EE EDITORIALE EDI TO RIALE Di Massimo Vallini Il fenomeno Contador e il Giro fenomenale Con questo Contador D all’Etna a Milano il Giro è stato saldamente nelle mani di Alberto Contador. Chissà perché non ci volevo credere da subito? Ben 12 tappe in rosa e nessuna esitazione, nessun rischio. Fenomenale davvero: non solo per la straordinaria forma e agilità in salita, ma anche per l’incredibile sicurezza non ce n’era per nessuno. e l’acume tattico in gara. Più Matador che Cannibale: il vero Cannibale, Eddy Merckx, ha Un detto che i regali si fanno solo a Natale, e notoriamente a Natale su strada non si corre. Contador ha piazzato i suoi scatti brucianti e in qualche caso si è accontentato di controllare, ma sempre in prima persona, e si è permesso di ricambiare i numerosi appoggi ricevuti in corsa. Si è permesso anche di ringraziare quel suo preziosissimo gregario dell’Astana e del Tour degli anni passati. fenomeno, come la storia, il percorso e la natura del Giro Se anche la sua Saxo bank–Sungard davvero si è vista poco, lo spagnolo ha fatto sempre tutto da solo, contando evidentemente sui crediti che può vantare ed esigere. Perché li ha meritati. E contando anche su un direttore sportivo spregiudicato e che sa farsi valere come Bjarne Riis. Ma avrebbe fatto anche senza. Come si può non sottolineare il valore di questo campionissimo? Se non bastasse, ha vinto due tappe, ne ha “quasi” vinte altre tre. Al Tour avrà senz’altro una squadra più forte, tuttavia non sono certo che qui quella squadra sarebbe riuscita a tenerlo più “al coperto”. Le squadre non hanno fatto la differenza nemmeno per gli italiani giunti alle sue spalle a una certa, rispettosa, distanza. Quasi sempre e sempre presto, nelle tappe, i “capitani” sono rimasti a giocarsi le loro carte da soli. Due ottimi corridori, Michele Scarponi e Vincenzo Nibali, non sono mai riusciti a tenere la ruota dello spagnolo e sono finiti a oltre 6 minuti perdendo qualcosa a ogni tappa. Fenomeni anche loro, comunque, perché non si può dire si siano mai arresi. Ci hanno provato, dando fondo a tutte le risorse, la loro tecnica e i loro pezzi forti. Gli altri corridori italiani hanno dato il meglio verso la fine: Diego Ulissi, Eros Capecchi e il regolare Dario Cataldo. Storie diverse che ci fanno pensare a un movimento ancora alla ricerca di identità e di campioni. In questo Giro, di fonte a un fenomeno come Contador, emergere è sembrato praticamente impossibile. Riuscirà Ivan Basso al Tour? Con questo Contador che anche i numeri (Vam e Watt) dicono tra i migliori di sempre, non ce n’era per nessuno. E, se la condizione resta la medesima, ci vorranno gambe straor- dinarie per batterlo al Tour. A giudicare dal percorso, in Francia Contador potrebbe andare in carrozza, perché decisamente più facile del Giro. Duro ed epico come l’Unità d’Italia conquistata 150 anni fa e celebrata dall’evento nazionalpopolare per eccellenza, secondo solo a Sanremo. Il festival, naturalmente. Duro ed epico, il Giro, anche per conquistare spettatori sulle strade e al video. Impresa riuscita in parte, ardita ma meritevole di apprezzamento. Purtroppo macchiata dalla tragedia di Wouter Weylandt, che ha spezzato la vita su Giugno 2011 una discesa ligure. Il Giro, per chi lo corre e per la carovana che lo segue, diventa sempre un fenomeno psicologico collettivo, con i suoi drammi e le sue gioie che sembrano dominarlo. Ma poi si sparecchia la tappa e si va avanti inesorabilmente. È lo sport della strada, sulla strada. È il ciclismo. Con tutte le insidie correlate e la necessità di procedere, senza sosta. Si piange e si ricorda, per quanto possibile. E si va avanti, perché la bicicletta è così: splendida e dannata.