Celiachia All’interno: Manifestazioni extraintestinali di malattia celiaca La celiachia, un problema emergente nei paesi in via di sviluppo Kamut ? Non per il celiaco 6 ws New A cura del dr. Carlo Catassi Consulente Scientifico di Celiachia Notizie S. Fecarotta, R. Troncone Dipartimento di Pediatria, Università “Federico II”, Napoli. Manifestazioni extraintestinali di malattia celiaca a celiachia è una intolleranza permanente alla gliadina del grano e ad altre prolamine correlate, responsabile di enteropatia in soggetti geneticamente predisposti (1). Diverse possono essere le manifestazioni cliniche. I sintomi intestinali sono comuni in bambini che ricevono diagnosi di celiachia nei primi due anni di vita; i più frequenti sono: arresto di crescita, diarrea cronica, vomito, distensione addominale, debolezza muscolare, anoressia e irritabilità. Tuttavia, con l'aumento dell'età di presentazione della malattia, e con l'ampio uso di test sierologici di screening, sono stati sempre più frequentemente riconosciuti sintomi di esordio extraintestinali, che possono coinvolgere quasi tutti gli organi, anche in assenza di sintomatologia intestinale. L La bassa statura probabilmente è stata la prima manifestazione extraintestinale riconosciuta quale sintomo di presentazione di celiachia; già nei primi anni '80, circa il 10% di pazienti con bassa statura isolata, sottoposti a biopsia digiunale, rivelava atrofia totale dei villi (2). La anemia sideropenica è la manifestazione extraintestinale più frequente sia in bambini che in adulti (3). In un recente studio inglese condotto tra medici di base, la presentazione extraintestinale più comune è stata l'anemia (4). In particolare, la prevalenza di celiachia in pazienti con anemia microcitica non responsiva alla terapia marziale si è rivelata essere dell' 8,5%. Anche l'apparato locomotore può essere coinvolto. Artriti e artralgie sono state per prime descritte da Mäki come segno di presentazione di malattia celiaca (5). La determinazione degli anticorpi antigliadina in pazienti con osteoporosi idiopatica ha mo- strato un'incidenza di celiachia 10 volte più alta che nella popolazione generale (6). Del resto la maggior parte di adulti celiaci presenta osteopenia metabolica; la dieta senza glutine normalizza la massa ossea soltanto in una percentuale di soggetti; i pazienti che ricevono diagnosi di celiachia nell'infanzia e iniziano precocemente la dieta senza glutine hanno massa ossea pari ai controlli sani (7). Manifestazioni extraintestinali possono coinvolgere anche il sistema nervoso. Uno studio italiano ha proposto negli anni scorsi una associazione tra celiachia ed epilessia in pazienti con calcificazioni occipitali bilaterali (8); in tali pazienti la dieta senza glutine modifica positivamente il decorso della epilessia, ma solo se iniziata precocemente dopo il suo esordio. Inoltre si ritiene oggi che l'intolleranza al glutine sia comune in pazienti con malattie neurologiche idiopatiche. Un esempio è la atassia glutinedipendente (9), una condizione recentemente descritta, che sembra coinvolgere il 60% delle atassie non classificate, caratterizzata da un titolo elevato di anticorpi antigliadina; in oltre il 40% dei casi è presente celiachia; in alcuni casi si tratta di celiachia potenziale (evidenziandosi solo un aumento dei linfociti intraepiteliali). Nei pazienti con atassia glutine-dipendente è stata dimostrata una infiltrazione T cellulare di cervelletto, colonne posteriori e nervi periferici e nel 40 % dei pazienti la presenza di anticorpi rivolti contro le cellule di Purkinje. Infine, il titolo anticorpale si riduce a dieta senza glutine e, in alcuni casi, i sintomi neurologici regrediscono. Sono infine state descritte neuropatie periferiche di tipo assonale o demielinizzante che rispondono alla eliminazione del glutine dalla dieta. Anche il fegato è un organo coinvolto Celiachia news 6 3 nella celiachia. La ipertransaminasemia isolata è un sintomo di presentazione di celiachia, potendo essere espressione di epatite “criptogenetica”, che si risolve a dieta senza glutine (10). Circa il 4% di soggetti con epatite criptogenetica presenta celiachia silente; lo screening sierologico è pertanto raccomandato in questo gruppo di pazienti (11). Pazienti con problemi di fertilità possono in realtà essere celiaci: una infertilità non spiegata può essere l'unico segno di celiachia (12). Gravidanze con esito sfavorevole (aborti ripetuti, parto prematuro, neonato di basso peso) sono frequenti nelle pazienti con celiachia non trattata o non diagnosticata (13). Differenti gradi di anomalie dentarie sono stati descritti in bambini con celiachia; in oltre il 30% di pazienti con celiachia non trattata è presente severa ipoplasia dello smalto dentario (14). La presenza di alopecia areata può essere l'unica manifestazione di celiachia (15). Non è ancora chiaro se essa sia un sintomo o una semplice associazione, considerata la scarsa risposta alla dieta senza glutine. Molti possono essere i meccanismi alla base di tali numerose manifestazioni. Le manifestazioni extra-intestinali possono derivare sia dal danno intestinale, con le conseguenti carenze nutrizionali (anemia, osteopenia), ma anche da alterata risposta (auto?) immune (coinvolgimento di cute, fegato, articolazioni, Sistema Nervoso Centrale). L'esempio dell'alopecia sottolinea la confusione spesso presente tra manifestazioni extraintestinali di celiachia e malattie associate. Le prime sono le manifestazioni cliniche che, nella maggior parte dei casi, scompaiono a dieta senza glutine, sebbene possa verificarsi la loro persistenza a causa della irreversibilità del danno occorso (bassa statura, osteopenia, epilessia). Le seconde sono tutte quelle condizioni 4 non modificate dalla dieta senza glutine. L'associazione dipende spesso da una base genetica comune, sebbene si sia recentemente ipotizzato che l'assunzione di glutine possa aumentare il rischio di sviluppo di autoimmunità (16). Del resto molte malattie a patogenesi autoimmune hanno più alta incidenza tra i celiaci: tra queste il diabete mellito insulino-dipendente, la tiroidite autoimmune, la malattia di Sjogren, la malattia di Addison (17). Sia in pazienti con manifestazioni extraintestinali, sia in quelli con malattie associate la lesione intestinale può consistere in un danno mucosale severo, ma anche in una enteropatia moderata, talvolta patchy, e talora soltanto in una alterata risposta immune, tipica dei soggetti con celiachia (presenza di anticorpi antiendomisio, segni di attivazione T cellulare nella mucosa, aumento del numero dei linfociti epiteliali, risposta positiva al challenge rettale con gliadina)(18). L'intero spettro della intolleranza al glutine è presente in soggetti con atassia, ma anche in quelli con diabete mellito insulinodipendente e probabilmente in quelli con malattia di Sjogren e tiroidite di Hashimoto (19). In conclusione, la aumentata conoscenza delle manifestazioni extraintestinali e la diffusione dei test sierologici di screening dovrebbero permettere di non ritardare la diagnosi di celiachia, evitando al paziente gravi rischi per la salute. Tabella: soggetti in cui praticare lo screening per la celiachia Sintomi extraintestinali Malattie associate Anemia non spiegata Bassa statura Stomatite afosa Ipoplasia dello smaldo dentario Infertilità Convulsioni intrattabili Atassia Polineuropatia Ipertransaminasemia Osteoporosi Alopecia Diabete mellito insulino-dipendente Endocrinopatie autoimmuni Deficit di IgA Connettivopatie Sindrome di Down Sindrome di Turner Celiachia news 6 Familiarità Bibliografia 1.Auricchio S, Troncone R, Maurano F. Coeliac disease in the year 2000. Ital J Gastroenterol Hepatol 1999, 31: 773-80 2.Cacciari E, Volta U, Lazzari R, et al. Can antigliadin antibody defect syptomless coeliac disease in children with short stature? Lancet 1985; 1 (8444): 1469-71 3.Bottaro G. 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Celiachia news 6 5 Carlo Catassi Istituto di Clinica Pediatrica, Università di Ancona La celiachia, un problema emergente nei paesi in via di sviluppo n passato si riteneva che la celiachia, enteropatia cronica causata dall'intolleranza permanente al glutine, fosse appannaggio pressoché esclusivo dei popoli di origine europea. Tra i caratteri somatici, i capelli biondi e gli occhi azzurri venivano addirittura descritti come tipici del bambino celiaco (1). Del resto, la malattia era pressoché sconosciuta tra i neri d'America ed in Estremo Oriente. Questo quadro epidemiologico sta rapidamente mutando poiché, grazie alla disponibilità di test semplici e specifici quali il dosaggio degli anticorpi sierici antiendomisio (EMA) ed antitransglutaminasi (tTG), è stata messa in evidenza una insospettata frequenza di celiachia in aree del mondo quali l'Africa del Nord, il Medio Oriente e l'India. Si prospetta la possibilità che, in tali zone, questa intolleranza alimentare rappresenti una delle più comuni cause di diarrea cronica e malnutrizione. Motivazioni di natura economico-culturale rendono oltremodo difficile, in tale contesto, l'approccio terapeutico, notoriamente basato sulla eliminazione dei prodotti contenenti glutine dalla dieta quotidiana. Scopo della presente nota è quello di descrivere l'attuale “globalizzazione” della celiachia, accennando alle strategie terapeutiche che, sulla scorta della esperienza personale, appaiono più idonee ad affrontare questo problema sanitario nelle aree in via di sviluppo. I Miliardi di persone si sfamano di glutine Come è noto, l'enteropatia celiaca dipende dalla combinazione di fattori genetici ed ambientali (2). La predisposizione genetica è legata soprattutto ad alcuni alleli del sistema HLA, il DQ2 e, meno frequen- 6 temente, il DQ8 (3). L'elemento ambientale primario è invece rappresentato dalla ingestione continuativa di cereali contenenti glutine, frumento in primo luogo e, secondariamente, orzo e segale. Tracce di peptidi derivanti dal glutine vengono a contatto con le antigen-presenting cells (APC) della lamina propria intestinale attivando, nei soggetti DQ2 o DQ8 positivi, una risposta immunitaria abnorme cui consegue l'enteropatia tipica della celiachia (atrofia dei villi intestinali con ipertrofia delle cripte) (4). E' dimostrata l'esistenza di un rapporto tra la quantità di glutine assunta, la gravità del quadro istologico intestinale e l'intensità dei sintomi (5). È logico ipotizzare che la diffusione geografica della celiachia ricalchi, almeno in parte, quella del consumo di cereali contenenti glutine. Su scala mondiale, il frumento rappresenta il cereale di maggiore impiego per l'alimentazione umana (disponibilità pro-capite nel 1998 pari a 71.5 Kg/anno rispetto a 58.1 Kg/anno di riso, secondo i dati FAO). Nei Paesi in via di sviluppo la disponibilità di frumento (63.4 Kg/anno) viene sì dopo quello di riso (71.4 Kg/anno), ma sta aumentando più rapidamente di quest'ultima (nel 1961 era di 54.4 Kg/anno di riso e di 29.3 Kg/anno di frumento) (6). Tale tendenza, che potrebbe preludere ad una “pandemia” celiaca, dipende verosimilmente dalla progressiva “occidentalizzazione” della alimentazione mondiale. Lo dimostra la constatazione che i cibi ricchi di glutine quali pasta, pizza e panini con hamburger sono ormai facilmente reperibili in tutte le città del mondo. In riferimento alla disponibilità di frumento pro-capite su scala mondiale, è interessante notare che: a)i paesi dove si consuma maggiormen- Celiachia news 6 te il glutine sono quelli dell'area mediterranea e medio-orientale, situati in prossimità della “mezzaluna fertile” che si estende da Israele alla Siria, all'Iraq ed Iran occidentale fino alla Anatolia meridionale, zona nella quale si ritiene si sia sviluppata l'agricoltura circa 10.000 anni fa (7); b)per quanto i dati epidemiologici siano ancora frammentari, le aree dove si consumano maggiormente gli alimenti a base di farina di frumento (e da più lungo tempo) sembrano essere quelle dove la celiachia incide maggiormente, osservazione questa che offre lo spunto ad una possibile interpretazione evoluzionistica, come accennato in uno dei paragrafi seguenti. La “new epidemiology” I paesi nei quali l'origine della popolazione è prevalentemente europea (Europa stessa, Nord America e parte dell'America Latina, Australia) rappresentano tradizionalmente la “culla” della celiachia. Di recente tuttavia si moltiplicano le segnalazioni provenienti da aree in via di sviluppo in Asia ed in Africa. Negli indiani Punjabis la celiachia è conosciuta come “diarrea estiva”, poiché il disturbo intestinale peggiora durante l'estate quando le focacce sono fatte con farina di grano e non di mais come d'inverno (8). In una recente casistica di 246 bambini indiani con diarrea cronica e scarsa crescita ricoverati in un ospedale specialistico, i celiaci rappresentavano il 16.6 % (percentuale che avrebbe potuto essere superiore poiché solo negli ultimi anni erano stati utilizzati i nuovi test diagnostici quali gli EMA). A differenza di quanto osservato nei paesi occidentali, la sintomatologia compariva generalmente dopo i primi anni di vita, verosimilmente in rapporto all'introduzione tardiva del glutine ed al prolungato allattamento al seno. Tra i disturbi più spesso rilevati figuravano manifestazioni severe quali l'edema, il rachitismo e la bassa statura (9). In Iran, in un gruppo di 100 pazienti adulti con diarrea cronica sottoposti al test degli EMA, la prevalenza della celiachia era addirittura del 20 % (10). Avvicinandosi all'Europa, ampie casistiche vengono segnalate in Turchia (11) ed in Giordania (12), ma l'area più “colpita” sembra indubbiamente essere quella del Magreb (Africa del Nord), come documentano indagini svolte in Libia (13), Tunisia (14) ed Algeria. Nella casistica di 116 pazienti con diabete tipo I osservata dalla Dr.ssa Boudraa di Orano (Algeria) viene riportata la più alta frequenza mondiale di associazione di questa malattia autoimmune con la celiachia, pari al 16-20 % (15). In Algeria vivono come rifugiati i Saharawi, una popolazione di origine arabo-berbera che presenta, come descritto nel paragrafo seguente, una prevalenza di celiachia “da capogiro”. Un popolo flagellato dalla celiachia I Saharawi vivevano originariamente nel Sahara Occidentale, in parte stanziali nelle città ed in parte nomadi nel deserto. A seguito della decolonizzazione spagnola nel 1975, il Paese fu (ed è tuttora) occupato dal Marocco. Da allora, circa 150.000 Saharawi si sono accampati nel deserto di Tinduf, in Algeria Centro-occidentale, nell'attesa di una soluzione pacifica - che peraltro stenta a realizzarsi - del problema politico. La situazione sanitaria di questi rifugiati è precaria, a causa dell'ambiente inospitale (la temperatura può superare i 55 °C durante l'estate), della carenza di cibo e di acqua, della mancanza dei servizi igienici. Il rifornimento degli alimenti di base, soprattutto farina di frumento, riso, lenticchie, latte in polvere e pesce in scatola, è assicurato quasi esclusivamente dagli aiuti umanitari europei. Da diversi anni, gruppi di bambini Saharawi vengono ospitati da famiglie italiane durante i mesi estivi. Al controllo sanitario eseguito in Italia, fu presto notato come un Celiachia news 6 7 numero insolitamente elevato di loro presentassero i sintomi caratteristici della celiachia, sospetto diagnostico avvalorato in molti casi dalla ricerca dei markers sierologici (AGA ed EMA) e dalla biopsia intestinale eseguita nei nostri ospedali. Sulla scorta di queste esperienze aneddotiche, è stato sviluppato un progetto epidemiologico di ampia scala, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente (16). In un campione di popolazione pediatrica costituito da 989 bambini Saharawi esaminati presso i campi profughi (età media 7.4 ± 3.8 anni), è stata posta diagnosi di celiachia, sulla base della positività degli EMA ed in alcuni casi anche della biopsia intestinale, nel 5.6 % dei casi (per confronto si consideri che in Europa la frequenza è attorno allo 0.5-1 %). Nei celiaci Saharawi, la sintomatologia della celiachia è generalmente quella classica con diarrea cronica, grave ritardo di crescita pondero-staturale (nanismo nutrizionale o stunting degli autori anglosassoni), distensione addominale ed anemia severa da carenza di ferro. In alcuni casi sono stati riscontrati valori di emoglobinemia attorno a 3 g %, al limite della compatibilità con la sopravvivenza. Soprattutto nelle fasce di età inferiore (2-5 anni), è stato documentato un aumento della mortalità pediatrica, in particolare durante la stagione estiva, per “crisi celiaca” (diarrea acuta e disidratazione). Nei celiaci che hanno potuto avviare il trattamento con dieta priva di glutine, il recupero clinico, soprattutto della velocità di crescita (catch-up growth), è stato impressionante (17). Sia nei bambini affetti che nella popolazione generale Saharawi, gli aplotipi HLA di predisposizione alla celiachia (DQ2) presentano una elevata incidenza, verosimilmente in rapporto all'alto grado di endogamia di questa popolazione. Per quanto riguarda invece l'aspetto nutrizionale, è logico pensare che lo sconvolgimento delle abitudini alimentari di questo popolo possa aver giocato un ruolo favorente di primaria 8 importanza (18). Nella dieta tradizionale gli alimenti fondamentali erano rappresentati dal latte e dalla carne di cammello, da modeste quantità di cereali (grano, orzo e miglio), di legumi (lenticchie) e dai datteri. I bambini venivano alimentati esclusivamente con latte materno durante i primi anni di vita. Dopo la colonizzazione europea, il pane di frumento è divenuto l'alimento-base di questa popolazione. Inoltre, la durata dell'allattamento al seno si è drasticamente ridotta, tanto che molti lattanti vengono oggi divezzati già durante i primi tre mesi di vita. Forte predisposizione genetica e “carico” di glutine alimentare, in una popolazione non abituata ad apporti elevati di questo nutriente, sembrano essere pertanto i fattori responsabili della “endemia” celiaca nei Saharawi. Una interpretazione evoluzionistica Abbiamo formulato l'ipotesi che l'attuale situazione epidemiologica della celiachia nei Saharawi dipenda dal recente sovvertimento di un equilibrio tra fattori genetici ed ambientali, la cui origine si perdeva nella notte dei tempi (18). Fin quando l'apporto alimentare di glutine di questo popolo era modesto, in pratica fino all'inizio del secolo scorso, il danno della mucosa intestinale, nei celiaci “ancestrali”, era modesto e poteva addirittura essere “protettivo”. Una mucosa intestinale lievemente atrofica é infatti rivestita da enterociti parzialmente indifferenziati, che sono meno ricchi di recettori per i microrganismi intestinali (19). Non riuscendo ad aderire alla mucosa, i batteri ed i virus “scivolano” sull'intestino senza esercitare il loro potere patogeno. Il genotipo di predisposizione alla celiachia avrebbe pertanto comportato un vantaggio selettivo perché rendeva l'individuo più resistente nei confronti di infezioni intestinali gravi, quali ad esempio il colera. Il recente aumento dell'apporto di gluti- Celiachia news 6 ne, determinato dal brusco cambiamento delle abitudini alimentari, avrebbe tuttavia trasformato, nei portatori del “trait celiaco”, una lieve enteropatia in una grave atrofia dei villi intestinali con conseguente malassorbimento e malnutrizione cronica. Un “optional” di protezione, a seguito di una variazione ambientale, diviene pertanto un meccanismo svantaggioso di autoaggressione. Questa interpretazione evoluzionistica, per ora del tutto speculativa, dovrà essere confermata sperimentalmente dallo studio dei rapporti tra la mucosa intestinale celiaca e gli agenti patogeni intestinali. Una cura facile diviene quasi impossibile Nei paesi occidentali la dietoterapia della celiachia, per quanto impegnativa, è di facile attuazione, grazie soprattutto alla ampia disponibilità di prodotti commerciali privi di glutine ed all'impegno delle associazioni dei pazienti, le quali supportano i propri iscritti mediante attività di vario tipo (stampa del prontuario dei prodotti alimentari e dei ristoranti “sicuri”, convegni di aggiornamento, rapporti con i mass-media, etc). Per contro, in un paese povero la cura del celiaco può presentare formidabili difficoltà, per vari motivi quali penuria generalizzata di cibo, assenza di prodotti dietetici specifici, ma soprattutto mancanza di informazione della classe medica ed arretratezza culturale della popolazione. In tale contesto il problema può essere affrontato attraverso una serie di interventi di sanità pubblica, come ci ha insegnato l'esperienza acquisita con il progettoceliachia nei Saharawi: a) sensibilizzazione degli operatori sanitari e di altre figure-chiave (dietiste, insegnanti, etc), avvalorata dall'impiego di materiale stampato e audio-visivo nella lingua locale; b) allestimento in loco di strutture per la diagnosi di celiachia. Un test affidabile qua- le il dosaggio degli EMA sierici può essere eseguito ovunque, con un supporto tecnologico modesto (microscopio da immunofluorescenza); c) sviluppo di un registro dei casi, mantenuto aggiornato da parte di personale sanitario motivato, e coordinamento della distribuzione di eventuali sussidi alimentari ai celiaci; d) fondazione dell'associazione dei pazienti, ricercando la collaborazione di persone culturalmente preparate in grado di tenere i rapporti con le società celiache di altri paesi; e) soprattutto, individuazione di schemi di trattamento che tengano conto delle abitudini alimentari e delle disponibilità locali. Nella realtà africana, ad esempio, è impensabile di fare ricorso sistematicamente ai prodotti commerciali privi di glutine, molto costosi e non sempre ben accetti (come nel caso della pasta senza glutine), mentre è più realistico promuovere il consumo di cereali in origine privi di glutine, quali il miglio od il riso, presenti nella dieta tradizionale. Conclusioni La geografia della celiachia sta rapidamente mutando, tanto da rendere oggi plausibile l'ipotesi che in alcune aree del mondo in via di sviluppo questa malattia sia addirittura più comune che nei paesi occidentali. I danni alla salute causati da questa patologia, soprattutto in età pediatrica, potrebbero essere molto più gravi laddove malnutrizione primaria ed infezioni intestinali sono all'ordine del giorno. Questa situazione sembra dipendere, almeno in parte, dai rapidi cambiamenti dei modelli alimentari imposti dalla globalizzazione dei mercati alimentari. Di questa realtà dovrebbero essere adeguatamente informati gli organismi sanitari internazionali; infatti, un intervento di aiuto umanitario, quale l'invio di farina di frumento, può rivelarsi deleterio se non tiene in considerazione l'antropologia nutrizionale dei destinata- Celiachia news 6 9 ri. Ulteriori ricerche sono necessarie per quantizzare l'impatto sanitario della celiachia in vaste aree del pianeta, nonché per definire le strategie preventive e terapeutiche più adatte, in tale contesto, a fronteggiare questo problema sanitario emergente. Bibliografia 1. Anderson CM, Burke V. Paediatric Gastroenterology. Blackwell Scientific Publications; Oxford: 1975. 2. Holmes GKT, Catassi C. Coeliac Disease. Health Press, Oxford (UK): 2000. 3. Sollid LM, Markussen G, Ek J, Gjerde H, Vartdal F, Thorsby E. Evidence for a primary association of coeliac disease to a particular HLA-DQ alpha-beta heterodimer. J Exp Med 1989; 169: 345-50. 4.Schuppan D. 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Non per il celiaco N el corso del 2001, si è letto spesso su diversi giornali del Kamut; sovente si è visto definirlo come cereale adatto alla dieta del celiaco (Il Giornale, domenica 27 maggio 2001: “Kamut, un cerale poco conosciuto”; “Tecnologia Alimentari, aprile 2001:”La possibile nuova pasta”; “Tecnica Molitoria, dicembre 2001, pag. 303 “Il Kamut, antico cereale egizio”., Starbene, n°11 novembre 2001, pag-23-26 “Pasta bio: 4 nuovi sapori”). Vale la pena scoprire le caratteristiche peculiari di questo cereale e altresì di cercare chiarezza sulle sue valenze nutrizionali, le sue proprietà ed indicazioni dietetiche che lo distinguono. Cenni storici Il Kamut è un cereale antico, dal sapore dolce che ricorda la nocciola ed il burro, di aspetto assai simile al frumento di cui è probabilmente un antenato. L´origine del grano Kamut risale alle fertili valli mesopotamiche : risulta venisse coltivato in Egitto già 6.000 anni fa, all´epoca delle piramidi. Con la scomparsa della cultura Egizia, anche la coltivazione del grano Kamut (“ka'moet”, come lo chiamavano gli Egizi), fu abbandonata. Da allora fino alla metà del nostro secolo, il grano Kamut veniva coltivato molto raramente vista la laboriosità della tecnica colturale necessaria. Si preferivano le più comuni varietà del grano, alle quali le tecniche di selezione genetica conferivano rese sempre più elevate e maggior resistenza alle malattie. Soltanto nel corso degli ultimi trenta anni si è avuta una riscoperta del progenitore delle attuali qualità del grano. Negli anni Celiachia news 6 11 settanta, in seguito ai tenaci tentativi dell´agronomo e agricoltore statunitense Bob Quinn, è stata ripresa la coltivazione del grano Kamut, prima sperimentalmente, poi su larga scala, facendo nuovamente vivere questo caratteristico cereale dal glume gigante e dal sapore dolce e ricco. Si narra che, dopo la IIª Guerra Mondiale, un pilota dell'aviazione americana abbia trovato una manciata di chicchi in una tomba egizia e che l'abbia inviata ad un amico nel Montana (USA), il cui padre era agricoltore. I chicchi furono seminati ed il cereale raccolto. Soltanto nel 1977, gli agricoltori Quinn ripresero la coltivazione del Kamut con interesse e ne iniziarono la diffusione. Furono gli stessi Quinn a dargli il nome “Kamut”, antica parola egizia che significa “grano”. Le sue caratteristiche risultano particolarmente adatte ai metodi produttivi dell´agricoltura biologica, ed il grosso glume del Kamut presenta un´eccezionale resistenza alle avversità ambientali. Tassonomia Sulla classificazione e tassonomia, c'è concordanza fra ricercatori statunitensi, canadesi, israeliani e russi : si tratta di un cereale del genere Triticum e della specie turgidum (parente quindi del grano duro); sulla varietà, molti sostengono che si tratti di polonicum, altri turanicum. Nel 1990, il Ministero dell'agricoltura statunitense (USDA) ha dichiarato il Kamut varietà protetta, con l'appellativo ufficiale di QK-77; i Quinn depositarono il nome Kamut quale marchio commerciale. 12 Qualità nutrizionali Questo cereale presenta caratteristiche nutrizionali assai interessanti. Confrontandolo nei valori medi al frumento, (tabella) si osserva un tenore in elementi minerali superiore. Importante il contenuto in Selenio, oligoelemento ad azione antiossidante indispensabile. Notevoli anche i fattori vitaminici e superiore il contenuto lipidico e quindi l'apporto energetico. Le eccezionali caratteristiche nutrizionali del grano Kamut derivano dal suo straordinario patrimonio genetico, inalterato da millenni. A differenza delle qualità di frumento oggi più diffuse, il Kamut non è mai stato sottoposto a manipolazioni genetiche, selezioni, incroci varietali, mantenendo così intatto il suo originale corredo cromosomico, le sue speciali caratteristiche nutritive ed il suo gusto ancestrale. Ma la qualità più distintiva del Kamut è certamente il suo contenuto proteico, superiore del 40% rispetto a quello del frumento. Questa peculiarità risulta di grande interesse tecnologico perché consente di ottenere eccellenti risultati nella produzione di pasta e di prodotti da forno con elevate qualità reologiche . Kamut e Celiachia Veniamo al dunque: perché mai potrebbe andare bene per i celiaci? E' vero oppure no? Recenti studi realizzati negli Stati Uniti d'America e condotti dall'Associazione Internazionale per le Allergie Alimentari - Celiachia news 6 I.F.A.A.) segnalano che: "non essendo stata effettuata nessuna ricerca sulle persone che tollerano male il glutine, è impossibile formulare raccomandazioni al riguardo". La Celiachia è un'intolleranza permanente al glutine, particolare proteina contenuta in alcuni cereali, ed il Kamut contiene glutine del tutto simile a quello del frumento come struttura e composizione! La Commissione kit ha anche fatto eseguire alcune ricerche di gliadina su kamut e prodotti a base di esso e i risultati sono stati evidenti: un contenuto superiore alle 1000 ppm di gliadina, quindi paragonabile a quello ottenibile da analisi svolte su sfarinati di frumento. Ho inoltre personalmente interpellato il coordinatore del Prolamine Working Group in merito ad approfondimenti relativi al contenuto in glutine del Kamut; ad oggi non ne sono ancora stati fatti ma ho preso accordi con la dottoressa svedese Ingrid Malmheden Yman del National Food Administration Chemistry Division di Uppsala, alla quale ho inviato direttamente alcuni campioni di kamut in granella, farina, biscotti e pasta: su di questi verranno condotte specifiche ricerche volte a comprendere la composizione proteica di tale cereale e quindi il suo contenuto in gliadina (la dottoressa ha presentato al Meeting del Prolamine Working Group del novembre 2001 un lavoro su cereali minori farro, spelta, ecc.- mirato ad evidenziarne il contenuto in gliadina mediante tecniche Elisa e PCR). Ad oggi, vale la pena ribadirlo, il kamut non è un cereale buono per il celiaco. Bibliografia Quinn, R.M. 1999. Kamut®: Ancient grain, new cereal. p. 182183. In: J. Janick (ed.), Perspectives on new crops and new uses. ASHS Press, Alexandria, VA. Stallknecht, G.F., K.M. Gilbertson, and J.E. Ramey. 1996. Alternate wheat cereals as food grains: Einkorn emmer, spelt, kamut, and triticale. p. 156170. In: J. Janick (ed.), Progress in new crops. ASHS Press, Alexandria VA. Celiachia news 6 13 Tabella - Valori nutrizionali di frumento comune e di Kamut. FRUMENTO Centesimale: Umidità (%) Kcal/100g (calorie) Proteine (%) Lipidi (%) Carboidrati (%) Fibra (%) Ceneri (%) Minerali: (mg/100g) Calcio Ferro Magnesio Fosforo Potassio Selenio Sodio Zinco Rame Manganese Vitamine: (mg/100g) Tiamina (B1) Riboflavina (B2) Niacina Acido pantotenico Vitamina B6 Folacina Vitamina E Lipidi: (g/100g) saturi 16:0 (acido palmitico) monoinsaturi 18:1 (acido oleico) poliunsaturi 18:2 (acido linoleico) colesterolol 18:3 (acido linolenico) Amino acidi: (g/100g) triptofano treonina isoleucina leucina lisina metionina cistina fenilalanina tirosina valina arginina istidina alanina acido aspartico acido glutammico glicina prolina serina 14 Celiachia news 6 KAMUT 11.5 335 12.3 1.9 72.7 2.1 1.66 9.8 359 17.3 2.6 68.2 1.8 1.82 30 3.9 117 396 400 0.021 2.0 3.2 0.44 3.8 31 4.2 153 411 446 0.9 3.8 4.3 0.46 3.2 0.42 0.11 5.31 0.91 0.35 0.0405 1.2 0.45 0.12 5.54 0.23 0.08 0.0375 1.7 0.303 0.225 0.733 0.035 0.0 0.550 0.400 1.580 0.125 0.0 0.194 0.403 0.630 0.964 0.361 0.222 0.348 0.675 0.404 0.624 0.610 0.321 0.491 0.700 4.68 0.560 1.50 0.662 0.117 0.540 0.600 1.23 0.440 0.250 0.58 0.85 0.430 0.800 0.860 0.430 0.630 0.980 5.97 0.650 1.44 0.930 Questo inserto può essere utile al tuo medico I.R. Associazione Italiana Celiachia