Aprile-Giugno 2012 • Vol. 42 • N. 166 • pp. 115-121
focus
I rachitismi ipofosfatemici
Giuseppe Saggese, Francesco Vierucci 1, Paolo Simi 2
1
2
Clinica Pediatrica, Università di Pisa;
U.O. Citogenetica e Genetica Molecolare
Riassunto
I rachitismi ipofosfatemici rappresentano forme rare di rachitismo trasmesse geneticamente che negli ultimi anni sono state meglio caratterizzate da una
diagnosi molecolare. Le recenti acquisizioni sulla regolazione del metabolismo fosfo-calcico hanno evidenziato come il fattore di crescita fibroblastico
23 (fibrobast growth factor 23, FGF23) svolga un ruolo centrale nella patogenesi dei rachitismi ipofosfatemici: infatti, livelli elevati di FGF23 determinano
l’ipofosfatemia che porta all’instaurarsi delle lesioni rachitiche. Esistono diverse forme di rachitismo ipofosfatemico in cui i livelli di FGF23 sono elevati o
inappropriatamente normali per l’ipofosfatemia: il rachitismo ipofosfatemico X-linked dovuto a mutazione inattivante del gene PHEX, la forma autosomico
dominante dovuta a mutazione attivante del gene FGF23, le forme autosomiche recessive (tipo 1 e tipo 2) dovute a mutazione dei geni DMP1 e ENPP1,
rispettivamente. Esiste inoltre una forma di rachitismo ipofosfatemico ereditario con ipercalciuria, un disordine autosomico recessivo caratterizzato da una
mutazione del gene SLC34A3 in cui la fosfaturia consegue ad un difetto primitivo renale, per cui i livelli di FGF23 sono ridotti o ai limiti bassi della norma.
Nonostante la diagnosi di queste forme genetiche di rachitismo rimanga essenzialmente clinica, la diagnosi genetica può dare importanti informazioni sul
tipo di rachitismo ipofosfatemico, sulla prognosi e sulla terapia. Inoltre, una più precisa identificazione dei meccanismi molecolari alla base delle singole
patologie potrà, in un prossimo futuro, identificare nuovi target terapeutici.
Summary
Hypophosphatemic rickets are rare forms of rickets that in recent years have been characterized by a genetic diagnosis. Recent findings on the regulation of phosphocalcium metabolism have shown that fibroblast growth factor 23 (FGF23) plays a central role in the pathogenesis of hypophosphatemic rickets: indeed, high levels of
FGF23 are responsible for the onset of hypophosphataemia leading to the rachitic lesions. Nowadays different forms of hypophosphatemic rickets have been characterized: X-linked hypophosphatemic rickets due to inactivating mutation of the PHEX gene, autosomal dominant form caused by activating mutation of the FGF23 gene, the
autosomal recessive forms (type 1 and type 2) due to mutations in DMP1 and ENPP1 genes, respectively. In these forms levels of FGF23 are elevated or inappropriately
normal for the hypophosphatemia. Moreover, there is a form of hereditary hypophosphatemic rickets with hypercalciuria, an autosomal recessive disorder characterized
by a mutation in the SLC34A3 gene in which phosphaturia is due to a renal primary defect, so the levels of FGF23 are reduced or at the lower limits of normal. Despite
the diagnosis of these genetic forms of rickets remains essentially a clinical one, genetic diagnosis gives important information on the type of hypophosphatemic rickets,
prognosis and treatment. In addition, a more precise knowledge of molecular mechanisms of each disorder may, in the near future, identify new therapeutic targets.
Introduzione
Il rachitismo è una patologia caratterizzata da una ridotta mineralizzazione del tessuto osseo in accrescimento, con conseguente accumulo di matrice ossea non mineralizzata, detta tessuto osteoide
(Rauch, 2003). Il rachitismo è una condizione tipica dell’età evolutiva, in quanto si presenta prima della saldatura delle epifisi delle ossa
lunghe e colpisce soprattutto le ossa a più rapido accrescimento
come il cranio, le coste, il polso, le ginocchia e le caviglie. Il rachitismo carenziale, dovuto ad un deficienza di vitamina D, rappresenta
la causa più frequente di rachitismo; esistono, tuttavia, forme più
rare di rachitismo trasmesse geneticamente che negli ultimi anni
sono state meglio caratterizzate. I rachitismi ipofosfatemici, contraddistinti dalla presenza di ridotti livelli plasmatici di fosforo (Tab. 1),
rappresentano le forme più frequenti di rachitismo genetico.
Regolazione dei livelli circolanti di fosfato
Livelli appropriati di fosfato sono fondamentali per i corretti processi
di mineralizzazione ossea: in presenza di ipofosfatemia, infatti, si
instaurano deformità ossee con alterazioni dei processi di accrescimento. Bassi livelli plasmatici di fosfato impediscono la normale
apoptosi dei condrociti ipertrofici della cartilagine di accrescimento,
con rigonfiamento cellulare e disorganizzazione del piatto di crescita
(Sabbagh et al., 2005).
Un ruolo centrale nella regolazione dei livelli plasmatici di fosfato è
svolto dal fattore di crescita fibroblastico 23 (fibrobast growth factor
23, FGF23), un ormone di recente caratterizzazione ad azione fosfaturica (Alon, 2010). L’FGF23 è prodotto dagli osteociti e determina
fosfaturia inibendo, a livello renale, i canali del fosfato sodio dipendenti NaPi2a e NaPi2c. In particolare, l’FGF23 agisce attraverso la
formazione di un eterotrimero con il suo recettore FGFR1 ed il prodotto del gene KLOTHO (Prié et al., 2010). In figura 1 è schematizzato l’asse osso-rene-paratiroidi-intestino nel quale l’FGF23 partecipa,
insieme al paratormone e all’1,25-diidrossivitamina D, alla regolazione del metabolismo fosfo-calcico (Bastepe et al., 2008).
Diverse forme di rachitismo ipofosfatemico sono dovute a mutazioni
di geni implicati nella regolazione dei livelli circolanti di FGF23, che
Tabella I.
Valori normali di fosforo plasmatico durante l’età evolutiva (modificato da Langlois V. Laboratory evaluation at different ages. In: Geary
DF, Schaefer F. Comprehensive pediatric nephrology. Mosby Elsevier
2008:39-54).
Età
Fosforo
(mg/dl)
Fosforo
(mmol/l)*
0 - 12 mesi
4.8 – 7.4
1.55 – 2.39
1 – 5 anni
4.5 – 6.5
1.45 – 2.10
6 – 12 anni
3.6 – 5.8
1.16 – 1.32
13 – 20 anni
2.3 – 4.5
0.74 – 1.45
*Per convertire i mg/dl in mmol/l moltiplicare per 0.3229.
115
G. Saggese et al.
Figura 1.
Asse osso-rene-paratiroidi-intestino deputato al controllo del metabolismo fosfo-calcico. Le frecce continue indicano una stimolazione, le
frecce tratteggiate indicano una inibizione.
PTH: paratormone; FGF23: fattore di crescita fibroblastico 23.
NaPi2a e NaPi2c: canali del fosfato sodio dipendenti espressi a livello
renale.
NaPi2b: canali del fosfato sodio dipendenti espressi a livello intestinale.
risultano patologicamente aumentati o inappropriatamente normali
per l’ipofosfatemia. Esistono, inoltre, forme più rare in cui il rachitismo ipofosfatemico dipende da un difetto primitivo renale (Tab. 2).
Rachitismo ipofosfatemico X-linked
Il rachitismo ipofosfatemico X-linked (XLHR, MIM 307800) rappresenta la più frequente causa di rachitismo genetico, con un’incidenza di 1:20.000. La malattia è trasmessa come carattere X-linked
dominante; caratteristica istologica dell’XLHR è la presenza di difetti
di mineralizzazione peri-osteocitici che persistono nonostante la
correzione dell’ipofosfatemia e riflettono un difetto primitivo degli
osteoblasti. L’XLRH è causato da una mutazione inattivante del gene
PHEX (phosphate-regulating gene with homologies to endopeptidases on the X-chromosome; Xp22.1), espresso dagli osteoblasti presenti nel tessuto osseo e dagli odontoblasti a livello dentale (Pettifor,
2008). In una discreta percentuale di pazienti con XLHR sono stati
riscontrati livelli di FGF23 elevati o inappropriatamente normali per
l’ipofosfatemia. Pertanto, era stato ipotizzato che il gene PHEX codificasse per una endopeptidasi coinvolta direttamente nel catabolismo
Figura 2.
La figura rappresenta l’ipotesi ASARM secondo cui il prodotto del gene
PHEX mutato non eserciterebbe il suo ruolo fisiologico di controllo dello
stato di fosforilazione dei residui ASARM (acidic serine- and aspartaterich motif) delle proteine SIBLING (small integrin-binding ligand N-linked
glycoprotein) che regolano i normali processi di mineralizzazione e la
secrezione di FGF23 da parte degli osteociti. I residui ASARM fosforilati
comporterebbero un’inibizione dei processi di mineralizzazione ossea
portando allo sviluppo di osteomalacia.
MEPE: matrix extracellular phosphoglycoprotein; DMP1: dentin matrix
protein 1; BSP: sialoproteina ossea; OPN: osteopontina.
dell’FGF23, anche se tale ipotesi non è stata in seguito confermata.
Secondo recenti studi (Addison et al., 2010) alla base dei difetti di
mineralizzazione primitivi dell’XLRH ci sarebbe un’alterazione delle
cosiddette proteine SIBLING (small integrin-binding ligand N-linked
glycoprotein) che regolano i normali processi di mineralizzazione
ossea e la secrezione di FGF23 da parte degli osteociti. Rientrano
tra queste proteine la proteina MEPE (matrix extracellular phosphoglycoprotein), la proteina DMP1 (dentin matrix protein 1), la sialoproteina ossea e l’osteopontina. Queste proteine presentano dei domini
ASARM (acidic serine- and aspartate-rich motif) che, se fosforilati,
sono inibitori fisiologici dei processi di mineralizzazione. Secondo
questa “ipotesi ASARM” nel XLRH il difetto del gene PHEX comporterebbe una eccessiva fosforilazione dei residui ASARM e quindi un
persistente difetto di mineralizzazione ossea che non può essere
modificato dalla terapia (Fig. 2). Comunque, non tutti gli autori concordano con questa ipotesi e, di fatto, non è ancora del tutto chiaro
come PHEX regoli la produzione dell’FGF23 (David et al., 2010).
Clinicamente, la malattia esordisce nel 1°-2° anno di vita: i bambini
affetti sviluppano importanti deformità ossee, soprattutto a carico
delle ossa lunghe a rapido accrescimento, in particolare quando iniziano la deambulazione. Gli arti inferiori appaiono tendenzialmente
Tabella II.
Diverse forme di rachitismo ipofosfatemico e relativo gene coinvolto nella patogenesi.
Forme FGF23 dipendenti
Gene
Locus
Mutazione
MIM
X-linked dominante (XLHR)
PHEX
Xp22.2-p22.1
Inattivante
307800
Autosomico dominante (ADHR)
FGF23
12p13.3
Attivante
193100
Autosomico recessivo 1 (ARHR1)
DMP1
4q21
Inattivante
241520
Autosomico recessivo 2 (ARHR2)
ENPP1
6q22-q23
Inattivante
613312
Difetti primitivi renali
Ereditario con ipercalciuria (HHRH)
X-linked recessivo
116
Gene
Locus
Mutazione
MIM
SLC34A3
9q34
Inattivante
241530
CLCN5
6q22-q23
Inattivante
300554
I rachitismi ipofosfatemici
Figura 3.
Deformità degli arti inferiori in pazienti affetti da rachitismo ipofosfatemico.
A-C: varismo; D: valgismo; E: deformità a colpo di vento (deformità mista varismo-valgismo).
Si noti la bassa statura disarmonica.
ricurvi, con coxa vara e ginocchio varo o valgo, l’andatura è anserina e vi è una bassa statura disarmonica con prevalenza del tronco
sugli arti inferiori (i soggetti non trattati hanno una statura definitiva
prevista variabile dai 130 ai 165 cm) (Fig. 3). È spesso presente
il tipico slargamento delle regioni metafisarie (braccialetto/caviglia
rachitici) mentre non vi sono generalmente manifestazioni tetaniche
da ipocalcemia; poco frequenti sono il rosario rachitico ed il solco
di Harrison. Da adulti, i soggetti possono sviluppare osteomalacia,
entesopatia, processi degenerativi a carico delle articolazioni ed alterazioni dentali come deformità pulpare, alterazioni della dentina
intraglobulare ed ascessi periapicali.
I segni radiologici sono simili a quelli presenti nel rachitismo carenziale: rarefazione della trabecolatura ossea, slargamento delle metafisi con deformazione “a coppa” ed irregolarità del piatto epifisario
(Fig. 4) (Baroncelli et al., 2004).
Dal punto di vista biochimico si riscontrano ipofosfatemia, fosfaturia elevata, ridotti valori di TmPO4/GFR (trasporto tubulare massimo del fosfato normalizzato per la frazione di filtrazione glomerulare), normocalcemia, valori di fosfatasi alcalina aumentati, valori
di paratormone nella norma o lievemente aumentati, valori di 25idrossivitamina D normali, valori di 1,25-diidrossivitamina D ridotti
o inappropriatamente normali per l’ipofosfatemia, valori di FGF23
Figura 4.
Bambina di 5 anni affetta da rachitismo ipofosfatemico X-linked. A livello degli arti inferiori (A) si nota un evidente slargamento delle metafisi con
deformazione “a coppa” ed irregolarità del piatto epifisario. A livello degli arti inferiori (B), oltre alle alterazioni precedenti, si osserva importante
valgismo delle ginocchia, più accentuato a destra.
117
G. Saggese et al.
Tabella III.
Parametri biochimici nelle varie forme di rachitismo ipofosfatemico.
Patologia
Gene coinvolto
FGF23
Ca
UCa
P
Tmp/GFR
FA
PTH
25-OH-D
1,25(OH)2D
XLHR
PHEX
N* ↑
N
N
↓
↓
↑
N
N
↓ N*
ADHR
FGF23
N* ↑
N
N
↓
↓
↑
N
N
↓ N*
ARHR
HHRH
DMP1
N* ↑
N
N
↓
↓
↑
N
N
↓ N*
ENPP1
N* ↑
N
N
↓
↓
↑
N
N
↓ N*
SLC34A3
↓N
N
↑
↓
↓
↑
↓
N
↑
* Valori normali ma inappropriati per l’ipofosfatemia
Ca: calcio totale; UCa: calciuria; P: fosforo; Tmp/GFR: trasporto tubulare massimo del fosfato normalizzato per la frazione di filtrazione glomerulare; FA: fosfatasi alcalina;
PTH: paratormone; 25-OH-D: 25-idrossivitamina D; 1,25(OH)2D: 1,25-diidrossivitamina D.
elevati o inappropriatamente normali per l’ipofosfatemia (Tiosano et
al., 2009; Igaki et al., 2011). L’ipofosfatemia si sviluppa nei primi
mesi di vita per cui il dosaggio della fosfatemia rappresenta una
delle indagini più importanti da effettuare in pazienti con sospetto
clinico di XLHR o con anamnesi familiare positiva.
Altre forme di rachitismo ipofosfatemico FGF23
dipendenti (Tab. 2)
Il rachitismo ipofosfatemico autosomico dominante (ADHR, MIM
193100) si presenta con penetranza ed età di insorgenza variabili. La
malattia è dovuta a mutazione attivante del gene FGF23 (12p13.3)
che rende il suo prodotto proteico resistente ai normali processi di
degradazione. Anche questa forma è caratterizzata da elevati livelli circolanti di FGF23; clinicamente la malattia è indistinguibile
dall’XLHR. Alcuni pazienti sviluppano rachitismo ipofosfatemico durante l’infanzia, per poi divenire spontaneamente asintomatici con
l’età; esistono al contrario casi (in particolare le giovani donne in
fase post-puberale) che sviluppano ipofosfatemia ed osteomalacia
solo in età giovane-adulta. Recentemente, i livelli circolanti di FGF23
sono stati messi in relazione con lo stato marziale: in questi pazienti
i livelli di sideremia e di ferritina correlano inversamente con i livelli
circolanti di FGF23 e direttamente con i valori di fosfatemia. Questi
risultati suggeriscono come lo stato marziale possa influenzare la
secrezione di FGF23 e come i normali processi di regolazione vengano meno nei pazienti con ADHR. Pertanto, tale patologia potrebbe
slatentizzarsi quando si sviluppa una carenza marziale, come durante l’infanzia e l’adolescenza. Resta da capire se i pazienti con ADHR
possano trovare giovamento da una supplementazione con ferro a
basso dosaggio (Imel et al., 2011).
Il rachitismo ipofosfatemico autosomico recessivo di tipo 1
(ARHR1, MIM 241520) è causato da una mutazione inattivante del
gene DMP1 (4q21) che codifica per la dentin matrix protein 1, una
delle proteine SIBLING specifica del tessuto osseo e dentario. Questa
proteina sembra svolgere un’azione inibitrice diretta sull’FGF23 per
cui, in seguito alla mutazione, i livelli circolanti di FGF23 aumentano
e causano fosfaturia. La malattia, che si sviluppa più frequentemente in bambini di genitori consanguinei, può rendersi manifesta più
tardivamente rispetto alle altre forme. Il quadro clinico, le deformità
scheletriche, le alterazioni dentarie ed il quadro biochimico sono sovrapponibili all’XLHR e all’ADHR (Ruppe et al., 2011).
Il rachitismo ipofosfatemico autosomico recessivo di tipo 2
(ARHR2, MIM 613312) è causato da mutazioni inattivanti del gene
ENPP1 (ecto nucleotide pyrophosphatase phosphodiesterase 1;
6q22-q23) che regola la sintesi del pirofosfato, inibitore fisiologico
della deposizione dei cristalli di idrossiapatite e della differenziazione
118
degli osteobalsti. Mutazioni inattivanti di ENPP1 erano già note causare la calcificazione arteriosa generalizzata dell’infanzia, malattia
autosomica recessiva che talvolta si associa anche ad ipofosfatemia.
I pazienti con ARHR2 presentano un fenotipo sovrapponibile a quello
dei pazienti con XLHR o ADHR; in particolare, possono presentare
una scarsa risposta alla terapia con sali di fosfato e metaboliti della
vitamina D. Anche in questi soggetti i livelli di FGF23 sono elevati o
inappropriatamente normali per l’ipofosfatemia. In questi pazienti vi
è inoltre il timore che la terapia possa portare all’instaurarsi delle
calcificazioni arteriose (Levy-Litan et al., 2010).
Rachitismi ipofosfatemici da difetto primitivo renale
(Tab. 2)
Il rachitismo ipofosfatemico ereditario con ipercalciuria (HHRH,
MIM 241530) è una patologia autosomica recessiva dovuta a mutazione del gene SLC34A3 (9q34) che codifica per il cotrasportatore
sodio-fosfato NaPi2c. In questa condizione la fosfaturia consegue ad
un difetto primitivo renale, pertanto i livelli di FGF23 sono ridotti o ai
limiti bassi della norma. Per questo motivo l’ipofosfatemia stimola efficacemente la produzione di 1,25-diidrossivitamina D che aumenta
l’assorbimento intestinale di fosforo e calcio portando ad ipercalciuria, in presenza di normocalcemia. Questa forma si associa, infatti,
ad un elevato rischio di nefrolitiasi (Phulwani et al. 2011).
Il rachitismo ipofosfatemico X-linked recessivo (MIM 300554)
è una malattia autosomica recessiva dovuta a mutazione del gene
CLCN5 (Xp11.23-p11.22) che codifica per un canale renale per il
cloro voltaggio dipendente. Questa forma fa parte del complesso
della malattia di Dent ed è caratterizzata da nefrolitiasi, ipercalciuria,
proteinuria ed insufficienza renale progressiva.
In tabella 3 sono riportati i parametri biochimici che caratterizzano i
vari rachitismi ipofosfatemici.
Con il progresso delle conoscenze genetiche, sono state descritte
diverse casistiche di pazienti affetti da rachitismo ipofosfatemico
con i relativi difetti genetici identificati (Ruppe et al., 2011). Presso la Clinica Pediatrica dell’Università di Pisa sono stati valutati
46 pazienti (14 maschi) affetti da rachitismo ipofosfatemico (età
alla diagnosi 7.9 ± 9.0 anni). Di questi, 31 pazienti (11 maschi,
età media 23.5 ± 16.7 anni) sono stati analizzati dal punto di vista
genetico: il gene più frequentemente mutato è risultato il gene
PHEX (n = 28), seguito dal gene FGF23 (n = 3); nessuna mutazione
è stata riscontrata a carico dei geni DMP1 e ENPP1. Circa il 60%
delle mutazioni sono risultate a carattere familiare e 17 mutazioni
del gene PHEX non erano state precedentemente descritte in letteratura (Saggese et al., 2011).
I rachitismi ipofosfatemici
Figura 5.
Esempi di complicanze della terapia con sali di fosfato e metaboliti della vitamina D.
A: Nefrocalcinosi di grado 1 (anelli parenchimali caratterizzati da iperecogenicità delle piramidi midollari soprattutto nelle loro porzioni periferiche)
dovuto ad eccesso di terapia con metaboliti della vitamina D.
B: Paratiroide iperplastica (5.6 mm x 4.7 mm) da iperparatiroidismo secondario dovuto ad eccesso relativo di terapia con sali di fosfato.
Terapia
La terapia dei rachitismi ipofosfatemici caratterizzati da elevati livelli
di FGF23 (XLHR, ADHR, ARHR 1 e 2) si basa sulla somministrazione
pluriquotidiana di sali di fosfato inorganico (70-100 mg/kg/die divisi
in 4-6 somministrazioni) associata ai metaboliti della vitamina D:
1-alfa-idrossi-colecalciferolo (20-60 ng/kg/die in un’unica somministrazione) o 1,25-diidrossi-colecalciferolo (20-60 ng/kg/die divisi
in 2-3 somministrazioni) (Latta et al., 1993; Carpenter et al., 2011).
Il trattamento dell’HHRH, caratterizzato da livelli di FGF23 ridotti o ai
limiti bassi della norma, si basa esclusivamente sulla somministrazione dei sali di fosfato.
La terapia può portare alla guarigione delle lesioni rachitiche dopo
circa 3-4 anni, in particolare se iniziata precocemente. È opportuno iniziare il trattamento con sali di fosfato inorganico e metaboliti
della vitamina D con dosaggi inferiori, aumentandoli gradualmente
durante il follow-up.
La complicanza più frequente dell’uso dei sali di fosfato è la
comparsa di disturbi gastro-intestinali (nausea, vomito, dolori
addominali, diarrea), spesso dovuta all’impiego di dosi troppo
elevate.
Le principali complicanze della terapia con metaboliti della vitamina D sono rappresentate dall’ipervitaminosi D (con ipercalcemia
e/o ipercalciuria) e dalla nefrocalcinosi (Fig. 5A). L’insorgenza di tali
complicanze impone la sospensione del trattamento che dovrà essere ripreso nuovamente a dosaggi più bassi dopo la risoluzione
delle complicanze stesse.
Per contrastare il potenziale danno renale conseguente all’ipercalciuria da ipervitaminosi D, alcuni autori hanno suggerito l’impiego di
diuretici come l’idroclorotiazide (1.5-2.25 mg/kg/die) (Seikali et al.,
2001) eventualmente associata con l’amiloride (1 mg ogni 5 mg di
idroclorotiazide) (Alon et al., 1985). In presenza di nefrocalcinosi di
grado 1, la temporanea interruzione della terapia, associata all’aumento dell’introito giornaliero di liquidi, può portare a risoluzione dei
depositi renali di calcio. Utile appare anche la somministrazione di
citrato di potassio come acidificante delle urine, per ridurre la saturazione urinaria dei sali di calcio.
La somministrazione di dosi elevate di sali di fosfato associate
a dosi relativamente basse di metaboliti della vitamina D può
portare all’insorgenza di iperparatiroidismo secondario (Fig. 5B).
Una dose relativamente eccessiva di sali di fosfato può determinare, infatti, una riduzione dei livelli circolanti di calcio ionizzato in seguito all’azione chelante del fosfato sul calcio a livello
intestinale con conseguente ipocalcemia ed iperparatiroidismo
secondario. Per contrastare l’iperparatiroidismo può essere opportuno ridurre la dose dei fosfati ed eventualmente aumentare
la dose dei metaboliti della vitamina D. Se tale condizione non
viene prontamente corretta, l’iperparatiroidismo può diventare
terziario (iperplasia/adenoma della paratiroidi) fino a rendere
necessario l’intervento di paratiroidectomia. Nei pazienti adulti
con iperparatiroidismo secondario è stato proposto l’utilizzo del
Cinacalcet, un calcimimetico; attualmente non vi sono ancora
dati sufficienti per raccomandare l’utilizzo di tale farmaco in età
pediatrica (Alon et al., 2008).
Terapia ortopedica
La terapia medica può non essere in grado di correggere le deformità scheletriche particolarmente severe; in presenza di deformità
scheletriche ingravescenti, dolore osteo-articolare e disturbi della
deambulazione può essere necessario ricorrere ad un trattamento
ortopedico (Fucentese et al., 2008).
In presenza di varismo o valgismo importanti nei primi 2-3 anni di
vita si può ricorrere al bracing, ossia il posizionamento di docce.
Se dopo i 2-3 anni di vita è presente una deformità grave (superiore
a 30°), si può porre indicazione ad un intervento di osteotomia seguito da applicazione di apparecchio gessato.
Dopo i 5 anni di vita può essere praticato l’intervento di emiepifisiodesi (ripetibile in caso di recidiva) (Fig. 6).
A fine accrescimento si può ricorrere all’intervento di osteotomia
con eventuale allungamento degli arti.
Ormone della crescita (GH)
Alcuni studi hanno suggerito l’utilizzo del GH per il suo fisiologico
effetto antifosfaturico e per l’effetto di stimolo dell’1-alfa-idrossilasi
dal parte dell’IGF1. Comunque, un difetto dell’asse GH-IGF-I non è
fra le cause principali di bassa statura nei soggetti affetti da rachiti-
119
G. Saggese et al.
evidenzia biochimica di osteomalacia (aumento dei livelli di fosfatasi
alcalina), che lamentano dolori ossei o che devono andare incontro
ad intervento chirurgico (almeno per 6 mesi prima e dopo la procedura) (Carpenter et al., 2011).
Prospettive future
Figura 6.
Posizionamento di emiepifisiodesi bilaterali esterne in una paziente di
13 anni con rachitismo ipofosfatemico X-linked per correzione di varismo degli arti inferiori.
smo ipofosfatemico e attualmente non sono disponibili dati conclusivi per raccomandare l’utilizzo del GH nei pazienti con tale patologia (Huiming et al., 2005). Uno studio di recentissima pubblicazione
mostra come tre anni di terapia con GH in pazienti con rachitismo
ipofosfatemico prepuberi e bassa statura stimoli la crescita staturale senza alterare le proporzioni corporee (Zivicnjal et al., 2011).
Questo studio conferma la nostra esperienza in cui la terapia con
GH si era dimostrata efficace nel promuovere la crescita nei pazienti
con rachitismo ipofosfatemico e bassa statura severa (Saggese et
al., 1995).
Follow-up e durata della terapia
In tabella 4 sono riportati i controlli consigliati durante il follow-up
dei pazienti con rachitismo ipofosfatemico in terapia. La terapia dovrebbe essere continuata fino al raggiungimento della statura finale.
Non vi è accordo sulla necessità di trattare i pazienti adulti; si consiglia di trattare i pazienti che presentano fratture spontanee, con
La terapia con sali di fosfato e metaboliti della vitamina D può correggere solo alcune delle alterazioni biochimiche della malattia,
come l’ipofosfatemia ed i ridotti livelli di 1,25-diidrossivitamina D,
senza modificare i meccanismi patogenetici sottostanti, come gli
elevati livelli di FGF23. In effetti, sia i sali di fosfato che i metaboliti della vitamina D stimolano la formazione di FGF23 da parte
del tessuto osseo (Fig. 1) (Imel et al., 2010). Lo scarso controllo
dei livelli di FGF23 potrebbe spiegare perché spesso i pazienti
presentano guarigione delle lesioni rachitiche ma non dell’osteomalacia, dal momento che permangono le alterazioni dei processi
di mineralizzazione ossea. Negli ultimi anni si è tentato di identificare nuovi bersagli terapeutici: un recente studio condotto su
modelli murini di XLRH ha dimostrato che la somministrazione di
anticorpi anti-FGF23 corregge l’ipofosfatemia ed i valori ridotti
di 1,25-diidrossivitamina D, portando ad un miglioramento della
crescita, delle alterazioni della cartilagine di coniugazione e delle
lesioni osteomalaciche (Aono et al., 2009; Aono et al., 2011). Studi di fase 1 sull’uomo sono già iniziati.
Un altro farmaco proposto per la terapia del rachitismo ipofosfatemico è la calcitonina che, somministrata per via sottocutanea, si è
dimostrata capace di ridurre i livelli circolanti di FGF23, probabilmente per un suo effetto sugli osteociti, e di incrementare i livelli
di fosfato e di 1,25-diidrossivitamina D per un effetto stimolatorio
diretto sull’1-alfa-idrossilasi renale (Liu et al., 2011).
Conclusioni
I rachitismi ipofosfatemici sono forme rare di rachitismo trasmesse geneticamente. Si tratta di patologie severe, in particolare
per quanto riguarda la prognosi staturale, che richiedono una
complessa gestione multidisciplinare coordinata dal pediatra. Le
recenti acquisizioni genetiche hanno permesso di chiarire i meccanismi patogenetici alla base delle diverse forme, permettendone un migliore inquadramento nosografico. La terapia con sali
di fosfato inorganico e metaboliti della vitamina D rappresenta la
terapia di scelta. Le nuove conoscenze delle basi fisiopatologiche
prospettano l’utilizzo di terapie mirate, maggiormente efficaci.
Tabella 4.
Follow-up per i pazienti con rachitismo ipofosfatemico in terapia con sali di fosfato inorganico e metaboliti della vitamina D.
Accertamenti
Periodicità consigliata
Visita auxologia
ogni 4-6 mesi
Esami ematici* ed urinari†
ogni 4-6 mesi
Indagini radiologiche
(polsi e mani; arti inferiori)
ogni 12-18 mesi fino a guarigione delle lesioni rachitiche, quindi ogni 2-3
anni in base al quadro clinico
Ecografia renale
ogni 6 mesi
Visita ortopedica
ogni 6-12 mesi (controlli più ravvicinati in fase puberale)
Visita odontoiatrica
ogni 12 mesi
* calcemia, fosfatemia, creatininemia, fosfatasi alcalina, 25-idrossivitamina D, 1,25-diidrossivitamina D, paratormone.
† esame urine, calciuria e fosfaturia su urine raccolte nelle 24h o spot (seconde urine del mattino, da valutare in rapporto con la creatininuria), TmPO4/GFR (trasporto
tubulare massimo del fosfato normalizzato per la frazione di filtrazione glomerulare).
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I rachitismi ipofosfatemici
Box di orientamento
Nel presente articolo sono stati sviluppati i seguenti punti:
- La fisiopatologia del metabolismo del fosfato e dei rachitismi ipofosfatemici.
- La diagnosi delle varie forme di rachitismo ipofosfatemico.
- La gestione della terapia dei rachitismi ipofosfatemici.
- Le prospettive future per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici.
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** Articolo recente che tratta le varie azioni fisio-patologiche dell’FGF23 ed il suo
ruolo in diverse condizioni patologiche, con particolare riferimento alla pratica
clinica.
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the evolving mechanisms of phosphate regulation. Rev Endocr Metab Disord
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* L’articolo descrive dettagliatamente i meccanismi di controllo dell’omeostasi
del fosfato con riferimento alle varie forme di rachitismo ipofosfatemico.
Carpenter TO, Imel EA, Holm IA, et al. A clinician’s guide to X-linked hypophosphatemia. J Bone Miner Res 2011;26:1381-8.
** Recente revisione dell’approccio terapeutico al bambino e al paziente adulto
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** L’articolo descrive in maniera esaustiva la principali alterazioni del riassorbimento renale di fosfato di origine genetica.
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* L’articolo evidenzia come un’alterazione dell’omeostasi del fosfato sia alla
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* Studio recente che mostra i benefici della terapia con GH in pazienti con rachitismo ipofosfatemico prepuberi e bassa statura.
Corrispondenza
Giuseppe Saggese, Clinica Pediatrica I Università di Pisa, via Roma 67, 56100, Pisa, Italy. Tel. +39 050 992797. E-mail. [email protected]
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