E.O. Ospedali Galliera Genova
Struttura Complessa di Neonatologia
ATTUALITA` IN TEMA DI
IPERBILIRUBINEMIE NEONATALI
Paolo Moscatelli
ITTERO IN CORSO DI
ALLATTAMENTO AL SENO (1)
Compare nei primi giorni di vita in neonati alimentati
esclusivamente al seno ed e` dovuto essenzialmente ad
insufficiente apporto nutritivo.
In termini patogenetici e` in gioco un aumento del
circolo enteroepatico della bilirubina, legato a rallentato
transito intestinale ed a piu` lenta colonizzazione ad
opera di germi che normalmente trasformano la
bilirubina coniugata ad urobilinoidi, non aggredibili dalla
betaglicuronidasi intestinale e quindi non assorbibili. La
deprivazione calorica agisce inoltre da induttore della
eme-ossigenasi.
ITTERO IN CORSO DI
ALLATTAMENTO AL SENO (2)
Terapia:
implementazione dell’allattamento al seno
(aumento del numero delle poppate, uso di
tiralatte, ecc.) ed eventuale integrazione con
formula adattata.
ITTERO DA LATTE MATERNO (1)
Compare nel 2-4% dei neonati a termine allattati con
successo esclusivamente al seno. In questi casi, dopo
il 4°-5° giorno di vita, la bilirubina continua ad
aumentare, potendo raggiungere, intorno alla fine
della seconda settimana di vita, anche valori di 30
mg/dl (con rischio quindi di ittero nucleare). Anche
in assenza di provvedimenti la bilirubina tende poi a
calare progressivamente, normalizzandosi tra la 4a e
la 12a settimana.
La sospensione del latte materno per 36-48 ore
porta a rapida caduta della bilirubinemia che, alla
ripresa dell'allattamento al seno, può risalire di 2-4
mg senza più raggiungere gli alti valori iniziali.
ITTERO DA LATTE MATERNO (2)
Patogenesi non del tutto chiarita.
Esclusa una inibizione della UDPG legata alla presenza
nel latte di alti livelli di 3alfa20beta-pregnandiolo o di
acidi grassi non esterificati (risultanti da eccessiva
attività lipasica), l'ipotesi più accreditata è quella di un
aumento del circolo enteroepatico della bilirubina che
non sembra secondario ad eccessivo contenuto di
betaglicuronidasi, ma a fattori per ora non identificati.
Possibile il ruolo di interazioni genetiche.
Genetica e iperbilirubinemie



Sindrome di Crigler-Najjar tipo 1: autosomica recessiva
Sindrome di Crigler-Najjar tipo 2: autosomica recessiva
Ittero emolitico neonatale in soggetti affetti da deficit
di G6PD: X linked
Genetica e iperbilirubinemie
L'aspetto
forse
più
interessante
delle
interazioni tra genetica ed iperbilirubinemie
neonatali, per l'ampiezza di ricadute sul piano
clinico, è rappresentato dai polimorfismi della
UDPGT che si associano ad una riduzione della
capacità di glicuroconiugazione epatica. Tra
questi, il più comune nel mondo occidentale, è
quello associato alla sindrome di Gilbert.
La sindrome di Gilbert è la causa più comune di ridotta
coniugazione epatica della bilirubina dovuta alla diminuita
attività dell’enzima UDP-glicuroniltransferasi (UGT). Tale
condizione si trasmette con modalità autosomica recessiva,
interessa il 5-10% della popolazione e comporta una
diminuzione
di
circa
il
30%
della
capacità
di
glicuroconiugazione.
Nelle popolazioni caucasiche tale condizione si esprime in
presenza di un polimorfismo dovuto ad una mutazione a livello
del promotore del gene UGT1A1 ove è presente una coppia di
basi (TA) in più: in luogo di (TA)6TAA è presente un assetto
(TA)7TAA allo stato omozigote.
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ESONE 1
5’
1*7
1*6
1*5
1*4
1*3
-53
3’
1*2
1*1
2
3
4
-39
(TA)n TAA
Organizzazione del gene UGT sul cromosoma 2- 2q37
5
Recenti dati dimostrano che tale polimorfismo
nelle popolazioni caucasiche non sia di per sè
causa di ittero significativo ma possa, in
presenza di fattori predisponenti (deficit di
G6PD, sferocitosi congenita, incompatibilità
ABO con sierologia negativa), contribuire in
modo determinante a importanti innalzamenti
dei valori sierici delle bilirubina
Diversa incidenza (%) dell’iperbilirubinemia in neonati
normali e con deficit di G6PD in riferimento ai tre diversi
genotipi del promoter UGT
%
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
G6PD deficient
G6PD normal
(TA)6 / (TA)6
(TA)6 / (TA)7
(TA)7 / (TA)7
( Da: Kaplan et al. Proc.Natl.Acad.Sci. USA , 94:12128-32, 1997)
Caratteristiche dello studio



36 Neonati con bilirubinemia tot.  15 mg%
88 Neonati con bilirubinemia tot.  15 mg%
Entrambi i gruppi con:


e.g.  37 sett.
Test di Coombs negativo
Incidenza (%) del polimorfismo (TA)7 associato alla
S. di Gilbert nei due gruppi di neonati considerati:
88 neonati a termine con bilirubina tot. < 15 mg%
36 neonati a termine con bilirubina tot. > 15 mg%
%
60
50
22.2 %
40
6.8 %
30
20
(TA)6 / (TA)6
(TA)6 / (TA)7
(TA)7 / (TA)7
10
0
 15 mg%
 15 mg%
Conclusioni
I nostri dati confermano il possibile ruolo
del polimorfismo presente nel promoter
del gene UGT allo stato omozigote
associato alla Sindrome di Gilbert, nella
patogenesi dell’ittero neonatale, quanto
meno nel condizionare l’entità delle
manifestazioni cliniche in presenza di
fattori favorenti.
FOTOTERAPIA
La fototerapia costituisce da quasi 50 anni
uno dei cardini della terapia delle
iperbilirubinemie neonatali. Essa sfrutta la
capacità di ridurre la bilirubina da parte
delle radiazioni luminose nello spettro del
visibile, con un massimo di attività per
lunghezze d'onda comprese tra 480 e 550
nm.
MECCANISMO D`AZIONE (1)
Fotoisomerizzazione:
avviene nel comparto extravascolare cutaneo con
trasformazione della bilirubina in un composto meno
tossico, polare, che diffonde nel sangue e viene
escreto senza necessità di coniugazione. Questo
processo è di limitata rilevanza clinica in quanto il
fotoisomero viene rapidamente riconvertito a livello
intestinale a bilirubina non coniugata, che,
soprattutto in caso di rallentato transito, entra nel
circolo enterepatico.
MECCANISMO D`AZIONE (2)
Isomerizzazione strutturale:
porta a formazione di lumirubina che viene
rapidamente eliminata a livello epatico e renale. A
differenza della fotoisomerizzazione, l'isomerizzazione
strutturale è irreversibile ed il composto che ne origina
non può essere riassorbito. Costituisce la via più
importante per la riduzione della bilirubina.
Fotoossidazione:
trasformazione della bilirubina in prodotti a basso
peso molecolare escreti con le urine. In termini
quantitativi è la meno importante delle le tre vie.
L’efficacia della fototerapia puo`essere
implementata:




utilizzando lampade ad irradianza elevata
(>5microwatt/cm2/nm a lunghezze d'onda
comprese tra 430 e 490 nm);
riducendo il più possibile la distanza tra cute e
fonte di luce;
aumentando i tempi di esposizione;
incrementando la superficie di cute irradiata.
TERAPIA DELL’IPERBILIRUBINEMIA NEL
PREMATURO IN BASE AL PESO ALLA NASCITA (*)
Peso (g)
Fototerapia
Exsanguinotrasfusione
<1000
in 1a giornata di
vita
>10-12 mg/dl
1000-1500
7-9 mg/dl
12-15 mg/dl
1500-2000
10-12 mg/dl
15-18 mg/dl
2000-2500
13-15 mg/dl
18-20 mg/dl
(*) da Cloherty et al.: Manual of Neonatal Care, 2004.
TERAPIA CON IMMUNOGLOBULINE
La somministrazione di immunoglobuline e.v. ad alte
dosi (500-1000 mg in singola somministrazione o
ripetute per tre giorni) si è dimostrata in grado di
ridurre i livelli di bilirubina in neonati affetti da
isoimmunizzazione ABO o anti-D in caso di
insufficiente risposta alla fototerapia. Il meccanismo
di azione non è del tutto chiarito.
Si ipotizza una saturazione del recettore per il
frammento Fc delle cellule reticoloendoteliali con
conseguente blocco del processo di captazione e lisi
dei globuli rossi sensibilizzati.
INIBITORI DEL CIRCOLO ENTEROEPATICO DELLA
BILIRUBINA
Il carbone vegetale, attivo in campo animale, non
sembra utilizzabile nel neonato in quanto ne sarebbero
richieste dosi troppo elevate.
Di maggiore utilità la somministrazione orale di agar
che si lega alla bilirubina del tratto gastrointestinale
favorendone l'escrezione e che sembra in grado di
ridurre di circa il 25% la durata della fototerapia.
Esperienze solo anedottiche.
L'approccio forse più interessante potrebbe essere
rappresentato dagli inibitori della betaglicuronidasi
(acido aspartico e idrolisato enzimatico di caseina) che,
impiegati in piccole dosi in neonati alimentati al seno, si
sono dimostrati in grado di ridurre significativamente i
valori di bilirubina, aumentando l'escrezione fecale di
pigmenti biliari, rispetto ai controlli.
INIBITORI DELL’EMEOSSIGENASI (EO) (1)
Le metallo-porfirine (zinco- e stagno-protoporfirina e,
soprattutto, stagno-mesoporfirina) sono analoghi
sintetici del gruppo eme che inibiscono con meccanismo
di tipo competitivo l'attività dell'EO, riducendo quindi
la produzione di bilirubina. Il blocco del catabolismo
dell'eme non comporta accumulo nei tessuti di questo
composto che viene escreto come tale a livello epatico
senza necessità di glicuroconiugazione.
INIBITORI DELL’EMEOSSIGENASI (EO) (2)
La stagno-mesoporfirina, unica approvata per uso
clinico dall'FDA, somministrata in dose singola per via
parenterale manifesta la sua attività per circa 7-10
giorni e si è dimostrata di estrema efficacia, in studi
randomizzati e controllati, anche in caso di
isoimmunizzazione, riducendo nettamente la necessità
di fototerapia ed exsanguinotrasfusione.
Effetti collaterali: aumento nell'incidenza di transitori
eritemi
da
fotosensibilizzazione
in
caso
di
concomitante fototerapia.
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Attualità nel trattamento degli itteri neonatali