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Epidemiologia e burden of disease dell’artrite reumatoide
Chiara de Waure, Antonella Sferrazza, Maria Rosaria Gualano, Giuseppe La Torre, Carlomaurizio Montecucco,
Walter Ricciardi
Introduzione
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia
cronica infiammatoria multifattoriale che
interessa le membrane sinoviali e conduce, a
causa dell’erosione della cartilagine e dell’osso
da parte del tessuto sinoviale infiammato, a
una severa disabilità con conseguente invalidità
[1]. In quanto malattia autoimmune, essa si
caratterizza per un’alterazione dei meccanismi
della risposta immunitaria con attivazione dei
linfociti T CD4+ e B e stimolazione delle cellule
monocito-macrofagiche, dei fibroblasti sinoviali,
dei condrociti e degli osteoclasti. L’induzione
della risposta infiammatoria con il rilascio delle
citochine, in particolare TNF-α e interleuchine
(IL) 1 e 6, determina la distruzione del tessuto
connettivale da parte delle metalloproteinasi della
matrice e l’attivazione della osteoclastogenesi [1].
Relativamente al genere è ormai acclarato che
l’AR è una malattia che colpisce prevalentemente
le donne e il rapporto F:M varia tra i diversi
studi da 2:1 a 3:1; ciò potrebbe essere associato
all’effetto stimolatore sul sistema immunitario da
parte degli estrogeni [2].
Circa il ruolo dell’età, il picco di incidenza della
patologia si rileva nella quinta decade di vita,
benché siano disponibili evidenze di un esordio
anche più tardivo della malattia [2].
L’abitudine al fumo si configura come fattore di
rischio sia per la malattia sia per il grado di severità
della stessa; vi sono inoltre evidenze di una dosedipendenza dell’associazione tra esposizione al
fumo e malattia [2,5]. C’è inoltre dimostrazione
del fatto che i casi di AR con anticorpi anti-peptidi
citrullinati positivi mostrano associazioni con
specifici fattori ambientali come il fumo [5].
La dieta mediterranea e, in particolare, il consumo
Fattori di Rischio
di pesce, oli vegetali e verdura sembrerebbero
L’AR è una malattia multifattoriale per cui si
espletare un ruolo protettivo nei confronti della
possono riconoscere fattori di rischio genetici e
malattia e della severità della stessa [2].
ambientali. Per i primi non c’è unanime accordo
Gli agenti infettivi, invece, sono da decadi
circa l’importanza nella determinazione del
ritenuti i potenziali trigger della abnorme risposta
rischio di sviluppo della patologia o del grado
immunitaria che caratterizza l’AR. In ogni caso
di severità della stessa [2]. Tuttavia l’impatto
non sono osservabili cluster temporali e spaziali
dei fattori genetici sull’epidemiologia dell’AR è
che possano far ipotizzare un’eziopatogenesi
condiviso in virtù delle differenze geografiche
infettiva dell’AR [6-8]. Gli agenti patogeni più
ed etniche che possono essere rilevate. Queste
comunemente oggetto di studio sono comunque
ultime potrebbero essere attribuite a variazioni
il Parvovirus, il virus della Rosolia, il virus di
genetiche nell’ambito della regione HLA e quindi
Epstein–Barr e la Borrelia burgdorferi.
alla
differente
prevalenza
dell’espressione
dello
Altristudies
fattori di rischio associati con l’AR
Table 1. Focus groups and methods of data collection employed in the three
“shared epitope” che è rappresentato da una
includono l’alto peso alla nascita e il basso livello
sequenza aminoacidica dell’allele HLA-DRB1 [3].
socio-economico; la durata dell’allattamento è
Una recente metanalisi ha, infatti, dimostrato come
inversamente associata al rischio di AR [5, 6, 7].
l’espressione dello “shared epitope” comporti un
aumento del rischio di manifestazioni erosive e sia
Manifestazioni cliniche
quindi associata al grado di severità della malattia
I più rilevanti segni e sintomi dell’AR sono
[3]. Tuttavia, come anche emerso da altri studi,
l’infiammazione dolorosa delle articolazioni, che
la presenza e la forza dell’associazione tra fattori
spesso si verifica simmetricamente a carico delle
genetici e AR e/o severità della malattia sono
articolazioni delle mani, dei polsi, dei gomiti
distinte a seconda dei gruppi etnici considerati
e delle ginocchia, e la rigidità mattutina delle
[3, 4].
articolazioni con persistenza della sintomatologia
Tra i fattori non genetici di rischio per l’AR
dolorosa anche a riposo [9].
ritroviamo il genere, l’età, l’esposizione al fumo,
La malattia ha generalmente un esordio acuto
altri fattori alimentari, fattori ormonali, fattori
o subacuto in un quarto dei pazienti benché si
socio-demografici e agenti di natura infettiva.
possa anche presentare come forma palindromica
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(caratterizzata da oligoartrite senza sequele visibili
all’esame radiologico), con una sindrome similpolimialgica o con sintomi sistemici (malessere,
anoressia, perdita di peso, febbre).
L’AR in fase precoce è caratterizzata
dall’interessamento poli-articolare e simmetrico
delle piccole articolazioni di mani e piedi senza
lesioni evidenti all’esame radiologico [10]. Anche
le articolazioni della spalla e del gomito possono
essere interessate, così come il ginocchio, che è
colpito nel 70-80% dei casi, e l’anca che è colpita
in un numero inferiore di casi, benché con
gravi problemi di disabilità nel 50% dei pazienti
[10]. Una delle principali complicanze legate
all’interessamento articolare della malattia è la
distruzione ossea che interessa circa il 70% dei
pazienti nei primi 2 anni di malattia [11].
Le manifestazioni extra-articolari dell’AR possono
riguardare il polmone, il sistema cardiovascolare,
il sistema nervoso e quello reticolo-endoteliale.
Tra esse ritroviamo quelle presenti in Tabella
1 [12-14] e i noduli reumatoidi che, nella loro
localizzazione sottocutanea a carico delle zone
soggette a pressioni, costituiscono un segno
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caratteristico della malattia e si ritrovano in circa
il 20-30% dei pazienti con Fattore Reumatoide
positivo [10].
Alcuni studi indicano come le manifestazioni
dell’AR siano più lievi con un minor livello di
interessamento extra - articolare nelle popolazioni
dell’Europa del Sud. Ciò potrebbe essere in parte
spiegato da fattori ambientali e dagli stili di vita,
come la dieta mediterranea [15-17].
Per quanto attiene alla disabilità, si stima che
l’80% circa dei soggetti affetti presenti disabilità a
20 anni dall’esordio di malattia [18].
La malattia è, infatti, progressiva con fasi di
riacutizzazione e peggioramento.
La sopravvivenza attesa dei pazienti con AR
è ridotta di 3-18 anni rispetto a quella della
popolazione generale a seconda dell’età di
insorgenza dei sintomi e della severità della
malattia, sebbene le cause di decesso non si
distinguano da quelle della popolazione generale
[2, 19, 20]. Ben poco si conosce riguardo al
miglioramento nel tempo della sopravvivenza nei
pazienti affetti da tale patologia [21]. Alcuni studi
hanno dimostrato che la sopravvivenza migliora
Tabella 1. Manifestazioni extra - articolari dell’AR (modificata da Grassi W et al [10]).
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grazie ad una diagnosi precoce e all’uso di nuovi
e più aggressivi regimi terapeutici antireumatici
[22-27].
Dal punto di vista funzionale i pazienti possono
essere classificati in 4 gruppi secondo i criteri
dell’American College of Rheumatology del 1991
mostrati in Tabella 2 [28].
Diagnosi
L’approccio diagnostico alla malattia prevede,
oltre ad un’accurata anamnesi e a un completo
esame obiettivo, l’effettuazione di esami di
laboratorio e di indagini radiologiche volte a
rilevare i segni della malattia.
Dal punto di vista laboratoristico, il Fattore
Reumatoide riveste ancora valenza clinica. Esso
si riscontra nel 70% dei pazienti affetti da AR, ma
è riscontrabile anche in altre condizioni oltre che
in soggetti sani. L’identificazione di altri marcatori,
in particolare gli anticorpi anti-peptidi citrullinati,
risultano maggiormente specifici sul piano
diagnostico ed anche nella valutazione prognostica
dei pazienti con AR [29, 30]. Frequenti sono,
inoltre, le alterazioni degli indici di flogosi, come
VES, la proteina C reattiva (PCR), il fibrinogeno,
l’aptoglobina, l’alfa-1 glicoproteina acida, l’alfa-1
antitripsina, la proteina amiloide. Comune è anche
il riscontro di anemia normocitica ipocromica,
leucocitosi, elevazione delle gamma globuline e
delle alfa-2 globuline. Tra questi parametri la
PCR è quello che correla maggiormente con la
valutazione clinica e radiologica [10].
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L’imaging si avvale della radiografia
convenzionale, utile a individuare le erosioni e le
deformità tipiche della fase tardiva di malattia, e
dell’ecografia e della risonanza magnetica nelle fasi
iniziali della stessa. Gli esami radiologici peraltro
sono gli strumenti attraverso cui effettuare il
follow up dei pazienti affetti.
La diagnosi di AR in ogni caso si avvale quindi
di dati clinici, laboratoristici e di imaging. Questo
dato è confermato dai classici criteri classificativi
stilati, nel 1987, dall’American College of
Rheumatology (ACR) [31]. Al fine di classificare
un paziente come affetto da AR il paziente, infatti,
deve presentare almeno 4 dei criteri mostrati in
Tabella 3.
Un nuovo set di criteri classificativi è stato
recentemente proposto da una commissione
congiunta America College of Rheumatology The European League Against Rheumatism (ACREULAR) specificatamente volta alla definizione dei
casi con artrite reumatoide di recente insorgenza
meritevoli di trattamento con Disease Modifying
Antirheumatic Drugs, in particolare Methotrexate.
Il relativo lavoro di Aletaha et al., presentato al
congresso EULAR 2010 di Roma, è attualmente in
corso di pubblicazione.
Secondo tali nuovi criteri un paziente può
essere classificato come affetto da AR meritevole
di trattamento in presenza di franca artrite
(tumefazione) in almeno un’articolazione e di
uno score uguale o superiore a 6 per i parametri
riportati in Tabella 4, oppure di una franca artrite
Tabella 2. Criteri di classificazione dello stato funzionale dei pazienti con AR.
Tabella 3. Criteri diagnostici dell’American College of Rheumatology.
I criteri da 1 a 4 devono essere presenti da almeno 6 settimane.
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Tabella 4. Sistema di scoring della severità dell’AR nell’ambito dei nuovi criteri classificativi ACR-EULAR.
FR: fattore reumatoide; ACPA: anticorpi anti-peptidi citrullinati; PCR: proteina C reattiva; VES: velocità di
eritrosedimentazione
in almeno un’articolazione e di una erosione
tipica di AR alla radiografia convenzionale di mani
o piedi.
Frequenza dell’AR a livello internazionale
I dati relativi ai tassi di prevalenza e d’incidenza
dell’AR variano a seconda delle popolazioni in
studio [32] (Tabella 5).
La maggior parte degli studi di prevalenza e
incidenza sull’AR è stata condotta nell’Europa
settentrionale e nell’America del Nord e hanno
restituito delle stime di prevalenza pari a 0,5-1,0%, e
di incidenza media annua di 0,02-0,05% [6, 7, 34-39].
Gli studi condotti nei Paesi dell’Europa
meridionale riportano, invece, una prevalenza più
bassa e pari a 0,3-0,7% [40-45]. Anche nei Paesi in
via di sviluppo viene registrata una bassa prevalenza
compresa nell’intervallo 0,1-0,5% [7, 46-50], mentre
una prevalenza compresa tra 0 e 0,3% è stata
stimata in uno studio condotto su pazienti con AR
di alcune aree rurali dell’Africa [51].
In alcune popolazioni indigene dell’America del
Nord si osserva, di contro, una prevalenza molto
al di sopra di quelle riportate precedentemente:
Indiani Pima 5,3% (3,23% negli uomini e 6,95%
nelle donne) e Indiani Chippewa 6,8% [52].
La maggior parte degli studi di coorte (da
cui è possibile calcolare il tasso di incidenza) è
stata realizzata in Paesi del Nord Europa, mentre
non ci sono studi del genere nei Paesi in via di
sviluppo [33].
Il tasso di incidenza di AR varia tra 20 e 50
nuovi casi per 100.000 abitanti per anno nei Paesi
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dell’America del Nord e del Nord Europa [34, 39,
53-57].
Due studi condotti in Paesi dell’Europa
meridionale riportano un’incidenza media annua
più bassa, pari a 16,5 casi per 100.000 [40, 58].
Come per la prevalenza, il tasso di incidenza
aggiustato per età nella popolazione degli Indiani
Pima risulta più alto rispetto a quello di altre
popolazioni e pari a 42,2 casi per 10.000 annipersona (29,7 negli uomini e 51,8 nelle donne)
[52].
Lo studio di Pederson et al. [59] ha riportato i
tassi di incidenza di AR, nel periodo tra il 1995 e il
2001, in una popolazione del Sud della Danimarca,
utilizzando due diverse fonti: i Medici di Medicina
Generale (MMG) e i Centri di riferimento per la
patologia. Dallo studio è emersa un’incidenza
osservata di 32 per 100.000 anni-persona (IC95%:
32-38) ed è stata stimata un’incidenza di 35 per
100.000 anni-persona considerando il rapporto
tra il numero di casi noti solo ai MMG e il numero
di casi noti sia ai MMG che ai centri di riferimento
(IC95%: 32-38).
Alcuni studi indagano anche il trend per
l’incidenza dell’AR. Dallo studio di Doran et al.
[55], ad esempio, emerge che il tasso di incidenza
decresce progressivamente nelle quattro decadi
considerate: da 61,2 per 100.000 casi nel periodo
1955-1964 a 32,7 casi nel periodo 1985-1994.
Perderson et al. [60] hanno osservato che, nella
popolazione dei loro pazienti, l’incidenza per
anno cresce durante il periodo compreso tra
il 1995 e il 2001. Nello studio di Kaipiainen-
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Tabella 5. Prevalenza e incidenza dell’AR in studi basati sui criteri dell’American College of Rheumatology (modificata da Alamanos
Y et al [33]).
*Tasso grezzo
Seppanen et al. [61], condotto in 5 distretti della
Finlandia, è stata stimata un’incidenza per anno
di AR in decremento nei tre anni considerati: nel
1990 è stato osservato un decremento del 15%
rispetto all’anno precedente. Drosos et al. [40],
invece, stimano un’incidenza che varia tra 15 e
36 per 100.000 abitanti, ma non riscontrano alcun
trend significativo nel periodo 1987-1995.
Il sesso femminile risulta più colpito dall’AR
rispetto a quello maschile. Ad esempio, lo studio
di Rodrìguez et al. [62] riporta un tasso di
incidenza di AR pari a 0,15 per 1.000 annipersona, con un valore di 0,09 e 0,20 per 1.000
anni-persona, rispettivamente, per gli uomini e le
donne. Inoltre, il valore dell’incidenza varia con
l’età in entrambi i generi. Il rischio relativo di AR
tra le donne risulta, rispetto agli uomini, di 2,07
(IC95%: 1,65-2,60) al di sotto dei 65 anni e di 2,32
(IC95%: 1,70-3,17) negli ultra-65enni.
Pedersen et al. [60] riportano un tasso di
incidenza annuo di 31 per 100.000 anni-persona
(40 per 100.000 anni-persona nelle donne e 21
per 100.000 anni-persona negli uomini).
Symmons et al. [54] stimano un tasso di
incidenza annuo di 36 per 100.000 per le donne
e di 14 per 100.000 per gli uomini. L’AR, inoltre,
è risultata un evento raro negli uomini al di sotto
dei 45 anni. Tuttavia, l’incidenza negli uomini
cresce bruscamente con l’età, mentre nelle donne
aumenta fino all’età di 45 anni stabilizzandosi fino
all’età 75 anni per poi diminuire.
Lo studio di Drosos et al. [40], che ha analizzato
428 casi di AR in un distretto di Ioannina nel Nord
Ovest della Grecia nel periodo 1987-1995, riporta
una prevalenza di 2,05 per gli uomini e 4,78 casi
su 1.000 abitanti per le donne.
Nello studio di Gabriel et al. [35], invece, si
osserva un’incidenza aggiustata per sesso ed età,
nel periodo 1955-1985 tra i residenti di Rochester
(Minnesota) di 35 anni ed oltre, pari a 75,3 per
100.000 abitanti (IC95%: 68.0-82.5). Tra le donne
l’incidenza è risultata il doppio rispetto a quella
degli uomini e in aumento al crescere dell’età.
Wiles et al. [63] confrontano l’incidenza,
aggiustata per età, ottenuta in base a 4 metodi di
calcolo variando l’intervallo tra l’inizio dei sintomi
e l’applicazione dei criteri per la diagnosi dell’AR.
L’incidenza aggiustata per età, calcolata con questi
quattro metodi, varia tra 30,8 e 54,0 per 100.000
nelle donne e tra 12,7 e 24,5 per 100.000 per gli
uomini. Anche in questo caso l’incidenza, per
entrambi i generi, cresce all’aumentare dell’età
fino a 75 anni per, poi, decrescere nelle età più
avanzate.
L’AR è una patologia che colpisce anche i
bambini, ma esistono pochi studi che indagano
l’epidemiologia dell’AR giovanile [64-66]. Le poche
stime di popolazione indicano che la prevalenza
dell’AR giovanile varia approssimativamente da 1
a 2 per 1.000 bambini e l’incidenza è compresa
tra 11 e 14 nuovi casi per 100.000 bambini
per anno [67]. Oen et al. [64] sottolineano
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che le differenze riscontrate nella prevalenza e
nell’incidenza dell’AR giovanile non dipendono
dai diversi criteri diagnostici.
La mortalità dei pazienti affetti da AR è stata
valutata in molti studi che risultano, tuttavia,
difficilmente confrontabili a causa delle differenze
nella definizione di AR, del disegno di studio,
dei pazienti studiati, della durata dello studio e
della durata del follow-up [20]. Molti studi hanno
dimostrato che la mortalità è più alta nei pazienti
con AR quando questa viene confrontata con il
tasso atteso nella popolazione generale [34, 55,
67-72]. Nella maggior parte degli studi i rapporti
standardizzati di mortalità (SMR) variano tra 0,87 e
3,0 (Tabella 6), con la quasi totalità degli studi che
mostrano valori di SMR superiori all’unità [20].
Ward et al. stimano uno SMR pooled di 1,70 [91].
Lo studio di Gozales et al. [22], condotto sulla
PUBLIC
popolazione di una contea del Minnesota, ha
seguito, per quasi dodici anni, una coorte di 822
casi incidenti di età pari o superiore a 18 anni
affetti dalla patologia. Tale studio ha dimostrato
che il tasso di mortalità rimane costante negli anni
e non differisce per il genere (donne 2,4 e uomini
2,5 per 100 anni-persona). Il tasso di mortalità
atteso, invece, durante lo stesso periodo di studio,
diminuisce in entrambi i generi.
Frequenza dell’AR a livello nazionale
In Italia i primi studi realizzati per stimare la
prevalenza dell’AR risalgono agli anni ’50-’60 e
riportano valori compresi tra 0,38% e 0,43%, con
una percentuale di soggetti affetti più alta nel
genere femminile [92-94].
I risultati degli studi italiani più recenti sono
riportati nella Tabella 7.
Tabella 6. Tassi standardizzati di mortalità per l’AR (Modificata da Van Doornum S et al [20]).
* non disponibile, ma lo studio riporta una significatività statistica.
Tabella 7. Studi di prevalenza dell’AR condotti in Italia.
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Nel 1998 lo studio di Cimmino et al. ha riportato
una prevalenza pari allo 0,33%. Il campione era
costituito da 3.294 soggetti che avevano risposto
a un questionario precedentemente sviluppato
dall’Epidemiology Unit dell’Arthritis Research
Council di Manchester, che presenta domande
considerate ad alta sensibilità e specificità, relative
alla presenza di dolore e tumefazione articolare
per più di quattro settimane consecutive,
all’eventuale pregressa diagnosi di artrite, e alla
presenza di rigidità mattutina.
Nel 2005 sono stati pubblicati due studi,
condotti nelle Marche e in Sardegna, che hanno
riportato entrambi un dato di prevalenza di AR
dello 0,46% [95, 96]. Relativamente al genere più
colpito, lo studio di Marotto et al. fa emergere una
prevalenza di AR 4 volte maggiore tra le donne del
campione esaminato.
Lo studio italiano più recente è quello realizzato
da Della Rossa et al. che riporta i dati raccolti
in Toscana nel biennio 2006-2007 e ha fatto
emergere una prevalenza di diagnosi confermate
dallo specialista reumatologo in accordo con i
criteri dello ACR dello 0,4% su un campione di
pazienti che avevano inizialmente risposto a un
apposito questionario [97].
Contrariamente a quanto evidenziato da studi
internazionali, che indicano generalmente un
declino della prevalenza di AR negli ultimi
decenni, dagli studi italiani emerge invece una
prevalenza che si è mantenuta pressoché costante
nel tempo.
Tutti gli studi sopra citati riportano, inoltre,
stime di prevalenza dell’AR significativamente
più alte nel genere femminile; va inoltre
sottolineato che dai campioni di popolazione
presi in considerazione in tutti gli studi e reclutati
tramite i registri pazienti dei MMG, era esclusa la
popolazione di età pediatrica (vedi Tabella 6).
Ciocci et al. [98], elaborando i dati ISTAT
su popolazioni-campione, valutano la prevalenza
dell’artrite reumatoide nella popolazione italiana
pari a 0,73%. Proiettando la prevalenza su base
nazionale, il numero di pazienti con AR in Italia
risulterebbe pertanto pari a circa 400.000.
Per quanto riguarda gli studi di incidenza, nel
periodo tra settembre 2005 e agosto 2006, è
stato realizzato uno studio in un campione di
popolazione residente in provincia di Firenze,
sempre tramite il supporto dei MMG. Un totale
di 920 pazienti si sono rivolti allo specialista
per sospetta artrite reumatoide, con una stima
dell’incidenza della malattia in fase precoce pari
allo 0,98‰ (IC95%: 0,64‰-1,32‰), con una
maggiore frequenza della patologia nel genere
femminile (1,42‰, IC95%: 0,85‰-1,99‰) [99].
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Consultando le Schede di Dimissione
Ospedaliera (SDO) [100] sono stati raccolti i dati
del numero di dimissioni, in regime di ricovero
ordinario e di day-hospital, relativi alla diagnosi
principale di artrite reumatoide (indicata con
il codice ICD9-CM 714.0). Dalla stratificazione
del dato per fascia di età, risulta più colpita la
popolazione di età compresa tra i 45 e i 75 anni,
in accordo anche con i dati internazionali, così
come la popolazione femminile.I dati riportati
nelle Tabelle 8 e 9 sono relativi alle dimissioni
registrate nel periodo 1999-2005.
Si osserva che il numero di dimessi da regime
di ricovero ordinario si è progressivamente
ridotto nel corso degli anni, contestualmente
a un aumento del numero di dimissioni da
day hospital. Infatti, se nel 1999 il numero di
dimissioni da regime di ricovero ordinario era pari
a 9.968, con un numero di dimissioni da regime
di day hospital di 6.679, nel 2005 registriamo
rispettivamente 7.634 e 9.045 dimissioni.
Per quanto riguarda i dati di degenza media
per i ricoveri in regime ordinario (non mostrati
in tabella), si osserva un trend complessivo
di decremento: dagli 11,34 e 12,29 giorni di
degenza media del 1999, si è passati ai 10,03
e 10,49 giorni del 2005, rispettivamente per il
genere maschile e femminile.
Riguardo ai dati relativi alla stadiazione della
malattia, nel 2003 sono stati pubblicati i risultati
del progetto GIARA (Gruppo Italiano Artrite
Reumatoide Aggressiva), promosso dalla Società
Italiana di Reumatologia, finalizzato a definire
prevalenza e caratteristiche cliniche dell’Artrite
Reumatoide Aggressiva (ARA) nel nostro Paese.
Secondo i criteri GIARA, circa il 15% dei pazienti
con AR da meno di due anni presentava una
malattia aggressiva e il 35% di questi presentava
anche erosioni articolari; inoltre erano presenti
comorbosità in circa il 50% dei pazienti. Le
malattie cardiovascolari sono risultate le patologie
più frequentemente presenti sia nel gruppo dei
pazienti ARA che in quelli non ARA [101].
Secondo i dati del più recente Rapporto Sociale
ANMAR [102], il 69,8% dei pazienti intervistati
ha riferito di fare uso di farmaci anche per altre
patologie e tale percentuale di pazienti aumenta
al crescere dell’età. Infine la percentuale di
soggetti affetti che ha necessità di presidi e ausili
ortopedici oscilla tra il 16% e il 21% e aumenta al
crescere dell’età del paziente.
Il 22,7% degli interpellati lavoratori inoltre ha
dichiarato che è stato costretto a modificare la
propria attività lavorativa a causa della patologia:
il dato è direttamente proporzionale alla durata
della malattia e al relativo grado di evoluzione,
Capitolo 2
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Tabella 8. Dimissioni per artrite reumatoide, 1999-2005 (ricoveri ordinari).
Tabella 9. Dimissioni per artrite reumatoide, 1999-2005 (ricoveri in day hospital).
arrivando al 30,1% tra coloro che hanno avuto
diagnosi della malattia da più di 10 anni; più
del 10,4% di questi è stato costretto a cambiare
lavoro.
È da sottolineare anche che vi è una
considerevole quota di lavoratori che ha riportato
episodi di ripetuta assenza dal lavoro a causa della
malattia: il dato varia dal 35% tra i soggetti sotto
ai 44 anni di età al 43,6% della fascia di età 44-65
anni che hanno segnalato di essersi assentati dal
lavoro nell’ultimo mese prima dell’indagine.
Conclusioni
L’artrite reumatoide è una malattia cronica
infiammatoria multifattoriale invalidante. Tra i
fattori di rischio di malattia indubbiamente l’età
e il genere giocano un ruolo di primo piano:
il picco di incidenza della malattia si rileva
infatti nella quinta decade con un rapporto
Bibliografia
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malattia portano a disabilità nell’80% dei casi
e la sopravvivenza è ridotta di 3-18 anni. Si
rilevano importanti differenze geografiche nei
tassi di incidenza e prevalenza di malattia; la
maggior parte degli studi, condotti nell’Europa
settentrionale e nell’America del Nord,
hanno restituito delle stime di prevalenza e
di incidenza media annua di 0,5-1,0% e 0,020,05% rispettivamente. Nell’Europa meridionale,
tuttavia, i tassi di prevalenza e incidenza di
malattia sembrano inferiori. Basti pensare come
in Italia gli studi disponibili rilascino stime di
prevalenza comprese tra lo 0,33% e lo 0,46%, con
il sesso femminile sempre più colpito rispetto
a quello maschile. Anche la mortalità, nella
popolazione affetta da AR, sembra superiore,
sebbene attribuibile alle stesse cause di decesso
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