela ambientale e la responsabilità sociale dell’impresa. In particolare, Granarolo ha
inteso perseguire la sostenibilità del proprio operato applicando una larga gamma di strumenti,
secondo un approccio integrato attento ai diversi aspetti della sostenibilità. Tale obiettivo si è
tradotto in un percorso articolato, che ha previsto diverse tappe e traguardi via via più
impegnativi.
Nell’ambito delle certificazioni e degli standard internazionali, Granarolo può vantare ottimi risultati:
alla fine del 2003, su 11 siti produttivi facenti capo al gruppo, 7 risultano certificati secondo lo
standard internazionale SA 8000, 4 stabilimenti hanno sviluppato un Sistema di Gestione
Ambientale certificato ISO 14001 (il processo per un quinto stabilimento è ancora in corso) e di
questi 3 hanno anche ottenuto la registrazione EMAS. Per quanto riguarda la qualità dei processi e
dei prodotti, 5 stabilimenti hanno conseguito la certificazione ISO 9001 e 4 la ISO 9002; 7
garantiscono la rintracciabilità del prodotto nella filiera e lo stabilimento di Castel San Pietro, unico
produttore di yogurt del gruppo, ha ottenuto la certificazione di prodotto di Alta Qualità (garanzia
che il prodotto subisce trattamenti che ne conservano le proprietà nutritive e una carica batterica
controllata).
Quadro sintetico degli strumenti gestionali adottati dal gruppo.
SITO PRODUTTIVO
ISO
9001
Bologna pastorizzato
Bologna caseificio
●
Bologna Laboratorio
●
ISO
9002
●
ISO
14001
EMAS
●
●
●
Castel San Pietro
Anzio
●
●
●
●
Novara
Rimini
●
In corso
Soliera
Centrale del Latte di
Milano
●
●
●
Vogliazzi
●
Sail
Fonte: Granarolo, Bilancio di Sostenibilità, 2002.
●
CERTIFICAZIONE DI
PRODOTTO
●
SA
8000
RINTRACCIABILITÀ NELLA
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
●
FILIERA
●
●
●
L’adozione di strumenti gestionali conformi alle norme internazionali rappresenta tuttavia solo un
aspetto della strategia adottata da Granarolo per la sostenibilità.
A partire dal 1998, il gruppo ha realizzato annualmente il bilancio ambientale e il bilancio sociale
“quali strumenti cardine della rendicontazione integrativa societaria rivolta agli stakeholders”17. Tali
strumenti hanno garantito maggiore trasparenza e controllo sull’operato dell’impresa e hanno
rappresentato un efficace punto di partenza per il coinvolgimento degli stakeholders nelle
strategie gestionali e di sviluppo dell’azienda.
Il bilancio ambientale è stato articolato in diverse sezioni: la prima tratta il Percorso ambientale del
gruppo, seguono l’Analisi dell’impatto ambientale della filiera e il Conto delle risorse e degli
inquinanti, chiude il Piano delle attività ambientali. Nel documento sono state riportate le
informazioni necessarie a definire gli impatti ambientali derivanti dal processo produttivo, per
ciascun settore della filiera (figura seguente), ma anche i programmi e le risorse investite
dall’azienda per ridurre tali impatti. A partire dal 1999, infatti, all’interno del bilancio ambientale,
Granarolo ha definito la propria strategia ambientale per gli anni successivi, indicando gli interventi
17
Bilancio di sostenibilità, 2002.
59
programmati per il miglioramento delle performance ambientali di ciascuno stabilimento, nonché
un vero e proprio piano delle certificazioni ambientali da avviare.
Utilizzo delle risorse produzione di rifiuti ed emissioni nell’ambito dei diversi settori della filiera.
UTILIZZO DI RISORSE NATURALI E DI MATERIALI
Sementi
Antiparassitari
Fertilizzanti
Acqua
Imballaggi
Concimi/ammendamenti
Energia
SETTORI DELLA FILIERA
Agricoltura
Sostanze chimiche
Farmaci
Energia
Detergenti/sanificanti
Refrigeranti
Imballaggi
Carburanti
Allevamento
Acqua
Imballaggi
Carburante
Refrigeranti
Energia
Detergenti/sanificanti
Trattamento, trasformazione e
confezionamento
Carburanti
Energia
Refrigeranti
Carburanti
Logistica
Energia
EMISSIONI E RIFIUTI
Deiezioni animali
Rifiuti liquidi
Emissioni gassose
Rifiuti di processo
Emissioni gassose
Rifiuti solidi
Consumo
Rifiuti solidi
Fonte: Granarolo, Bilancio Ambientale, 2000.
Il bilancio sociale del 1998 rappresenta invece il primo sforzo compiuto da Granarolo per
comunicare con gli stakeholders in merito agli effetti prodotti dalle attività aziendali sulla sfera di
interessi di ognuno di loro: il documento analizza in particolare il rapporto dell’impresa con
consumatori e dipendenti, descrive il ruolo rivestito dall’azienda nel settore zootecnico nazionale e
illustra gli impegni assunti dal gruppo in ambito sociale.
Nell’autunno del 1998, per esplicitare gli obiettivi e le finalità adottate come riferimento nell’ambito
delle proprie attività, Granarolo ha avviato un processo di consultazione e di confronto con il
personale interno, che ha portato, nel corso di un anno, all’elaborazione della mission e della vision
aziendale. Inizialmente tale processo ha coinvolto soltanto quadri e dirigenti, per essere esteso in
seguito a tutti i dipendenti, grazie anche al contributo di gruppi di lavoro già esistenti all’interno
all’azienda (Laboratori di Archimede). Tali gruppi erano stati costituiti a partire dal 1996, nella
consapevolezza che frequentemente all’interno delle imprese e delle organizzazioni il potenziale di
conoscenze e capacità dei collaboratori può risultare poco valorizzato. I Laboratori di Archimede,
ai quali sono stati affidati specifici compiti progettuali, orientati al miglioramento della qualità della
vita e del lavoro in azienda, vogliono rappresentare uno strumento volto a rafforzare il senso di
partecipazione e il coinvolgimento di tutte le risorse umane interne, dando spazio alle capacità
progettuali di ciascun partecipante, favorendo al contempo la coesione del personale
dipendente.
La vision elaborata propone un gruppo fortemente orientato alla qualità del prodotto e al
benessere delle persone; nella mission si esplicita inoltre la volontà di Granarolo di “essere, nel
mercato, portatore di una cultura etica d’impresa”18 e di indirizzare la gestione aziendale verso la
sostenibilità “riducendo gli impatti sull’ambiente e salvaguardando le risorse naturali, creando al
contempo valore per gli tutti attori del processo di filiera19”.
18
19
Mission, art. 3, Rapporto con il mercato.
Mission, art. 4, Rapporto con l’ambiente.
60
Il bilancio sociale del 1999, redatto secondo la metodologia proposta dall’Istituto europeo per il
Bilancio Sociale (IBS), presenta una forma più strutturata e organica rispetto all’edizione
precedente. Il documento comprende una descrizione iniziale dell’azienda, cui segue la
rendicontazione vera e propria riguardante la produzione e la distribuzione del valore prodotto
dall’impresa. La sfera degli stakeholders è stata allargata considerando non solo il rapporto con
consumatori e dipendenti, ma anche con fornitori e clienti. Inoltre, per elevare il livello di
completezza e trasparenza del rapporto, con il supporto di una società esterna specializzata in
ricerche e sondaggi, è stata realizzata un’indagine quali-quantitativa rivolta agli stakeholders e
finalizzata a valutare il loro grado di soddisfazione nei confronti dell’azienda.
Il bilancio sociale del 2000, pur seguendo la metodologia applicata nel precedente, presenta
come elemento di peculiarità l’introduzione, in previsione della prossima quotazione in borsa, di
una intera sezione dedicata alla posizione del gruppo nell’ambito della comunità finanziaria,
relativamente all’assetto azionario di Granarolo S.p.A., ai rapporti del gruppo con banche e istituti
di credito e al remote banking dell’azienda.
Proprio nel 2000, inoltre, il gruppo ha inteso rafforzare il proprio impegno in ambito sociale,
promuovendo progetti di sviluppo coerenti con la mission e la vision aziendale. A tale scopo sono
stati definiti il budget da destinare agli investimenti sociali, nonché i criteri in base ai quali
selezionare enti e organizzazioni con cui instaurare partnership efficaci. Granarolo ha partecipato
in prima linea a progetti riguardanti la salute, le emergenze sanitarie (importante in tal senso la
partnership con Medici Senza Frontiere, avviata nel 2000, attualmente ancora in corso) e
l’educazione alimentare nelle scuole; ha sostenuto inoltre manifestazioni ed eventi culturali e
sportivi, anche in qualità di sponsor. Il gruppo ha finanziato, infine, importanti progetti di
cooperazione internazionale nei Paesi in via di sviluppo.
È poi di cruciale importanza l’iniziativa che ha portato Granarolo e altre imprese (ATC, Camst,
Coopfond, Coop Adriatica, Conad, Scs Azioninnova) a costituire, nel 2001, l’associazione senza
scopo di lucro Impronta Etica, impegnata nella promozione della Responsabilità Sociale d’Impresa
presso le aziende. L’associazione si propone di creare un network che favorisca la comunicazione
tra le organizzazioni che considerano l’impegno sociale come parte essenziale della propria
missione, diffondendo le buone pratiche realizzate e rafforzando la presenza italiana all’interno
della rete CSR Europe.
Negli ultimi anni, alla luce delle molteplici esperienze maturate (risale al 2000 l’ottenimento della
prima certificazione ambientale ISO 14001 da parte dello stabilimento di Anzio) e degli impegni
assunti nei diversi ambiti della sostenibilità, è emersa l’esigenza di individuare una forma di
rendicontazione che integrasse le informazioni e le valutazioni fino a quel momento presentate
distintamente nel bilancio sociale e nel bilancio ambientale, mettendone in evidenza le
correlazioni e i comuni ambiti di sviluppo. Sulla base delle metodologie elaborate a livello
nazionale e internazionale (GBS e GRI), Granarolo ha redatto per il 2001 il primo bilancio di
sostenibilità del gruppo. Tale bilancio è articolato in due parti: la prima presenta la descrizione
delle caratteristiche strutturali dell’azienda, nonché dei valori e dei sistemi di governance aziendali;
la seconda invece espone la matrice rendicontiva vera e propria, con riferimento alle prestazioni
del gruppo in ambito economico, sociale e ambientale. Per ciascuno di questi ambiti sono stati
individuati indicatori specifici, dai quali è stata selezionata una lista sintetica di indicatori “chiave”.
Indicatori chiave utilizzati nel Bilancio di Sostenibilità 2001.
Indicatori Economico-Finanziari (Valori in Euro)
Ricavi vendite
485.817.341
Margine operativo lordo
34.068.610
Risultato operativo
9.047.986
Risultato ante imposte
-11.347.461
Utile o perdita
-9.872.123
Cash flow gestione
23.807.159
Investimenti
18.186.384
Indebitamento finanziario netto
-109.674.274
Indicatori Sociali
Variazione del personale (n° neo-assunti)
28
61
Crescita professionale (passaggi di livello/totale dipendenti)
11%
Formazione (n. dip coinvolti in azioni formative/totale dipendenti)
60,8%
Controlli qualità dei prodotti (n° analisi di laboratorio effettuate)
2.792.846
Dialogo con il consumatore (n° contatti: n°verde e posta elettronica)
12.500
Efficienza del servizio ai clienti (tempo max evasione consegne)
48 ore
Correttezza verso i fornitori (tempi medi di pagamenti fatture)
77 giorni
Partnership con i fornitori (premio fornitura latte di Alta Qualità)
40,38 lire/litro
Investimenti in iniziative di promozione della qualità sociale
346.000 euro
Sostegno alla comunità (totale contributi erogati ad enti no profit)
389.925 euro
Indicatori ambientali
Consumi di acqua (l di acqua/l di latte prodotto)
4,3
Consumi di energia elettrica (kWh /1.000 l di latte prodotto)
78,6
Consumi di metano (metri cubi/ l di latte prodotto)
18,2
Consumi olio combustibile (kg/1.000 l di latte prodotto)
1
N° siti produttivi con certificazione ambientale (% su totale siti)
40%
Fanghi recuperati (per agricoltura o compostaggio)
85,7%
Efficienza distributiva (l latte trasportato/ l di carburante)
152
Efficienza ambientale della distribuzione (automezzi con freon 134)
Fonte: Granarolo, Bilancio di Sostenibilità 2001
23,3%
La redazione del bilancio di sostenibilità è stata curata da un gruppo di lavoro interfunzionale,
composto da 11 dipendenti appartenenti a tutte le aree aziendali (dirigenti, quadri e impiegati),
che hanno descritto e valutato il piano dei conti e le politiche aziendali rivolte ai diversi
stakeholders. Mentre negli anni precedenti l’indagine di opinione era stata l’unico mezzo utilizzato
per ascoltare e raccogliere i suggerimenti dei propri interlocutori, nella redazione del bilancio di
sostenibilità del 2001 si è deciso di offrire maggiore spazio ai portatori di interesse, così da definirne
più accuratamente le aspettative e le percezioni riguardanti le politiche implementate dal gruppo
per la sostenibilità. A tale scopo è stato organizzato un workshop cui hanno preso parte
rappresentanti dei clienti, dei fornitori, della comunità locale, dei consumatori, della comunità
finanziaria, delle istituzioni e delle associazioni per la tutela ambientale. Ciascun gruppo di interesse
ha così avuto modo di mettere in luce le proprie priorità ed eventuali interventi migliorativi da
sviluppare.
Nella seconda metà del 2002, un nuovo gruppo di lavoro interfunzionale, costituito da 12
dipendenti, ha ricevuto dalla Direzione aziendale il compito di elaborare il primo Codice Etico di
Granarolo. Con tale strumento il gruppo intende formalizzare gli impegni adottati dall’azienda nei
confronti di tutti gli stakeholders, interni ed esterni, nel rispetto del “contratto sociale” stretto da
Granarolo con i suoi interlocutori. Il codice etico definisce i principi e le norme di comportamento
che devono essere assunte come riferimento da coloro che operano all’interno dell’azienda, per
garantire il rispetto dei valori e degli obiettivi individuati nella mission e nella vision. Per giungere al
varo del Codice Etico sono stati organizzati momenti di incontro con gli stakeholders interessati: in
particolare, per accogliere eventuali suggerimenti, nel corso del 2003, la prima bozza del
documento è stata sottoposta al giudizio di 100 dipendenti, organizzati in 10 gruppi di lavoro. La
pubblicazione definitiva del Codice Etico è prevista per il 2004.
Il bilancio di sostenibilità del 2002 rappresenta, infine, il consolidamento della strategia adottata
dall’azienda per la sostenibilità, frutto del dialogo con gli stakeholders e dell’integrazione di
obiettivi e strumenti. Rispetto al bilancio del 2001 hanno costituito elemento di continuità: la
metodologia utilizzata per la redazione del rapporto, che fa riferimento ai modelli GRI e GBS, e la
struttura editoriale articolata in due parti, la prima descrittiva e istituzionale, relativa all’identità
dell’azienda, la seconda prettamente rendicontativa. La lista degli indicatori chiave utilizzati nel
bilancio di sostenibilità del 2002 è stata ampliata rispetto a quella antecedente, soprattutto per ciò
che riguarda gli aspetti sociali; l’obiettivo è infatti fornire ogni anno un quadro di sintesi più
completo e organico, mediante il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di attori. La
62
tabella seguente illustra esclusivamente gli indicatori chiave affiancati a quelli già utilizzati in
precedenza.
Indicatori chiave utilizzati nel Bilancio di Sostenibilità 2002.
Indicatori economico-finanziari (valori in euro)
Fatturato per dipendente
512.367
Market share latte fresco a valori
30,5%
Indicatori sociali
Tasso di sindacalizzazione (iscritti a oo.ss/totale dipendenti)
62%
Livello retributivo (differenza tra minimo granarolo e minimo ccnl)
+10,7%
Incentivi qualità ai fornitori ( premio pagato per hl. Di latte biologico – euro)
9,30
Controlli qualità dei prodotti (n° analisi di laboratorio effettuate)
2.792.846
Applicazione dello standard SA 8000 (n° fornitori coinvolti)
230
Livello di soddisfazione globale dei clienti gdo
79,4%
Livello di soddisfazione dei clienti gdo sul prodotto
86,9%
Livello globale di soddisfazione dei punti di vendita
84,3%
Livello di soddisfazione dei punti di vendita sul prodotto
90,3%
Quantità di latte con certificazione di filiera e tracciabilità (ql.)
2.000.000
Fornitori coinvolti nella certificazione di filiera e tracciabilità
297
N° analisi di prodotto effettuate per la certificazione di filiera e tracciabilità
70.000
Controlli qualità dei prodotti (n° analisi di laboratorio effettuate)
2.816.905
Segnalazioni di difettosità dei prodotti (differenza % 2000-2002)
14%
N° medio mensile di visite al sito web istituzionale
11.792
Tempo medio di consegna dei premi della collection (n° giorni da ricevimento scheda)
29
Indice di utilizzo dei canali di dialogo diretto con banche e analisti (1-10)
8,5
Utile per azione (euro)
0,13
Roe
6,1%
Investimenti sociali/utile
14%
Liberalità vs. Onlus corrisposte dai dipendenti e raddoppiate dall’azienda (euro)
Fonte: Granarolo, Bilancio di Sostenibilità 2002.
25.092
Le novità introdotte nella redazione del bilancio di sostenibilità del 2002 riguardano, da una parte, il
perfezionamento delle procedure di raccolta dati, grazie anche alla presenza nel gruppo di lavoro
di un nuovo membro incaricato del coordinamento di tali procedure; dall’altra, l’introduzione di
una intera sezione dedicata agli strumenti messi a punto per il coinvolgimento degli stakeholders,
quali il sondaggio di opinione e il workshop finale.
Nell’ambito della propria strategia per la sostenibilità, Granarolo ha infatti rivolto particolare
attenzione alla comunicazione con i propri portatori di interesse, investendo energie e risorse per
garantire la partecipazione e l’ascolto non solo dei propri dipendenti, ma in generale di tutti i
destinatari delle proprie attività.
63
Gli stakeholders del gruppo Granarolo.
ONLUS
ASSOCIAZIONI
DI CATEGORIA
SISTEMA OPERATIVO
AZIENDE
CONTROLLATE
SCUOLE
CLIENTI
FORNITORI DI
SERVIZI
AZIONISTI
MASS MEDIA
DIPENDENTI
AMBIENTE
FORNITORI DI
PRODOTTI
CONSUMATORI
SINDACATI
BANCHE E
ISTITUTI DI
CREDITO
COMUNITA LOCALE
COMUNITA
SCIENTIFICA
PUBBLICA
AMMISNISTRAZIONE
ENTI DI
CERTIFICAZIONE E
REVISIONE
CONCORRENTI
Fonte: Granarolo, Bilancio di sostenibilità 2002.
In particolare, per quanto riguarda il rapporto con il personale dipendente, Granarolo si impegna
a garantire correttezza e trasparenza nella gestione delle risorse umane, promuovendo altresì la
crescita professionale dei propri collaboratori e la valorizzazione delle loro capacità e conoscenze.
Nel bilancio di sostenibilità 2002 la struttura e lo sviluppo delle risorse umane è analizzata nel
dettaglio, illustrando le politiche retributive applicate, la composizione (per età, sesso, anzianità e
qualifica) del personale dipendente, la durata e l’organizzazione dei tempi di lavoro, le azioni di
formazione e valorizzazione delle risorse umane.
Per rafforzare il coinvolgimento del personale alle attività e alle strategie adottate dall’azienda,
vengono utilizzati diversi strumenti di comunicazione e informazione: mensilmente viene distribuito
un giornale interno che, oltre a illustrare le principali novità del mese, offre anche la possibilità ai
dipendenti di esprimere critiche e suggerimenti in merito alle attività lavorative; inoltre,
annualmente, vengono organizzati incontri e convenction per presentare le iniziative e i progetti
della direzione, in riferimento al bilancio consuntivo e preventivo.
Molto importante risulta l’impegno formativo assunto dall’azienda nei confronti delle risorse umane
interne, che prevede corsi interaziendali, convegni e corsi di formazione esterni, nonché attività di
formazione specifiche nell’ambito di progetti aziendali, come ad esempio l’adozione di un sistema
di gestione ambientale o l’adeguamento allo standard SA 8000.
Granarolo, inoltre, istituisce benefits aziendali in favore dei propri dipendenti, che includono il
servizio mensa e l’accesso a circoli sportivi, ricreativi e culturali che offrono ai collaboratori
aziendali e ai loro familiari diversi servizi (organizzazione di eventi sportivi e di gite turistiche,
locazione di appartamenti al mare, distribuzione di abbonamenti teatrali, contributi ad associazioni
con finalità umanitarie).
Con i propri fornitori Granarolo si pone l’obiettivo primario di sviluppare rapporti basati sulla qualità
dei prodotti e dei servizi e su un equa remunerazione dei conferimenti. I fornitori del gruppo si
distinguono in fornitori di: materie prime, materie e servizi secondari, materie sussidiarie, servizi
logistici e prodotti finiti. Per la fornitura di latte, i fornitori si dividono in: aderenti al Consorzio
Granlatte e produttori , italiani e stranieri, che non appartengono al Consorzio. Rispetto a Granlatte
l’obiettivo è consolidare i livelli, già elevati, di qualità del prodotto e di estendere il più possibile i
meccanismi di tracciabilità del prodotto già realizzati e certificati per la materia prima di Alta
Qualità e biologica; con i non soci Granlatte e con i fornitori dei prodotti finiti si intende instaurare
una forma di collaborazione continuativa nel tempo, valutando la possibilità di avviare specifici
progetti di ricerca e innovazione.
64
I clienti di Granarolo possono essere classificati in: normal trade (piccole latterie, panifici,
alimentari), GD e DO (grande distribuzione e distribuzione organizzata) e, in misura minore, aziende
di catering, enti pubblici e consumatori diretti (bar, pasticcerie, gelaterie). Con i consumatori diretti
e il normal trade il gruppo mira a consolidare un rapporto basato sulla fiducia, sulla stabilità e sulla
flessibilità. Con la grande distribuzione, invece, l’obiettivo è ottimizzare la rete logistica, riducendo i
tempi di consegna e allungando al contempo la vita residua dei prodotti. In quest’ottica, la
disponibilità al dialogo rappresenta un aspetto cruciale per la gestione della clientela: per la
risoluzione di qualsiasi problema, alla prima categoria di clienti, Granarolo offre un supporto
telefonico gestito da personale specializzato mentre, per la grande distribuzione, fanno da
riferimento gli accordi nazionali e gli eventuali contratti territoriali locali. Nel 2002, Granarolo ha
condotto un’indagine di Customer Satisfaction rivolta a 500 clienti GDO, sparsi su tutto il territorio
nazionale, e relativa a 20 indicatori di soddisfazione, che ha fornito un quadro positivo del rapporto
instaurato con i clienti.
Nei confronti dei consumatori Granarolo si propone di fidelizzare i rapporti attuali, acquisendo
nuovi bacini di utenza con prodotti innovativi e una comunicazione mirata. La certificazione di
qualità, il sistema di etichettatura, la gestione dei reclami sono strumenti efficaci per offrire
garanzie di sicurezza e qualità ai consumatori. Granarolo è la prima e unica azienda in Europa in
grado di immettere sul mercato 200 milioni di litri di latte conformi a due standard: la certificazione
del sistema di rintracciabilità nella filiera e la certificazione di filiera agroalimentare controllata. Il
progetto di certificazione ha coinvolto 297 aziende agricole, 298 fornitori di mangimi, 14
cooperative, 56 operatori della raccolta e 8 stabilimenti produttivi e 28 ditte di autotrasporto.
L’impegno nella formulazione di prodotti innovativi nel settore lattiero-caseario trova invece
conferma nei numerosi riconoscimenti ottenuti da Granarolo nel campo della ricerca, a partire dal
1997: in particolare, nel 2002, il gruppo è stato premiato da Databank20 come azienda innovativa
nel mercato degli alimenti biologici.
Significativo inoltre, in campo ambientale, l’impegno assunto per ridurre l’uso degli imballaggi dei
prodotti finali: sono stati eliminati la doppia carta delle mozzarelle e i cartoni di yogurt e del latte
UHT, mentre per gli imballi di alcuni prodotti caseari è stata ridotta la quantità di carta e utilizzata.
Gli interventi sono stati definiti sulla base di attività di ricerca e analisi realizzate a partire dal 1999 e
sviluppate in seguito anche nell’ambito del percorso di certificazione ISO 1400o. In principio, in
collaborazione con Coop Italia, Granarolo ha avviato uno studio finalizzato alla valutazione degli
impatti ambientali derivanti dal confezionamento del latte UHT con tetrabrik asettico; al termine
del 2000, tale studio è proseguito con la valutazione del ciclo di vita del prodotto (Life Cycle
Assessment) con lo scopo di mettere a confronto la compatibilità ambientale di un contenitore per
latte realizzato in PET e uno realizzato in Tetrarex.
Il dialogo con i consumatori rappresenta una priorità nella strategia imprenditoriale di Granarolo e
per questo motivo l’azienda si è dotata da tempo di una serie di strumenti volti a garantire un
rapporto diretto e immediato. Da oltre 10 anni, i consumatori hanno a disposizione un numero
verde che, ancora oggi, risulta il principale canale di comunicazione; ad esso è stato affiancato il
sito internet www.granarolo.it, con un indirizzo di posta elettronica dedicato ai consumatori. Tutte le
attività di ascolto sono gestite e coordinate dall’Ufficio Consumatori, appositamente creato. Il sito
web di Granarolo è stato ritenuto da Databank il migliore della categoria latte, panna e burro, in
funzione non solo della comunicazione istituzionale, ma anche delle attività di e-commerce.
Nei rapporti con il mondo finanziario Granarolo intende garantire trasparenza nella gestione delle
informazioni e tempestività nella divulgazione: sebbene non esistano obblighi di legge specifici, il
gruppo fornisce relazioni trimestrali e semestrali secondo i termini previsti per le società quotate. Il
dialogo con la comunità finanziaria deve fondarsi su un’attività continuativa, basata sulla
predisposizione di strumenti di lavoro chiari ed efficaci (report, database finanziari, comunicati
stampa, sito internet) e sull’aggiornamento periodico dei contenuti. È significativo a riguardo il
conseguimento, nel 2001, dell’Oscar di Bilancio, per la categoria delle società non quotate, che
dimostra l’impegno assunto da Granarolo nelle attività di rendicontazione .
Non bisogna dimenticare, inoltre, che gli sforzi sostenuti da Granarolo sono stati premiati, lo scorso
anno, con la menzione d’onore dell’Oscar di Bilancio, ricevuta per il bilancio di sostenibilità del
20
Multinazionale specializzata nel reporting analitico di settore.
65
2002: la motivazione di tale riconoscimento fa riferimento alla “pervasività di governo e gestione
della Corporate Social Responsibility” e al “grande impegno nel dialogo con gli stakeholders e alla
completezza del rendiconto di performance”21.
5.1.2 il Sistema Coop
L’identità dell’impresa
L’esperienza di Coop inizia alla fine degli anni ’50, inserendosi nell’articolato mondo delle
cooperative.
Nel 1957 nasce l’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori, quale organo di
coordinamento per le numerose cooperative sorte sul territorio nazionale a partire dal primo
dopoguerra. Le prime Cooperative di Consumatori in Italia si erano costituite fin dalla seconda
metà dell’Ottocento, per diffondersi in maniera considerevole soprattutto nel corso del primo
Novecento; è tuttavia con la caduta del regime fascista (che ne aveva fortemente ostacolato lo
sviluppo) che il movimento cooperativo conosce un importante momento di crescita, mostrandosi
come un efficace strumento per la ricostruzione dell’economia nazionale.
Agli inizi degli anni sessanta, la costituzione di un consistente numero di cooperative ha portato alla
formazione di organismi più ampi, nonché all’identificazione di un vero e proprio logo Coop. In
particolare, l’allargamento dell’apparato cooperativo ha messo in luce l’esigenza di individuare
specifiche strutture di coordinamento: nel 1967, a fianco all’Associazione Nazionale Cooperative di
Consumatori,
incaricata
di
garantire
alle
cooperative
condizioni
favorevoli
nell’approvvigionamento delle merci, viene costituita Coop Italia, in qualità di Consorzio Nazionale
d’Acquisto delle Cooperative di Consumatori, con il compito di gestire i magazzini, le attività di
marketing e di formazione del personale.
La centralizzazione degli acquisti ha rafforzato la capacità contrattuale delle cooperative nei
confronti dei fornitori e la definizione di tale sistema centralizzato ha consentito al movimento
cooperativo di competere con la grande distribuzione privata. In seguito, per potenziare
l’efficienza delle strutture logistiche, alcune funzioni operative sono state nuovamente decentrate
alle singole cooperative mediante un profondo processo di ristrutturazione che ha posto le basi per
la nascita, negli anni ’80, dei primi Ipermercati e per la successiva affermazione, nel corso degli
anni ’90, dei grandi centri commerciali.
Oggi le Cooperative di Consumatori contano oltre 5 milioni di soci iscritti (2003); ciascuna aderisce
a livello nazionale all’Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori (ANCC/COOP) e, a
livello locale, alle Associazioni distrettuali e regionali. Da un punto di vista commerciale e strutturale
il sistema Coop si basa sul coordinamento dei consorzi nazionali della Cooperazione di
Consumatori e include:
" la Coop Italia, il consorzio nazionale d’acquisto delle cooperative, che funge da centrale di
marketing dell’intero sistema, con una struttura dedicata agli acquisti e una ai prodotti a
marchio Coop;
" il Consorzio Nazionale Non Alimentari (CNNA), che dal 2000 rappresenta la Centrale Logistica
Nazionale per i beni non alimentari, con attività fortemente integrate ai processi di marketing;
" l’Istituto Nazionale Consulenza, Progettazione, Ingegneria (Inres), che offre assistenza per gli
acquisti collettivi e la progettazione immobiliare e mobiliare dei punti vendita;
" le grandi cooperative, complesse strutture organizzative e aziendali, operanti su territori
regionali e interregionali;
" le medie e piccole cooperative, aziende di dimensioni ridotte, che gestiscono un numero
limitato di punti di vendita medio-piccoli locali.
Nel 2003, il sistema imprenditoriale Coop risulta costituito da 175 cooperative, delle quali 9 grandi
cooperative, per quasi 50.000 addetti.
Tale sistema si basa su una articolata rete di centri vendita, caratterizzati da differenti dimensioni e
tipologie: Ipermercati Ipercoop, Supermercati Coop, Minimercati Coop e InCoop, Discount Dico.
La movimentazione e il rifornimento delle merci delle Cooperative di Consumatori è garantito dal
circuito logistico dei Centri di Distribuzione. Complessivamente a fine 2003 risultano attivi 1.280 punti
21
Ferpi (2003).
66
vendita, per un’area totale pari a 1.320.000 m2 e vendite lorde complessivamente superiori agli 11
miliardi di euro nell’ultimo anno.
La struttura organizzativa risponde a tre esigenze fondamentali: potenziare le singole cooperative,
elaborare una strategia gestionale unitaria e garantire la tutela dei valori cooperativi. Tali valori
fanno riferimento ai principi ispiratori della Cooperazione che si caratterizza per il fine prettamente
mutualistico e l’assoluta democrazia nella gestione dell’impresa, secondo il principio “un socio – un
voto”, che garantisce a tutti i soci uguali diritti e medesimi obblighi.
I principi ispiratori della cooperazione (il disinteresse personale, la solidarietà, la democrazia)
aprono quindi la strada a una gestione fortemente orientata alle responsabilità sociale
dell’impresa.
COOPERATIVE
SOCI 2001 SOCI 2002
Grandi Cooperative
Firenze
798.098
844.476
Adriatica
628.697
691.085
Lombardia
496.593
559.792
Toscana Lazio
477.540
508.251
Nordest
402.099
419.990
Estense
400.052
423.406
Novacoop
388.764
411.770
Liguria
327.572
364.057
Centro italia
295.646
318.192
Totale Grandi Cooperative 4.215.061
4.541.019
Medie Cooperative
274.893
296.422
Piccole Cooperative
202.082
181.850
TOTALE
4.691.000
5.019.291
Fonte: Il Bilancio Sociale Cooperativo, 2002
La responsabilità sociale di COOP
La politica sociale delle cooperative di consumatori trova il suo primo fondamento nei principi e
negli obiettivi esplicitati negli statuti delle cooperative, che delineano una missione sociale
orientata a:
- rappresentare gli interessi e i valori dei soci e garantire la partecipazione democratica alla
vita della Cooperativa;
- tutelare e rappresentare i diritti dei consumatori, difenderne gli interessi economici, la salute e
la sicurezza, salvaguardare l’ambiente che li circonda;
- offrire la massima qualità e il miglior servizio al minore prezzo possibile sul mercato.
Nel 1997, l’Assemblea Nazionale dei Consigli di Amministrazione delle Cooperative di Consumatori
ha approvato la Carta dei Valori delle cooperative, ispirata ai principi enunciati dalla
Dichiarazione di identità cooperativa del Congresso dell’Alleanza Cooperativa Internazionale
(Manchester, 1995). La Carta dei Valori riconosce che “le Coop sono dei soci”, attribuendo così un
ruolo cruciale a tutti gli strumenti che possono essere utilizzati per garantire trasparenza e
partecipazione: la missione e i valori delle cooperative devono quindi trovare risposte concrete
nelle politiche gestionali e organizzative adottate.
Da dodici anni il sistema Coop e le nove Grandi Cooperative che ne fanno parte redigono il
bilancio sociale, nella consapevolezza che il solo bilancio economico non fornisce le informazioni
necessarie per verificare il conseguimento degli obiettivi cooperativi. In particolare, tale
consapevolezza ha portato alcuni soggetti a impegnarsi concretamente nella revisione e
nell’aggiornamento degli strumenti utilizzati per la rendicontazione sociale:
- Coop Nordest e Coop Adriatica hanno preso parte al tavolo di lavoro Q-res;
- Coop Adriatica ha redatto il bilancio di sostenibilità, presentando non solo dati consuntivi ma
anche un preventivo di sostenibilità;
- Coop Estense integra in un unico documento il bilancio sociale con il bilancio civilistico;
- Coop Tevere è giunta alla terza edizione del bilancio sociale preventivo, come strumento di
garanzia della capacità della cooperativa di tener fede agli impegni presi.
67
Il bilancio sociale del sistema Coop descrive il rapporto delle cooperative con i propri stakeholders:
i soci, i consumatori, i dipendenti, la società civile e non da ultimo il movimento cooperativo.
La Carta dei Valori stabilisce che “i soci vengono informati sull’andamento della cooperativa e le
loro critiche o le proposte vengono prese in considerazione”: è necessario garantire quindi
efficienti organismi di rappresentanza, nonché numerosi momenti destinati alla partecipazione. Per
questo motivo nel bilancio sociale sono accuratamente riportati i dati relativi alle assemblee
tenutesi nel corso di ciascun anno, per ogni grande cooperativa, e il numero di soci che vi hanno
preso parte. Durante le riunioni i soci sono chiamati a discutere del bilancio preventivo e
consuntivo, in taluni casi anche di eventuali cambiamenti da introdurre negli statuti.
Nel corso degli anni, oltre alle assemblee, sono state organizzate diverse iniziative finalizzate alla
condivisione delle decisioni e al coinvolgimento dei soci nella gestione delle cooperative, tra
queste: il progetto Approvato dai Soci e il Progetto Ascolto.
Il primo ha visto la partecipazione delle Cooperative più grandi, con i loro punti vendita e i Centri di
educazione al consumo, dove i prodotti a marchio Coop sono stati sottoposti al giudizio dei soci,
per valutarne il gradimento. Il prodotto testato ottiene il riconoscimento “Approvato dai Soci” (da
riportare su tutte le confezioni) solo se soddisfa gli standard richiesti, in caso contrario viene avviato
un processo di miglioramento del prodotto che, nei casi più gravi, può essere ritirato dalla vendita.
Fino a dicembre 2002, con il coinvolgimento di oltre 32 mila soci, sono stati approvati 198 prodotti
(di questi 46 erano di nuovo inserimento nella vendita), l’85% di quelli testati.
Il Progetto Ascolto ha invece come obiettivo principale la raccolta di tutte le informazioni, i
reclami, o i suggerimenti espressi dai soci riguardo ai prodotti a marchio Coop, al fine di consentire
una efficace comunicazione tra le cooperative e i consumatori e di costruire una banca dati per
la rendicontazione ai diversi organi gestionali.
Il principale strumento di informazione e comunicazione con la base sociale è comunque
rappresentato dal periodico che ogni cooperativa invia ai propri soci (in alcuni casi anche via email), sebbene alcune Grandi Cooperative abbiano affiancato alla rivista altri strumenti di
comunicazione. Appaiono particolarmente interessanti le esperienze relative a RadioCoop (Coop
Toscana Lazio), in onda all’interno dei negozi, al portale www.e-coop.it, con informazioni notizie e
iniziative riguardanti tutte le maggiori cooperative, e alla striscia televisiva Coop news (Coop
Toscana Lazio), che ha consentito il raggiungimento di un pubblico molto vasto.
Dal punto di vista economico, i soci godono di sconti e convenzioni su prodotti, cinema, teatri,
mostre ed eventi culturali; negli ultimi anni sono stati creati pacchetti turistici riservati ai soci,
realizzati da agenzie di viaggio controllate o convenzionate con Coop. In tutte le maggiori
cooperative, infine, in esclusiva per i soci, sono attivi il prestito sociale e l’offerta di prodotti e servizi
assicurativi e finanziari, gestiti da società specializzate.
“La Coop opera per rappresentare gli interessi dei consumatori nel mercato e nella società”22: tale
principio si traduce, da una parte, nel garantire la qualità e la sicurezza dei propri prodotti,
dall’altra, nella realizzazione di attività concrete finalizzate alla diffusione di modelli di consumo
consapevole nonché alla diminuzione degli impatti ambientali legati ai processi di produzione e
marketing.
La prima grande campagna di sensibilizzazione promossa da Coop risale al 1976 e riguardava la
riduzione dell’uso di coloranti negli alimenti, immediatamente seguita da quella finalizzata
all’abolizione di alcuni additivi, condotta tra il 1978 e il 1980.
Coop è la prima catena distributiva ad aver certificato un Sistema di Qualità secondo lo standard
ISO 9001, per i processi di progettazione, controllo e miglioramento dei prodotti del proprio
marchio, nonché per i processi di valutazione, validazione e controllo dei relativi fornitori.
Per tali prodotti, a fianco alla certificazione di qualità è stato avviato il Progetto Qualità che
prevede ispezioni e controlli sui fornitori, volti a verificare l’osservanza delle norme legislative e
igienico–sanitarie. Per migliorare le procedure di lavoro nei reparti vendita, sono state perfezionate
le modalità igieniche di lavorazione e conservazione delle merci, nonché di sanificazione dei
reparti; sono stati definiti, inoltre, diversi strumenti per la formazione degli addetti impegnati nei
punti vendita.
Per quanto riguarda i prodotti alimentari a marchio Coop, particolare attenzione è stata dedicata
al controllo di tutta la filiera relativa alle linee di produzione integrata e biologica, nonché alla
22
Dalla Carta dei Valori Coop.
68
certificazione dell’assenza di Organismi Geneticamente Modificati (OGM) nei prodotti finiti e
nell’alimentazione degli animali d’allevamento e degli avicoli speciali (tacchino, faraona,
grangallo, livornese, cappone): Coop paga agli allevatori una maggiorazione sul prezzo di
mercato, come riconoscimento dei maggiori costi derivanti dall’utilizzo di mangimi privi di OGM.
Per il controllo diretto dei propri prodotti, Coop Italia ha creato un proprio laboratorio, accreditato
S.I.N.A.L. (Sistema Nazionale di Accreditamento Laboratori); tale laboratorio opera nell’ambito di
tre specifiche aree strategiche:
- la biologia molecolare, per accertare l’eventuale presenza di OGM negli alimenti a marchio
Coop;
- la valutazione sensoriale dei prodotti, per testarne il sapore, il colore, l’odore, la consistenza,
confrontandoli con quelli della concorrenza;
- l’analisi microbiologica dei prodotti freschi.
Va ricordato inoltre che, grazie alla collaborazione instaurata con l’Associazione Italiana Celiachia,
particolare riguardo è stato riservato alla fornitura di prodotti alimentari destinati a coloro che
devono seguire una dieta senza glutine.
Coop intende contribuire alla promozione di modelli di consumo razionali e consapevoli, mediante
la promozione di svariate iniziative nell’ambito dell’educazione e dell’informazione. A tale scopo
sono stati costituiti 46 Centri di educazione al consumo consapevole che hanno avviato una
efficace collaborazione con il mondo della scuola: da oltre venti anni prosegue il progetto di
educazione al consumo consapevole che ha visto il coinvolgimento di oltre 1.300.000 ragazzi e
centinaia di insegnanti. Sono state condotte azioni educative finalizzate a stimolare la capacità
personale di recepire criticamente i messaggi pubblicitari e l’offerta di merci, sulla base delle
proprie esperienze e necessità. L’offerta educativa proposta da Coop è organizzata in cinque
aree tematiche: alimentazione, ambiente, comunicazione, educazione alla mondialità,
cooperazione e cittadinanza. Una interessante peculiarità è che tali attività sono realizzate anche
all’interno degli stessi punti vendita, utilizzati quindi come laboratori per l’educazione ai consumi.
Per l’anno scolastico 2000-2001, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, è stato avviato il
concorso Pensa a cosa mangi, rivolto alle scuole medie inferiori e ai bienni delle scuole superiori,
con l’obiettivo di giungere all’elaborazione di un manifesto riguardante l’alimentazione sicura e i
consumi corretti. Hanno aderito al concorso 3.218 classi, per un totale di 2.800 bozzetti presentati:
cento manifesti sono stati selezionati e con questi è stata allestita una mostra esposta in varie città
italiane.
Nei centri di educazione e nei punti vendita le Grandi Cooperative organizzano percorsi e
laboratori formativi non solo per le scuole: tutte le maggiori cooperative promuovono infatti corsi,
conferenze e seminari di ricerca e formazione, ma anche mostre, rassegne e concorsi su
tematiche riguardanti la cooperazione, la cultura e la sicurezza alimentare, il consumo critico e
responsabile.
La Coop si impegna a promuovere forme di produzione e consumo compatibili con l’ambiente,
avviando adeguate politiche di prodotto sulla linea a marchio Coop.
Gli imballaggi dei prodotti sono selezionati con l’obiettivo di ridurre il peso e il volume degli imballi,
diffondere l’uso di ricariche e massimizzare l’impiego di materiali riciclati o a basso impatto
ambientale. Alcuni degli interventi effettuati riguardano:
- la progressiva diminuzione del film PVC per gli imballaggi;
- la diminuzione dell’utilizzo di alluminio (sostituito da cartoncino laminato con poliestere) per le
vaschette da alimenti;
- l’introduzione di ricariche flosce (ad esempio per detersivi, saponi liquidi, ecc.);
- la diffusione di contenitori compostabili-riciclabili per le uova biologiche;
- l’eliminazione degli astucci del dentifricio, diminuendo l’uso di cartoncino di circa 8,7 tonnellate;
- l’abolizione dell’astuccio della maionese, con un risparmio di 29,5 tonnellate di materiale;
- la sostituzione dell’avvolgente nella linea del caffè multipack, riducendo la quantità di plastica
utilizzata per l’imballaggio di circa 9,1 tonnellate.
Diversi prodotti a marchio Coop (carta igienica, carta casa, fazzoletti e tovaglioli di carta, risme di
carta da ufficio, pastiglie per lavastoviglie, prodotti detergenti multiuso, per pavimenti e piastrelle,
detersivi per i piatti) hanno inoltre ottenuto l’etichetta europea Ecolabel che, sulla base del
Regolamento UE n.1980/2000, ne certifica il basso impatto ambientale.
69
Per quanto riguarda i prodotti della pesca, la Coop ha aderito ai progetti Friend of the Sea e
Dolphin Safe, promossi dall’associazione americana Earth Island Institute. Il primo ha lo scopo di
promuovere forme di pesca ecologicamente e socialmente sostenibili, definendo precisi criteri di
comportamento: la Coop ha chiesto alle aziende fornitrici di sottoscrivere una dichiarazione di
conformità a tali requisiti. La Coop è inoltre l’unica catena distributiva italiana a essere stata
inserita nell’elenco ufficiale Dolphin Safe, che, nell’ambito della filiera produttiva del tonno in
scatola, garantisce la tutela dei branchi di delfini, spesso erroneamente uccisi durante le attività di
pesca dei tonni.
Per quanto riguarda la progettazione delle strutture di vendita e la gestione degli impianti e delle
attrezzature, Coop è la prima catena di grande distribuzione che ha aderito al programma della
Commissione Europea Greenlight, per la riduzione dei consumi energetici derivanti
dall’illuminazione. Grazie all’impiego di lampade fluorescenti compatte con alimentatore
elettronico, due ipermercati hanno ottenuto il riconoscimento Greenlight, che garantisce il
raggiungimento di standard elevati di qualità e risparmio energetico.
L’impegno assunto per la tutela dell’ambiente e della salute dell’uomo si è concretizzato anche
con la partecipazione di Coop a importanti campagne di sensibilizzazione, tra le quali si ricordano:
la campagna “bianco il bucato, azzurro il mare”, per la riduzione dei composti del fosforo
contenuti nei detersivi; il progetto internazionale “c’è uno strappo nel cielo: fermiamolo!”,
finalizzato a informare i consumatori sui composti che causano la distruzione dell’ozono negli strati
alti dell’atmosfera; o anche la campagna per la regolamentazione dell’uso dei pesticidi in
agricoltura, che ha portato all’introduzione di una linea di prodotti coltivati con sistemi di lotta
integrata e lotta biologica, con il marchio Coop “Prodotti con Amore”.
“La Coop ritiene il lavoro uno degli elementi fondamentali della impresa cooperativa”23 e la
politica di gestione delle risorse umane è orientata al rispetto delle pari opportunità, alla
valorizzazione del personale dipendente e alla flessibilità degli orari di lavoro. Nel bilancio sociale
del 2002 sono riportati alcuni dati significativi: nel 2002, i dipendenti sono aumentati di quasi 2.900
unità rispetto all’anno precedente e la presenza femminile all’interno delle cooperative risulta
decisamente rilevante, con oltre il 64% dei dipendenti donne; i lavoratori assunti a tempo
determinato sono circa il 12%, mentre quelli con contratto di formazione e lavoro superano di poco
il 4%; i lavoratori a tempo parziale sono circa il 42%. Tutte le Grandi Cooperative investono nella
formazione del personale dipendente, in particolare dei neoassunti, organizzando diversi corsi di
formazione per fornire le competenze tecniche richieste, ma anche una conoscenza generale
delle specificità del sistema cooperativo e delle relative politiche di gestione e vendita.
Nel 1998 Coop Italia è stata la prima azienda europea ad aver ottenuto la certificazione etica
secondo lo standard SA 8000; all’inizio del 2002, scaduti i primi tre anni, è stata effettuata una
accurata verifica dei requisiti richiesti terminata con il rinnovo di tale certificazione. Inizialmente il
progetto ha coinvolto solo i fornitori dei prodotti a marchio Coop (circa 300), ma attualmente è
stato esteso a tutti i 3.000 fornitori che, da ogni parte del mondo, forniscono i prodotti alimentari e
non alimentari alle cooperative. Per quanto riguarda le attività di controllo sono state realizzate 29
ispezioni, di cui 23 in Italia e 6 all’estero; particolare attenzione è stata dedicata alle filiere più
critiche (banane Ecuador, banane Costarica, complementi pile ricaricabili Cina), per il controllo
delle quali sono state avviate efficaci collaborazioni con ONG e organizzazioni sindacali locali.
Nel 2001, Coop Italia ha ricevuto il premio Corporate Conscience Award, come migliore azienda a
livello mondiale impegnata nel garantire condizioni e ambienti di lavoro che rispettino i diritti
dell’uomo e dei lavoratori.
In ambito sociale la Coop è da tempo impegnata nel sostegno e nel finanziamento di diverse
iniziative a livello locale, nazionale e internazionale.
Innanzitutto Coop Italia contribuisce con un proprio fondo di beneficenza al sistema di fondi di
solidarietà The Children’s Education and Sociale Welfare Trust Fund, istituito da Intergroup Far East
Ltd.24 per finanziare progetti educativi in zone particolarmente disagiate dell’Asia: i quattro progetti
in corso riguardano in particolare l’India, il Bangladesh, la Cina e il Vietnam.
Coop, Carta dei Valori.
L’Intergroup Far East Ltd. è la Centrale di Acquisti extra-alimentari al servizio delle Cooperative Europee per
l’attività in Estremo Oriente.
23
24
70
Tutte le Grandi Cooperative hanno avviato iniziative sociali e progetti di solidarietà sul territorio
locale o nei Paesi in via di sviluppo (adozioni a distanza, la scolarizzazione e il miglioramento delle
condizioni sanitarie); alcune Cooperative hanno inoltre sostenuto e collaborato con diverse
associazioni no-profit, tra le quali Emergency e Medici Senza Frontiere. Nell’ambito delle
numerosissime esperienze realizzate risultano particolarmente interessanti quelle sviluppate con il
diretto coinvolgimento dei soci: tra queste ad esempio il progetto Ausilio spesa di Coop Adriatica
che, grazie alla partecipazione di soci volontari, ha garantito la consegna della spesa a domicilio
a persone anziane, in difficoltà e non autosufficienti; oppure la raccolta di fondi realizzata dai soci
di Coop Nordest mediante il sistema dei punti spesa, che ha portato, con la collaborazione di
associazioni di volontariato locale, al finanziamento di diversi “progetti di sostegno alle persone”
nella realtà locale.
Molto importanti risultano gli impegni assunti per promuovere la comunicazione interculturale
orientata all’accoglienza: in questo ambito sono state organizzate campagne di informazione sul
lavoro minorile, il turismo sessuale e i diritti dell’infanzia, nonché momenti ludici e di coinvolgimento,
realizzati anche in collaborazione con le scuole dell’obbligo.
È importante ricordare a questo riguardo che Coop è stata la prima catena italiana di
supermercati a recepire l’esperienza del Commercio equo e solidale, facendola propria. Il primo
prodotto venduto con il marchio “Per la Solidarietà”, certificato da Transfair25, è stato il caffè nel
1995, cui sono seguiti il tè, il miele, il cacao, le barrette di cioccolata e il succo d’arancia. I prodotti
certificati TransFair oggi costituiscono la linea Solidal Coop, che garantisce rapporti commerciali
diretti con gruppi di piccoli imprenditori del Sud del mondo, al fine di evitare intermediazioni
speculative e di offrire a tali soggetti opportunità di sviluppo autonomo. Nel primo anno le
confezioni vendute erano 230 mila, nel 2002 sono state più di 500 mila.
La distribuzione di prodotti equi e solidali è stata estesa anche al comparto non alimentare con
l’iniziativa Pallone etico, lanciata nel 1998 e finalizzata alla commercializzazione di palloni da calcio
non confezionati da bambini. L’iniziativa ha preso vita proprio per informare riguardo allo
sfruttamento, nei Paesi asiatici, di circa 20.000 bambini coinvolti nella produzione dei palloni da
calcio e di altri prodotti.
PRODOTTI
Miele 500 g
Tavoletta di Cioccolato al latte 100 g
Tavoletta di Cioccolato fondente 60% 100 g
Ovetti di cioccolato al latte
Cioccolatini ripieni assortiti 200 g
Caffè 100% Arabica 250 g
Cacao in polvere 75 g
Tea in filtri 20/35 g
Uovo di cioccolato al latte 220 g
Uovo di cioccolato fondente 230 g
Succo d’arancia 100% 1 lt
Zucchero di canna bio 500 g
Banane
Pallone da calcio
Pallone da calcetto, volley, beach volley
Fonte: Il Bilancio Sociale Cooperativo, 2002
AREA PROVENIENZA
Messico- Guatemala
America Centrale
America Centrale
America Centrale
America Centrale
America Centrale
Rep. Domenicana
India
America Centrale
America Centrale
Brasile
Perù
Ecuador
Pakistan
Pakistan
GAMMA
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Nuova
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Nuova
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Ex marchio “Per la Solidarietà”
Nuova
Nuova
Nuova
Nuova
Nel bilancio sociale viene infine esplicitato l’impegno concreto assunto dalle cooperative per
sostenere la promozione di nuove forme imprenditoriali di cooperazione: le cooperative hanno
versato il 3% degli utili (come previsto dalla legge istitutiva 59/73) al patrimonio di Coopfond, il
Fondo Mutualistico di Legacoop. Il fondo di promozione cooperativo nasce con lo scopo di
sostenere la nascita di imprese cooperative, per creare nuove opportunità di lavoro, favorendo lo
Associazione senza scopo di lucro, facente parte della FLO (Fairtrade Labelling Organizations International),
l’organizzazione internazionale di certificazione che coordina i marchi di garanzia del Commercio Equo e
Solidale nel mondo.
25
71
sviluppo di attività economiche in aree depresse, in Italia e nel mondo, e l’incentivazione di
iniziative innovative.
5.1.3 Monte dei Paschi di Siena
Il precorso e gli strumenti
1998
•
La Banca, per prima tra le aziende di credito italiane, sottoscrive la Dichiarazione per la finanza
sostenibile UNEP-FI (United Nations Environment Programme – Finance Iniziative)
1999
•
Banca MPS e INCA (Istituto Nazionale di Credito Agrario, oggi MPS Bancaverde) organizzano un
convegno sul tema “Lo sviluppo eco-compatibile visto come opportunità di crescita economica e
sociale”, Siena, 29 ottobre.
2000
•
Il Consiglio di Amministrazione definisce la “Carta dei Valori” del Gruppo MPS.
2001
•
Costituzione, nell’ambito del Corporate Center, del Settore Politiche Ambientali.
•
Pubblicazione del Bilancio Sociale 2000 e del Rapporto Ambientale 2000.
•
La MPS Asset Management SGR immette nel mercato i fondi etici Ducato Civita (oggi Ducato Etico
Civita) e Ducato Ambiente (oggi Ducato Etico Globale).
•
Insediamento dell’Advisory Board, comitato esterno di esperti in campo economico e scientifico.
•
Convegno su “Finanza, sviluppo sostenibile e Corporate Responsibility, Siena, 22 novembre.
•
La controllata INCA cambia denominazione in MPS Bancaverde S.p.A. e assume la funzione di
strumento attuativo delle politiche del Gruppo per lo sviluppo sostenibile e la protezione
dell’ambiente.
2002
•
Ottenimento della Certificazione di Qualità secondo la Norma UNI EN ISO 9001.
•
Convegno su “Fondi etici: tutela dell’ambiente e redditività degli investimenti”, Milano, 24 aprile.
•
La Banca aderisce ai nove principi del Global Compact.
•
La Banca sottoscrive la Dichiarazione sul tema “Finanza e sviluppo sostenibile”, presentata, in seno al
WBCSD (World Business Council for Sustainable Development), al Summit Mondiale sullo Sviluppo
Sostenibile (Johannesburg).
•
La Banca viene inserita nell’indice mondiale di sostenibilità Dow Jones Sustainability Index.
•
Pubblicazione del Bilancio Socio-Ambientale 2001, cui la giuria del concorso “Oscar di Bilancio e della
Comunicazione Finanziaria 2002” ha assegnato il Premio Speciale “Bilancio della Sostenibilità Grandi
Organizzazioni”.
•
Il Consiglio di Amministrazione approva il documento di Politica Ambientale.
2003
•
Convegno su “Il rischio ambientale nella concessione del credito”, Roma 13 gennaio.
•
Ottenimento della Certificazione Ambientale secondo la Norma UNI EN ISO 14001.
•
La Banca viene inserita nell’indice mondiale di sostenibilità FTSE4Good.
L’identità del gruppo
La Banca Monte dei Paschi di Siena, sorta nel 1472, è la più antica banca del mondo e
rappresenta oggi una delle principali banche nazionali. È a capo di un Gruppo di rilevanti
dimensioni, che si colloca ai primi posti in termini di quote di mercato nei diversi comparti.
La Banca Monte dei Paschi di Siena opera, anche tramite proprie controllate, nei diversi segmenti
dell’attività bancaria e finanziaria, da quella tradizionale, al credito speciale, all’asset
management, alla bancassurance, all’investment banking. La Banca Monte dei Paschi di Siena è
una banca a stretta vocazione retail (famiglie e piccole e medie imprese). È in grado di offrire una
gamma di prodotti ampia e in continuo aggiornamento; la professionalità e la disponibilità dei suoi
dipendenti (oltre 14.000), attraverso numerosissime filiali in tutta Italia, contribuiscono a renderla
“banca di riferimento” in tutte le aree nelle quali è insediata. È una banca in grado di assicurare
una mirata presenza internazionale, articolata attraverso una rete di 6 filiali, 8 Uffici di
Rappresentanza e diverse società, al servizio delle esigenze della propria clientela retail e
corporate.
È anche una banca attenta all’innovazione e multicanale, in grado di garantire, attraverso il
proprio sito internet e prodotti come PaschiHome (internet banking), PaschiInRete (telefoni WAP e
GPRS) e PaschiInTel (Call center) un accesso facilitato ai propri servizi anche da casa o dovunque
si trovi il cliente.
72
A partire dal giugno 1999, Banca Monte dei Paschi è quotata presso il Mercato Telematico
Azionario della Borsa Italiana e fa parte, dal settembre ‘99, dell’Indice più rappresentativo del
mercato, il Mib30.
L’assetto organizzativo della Capogruppo Banca Monte dei Paschi di Siena si ispira al principio
della separazione della funzione di coordinamento del Gruppo da quella di svolgimento
dell’ordinaria attività bancaria. In coerenza con l’evoluzione dello scenario competitivo e in
attuazione delle linee strategiche definite dal Piano Industriale 2002-2005, la Banca dal 1° agosto
2001 si è strutturata in due distinte entità organizzative: il Corporate Center e la Divisione Banca
Commerciale.
Nel corso del tempo si è andata sempre più caratterizzando e consolidando, nell’ambito degli
indirizzi definiti dal Consiglio di Amministrazione, l’azione di direzione, coordinamento e controllo del
Gruppo esercitata dal Corporate Center, mentre la Divisione Banca MPS ha rafforzato il suo ruolo
di presidio del mercato e sviluppo delle relazioni con la clientela.
Di seguito vengono riportati i valori dei principali indicatori economici al 31/12/2002.
INDICATORI ECONOMICI (importi in milioni di Euro al 31/12/2001)
2002
2001 (comparativo) (*)
Raccolta complessiva
111.294
110.427
Impieghi a clientela (***)
38.070
36.803
Patrimonio netto
5.822
5.622
Risultato lordo di gestione
1.460
1.128
Utile ante imposte
959,7
613,3
Utile netto di esercizio (**)
568
599
R.O.E.
12,7%
12,3%
Patrimonio clienti (n.) (*)
2.486.721
2.785.458
Banca telematica (n. di connessioni) (*)
349.774
643.737
Filiali (n. in Italia ed estero, inclusi uffici di rappresentanza) (*)
975
1.092
(*) In data 23/12/02 è avvenuta la fusione per incorporazione della Banca 121 nella Banca Monte dei Paschi
di Siena S.p.A. con contestuale scorporo del ramo di azienda rappresentato dalla rete di promozione
finanziaria. Per consentire un confronto omogeneo su base annua, è stata pertanto redatta una “situazione
comparativa” relativa all’esercizio 2001 (cfr. schemi allegati Bilancio di Esercizio 2002) comprensiva degli
aggregati di Banca 121. (**) Il valore 2001 è l'utile netto “gestionale”, inferiore di 162,5 €/mil. rispetto a quello
indicato nella Nota Integrativa del Bilancio di Esercizio. (***) A partire dall’ 1/7/03 l’attività di leasing e
factoring è stata trasferita alla nuova società MPS Leasing & Factoring banca per i servizi finanziari alle
imprese. Pertanto i valori patrimoniali al 31/12/02 non comprendono tale attività e il confronto omogeneo
comporta una variazione, su base annua, di -0,3%.
La responsabilità sociale del gruppo MPS
Punti cardine della politica socio-ambientale di MPS, nonché principi ispiratori delle attività legate
alla responsabilità sociale d’impresa, sono la missione sociale e i valori, definiti nel 2000 dall’allora
Consiglio di Amministrazione del gruppo nella “Carta dei Valori”.
Missione di Banca Monte dei Paschi di Siena è creare valore per i suoi azionisti, nel breve come nel
lungo periodo, ponendo attenzione prioritaria alla soddisfazione dei clienti, allo sviluppo
professionale delle persone, agli interessi di tutti gli stakeholders.
BMPS vuole proporsi stabilmente come modello di riferimento nel panorama bancario italiano in
continua evoluzione, affermando la posizione di leadership del Gruppo MPS quale primario
Gruppo nazionale con proiezione europea.
BMPS vuole sviluppare il senso di appartenenza al Gruppo, valorizzando nel contempo le differenze
culturali e mantenendo un forte radicamento di ciascuna azienda nel territorio in cui opera.
I valori a cui il gruppo si ispira sono:
• Etica della responsabilità: riferire ogni comportamento all'etica della responsabilità, che
impegna a essere sempre orientati al servizio, all'integrità e alla trasparenza, alla correttezza
negli affari, alla salvaguardia dell'ambiente e al rispetto di tutte le persone.
• Attenzione al cambiamento: coltivare l'attenzione propositiva verso il futuro, l'apertura
all'innovazione e la flessibilità nello svolgere il proprio lavoro, valorizzando nel contempo i
punti di forza derivanti dalla tradizione.
• Passione per le competenze professionali: essere un modello di riferimento attraverso lo
sviluppo di best practices e una concezione della professione orientata alla formazione e
all'autosviluppo delle competenze chiave, sia individuali sia aziendali.
73
Orientamento al cliente: sviluppare l'ascolto e quindi l'attenzione alle relazioni con i clienti,
migliorando la qualità dei servizi forniti e la customer satisfaction attraverso una costante
attenzione all'efficienza e all'efficacia nei processi di produzione e di erogazione dei servizi
stessi.
• Imprenditività e proattività: tenere comportamenti imprenditivi a tutti i livelli di
responsabilità, anticipando i problemi, avanzando proposte e soluzioni, assumendo
responsabilità adeguate al proprio livello professionale.
• Spirito di squadra e cooperazione: comunicare per mantenere e sviluppare lo spirito di
squadra migliorando la cooperazione, la condivisione delle competenze e la capacità di
aiutare gli altri: l'obiettivo è di essere attori responsabili, al fine di ricercare e favorire il
successo di Banca Monte dei Paschi di Siena nel rispetto dei suoi presupposti etici.
In coerenza con la Carta dei Valori, che individua nel suo primo punto la salvaguardia
dell’ambiente come uno dei pilastri del decalogo etico in tema di responsabilità del Gruppo, il
Consiglio di Amministrazione ha approvato il Documento di Politica Ambientale della Banca Monte
dei Paschi.
I punti fondamentali di questo documento sono:
1. perseguire il miglioramento continuo delle proprie prestazioni ambientali, riducendo in
maniera progressiva gli impatti ambientali connessi con lo svolgimento delle proprie
attività, con particolare attenzione agli sprechi di risorse, alla gestione dei rifiuti e
all’utilizzo delle materie prime e dei materiali di supporto, ricorrendo, ove possibile, a
prodotti eco-compatibili;
2. adottare le precauzioni e le disposizioni necessarie per prevenire, eliminare o ridurre
qualsiasi forma di inquinamento ambientale;
3. gestire le attività della propria organizzazione in conformità a leggi e regolamenti
nazionali, regionali, locali, compresi gli accordi volontari sottoscritti - tra cui la
dichiarazione UNEP degli istituti finanziari inerente l’impegno di tale settore per lo
sviluppo sostenibile e il Global Compact, documento dell’ONU sui diritti umani, sulla
tutela del lavoro e sulla protezione dell’ambiente - sorvegliandone costantemente il
rispetto;
4. garantire che tutto il personale della Banca sia a conoscenza della politica ambientale
e dei suoi obiettivi e che sia responsabilizzato al fine di ottenere la necessaria
collaborazione mediante un adeguato processo di informazione e formazione;
5. assicurare il sistematico miglioramento del Sistema di Gestione Ambientale e delle
prestazioni ambientali della Banca attraverso un costante monitoraggio;
6. informare e sensibilizzare sulle tematiche ambientali gli stakeholders con tutti gli
strumenti possibili, ivi compreso il portale Internet Paschiambiente, e ricercare
costantemente con essi un dialogo trasparente sui risultati raggiunti e sulle attività svolte
dalla Banca in campo ambientale, anche attraverso la pubblicazione annuale del
Bilancio Socio-Ambientale;
7. sviluppare politiche di credito e di investimento che premino processi e prodotti a
impatto positivo sull’ambiente e sul sociale, sensibilizzando anche altre aziende del
settore finanziario a operare in tal senso;
8. rendere disponibile agli stakeholders la propria politica ambientale;
9. orientare tutte le aziende del Gruppo a operare in coerenza con i suddetti principi.
•
In conformità con i propri valori, la Banca ha ritenuto di dover intervenire operativamente
rendendosi estranea, in prospettiva, ai collegamenti con finanziamenti alla produzione o al
commercio di armi.
A tale proposito, già nell’agosto 2000 sono state emanate alle filiali della Banca precise istruzioni
tendenti a evitare, una volta esauriti i flussi di operazioni già perfezionate in precedenza e aventi
durata pluriennale, operazioni riconducibili alla produzione e al commercio di armi ai sensi della
Legge 185/1990. Nel novembre 2001, tale disimpegno è stato esteso anche alle altre Banche del
Gruppo.
Anche nel caso di Banca Monte dei Paschi di Siena il principale strumento di rendicontazione
socio-ambientale è il Bilancio Sociale. L’obiettivo di predisporre un documento completo e in
grado di soddisfare i bisogni conoscitivi degli stakeholders ha indotto la Banca a prendere come
riferimento le principali linee guida nazionali e internazionali. In particolare il “Modello di Redazione
del Bilancio Sociale per il Settore del Credito” (Modello ABI/IBS), le Sustainability Reporting
74
Guidelines della Global Reporting Initiative (GRI) nella recente edizione del 2002, comprendente il
Financial Services Sector Supplements: Social Performance. Altre linee guida, quali il CERES Report
Financial Services Form, l’EPI-Finance 2000: Environmental Performance Indicators for the Financial
Industry e il SPI-Finance 2002: Social Performance Indicators for the Financial Sector hanno
influenzato il contenuto e la struttura di precisi capitoli del documento.
Agli inizi del 2003 è stato formato un “Gruppo di Lavoro per il Bilancio Socio-Ambientale”, di cui
fanno parte i referenti delle Aree maggiormente coinvolte. Il Gruppo ha consentito di razionalizzare
la raccolta delle diverse informazioni, di coordinarne le modalità e di fornire specifici contributi alla
formazione del documento.
All’interno del gruppo esistono tre strutture dedicate alla gestione ambientale che si adoperano
per la realizzazione effettiva delle politiche di responsabilità sociale di MPS. In particolare, si tratta
del Settore Politiche Ambientali, dell’Advisory Board e di MPS Bancaverde.
Il primo è presente all’interno del Corporate Center (inserito nel Servizio Politiche Ambientali, Salute,
Sicurezza e Privacy), e ha come scopo la definizione e la gestione delle strategie della Banca e del
Gruppo per lo sviluppo sostenibile.
Fra le iniziative che la struttura sta svolgendo si segnalano:
• l’implementazione del Sistema di Gestione Ambientale (S.G.A.), volto a ottimizzare l’utilizzo
delle risorse interne;
• la promozione dell’attività formativa in campo socio-ambientale, che appare uno dei punti
cruciali per la diffusione e la condivisione all’interno del Gruppo delle conoscenze e delle
competenze in materia di responsabilità sociale;
• la comunicazione con gli stakeholders sui temi socio-ambientali e la diffusione esterna di
informazioni in materia di responsabilità sociale.
L’Advisory Board, costituito nel 2001, è un organo esterno con funzione consultiva per il
management della Banca. Composto da esperti di fama nazionale e internazionale in ambito
scientifico ed economico, rappresenta la struttura di riferimento volta a identificare le tendenze
evolutive nell’ambito della Responsabilità Sociale d’Impresa. Si riunisce almeno una volta all’anno.
MPS Bancaverde, nel ruolo di “Centro di eccellenza nel campo ambientale a favore dello sviluppo
sostenibile e a sostegno dell’agricoltura e agroindustria di qualità”, rappresenta la “fabbrica di
prodotto” dedicata: sviluppa relazioni di consulenza e sostegno alla rete commerciale
nell’individuazione delle opportunità di business e di sviluppo e fidelizzazione delle relazioni, nonché
nell’innovazione dell’offerta del Gruppo in nicchie ad alta specializzazione come il settore
ambientale.
Come visto in precedenza, nel quadro delle attività del Settore Politiche Ambientali, la Banca, per
dare maggiore organicità al proprio impegno in campo ambientale, nel corso del 2002 ha
intrapreso un progetto per la realizzazione di un Sistema di Gestione Ambientale (S.G.A.) conforme
allo standard internazionale ISO 14001.
Nel luglio del 2002 MPS Bancaverde S.p.A. ha conseguito, quale prima banca italiana, la
certificazione ISO 14001 e la registrazione ambientale ai sensi del Regolamento CE 761/01 EMAS.
L’istituto è stato uno dei primi in Italia a realizzare un Sistema di Gestione per la Qualità, ottenendo,
nel febbraio 2002, la certificazione di conformità, secondo lo standard internazionale ISO
9001/2000, relativa ai processi di:
• progettazione ed erogazione di mutui a clientela privata attraverso la rete delle filiali;
• progettazione ed erogazione, tramite canale telefonico, wap-gsm e internet, di
servizi/dispositivi e informativi di Banca Diretta (PaschiHome, PaschiInAzienda, PaschiInRete,
PaschiInTel, PaschiInsieme e, dall'agosto 2002, PaschiInTesoreria);
• progettazione ed erogazione del servizio di Tesoreria e Cassa attraverso la rete delle filiali,
dal novembre 2002.
La Banca aderisce alla Norma SA 8000 ponendo in atto modelli organizzativi e gestionali idonei a
garantire al proprio interno la conformità ai requisiti della Norma stessa e richiedendo ai fornitori un
analogo impegno.
BMPS è impegnata in una serie di iniziative volte alla promozione di uno sviluppo rispettoso della
società civile e dell’ambiente. In particolare ha aderito alle Attività e ai Programmi d’Azione di
Associazioni attive nella Responsabilità Sociale d’Impresa, tra cui le più importanti sono:
United Nations Environment Programme (UNEP): istituzione impegnata a gestire il programma
ambientale delle Nazioni Unite, lanciata nel 1992 per favorire il coinvolgimento proattivo
dell’industria finanziaria nelle questioni relative allo sviluppo sostenibile.
75
World Business Council For Sustainable Development (WBCSD): associazione, con sede a Ginevra,
cui aderiscono aziende unite dal comune impegno per uno sviluppo economico bilanciato con le
esigenze di tutela ambientale e di progresso sociale.
Global Compact: Programma d’azione già ampiamente trattato in questo documento. (par 4.4)
CSR Europe: The Business Network for Corporate Social Responsibility con sede a Bruxelles, costituito
nel 1995 da oltre 50 società multinazionali, si propone di aiutare le aziende a raggiungere la
redditività e a perseguire lo sviluppo sostenibile e il progresso umano ponendo la responsabilità
sociale d’impresa tra le principali pratiche di business.
A queste si aggiungono Sodalitas, Cittadinanzattiva e Agenda 21 locale.
Il Monte dei Paschi di Siena riconosce che la propria responsabilità sociale si estende anche ai
rapporti con i soggetti con cui intrattiene relazioni commerciali: per questo motivo si è dotata di
strumenti per incidere positivamente sui comportamenti degli altri operatori economici. Di seguito
sono descritti prodotti e servizi (alcuni erogati da altre società del Gruppo) finalizzati al
perseguimento di tale obiettivo.
La Banca è l’intermediario finanziario del FEI (Fondo Europeo degli Investimenti) su alcuni progetti
e, sulla base di una convenzione stipulata, è gestore di plafond di garanzia messi a disposizione dal
FEI stesso allo scopo di facilitare l’accesso al credito alle imprese che intendono effettuare nuovi
investimenti tesi a produrre benefici ambientali.
Nel corso del 2002 la Banca Monte dei Paschi di Siena, insieme alle altre Banche del Gruppo è
risultata aggiudicataria di una gara d’appalto, promossa dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione
sugli Infortuni sul Lavoro, per supportare le PMI nelle spese per l’adeguamento delle strutture
aziendali alle normative sulla sicurezza e sull’igiene nei luoghi di lavoro.
Il Gruppo MPS, attraverso l’Area Attività Internazionali, è tra gli interlocutori privilegiati delle
Istituzioni nazionali e degli Organismi comunitari, internazionali e sovranazionali che sostengono gli
investimenti italiani all'estero. Tramite questa struttura, dedicata all'attività di consulenza tecnica e
finanziaria, la Banca svolge un efficace ruolo di intermediazione e di raccordo tra le imprese
italiane che investono all'estero e le Istituzioni e gli Organismi che le supportano con interventi
agevolativi, nel rispetto di precisi criteri di attenzione all’impatto socio-ambientale e delle attività
finanziate.
In questa direzione si colloca l’accordo quadro stipulato con Confservizi International per la
fornitura alle imprese associate di servizi di assistenza e consulenza per progetti di investimento
all'estero in settori prevalentemente legati allo sviluppo socio-ambientale, in particolare nelle aree
dell'Est Europa, del Maghreb e della Cina.
In base a una convenzione sottoscritta con la Misericordia e Istituzioni Riunite di Siena, sono stati
recentemente attivati finanziamenti denominati “microcrediti di solidarietà” rivolti ai più bisognosi.
La Misericordia, utilizzando uno specifico fondo costituito con un contributo di 200.000 Euro,
erogato dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, garantisce una quota del prestito che può
raggiungere l’importo di 7.500 Euro a beneficiario.
L’iniziativa segue un altro analogo intervento solidale denominato “Prestiti anti fallimenti
immobiliari”, posto in essere con convenzione sottoscritta con la Misericordia, relativo a prestiti alle
famiglie bisognose che hanno acquistato su compromesso o devono avere in assegnazione un
appartamento in costruzione da una impresa o da una cooperativa ma che, per sopraggiunte
difficoltà di queste ultime, si vedono costrette, per ottenere la proprietà o l’ultimazione dei lavori, a
sostenere ulteriori gravosi pagamenti se non, addirittura, concorrere a un asta giudiziaria. I
finanziamenti possono raggiungere 100.000 Euro con rimborso sino a 20 anni.
Altre società del gruppo erogano prodotti di particolare rilevanza socio-ambientale, e in
particolare, si fa riferimento a fondi d’investimento etici e ambientali.
Monte Paschi Asset Management SGR S.p.A. ha stipulato un importante accordo di cooperazione
strategica con SAM - Sustainable Asset Management, società tra le più affermate e prestigiose su
scala internazionale, nell’ambito dei cosiddetti “investimenti socialmente responsabili”.
Tale accordo è finalizzato alla realizzazione di prodotti e servizi “co-branded”, gestiti secondo
principi di sostenibilità, vale a dire integrando all’interno dei processi di investimento
(tradizionalmente basati su criteri di natura esclusivamente economica-finanziaria) anche
valutazioni di natura socio-ambientale.
La joint venture siglata con SAM, infatti, si accompagna alle iniziative già intraprese nel corso del
2001 e che hanno permesso alla SGR del Gruppo di entrare nella gestione diretta di questa
tipologia di investimenti attraverso il lancio di due fondi comuni, che nel corso dell’anno hanno
modificato la loro denominazione, mantenendo peraltro invariate le caratteristiche tecniche e
76
gestionali. Si tratta di Ducato Etico Globale (ex Ducato Ambiente) e di Ducato Etico Civita (ex
Ducato Civita).
L’offerta commerciale del Monte si caratterizza per la presenza di strumenti fortemente
specializzati, che comprendono servizi di consulenza e prodotti finanziari a favore dello sviluppo
economico sostenibile e a sostegno dell’agricoltura e dell’agroindustria di qualità, sviluppati e
gestiti da MPS Bancaverde, la struttura specialistica del Gruppo MPS nel settore ambientale.
Risulta molto importante nell’analisi della responsabilità sociale di MPS prendere in considerazione i
rapporti che intercorrono con i suoi stakeholders, e in particolare, le risorse e le prestazioni che
vengono scambiate con essi.
Per ciò che concerne le risorse umane, la Banca ha adottato un approccio manageriale in cui alti
livelli di coinvolgimento del personale, attenzione al livello di soddisfazione delle risorse umane e
alla qualità della comunicazione interna, al clima e alla cultura aziendali, costituiscono il focus
gestionale.
Nell’ambito dei rapporti con le organizzazioni sindacali, di particolare rilievo è stata la definizione,
in data 21 novembre 2002, di un “protocollo quadro” sulle linee guida delle relazioni industriali con
riferimento all’organizzazione del lavoro, cioè di un documento contenente la descrizione delle
modalità di sviluppo delle relazioni azienda/organizzazioni sindacali, condivise tra le parti, per
un’organica impostazione delle problematiche gestionali derivanti dalle fasi applicative delle
progettualità strategiche, che si riflettono in misura sensibile sulla gestione delle risorse umane.
La centralità del cliente rappresenta il valore principale della Banca; verso quest’ultimo vengono
infatti orientati i processi di costruzione di un’offerta personalizzata, caratterizzata da una stretta
integrazione tra canali tradizionali ed innovativi. In questo senso sono state sviluppate per i mercati
Retail e Corporate piattaforme commerciali dedicate, che prevedono offerte specializzate per
segmenti di clientela:
• Family, Affluent e Private nel mercato Retail;
• Small Business, PMI, Large Corporate, Enti e Società Finanziarie nel mercato Corporate.
Questo modello si basa sulla specializzazione degli operatori, appositamente formati per soddisfare
le esigenze specifiche di ogni segmento.
La Banca, sin dal momento della quotazione delle proprie azioni in Borsa, ha mirato a instaurare un
giusto rapporto con la generalità degli azionisti e, in particolare, con gli investitori istituzionali. A tal
fine ha costituito strutture aziendali dedicate e precisamente:
• l’Investor Relations, all’interno del Servizio Pianificazione, Controllo e Cost Management;
• il Settore Societario, all’interno del Servizio Segreteria Generale.
In ordine alla definizione del regolamento assembleare, il Consiglio ha preliminarmente ritenuto
opportuno adottare il regolamento stesso attraverso una forma che presenti un certo grado di
flessibilità, al fine di potervi all’occorrenza apportare con tempestività le eventuali modifiche che
l’esperienza derivante dalle prime applicazioni del regolamento stesso avesse a suggerire.
La vocazione solidaristica e di promozione culturale è sempre stata un altro tratto caratterizzante
dell’identità aziendale, che la Banca esprime rappresentando un costante punto di riferimento nel
sostegno delle iniziative con tali finalità. La realizzazione di tale vocazione si realizza attraverso
sponsorizzazioni in ambito culturale, editoriale e sportivo, ma anche attraverso il sostegno a progetti
umanitari e i rapporti con università, istituti di ricerche e scuole.
Infine, la Banca può vantare una lunga esperienza nel settore della Pubblica Amministrazione,
dove svolge un ruolo sempre più importante nei servizi di Tesoreria e Cassa per Enti Territoriali e
Locali, loro Consorzi e Scuole. Ciò ha consentito di instaurare e sviluppare validi rapporti di
reciproca collaborazione.
5.1.4 Unipol Assicurazioni
L’identità del gruppo
Il Gruppo Unipol, che a fine 2002 si colloca in quarta posizione nella graduatoria dei principali
Gruppi assicurativi operanti in Italia, al 31/12/2002 è composto da otto compagnie di assicurazione,
due società immobiliari, una finanziaria di partecipazione e una società di servizi, tutte consolidate
integralmente. Il Gruppo Unipol opera nel settore assicurativo (Unipol, Meieaurora, Linear, Unisalute,
e dal giugno 2003 Winterthur Assicurazioni), nel settore bancario e risparmio gestito (Unipol Banca,
Unipol Fondi), nel settore Bancassicurazione (BNL Vita, Noricum Vita, Quadrifoglio Vita), e del
merchant banking (Unipol Merchant).
77
In particolare, il settore assicurativo è caratterizzato da una crescita più contenuta nel comparto
Danni e più vivace nel comparto Vita. Per questo motivo Unipol ha deciso di rafforzare il settore del
risparmio gestito per offrire un ventaglio più completo di prodotti per il risparmio. Nel comparto
assicurativo il Gruppo Unipol opera con Compagnie multi-ramo (Unipol e Meieaurora) e
Compagnie specializzate (Linear, Unisalute e Navale), che nel 2002 hanno garantito una raccolta
di 3,2 miliardi di Euro (+10,2% sul 2001), pari al 53% dei premi del Gruppo. La raccolta delle
Compagnie di bancassicurazione ha superato i 2,8 miliardi di Euro (+40,8% sul 2001) pari al 47%
della raccolta totale.
La gestione patrimoniale e finanziaria ha privilegiato gli investimenti nel settore monetario e nel
settore obbligazionario a breve termine. Nel 2002 investimenti e liquidità per la capogruppo, al
netto degli ammortamenti, sono aumentati a 6.474,3 milioni di Euro, oltre 488 milioni di Euro in più
rispetto al 2001 (+8,2%).
Per quanto riguarda il Gruppo, la consistenza degli investimenti ha raggiunto i 17.686 milioni di Euro
(+19,3% rispetto al 31/12/2001).
I diversi prodotti del ramo Vita di Unipol (polizze tradizionali, Unit-Linked, prodotti di
capitalizzazione) hanno avuto una performance favorevole (617 milioni di Euro, +15% rispetto al
2001) pur in presenza di una diminuzione della propensione al rischio. Nel settore del ramo Danni,
Unipol sta cercando di venire incontro ai bisogni emergenti attraverso una logica di
differenziazione. Oltre alle Compagnie multi-ramo, operano nel Gruppo tre Compagnie
specializzate nel ramo Danni: Linear che distribuisce prodotti auto attraverso il canale telefonico e
Internet, Unisalute specializzata sui prodotti malattia e assistenza, e Navale specializzata nel ramo
trasporti e turismo. Il ramo Danni ha fatto registrare in Unipol Assicurazioni un andamento crescente
grazie al positivo contributo di tutti i settori (famiglie, aziende, professionisti): i premi acquisiti sono
cresciuti di oltre 100 milioni (1.279.184.595 di Euro, +8,6%), con un risultato di 134.419.686 di Euro a
fronte di 63.731.304.
La struttura societaria di Unipol vede il 50,2% del capitale ordinario stabilmente in capo a FINSOE,
finanziaria dell’Economia Sociale. Finsoe è quindi la holding di controllo del Gruppo Unipol. La
maggioranza del capitale di Finsoe (51%) è detenuta da Holmo SpA, società di partecipazioni
controllata da aziende appartenenti al movimento cooperativo (tra cui le principali cooperative di
consumo e del settore di produzione e lavoro). Il secondo azionista di Finsoe, con una quota di
rilievo (39%), è il Gruppo Monte dei Paschi, con il quale il Gruppo Unipol ha stretto un’alleanza a
livello industriale e commerciale. Il rimanente 10% di FINSOE è detenuto da HOPA, P&V e altri
operatori.
Il 49,8% del capitale ordinario di Unipol e il 100% delle azioni privilegiate costituiscono invece
capitale flottante, trattato sul mercato telematico azionario della Borsa Italiana. Sul fronte
internazionale il Gruppo Unipol ha da molti anni sviluppato rapporti di partnership strategica con
due grandi mutue francesi, Macif e Maif, e con il gruppo belga P&V. Nel quadro di tale alleanza,
questi partner internazionali detengono quote dirette del capitale di Unipol Assicurazioni.
Il principale canale distributivo della compagnia risulta quello delle Agenzie Private che sono 477
su tutto il territorio, e che sono gestite da 756 Agenti. Le Agenzie Societarie sono 13, tutte operanti
in Emilia Romagna, a esclusione della Provincia di Piacenza e delle Province di Siena e Grosseto.
Il personale del Gruppo Assicurativo Unipol è passato dalle 2697 unità del 31/12/2001 ai 2895
dipendenti del 31/12/2002, con un aumento del 7,3%.
Rispetto all’intero mercato assicurativo il personale del Gruppo Unipol rappresentava circa il 7%
della forza lavoro. Considerando anche Unipol Banca il numero dei dipendenti è arrivato
complessivamente a fine 2002 a oltre 3600 persone.
I partner storici di Unipol sono le Organizzazioni del mondo del lavoro dipendente (CGIL, CISL, UIL),
del lavoro autonomo e delle piccole imprese (CNA, CCIAA, Confesercenti), oltre che,
naturalmente, la Legacoop con le sue articolazioni territoriali e le sue aziende, che in questi anni ne
hanno ispirato la visione, il ruolo, l’azione e con le quali Unipol continua a rapportarsi per
l’elaborazione delle sue strategie assicurative.
Il Bilancio Consolidato 2002 ha chiuso con un utile netto di 102,1 milioni di Euro, in forte crescita
rispetto all’esercizio precedente (+63,8%).
I dati di sintesi del Bilancio Consolidato del Gruppo Unipol sono i seguenti:
Premi lordi
Premi netti
2001
4.943,1
4.675,4
2002
6.045,8
5.753,7
Var.%
+22,3
+23,1
78
Redditi netti degli investimenti e profitti netti su
realizzi
Proventi (oneri) netti degli investimenti classe D
Riserve tecniche lorde
Riserve tecniche nette
Sinistri pagati
Spesse nette di gestione
Ammortamenti su avviamenti delle società:
consolidate integralmente
valutate a patrimonio netto
Investimenti/disponibilità
Patrimonio netto di pertinenza
Risultati:
Saldo del conto tecnico
Risultato dell’attività ordinaria
Risultato dell’attività straordinaria
Risultato al lordo delle imposte
Utile dell’esercizio
581,9
(125,1)
14.626,3
13.771,5
2.405,2
504,3
579,1
(73,8)
17.353,1
16.591,7
2.804,4
542,1
-0,5
-41,0
+18,6
+20,5
+16,6
+7,5
26,3
2,2
14.819,3
1.122,6
26,3
2,3
17.686,0
1.338,5
+5,6
+19,3
+19,2
35,1
54,8
83,3
138,1
62,3
120,6
192,4
36,2
228,6
102,1
+243,2
+251,2
-56,5
+65,5
+63,8
La responsabilità sociale di Unipol
Nell’ambito del percorso di responsabilità sociale di Unipol viene definito lo standard Q-Res per il
management della responsabilità etico-sociale delle organizzazioni, di cui si è già ampiamente
discusso all’interno di questo documento. Unipol ha portato in questa esperienza, non solo la
competenza maturata negli anni con il bilancio sociale, ma anche la valutazione e il punto di vista
di una grande azienda in merito a utilità e fattibilità dei requisiti proposti26.
L’attività di Unipol e in particolare la sua politica sociale trova il proprio fondamento nei valori e
nella missione sociale:
• Contribuire con iniziative e proposte ad accrescere l’affidabilità e la trasparenza del settore
assicurativo italiano.
• Contribuire a qualificare l’assicurazione come moderno strumento sociale per la sicurezza e
la previdenza delle persone e delle aziende.
• Operare con correttezza e coerenza nell’assunzione dei rischi e nella liquidazione dei danni.
• Privilegiare la soddisfazione del cliente riguardo al prezzo, alla qualità delle prestazioni, alla
qualità del servizio.
• Considerare l’apporto individuale e collegiale ai processi di lavoro come elemento
indispensabile allo sviluppo complessivo dell’Impresa, nella convinzione che la persona,
con la sua creatività e con la sua intelligenza, sia una variabile decisiva per il successo nei
processi di miglioramento della qualità del servizio.
• Collaborare con le Organizzazioni Socie (Sindacati, Associazioni di Categoria) per lo
sviluppo e per la qualificazione delle loro politiche nel campo dei servizi.
• Offrire alle Organizzazioni Socie, attraverso la politica delle Convenzioni, prodotti e servizi
esclusivi che consentano ai loro iscritti di acquisire maggiori sicurezze a prezzi e condizioni
più favorevoli.
• Mirare al conseguimento di un risultato economico positivo e all’accrescimento della
solidità dell’Impresa, incrementando il valore economico e remunerando il capitale
sottoscritto dagli azionisti.
• Contribuire, attraverso investimenti finalizzati, alla creazione di nuova occupazione.
• Affermare il ruolo politico ed economico dell’Economia Sociale, anche attraverso
l’impegno costante in ambito internazionale.
Dal ’93 Unipol Assicurazioni pubblica con regolarità il suo rapporto sociale con l’intento di
descrivere i complessi legami tra sè e il suo pubblico di riferimento, il mercato e l’ambiente in cui
essa opera. Il processo di redazione del Bilancio Sociale, dopo 10 anni di esperienza, si è
consolidato all’interno della struttura organizzativa, perfezionandosi di edizione in edizione. Il
documento è infatti il risultato di un lavoro di squadra – coordinato dall’Unità Bilancio Sociale con il
supporto di SCS Azioninnova Consulting – cui hanno partecipato oltre 30 dipendenti di Unipol di
aree e ruoli organizzativi molto diversi. La stesura del rapporto segue i principi e le indicazioni
26
Unipol Assicurazioni (2003).
79
previsti dagli standard sulla rendicontazione sociale e di sostenibilità accreditati a livello nazionale,
come il GBS - Gruppo Bilancio Sociale - e internazionale, e come AA 1000 e GRI - Global Reporting
Iniziative.
L’esperienza di Unipol si è riflessa nell’evoluzione del rendiconto che, da strumento di
comunicazione unidirezionale ha nel tempo assunto il ruolo di “sede” di ascolto e dialogo con gli
stakeholders fino ad arrivare a essere il catalizzatore del loro coinvolgimento e della loro
partecipazione, facilitando così all’interno delle strutture aziendali la diffusione di conoscenze e
sensibilità sulla rendicontazione sociale, ponendo le basi per una cultura organizzativa improntata
alla responsabilità sociale.
Unipol nel tempo ha consolidato una tradizione di dialogo con i suoi stakeholders, sia attraverso i
CRU (Consigli Regionali Unipol) - strutture di partecipazione animate dalle Organizzazioni Socie - sia
con le iniziative promosse dalla Fondazione Cesar (Centro Europeo di Ricerca dell’Economia
Sociale e dell’Assicurazione) sia con i progetti di coinvolgimento sviluppati per le varie edizioni del
Bilancio Sociale.
Nel 2003 l’Azienda ha ritenuto il processo sufficientemente maturo per farlo diventare non più una
parte accessoria al Bilancio Sociale, che introduca la voce degli stakeholders, nel rispetto di
quanto richiesto dagli standard di rendicontazione, ma una parte sostanziale del processo di
accounting e, quindi, di verifica delle azioni dell’Impresa rispetto alle politiche dichiarate.
In questo modo Unipol intende da un lato discutere l’agire dell’Impresa nel coinvolgimento dei suoi
stakeholders (logica di “inclusione” applicata per aggiornare costantemente il contratto sociale
fra Impresa e stakeholders), dall’altro trasformare il “dialogo episodico” in una nuova metodologia
di governo dell’Impresa, ispirato sempre di più ai principi di trasparenza e rendicontazione.
Oggi l’Azienda affronta la rendicontazione sociale trasformando l’approccio “stellare” di relazioni
biunivoche tra l’Impresa e le singole categorie di stakeholders, nella costruzione di una rete di
dialogo circolare tra gli stessi, che ne valorizzi i contributi integrandoli e introducendoli in una
dimensione sistemica. Con questo spirito sono stati condotti quattro incontri con gli stakeholders,
coinvolgendo oltre 70 soggetti, al fine di instaurare un dialogo con e tra di loro e renderli
consapevoli della relazione con Unipol. Le modalità di organizzazione degli incontri sono state
diversificate, per meglio adattarle agli obiettivi cui il coinvolgimento mirava e alle tipologie di
stakeholders coinvolte.
Si tratta di un lavoro affinato di anno in anno, attraverso il quale cercare di rendere più chiare le
strategie dell’impresa, il suo sviluppo e le sue performance verso tutti gli stakeholders, soprattutto
verso i clienti, a cui si tenta anche di fornire indicatori di performance dell’attività aziendale. Anche
ai dipendenti, agli agenti, ai fornitori, agli azionisti, alle Organizzazioni Socie, e alla comunità, sono
state fornite annualmente notizie ed è stato descritto il livello delle loro relazioni sociali con
l’Impresa.
Per ciò che concerne l’offerta ai clienti, Unipol ritiene che l’affidabilità delle prestazioni e la
trasparenza del servizio siano le linee guida della propria azione e siano elementi essenziali per
qualificare l’assicurazione come strumento sociale per la sicurezza e la previdenza.
Nell’assunzione dei rischi e nella liquidazione dei danni è fondamentale agire con correttezza e
coerenza ricercando la soddisfazione del cliente riguardo al prezzo, alla qualità delle prestazioni e
del servizio. Per questo Unipol ha adottato una politica tecnico-commerciale orientata alla
trasparenza e alla soddisfazione del cliente.
I prodotti vengono aggiornati grazie all’ascolto dei clienti, alla verifica di efficacia delle coperture
e alle indagini sulla soddisfazione degli assicurati. Le modalità di distribuzione dei prodotti
prevedono un’offerta personalizzata per singolo interlocutore e, attraverso le Convenzioni, la
possibilità per gli iscritti alle Organizzazioni Socie di Unipol di accedere alle prestazioni a condizioni
di miglior favore.
La gestione dei sinistri da parte di Unipol è basata su un modello organizzativo consolidato che
consente una risposta adeguata in funzione delle diverse esigenze. Per garantire la velocità di
liquidazione, oltre agli uffici di liquidazione sul territorio e alle attività svolte direttamente dalla
direzione, è stata creata la centrale “Sertel”.
Sertel è un servizio orientato al cliente, con l’obiettivo di semplificare la gestione pratica di un
sinistro e ridurre al minimo gli atti a carico dell’assicurato. La sua attività è basata sulle nuove
tecnologie di gestione e liquidazione dei sinistri: è un servizio che coinvolge le diverse strutture
liquidative della Compagnia, le carrozzerie e i periti, al fine di offrire un servizio più efficace al
cliente e di avere una più efficiente gestione delle risorse. Si tratta dell’aspetto di maggior rilievo
che caratterizza il servizio di liquidazione di Unipol.
80
Sertel raccoglie le denunce e liquida i sinistri anche per Linear e Meieaurora, nell’ottica della
liquidazione di Gruppo. Unipol Sertel ha deciso di intraprendere il processo di progettazione e
implementazione del Sistema Qualità della propria struttura secondo la norma UNI EN ISO
9001/2000, con l’obiettivo di farne certificare la conformità da parte di un Ente terzo accreditato.
Tale norma richiede il rispetto di requisiti che orientano tutti i fattori organizzativi al perseguimento
della soddisfazione del cliente e di tutte le altre parti interessate.
La decisione della Direzione di implementare un Sistema di Qualità è parte integrante di un
processo di miglioramento delle performance aziendali. In particolare, la struttura Sertel si propone
di ottenere risultati sempre migliori sotto il profilo del soddisfacimento delle esigenze dei
clienti/assicurati.
Un altro ambito importante in cui l’azienda è molto impegnata, è quello legato alle frodi
assicurative, che hanno una significativa importanza per la loro incidenza sul mercato, che si
manifesta tramite l’aumento dei costi e la conseguente dilatazione delle tariffe.
Per questo e altri motivi, il 1° gennaio 2000, è stata istituita l’unità antifrode di Unipol Assicurazioni,
creata raccogliendo e capitalizzando l’esperienza di precedenti strutture aziendali e coinvolgendo
le varie articolazioni dell’area assicurativa, in stretto rapporto con l’Auditing Interno e il servizio
legale. Gli obiettivi primari di questa struttura sono:
• riaffermare il principio della legalità, contribuendo alla diffusione nel tessuto sociale del
concetto secondo cui la frode assicurativa è un reato;
• far percepire concretamente l’ Impresa e il Gruppo come un’entità tra le più attive del
mercato assicurativo nella lotta alla frode:
o attenta nella individuazione dei fenomeni fraudolenti;
o efficace nelle iniziative di risposta e reazione;
• fornire un supporto tecnico e, se necessario, operativo, a quelle strutture aziendali territoriali
(in particolar modo a quelle liquidative, ma non solo) oggetto di pressioni e minacce
esterne, perché operanti in zone particolarmente impegnative sotto il profilo della presenza
di fenomeni fraudolenti.
L’intensa attività dell’Unità Antifrode, oltre che permettere di sventare, combattere e reprimere
truffe, ha permesso alla Compagnia un considerevole recupero economico e di redditività, a
conferma degli ampi spazi di lavoro in questo campo.
Nel campo del diritto all’informazione, Unipol ha sviluppato una comunicazione pre e post vendita
articolata, di tipo divulgativo, che si preoccupa di fornire maggiori informazioni al Cliente al fine di
facilitare un percorso di conoscenza del prodotto offerto e di favorire una scelta consapevole. In
quest’ottica la Compagnia, per raggiungere i propri stakeholders utilizza oltre al bilancio sociale
alcuni strumenti, tra cui:
• Il report annuale di “Unipol risponde”, che è l’ufficio reclami della compagnia, istituito da
oltre 20 anni. Rapporto redatto annualmente sulle problematiche dei reclami rivolti a
Unipol, che viene illustrato e distribuito alle Associazioni dei Consumatori e alle strutture delle
Organizzazioni Socie.
• Le newsletters “InformaCRU” e “CesarInforma”, rivolte ai CRU (Consigli Regionali Unipol) e
alla società civile, in particolare ai quadri territoriali delle Organizzazioni Socie e delle
Associazioni dei Consumatori e alle associazioni del sociale, con lo scopo di diffondere
l’attività sociale dei CRU e approfondire le tematiche assicurative di loro interesse.
A questi strumenti propri di Unipol Assicurazioni si affiancano l’azione divulgativa e gli strumenti di
informazione e di approfondimento della Fondazione Cesar, e naturalmente i siti internet aziendali.
Altri strumenti di comunicazione sono la lettera RCAuto, che viene inviata per informare i clienti
della scadenza e delle modifiche contrattuali delle polizze auto con 60 giorni d’anticipo, e la rivista
“UnipolInforma”.
Insieme al Bilancio Sociale, come citato, gli strumenti principali della strategia di responsabilità
sociale di Unipol sono: i CRU (Consigli Regionali Unipol) e la Fondazione Cesar.
Caratteristica peculiare di Unipol Assicurazioni è la presenza di strutture regionali di concertazione e
discussione che operano direttamente con il pubblico di riferimento, attraverso l’allestimento di
un’articolazione di Consigli Regionali Unipol (CRU) presenti in ciascuna regione italiana. Lo scopo di
questa struttura aziendale è quello di favorire la partecipazione delle Organizzazioni del lavoro,
socie di Unipol, alla vita dell’Impresa, nonché di facilitare la penetrazione di Unipol nel mercato
preferenziale. Ad essi partecipano i rappresentanti delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori
81
dipendenti e di quelli autonomi, della piccola e media impresa, della Lega delle Cooperative,
nonché delle strutture aziendali di Unipol.
Le principali finalità dei Consigli Regionali Unipol sono:
• diffusione del Bilancio Sociale del Gruppo Unipol Assicurazioni;
• iniziative e ricerche su progetti inerenti il Servizio Assicurativo;
• presentazione di nuove Convenzioni e nuovi prodotti;
• attività di promozione e divulgazione delle Convenzioni (in accordo con la Direzione
Commerciale e le strutture relative);
• sviluppo delle articolazioni sul territorio dei progetti sociali messi a punto sia da Unipol
Assicurazioni sia dalla Fondazione Cesar;
• attività di pubbliche relazioni a livello locale per iniziative di interesse sociale e assicurativo.
La struttura dei CRU svolge la propria attività in stretta collaborazione con la Fondazione Cesar e le
varie divisioni e realtà aziendali, al fine di utilizzare le loro competenze per la programmazione delle
attività sociali e per supportare sul territorio le loro attività operative e informative, sviluppando il
dialogo con tutti gli stakeholders e la struttura delle agenzie.
La Fondazione Cesar è stata fondata nel 1990 per iniziativa di Unipol Assicurazioni e, insieme ai
CRU, costituisce il presidio principale dell’impegno di Unipol nel Sociale.
La missione della Fondazione è sviluppare la cultura della solidarietà e dell’impegno civile,
diffondere i temi dell’Economia Sociale e della Cooperazione, approfondire i temi della
prevenzione, della legalità e della sicurezza. Il suo obiettivo è di favorire un più approfondito
dibattito sul ruolo delle assicurazioni tra gli operatori del mondo assicurativo, le associazioni
consumieristiche e le istituzioni accademiche di ricerca sia a livello nazionale sia europeo. Le sue
attività si articolano su quattro aree:
1. area Assicurativa, che affronta prevalentemente problematiche relative a Previdenza e
Sanità Integrativa, riforme e tematiche legate alla RCA, ruolo delle Istituzioni, rapporti con i
consumatori e tematiche del consumerismo;
2. area dell’Economia Sociale, che promuove ricerche, studi e iniziative culturali sul Terzo
Settore e mantiene rapporti di collaborazione con le centrali cooperative e le associazioni
impegnate nel sociale;
3. area Sicurezza e Legalità, che si adopera per la diffusione della cultura della sicurezza e
della legalità e che ha dato vita a due distinte associazioni:
o “Sicurstrada”, impegnata nel campo della prevenzione, della sicurezza e
dell’educazione stradale sul territorio nazionale ed europeo;
o “SicurEuropa” – Osservatorio per la Legalità – impegnato, invece, sui temi della
legalità e dei fenomeni di criminalità nelle sue diverse forme, al fine di educare,
in particolare i giovani, ai valori e alle regole di solidarietà civile;
4. area Progetti Sociali, che organizza numerose iniziative in diversi settori, come le
problematiche femminili in ambito lavorativo, il progetto sui lavori atipici, l’occupazione
giovanile, in progetti quali “L’altra Europa”, “Penelope ed Ulisse”, “Vivere la città” e molti
altri.
Un filone specifico di attività è dedicato ai rapporti internazionali: infatti la Fondazione può contare
su un’estesa rete di rapporti con imprese assicurative e mutualistiche, che con Unipol condividono
un forte radicamento sociale. In particolare la Fondazione Cesar è socio fondatore del Pôle
Européen des Fondation de l’Economie Sociale.
A lato dell’impegno di Unipol per coniugare l’attività di impresa con i valori sociali, vengono poste
in essere iniziative realizzate a salvaguardia dell’ambiente e nell’ottica della sostenibilità. L’attività
caratteristica di un’impresa assicuratrice di per sé non produce rilevanti impatti ambientali, in
quanto attività di servizio con un utilizzo minimo delle risorse naturali. Nonostante ciò, Unipol ha
sempre posto molta attenzione nel ridurre al minimo le esternalità negative, originate non tanto dal
processo produttivo ma dall’utilizzo di grandi sedi e dalla mobilità indotta dai suoi dipendenti.
Sono proprio questi due temi l’oggetto di gruppi di lavoro specifici e di iniziative aziendali.
In un’ottica di forte e crescente sensibilità sociale verso le tematiche ambientali, si segnala come
anche nel 2002, Unipol abbia aderito alle iniziative promosse dalle Regioni e dai Comuni
nell’ambito dell’ applicazione del decreto del Ministero dell’Ambiente del 27 marzo 1998 (Mobilità
sostenibile nelle aree urbane), che ha come finalità la salvaguardia della qualità dell’aria nei
grandi centri urbani. In particolare Unipol è intervenuta sull’uso dei mezzi di trasporto e
sull’organizzazione degli orari di lavoro.
82
Il rapporto con i fornitori di beni è orientato a privilegiare i fornitori con prodotti e processi produttivi
certificati, evidenziando gli aspetti relativi alla qualità dei prodotti e alla loro ecocompatibilità,
sostenendo l’acquisizione di beni e strumenti rinnovabili e riciclabili che riducono la produzione e il
necessario smaltimento di rifiuti inquinanti, cercando di orientare e di influenzare in tal senso anche
le scelte degli stessi fornitori.
In coerenza con le scelte di sostenibilità e una ferma gestione economica, tutte le azioni aziendali
verso i consumi sono orientate al pieno rispetto della legislazione ambientale e a un rigoroso
monitoraggio dei singoli fattori di consumo come l’energia, il consumo di carta e di ogni materia
prima.
I dieci anni di esperienza di Bilancio Sociale sono la testimonianza del lungo percorso di riflessione
di Unipol, fondato sui principi della sua identità storica, sulla continua ricerca di innovazione e sullo
scambio di esperienze e conoscenze con la rete di soggetti impegnati nella diffusione e
promozione della responsabilità.
In questo senso va interpretato lo sforzo di Unipol, che oltre al progetto Q-RES già citato in
precedenza, partecipa alla attività di gruppi di lavoro e progetti in materia di responsabilità sociale
d’impresa. Tra questi vanno ricordati:
Impronta Etica: iniziativa di un gruppo di imprese emiliane nata con l’obiettivo di valorizzare le
esperienze maturate, condividere le best practices e diffondere approcci e strumenti sviluppati a
livello internazionale.
CSR Europe: associazione che si è posta l’obiettivo di essere un soggetto chiave nella definizione di
una politica di responsabilità sociale d’impresa.
Forum per la Finanza Sostenibile: associazione senza scopo di lucro, la cui missione è la promozione
della cultura dello sviluppo sostenibile presso la comunità finanziaria italiana.
Cittadinanzattiva: organizzazione formata da individui, gruppi e reti accomunati dalla volontà di
affermare e promuovere un ruolo attivo del cittadino nel governo della società.
Gruppo di Frascati per la responsabilità sociale d’impresa: costituito nel 1999, su iniziativa di
Cittadinanzattiva, per promuovere una nuova cultura imprenditoriale: quella della cittadinanza
d’impresa, ovvero, conciliare le esigenze di mercato con la tutela dei beni comuni e dell’interesse
generale.
5.1.5 Banca Etica
Banca Etica (BE) è la prima banca etica italiana, nata nel dicembre 1998, con l’autorizzazione
della Banca d’Italia, con l’obbiettivo di operare nel mercato del credito tenendo in elevata
considerazione i vincoli sociali e ambientali. È un punto di incontro tra i risparmiatori che
condividono l'esigenza di una più consapevole e responsabile gestione del proprio denaro e le
iniziative socio-economiche che si ispirano ai principi di un modello di sviluppo umano e sociale
sostenibile.
È stata istituita l’8 marzo 1999 a Padova (dove ha aperto il suo primo sportello e anche sede
nazionale), sotto la forma di una banca “popolare”, forma giuridica che le permette di operare a
livello nazionale, tenendo fede ai principi fondamentali della cooperazione e della solidarietà,
favorendo inoltre l’azionatario diffuso e l’esistenza di processi democratici di decisione e di
partecipazione.
L’idea di formare una banca etica nasce nel dicembre 1994 quando 22 organizzazioni no-profit
danno vita all’Associazione Verso la Banca Etica; sei mesi dopo viene costituita la Cooperativa
“Verso la Banca Etica” con l’intento di creare una vera banca sotto la forma di banca di credito,
indirizzata al credito cooperativo e con l’obbiettivo di promuovere il messaggio culturale legato
alla finanza etica27.
A causa delle difficoltà incontrate nell’organizzarsi come banca di credito cooperativo, il Consiglio
di Amministrazione della cooperativa decide di puntare su un modello di banca popolare. Per
poter diventare una banca a interesse nazionale è indispensabile un capitale sociale molto più
27 Con il concetto di finanza etica, si intende un nuovo modo di coniugare responsabilità sociale e sviluppo
economico, e cioè un punto d’incontro tra persone, enti e imprese determinati a promuovere una cultura
imprenditoriale basata sul principio secondo cui l’azione economica non può essere disgiunta dal rispetto dei
diritti umani, dalla tutela dell’ambiente, dall’attenzione verso i bisogni delle fasce più deboli della popolazione
(Bilancio Sociale Banca Etica, 2002).
83
consistente di quello necessario per una banca di credito cooperativo: per questo motivo nasce la
rete GIT (Gruppi di Iniziativa Territoriale) con lo scopo di promuovere la banca. Nell’aprile 1998,
raggiunto il capitale sociale adeguato, la Cooperativa “Verso la Banca Etica” diventa Banca
Popolare Etica con la nomina del primo Consiglio di Amministrazione. Nel novembre dello stesso
anno i soci riuniti in assemblea votano il documento sull’Organizzazione Territoriale dei Soci e
nominano il primo Comitato Etico della banca. A dicembre viene autorizzata l’attività creditizia
della Banca per avviare la sua operatività nel marzo 1999. Successivamente, vengono aperte le
filiali di Brescia e di Milano. Nel 2000 si stabilisce la società di gestione del risparmio Etica S.g.r. e
viene inaugurata la filiale di Roma. Negli anni successivi si inaugurano le filiali di Vicenza, Treviso,
Firenze e Bologna. Nel percorso del 2004 è prevista l’apertura di due nuove filiali, a Torino e a
Napoli.
Al 2002, BE conta 23mila soci, una raccolta diretta di 260 milioni di Euro, oltre 1400 progetti
finanziati, tutti legati al terzo settore e al no-profit; otto filiali (Brescia, Padova, Bologna, Firenze,
Milano, Vicenza, Treviso, Roma), destinate quest’anno a diventare dieci con le aperture di Napoli e
Torino; 81 dipendenti, da sommare ai 15 banchieri ambulanti, che promuovono BE sul territorio. Di
seguito si può apprezzare il trend evolutivo di BE:
RISORSE UMANE per l’operatività
N. Dipendenti
N. Promotori Finanziari
N. Collaboratori28
LA RETE
N. Soci29
% aumento soci
N. Filiali
N. Altri collaboratori
N. Circoscrizioni territoriali
N. Coordinamento di area
N. Punti informativi25
DATI OPERATIVI (migliaia di euro)
Capitale Sociale
Raccolta clientela (diretta e indiretta)
Impieghi a clientela
Risultato lordo
Utile d’esercizio
Fonte: Banca Etica, Bilancio Sociale, 2002
31/12/00
31/12/01
31/12/02
24
1
7
38
4
4
62
6
6
15.202
9,7%
4
6
57
0
15
17.372
14,3%
5
5
57
4
10
19.991
15,08%
7
6
57
4
2030
9.859
75.301
32.030
254
157
11.270
123.252
44.296
651
337
14.188
193.465
51.992
158
151
BE sostiene il mondo no-profit e l’economia solidale. Finanzia la cooperazione sociale, la
cooperazione internazionale, la tutela dell'ambiente, la società civile, promuovendo attività
culturali e sportive. Tra i suoi impegni, sostiene le ONG con programmi di microcredito nei Paesi in
via di sviluppo.
Ha una struttura operativa diversa dalle tradizionali banche, poiché permette ai clienti di
partecipare nella scelta degli investimenti e anche nello sviluppo della banca stessa: sono quindi i
soci, in quanto persone, che gestiscono il capitale finanziario. Per socio si intende la persona che
condivide le finalità di BE, cioè conoscere e approvare lo statuto, sottoscrivere azioni della banca,
condividere il rischio dell’attività bancaria, partecipare attivamente31 alla vita sociale e allo
sviluppo della banca ed esprimersi alle assemblee della Banca.
Collaboratori di tipo tecnico-gestionale, di cui la Banca si è avvalsa occasionalmente o a titolo di
collaborazione coordinata e continuativa.
29 A fine esercizio i soci di Banca Etica erano 19.991 di cui 17.077 persone fisiche.
30 I punti informativi sono gestiti da 19 Circoscrizioni Locali.
31 Partecipare attivamente vuol dire che, dal momento in cui si possiede una quota del capitale sociale, si ha
diritto al voto nelle assemblee dei soci, contribuendo all’orientamento delle scelte e delle politiche della
banca.
28
84
Come viene enunciato nello Statuto, BE ha per oggetto la raccolta del risparmio e l’esercizio del
credito tra i soci (e non soci) e a chi si trovi in difficoltà o proponga particolari progetti con finalità
sociale.
I valori cui la banca si ispira, cioè i principi deontologici che assume come guida nel suo processo
gestionale, sono:
" Attenzione alle conseguenze non economiche,
" Credito come diritto,
" Equa distribuzione,
" Trasparenza,
" Partecipazione.
Tutto ciò per dare forza a un’economia e a una finanza fondate sui bisogni dell'uomo e
dell'ambiente.
BE ha orientato la propria strategia di impresa verso i seguenti traguardi:
1. Essere i pionieri di una nuova idea di banca, che sia luogo di incontro, dove le persone e la
banca manifestano trasparenza, solidarietà e partecipazione facendo della banca uno
strumento anche culturale per la promozione di un’economia che ritiene fondamentale la
valutazione sociale e ambientale del proprio agire.
2. Stimolare chi riceve il credito a sviluppare le competenze, le capacità e l’autonomia
necessarie ad acquisire la responsabilità economica, sociale e ambientale.
3. Garantire il risparmiatore in ordine alla precisione, all’efficienza della gestione e all’uso degli
affidamenti, all’attenzione all’uso delle risorse (sobrietà) e alla ripartizione dei profitti, in
modo coerente con le proprie attese.
4. Agire nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente e delle specificità culturali dei contesti
territoriali in cui opera per una migliore qualità della vita, orientando coerentemente le
attività della Banca stessa.
5. Permettere l’accesso al credito ai soggetti dell’Economia Sociale: imprese, persone e
progetti valutati principalmente per la loro capacità di produrre valore sociale.
Per ognuno di questi obiettivi sono stati proposti principi guida e attività connesse agli stessi.
La Banca esercita la sua ordinaria attività attraverso i tradizionali strumenti finanziari, proponendo
ai clienti diversi prodotti per l’investimento e il risparmio delle proprie finanze: conti correnti,
certificati di deposito, obbligazioni, libretti di risparmio, azioni, ecc. Oltre alla tradizionale istruttoria
di ogni singolo prodotto bancario, è prevista un’istruttoria sociale, attraverso la quale si analizzano
le conseguenze che le diverse attività possono comportare per lo sviluppo umano, per l’ambiente
naturale e per il bene comune.
Per garantire da parte degli aspiranti soci una condivisione dei principi sociali e dello spirito di
mutualità con coscienza del loro ruolo, è previsto un esame dell’affidabilità della candidatura del
socio da parte del Consiglio di Amministrazione, che deve manifestare la sua approvazione o
meno della candidatura. Come esercizio della trasparenza, è prevista la possibilità da parte dei
soci di rivolgersi al Collegio dei Probiviri al fine di richiedere il riesame della propria domanda.
Oltre ai valori appena esposti, BE riveste anche una funzione educativa nei confronti del
risparmiatore e del beneficiario del credito, responsabilizzando il primo a conoscere la destinazione
e le modalità di impiego del suo denaro, e stimolano il secondo a sviluppare con responsabilità
progettuale la sua autonomia e capacità imprenditoriale.
BE è articolata in una serie di organi con diverse responsabilità:
• Assemblea dei Soci: periodicamente è chiamata a esprimersi sull'operato degli
amministratori, confermando o togliendo la fiducia agli stessi,
• Consiglio di Amministrazione: detiene i poteri necessari per la gestione e la determinazione
degli indirizzi generali di gestione e di organizzazione della Banca,
• Collegio Sindacale: il suo compito è controllare l’amministrazione della Banca, vigilare
l’osservanza della legge, dello statuto, dei regolamenti e delle deliberazioni sociali,
• Comitato dei Probiviri: è chiamato a esprimersi su tutte le controversie che potrebbero
insorgere tra BE e i soci,
• Direzione Generale: dà esecuzione alle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione,
sovrintende al funzionamento della Banca, allo svolgimento delle operazioni e dei servizi,
secondo le direttive del Consiglio.
85
BE privilegia l'erogazione del credito a favore di organizzazioni appartenenti al terzo settore,
formalmente costituite in forma di cooperativa, associazione, ente, circolo (sono comprese anche
società di capitale, purché a loro volta controllate da enti no-profit). Su queste erogazioni la
banca richiede alcune garanzie. La prima garanzia necessaria è la validità del progetto, che, per
obbligo di legge, dovrà essere affiancata da altre forme di garanzia quali la fideiussione personale
firmata dai beneficiari dei finanziamenti (sarà così possibile valutare quanto questi credono nel
progetto e ne sono responsabili) e/o la garanzia patrimoniale. Da sottolineare che il tipo di
garanzia verrà concordato direttamente con il beneficiario del finanziamento, sulla base delle sue
reali possibilità. A queste forme di garanzia si affiancherà l'ampio ricorso a consorzi di garanzia fidi
(forma mutualistica di condivisione del rischio) e a forme di reciproco sostegno, coinvolgendo sia
l'ente locale sia la rete sociale che supportano e condividono il progetto da finanziare.
Così come la Banca richiede garanzie ai sui potenziali beneficiari, offre essa stessa diversi strumenti
di garanzia etica:
• Il Comitato Etico, principale organismo di garanzia istituzionale i cui componenti, nominati
dall'Assemblea dei Soci, hanno una funzione consultiva e propositiva, affinché le attività
della Banca si sviluppino nell'ambito dei criteri di eticità.
• Il Bilancio Sociale, che permette di far conoscere la specificità di BE, oltre ai meri dati
economici. Attraverso le linee programmatiche descrive quali sono i valori e i principi che
orientano l'attività della Banca; analizza i rapporti di BE con i diversi soggetti di riferimento,
quali le risorse umane, i soci, i clienti, i fornitori, lo Stato, gli enti locali, le altre istituzioni
creditizie e la collettività, in modo da far conoscere ai clienti e alla società il livello di
raggiungimento degli obiettivi sociali di finanza etica della Banca. Con il Bilancio Sociale,
BE non intende tanto arrivare a un’elevata utilità sociale, quanto dimostrare che nelle
performance economiche e finanziarie esiste una mission etica connaturata alla Banca.
Il processo definito da BE è basato su cinque passi fondamentali:
! definizione della mission (esplicitazione degli obbiettivi),
! costituzione del piano dei conti attraverso l’identificazione di parametri di controllo
significativi,
! redazione del consuntivo sociale,
! pubblicazione e diffusione dei risultati,
! identificazione degli elementi più rilevanti da inserire nel budget sociale.
• Il Modello VA.R.I. (VAlori-Requisiti-Indicatori), che rappresenta lo strumento attraverso cui
vengono valutati i progetti per i quali sono richiesti i finanziamenti e che garantisce la
corrispondenza di questi con i principi di BE. Si valuta il progetto e si procede al
finanziamento, a positiva conclusione di un esame della sua sostenibilità sia economica sia
sociale. Il modello VA.R.I. ha come valori fondamentali:
! partecipazione democratica,
! trasparenza,
! rispetto delle pari opportunità,
! rispetto dell’ambiente,
! qualità sociale,
! rispetto delle condizioni di lavoro,
! volontariato,
! solidarietà verso le fasce di lavoro,
! legami territoriali.
La valutazione secondo questo modello si basa sulla verifica del rispetto di tali valori da
parte dei richiedenti il finanziamento.
Come gia detto, il cliente può scegliere il settore di attività verso il quale vuole o si impegna a
indirizzare il proprio risparmio, cioè verso:
• cooperazione sociale: servizi socio-sanitari educativi, lotta all’esclusione sociale e
inserimento lavorativo di soggetti deboli;
• tutela ambientale e salvaguarda dei beni culturali: ricerca, sperimentazione e utilizzo di
fonti energetiche alternative e rinnovabili e di tecniche produttive non inquinanti; servizi di
smaltimento ecologico rifiuti; servizi di trasporto pubblici e/o collettivi ecologici; utilizzo di
processi produttivi e distributivi che comportano un impatto positivo sull'ambiente naturale
e umano; gestione del patrimonio naturale; sviluppo dell'agricoltura biologica e
biodinamica; promozione di una cultura e di una sensibilità ecologica;
86
•
•
cooperazione internazionale: sviluppo sociale ed economico sostegno del commercio
equo e solidale; formazione, istruzione ed educazione; promozione della imprenditorialità
minore; attività di accoglienza, assistenza e sostegno per immigrati; collaborazione tra
organismi di solidarietà del sud e del nord del pianeta;
cultura e società civile: gestione e tutela del patrimonio artistico e culturale; animazione
socio-culturale nelle aree a maggior degrado sociale; sviluppo dell'associazionismo senza
scopo di lucro; sviluppo di iniziative artistiche e culturali associate; accesso alle attività
sportive per tutti (con particolare attenzione alla categorie maggiormente disagiate);
creazione di occupazione nelle aree più povere; sostegno delle famiglie per l'adozione o
l'affidamento di minori; offerte di case o alloggi a soggetti socialmente deboli; promozione
del turismo sociale.
A sua volta, il cliente può stabilire il tasso d’interesse da applicare sul proprio risparmio, in modo da
esprimere attraverso di esso il grado di adesione ai progetti finanziati.
Diventando cliente di BE si contribuisce ad aumentare il capitale sociale che rappresenta la forza
e la garanzia della Banca nei confronti di terzi e le consente di dare corso a nuovi investimenti.
Come visto in precedenza, l'attività dei soci è fondamentale per promuovere la cultura del
risparmio etico e sensibilizzare l'opinione pubblica sull'economia solidale. Nondimeno, i soci
svolgono una funzione di stimolo e di indirizzo, affinché la Banca sia in grado di perseguire migliori
scopi e finalità sociali.
Consapevole dell’importanza della partecipazione del socio, BE si è dotata di una organizzazione
territoriale dei soci attraverso i Gruppi di Iniziativa Territoriale (GIT), con lo scopo di:
• creare un legame forte tra il socio e la banca,
• facilitare la partecipazione dei soci alla vita della banca, stimolando il dialogo e la
circolazione di idee, proposte e critiche,
• permettere alla banca un contatto reale e immediato con il territorio,
• sensibilizzare l'opinione pubblica sul risparmio etico,
• garantire l'informazione e la promozione locale di BE,
• verificare costantemente quanto le attività di BE incontrano il consenso delle persone.
BE offre inoltre ai clienti la possibilità di investire il proprio risparmio nei fondi denominati “Valori
Responsabili” che investono esclusivamente in imprese, organismi sovranazionali e Stati selezionati
in base ai criteri della responsabilità sociale (105 milioni di Euro di patrimonio complessivo). Questi
valori responsabili vengono gestiti da un’azienda creata da BE a tale proposito, Etica Sgr32 (2003). I
valori offerti sono:
⇒ Valori Responsabili Monetari
⇒ Valori Responsabili Obbligazionari Misti
⇒ Valori Responsabili Bilanciati.
Si tratta dei primi fondi italiani socialmente responsabili a essere controllati esternamente e
certificati da un marchio di qualità europeo.
A livello di microfinanza o di microcredito, BE conta sull’appoggio del consorzio Etimos33 che
stabilisce un contatto coi cittadini non bancabili del sud (ma anche del nord) del mondo.
Ad oggi Banca Etica fa parte delle grandi reti europee di finanza etica con l’obiettivo di dare
origine al più presto a una Banca Europea Alternativa, vocata all’investimento nel settore sociale.
In questi ultimi mesi (fine 2003 inizio 2004) BE, con la partnership del Consorzio Etimos, ha compiuto
importanti operazioni, tra le quali si può segnalare l’accordo con il governo brasiliano del
presidente Luiz Inácio Lula da Silva per il finanziamento di cooperative finanziarie all’interno del
programma di lotta alla povertà denominato “Fame Zero”, e la partnership finanziaria con Oxfam
Nata da un'idea di Banca Popolare Etica, con la collaborazione di Banca Popolare di Milano e con
l’impegno di ICCREA Holding (Banche di Credito Cooperativo) e Banca Popolare di Sondrio, per realizzare e
promuovere fondi comuni di investimento e altri prodotti finanziari con un elevato profilo di trasparenza e di
responsabilità sociale. È nata per indirizzare gli investimenti finanziari delle famiglie e delle istituzioni verso le
imprese e gli Stati più attenti alle conseguenze socio-ambientali delle loro azioni.
33 Il Consorzio Etimos è tra i principali promotori della Banca Popolare Etica, con la quale mantiene rapporti di
collaborazione. Etimos partecipa al movimento internazionale del microcredito. E' anche membro del Council
of Banks and Commercial Finance Institutions del Microcredit Summit.
32
87
International, una delle più importanti ONG attive su scala mondiale (in collaborazione con
Transfair, commercio equo e solidale), per portare avanti il progetto “Sin café no hay mañana” a
sostegno dei piccoli coltivatori di caffè honduregni, spinti ai margini del mercato dalle vessazioni
del governo locale e dal tracollo del prezzo internazionale del caffè.
Un altro progetto della Banca è l’alleanza tra Banca Popolare Etica e Coop Italia per rafforzare il
mercato dei prodotti equosolidali in Italia e sostenere finanziariamente i produttori dei Paesi in via
di sviluppo.
5.1.6 L’esperienza di una piccola impresa: Piacenza 74
L’identità dell’impresa
Piacenza 74 Scrl34 è una cooperativa edilizia di abitazione35 mista36, costituita il 4 febbraio 1974, da
cui la sua denominazione. È nata per iniziativa di un gruppo di lavoratori che vivevano il problema
della casa, investiti dall’improvviso sblocco dei fitti, dai costi elevati, oltre che dalla mancanza di
alloggi da reperire sul mercato dell’affitto.
La sua attività si concretizza nell’acquistare terreni, costruire, permutare e ristrutturare fabbricati o
porzioni di essi, da assegnare in proprietà divisa o indivisa, anche a mezzo di contratto di locazione,
con patto di futura vendita, senza fine di lucro e avvalendosi di tutte le disposizioni di legge a
favore dell'edilizia economica e popolare. La Cooperativa ha inoltre lo scopo di promuovere lo
sviluppo della cooperazione, dell'autogestione e della mutualità nonché di intraprendere tutte
quelle iniziative che mirano al miglioramento delle condizioni morali, economiche e sociali dei soci.
La Cooperativa fa parte dell'Associazione Nazionale delle Cooperative di Abitanti37, aderente alla
Legacoop38.
Piacenza 74 è anche inserita, con l'approvazione della Legge n. 59/92 sulle società cooperative,
nell'Albo Nazionale delle Società Cooperative Edilizie di Abitazione, istituito presso la Direzione
Nazionale della Cooperazione del Ministero del Lavoro. L'iscrizione all'Albo prevede una serie di
clausole restrittive che vagliano l'operato delle cooperative e selezionano quelle che danno
garanzia di serietà e correttezza.
Il principio di politica che la Cooperativa persegue è la soddisfazione dei bisogni abitativi dei suoi
soci, osservando il principio della “qualità totale” nelle sue diverse accezioni. Questo implica, nel
mercato dell’edilizia abitativa, assegnare alloggi che rispondano alle aspettative dei soci,
disegnati e costruiti per contribuire al loro benessere e alla loro qualità della vita e concorrere alle
politiche di aggregazione e socializzazione del territorio.
La cooperativa si impegna a orientare la definizione delle sue attività verso un’idea di sostenibilità,
mirando a conservare per le generazioni future il patrimonio ambientale, sociale ed economico,
sul quale oggi agisce in modo diretto e indiretto, senza compromettere le condizioni di sviluppo per
i cittadini di domani. Attraverso il suo operato, Piacenza 74 ha dimostrato di essere ben più di una
struttura dedicata esclusivamente all'edificazione di case e di alloggi. Si è interessata, oltre che alla
Società Cooperativa a Responsabilità Limitata.
Una cooperativa di abitazione è un'impresa, a responsabilità limitata, formata da cittadini che si associano
per realizzare insieme immobili da assegnare a se stessi in proprietà o in godimento a condizioni più favorevoli
rispetto a quelle presenti sul mercato e finanziandone la costruzione, almeno in parte, con i propri risparmi.
36 Esistono tre tipologie giuridiche di cooperative: quelle a proprietà indivisa, quelle a proprietà divisa e quelle
miste. Le prime assegnano al socio solo il godimento dell'alloggio, la cui proprietà resta alla cooperativa;
quelle a proprietà divisa, assegnano al socio la piena proprietà dell'appartamento tramite regolare atto
notarile (rogito), mentre le cooperative miste consentono di costruire abitazioni da assegnare sia in proprietà,
sia in godimento.
37 L’Associazione Nazionale delle Cooperative di Abitanti (A.N.C.Ab.) ha come missione: rispondere ai bisogni
abitativi delle fasce più deboli e/o emergenti dai processi economici e sociali (reddito, occupazione e
struttura del mercato del lavoro, immigrazione, ecc.) utilizzando in modo più competitivo, rispetto ad altri
soggetti l’intervento pubblico (finanziamenti e aree); offrire al mercato, promuovendo l’associazionismo degli
utenti e gli appositi investimenti, prodotti immobiliari vantaggiosi in quanto a rapporto qualità/prezzo; gestire
l’intero processo immobiliare e realizzarlo in condizioni di trasparenza e chiarezza tali da consentire la massima
tutela del socio/acquirente; contribuire, attraverso le proprie realizzazioni, a rispettare e migliorare l’ambiente
urbano e a produrre un valore durevole e incrementabile del patrimonio nel tempo.
38 Lega delle Cooperative nata nel 1893, con l’obbiettivo di assicurare lo sviluppo e il coordinamento del
movimento cooperativo.
34
35
88
forma abitativa, anche alle scelte attive, in relazione alle esigenze della città e soprattutto dei
cittadini.
La responsabilità sociale di Piacenza 74
D’accordo con il suo percorso storico e con i valori cooperativi, Piacenza 74 dialoga in modo
costante con i suoi soci favorendo la loro partecipazione consapevole alla vita della cooperativa
e mirando ad adeguare l’offerta abitativa sempre di più alle loro esigenze.
La cooperativa ha cominciato il suo percorso verso la qualità mediante l’adozione di un sistema di
gestione ISO 9001, e l’impegno a conformarsi ai requisiti dello standard SA 8000, soprattutto
attraverso la diffusione e la condivisione con i fornitori, che contribuiscono in modo preponderante
alla realizzazione dell’intervento edilizio.
Come requisito minimo e indispensabile, la Cooperativa sostiene, per se stessa e per i suoi fornitori,
l’osservanza della normativa nazionale vigente e delle disposizioni internazionali – quali la
Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione ONU sui Diritti del Bambino, la Convenzione ONU
per eliminare qualsiasi forma di discriminazione contro le donne e le norme ILO in tema di diritti
umani e condizioni di lavoro – in modo di attenersi a un’ottica di miglioramento continuo e
raggiungere la missione sociale di soddisfare le aspettative dei soci.
Il programma SA 8000 assunto dalla Cooperativa ribadisce e valorizza la sua politica nel rispetto del
socio e degli altri stakeholders di riferimento: si focalizza sulle condizioni di lavoro e si pone come
obiettivo ultimo la diffusione e il consolidamento lungo tutta la catena del valore della cultura della
responsabilità sociale d’impresa.
Piacenza 74 si impegna a competere e a distinguersi nel mercato per i suoi principi (riflessi nelle
scelte strategiche, implementati nei propri comportamenti organizzativi e condivisi con i suoi
fornitori) così da dimostrare la propria trasparenza (nella gestione dell’intero processo edilizio, cioè
dalla prima informazione, all’assegnazione e prenotazione, fino alla consegna della proprietà) e il
dialogo verso tutti gli stakeholders.
Nei confronti dei soci, tende a farsi carico dei loro problemi affinché non si sentano fruitori passivi
del bene (la casa), mediante un loro coinvolgimento attivo.
In questo contesto, la Cooperativa chiede ai suoi fornitori, che partecipano alle diverse attività
(progettazione, costruzione, e gestione di interventi edilizi), di aderire al programma SA 8000. Per i
restanti fornitori l’adeguamento allo standard è un elemento preferenziale per la scelta e il
proseguimento del rapporto. I fornitori contribuiscono in maniera preponderante alla creazione del
valore trasmesso ai soci e agli stakeholders; per questo motivo Piacenza 74 adotta diversi criteri di
valutazione alle diverse tipologie di fornitore:
• ai fornitori caratteristici in essere è richiesto di aderire al programma SA 8000 e di
conformarsi ai requisiti secondo un piano di miglioramento esplicitato;
• per gli altri fornitori in essere la conformità allo standard è un elemento preferenziale per il
rinnovo del rapporto;
• per la scelta di un nuovo fornitore caratteristico, la conformità allo standard è elemento
essenziale; per la scelta degli altri è preferenziale.
In relazione agli interventi, Piacenza 74 attiva controlli verso i fornitori più critici, concordando con
questi piani di miglioramento e verifiche ispettive.
Infine la cooperativa invita tutti i suoi fornitori a registrare e monitorare la propria catena di
fornitura, per diffondere ulteriormente i criteri dello standard e stimolare altre organizzazioni a
conformarsi.
Secondo la Cooperativa, la casa (come prodotto) ha bisogno di essere conosciuta: la
cooperativa mette in grado l'utente (il socio) di usare, gestire e conservare al meglio e nel tempo il
proprio bene, acquisendo anche una cultura tecnica dell'abitare. Per soddisfare questo proposito
Piacenza 74 ha creato un manuale di uso e manutenzione della casa, con lo scopo di descrivere
in modo dettagliato le parti essenziali della proprietà e di illustrare le ispezioni e le verifiche che su
di essa devono essere compiute regolarmente. Vengono inoltre suggerite indicazioni e consigli per
una manutenzione corretta dei materiali e su come intervenire per garantirne la sicurezza, la
durata e una migliore conservazione.
Stabilire un giusto approccio tra la tecnologia della casa, la manutenzione e l’uso significa
imparare a ridurre e minimizzare i fattori negativi che possono incidere sulla salute di chi vi abita. È
per questo che il manuale contiene anche informazione e consigli per aiutare i soci ad assumere
comportamenti più corretti nell'ambito domestico e a privilegiare le scelte di materiali e beni di
89
consumo che riducano l'inquinamento e garantiscano l'equilibrio ecologico, la salute e la sicurezza
nella propria abitazione.
Piacenza 74 ha pubblicato un bilancio sociale (2002) in occasione del trentesimo anniversario della
sua fondazione (25 marzo 2003). Questo bilancio è stato pensato come strumento per evidenziare
la risposta della Cooperativa ai bisogni e alle esigenze dei soci, della collettività e degli altri
interlocutori (i dipendenti, i clienti, i fornitori, i finanziatori, le persone che vivono nell’ambiente
sociale nel quale opera Piacenza 74). Il bilancio sociale consente anche la verifica di una
corrispondenza concreta tra i valori di riferimento dichiarati dalla Cooperativa e le scelte
effettuate, fra principi e obiettivi e le realizzazioni. Rende visibile le attività e i contenuti sociali delle
attività intraprese dalla Cooperativa.
Nel bilancio, Piacenza 74 ha ribadito la sua priorità di stabilire un programma straordinario di
edificazione per l’affitto, in cui si uniscono tanto le forze del settore pubblico come del privato. Si
impegna a costruire case in cui il rapporto qualità-prezzo per persone a reddito medio sia massimo
piuttosto che produrre immobili di lusso: la Cooperativa crede nell’importanza strategica di
dedicare sempre più attenzione al come fare edilizia, cioè al rispetto delle persone coinvolte,
dell’ambiente e della sicurezza39. Questo ideale è stato rafforzato attraverso la scelta di adottare
la certificazione etica secondo lo standard SA 8000.
Piacenza 74 si è proposta come obiettivo del bilancio sociale il perseguimento dei seguenti
principi:
• Soddisfare i bisogni abitativi dei soci attuali e potenziali assegnando in proprietà o in
locazione alloggi, offrendo il migliore rapporto qualità-prezzo, garantendo chiarezza nei
contratti e certezza nel prezzo
• Migliorare la qualità della vita dei propri soci innanzitutto fornendo loro case salubri,
realizzando ambienti urbani che consentano lo sviluppo dei rapporti interpersonali, della
vita di relazione, il riconoscimento e l’appartenenza al proprio territorio
• Stimolare e valorizzare capacità e creatività dei propri dipendenti e collaboratori;
perseguire un rapporto di stabilità con le imprese fornitrici
• Contribuire allo sviluppo del movimento cooperativo alimentando attività e azioni a favore
dei Soci e della collettività
• Promuovere e partecipare alle attività sociali, culturali, sportive e ricreative che favoriscono
l’organizzazione del tempo libero e lo spirito di solidarietà.
Piacenza 74 dimostra nel suo Bilancio di essere convinta dell’importanza della risorsa umana nel
successo dell’impresa, attraverso il coinvolgimento dei lavoratori, del management e dei
collaboratori nelle strategie aziendali.
Fa parte della missione garantire al socio una spesa di commissione pari a zero. Permette ai soci di
conseguire vantaggi concreti diretti, senza rinunciare a ottenere i propri fini mutualistici
caratteristici.
Come esempio di alcuni numeri della Cooperativa Piacenza 74 si può segnalare che:
• nel 2002 sono state registrate 174 ammissioni di soci, cui hanno fatto seguito solo 8
dimissioni,
• dei 166 soci, 81 sono assegnatari,
• alla fine del 2002 risultavano complessivamente 2490 soci (1702 maschi e 788 femmine), di
cui 1370 lavoratori dipendenti e 247 autonomi,
• il totale di soci assegnatari arriva a 1499,
• nell’ultimo triennio (2000-2002) sono state effettuate 162 assegnazioni, di cui 89 diventate
proprietà dei soci, 53 affitti con contratto di locazione permanente indivisa, 1 contratto di
locazione a termine e 19 immobili sono stati affittati con patto di futura vendita.
39
Bilancio Sociale Piacenza 74, 2002.
90
Rapporto qualità-prezzo al metro
quadro tra realizzazioni “Piacenza
74” e riferimenti di mercato.
Il risparmio medio ottenuto dai soci
della Cooperativa rispetto ai prezzi
di mercato, valutato su superfici e
immobili omogenei, risulta del 27,5
% per le assegnazioni effettuate nel
2002.
(valori in euro)
Fiorenzuola D'Arda
C.S.Giov anni
Monticelli D'Ongina
Castelv etro P.no
Piacenza
0
500
1.000
mercato
1.500
2.000
Piacenza'74
La realtà organizzativa di Piacenza 74 prevede come fondamento la partecipazione e il controllo
dei soci. Per facilitare queste attività il territorio è stato suddiviso in due Zone Soci che si organizzano
in Comitati di Zona:
1. i Comitati di Zona hanno il compito di assicurare la partecipazione costante dei soci alla
gestione della Cooperativa mantenendo rapporti organici con il Consiglio di
Amministrazione. In particolare partecipano alla formulazione dei programmi pluriennali
della Cooperativa soprattutto per la zona di competenza;
2. ai Comitati di Zona spetta cogliere e evidenziare i problemi e le esigenze dei soci,
promuovere l’elaborazione dei programmi particolari di Zona, acquisire un numero sempre
maggiore di soci.
La partecipazione dei soci avviene anche attraverso le assemblee che vengono convocate
qualora sia necessario un momento di confronto generale: esiste l’Assemblea Permanente, dotata
di compiti consultivi, che è di più immediata convocazione, e l’Assemblea Generale dei soci che si
riunisce per l’approvazione del bilancio d’esercizio e in altre importanti occasioni.
L’organizzazione della cooperativa è infine completata dal Consiglio di Amministrazione, dotato di
compiti esecutivi, dal Collegio sindacale, che attua verifiche sulla gestione, dal Collegio dei
probiviri che svolge mansioni di controllo.
Piacenza 74 si è rivolta alla società di revisione Uniaudit Spa di Bologna che ha svolto controlli sulla
veridicità dei dati riportati nel bilancio di esercizio, costituendo un importante elemento di
garanzia.
Un altro aspetto molto importante della Cooperativa è il coinvolgimento dei diversi stakeholders.
Piacenza 74 basa la sua attività sul concetto secondo il quale un rapporto costante e stretto con i
soci aiuti a mantenere un corretto sviluppo del percorso di qualità della cooperativa. Sono state
quindi pensate diverse iniziative pubbliche di presentazione dei programmi e riunioni con i soci per
presentare le nuove proposte edilizie e le diverse ragioni e i vantaggi conseguenti all’adesione alla
cooperativa di abitazione.
È stato sviluppato un questionario di gradimento attraverso il quale i soci sono stati invitati a
esprimere un giudizio sulla loro esperienza in cooperativa, con lo scopo finale di comprendere il
grado di soddisfazione delle persone per le quale lavorano.
Per aggiornare i soci, Piacenza 74 fa arrivare in ogni casa la rivista Informa Soci contenente le
notizie sul settore edilizio e tutte le novità rispetto ai programmi di sviluppo e alle opportunità che la
cooperativa riserva loro.
Piacenza 74 ha pensato e ideato La Card, una carta esclusiva per i soci con l’obbiettivo di:
• migliorare il rapporto dei soci con la Cooperativa, accentuandone il senso di
appartenenza,
• essere più vicini ai soci, anche dopo la consegna della casa, sviluppando per loro nuovi
servizi,
• rendere sempre più evidente il vantaggio di aderire alla Cooperativa.
I primi servizi cui La Card dà diritto riguardano diversi settori: dalla salute allo sport, ai viaggi,
all’assistenza fiscale, legale e previdenziale, alla manutenzione e ristrutturazione della casa, alla
tutela dei soci-consumatori. Questo è stato possibile grazie a intese e accordi speciali con alcune
91
associazioni, aziende, studi professionali che permettono ai soci della Cooperativa di ottenere
condizioni economiche vantaggiose e privilegiate.
Una via di coinvolgimento dei soci è l’offerta di diversi programmi di finanziamento. La
Cooperativa facilita il finanziamento per l’acquisto della casa, riducendo i costi e favorendo il
ricorso al credito. Gli Istituti di Credito, per la determinazione del Tasso di interesse praticato sui
Mutui Casa, applicano normalmente un interesse, che varia mediamente dall’1,25% al 2% per la
loro migliore clientela. Per i Soci della Cooperativa questo interesse si riduce, a seconda dei casi,
all’1%, allo 0,90%, o allo 0,65%. Sono state concordate inoltre altre condizioni aggiuntive, quali
l’eliminazione della penale in caso di riduzione o estinzione anticipata del mutuo, la possibilità di
eseguire direttamente la perizia, la riduzione delle spese di istruttoria, la riduzione a una volta e
mezza dell’importo dell’ipoteca.
Piacenza 74 propone ulteriori vantaggi per la costruzione della casa, cioè qualità edilizia, qualità
urbana, qualificazione della vita cittadina, qualificazione della vivibilità (prestando attenzione a:
spazi verdi per quantità e qualità, capitolato verde che prevede l’uso di materiali specifici per
realizzare bio-architettura, controllo radioattività sui materiali di costruzione).
Le linee guida di Piacenza 74 sono sviluppate tenendo conto che i problemi della città vanno
affrontati con una visione urbanistica. Viene data rilevanza non solo alla qualità della singola
abitazione ma alla qualità della vita di parti di città, considerando residenza, servizi, verde,
viabilità, in una valutazione globale. In altre parole, considera come parte dei sui obbiettivi
l’integrazione e la coesione sociale. Un nuovo concetto di qualità vuol dire anche prestare
attenzione alla trasformazione urbanistica della città attraverso l’individuazione di punti qualificanti
da sviluppare. La Cooperativa li ha individuati nella qualità dell’abitare, nei piani di riqualificazione
e recupero e nello studio e nella ricerca storico-ambientale sulle aree degli interventi.
5.2 GLI ENTI LOCALI
Gli Enti locali selezionati appartengono a tre diversi livelli amministrativi, al fine di mostrare come
sia possibile incidere in differente maniera sul territorio, sia con l’applicazione degli strumenti
descritti, soprattutto per quanto concerne la redazione di un bilancio sociale, sia nella
promozione e nella diffusione degli strumenti di responsabilità sociale.
5.2.1 La Regione Toscana
L’esperienza della Regione Toscana rappresenta un esempio di riferimento a livello nazionale, per
l’impegno e per la determinazione con le quali l’Ente ha inteso integrare la responsabilità sociale,
nelle sue diverse componenti, all’interno delle politiche e degli obiettivi di governo. Si tratta di un
percorso sviluppato a partire dalla consapevolezza che le Pubbliche Amministrazioni rivestono, a
livello territoriale, un ruolo cruciale nell’implementazione degli strumenti per la responsabilità
sociale.
Mediante una efficace azione programmatica e legislativa, la Regione Toscana sta infatti
contribuendo in modo rilevante a orientare il sistema produttivo e imprenditoriale locale verso una
gestione socialmente responsabile, sostenendo efficaci iniziative di promozione e investimento in
questo ambito. Tale azione trova una precisa collocazione nel contesto internazionale,
garantendo, anche a livello comunitario, un dialogo costruttivo con i principali interlocutori
istituzionali.
L’apparato produttivo toscano è caratterizzato da due elementi strutturali distintivi: da una parte,
le piccole e medie imprese, che rappresentano circa il 98% delle imprese totali presenti sul territorio
e costituiscono il cuore nevralgico del mondo imprenditoriale locale; dall’altra, i distretti industriali,
reti economiche più o meno strutturate, che determinano coesione e integrazione tra le diverse
attività esercitate sul territorio.
Per rafforzare un sistema economico così articolato, dandogli visibilità e riconoscibilità a livello
nazionale e internazionale, la Regione Toscana ha ritenuto fondamentale investire nella ricerca e
92
nello sviluppo, nonché nell’adozione di strumenti gestionali che favoriscano il consolidamento delle
relazioni interne ed esterne alle imprese, anche in un’ottica di responsabilità sociale.
Le prime riflessioni in questo senso sono emerse a partire dal giugno 2000, quando la Regione,
nell’ambito della definizione del Documento Unico di Programmazione (DOCUP) per la richiesta di
risorse al Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR), ha compiuto una efficace ricognizione
degli strumenti e delle azioni da promuovere per garantire non solo la qualità dei prodotti e dei
servizi forniti, ma anche l’eticità del processo produttivo. Obiettivo dell’Ente non è stato ottenere
unicamente un miglioramento di immagine del sistema imprenditoriale toscano, ma piuttosto
affermare uno sviluppo fondato sulla credibilità e sulla coesione sociale.
In questo percorso, guidato dall’Assessorato all’Industria, Artigianato, PMI, Innovazione,
Cooperazione, Promozione e Internazionalizzazione del sistema produttivo, lo standard SA 8000 è
apparso come lo strumento più efficace per la costruzione di una “tracciabilità sociale”, quale
elemento distintivo delle imprese e dei prodotti locali: si tratta infatti di uno standard conosciuto e
diffuso a livello internazionale, orientato al miglioramento continuo. La Toscana è stata così la
prima regione europea a istituire provvedimenti in solido per l’eticità delle imprese. La misura 1.4.1.
“Aiuti agli investimenti immateriali” del DOCUP, approvato dalla Commissione Europea nel
settembre 2001, ha stabilito che, a partire da una disponibilità complessiva pari a 27.000.000 Euro,
fruibile fino al 2006, le piccole e medie imprese possono richiedere un contributo a fondo perduto
per la certificazione per coprire il 40%-50% della spesa sostenuta.
Per le piccole e medie imprese che non hanno sede nelle aree obiettivo 2, il Fondo Unico
Regionale per le Attività Produttive ha invece bandito un bando specifico, con una disponibilità
complessiva pari a 4.000.000 di Euro.
A un anno dall’istituzione dei bandi nel 2002, le imprese che hanno ottenuto il finanziamento e
avviato l’iter per la certificazione sono risultate 57.
Contestualmente alla definizione dei contributi finanziari, la Regione Toscana, consapevole della
necessità di sviluppare conoscenza e informazione sui temi della responsabilità sociale, anche
mediante la divulgazione delle diverse esperienze maturate, ha avviato diverse iniziative di
promozione degli strumenti e delle buone pratiche realizzate.
Nel dicembre 2001, l’Ente ha curato un commento al Libro Verde della Commissione Europea,
focalizzando l’attenzione sul valore aggiunto acquisito dalle imprese socialmente responsabili in un
mercato sempre più attento non solo alla compatibilità ambientale, ma anche all’eticità dei
prodotti.
Nel marzo 2002, l’Assessorato ha organizzato a Firenze il convegno internazionale “Fabrica Ethica –
Responsabilità sociale delle imprese: SA 8000”, con l’obiettivo di offrire una vetrina su tutte le
esperienze maturate in campo normativo, tecnico e applicativo nel campo della RSI. In occasione
del convegno è stato attivato il sito www.fabricaethica.it, che fornisce un quadro di riferimento
completo sul contesto teorico nel quale si è sviluppata l’azione della Regione, illustrando nel
dettaglio il progetto politico adottato, nonché le modalità operative con le quali va sviluppandosi.
Durante i mesi immediatamente successivi, l’azione normativa dell’Ente è proseguita con
l’approvazione della Legge Regionale n. 11/2002 “Norme per l’introduzione dei prodotti biologici,
tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e programmi di educazione alimentare nella Regione
Toscana” che, nelle gare d’appalto, attribuisce priorità alle imprese che utilizzino prodotti
provenienti da aziende certificate SA 8000. Allo stesso modo, la conformità allo standard SA 8000 è
stata introdotta come requisito di forte premialità per l’attribuzione degli appalti ai trasporti
pubblici regionali.
Diversi soggetti del sistema produttivo locale, hanno recepito gli sforzi compiuti a livello istituzionale
iniziando l’iter per la certificazione: non solo le imprese, in particolare quelle del settore
manifatturiero e agroalimentare, ma anche organizzazioni di diverso tipo, come Enti Bilaterali,
Camere di Commercio, Amministrazioni comunali.
Per garantire l’efficacia e la concretezza delle iniziative avviate a livello regionale, nel maggio
2003, è stata costituita la Commissione Etica Regionale (CER), quale organo di supporto per la
Giunta Regionale in materia di responsabilità sociale. La Commissione nasce con l’obiettivo di
condividere il percorso per la costruzione di uno sviluppo regionale socialmente responsabile con
tutti i portatori di interesse presenti sul territorio: la CER è presieduta dall’Assessore all’Industria e
Artigianato e si compone di 24 membri, rappresentanti delle istanze economiche e sociali locali.
Per l’approfondimento di alcune tematiche cruciali sono stati attivati tre differenti gruppi di lavoro:
- Certificazione di distretti e di filiera
93
- Etica in economia e finanza
- Strumenti della RSI e adattabilità alle PMI
Nel maggio 2003, la Giunta Regionale, ha approvato la proposta di legge che detta le “Norme
contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere”,
attualmente in attesa di approvazione da parte del Consiglio Regionale. Si tratta di una
importante presa di posizione nei confronti dei pregiudizi, ancora molto diffusi nel mondo del
lavoro, rispetto alle scelte individuali sull’orientamento sessuale e l’identità di genere: la proposta di
legge prevede provvedimenti di servizio e azioni volte a garantire uguali opportunità di accesso ai
percorsi formativi e alle offerte di impiego.
Nel luglio 2003, la Giunta Regionale Toscana ha inoltre avviato uno studio di fattibilità per valutare
la possibilità economica e tecnica di giungere alla certificazione integrata dell’Ente, secondo un
sistema di gestione che preveda l’adesione agli standard SA 8000 e ISO9001 e al regolamento
EMAS.
A livello nazionale e internazionale, i rapporti istituzionali sono stati rafforzati anche grazie a recenti
iniziative. Nel novembre 2003, la strategia della Regione Toscana è stata presentata
all’Europarlamento di Bruxelles: l’Italia è il Paese con il maggior numero di imprese certificate SA
8000 e la maggior parte di queste risulta concentrata in Toscana.
Nel febbraio 2004, è stato stipulato un protocollo d’intesa con la Regione Campania che, a partire
da obiettivi condivisi, formalizza la volontà dei due Enti di collaborare tra loro per la definizione di
modalità comuni di intervento e promozione della responsabilità sociale.
È significativo, inoltre, che, nel marzo 2004, la sottocommissione ONU per la promozione e la
protezione dei diritti umani abbia previsto in Toscana una delle tappe di presentazione della
risoluzione ONU 2003/16 sulla responsabilità legale e sociale delle imprese, riconosciute, per la
prima volta, come soggetti responsabili della tutela dei diritti umani e dei lavoratori.
Infine, dal 28 al 30 aprile 2004, si è tenuto a Firenze il convegno internazionale “La responsabilità
sociale delle imprese per un’Europa dei diritti” con l’obiettivo di offrire, alla luce del recente
ingresso dei Paesi dell’Est nell’Unione Europea, un contributo concreto alla definizione di una
nuova strategia europea per la RSI.
5.2.2 La Provincia di Parma
L’inquadramento territoriale
La Provincia di Parma è ubicata nella porzione orientale della Regione Emilia-Romagna e presenta
una superficie complessiva di 3.447 kmq. Ha una popolazione di 407.754 abitanti, suddivisa in 47
Comuni, di cui 15 montani, 16 di collina e 16 di pianura. Conta con un totale di 40.671 imprese
attive vocate a diversi settori di attività economica quali, principalmente: agricoltura, caccia e
silvicoltura; attività manifatturiere; costruzione; attività immobiliare, ecc.
La rendicontazione della Provincia di Parma
Dal 2001 ha deciso di rendicontare ai cittadini i risultati delle sue azioni, come prassi di valutazione
dei propri risultati strategici, mediante una rendicontazione chiara, globale e trasparente della
cultura e dei valori dell'organizzazione, del modello progettuale e delle attività, degli interventi
eseguiti, degli investimenti attuati, sia all'interno della Provincia sia in relazione al territorio di
riferimento, evidenziando le risorse attivate direttamente o indirettamente. Si tratta di rendicontare
alla società le scelte effettuate, fornendo nuovi elementi che possono contribuire non solo ad
informare ma anche a migliorare la possibilità di valutazione dell’operato, avviando la
realizzazione di un sistema di ascolto.
A questo scopo, la Provincia di Parma ha sviluppato il suo Bilancio Sociale, col quale ha vinto il
premio Oscar di Bilancio 2003 (categoria Enti Pubblici), come riconoscimento dello sforzo di
trasparenza realizzato nel periodo di mandato e come sforzo profuso nella comunicazione.
Il bilancio della Provincia di Parma, che nasce nella sua prima edizione nel 2001, unico esempio in
Italia applicato all’intera attività di un Ente, si caratterizza per un’esposizione puntuale dei
programmi di attività e dei dati finanziari. È inoltre arricchito dalla predisposizione di un bilancio
sociale suddiviso per distretti territoriali e corredato da tabelle di sintesi.
Questo strumento, del tutto innovativo nell'ambito della Pubblica Amministrazione, permette di
leggere le cifre prodotte secondo un punto di vista diverso: quello dei cittadini, misurando i
94
benefici e i vantaggi acquisiti da ogni gruppo sociale portatore d'interesse (istituzioni, categorie
sociali, utenti dei servizi, associazioni, risorse umane interne all'Ente, fornitori, rappresentanti della
collettività) e costituendo un proficuo processo di confronto con quanto è stato compiuto
dall'Ente.
Attraverso la realizzazione del bilancio sociale, la Provincia di Parma si è proposta come obiettivi:
• il mantenimento di una trasparenza contabile basata sul rispetto delle procedure e dei
regolamenti e su controlli esterni frontali di legittimità,
• lo sviluppo di un’accountability gestionale, caratterizzata dall’adozione di strumenti di
programmazione e di controllo40.
Il primo bilancio (2001) della Provincia di Parma è indirizzato ai dirigenti e agli assessori dell’ente,
all’opinione pubblica, a tutti i portatori d’interesse41, alla cittadinanza, mediante pubblicazione sul
sito internet, ai quattro distretti territoriali (Comunità Montana Est, Comunità Montana Ovest,
associazione Terre Verdine e Parma e comuni della cintura) e agli operatori economici. Già nel
2002, la comunicazione viene approfondita con la pubblicazione di 170 mila copie del bilancio
sociale che sono state spedite alle famiglie del territorio, e con la realizzazione di un corso di
formazione rivolto a tutte le risorse umane dell’ente. In occasione del bilancio sociale di mandato,
il report è stato pensato attraverso un focus group riservato ai lavoratori dell’ente e dedicato al
cambiamento dei piani della mission, della managerialità e delle risorse umane.
Nell’evoluzione del suo percorso di rendicontazione sociale, la Provincia ribadisce il suo impegno a
proseguire nella costruzione di un sistema di ascolto dei cittadini42 e a indirizzare le sue forze
d’azione verso il riequilibrio territoriale.
La rappresentazione delle attività della Provincia è stata puntualizzata per ognuna delle quattro
grandi aree rappresentative del ruolo e delle competenze dell’ente, che interpretano le diverse
finalità del suo operato e all’interno delle quali è possibile far confluire tutti i servizi. Queste quattro
aree sono:
• Politiche del territorio e funzioni di governo (Area 1): ambiente, risorse naturali, polizia
provinciale, risorse umane, macroprogetti (PTCP), ecc.,
• Infrastrutture (Area 2): viabilità e trasporto pubblico locale (esclusi sicurezza e turismo),
macro progetti Docup 2, ecc.,
• Sociale e qualità della vita (Area 3): trasposto pubblico locale (sicurezza stradale), cultura,
servizi sociale, sanità, ecc.,
• Sviluppo del Sistema economico locale (Area 4): servizi politiche del lavoro, formazione
professionale, agricoltura, ecc..
Nel periodo 2001-2003, il budget che la Provincia di Parma ha messo a disposizione è stato di circa
360 milioni di Euro, ripartiti come da grafica:
Risorse destinate alle aree
22%
26%
19%
32%
politiche del territorio e funzioni di gov erno
Sociale e qualità della v ita
Infrastrutture
Sistema economico locale
la Responsabilità Sociale
nelle
attività
di
pianificazione
Il
percorso
intrapreso
dall’Amministrazione della
Provincia
si
caratterizza
come
progetto
partecipato, in quanto la
componente principale è
stata, da fin dalle sue prime
fasi,
la
comunicazione
completa e a più livelli di
informazioni e dati. È dalla
Bilancio Sociale di mandato 1999-2003.
I portatori d’interesse individuati sono: le risorse umane interne all’Amministrazione; gli altri enti locali
(Comuni della Provincia, Comunità Montane, Consorzi di Comuni); le associazioni di cittadini e cittadine, gli
enti e i privati; le imprese, anche individuali, e gli enti fornitori di opere, beni e servizi; le associazioni di imprese,
le imprese e gli enti partecipati della Provincia di Parma; le istituzioni pubbliche, la Regione Emilia Romagna e
lo Stato italiano; il sistema bancario e finanziario.
42 Bilancio Sociale di mandato 1999-2003.
40
41
95
comunicazione con i diversi stakeholders che parte il processo di rendicontazione. Un processo
diviso in aree e per portatori d’interesse, dove si qualifica la politica della trasparenza. Con questo
metodo di rendicontazione territoriale della spesa è possibile verificare se esiste una coerenza
effettiva tra gli obiettivi del programma di mandato e le concrete realizzazioni del periodo di
governo in rapporto alle esigenze e alle aspettative di un territorio.
L’attività della Provincia è articolata in sezioni, corrispondenti alle 4 aree citate in precedenza e,
per ognuna di esse, sono stati sviluppati diversi progetti.
Le attività previste dal Bilancio Sociale di Mandato
Una delle iniziative avviate per ampliare il dibattito e il confronto con le diverse realtà del territorio provinciale
(Area 1) è stato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), strumento di pianificazione e
programmazione territoriale a disposizione dell’Ente, che definisce il piano di assetto generale del territorio al
fine di promuoverne uno sviluppo basato sulla concertazione e sulla sostenibilità ambientale e sociale. Come
risultato di questa iniziativa sono stati messi a punto diversi progetti, tra cui:
•
Patto Territoriale Appennino parmense: avviato nel marzo del 1999, interessante 29 comuni della
fascia montana e pedemontana, relativo a un’area di 2.411 Kmq, e coinvolgente il 30,2% della
popolazione della Provincia;
•
Difesa attiva dell’Appennino: attivo dal giugno 2001, finalizzato a rilanciare l’attività di manutenzione
diffusa del territorio e il coordinamento sinergico, alla scala del bacino idrografico, mediante tutti i
piani e i programmi di riassetto idrogeologico in capo ai vari Enti sottoscritti;
•
Protezione Civile: articolata in quattro principali linee d’attività (previsione, prevenzione,
soccorso/emergenza e superamento), la pianificazione mira a raccogliere, elaborare e aggiornare i
dati interessanti la Protezione Civile individuando gli scenari di rischio;
•
Nuova sede dei Palazzi Giordani: progetto di restauro conservativo e adeguamento di impianti ad
uso ufficio dell’amministrazione provinciale, inserito nel contesto di attività tese alla riqualificazione del
patrimonio provinciale attraverso l’alienazione di tutti gli immobili non funzionali ai fini istituzionali e la
concentrazione di tutte le attività dell’ente in strutture di proprietà;
•
Tutela Ambientale: le attività sono state organizzate in diversi programmi: rifiuti, inquinamento
elettromagnetico, acqua, aria. In questa materia, la Provincia di Parma ribadisce l’importanza della
partecipazione dei cittadini e della comunità come protagonisti delle politiche ambientali. Per
perseguire tale scopo, sono stati previsti programmi di educazione ambientale e attività di
informazione. La Provincia di Parma ha aderito alla Carta di Aalborg con cui ha approvato gli indirizzi
per l’attuazione dell’Agenda 21 Locale, con l’istituzione di un forum formato dai portatori di interesse
dei problemi ambientali del territorio e del loro rapporto con lo sviluppo locale. Inoltre,
coerentemente con i principi dello sviluppo sostenibile, ha avviato il proprio processo di certificazione
ambientale EMAS che ha diffuso tra le aziende agroalimentari del territorio. La tutela dell’ambiente si
concretizza anche con le azioni di tutela e conservazione del patrimonio naturale;
•
Parchi: rivisitazione del sistema delle aree protette, che comprende un parco nazionale e diversi
istituzioni regionali, per proteggere complessivamente di 23.766 ha di elevato interesse qualitativo,
naturalistico, storico, insediativi e architettonico;
•
Risorse naturali, fauna selvatica e ittica: attività di pianificazione, programmazione e controllo dell’uso
e della salvaguardia delle risorse naturali e della fauna selvatica;
•
Sistemi informativi e comunicazione digitale: promozione e coordinamento della diffusione di
infrastrutture informatiche sul territorio, attraverso un articolato ventaglio di progetti finalizzato
all’innovazione della Pubblica Amministrazione e allo sviluppo economico locale;
•
Risorse umane e organizzazione: sviluppo delle risorse umane attraverso una politica del personale
finalizzata alla gestione per obiettivi, mediante una attuazione rapida degli adempimenti e in
constante attenzione nella gestione del personale e nell’impostazione delle relative politiche al
potenziale delle risorse umane;
•
Pianificazione, programmazione e direzione generale: impostazione di un nuovo sistema di
pianificazione dell’ente e di un Piano per gli obiettivi, che ha come riferimento il controllo di gestione,
e a cui verrà aggiunta la finalità di monitorare, sotto l’aspetto temporale e delle risorse, i progetti
previsti dai vari servizi;
•
Statistica: supporto alla definizione dello scenario per le scelte di pianificazione strategica e di
programmazione che caratterizzano l’attività dell’Ente; a questo si aggiunge l’elaborazione di
elementi di valutazione dell’impatto delle politiche adottate, in particolare attraverso indicatori di
efficacia esterna43.
L’area Infrastrutture (Area 2), con il 22% circa delle risorse complessive, comprende il trasporto pubblico, la
viabilità, le reti telematiche sul territorio e raccoglie sia le iniziative di programmazione e pianificazione, sia gli
43
Bilancio Sociale di mandato 1999-2003.
96
interventi di realizzazione e manutenzione di strade e la gestione del sistema del trasporto pubblico locale. Gli
investimenti sono stati destinati ai seguenti progetti:
•
Po Fiume d’Europa: progetto che si inserisce nelle politiche di sviluppo locale e si pone l’obiettivo di
valorizzare le risorse di 26 comuni della fascia emiliana del Po promuovendone i prodotti
agroalimentari, i circuiti enogastronomici, culturali e tutte le potenzialità di sviluppo che il fiume
assegna a questi territori;
•
Docup Obiettivo 2: è il programma europeo di sostegno allo sviluppo dei territori, recepito dalla
Regione Emilia-Romagna e gestito in collaborazione con le Province. È nato con lo scopo di
incentivare le aree della regione con difficoltà strutturali e ridurre il deficit di sviluppo tra le aree
montane e quelle di pianura; il programma sostiene con contributi in conto capitale gli investimenti
privati e quelli delle pubbliche amministrazioni nei comuni montani della Provincia di Parma;
•
Infrastrutture Turistiche: i progetti puntano alla riqualificazione delle strutture di proprietà dell’Ente
attraverso interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di strutture, edifici e impianti, nonché
attraverso interventi di totale riqualificazione e nuova edificazione e con la gestione delle strutture
stesse e la fornitura dei servizi ai turisti, contribuendo così a rilanciare il settore turistico ricettivo nella
zona appenninica;
•
Viabilità: i programmi sono stati indirizzati verso la gestione programmata degli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade provinciali, la gestione d’interventi di sistemazione
e di ripristino da danni alluvionali, e l’attività di progettazione, contabilità e direzione dei lavori di
opere per lo sviluppo del territorio;
•
Trasporto Pubblico Locale e Stazioni Ferroviarie: il progetto mira a migliorare la mobilità nelle aree
deboli e alla riqualificazione delle piccole stazioni mediante il miglioramento dell’accessibilità al
servizio ferroviario in alcuni comuni;
•
Rete Telematica: attraverso questo strumento strategico la Provincia eroga servizi a comuni e a
cittadini; permetterà ai cittadini di avere accesso ai servizi a prescindere dal singolo ente che li eroga
e all’interno di un sistema unico e integrato.
Gli interventi nell’area culturale, formativa e dei servizi alla persona (Area 3) sono di vitale importanza per la
realizzazione di un processo nel quale l’integrazione sociale mira alla creazione di una cittadinanza attiva e
partecipativa sul territorio. Tanto il valore del territorio come la qualità della vita dipendono dalla condivisione
degli strumenti culturali e dei valori di solidarietà, dalle pari opportunità e dalla promozione umana che la
Provincia ha posto al centro del suo Statuto: tali principi rappresentano i suoi convincimenti più profondi. Le
azioni intraprese si possono riassumere in:
•
Piste Ciclabili e Sicurezza Stradale: miglioramento della sicurezza stradale finalizzato a ridurre il numero
delle vittime nelle strade di massimo rischio, rafforzando la capacità di monitoraggio e di governo
della sicurezza stradale;
•
Parmigianino 2003: recupero e valorizzazione di castelli e ville signorili presenti sul territorio e testimoni
dell’epoca;
•
Medioevo Europeo di Jacques Le Goff: mostra allestita ai Voltoni della Pilotta, salutata come un
evento culturale di grande originalità;
•
Servizi Turismo e Cultura: azioni di marketing turistico, attuate concordemente da una pluralità di
soggetti, pubblici e privati, che hanno comportato un costante incremento di arrivi e presenze e un
trend significativo di afflusso di turisti stranieri; offerta di una nuova opportunità ai turisti con particolari
necessità, nel segno del diritto alla vacanza per tutti, della qualità certificata e dei turismi specifici,
aderendo al progetto della Regione Emilia-Romagna “Turismo per Tutti” che ha ottenuto
riconoscimento e finanziamento europeo;
•
Museo Guatelli: progetto che nasce dalla volontà di acquisire nel patrimonio pubblico la collezione
Guatelli, segnalata nel 1999 da una commissione nazionale per i beni demo-etno-antropologici come
opera d’arte irripetibile e di interesse nazionale;
•
Musei del Cibo: arricchimento e integrazione dei percorsi enogastronomici già esistenti, offrendo il
territorio e i prestigiosi prodotti che lo rappresentano; strumento innovativo per la promozione e
l’immagine della cultura, dell’economia e del turismo locale, per lo sviluppo e la diffusione
dell’educazione alimentare;
•
Cultura: potenziamento delle strutture culturali e miglioramento dell’offerta culturale;
•
Pari Opportunità: incremento della visibilità delle tematiche relative alle pari opportunità;
•
Servizi Sociali e Sanità: la Provincia di Parma ha confermato il suo impegno sociale attraverso una
forte attività nelle politiche sociali e sanitarie che ha interessato diverse aree;
•
Conferenza Sanitaria Territoriale di Parma: sviluppo della conferenza composta da tutti i sindaci della
Provincia di Parma e presieduta dal Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Parma;
•
Scuola ed Edilizia Scolastica: sviluppo e razionalizzazione del parco degli edifici scolastici
caratterizzato dalla presenza di numerose aule in affitto o dislocate in plessi separati, come previsto
dall’ampio piano pluriennale di realizzazioni seguito al trasferimento degli immobili scolastici alla
Provincia;
97
•
Comunicazione – Urp: disponibilità di uno spazio fisico per l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP),
attualmente esistente solo in forma elettronica e con alcune postazioni sperimentali.
Il Bilancio Sociale ha consentito alla Provincia di Parma di percepire il reale peso dell’area economica (Area
4) nei suoi programmi amministrativi. I programmi avviati sono stati:
•
Crac Parmalat Tavolo di crisi e di credito: con la manifestazione della crisi del gruppo Parmalat, la
realtà pubblica e privata ha subito un vero cambiamento, portando all’istituzione di un Tavolo
Istituzionale per affrontare la nuova realtà nazionale, regionale e provinciale;
•
Marketing Territoriale e “Sistema Parma”: progetto promosso dalla Provincia di Parma insieme al
Comune di Parma, alla Camera di Commercio e all’Università degli Studi, con l’obiettivo di portare
avanti un’azione coordinata e sinergica, per rendere più competitiva la Provincia e, allo stesso
tempo, operare per il miglioramento della vita dei cittadini. A questo scopo è stata creata la
Associazione Marketing Territoriale “Sistema Parma”;
•
Scuola Internazionale di Cucina: progetto ideato con l’obiettivo di mettere a sistema e ai massimi
livelli la cultura culinaria regionale e nazionale;
•
Parma e l’Europa: la Provincia di Parma diventa l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, creata
al fine di garantire la sicurezza degli alimenti lungo l’intera filiera alimentare, “dalla terra alla tavola”;
•
Politiche del Lavoro e Formazione Professionale: la Provincia si è impegnata a investire nella
formazione dei giovani per qualificare e sviluppare la professionalità di chi lavora;
•
Società ed Enti Partecipati: nel periodo di mandato la gestione è stata dinamica, si sono cioè
verificati aumenti e diminuzioni nelle quote delle società, portando complessivamente a un aumento
delle quote detenute dalla Provincia;
•
Agricoltura e Attività Produttive: la Provincia ha messo a disposizione una serie di misure previste dalla
legislazione nazionale e regionale per incidere nel governo delle risorse finanziarie destinate alle
imprese e al comparto agroalimentari.
5.2.3 Il Comune di Copparo (FE)
Il percorso e gli strumenti
1998
•
Pubblicazione del primo Bilancio Sociale. Il documento è stato aggiornato negli anni successivi.
2001
•
Avvio del processo di Agenda 21 Locale.
•
Pubblicazione del primo Rapporto sull’Ambiente nell’ambito del processo di A21L.
2002
•
Avvio del progetto MicroCIP nell’ambito dell’iniziativa comunitaria EQUAL.
•
Presentazione del primo Piano d’Azione, denominato Schema 21, nell’ambito del processo di A21L.
2003
•
Avvio delle indagini diagnostiche del territorio per la definizione del Piano Strategico dei comuni del
copparese (dicembre 2002-febbraio 2003).
•
Presentazione delle bozze di Piano (maggio-luglio 2003).
2004
•
Pubblicazione del secondo Rapporto sull’Ambiente, con alcuni elementi di contabilità ambientale da
inserire nel Bilancio sociale 2004, e del Bilancio Sociale 2003.
•
Approvazione ufficiale del Piano Strategico.
L’inquadramento territoriale
Il Comune di Copparo si estende nella parte centro-orientale della Provincia di Ferrara su una
superficie complessiva di 157 kmq. La conformazione del territorio è completamente pianeggiante
e ciò ha favorito la forte urbanizzazione per insediamenti residenziali, produttivi e agricoli. È stato
inserito nelle aree Obiettivo 2 dell’Unione Europea con una serie di interventi per la creazione di
nuove imprese.
Il bilancio sociale
Copparo è stato tra i primi enti locali italiani a dotarsi di un bilancio sociale, con il fine dichiarato di
valutare con uno strumento innovativo l’impatto dell’attività dell’ente sulla collettività, superando
l’ottica in cui si inseriscono i tradizionali bilanci economici.
Il bilancio è suddiviso in dieci capitoli:
1. indicatori principali;
2. ambiente urbano;
3. iniziative culturali;
98
4. occupazione;
5. imprese;
6. efficienza del comune;
7. servizi pubblici a domanda individuale;
8. dipendenti;
9. servizi socio-assistenziali;
10. associazioni sul territorio.
Ciascun capitolo è sviluppato sulla base di uno dei quattro articoli elencati nella missione del
comune:
1. migliorare costantemente la qualità della vita e rendere Copparo attraente per persone e
imprese;
2. creare su tutto il territorio un ambiente urbano, culturale e sociale che favorisca lo sviluppo
dell’occupazione attraverso la crescita e l’insediamento di attività produttive a basso
impatto ambientale;
3. costruire un comune aperto, efficiente e attento ai bisogni dei cittadini di oggi e di domani
facendo crescere le professionalità interne;
4. garantire la solidarietà verso i più deboli allargando la rete dei servizi sociali anche con il
coinvolgimento dei privati e del volontariato.
Al termine di ogni capitolo vengono proposte alcune azioni di miglioramento, come, ad esempio,
prevedere la realizzazione di un servizio di rilevazione statistica dei dati occupazionali, al fine di
monitorare l’andamento dell’occupazione con dati più precisi rispetto a quelli rilevati dall’ISTAT.
Nel corso degli anni i bilanci sociali presentati hanno mantenuto la stessa impostazione: questo ha
permesso di costruire serie storiche per gli indicatori, avendo così una visione d’insieme
dell’andamento dei diversi fattori. Per alcuni aspetti sono stati introdotti nuovi indicatori di
approfondimento.
Nel bilancio del 2001, dopo quattro anni di esperienza di redazione del bilancio sociale, sono state
tratte alcune conclusioni complessive che, travalicando il singolo anno, individuano linee di
tendenza, positive e negative, e tracciano ulteriori approfondimenti da tenere in considerazione in
futuro. Questa impostazione è stata poi mantenuta per gli anni successivi.
Per la redazione del Bilancio Sociale del 2004 è già stato predisposto l’inserimento di alcuni
elementi di contabilità ambientale.
L’Agenda 21 Locale
Il processo di Agenda 21 Locale è stato avviato nel corso dell’anno 2001 con la costituzione di uno
staff per la realizzazione del primo Rapporto sull’Ambiente del comune, presentato al Consiglio
Comunale in settembre.
Dopo aver realizzato alcuni incontri, finalizzati ad accrescere la consapevolezza di cittadini e
amministratori sulle tematiche legate allo sviluppo sostenibile, nel marzo 2002 è stato istituito il
Forum di Agenda 21 Locale con la partecipazione di 80 stakeholders rappresentativi della realtà
sociale, culturale, ambientale ed economica del territorio. I partecipanti si sono suddivisi in tre
gruppi tematici.
1. identità e risorse del territorio: un piccola Città, sei Comuni e ventisei Piazze;
2. lo Sviluppo Sostenibile: una sfida tra innovazione e crescita;
3. le politiche per la famiglia: un Welfare di Comunità.
Inoltre sono stati previsti in alcuni spazi di aggregazione tre specifici Forum: dei Giovani, degli
Adolescenti, dei Nonni.
A metà del 2003 il Forum è stato denominato Schema 21 e sono state predisposte cinque aree di
attività: il Bilancio Sociale, gli Indicatori Europei, la sostenibilità, l’ambiente, i rapporti con
l’Associazione Coordinamento Nazionale delle Agende 21 Locali Italiane. Alcune delle azioni
individuate dal Forum si possono riassumere come segue:
- mailing con 80 imprese locali;
- animazione e preparazione della sostenibilità con il sistema scolastico e il volontariato
locale;
- comunicazione e rassegna stampa;
- animazione nelle frazioni;
- elaborazione del “Progetto sostenibilità: alcuni strumenti di gestione” con il Gruppo di
lavoro dei piccoli e medi comuni italiani, composto da, oltre a Copparo, Vercelli, Cavriago
(RE), Casarano (LE), Casigliano (CE), Manfredonia (FG) e Montale (PT).
99
Nel 2004 è stato presentato il secondo Rapporto sull’Ambiente unitamente agli elementi di
contabilità ambientale per il bilancio sociale del 2004.
Il Progetto MicroCIP-EQUAL
Il Progetto, inserito nell’iniziativa comunitaria EQUAL, è stato promosso nel 2001 da AECA,
associazione di 24 centri di formazione professionali della Regione Emilia Romagna, rivolto alle aree
inserite nell’Obiettivo 2 dall’Unione Europea.
Sono state previste diverse attività, alcune specifiche per azioni rivolte all’ambito territoriale locale,
altre rivolte all’ambito interprovinciale, che hanno un impatto sull’intera Regione.
Obiettivi generali del Progetto sono:
- sviluppare e rafforzare l’economia sociale (terzo settore) attraverso il sostegno qualitativo e
la creazione di servizi;
- favorire il raggiungimento di un elevato livello di occupazione per le categorie presenti sui
territori individuati;
- contrastare il fenomeno della discriminazione e della disuguaglianza attraverso approcci
operativi mirati;
- favorire l’approccio di genere nell’attivazione dell’iniziativa.
L’intervento, basato su un approccio multidimensionale, si è proposto di rimuovere, da un lato, lo
svantaggio territoriale, dall’altro, quello sociale. Lo svantaggio territoriale si riscontra in quei luoghi
in cui emergono criticità quali: carenza di servizi e strutture, spopolamento, incapacità di
adeguare l’economia locale ai cambiamenti globali, abbandono da parte dei giovani e scarsa
qualificazione della popolazione giovanile.
Per rimuovere lo svantaggio sociale, sono state prese in considerazione azioni nei confronti dei
gruppi più svantaggiati o maggiormente a rischio di discriminazione come, ad esempio, i giovani,
le persone immigrate (in particolare le donne) e le donne residenti in generale.
Il progetto MicroCIP, così come viene richiesto dal formulario ministeriale per le iniziative EQUAL, è
stato suddiviso in dieci macrofasi, di cui le prime cinque specificatamente riguardanti azioni da
avviare in ambito locale:
1. animazione, sensibilizzazione territoriale e diffusione;
2. misure di accompagnamento (studi, ricerche, ecc.);
3. attività formativa rivolta a giovani disoccupati;
4. avvio di imprese cooperative;
5. attivazione di servizi territoriali (sportelli informativi, collegamenti intercomunali, ecc.).
I prodotti finali attesi in seguito alla realizzazione del progetto sono, in estrema sintesi:
- servizi informativi integrati;
- Forum territoriali permanenti;
- micro-cooperative;
- servizi per le cooperative esistenti e per le neocooperative;
- centri polivalenti (aggregazione giovanile, immigrati).
Il Piano Strategico “1909-2009 Sei campanili-Ventisei piazze-Un’utopia realizzabile”
Il Comune di Copparo, in associazione con le amministrazioni di Ro, Berra, Jolanda, Fomignana,
Tresigallo (FE), ha deciso nel 2003 di avviare un procedimento di concertazione per la definizione
del Piano Strategico dei sei comuni. La superficie totale interessata è pari a 420 kmq, per un totale
di 38.650 abitanti. Il Piano Strategico è un atto volontario di costruzione e condivisione della visione
futura del proprio territorio. Si tratta di uno strumento più flessibile rispetto al Piano Regolatore
Generale e prevede la sottoscrizione di un patto tra tutti coloro che hanno interessi e
responsabilità sul territorio – comprese le amministrazioni locali – nel quale vengano esplicitati gli
impegni che ognuno si assume per la realizzazione della visione futura.
Non si tratta di uno strumento che riguarda in maniera specifica la responsabilità sociale, ma
rientra nelle iniziative che un ente locale può decidere di avviare per aumentare la trasparenza e
la condivisione delle proprie decisioni strategiche.
Il Piano, infatti, prevede una forte partecipazione della comunità locale e nel caso specifico del
territorio copparese la bozza di piano, predisposta da un comitato tecnico-scientifico a supporto di
diversi gruppi di lavoro tematici, è stato sottoposto al vaglio del Forum di Agenda 21 Locale.
Questo aspetto assume particolare rilevanza in un’ottica di integrazione degli strumenti utilizzati
dall’amministrazione.
100
Partendo dalla visione strategica “Delta 7 – La città moltiplicata dall’identità al valore
dell’intangibile”, il piano è stato articolato in sei linee strategiche:
1. ricercare la nuova identità, sviluppare la cultura e le politiche giovanili come risorse
strategiche;
2. potenziare il governo sovracomunale, la finanza innovativa e i diritti ai servizi;
3. affermare la sostenibilità ambientale quale metodo di programmazione;
4. migliorare le infrastrutture, la qualità urbana e i sistemi di comunicazione (verso una nuova
urbanità complessa). Aumentare l’attratività residenziale del territorio;
5. promuovere l’imprenditorialità e l’occupazione attraverso lo sviluppo della ricerca, della
formazione e della valorizzazione del territorio (per un aumento del valore del capitale
umano);
6. ripensare i servizi alla persona (verso un welfare diffuso).
Ciascuna linea strategica comprende un certo numero di obiettivi (ventisei in tutto). Per ciascun
obiettivo, infine, sono state definite una o più azioni. In totale sono state individuate cento azioni,
alcune delle quali direttamente riconducibili alla responsabilità sociale.
In particolare, all’interno della linea strategica 1, l’obiettivo 4 prevede di “Sviluppare socialità,
solidarietà, senso di appartenenza e tolleranza (Società aperta)”, approfondito attraverso 6 azioni
specifiche. La linea strategica 2, con l’obiettivo 6, prevede di “Promuovere un piano tra enti e
istituzioni per migliorare la trasparenza, la semplificazione e la comunicazione e garantire i diritti ai
servizi (Governance interistituzionale)” attraverso 4 azioni specifiche, tra le quali la numero 28, cioè:
rendere trasparente la rendicontazione delle risorse pubbliche (bilancio partecipato e bilancio
sociale). Le cento azioni sono state presentate ufficialmente, con l’apposizione della firma al Piano
da parte dei sei sindaci, il 6 aprile 2004 in occasione della riunione plenaria del Forum.
5.3 LE ASSOCIAZIONI
Nell’ambito delle associazioni, sono stati selezionati tre casi di studio in ragione dell’impegno
dimostrato nell’applicazione e nella promozione degli strumenti della Responsabilità Sociale.
In particolar modo si sono distinte Assolombarda e Camera di Commercio di Milano, che, grazie
ai loro compiti statutari, operano in stretto contatto con il mondo imprenditoriale, orientando la
propria attività al miglioramento del sistema produttivo e alla sua competitività. In questo senso i
due enti si impegnano nell’indirizzare l’operato delle imprese associate verso modelli di
produzione e consumo rispettosi dei principi morali ed etici finora trattati.
La sezione si chiude con un’Organizzazione Non Governativa, CESVI, che opera quotidianamente
nel rispetto dei principi della responsabilità etico-sociale, il cui ordinario bilancio di esercizio
corrisponde, di fatto, a un bilancio sociale. Tale caso costituisce uno spunto di riflessione sulle
attività conducibili in Italia e all’estero improntate all’effettivo raggiungimento delle pari
opportunità tra popolazioni diverse e della pari dignità umana.
5.3.1 Assolombarda
L’identità dell’Associazione
Dopo la liberazione dell'Italia da parte degli Alleati, in un clima di mancanza di materie prima,
carbone, e ordini dal mercato sia italiano che estero, il 25 giugno del 1945 viene stilato l'atto
costitutivo dell'Associazione Industriale Lombarda costituita da 54 soci fondatori.
Numerosi e onerosi sono gli impegni che l'Assolombarda comincia ad affrontare per risolvere i
problemi strutturali e il malcontento della popolazione per il carovita44.
Il principio basilare del rapporto con le imprese si concretizza nel non fare alcuna distinzione tra
grandi e piccole imprese: per questo la ricostruzione dei sindacati di categoria all'interno
dell'Associazione è stato uno dei primi adempimenti contemplati nello Statuto originale, approvato
dall'assemblea costitutiva del 25 giugno del 1946. Nello stesso anno prende il via la prima iniziativa
di solidarietà: le aziende sono invitate a versare ogni anno 100 lire per ogni dipendente, che vanno
a confluire in un Fondo a scopo benefico.
44
www.assolombarda.mi.it/a0_storia.asp
101
Assolombarda è l'associazione delle imprese industriali e del terziario dell’area milanese, cioè
l'associazione che rappresenta il mondo imprenditoriale di Milano e Provincia. È una delle più
antiche organizzazioni imprenditoriali d'Italia e, per dimensioni, la più rappresentativa nel sistema
Confindustria45, rispetto al quale:
• fa parte dell’Assemblea della Confederazione Nazionale ed è membro dei suoi Organi e
comitati tecnici;
• fa parte di Federlombardia46 ed è membro dei suoi Organi.
CONFINDUSTRIA
Federazioni regionali
Federazioni nazionali di
settore
Associazioni territoriali
Associazioni di categoria
Assolombarda
oltre 5.500 imprese
oltre 280.000 addetti
Imprese
Ad Assolombarda aderiscono le piccole, medie e grandi imprese milanesi per sostenere i principi
della cultura imprenditoriale. Conta circa 5.650 imprese associate produttrici di beni e servizi in tutti
i settori merceologici, con un totale di più di 287.139 addetti sul territorio provinciale e altre
centinaia di migliaia nel resto del Paese47.
Assolombarda partecipa, inoltre, a un insieme di organizzazioni (di cui in molti casi è socio
fondatore) che, operando in sinergia con l’Associazione stessa, danno vita a un sistema per
l’erogazione di servizi specialistici.
La struttura organizzativa
L’Associazione è conformata strutturalmente in diversi Organi:
È la principale organizzazione rappresentativa delle imprese manifatturiere e di servizi in Italia, fondata nel
1910. Raggruppa, su base volontaria, più di 113.000 imprese di tutte le dimensioni per un totale di circa
4.200.000 addetti.
Il valore base che ispira l'azione dell'organizzazione degli imprenditori è la convinzione che la libera impresa e
il libero esercizio dell'attività economica, in un contesto di economia di mercato, siano fattori di sviluppo e di
progresso per l'intera società.
In base al suo Statuto Confindustria si propone di contribuire, insieme alle istituzioni politiche e alle
organizzazioni economiche, sociali e culturali, nazionali e internazionali, alla crescita economica e al
progresso sociale del Paese.
Con questo fine Confindustria rappresenta le esigenze e le proposte del sistema economico italiano nei
confronti delle principali istituzioni politiche e amministrative, incluso il Parlamento, il Governo, le organizzazioni
sindacali e le altre forze sociali.
46 È la federazione che rappresenta a livello regionale le Associazioni territoriali che associano 12.000 imprese
industriali e oltre 600.000 dipendenti, costituendo la più importante federazione regionale italiana, pari a un
quarto dell'intera Confindustria.
Fondata nel 1971, raggruppa le dodici Associazioni territoriali della Lombardia (Bergamo, Brescia, Como,
Cremona, Lecco, Legnano, Mantova, Milano, Monza, Pavia, Sondrio, Varese) e il Centredil-Ance Lombardia.
Rappresenta e tutela gli interessi delle imprese aderenti al sistema in tutte le materie assegnate alla
competenza legislativa e amministrativa delle Regioni nonché le relative attività di informazione destinate a
tutte le altre componenti del sistema e, tramite Confindustria, alle istituzioni nazionali e comunitarie.
47 Assolombarda, Bilancio Sociale 2003.
45
102
!
!
!
!
!
l’Assemblea, dove viene garantita l’espressione di tutte le attività merceologiche e di tutti
gli orientamenti presenti nel corpo associativo,
la Giunta, composta da 143 componenti effettivi e 27 invitati,
il Consiglio Direttivo, composto dal Presidente, dai Vice Presidenti, dal Consigliere incaricato
per il Centro Studi, dal Tesoriere, dall'ultimo ex Presidente, dal Presidente dell'Organizzazione
Zonale, dai rappresentati delle imprese associate e dai membri proposti dal Presidente in
rappresentanza delle più significative realtà imprenditoriali e associative,
la Consulta dei Presidenti dei Gruppi Merceologici che è il punto di raccordo tra la base
associativa e il Presidente dell’Associazione,
la Presidenza48.
Ai fini della partecipazione delle diverse imprese, Assolombarda è articolata in:
! Gruppi Merceologici: sono 22 e costituiscono il luogo di partecipazione continua delle
imprese associate; si propongono anche come punti di riferimento per le imprese delle
diverse categorie, assicurando loro la tutela degli interessi imprenditoriali nei relativi settori;
! Piccola Industria: contribuisce alla realizzazione degli scopi associativi con particolare
attenzione alle imprese con meno di 250 dipendenti, sensibilizzando l’opinione pubblica e
le forze sociali alla cultura industriale e allo spirito imprenditoriale nonché stimolando le PMI
ad acquisire consapevolezza riguardo alla funzione che esse rivestono nell’economia e
nella vita associativa;
! Gruppo Giovani Imprenditori: ha il ruolo di stimolare e promuovere la crescita dei giovani
imprenditori attraverso la formazione culturale, la conoscenza degli aspetti economici,
sociali, politici e aziendali dell’attività delle diverse imprese, la diffusione dei valori delle
imprese nella società civile;
! Organizzazione Zonale: concorre alla realizzazione degli scopi associativi a livello locale
attraverso una capillare rete di imprenditori attiva sul territorio49.
48
49
Assolombarda, Bilancio Sociale, 2003.
Assolombarda, Bilancio Sociale, 2003.
103
SISTEMA CONFINDUSTRIA
CONFINDUSTRIA
FEDERAZIONI REGIONALI
FEDERAZIONI NAZIONALI DI
SETTORE
ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
ASSOCIAZIONI DI
CATEGORIA
Assoservizi S.p.A.
Assocaaf S.p.A.
Assotec. S.c.a.r.l.
ACF S.p.A.
Sodalitas
Museimpresa
Consorzio Qualità
Assoutility S.r.l
Assolombarda
Consorzio Assoutility
Australia – China –
Japan Desk
Confidi Milano
SISTEMA ASSOLOMBARDA
I valori dell’Associazione
I valori che distinguono l’Associazione si possono riassumere come segue:
• centralità della persona: rispetto dell’integrità fisica e culturale di ogni individuo in quanto
portatore di valori e interessi legittimi e protagonista di relazioni sociali, economiche e
ambientali;
• responsabilità: operare tenendo conto dell’impatto dei propri comportamenti sugli altri e
perseguendo relazioni rispettose del contesto umano, sociale e ambientale;
• indipendenza e integrità: perseguire le finalità e assolvere le funzioni sopra descritte senza
obiettivi di lucro, in piena indipendenza da qualsiasi condizionamento e nel rispetto delle
disposizioni confederali in materia di ripartizione dei ruoli e delle prestazioni fra le
componenti del Sistema (impegni assunti nello Statuto dell’Associazione);
• partecipazione/continuità: senso di appartenenza a qualcosa che cresce nel tempo,
desiderio di partecipare alla sua costruzione, coscienza e apprezzamento del lavoro di chi
è venuto prima, senso delle radici della cultura associativa e consapevolezza che il futuro si
costruisce giorno per giorno;
• conoscenza/innovazione: conoscenza, come sistema strutturato e diffuso, capace di
produrre ricerca e tecnologia, competenze e professionalità, in grado di generare
innovazione; innovazione, come fattore trainante dello sviluppo ed elemento
fondamentale della valutazione delle imprese;
• cittadinanza sociale: modalità con cui un’impresa o un’associazione contribuisce
volontariamente a creare coesione sociale e sviluppo sostenibile, attraverso la gestione
responsabile delle relazioni con la comunità in cui opera.
Inoltre, Assolombarda:
• adotta il Codice etico e la Carta dei valori confederali, ispira ad essi i propri comportamenti
e le proprie modalità organizzative, impegnando alla loro osservanza tutti gli associati50,
50
Statuto Assolombarda, art. 2.
104
•
condivide il concetto di mutualità proprio dell’associazionismo confederale, fondato sullo
stare insieme per esprimere bisogni e tutelare interessi.
In un contesto di Società libera, Assolombarda persegue lo sviluppo dell’industria e
dell’imprenditorialità sul territorio; si propone inoltre di tutelare gli interessi degli associati, favorirne il
progresso e svilupparne il benessere attraverso la solidarietà e la collaborazione reciproca51.
In un rapporto proattivo e dialettico con gli attori sociali, si propone come parte costruttiva e
dinamica nella promozione del benessere comune.
La responsabilità sociale di Assolombarda
Assolombarda si è impegnata volontariamente nell’adozione di strumenti di gestione della
responsabilità sociale per contribuire a creare coesione sociale e sviluppo sostenibile attraverso la
gestione responsabile delle relazioni con la comunità in cui opera: un impegno che essa persegue
e che trova la sua formalizzazione nel bilancio sociale.
L’Associazione ha intrapreso un percorso di rendicontazione sociale rivolgendosi in particolare ai
suoi associati, ben sapendo che attualmente non tutte le imprese sono in grado di esprimere per
se stesse un analogo documento.
Il bilancio sociale di Assolombarda intende rappresentare la cultura di tutti i suoi associati: grandi
aziende leader, medie aziende in crescita e aziende più piccole.
Il 3 dicembre 2001, il Bilancio Sociale di Assolombarda vince il premio speciale nell’ambito
dell’edizione dell’Oscar di Bilancio e della Comunicazione Finanziaria, “per il suo aspetto
pionieristico, precursore a livello europeo, come primo rendiconto di una associazione
industriale”52. Questo documento legittima nel mondo industriale la cultura del dialogo con gli
stakeholders, del rendiconto sugli impatti sociali e ambientali, oltre che economici, delle operazioni
aziendali.
Con il Bilancio Sociale Assolombarda ha voluto confermare e rafforzare la sua scelta di
comunicare in modo aperto e sviluppare un confronto costruttivo con l'insieme dei suoi
stakeholders, cioè rendere conto in modo organico e misurabile dell'entità del coinvolgimento
nelle sue iniziative, dei protagonisti e degli attori che fanno parte del suo contesto di riferimento:
risorse umane, imprese associate, istituzioni e soggetti pubblici, giovani, ambiente, sistema sociale,
sistema economico-produttivo, mondo del lavoro e sistema culturale.
Assolombarda interagisce con tutti i suoi interlocutori interni (risorse umane e imprese associate),
con le organizzazioni del Sistema Assolombarda, e con tutti i soggetti esterni (Sistema economico
produttivo, Ambiente, Sistema sociale e culturale, ecc.).
51
52
Statuto Assolombarda, art. 2.
FERPI (2001).
105
SISTEMA ASSOLOMBARDA
Sistema
Economico
Produttivo
Ambiente
Assoservizi S.p.A.
Assocaaf S.p.A.
ACF S.p.A.
Istituzioni e
Soggetti
Pubblici
Assotec. S.c.a.r.l.
Risorse umane
Assoutility S.r.l
Assolombarda
Sodalitas
Museimpresa
Consorzio Qualità
Consorzio Assoutility
Imprese Associate
Sistema
Sociale e
Culturale
Australia – China –
Japan Desk
Confidi Milano
Mondo
del Lavoro
Sistema
Formativo
e Giovani
Stakeholders esterni
Stakeholders interni
Organizzazioni del
Sistema Assolombarda
Per quanto concerne la gestione del personale, Assolombarda ha adottato nel 2003 un sistema di
gestione per obiettivi (Management by objectives – MBO). Attraverso questo sistema, gli incrementi
retributivi dei Direttori di Settore e dei Responsabili di Area vengono legati al raggiungimento di
obiettivi individuali identificati dalla Direzione Generale e condivisi con gli interessati, sia nella fase
di identificazione che nella fase di verifica, e subordinati per tutti al raggiungimento degli obiettivi
di budget da parte dell’Associazione. Con l’applicazione di questo sistema l’Associazione ha
voluto sviluppare il senso di appartenenza tra gli obiettivi relativi alla gestione delle risorse umane
da parte dei manager.
La gestione delle risorse umane viene gestita dall’Associazione attraverso:
!
la formazione istituzionale, coinvolgendo trasversalmente tutte le competenze
dell’Associazione; la formazione non è considerata come un parametro da valutare
quantitativamente, in quanto viene influenzata dalle scelte strategiche (forme
d’interazione tra i dipendenti) e dalle emergenze di esigenze specifiche (formazione
sull’innovazione tecnologica o sui processi qualitativi);
!
la comunicazione, finalizzata a responsabilizzare i collaboratori e valorizzare il loro
coinvolgimento, a far circolare e condividere le informazioni, e a incrementare la
soddisfazione professionale.
Per quanto riguarda il rapporto con le imprese associate, Assolombarda stabilisce un contatto
continuo attraverso:
!
la presenza delle imprese negli organi dell’Associazione;
!
l’attività di rappresentanza;
!
l’erogazione dei servizi da parte della struttura;
!
la partecipazione delle aziende alle iniziative di ascolto e a progetti specifici;
!
la continuità della comunicazione e del dialogo.
106
Assolombarda offre alle impresse associate diversi servizi di informazione, interpretazione
normativa, supporto tecnico, analisi, aggiornamento, assistenza, valutazione, su:
! ambiente,
! internazionalizzazione,
! appalti pubblici,
! lavoro,
! approvvigionamenti,
! marketing,
! assicurazioni,
! previdenza e assistenza,
! comunicazione,
! privacy,
! cultura d’impressa,
! qualità,
! diritto societario,
! ricerca e innovazione,
! e-business,
! sicurezza, salute e prevenzione,
! energia elettrica e gas,
! consultazione sindacale,
! finanza,
! subfornitura,
! fisco,
! traffico e trasporti,
! formazione,
! urbanistica e territorio,
! insediamenti produttivi,
! studi e ricerche.
Un aspetto considerato come molto importante dall’Associazione è la customer satisfaction, cioè il
livello di soddisfazione e le esigenze delle imprese. Assolombarda sviluppa un’indagine in questo
senso ogni due anni.
Per certificare la sua qualità verso le imprese che rappresenta, Assolombarda è dotata dal 1997 di
un Sistema di Qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001:1994. Nel 2002 ha provveduto
all’aggiornamento del suo Sistema di Qualità secondo le nuove norme UNI EN ISO 9001:2000.
Nei confronti di istituzioni e mondo politico, Assolombarda mantiene un rapporto diretto di
collaborazione e confronto, soprattutto in quegli aspetti che riguardano la comunità e il territorio,
ma anche in tematiche non strettamente locali, come il sistema economico e il mondo del lavoro.
Attraverso il Gruppo di Giovani Imprenditori Assolombarda, essa ha focalizzato la sua attenzione sul
tema dell’Unione Europea, con l’obiettivo di mantenersi aggiornata sulle decisioni prese a Bruxelles
che abbiano ricadute sull’economia e sulle imprese.
Nel suo rapporto con la pubblica amministrazione, le imprese e la cittadinanza, nel 2003
l’Associazione ha portato avanti diverse iniziative (Pratiche on line, Difensori PMI, Monitoraggio e
collaborazione con gli Sportelli Unici Attività Produttive – SUAP, e investimenti in e-government) per
meglio comprendere i problemi e le necessità degli stessi.
Assolombarda è anche impegnata a indirizzare parte delle sue attività, iniziative e progetti verso la
valorizzazione del sistema economico produttivo milanese con lo scopo di migliorare il contesto
territoriale nel quale operano le imprese: l’Associazione attuerà un monitoraggio del territorio, per
conoscerne le caratteristiche economiche, sociali e ambientali per poi concentrarsi nella
definizione di un contesto territoriale competitivo per le imprese.
Favorire l’internazionalizzazione delle imprese locali contribuendo a valorizzare la potenzialità del
territorio milanese è un altro impegno di Assolombarda portato avanti attraverso molteplici
iniziative e interventi di partecipazione con i diversi gruppi di lavoro locali e internazionali.
Tra le tipologie di stakeholders, il mondo del lavoro costituisce un riferimento importante da
considerare. Assolombarda si fa portavoce di valori come il rispetto e la centralità della persona
attraverso il dialogo con le organizzazioni sindacali, poiché è convinta che un mercato del lavoro
flessibile e relazioni industriali moderne possano portare a una crescita competitiva del territorio e a
un aumento dell’occupazione.
Assolombarda partecipa a diversi comitati, commissioni e gruppi di lavoro nell’ambito di Enti
pubblici con lo scopo di stabilire un confronto tra le esigenze del cittadino e dell’economia.
Per mezzo del Sistema Formativo e Giovani, Assolombarda si impegna in attività e iniziative per:
!
modernizzare il sistema educativo;
!
favorire l’orientamento dei giovani;
!
favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro;
!
diffondere la cultura del partenariato tra il sistema delle imprese e il sistema della
formazione.
107
Assolombarda partecipa a partnership con altre società, organismi e imprese, con lo scopo di
diffondere la qualità nelle scuole e contemporaneamente formare gli studenti e i dipendenti per
affrontare il mondo del lavoro. Sviluppa inoltre attività di partenariato con le università, per
costruire forme di collaborazione e avviare tirocini aziendali.
Infine, Assolombarda sostiene le imprese
ambientale (ISO 14001 ed EMAS) e, sempre
con Regione, Provincia, Comuni, Camera
volontari, formazione e costruire una base
sviluppo sostenibile.
nel raggiungimento della certificazione/registrazione
in campo ambientale, sviluppa attività di partenariato
di Commercio, ecc., per favorire il dialogo, accordi
conoscitiva condivisa per poi operare in un’ottica di
Da alcuni anni, Assolombarda sostiene lo sviluppo di Sodalitas (Associazione per lo Sviluppo
dell’Imprenditoria nel Sociale) di cui è fondatore e socio sostenitore.
Sodalitas
Nel 1995 Assolombarda e un gruppo di imprese e di manager associati istituiscono Sodalitas, Associazione per
lo Sviluppo dell'Imprenditoria nel Sociale. Sodalitas contribuisce a promuovere una moderna cultura d'impresa
basata su concetti come sviluppo sostenibile, marketing sociale e finanza etica, considerando la
responsabilità sociale dell’impresa una componente essenziale della business excellence. È la prima
associazione imprenditoriale a pubblicare, dal 2000, un proprio bilancio sociale, oltre ad aver nominato al suo
interno un consigliere con incarico specifico per la responsabilità sociale d’impresa. Avvalendosi di consulentivolontari e personale in distacco temporaneo dalle imprese aderenti, Sodalitas indirizza il patrimonio di
competenze imprenditoriali di cui è portatrice al servizio di fondazioni, associazioni, cooperative sociali e altri
enti che hanno finalità non di lucro.
Tra le iniziative socialmente responsabili, ha promosso, singolarmente e in partenariato con attori locali, la
creazione di asili nido nei luoghi di lavoro. In quest’ottica, si inserisce il sostegno al progetto Issim Contact che
è parte dell’accordo firmato a Milano tra il Ministero del Welfare e Assolombarda per promuovere la
Responsabilità Sociale delle Imprese, attraverso azioni di sostegno, iniziative condivise ed eventi informativi e
valorizzando le buone pratiche. È anche prevista la promozione su tutto il territorio nazionale di Issim Contact,
mediante un servizio innovativo di informazione e consulenza telefonica, finalizzato a sostenere la persona nei
momenti critici della vita familiare e lavorativa, rivolto in particolare ai dipendenti delle piccole e medie
imprese. L’accordo, che durerà tre anni, è stato siglato dal Ministro del Welfare, dal presidente di
Assolombarda, e dal presidente dell’Istituto per il Servizio Sociale nell’Impresa53.
Sodalitas offre diversi servizi tanto al settore no-profit quanto alle imprese, perché il primo migliori la capacità
di operare in modo professionale e acceda a competenze tipiche del mondo d'impresa e le seconde
dispongano di strumenti efficaci per dare concretezza al loro impegno nel sociale, per rafforzare il loro ruolo di
soggetti responsabili nella comunità.
Tra questi servizi:
•
aiuta le organizzazioni no-profit offrendo il contributo tecnico e professionale dei propri consulenti
attraverso interventi di consulenza volontaria e gratuita;
•
offre alle imprese strumenti innovativi di intervento nel sociale, che aiutano a creare valore aggiunto
per la comunità, per l'impresa stessa, la marca e i suoi prodotti;
•
realizza progetti speciali e iniziative di carattere generale per la crescita del settore no-profit;
ISSIM è un'associazione apolitica e senza fini di lucro, legalmente riconosciuta, alla quale possono aderire
imprese industriali, commerciali e di servizi, nonché enti pubblici e privati. L'Istituto è stato costituito nella forma
giuridica attuale il 23 ottobre 1945 per iniziativa di Assolombarda e di alcune importanti imprese industriali
milanesi, strutturandosi con aggiornati criteri tecnici e professionali sulle basi di quello che era stato il primo
istituto italiano di servizio sociale nelle imprese, fondato nel 1921. In data 20 luglio 1979, con Decreto del
Presidente della Repubblica, ha ottenuto il riconoscimento giuridico. Organizza e gestisce attività di servizio
sociale per i lavoratori delle aziende associate, tramite un rapporto di collaborazione regolato da una
convenzione rinnovabile di anno in anno.
L'attività di servizio sociale è svolta da qualificati operatori dipendenti dall'Istituto, provvisti di diploma
universitario e iscritti all'albo professionale degli assistenti sociali. ISSIM propone alle aziende associate un
servizio ad alto contenuto professionale e progettuale nel campo del sociale, nell'ottica di supportare
l'azienda a contemperare i propri obiettivi con le aspettative personali e sociali degli individui che in essa
operano.
La mission di ISSIM è quella di lavorare per il miglioramento della qualità della vita di chi lavora, nel rispetto
totale dei valori dell'individuo, di quelli dell'azienda e delle istituzione deputate alla gestione delle relazioni
industriali.
http://www.labitalia.com/articles/Tendenze%20e%20dati/6091.html (10/06/2004).
53
108
•
organizza convegni e workshop tematici sia per presentare iniziative e partnership di successo tra
profit e no-profit, sia per divulgare attraverso pubblicazioni i principali temi della responsabilità sociale
d'impresa;
•
promuove programmi di ricerca di mercato e indagini sull'evoluzione dei rapporti tra società e
impresa.
Ogni anno Sodalitas realizza circa un centinaio di interventi di consulenza e organizzazione presso più di 70
enti no-profit e affianca le imprese in iniziative orientate a creare un valore sociale nella comunità.
Per facilitare lo scambio di esperienze e promuovere la cultura del volontariato professionale sul territorio
nazionale, Sodalitas ha avviato Sodalitas Network, con sedi nelle maggiori città del nord e centro Italia
(Genova, Lecco, Monza, Padova, Roma, Treviso, Trieste, Vicenza).
Sodalitas ha sviluppato forme di partenariato con diversi organismi:
•
è partner nazionale di Corporate Social Responsability Europe (CSR Europe);
•
è associato a European Foundation Centre, punto di riferimento e incontro per il mondo delle
fondazioni e delle imprese grantmaking54;
•
ha promosso alcune partnership tra imprese private e sociali tra cui: Agenzia di Solidarietà per il
Lavoro, associazione che offre ai carcerati occasioni di lavoro dentro e soprattutto fuori dal carcere;
•
ha creato l’Agenzia di Cittadinanza, grazie all'iniziativa europea Equal per realizzare percorsi integrati
di sostegno sociale e sanitario, di accompagnamento al lavoro e abitativo delle persone in difficoltà
di Milano e provincia.
5.3.2 Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano
L’identità dell’ente
Le Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura sono “enti autonomi di diritto pubblico
che svolgono funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo
nell’ambito delle economie locali”55.
Ciascun ente può operare autonomamente nell’ambito della circoscrizione territoriale di
competenza, essendo dotato di statuto, di indirizzo programmatico e politico proprio, nonché di
indipendenza finanziaria e gestionale.
A livello nazionale, le 103 Camere di Commercio italiane aderiscono alla rete Unioncamere –
Unione italiana delle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura – che promuove e
gestisce servizi e attività destinate all’intero sistema camerale, svolgendo, con l’ausilio delle Unioni
Regionali, un ruolo di coordinamento con le istituzioni internazionali, nazionali e regionali.
Le funzioni rivestite dall’ente rientrano in quattro diversi ambiti di azione:
- attività amministrative, concernenti la gestione degli albi e delle banche dati relative alle
imprese locali;
- attività promozionali, finalizzate a rafforzare lo sviluppo economico e il sistema imprenditoriale
locale;
- attività di monitoraggio, orientate a fornire un quadro dettagliato del sistema socio-economico
locale, con particolare attenzione alle imprese presenti sul territorio;
- attività di regolazione del mercato, volte a garantire la trasparenza e l’equità delle relazioni
economiche.
La Camera di Commercio di Milano, con 417.296 imprese registrate nel 2002 (dati Infocamere),
opera nella realtà economica e imprenditoriale più articolata e competitiva del Paese,
caratterizzata da una comprovata capacità di proiettarsi al di fuori dei confini non solo provinciali
e regionali, ma anche nazionali.
Corrisponde alle Fondazioni di erogazione (Grantmaking Foundation). Si fa riferimento a una fondazione
che persegue le proprie finalità statutarie erogando a terzi risorse finanziarie (grant). L'attività di erogazione
(grantmaking) è complessa, in quanto le risorse sono sempre limitate ed occorre, per evitare di sprecarle,
selezionare con accuratezza le persone e/o i progetti più meritevoli. Una fondazione di erogazione, non
avendo significative infrastrutture ed investimenti fissi, è molto più flessibile di una Fondazione Operativa:
pertanto può rispondere con maggiore tempestività al mutamento dei bisogni da soddisfare e ha meno
vincoli nell'intraprendere progetti innovativi.
55 Riordinamento del Sistema Camerale – L. 580/93.
54
109
A livello strutturale, l’ente si avvale di 8 aziende speciali, interne al sistema camerale, che
nell’ambito di settori specifici operano per il conseguimento degli obiettivi strategici della Camera
di Commercio:
- Agriteam: si occupa delle connessioni esistenti tra agricoltura e ambiente, tra qualità della vita
e alimentazione
- Osmi-Borsa immobiliare: fornisce una banca dati e servizi di consulenza destinati a privati,
professionisti del settore, aziende impegnate nella ricerca di immobili
- Camera Arbitrale e Internazionale di Milano: offre a imprese, professionisti e consumatori un
supporto per la risoluzione delle controversie commerciali, con modalità rapide e riservate
- Cedcamera: per la ricerca di sistemi informatici e servizi gestionali efficienti, finalizzati
all’acquisizione e al controllo delle informazioni acquisite dalla Camera di Commercio milanese
- Cisgem: svolge attività di controllo e analisi della qualità dei materiali gemmologici e dei
metalli preziosi, promuovendo la diffusione delle conoscenze tecniche in questo campo
- Euro Info Centre: fornisce servizi di informazione e assistenza alle piccole e medie imprese sulle
politiche comunitarie
- Formaper: contribuisce allo sviluppo dell’imprenditorialità con attività di formazione,
informazione, comunicazione e ricerca
- Promos: offre un supporto alle piccole e medie imprese milanesi che affrontano il mercato
internazionale.
CONSIGLIO
Presidente --- Gabinetto di Presidenza
Giunta
Segretario Generale
Comitato di Direzione
Segreteria Organi
Gabinetto di Direzione
Area Centrale Programmazione
Direzione Centrale
Sviluppo dell’Impresa
Formazione
Innovazione e credito
Internazionalizzazione
Territorio e infrastrutture
Raccordo
Funzionale
Area Centrale Personale e Organizzazione
Area Centrale Risorse e Patrimonio
Area Centrale Controllo di Gestione
Direzione Centrale
Amministrazione per l’Impresa
Formaper
Registro imprese
CedCamera
Tutela Conc. Mercato
Promos, Euro Info Centre
Studi e Inf. economiche
Agriteam
Decentramento
Raccordo
Funzionale
CISGEM, O.S.M.I.
Camera Arbitrale
La Responsabilità Sociale della Camera di Commercio di Milano
Consapevole di rivestire un ruolo strategico nella realtà imprenditoriale provinciale, la Camera di
Commercio di Milano si è impegnata concretamente nella diffusione e nella promozione della
Responsabilità Sociale d’Impresa. Le azioni realizzate in questo ambito sono diverse.
Nel 2003, la Camera di Commercio di Milano, in collaborazione con il Fomaper, ha aderito al
Progetto Rebus realizzando l’indagine “La Responsabilità sociale nelle piccole e medie imprese”.
Tale indagine ha fornito una analisi dettagliata delle realtà imprenditoriali lombarde, di piccole e
medie dimensioni, mettendo in luce le motivazioni, i percorsi e gli strumenti adottati dalle imprese
per garantire comportamenti etici nell’esercizio delle proprie attività. La ricerca ha coinvolto 499
imprese, con un numero di dipendenti compresi tra le 5 e le 99 unità: solo il 28% di queste conosce
il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, sebbene il 39% delle stesse abbia dimostrato di
adottare nella pratica comportamenti e strumenti coerenti con tali principi. In particolare, la
certificazione/registrazione ambientale (ISO 14001 ed EMAS) costituisce lo strumento più noto,
seguito dal codice etico e dal bilancio sociale, mentre la norma SA 8000 risulta ancora la meno
diffusa.
La ricerca svolta ha quindi messo in luce la forte necessità di accrescere la consapevolezza delle
imprese in merito a queste tematiche, mediante azioni efficaci di informazione e formazione.
110
Una delle iniziative maggiormente significative in questo senso è stata l’apertura dello Sportello
CSR-SC Responsabilità Sociale d’Impresa, avvenuta il 15 marzo 2004. Si tratta di un nuovo servizio
fornito dalla Camera di Commercio di Milano, a seguito del recepimento del Protocollo di Intesa
stipulato tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e Unioncamere, nel novembre 2003, con
il quale quest’ultima si impegna a contribuire alla diffusione di una cultura imprenditoriale
socialmente responsabile garantendo un supporto concreto alle imprese.
Lo sportello nasce con diversi obiettivi:
- promuovere il Progetto CSR-SC del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, offrendo un
supporto tecnico alle imprese nelle attività di autovalutazione e nella realizzazione del Social
Statement;
- diffondere una cultura della RSI presso tutti gli interlocutori sociali, economici e istituzionali;
- sensibilizzare le imprese sulle tematiche della sostenibilità, stimolando l'adozione di
comportamenti socialmente responsabili;
- creare un network tra i servizi già attivi nella Provincia di Milano impegnati nel fornire
informazioni e assistenza sui temi collegati alla RSI (ambiente, immigrazione, pari opportunità di
genere, inserimento disabili, ecc.);
- diffondere buone pratiche di impresa, sviluppando attività di ricerca;
- promuovere gli eventi e le attività formative organizzate sul territorio, nonché le opportunità e le
agevolazioni che premiano la RSI;
- informare sugli orientamenti programmatici e legislativi e sugli strumenti diffusi a livello nazionale
e internazionale per la RSI.
La Camera di Commercio di Milano offre alle imprese anche un sostegno economico: nel 2003, ha
istituito un bando di concorso per uno stanziamento pari a 800.000 Euro, destinato alle piccole e
medie imprese della Provincia di Milano che realizzino interventi volti a garantire la salute e la
sicurezza sul lavoro, nonché la qualità etica e ambientale delle attività svolte. Fino al 30 settembre
2004, le imprese milanesi potranno richiedere contributi pari al 40% delle spese sostenute per
ottenere la certificazione SA 8000, OHSAS 18001, ISO 14001 ed EMAS, ISO 9001.
Da ormai due anni l’Ente realizza il proprio bilancio sociale, dimostrando di aver assunto un
impegno concreto non solo nella diffusione ma anche nell’applicazione degli strumenti sviluppati
in questo ambito. È importante sottolineare che per un ente di diritto pubblico con la precisa
funzione di rafforzare e promuovere lo sviluppo economico locale, redigere un bilancio sociale
significa innanzitutto offrire chiarezza e trasparenza sulla gestione delle proprie attività e soprattutto
sul rapporto con i propri stakeholders: le imprese in primis, ma anche i consumatori, gli enti locali e
più in generale il mondo del lavoro e il sistema socio-economico locale.
Per questo motivo è stato avviato un significativo processo di verifica riguardo alla soddisfazione
degli utenti, orientata al consolidamento dei rapporti con i cittadini e con le imprese.
Nel bilancio sociale la Camera di Commercio di Milano illustra le azioni e gli interventi attuati per
sostenere il sistema imprenditoriale locale, diffondendo al contempo una cultura della sostenibilità
che guardi anche alla tutela dell’ambiente e agli impatti sociali delle attività produttive.
Nell’esercizio delle sue funzioni, l’ente realizza numerose iniziative di supporto alle imprese: favorisce
la formazione imprenditoriale, l’accesso al credito, l’innovazione e il trasferimento delle tecnologie,
la promozione del commercio elettronico e la tutela dell’ambiente; sostiene al contempo lo
sviluppo delle infrastrutture, la tutela delle risorse naturali e dei beni culturali del territorio.
Oltre ad analizzare le azioni rivolte all’esterno dell’organizzazione, il bilancio sociale presenta i
rapporti instaurati con il personale dipendente e con i fornitori, essendo questi aspetti parte
integrante della gestione sociale dell’ente.
Nel corso del 2002, la Camera di Commercio di Milano ha vissuto una fase di revisione della propria
struttura organizzativa, orientata ad attribuire maggiore autonomia alle diverse funzioni,
garantendo contestualmente meccanismi di controllo e coordinamento. Sia per la Camera, sia
per le Aziende Speciali, la maggior parte dell’organico risulta assunta a tempo indeterminato,
sebbene siano stati adottati contratti a tempo determinato, in particolare nelle Aziende Speciali.
Le esigenze di flessibilità sono state garantite anche grazie a rapporti di lavoro part-time: circa il
20% dei dipendenti totali del sistema camerale lavora part-time e il 94% di questi sono donne.
Interessante in termini di flessibilità, lo sforzo compiuto per introdurre il telelavoro all’interno
dell’ente: una piccola parte delle risorse umane dell’Azienda Cedcamera è stata coinvolta nella
111
sperimentazione di tale strumento, che prevede lo svolgimento dell’attività lavorativa presso la
propria abitazione.
Durante il 2002, sono stati realizzati diversi percorsi formativi per i dipendenti, relativi in particolare
allo sviluppo di competenze nel campo dell’informatica, della gestione delle risorse umane e della
valutazione delle prestazioni lavorative.
Per quanto riguarda le relazioni instaurate dalla Camera di Commercio di Milano con i propri
fornitori, sia per acquisti di materiali e servizi, sia per investimenti, vengono seguite le procedure
adottate dagli enti pubblici, basate su gare di appalto condotte secondo la normativa vigente.
Per gli acquisti di minore entità, si fa riferimento a un elenco di fornitori abituali, per lo più con sede
operativa a Milano, con i quali si è instaurato un rapporto duraturo. La selezione dei fornitori
avviene principalmente sulla base della convenienza economica, ma considera anche criteri
qualitativi, come il possesso di certificazione di qualità.
La Camera di Commercio di Milano dimostra quindi di sostenere concretamente la diffusione della
Responsabilità Sociale d’Impresa nel sistema socio-economico locale, partecipando, da una
parte, alle attività di ricerca e di sperimentazione sviluppate a livello nazionale, dall’altra,
impegnandosi nella promozione e nella sensibilizzazione di tutti gli attori locali che operano sul
territorio.
Il Formaper
Il Formaper è un’azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, costituita nel 1987, con lo scopo di
contribuire allo sviluppo dell’imprenditorialità locale con attività di orientamento, informazione, formazione,
ricerca e assistenza alle imprese. L’azienda si rivolge al mondo della piccola e media impresa, offrendo corsi
di formazione e servizi finalizzati a sostenere coloro che, facendo propria una cultura imprenditoriale
manageriale, intendono dar vita a nuove attività imprenditoriali.
Le struttura si articola in tre aree di servizi:
1. Orientamento all’imprenditorialità e al lavoro autonomo: fornisce informazioni sulle opportunità e sulle
difficoltà relative alla creazione di una nuova impresa
2. Creazione d’impresa, lavoro autonomo e nuova impresa: organizza programmi formativi per i giovani
imprenditori, fortemente orientati alla risoluzione dei problemi legati all’avvio di una nuovo esercizio
3. Piccola impresa: si rivolge specificatamente al mondo della piccola e media impresa, proponendo
prodotti formativi e modelli gestionali mirati.
A queste si affianca l’area Ricerca che si occupa dell’analisi del sistema imprenditoriale locale, individuando
gli ambiti su cui sviluppare azioni formative, predisponendo anche opportuni materiali didattici e informativi.
In materia di Responsabilità Sociale d’Impresa, il Formaper ha preso parte al progetto Rebus, sviluppando
attività di ricerca e promozione che hanno riguardato:
selezione di buone pratiche realizzate da piccole e medie imprese che abbiano messo in atto
comportamenti socialmente responsabili: particolare attenzione è stata dedicata alle difficoltà
economiche e gestionali riscontrate, nonché agli effetti registrati sulle performance aziendali;
valutazione del grado di conoscenza e consapevolezza maturato dalle PMI riguardo al tema della RSI,
mediante interviste telefoniche realizzate sulla base di un questionario precedentemente predisposto;
sensibilizzazione e coinvolgimento degli stakeholders presenti sul territorio, per diffondere la RSI all’interno
del sistema socio-economico locale.
Per rendere maggiormente efficaci le azioni di sensibilizzazione sono stati costituiti due Gruppi di Lavoro
impegnati, da una parte, nella definizione di politiche e programmi a favore della RSI, dall’altra, nella
diffusione degli obiettivi e degli strumenti mediante i quali orientare il mondo produttivo verso la sostenibilità.
Il Gruppo di Lavoro “Politiche a favore della RSI” ha coinvolto rappresentanti della Regione Lombardia, della
Camera di Commercio di Milano, delle organizzazioni bancarie e delle associazioni imprenditoriali. Durante il
primo incontro, tenutosi nel gennaio 2003, sono state individuate alcune possibili strategie politiche mediante
le quali sostenere la diffusione della RSI, quali: l’istituzione di forme di finanziamento e incentivazione per
l’adozione da parte delle imprese della certificazione etica, o di meccanismi premiali per l’accesso al credito;
la definizione di azioni specifiche rivolte a gruppi di imprese, vicine per appartenenza territoriale e settoriale;
l’avvio di corsi di formazione modulari e continui.
Al Gruppo di Lavoro “Comunicare la RSI”, riunitosi nel marzo 2003, hanno partecipato invece rappresentanti
della Camera di Commercio di Milano, delle Associazioni imprenditoriali e dei consumatori, dei Sindacati e dei
media; scopo del gruppo è valutare le modalità mediante le quali promuovere la RSI non solo presso le PMI,
ma anche all’interno degli Enti Locali di riferimento, quali la Provincia di Milano e la Regione Lombardia. È
nata così la proposta di un Progetto Pilota finalizzato all’adozione da parte delle imprese del Nord Milano di
prassi di responsabilità sociale, cui dare visibilità e supporto in un’ottica di sensibilizzazione dell’intera comunità
locale.
112
5.3.3 CESVI
Il CESVI (Cooperazione E SVIluppo) è un’associazione laica e indipendente, no-profit, fondata nel
1985 a Bergamo (dove ha la sua sede centrale).
CESVI è membro delle rete europea Alliance 201556 ed è giuridicamente riconosciuta
Organizzazione Non Governativa – ONG - (art. 28 legge 49/87), ONLUS di diritto (ai sensi del D. Lgs.
460/97) e Ente Morale (n. 1 del Registro delle persone giuridiche della Prefettura di Bergamo).
CESVI è oggi una delle maggiori organizzazioni italiane presente in 35 Paesi in tutto il mondo con
progetti di aiuto umanitario per affrontare ogni tipo di emergenza e ricostruire la società civile
dopo guerre e calamità. Interviene anche con iniziative di sviluppo sostenibile che fanno leva sulle
risorse locali e sulla mobilitazione delle popolazioni beneficiarie. La sua filosofia è la lotta per uno
sviluppo civile ed economico equo fra i popoli e sostenibile per il pianeta, realizzato sostenendo i
poveri nel mondo mediante i metodi della cooperazione partecipata. I suoi principi d’azione si
fondano nella promozione del protagonismo e della mobilitazione collettiva dei beneficiari per
favorire il loro progresso. È per questa ragione che l’associazione è fortemente impegnata affinché
gli aiuti internazionali non si riducano a mera beneficenza e non siano influenzati dall’egoismo dei
donatori.
Le attività di aiuto umanitario che il CESVI svolge vengono indirizzate verso progetti di:
• soccorso per assicurare la sopravvivenza e superare l'emergenza,
• riabilitazione e ricostruzione di strutture distrutte da guerre o calamità,
• programmi e progetti di cooperazione per lo sviluppo di gruppi sociali e comunità povere.
Tanto in Italia quanto in Europa, CESVI svolge anche attività di educazione con lo scopo di
sviluppare una cultura della solidarietà a livello mondiale, per allargare la base dei donatori e dei
volontari e per influenzare imprese private e istituzioni pubbliche nel sostegno ai progetti di
cooperazione per lo sviluppo.
Il CESVI ha elaborato i seguenti principi guida:
• riconoscere i bisogni e le aspirazioni delle comunità locali; rispettare la cultura, le tradizioni e
i costumi; ricercare il dialogo e la collaborazione delle loro organizzazioni (partnership);
• operare con imparzialità al servizio dei bisogni degli altri, senza distinzione di sesso, razza,
cultura o fede, ma prestando grande attenzione ai più deboli: i bambini, le donne, gli
anziani e gli emarginati;
• promuovere forme di sviluppo finalizzate all'autonomia economica, alla sostenibilità
ambientale e al rispetto dei diritti umani;
• agire in ogni circostanza con un approccio pragmatico e valutare criticamente
l'adeguatezza e l'efficacia dei propri sforzi per raggiungere gli obiettivi definiti, valutando
anche la soddisfazione dei beneficiari e di tutti gli attori coinvolti;
• sollecitare le donazioni dai privati garantendo la massima trasparenza sullo scopo della
raccolta e sui risultati raggiunti (autofinanziamento);
• essere attento amministratore dei fondi gestiti, mantenendo i costi di gestione delle
operazioni entro livelli accettabili per destinare ai beneficiari quanto più possibile
(efficienza);
• certificare i risultati di bilancio della propria gestione economica, relazionando con
trasparenza gli obiettivi perseguiti, i risultati conseguiti e le azioni correttive stabilite
(trasparenza);
Alliance 2015 è il più importante network europeo di associazioni no-profit. Il CESVI è la quinta
organizzazione a essere parte di Alliance 2015, insieme a: German Agro Action (tedesca), HIVOS (olandese),
IBIS (danese) e Concern (irlandese).
Alliance 2015 è nato per combattere la povertà e punta a raggiungere una serie di obiettivi ambiziosi: ridurre
della metà il numero delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema; ridurre della metà il numero di
persone che soffrono cronicamente la fame; assicurare l’accesso all’educazione di base per tutti i bambini;
eliminare la discriminazione femminile nell’accesso all’istruzione entro il 2005; ridurre di due terzi la mortalità
infantile sotto i cinque anni d’età; ridurre di tre quarti la mortalità delle donne per parto; garantire l’accesso ai
servizi sanitari di pianificazione familiare a uomini e donne; implementare le strategie nazionali per lo sviluppo
sostenibile in tutti i Paesi entro il 2005; invertire la tendenza all’uso non rinnovabile delle risorse ambientali entro
il 2015.
Alliance 2015 tende a mettere in comune le esperienze delle organizzazioni che ne fanno parte, valorizzando
la loro ricchezza e diversità al fine di aumentare la qualità e l’impatto dell’intervento nei Paesi poveri.
56
113
•
•
valorizzare il lavoro volontario e fornire servizi informativi e formativi per mettere i
collaboratori e i volontari nelle condizioni di sviluppare appieno le loro potenzialità
(motivazione);
valutare i propri collaboratori sulla base dei criteri della responsabilità e del merito57.
I problemi ambientali, anche globali, sono innanzitutto problemi locali, con cause, effetti e
implicazioni spesso molto specifiche. La ricerca delle soluzioni deve perciò necessariamente basarsi
sulla comprensione dei problemi che li generano (ambientali, sociali ed economici), sul
coinvolgimento dei vari attori sociali locali, sulle conoscenze tradizionali, sul rafforzamento delle
risorse umane, sullo sviluppo di capacità tecniche ed economiche sostenibili.
Il CESVI sostiene da anni iniziative di gestione delle risorse ambientali in vari Paesi del mondo, in
associazione con istituzioni locali, governative e non governative. I progetti ambientali CESVI spesso
coinvolgono, in misura variabile a seconda dei casi, un insieme articolato e interdipendente di
azioni:
• attività di ricerca: per approfondire la conoscenza, sia scientifica, sia tradizionale, delle
risorse ambientali locali, e del loro contesto territoriale, sociale, culturale ed economico.
Queste attività risultano necessarie per cercare soluzioni ai problemi ambientali che siano
sostenibili nel lungo periodo e tecnicamente e socialmente idonee. Esse sono spesso
eseguite con la collaborazione di esperti e di ricercatori di Università italiane e di altri Paesi,
e organismi del Paese beneficiario;
• attività di gestione ambientale: per promuovere la partecipazione dei gruppi sociali locali
nei processi decisionali che coinvolgono le risorse naturali. E' necessario promuovere, per
quanto possibile, sistemi di gestione adatti al contesto locale, voluti dagli attori locali e
sostenibili nel rispetto delle risorse locali. Queste attività sono tra le più complesse e possono
coinvolgere in varia misura pianificazione territoriale, sviluppo organizzativo,
regolamentazioni, sistemi informali di gestione e consultazione, ecc;
• attività di formazione: per sviluppare risorse umane e rafforzare istituzioni locali che possano
farsi carico della gestione sostenibile delle risorse naturali; per sensibilizzare e coinvolgere i
vari attori sociali nei problemi ambientali;
• sviluppo economico di piccola scala: per identificare e promuovere attività di sviluppo
economico che siano sostenibili e permettano di diversificare le fonti di reddito della
popolazione locale, rendendola così meno dipendente da risorse naturali sovra-sfruttate;
• sviluppo di infrastrutture: per fornire piccole infrastrutture rurali (pozzi, servizi igienici, scuole,
ecc.) in base alle necessità primarie dei gruppi sociali più poveri nelle aree di intervento;
Gran parte dei finanziamenti di cui il CESVI dispone provengono dalle istituzioni europee e dai
cittadini italiani, i quali collaborano attraverso donazioni. In Italia l’organizzazione è supportata da
fondazioni, aziende, autorità locali e dal Ministero degli Esteri. Ogni anno CESVI pubblica un
bilancio certificato (in questo caso dalla Price Water House Coopers58), dove viene rendicontato
l’uso dei fondi raccolti nel corso dell’anno. Dei fondi raccolti, il CESVI destina solo il 10% al
funzionamento dell'organizzazione, mentre il restante 90% arriva a destinazione attraverso i diversi
programmi d’azione.
Grazie alla sua trasparenza, CESVI è la prima associazione che, in 37 anni di esistenza del premio,
ha ricevuto l'Oscar di Bilancio, nel 1999.
La pubblicazione del bilancio è l'occasione per mostrare l'efficienza dell’organizzazione e il suo
andamento, secondo una modalità che, insieme agli aspetti monetari, evidenzia l'impatto sociale
dell’azione di cooperazione e, in relazione al raggiungimento degli obiettivi, non solo illustra la
destinazione dei fondi ma misura i risultati in termini di numero di beneficiari. Attraverso i diversi
bilanci si possono evidenziare gli andamenti evolutivi delle somme amministrative a carico
dell’organizzazione; nel caso del CESVI, tra il 1998 e il 1999 i finanziamenti sono passati da 9 milioni
di euro a 16, con un importante incremento nelle linee di finanziamento legate all'emergenza (ad
esempio nell'ambito dei Paesi Balcanici e in particolare in Kosovo).
CESVI, Bilancio 2002.
Organizzazione integrata e multidisciplinare operante nel settore dei servizi professionali, vocata alla
revisione dei conti.
57
58
114
Fin dalla nascita, CESVI fornisce ai donatori un rendiconto sociale, prima ancora che finanziario, di
ogni singola attività che porta avanti.
Per ogni progetto viene stilato un documento finale di valutazione dei risultati. Questi rapporti sono
consegnati ai finanziatori, grandi e piccoli, internazionali e nazionali, pubblici e privati.
Negli anni è stato messo a punto un sistema sintetico di valutazione annuale del lavoro, basato su
tre semplici informazioni:
⇒ il numero dei beneficiari (indice di efficacia),
⇒ l’incidenza delle spese generali - intese come spese di sede più costi di raccolta fondi – sul
totale delle uscite (indice di efficienza),
⇒ differenziazione delle fonti di finanziamento (indice di indipendenza).
Alcuni progetti umanitari finanziati dal CESVI nel corso del anno 2002 sono:
−
Progetti di Emergenza:
! Emergenza sanitaria in Congo: aiuto sanitario a favore della popolazione locale più
vulnerabile (40.000 beneficiari diretti e 800.000 beneficiari indiretti)
! Igiene nei campi di accoglienza in Somalia: campi di accoglienza di Bosso, nel nord
della Somalia (20.000 beneficiari)
! Supporto ai rifugiati sudanesi: supporto ai rifugiati sudanesi e agli sfollati ugandesi
attraverso la distribuzione di 2.100 kit composti da utensili per la casa e l’igiene (10.000
beneficiari)
! Reintegro dei rifugiati in Afghanistan: attività per favorire il reintegro dei rifugiati
provenienti da Pakistan e Iran (110.000 beneficiari).
−
Progetti di Riabilitazione e ricostruzione:
! Case e scuole in Eritrea: costruzione di tre scuole nei villaggi della Dancalia, distribuzione
di 400 kit di primo intervento a OmHajer per la riparazione di tetti in lamiera, ecc. (13.250
beneficiari)
! Pozzi d’acqua in Mali: costruzione di 10 pozzi in 6 villaggi con una tecnica semplice
attraverso il coinvolgimento attivo della comunità locale (14.000 beneficiari)
! Ricostruzione del sistema idrico (Perú): ricostruzione del sistema idrico di 3 comuni
danneggiati dal terremoto del 23/06/2001 a Porto Mosquera e riabilitazione di 6 canali
(23.900 beneficiari).
−
Progetti di Sviluppo:
! Congo RD Fermiamo l’Aids sul nascere: supporto a cellule psico-sociali attraverso
attività di training e formazione, fornitura di attrezzature e medicine, ecc. (4.800
beneficiari diretti e 2 milioni di beneficiari indiretti)
! Sanità e sviluppo economico in Uganda: potenziamento del “Centro Risorse” di Rakal
per migliorare la qualità dei prodotti agricoli locali, incrementando le risorse
economiche della popolazione colpita da AIDS (3.600 beneficiari diretti e 10.600
beneficiari indiretti)
! Igiene ambientale nel Senegal: realizzazione di un sistema di istallazioni sanitarie,
formazione dei muratori, messa in atto di un sistema di monitoraggio ambientale (8.000
beneficiari)
! Infanzia, salute e artigianato in Vietnam: intervento di supporto al Centro Nutrizionale
Infantile di Ho Chi Minh City, attraverso momenti di formazione nel settore sanitario e
campagne di educazione nutrizionale per perseguire la lotta alla malnutrizione infantile
(5.267 beneficiari diretti e 131.800 beneficiari indiretti).
−
Progetti di Eco-Sviluppo, Gestione delle risorse naturali:
! Pesca, biodiversità e sviluppo sostenibile: implementazione delle attività di pesca presso
le comunità di Praia Nova e sulle isole di Matemo e Ibo (Mozambico) per migliorare le
condizioni dei pescatori attraverso la gestione sostenibile delle risorse ittiche (6.633
beneficiari diretti e 25.000 beneficiari indiretti)
! Ambiente e sviluppo: sviluppo delle comunità locali attraverso lo sfruttamento
sostenibile delle risorse faunistiche e la protezione delle specie animali a rischio di
estinzione, con particolare attenzione al rinoceronte (450 beneficiari diretti e 282.000
beneficiari indiretti)
115
!
Laos Stop incendi: progetto di salvaguardia delle foreste e protezione della
popolazione dei villaggi dagli incendi, attraverso campagne di sensibilizzazione, attività
di formazione, ecc. (4.000 beneficiari diretti e 100.000 beneficiari indiretti).
−
Progetti di Adozioni di comunità di bambini:
! Palestina: sostegno a 12 asili di Gerusalemme Est situati nelle aree più povere (4.500
bambini beneficiari)
! Brasile: progetto a sostegno del Centro Educativo “Tia Zilda” situato nella favela
Lagartixa di Rio di Janeiro (294 bambini beneficiari)
! India: progetto volto a migliorare la condizione nutrizionale di 1.000 bambini dalits,
fuoricasta, attraverso programmi di raggiungimento dell’autosufficienza alimentare.
−
In Italia e in Europa, il CESVI sviluppa attività di educazione per sviluppare una cultura della
solidarietà mondiale.
116
FONTI BIBLIOGRAFICHE:
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concerning Corporate Social Responsibility: a business contribution to Sustainable Development,
(COM(2002)347 – 2002/2261(INI)), Strasburg, April 2003
COM(2000)379 final, Commission of the European Communities, Communication from the
Commission to the Council, the European Parliament, the Economic and Social Committee and
the Committee of the Regions – Social Policy Agenda, Bruxelles, June 2000
COM(2001)366 definitivo, Commissione delle Comunità Europee, Libro Verde – Promuovere un
quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Bruxelles, luglio 2001
COM(2002)347 definitivo, Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della
Commissione relativa alla Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delle imprese allo
sviluppo sostenibile, Bruxelles, luglio 2002
Conseil/00/900, Conclusioni della Presidenza – Consiglio Europeo di Lisbona 23 e 24 marzo 2000,
Lisbona, marzo 2000
D’Orazio E., La Responsabilità Sociale d’Impresa: teorie, strumenti, casi, Politeia ed. (notizie di),
anno XIX – n. 72 – Milano, 2003
Institute of Social and Ethical Accountability (the), Accountability 1000 (AA 1000) framework –
Standards, guidelines and professional qualification, Exposure draft, ISEA ed., London, November
1999
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La responsabilità sociale nelle organizzazioni