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Valutazione e trattamento
dell’iperbilirubinemia neonatale
KAREN E. MUCHOWSY Naval Hospital Camp Pendleton Family Medicine Residency Program, Camp Pendleton, California (USA)
Mentre l’ittero neonatale è una condizione frequente, l’encefalopatia bilirubinica acuta ed il kernittero
(encefalopatia bilirubinica cronica) sono evenienze rare. La necessità di eseguire uno screening universale
per l’iperbilirubinemia neonatale rappresenta un argomento controverso. American Academy of Pediatrics consiglia lo screening universale dei livelli di bilirubina, oppure uno screening “selettivo” in base alla
presenza di fattori di rischio. Secondo sia U.S. Preventive Services Task Force sia American Academy of Family Physicians, d’altro canto, le evidenze in favore di un miglioramento degli outcome in seguito allo screening sarebbero insufficienti. Lo screening universale determina un aumento dei trattamenti di fototerapia eseguiti, che a volte risultano inappropriati. I fattori di rischio più significativi per lo sviluppo di iperbilirubinemia sono l’età gestazionale alla nascita ed un allattamento esclusivo al seno. I neonati con ittero
vanno sottoposti ad una valutazione che preveda la definizione di alcuni punteggi di rischio, oppure la
misurazione della bilirubina sierica totale o della bilirubina transcutanea. La fototerapia rappresenta un
trattamento efficace dell’iperbilirubinemia, anche se il numero di pazienti da trattare per prevenire un
evento varia ampiamente in base a fattori come sesso del neonato, età gestazionale alla nascita, tempo trascorso dal parto. La decisione se procedere o meno alla fototerapia va presa in base all’età gestazionale alla
nascita ed ai fattori di rischio. L’exsanguino-trasfusione causa complicanze in circa il 5% dei neonati trattati, e l’intervento è associato ad un tasso di mortalità pari a 3-4 casi ogni 1.000. Sono esposti ad un aumento del rischio di iperbilirubinemia i neonati allattati esclusivamente al seno, ed in particolare quelli
con introduzione calorica insufficiente. L’interruzione temporanea dell’allattamento al seno, per procedere al trattamento dell’ittero, comporta tuttavia un rischio di interruzione precoce dell’allattamento al
seno. In questi casi è importante, da parte degli operatori sanitari, l’incoraggiamento per promuovere l’allattamento al seno. (Am Fam Physician. 2014; 89 (11): 873-878. Copyright® 2014 American Academy of
Family Physicians).
L’
ittero neonatale interessa una percentuale
pari fino all’84% dei neonati a termine1, e
rappresenta la causa più frequente di un nuovo
ricovero in ospedale nel periodo neonatale.2 Un’iperbilirubinemia grave (livelli sierici di bilirubina totale superiori a 20 mg/dL [342,1 µmol/L]) si manifesta in meno del 2% dei neonati a termine, e può
portare a kernittero (encefalopatia bilirubinica cronica) ed a ritardo permanente dello sviluppo neurologico.2 È pertanto importante sottoporre sistematicamente tutti i neonati ad una valutazione per
la ricerca di iperbilirubinemia.
Un’encefalopatia bilirubinica acuta si sviluppa in
un neonato ogni 10.000, e la condizione si manifesta con ipertonia, ipertonia dei muscoli estensori,
retrocollo, opistotono, febbre, pianto acuto. 2 I
dati riguardanti la progressione da encefalopatia bilirubinica acuta a kernittero sono limitati; secondo
uno studio il 95% dei neonati con encefalopatia bilirubinica acuta presenta una completa risoluzione dei sintomi, e solo il 5% presenta segni di kernittero al momento della dimissione.3 Kernittero si
sviluppa in un neonato ogni 100.000, e la condizione si manifesta con paralisi cerebrale atetoide,
disfunzione uditiva, displasia dentale, paralisi dello
sguardo verso l’alto, disabilità intellettiva di grado
variabile.
I fattori di rischio per lo sviluppo di una grave iperbilirubinemia comprendono cefaloematomi o facilità nello sviluppo di ecchimosi, prematurità, esclusivo allattamento al seno (in particolare nei casi di
insufficiente introduzione calorica, e/o calo ponderale pari a 8-10%), anemia emolitica isoimmune o
di altro tipo, fratelli o sorelle con una storia di ittero neonatale.4 In aggiunta all’iperbilirubinemia,
i fattori associati allo sviluppo di encefalopatia bilirubinica comprendono prematurità, emolisi, sepsi,
basso peso alla nascita. Secondo uno studio meno
del 5% dei neonati a termine altrimenti sani con livelli sierici di bilirubina totale superiori a 30 mg/dL
(513.1 µmol/L) sviluppa un’encefalopatia bilirubinica acuta o un kernittero.3
Quali sono le attuali indicazioni allo screening
dell’iperbilirubinemia?
American Academy of Pediatrics consiglia lo screening
universale dell’iperbilirubinemia, con la determi5 - aprile 2015 - Minuti
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Sistema SORT (Strength of Recommendation Taxonomy, Tassonomia della forza delle evidenze):
Indicazioni per la pratica clinica
Indicazione clinica
Livello di Referenze
evidenza bibliografiche
C
5
B
3, 26
La fototerapia diminuisce l’incidenza di grave iperbilirubinemia neonatale
Nei neonati con iperbilirubinemia grave la fototerapia diminuisce le necessità di ricorrere a
exsanguino-trasfusione
In un neonato con ittero l’interruzione temporanea dell’allattamento al seno diminuisce le
B
28
probabilità complessive di un allattamento al seno efficace
A = Evidenza coerente, di buona qualità ed orientata sul paziente; B = evidenza orientata sul paziente, scarsamente coerente o di
qualità limitata; C = opinione generale, evidenza orientata sulla malattia, pratica clinica usuale, opinione di esperti, serie di casi
clinici. Per informazioni sul sistema SORT di valutazione delle evidenze, si veda al sito http://www.aafp.org/afpsort.xml
nazione dei livelli sierici di bilirubina totale o della
bilirubina transcutanea, oppure uno screening mirato basato sull’analisi dei fattori di rischio.5 Lo screening universale è in grado di identificare in maniera
accurata i neonati con rischio elevato di livelli sierici di bilirubina totale superiori al novantacinquesimo percentile per l’età.6,7 Secondo alcuni studi,
nel definire il rischio di iperbilirubinemia la determinazione di alcuni punteggi di rischio sarebbe altrettanto accurata dello screening universale.8,9 Il metodo più efficace per identificare i neonati a rischio di iperbilirubinemia è costituito in realtà dall’associazione tra screening universale e determinazione di punteggi di rischio.1,7
Anche se lo screening è in grado di identificare i neonati con rischio elevato di superare il novantacinquesimo percentile dei livelli sierici di bilirubina
totale, sia U.S. Preventive Services Task Force sia American Academy of Family Physicians sostengono la presenza di evidenze insufficienti in favore di un miglioramento degli outcome clinici in seguito allo
screening dell’iperbilirubinemia.10,11 Lo screening consente di identificare più precocemente i pazienti che
devono essere sottoposti a fototerapia, ma non esistono evidenze che indichino che la fototerapia o le
exsanguino trasfusioni diminuiscano in effetti il rischio di encefalopatia bilirubinica.12 Lo screening universale determina, probabilmente in maniera inappropriata, un aumento dei tassi di esecuzione di fototerapia. Uno studio retrospettivo di grosse dimensioni, condotto su neonati ricoverati in ospedale e sottoposti a screening universale con la misurazione dei livelli sierici di bilirubina totale o della
bilirubina transcutanea, ha riscontrato tassi di fototerapia più che doppi (9,1% rispetto a 4,2%;
P<0,001) rispetto a quelli descritti in centri che
non adottavano lo screening universale; inoltre,
solo il 56% dei pazienti sottoposti a fototerapia ha
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presentato in realtà livelli sierici di bilirubina totale compresi nel range che indica la necessità dell’intervento.15 Lo screening ha peraltro ottenuto una
diminuzione dei tassi di nuovi ricoveri per iperbilirubinemia.
Come valutare i neonati con ittero?
L’ispezione del paziente non rappresenta un metodo
accurato per determinare i livelli di bilurubina, e
spesso tale metodo non è in grado di identificare
un’iperbilirubinemia grave.16 Tutti i neonati con ittero devono essere valutati con la determinazione
di un punteggio di rischio o con la misurazione dei
livelli sierici di bilirubina totale o di bilirubina transcutanea. I livelli di bilirubina vanno interpretati
prendendo in considerazione l’età del paziente
(espressa in ore). In base al rischio possono rendersi
necessari ulteriori esami. Numerosi studi hanno dimostrato una relazione lineare tra i livelli di bilirubina transcutanea ed i livelli di bilirubina sierica
totale, ma solamente in presenza di valori relativamente bassi; in presenza di valori relativamente
elevati tale relazione sarebbe molto meno significativa.4
American Academy of Pediatrics consiglia di sottoporre tutti i neonati con ittero che necessitano di
una fototerapia ai seguenti esami: gruppo sanguigno, test di Coombs diretto, emocromo completo
ed esame di uno striscio di sangue periferico, livelli
di bilirubina coniugata e diretta. Uno studio retrospettivo condotto su 282 neonati trattati con fototerapia, e sottoposti agli esami menzionati in precedenza, ha peraltro evidenziato risultati normali
nell’88,3% dei casi.18 Tra i neonati con risultati abnormi, il 45% aveva iniziato la fototerapia meno di
48 ore dopo il parto. Tali neonati presentavano livelli sierici elevati di bilirubina totale anche dopo
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Tabella 1.
Effetti collaterali della fototerapia neonatale
A breve termine
Diarrea
Interferenze con il rapporto madre-neonato
Ipermotilità intestinale
Instabilità della temperatura corporea
A lungo termine
Aumento del rischio di asma infantile
(rischio relativo = 1,4)
Aumento del rischio di diabete mellito di tipo 1
(rischio relativo = 3,79)
Informazioni tratte dalle referenze bibliografiche 5, 22, 24-27
l’inizio della fototerapia, mentre tutti i pazienti con
risultati normali hanno presentato, una volta iniziata la fototerapia, un’appropriata diminuzione
della bilirubina sierica. Questi dati suggeriscono
che esami ulteriori sarebbero necessari, in un neonato che soddisfa i criteri per la fototerapia, solo nei
casi in cui l’ittero si manifesta nelle prime 48 ore di
vita, oppure nei casi in cui il neonato non risponde
in maniera appropriata alla fototerapia.
Quanto è efficace il trattamento
dell’iperbilirubinemia?
E quali sono gli effetti collaterali?
Fototerapia
L’assorbimento della luce a livello della cute converte la bilirubina non coniugata nei foto-prodotti della bilirubina che vengono poi escreti con
le feci e con le urine. American Academy of Pediatrics ha pubblicato delle linee-guida riguardanti la
decisione di procedere alla fototerapia.5 Nei neonati
pretermine o non in buone condizioni di salute la
“soglia” per iniziare la fototerapia è più bassa. Dopo
l’inizio del trattamento la velocità di discesa dei livelli sierici di bilirubina totale è variabile, ed il range
di decremento atteso è compreso tra 6% e 20%.5
Nei neonati a termine senza emolisi, la fototerapia
può essere continuata fino a quando i livelli di bilirubina raggiungono 13-14 mg/dL (222,4-239,5
µmol/L). Non è necessario mantenere i neonati in
ospedale per controllare l’eventuale comparsa di
un’iperbilirubinemia “da rimbalzo”, che rappresenta un’evenienza rara.19,20
Anche se per la fototerapia non esiste un protocollo
standard, alcuni principi da seguire prevedono l’utilizzazione di lunghezze d’onda e di irradiazioni adeguate, cercando di massimizzare l’area cutanea esposta. La luce più efficace nel convertire la bilirubina
non coniugata è la luce blu-verde, con lunghezze
d’onda tra 460 e 490 nm. Questo trattamento viene
considerato una fototerapia “intensiva”. Per massimizzare l’area cutanea esposta alla luce i neonati devono essere nudi, con l’eccezione del pannolino. I
tipi di sorgenti luminose utilizzate per la fototerapia comprendono la luce convenzionale (alogena o
a fluorescenza), diodi emettenti luce (light-emitting
diodes, LED) e fibre ottiche. LED e la luce convenzionale sono egualmente efficaci; non esistono infatti differenze tra i due tipi di sorgenti luminose
dal punto di vista della durata della fototerapia, della
velocità di diminuzione dei livelli di bilirubina totale, dei tassi di insuccessi terapeutici.21 La luce con
fibre ottiche standard (utilizzata nelle cosiddette
“bili-coperte”) non è altrettanto efficace rispetto alla
luce convenzionale, con l’eccezione dei casi di
neonati pre-termine.22 Nei neonati a termine la luce
con fibre ottiche doppie è altrettanto efficace di una
singola sorgente di luce convenzionale. Non sono
disponibili studi di confronto tra la fototerapia condotta a livello domiciliare e la fototerapia condotta
in ospedale.
Secondo alcuni studi la fototerapia otterrebbe una
riduzione del 10-17% del rischio assoluto di sviluppare livelli di bilirubina sierica superiori a 20
mg/dL (numero di pazienti da trattare per prevenire un evento: tra 5 e 10)5; la fototerapia sarebbe
inoltre efficace all’84% nel prevenire exsanguinotrasfusioni.23 Secondo studi più recenti, d’altro canto,
il numero di pazienti da trattare per prevenire un
evento può variare in maniera significativa, e dipende dall’età gestazionale alla nascita, dal sesso e
dall’età del neonato (in ore).23 Ad esempio, in neonati maschi di età inferiore a 24 ore, nati dopo 35
settimane di gestazione, il numero di pazienti da
trattare con fototerapia per prevenire una exsanguino-trasfusione è pari a 14; d’altro canto, in neonati femmine di età superiore a 72 ore, nate dopo
40 settimane di gestazione, il numero di pazienti
da trattare per prevenire una exsanguino-trasfusione
è di 2.176.
La fototerapia presenta effetti collaterali a breve e a
lungo termine (Tabella 1).5,22-24-27 L’intervento richiede la separazione fisica tra madre e neonato, l’ottenimento di campioni di sangue, ed in alcuni casi
un prolungato ricovero in ospedale. Questi eventi
possono essere emotivamente stressanti per il genitore. Diversi studi hanno osservato che i genitori di
neonati con ittero significativo presentano maggiori
problemi nel rapporto con il neonato, e richiedono un numero maggiore di visite ambulatoriali.28,29
Uno studio di coorte di grosse dimensioni ha descritto, in neonati sottoposti a fototerapia, tassi più
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elevati di visite specialistiche e di visite da parte
di medici di base durante i primi 60 giorni di vita
(rischio relativo 1,07; intervallo di confidenza al
95% tra 1,05 e 1,10).30
Exsanguino-trasfusione
Anche se la fototerapia è efficace nel trattamento
dell’iperbilirubinemia, in alcuni casi è indicata una
exsanguino-trasfusione. Nella decisione se intraprendere o meno l’exsanguino-trasfusione può essere utilizzato un nomogramma, basato sui livelli
di bilirubina sierica totale.5 L’exsanguino-trasfusione è indicata nei neonati con livelli di bilirubinemia compresi nel range indicato nel nomogramma
(superiori o uguali a 25 µmg/dL [427,6 mol/L]),
con ittero e con segni di encefalopatia bilirubinica
acuta.5 Nei neonati a termine i tassi di mortalità entro 6 ore dall’exsanguino-trasfusione sono di 3-4
casi ogni 1.000 pazienti trattati.6 Circa il 6% dei
neonati sottoposti a exsanguino-trasfusione presenta
complicanze associate al sangue trasfuso, complicanze di tipo cardiorespiratorio, alterazioni metaboliche, o complicanze associate al cateterismo.5
Nei neonati con ittero occorre modificare
l’allattamento al seno?
I neonati allattati al seno hanno una probabilità 3
volte più elevata di presentare livelli sierici di bilirubina totale superiori a 12 mg/dL (205,3 µmol/L),
e 6 volte più elevata di presentare livelli superiori a
15 mg/dL (256,6 µmol/L).31 L’esatto meccanismo
responsabile dell’associazione tra ittero ed allattamento al seno non è noto, ma potrebbe comprendere un insufficiente apporto calorico, l’inibizione
dell’escrezione epatica della bilirubina, un aumento
del riassorbimento intestinale della bilirubina. Uno
studio ha messo a confronto neonati che venivano
esclusivamente allattati al seno e neonati che ricevevano invece integrazioni con formule, per l’allattamento artificiale, in presenza di un significativo
calo ponderale, nonché neonati nutriti esclusivamente con formule.32 I risultati ottenuti suggeriscono che la deprivazione calorica, e non l’allattamento al seno di per sé, aumenta il rischio di iperbilirubinemia. Un aumento della frequenza degli
allattamenti al seno diminuisce il rischio di sviluppare un’iperbilirubinemia significativa.5 Nei
neonati allattati al seno i segni di un’adeguata introduzione alimentare comprendono i seguenti: presenza di 4-6 pannolini completamente bagnati al
giorno; emissione di feci 3-4 volte al giorno al
raggiungimento del quarto giorno di vita; transizione all’emissione di feci più solide, color senape,
entro il terzo o il quarto giorno di vita.5
Le mamme che allattano al seno bambini con ittero
sono esposte ad un aumento del rischio di interruzione precoce della capacità di allattare. Rispetto
a quanto descritto in mamme di neonati indenni da
ittero, un numero doppio di mamme di neonati con
ittero ha interrotto l’allattamento al seno dopo un
mese (numero di pazienti per prevenire un evento
= 4).28 I neonati il cui allattamento al seno era stato
interrotto per procedere al trattamento dell’ittero
hanno presentato un rischio più elevato di non essere allattati al seno ad un mese di età (numero di
pazienti necessario per prevenire un evento = 4).
Nei neonati con ittero una corretta interazione della
madre con gli operatori sanitari coinvolti (che devono incoraggiare la madre, ed invitarla a continuare con l’allattamento al seno) rappresenta il più
forte fattore predittivo per la continuazione dell’allattamento al seno.33
American Academy of Pediatrics consiglia di promuovere
l’allattamento al seno dei neonati con ittero, di valutare l’adeguatezza dell’allattamento, nonché di
aumentare la frequenza dell’allattamento fino a 812 volte al giorno.5 Se l’introduzione calorica risulta
inadeguata, il calo ponderale è eccessivo, sono presenti segni di disidratazione, l’ittero è grave, occorre
prendere in considerazione un’integrazione con formule per l’allattamento artificiale. La fototerapia
dovrebbe essere interrotta per l’allattamento al seno,
con l’eccezione dei casi in cui i livelli di bilirubina
si stanno avvicinando a valori tali da richiedere una
exsanguino-trasfusione.
Esistono sequele a lungo termine sullo
sviluppo nervoso attribuibili
all’iperbilirubinemia?
Uno studio prospettico caso-controllo, condotto su
146 neonati a termine o quasi a termine, con livelli
sierici di bilirubina totale superiori a 25 mg/dL, non
ha descritto differenze tra i gruppi per quanto riguarda i punteggi di valutazione delle funzioni cognitive, risultati abnormi all’esame neurologico,
diagnosi neurologiche a 2 anni di età.34 Punteggi
cognitivi più bassi (diminuzione media del Quoziente Intellettivo = 7) sono stati tuttavia descritti tra i pazienti con titoli anticorpali diretti positivi.
Uno studio prospettico di coorte, di grosse dimensioni, condotto su bambini nati alla trentacinquesima settimana di gestazione o successivamente,
ha messo a confronto pazienti con valori di bilirubina sierica totale superiori o inferiori a 13,5 mg/dL
(230,9 µmol/L).35 Ad una valutazione di follow-up,
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condotta dopo 2 anni, non sono state descritte differenze tra i due gruppi per quanto riguarda i tassi
di paralisi cerebrale, sordità, ritardo di sviluppo, alterazioni visive. La coorte di pazienti con livelli di
bilirubinemia superiori a 19 mg/dL (325,0 µmol/L)
ha presentato un aumento del rischio del disturbo
da deficit di attenzione (rischio relativo = 1,9; intervallo di confidenza al 95% tra 1,1 e 3,3). Quattro studi di elevata qualità, con un follow-up compreso tra 6,5 e 17 anni, non hanno descritto una relazione tra iperbilirubinemia e diminuzione dei punteggi del Quoziente Intellettivo.5
Fonti dei dati: È stata condotta una ricerca bibliografica sui database Ovid Medline, Cochrane Database of Systematic Reviews, Essential Evidence
Plus, U.S. Preventive Services Task Force, Canadian
Task Force on Preventive Health Care, utilizzando
le parole chiave neonatal hyperbilirubinemia, neonatal
jaundice, maternal experience, breastfeeding and jaundice. Date di esecuzione delle ricerche: tra gennaio
2012 e febbraio 2014.
Gli autori ringraziano Larry Moore, bibliotecario
presso il Naval Hospital Camp Pendleton, California, per l’aiuto fornito nella ricerca.
Le opinioni espresse nell’articolo sono dell’autore,
e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale di Department of the Navy, Department of
Defense, o in generale del Governo degli Stati Uniti.
L’autore
La Dr.ssa Karen E. Muchowski è Faculty Member
presso Family Medicine Residency Program, Naval Hospital Camp Pendleton, California (Stati
Uniti).
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13 - aprile 2015 - Minuti
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