DELLE 10 www.corrierecomunicazioni.it [email protected] n°10. 9 giugno 2014 DigitalScoreboard Italia al palo: troppi e-analfabeti ► Secondo le rilevazioni della Ue solo la metà degli italiani accede alla Rete una volta a settimana contro il 72% degli europei. I refrattari totali sono il 34%. La causa? Scarsa diffusione di competenze, anche tra gli occupati, che la maggior copertura di banda non riesce a compensare lucianamaci e federicameta Gli italiani popolo di webscettici. A scattare la fotografia l’edizione 2014 del Digital Scoreboard della Ue, che ci colloca agli ultimi posti in Europa per l’utilizzo di Internet. Secondo il rapporto solo il 56% dei nostri connazionali utilizza Internet almeno una volta alla settimana, ben al di sotto del 72% della media Ue. Anche gli utenti “frequenti” sono pochi: il 54% naviga ogni giorno a fronte di una media Ue del 62%. E nel complesso ben il 34% degli italiani non ha mai navigato in Rete: un dato, sì, in Buona la diffusione di banda larga: la fissa copre il 99% delle abitazioni E gli operatori spingono sulle Ngn diminuzione rispetto al 37% del 2012, ma comunque preoccupante considerando che la media Ue si attesta al 20%. Solo Romania, Bulgaria e Grecia presentano numeri peggiori. Al contrario Islanda e Paesi scandinavi presentano percentuali marginali: appena il 5% della popolazione non ha mai utilizzato Internet, mentre in paesi come Gran Bretagna e Germania la quota sale all’11-12%. Lo scarso utilizzo della Rete fa il paio con i dati relativi alla diffusione delle competenze digitali. Il 60 % degli italiani non ha - o comunque ne ha di bassissimi - skill digitali rispetto al 47% europeo. Le persone svantaggiate, ossia individui di età compresa tra i 55 e 74 anni con un livello basso di istruzione oppure disoccupati o pensionati, in Italia sono molto meno digitalmente preparati rispetto al resto del Continente. Male anche la preparazione tra gli occupati: il 50% ha competenze basse, se non addirittura nulle, mentre in Europa la percentuale si ferma al 39%. Complessivamente Bruxelles rileva che nel nostro Paese la quota di specialisti Ict occupati si attesta al 2,4%, in questo caso quasi in linea con la media Ue del 2,8%. Critici anche i dati sull’e-commerce. Solo il 20% degli italiani ha acquistato online tra il 2012 e il 2013, il che significa che l’adozione del commercio elettronico è ben al di sotto di quanto accade nel resto d’Europa dove si registrano percentuali del 47% . L’Italia è anche il paese dove langue il commercio online transfrontaliero: su questo fronte la percentuale è del 7% (media Ue del 12%). Dal lato imprese solo il 16% di quelle grandi vende online, una quota più alta del 2012 ma significativamente inferiore rispetto alla al 2013 è aumentato del 19% il numero di italiani che li utilizza, un aumento che porta la quota al 21%. La media Ue è, però, molto più alta (41%). Entrando nel Indicator (including breakdown and unit) quest’anno - è di 75 punti ben superiore a quello Ue che di 70 punti. Bene anche l’indicatore sulla trasparenza a 49 punti in linea col resto d’Europa. Italy value EU28 value 2012 2013 2013 Internet users going on-line weekly (Regular internet users - All individuals, in % of individuals) 53 56 72 Internet users on a daily basis (Frequent internet users - All individuals, in % of individuals) 51 54 62 Individuals who have never used the internet All individuals (in % of individuals) 37 34 20 media Ue (35%) . E l’e-commerce non sfonda nemmeno tra le Pmi. Qui la quota di quelle attive si ferma al 5% rispetto al 15% Ue. Aumenta, anche se siamo ancora lontani dalla media Ue, l’uso di servizi di e-gov: dal 2012 dettaglio il 10% dei cittadini ha inviato online moduli compilati (era l’8% nel 2012). Eppure l’offerta si servizi c’è. Lo User-centric eGovernment Indicator - indicatore utilizzato per la prima volta nel report di L’offerta c’è ma sembra non bastare a convincere gli italiani a “convertirsi” al web, così come non basta la presenza di reti ultra-veloci che sarebbe addirittura migliore di come la disegna Bruxelles. Secondo i numeri del report - riferiti al 2013 - la banda larga fissa copre il 99% delle abitazioni in Italia (media Ue del 97%) mentre nelle zone rurali la copertura è dell’88%. Le reti Ngn, in grado di offrire almeno 30 Mbps in download sono disponibili per il 21% delle abitazioni (62% nell’Ue). Il 68% delle famiglie ha un abbonamento a banda larga, una percentuale inferiore alla media europea del 76%, seppure di 13 punti percentuali in più rispetto a fine 2012. Di queste la quota di connessioni ad almeno 30 Mbps è di molto inferiore alla media Ue: l’1% rispetto al 21% europeo. Assenti - secondo la Ue - totalmente le connessioni ultra veloci ad almeno 100 Mbps. Ma le cose in realtà non stanno proprio così, visto che Fastweb, Telecom Italia e (su rete Metroweb) Wind e Vodafone offrono da tempo connessioni 100 Megabit su fibra (su un totale di circa il 1015% della popolazione; gli ultimi tre operatori solo a Milano). Le reti 4G (Lte) sono disponibile per il 39% della popolazione, in aumento rispetto al 2012 (10%). Il tasso di take-up della banda larga mobile è del 66% , al di sopra della media Ue del 62%. Nel 2014 il dato italiano è salito al 52% circa della popolazione, come riferito da Telecom Italia. La classifica Fondi Ue, la carica degli enti pubblici Cnr, Polimi e Scuola Superiore Sant’Anna sul podio degli utilizzatori delle risorse Oltre 800 milioni di euro. A tanto ammontano i progetti italiani cofinanziati dalla Ue nel periodo 2007-2013 nell’ambito del settimo programma quadro per la Ricerca nell’Ict. Complessivamente sono state 655 le organizzazioni italiane ad aver partecipato a progetti europei e ne hanno coordinati ben 322. Nel 2013 la quota dei fondi Ue destinata all’istruzione superiore e alla ricerca è stata del 61%, al di sotto della media europea del 66%. Di contro, è più alta della media europea (29%) la partecipazione industriale ai progetti che è stata del 35% con il 22% di finanziamento proveniente dalla grandi imprese e con il 14% proveniente dalle Pmi. La focalizzazione è stata soprattutto nei seguenti obiettivi strategici: sistemi cognitivi e robotica, Internet e reti del futuro e tecnologie emergenti. Sul podio delle organizzazioniche hanno attinto in maniera maggiore ai fondi del settimo programma si collocano enti di ricerca e università pubbliche. Al primo posto, su un totale di 50, troviamo il Consiglio nazionale delle Ricerche che ha utilizzato fondi per 60 milioni pari al 7,2% del totale. Al secondo posto il Politecnico di Milano con i suoi 31 milioni e mezzo pari al 3,8% StM al quarto posto e Telecom Italia al sesto Finmeccanica in coda del totale. Fondi per 26 milioni per la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che si colloca in terza posizione. Bisogna scendere in quarta posizione per trovare un’azienda. Si tratta di StMicroelectronics che ha “incassato” 25 milioni. Settimo posto per una big dell’economia italiana: Telecom Italia ha avuto quasi 19 milioni pari al 2,4% del totale dei finanziamenti. Interessante il posizionamento di Micron, al centro di una vertenza molto sofferta, che si colloca al 31° posto con 4,7 milioni pari allo 0,6% del totale. Quasi in coda le aziende di Finmeccanica (44° e 45° posto). Fanalini di coda nella top 50 l’Università Ca’ Foscari con 2,7 milioni, Consortium Garr con 2,678 milioni e il Consorzio Ferrara Ricerche con 2,6. Ora la sfida per i prossimi anni è accaparrarsi i fondi del programma Horizon 2020 e allargare la platea delle Pmi. A giugno partono le call dei bandi per la ricerca e l’innovazione di Horizon 2020, dedicati per la prima volta alle Pmi innovative. “L’input dell’Europa è chiaro - spiega Mario Alì, direttore generale della Dg Internazionalizzazione del Miur - La crescita formativa produrrà crescita economica. L’Italia deve raccogliere la sfida facendo sistema”. Per Alì aver inserito una call mirata nell’ambito del progetto Innovation in SMEs’, significa che “l’Ue ha capito l’importanza di collegare la ricerca, soprattutto quella pubblica, al mercato, sancendone il ruolo di strumento di sviluppo economico e aprendo nuovi orizzonti per il sistema Italia”. F.Me.