I Focus
N. 10
del 16.03.2012
A cura di Ruggero Viviani
L’Accertamento induttivo – extracontabile
(art.39, comma 2, D.P.R. 600/1973)
L’art. 39, comma 2, D.P.R. n. 600/1973, individua talune fattispecie che costituiscono
gravi irregolarità, per effetto delle quali l’amministrazione finanziaria è legittimata ad
abbandonare l’accertamento fondato comunque sui dati contabili o sulle presunzioni
gravi, precise e concordanti, per rettificare il reddito dell’impresa, utilizzando presunzioni prive
dei suddetti caratteri. Nel caso di specie si parla di presunzioni supersemplici.
La norma
L’accertamento
induttivo
extracontabile
rappresenta
per
l’ufficio
uno
strumento accertativo di grande rilievo, in quanto rende assolutamente vana
la protezione fiscale offerta dal Legislatore al contribuente, costituita dalla
contabilità. Il superamento della validità probatoria della contabilità si rende
applicabile in presenza di gravi violazioni espressamente indicate nella norma, da parte
del contribuente. In sostanza, le infrazioni meno gravi richiedono che il superamento
della prova contabile avvenga mediante l’utilizzo di presunzioni caratterizzate dalla
gravità e dalla precisione e, qualora siano più di una, anche dalla concordanza.
Nel caso in cui, invece, le infrazioni risultano più gravi, i suddetti caratteri non
occorrono. Nel caso di specie, infatti, si parla di presunzioni supersemplici (Cassazione,
sentenza n. 16108, del 22 luglio 2011).
1
Le presunzioni nell’accertamento tributario
Art. 39, comma 2, D.P.R. 600/1973
<<In deroga alle disposizioni del comma precedente l'ufficio delle imposte determina
il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua
conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e
dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei
requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma:
a) quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
b) (lettera abrogata);
c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'art. 33 risulta che il
contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più delle
scritture contabili prescritte dall'art. 14 ovvero quando le scritture medesime non
sono disponibili per causa di forza maggiore;
d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del
precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti
dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere
inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie
proprie di una contabilità sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si
considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali
limiti di tolleranza delle quantità annotate nel carico o nello scarico e dei costi
specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo
comma dell'art. 14 del presente decreto;
d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai
sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o
dell'articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
d-ter) – nda: per accertamenti notificati fino all’1 marzo 2012 - quando viene rilevata
l'omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione
dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l'indicazione
di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La
presente disposizione si applica a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui
2
al comma 2-bis dell'articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.>>
d-ter) – nda: per accertamenti notificati fino dal 2 marzo 2012 - <<… in caso di
omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
dell'applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di
inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele
compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al quindici
per cento, o comunque ad euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati
applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base
dei dati indicati in dichiarazione.” >>
Le presunzioni
supersemplici
C.M. n. 7, del 30 aprile 1977
<<… la legge ha qui formulato (per autorizzare l'Ufficio ad avvalersene) l'ipotesi di
una presunzione che è un minus rispetto a quella semplice del C.C.; presunzione
anche non grave, precisa e concordante.>>
In presenza di infrazioni che legittimano l’ufficio al ricorso delle presunzioni
supersemplici, come può accadere nell’ambito di un accertamento d’ufficio, ai sensi
dell’art. 41, D.P.R. 600/1973, dal quale risulta l’omessa presentazione della
dichiarazione, occorre sempre tener presente che l’ampio potere attribuito
all’ufficio non può essere esercitato in maniera arbitraria.
Infatti, il superamento dei dati contabili e dei dati contenuti nella dichiarazione dei
redditi, perché omessa o nulla, non può mai legittimare la ricostruzione del reddito in
maniera apodittica, ma occorre che la stessa parta da un fatto noto per rappresentare
un fatto ignoto, pur in presenza di presunzioni prive dei caratteri della gravità, della
precisione e della concordanza.
La cassazione ha chiarito, infatti, nel caso di specie, che <<le presunzioni poste a
fondamento dell'accertamento devono pur sempre ottemperare alla regola - il cui
rispetto è assoggettabile a controllo giurisdizionale - dell'inferenza (non già
"necessaria", ma quantomeno "probabilistica" (orientamento costante: cfr., e
pluribus, sentt. nn. 9961 del 1996 e 9782 del 1999) dei fatti costitutivi della
pretesa tributaria "ignoti" (possesso di redditi) da quelli "noti" (dati e notizie
comunque raccolti o venuti a conoscenza dell'ufficio delle imposte)>>
(Cassazione, sentenza n. 2605/2000).
3
Casistica
Si riporta di seguito, sinteticamente, la casistica che rende applicabile l’accertamento
induttivo extra contabile, o induttivo puro.
Cause che comportano l’applicazione dell’accertamento induttivo “puro”
OSSERVA
L’accertamento induttivo puro trae, pertanto, origine dalla conoscenza di un
fatto sintomatico dal quale sia possibile far scaturire gli elementi che
ragionevolmente portano alla determinazione, appunto, induttiva del reddito
d’impresa.
Le ipotesi semplificate nelle lettere da a) a d-ter) non costituiscono un elenco
tassativo. Inoltre, non rileva che al fatto certo sia possibile attribuire un
diverso significato, posto che è proprio il comportamento del contribuente che rende
inconfutabile il procedimento accertativo de quo (ved. C.M. n. 7/1977, cit.).
Omessa
presentazione
della
dichiarazione
dei redditi
Occorre ricordare che per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi
s’intende non solo la mancata trasmissione della dichiarazione all’amministrazione
finanziaria, secondo i termini stabiliti dalle norme vigenti, ma anche la fattispecie in cui
la trasmissione stessa venga effettuata con ritardo superiore a 90 giorni. Nel caso di
specie, il termine per la notifica dell’accertamento, da parte degli uffici, è rappresentato
dal 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione sarebbe
dovuto essere presentata (ved.: Titolo I, D.P.R. n. 600/1973).
4
La fattispecie trova ulteriore supporto normativo nell’ambito dell’art. 41, D.P.R. n.
600/1973.
Art. 41, comma 1, D.P.R. 600/1973
<<Gli uffici delle imposte procedono all'accertamento d'ufficio nei casi di
omessa
presentazione
della
dichiarazione
o
di
presentazione
di
dichiarazioni nulle ai sensi delle disposizioni del Titolo I. Nelle ipotesi di cui al
precedente comma l'ufficio determina il reddito complessivo del contribuente, e in
quanto possibile i singoli redditi delle persone fisiche soggetti all'imposta locale sui
redditi, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua
conoscenza, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti
di cui al terzo comma dell'art. 38 e di prescindere in tutto o in parte dalle
risultanze della dichiarazione, se presentata, e dalle eventuali scritture
contabili del contribuente ancorché regolarmente tenute.>>
La fattispecie dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi
prevede uno specifico regime sanzionatorio, disciplinato dall’art. 1, comma 1, del
D.lgs. n. 471, del 18 dicembre 1997 (1). La violazione comporta l’irrogazione delle
sanzioni di seguito indicate:
 dal 120 al 240 per cento dell’ammontare delle imposte dovute;
 in mancanza d’imposte dovute, si applica la sanzione da euro 258 a euro 1.032;
 la sanzione può essere aumentata fino al doppio per i soggetti obbligati alla
tenuta delle scritture contabili.
Le suddette sanzioni si applicano anche nei casi in cui la dichiarazione risulti:
 nulla, in quanto redatta su modelli non conformi;
 non sottoscritta;
 presentata con ritardo superiore a 90 giorni.
L’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, come pure la mancata
indicazione del reddito d’impresa costituisce una delle cause di applicazione
delle
disposizioni
riguardanti
le
presunzioni
supersemplici,
per
la
1 Si riporta di seguito la norma citata: <<Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei
redditi, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento
dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. Se non sono dovute
imposte, si applica la sanzione da lire cinquecentomila a lire due milioni. Essa può essere aumentata
fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili.>>
5
determinazione del reddito d’impresa, nell’ambito dell’accertamento induttivo extracontabile.
La cassazione, nell’ambito della sentenza n. 2605, dell’8 marzo 2000, ha chiarito il
disposto normativo più sopra rappresentato, rimarcando gli strumenti accertativi a
disposizione dell’amministrazione finanziaria.
Cassazione, sentenza n. 2605, dell’8 marzo 2000
<<… nelle ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione da parte del
contribuente, la legge abilita l'ufficio delle imposte a servirsi di qualsiasi
elemento probatorio ai fini dell'accertamento del reddito e, quindi, a determinarlo
anche con metodo induttivo ed anche utilizzando, in deroga alla regola
generale, presunzioni semplici prive dei requisiti predetti.>>
Di contro, spetta al contribuente <<l'onere di dedurre e provare i fatti
impeditivi, modificativi od estintivi della predetta pretesa (cfr., ad es., in casi
analoghi, Cass. sentt. nn. 5052 del
987, 7224 del 1990, 3719 del 1998) (Cass.,
sentenza n. 2605/2000, cit.).
Mancata
tenuta dei
documenti e
sottrazione
all’ispezione
delle scritture
contabili
Si tenga conto, ora, della fattispecie prevista alla lett. c), per effetto della quale
l’ufficio
è
legittimato
alla
effettuazione
dell’accertamento
induttivo-
extracontabile <<quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'art. 33 risulta
che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più delle
scritture contabili prescritte dall'art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono
disponibili per causa di forza maggiore …>>.
Pertanto, nel caso di accessi, ispezioni e verifiche, ai sensi dell’art. 33, D.P.R.
600/1973, la mancata tenuta delle scritture contabili previste dall’art. 14 del
medesimo decreto (2) o l’indisponibilità delle stesse per causa di forza
maggiore,
costituisce
uno
dei
fatti
sintomatici
per
procedere
con
l’accertamento induttivo “puro” del reddito d’impresa (3).
2 Si tratta del libro giornale, libro inventari, registri previsti dalla legge Iva, registro dei beni
ammortizzabili; scritture ausiliarie di magazzino.
3 Si riporta di seguito l’art. 14, D.P.R. 600/1973.
<< 1. Le società, gli enti e gli imprenditori commerciali di cui al primo comma dell'art. 13 devono in
ogni caso tenere:
a) il libro giornale e il libro degli inventari;
b) i registri prescritti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;
6
Secondo la cassazione, la mancata tenuta del libro degli inventari legittima l’ufficio
all’utilizzo dell’accertamento induttivo puro, in quanto la norma subordina l’applicazione
di detta tecnica accertativa alla mancata tenuta di “una o più” delle scritture
obbligatorie.
Cassazione, sentenza n. 6623, del 23 marzo 2011
<<… la mancata tenuta del libro degli inventari – prescritta dal succitato art. 14 –
c) scritture ausiliarie nelle quali devono essere registrati gli elementi patrimoniali e reddituali,
raggruppati in categorie omogenee, in modo da consentire di desumerne chiaramente e distintamente i
componenti positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
d) scritture ausiliarie di magazzino, tenute in forma sistematica e secondo norme di ordinata contabilità,
dirette a seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali. Nelle scritture
devono essere registrate le quantità entrate ed uscite delle merci destinate alla vendita; dei
semilavorati, se distintamente classificati in inventario, esclusi i prodotti in corso di lavorazione; dei
prodotti finiti nonché delle materie prime e degli altri beni destinati ad essere in essi fisicamente
incorporati; degli imballaggi utilizzati per il confezionamento dei singoli prodotti; delle materie prime
tipicamente consumate nella fase produttiva dei servizi, nonché delle materie prime e degli altri beni
incorporati durante la lavorazione dei beni del committente. Le rilevazioni dei beni, singoli o raggruppati
per categorie di inventario, possono essere effettuate anche in forma riepilogativa con periodicità non
superiore al mese. Nelle stesse scritture possono inoltre essere annotati, anche alla fine del periodo
d'imposta, i cali e le altre variazioni di quantità che determinano scostamenti tra le giacenze fisiche
effettive e quelle desumibili dalle scritture di carico e scarico. Per le attività elencate ai numeri 1) e 2)
del
primo comma dell'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e
successive modificazioni, le registrazioni vanno effettuate solo per i movimenti di carico e scarico dei
magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi o altri punti di vendita, con esclusione di
quelli indicati al punto 4 dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627.
Per la produzione di beni, opere, forniture e servizi la cui valutazione è effettuata a costi specifici o a
norma dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive
modificazioni, le scritture ausiliarie sono costituite da schede di lavorazione dalle quali devono risultare i
costi specificamente imputabili; le registrazioni sulle schede di lavorazione sostituiscono le rilevazioni di
carico e di scarico dei singoli beni specificamente acquistati per le predette produzioni. Dalle scritture
ausiliarie di magazzino possono essere esclusi tutti i movimenti relativi a singoli beni o a categorie
inventariali il cui costo complessivo nel periodo di imposta precedente non eccede il 20% di quello
sostenuto nello stesso periodo per tutti i beni sopraindicati. I beni o le categorie inventariali che
possono essere esclusi devono essere scelti tra quelli di trascurabile rilevanza percentuale.
2. I soggetti stessi devono inoltre tenere, in quanto ne ricorrano i presupposti, il registro dei beni
ammortizzabili e il registro riepilogativo di magazzino di cui ai successivi articoli 16 e 17 e i libri sociali
obbligatori di cui ai numeri 1 e seguenti dell'art. 2421 del codice civile.
3. (soppresso).
4. Le società e gli enti il cui bilancio o rendiconto è soggetto per legge o per statuto all'approvazione
dell'assemblea o di altri organi possono effettuare nelle scritture contabili gli aggiornamenti
consequenziali all'approvazione stessa fino al termine stabilito per la presentazione della dichiarazione.
5. Le società, gli enti e gli imprenditori di cui al primo comma che esercitano attività commerciali
all'estero mediante stabili organizzazioni e quelli non residenti che esercitano attività commerciali in
Italia mediante stabili organizzazioni, devono rilevare nella contabilità distintamente i fatti di gestione
che interessano le stabili organizzazioni, determinando separatamente i risultati dell'esercizio relativi a
ciascuna di esse.
6.(soppresso).>>
7
legittima l’amministrazione erariale alla ricostruzione dell’imponìbile in via induttiva
anche sulla base di presunzioni semplici e con inversione dell’onere della prova a
carico del contribuente, ai sensi dell’art. 3.>>
La via dell’accertamento induttivo, come dispone la norma, è percorribile anche
nei casi in cui la mancanza delle scritture contabili obbligatorie è dovuta a
causa di forza maggiore. In merito, l’amministrazione finanziaria ha chiarito
che la ratio della norma si fonda sul fatto che la mancata esibizione della
documentazione contabile rende di fatto impraticabile la via dell’accertamento analitico
con la conseguenza che l’accertamento induttivo resta l’unico mezzo per consentire
l’attività accertativa dell’ufficio, nel caso di specie (Ved. C.M. n. 7/1977, cit.).
Inottemperanza
del
contribuente
agli inviti
disposti dagli
uffici
Si è già detto in precedenza che l’accertamento induttivo puro scatta anche
<<quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai
sensi dell'articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell'articolo
51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633>>, per effetto della disposizione contenuta nell’art. 39, comma 2,
lett. d)-bis.
Art. 32, comma 1, nn. 3 e 4
…
3) invitare i contribuenti, indicandone il motivo, a esibire o trasmettere atti e
documenti rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, compresi i documenti
di cui al successivo art. 34. Ai soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili
secondo le disposizioni del titolo III può essere richiesta anche l'esibizione dei bilanci
o rendiconti e dei libri o registri previsti dalle disposizioni tributarie. L'ufficio può
estrarne copia ovvero trattenerli, rilasciandone ricevuta, per un periodo non superiore
a sessanta giorni dalla ricezione. Non possono essere trattenute le scritture
cronologiche in uso;
4) inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico
rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti nonché nei confronti di altri
contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e
firmati …
In merito a tutte le richieste notificate dall’ufficio, ai sensi dell’art. 32, comma 1, D.P.R.
n. 600/1973, il successivo comma 2 precisa che gli uffici attribuiscono un termine, al
contribuente, per effettuare le connesse comunicazioni. Il termine fissato dall'ufficio per
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l'adempimento, non puo' essere inferiore a quindici giorni, fatto salvo il caso indicato al
n. 7, del comma 1 succitato (4).
In prosieguo, il comma 3 della disposizione in argomento, stabilisce che: <<Le notizie
ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi
in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del
contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di cio'
l'ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta.>>
In ultimo, secondo il comma 4, <<Le cause di inutilizzabilità previste dal terzo comma
non operano nei confronti del contribuente che depositi in allegato all'atto introduttivo
del giudizio di primo grado in sede contenziosa le notizie, i dati, i documenti, i libri e i
registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle
richieste degli uffici per causa a lui non imputabile.>>
Commissione tributaria regionale del Molise, sentenza n. 20/02/2011,
del 14 febbraio 2011
Nell’ambito di una verifica della G.d.f., l’impresa accertata non era stata in grado di
esibire la documentazione contabile completa, in possesso di un libero professionista
che ha potuto consegnare la suddetta documentazione due giorni dopo, comunque,
prima della chiusura della verifica stessa.
L’amministrazione finanziaria ha ritenuto detto fatto come fondamentale per
l’accertamento ai sensi dell’art. 39, D.P.R. 600/1973, anche in presenza del
4 Si riporta la disposizione citata, per completezza d’argomento.
<<Per l'adempimento dei loro compiti gli uffici delle imposte possono:
…
7) richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o
del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante
regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società
ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di
investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del
risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od
operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da
terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori
finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti
di natura finanziaria. Alle società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966, e a quelle
iscritte nella sezione speciale dell'albo di cui all'articolo 20 del testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, può essere richiesto,
tra l'altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per
conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni
in imprese, inequivocamente individuati. La richiesta deve essere indirizzata al responsabile della
struttura accentrata, ovvero al responsabile della sede o dell'ufficio destinatario che ne da' notizia
immediata al soggetto interessato; la relativa risposta deve essere inviata al titolare dell'ufficio
procedente …>>
9
versamento regolare delle imposte dovute.
La C.T.R. ha stabilito che nel caso di specie si può far riferimento alle norme
applicabili <<… solo per l’ipotesi di effettiva e definitiva sottrazione o mancata
esibizione delle scritture contabili all’attività dei verificatori>>
In sostanza, il disposto normativo che riguarda gli inadempimenti connessi con
la mancata consegna ai verificatori delle scritture contabili, deve essere letto
come segue:
 la documentazione richiesta non esiste;
 i fatti esposti nelle richieste sono veri.
Anche la mancata risposta ai questionari inviati dall’amministrazione finanziaria, ai sensi
dell’art.32, comma 4, autorizza l’amministrazione medesima ad effettuare l’accertamento
induttivo.
In ogni caso occorre sottolineare che la rettifica operata dall’amministrazione finanziaria
non deve essere arbitraria, ma si deve fondare su presunzioni, anche semplici. Questo è
l’orientamento della cassazione di seguito riportato.
Cassazione, sentenza n. 17133 del 3 agosto 2007
«In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento omissivo del
contribuente, che trascuri di rispondere ai questionari previsti dall’art. 32, n. 4, D.P.R.
29 settembre 1973, n. 600, autorizza l’Amministrazione a procedere ad accertamento
muovendo dalla constatazione che i fatti esposti nelle richieste rispondano a verità o
che i documenti richiesti non sussistono oppure impedisce al contribuente di esibire
tardivamente gli atti che è stato invitato ad esibire; tale omissione, tuttavia, non
consente all’Amministrazione di individuare il reddito a suo totale arbitrio, essendo
comunque necessaria l’indicazione delle presunzioni, anche semplici, da cui ha tratto
le somme contestate al contribuente»
La contabilità
inattendibile
Ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d), D.P.R. 600/1973, la contabilità è fiscalmente
inattendibile, ai fini dell’accertamento induttivo-extracontabile, quando le omissioni
e le false o inesatte indicazioni contenute nel bilancio o nella dichiarazione
dei redditi ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal
verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere
inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle
garanzie proprie di una contabilità sistematica.
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Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le
omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantità annotate nel
carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi
della lettera d) del primo comma dell'art. 14 del presente decreto.
Pertanto, la linea di demarcazione che separa la violazione meno grave, che
attiva l’accertamento analitico-contabile, rispetto alla violazione più grave che attiva
l’accertamento induttivo-puro, è stata chiarita dalla cassazione, nell’ambito della
sentenza n. 1022, del 24 febbraio 1989. La Suprema corte ha chiarito che l’art. 39,
comma 2, lett. d), attribuisce rilievo alle omissioni, falsità, inesattezze e irregolarità
formali "gravi, numerose e ripetute", al fine di stabilire se
- in relazione a tali
caratteristiche - queste siano tali da "rendere inattendibili" le scritture per mancanza
delle garanzie proprie di una "contabilità sistematica".
La stessa amministrazione finanziaria chiarisce che il metodo di accertamento induttivo
trova applicazione quando i vizi e le falsità minano talmente la contabilità dell’impresa in
modo da comportare la cessazione della garanzia che da essa si accompagna, in caso
della sua regolarità (C.M. n. 7, del 30 aprile 1977, parte 32).
Casistica
La Commissione tributaria regionale della Lombardia ha individuato le condizioni
affinché l’ufficio possa utilizzare legittimamene lo strumento dell’accertamento induttivo
in presenza delle seguenti condizioni (C.T.R. Lombardia, sentenza n. 1/11/11 del 22
ottobre 2010):
 inattitudine della contabilità alla determinazione delle rimanenze iniziali e
finali;
 mancata previsione dei capitolati di vendita degli immobili;
 assenza di contratti preliminari di vendita;
 presenza di mutui contratti dai clienti per importi superiori al prezzo di
vendita dichiarato.
Occorre sottolineare che non solo la mancanza delle garanzie proprie di una contabilità
sistematica, dovuta a gravi falsità, inesattezze ed omissioni gravi, numerose e ripetute –
come si è appena detto in precedenza – determinano una contabilità inattendibile, ma
anche lo smarrimento incolpevole dei libri obbligatori genera il medesimo effetto in
quanto, nel caso di specie, il contribuente non è in grado di consentire comunque
l’ispezione delle scritture contabili obbligatorie, come avviene nel caso dello smarrimento
del libro degli inventari (si veda, in merito, Cassazione, sentenza n. 9201, del 24 aprile
2011).
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La C.M. n. 7 del 1977, cit., chiarisce che secondo l’art. 39, comma 2, lett. d),
l’inattendibilità della contabilità, dovuta a gravi irregolarità e inesattezze <<rappresenta,
in certo senso, il ponte di passaggio tra accertamento analitico, effettuato sulla scorta
delle scritture contabili, e accertamento che da queste prescinde.>>
Inattendibilità come “ponte di passaggio” tra l’accertamento analitico e
l’accertamento induttivo (C.m. n. 7/1977)
Inattendibilità
Accertamento
induttivo
Accertamento
analitico
“puro”
In sostanza, la gravità delle infrazioni contabili sposta l’ambito probatorio a
disposizione dell’ufficio.
Differenti strumenti probatori a disposizione dell’ufficio
Inattendibilità
Presunzioni
gravi, precise e
concordanti
Presunzioni
supersemplici
Le omissioni o irregolarità formali gravi, ripetute e numerose possono consistere in:
 omessa registrazione di operazioni;
 registrazione di fatture per operazioni inesistenti;
 cancellazioni, abrasioni, spazi in bianco.
Occorre
rilevare che
la
cassazione
ha
recentemente
chiarito
che
nel
caso
dell’accertamento della inattendibilità della contabilità tenuta dal contribuente, non è
preclusa all’ufficio la possibilità di ricorrere all’accertamento analitico, utilizzando i dati
12
comunque risultanti dalla contabilità stessa (Cassazione, sentenza n. 1555, del 3
febbraio 2012).
Cassazione, sentenza n. 1555, del 3 febbraio 2012
<<“l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude che
l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per
determinate operazioni, del metodo analitico di cui al primo comma dell’art. 39,
oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie” (Cass. n. 27068 del 2006;
cfr., inoltre, Cass. n. 27927 del 2009 e n. 5557 del 2000).>>
OSSERVA
Nel caso di specie, la suprema corte ha ritenuto legittimo il comportamento dell’ufficio
che ha calcolato il reddito nella misura del 20 per cento dei ricavi, all’interno di un
accertamento nell’ambito del quale era stata rilevata “l’assenza di tutti i libri contabili
e di documentazione idonea a comprovare i costi” (Cass., sent. n. 1555/2012).
Il nodo della questione era fondato sulla mancata sussistenza di prove per effetto
delle quali le risultanze del conto profitti e perdite corrispondessero, nel caso di
specie, ad operazioni effettivamente poste in essere.
Infatti, <<…“la ricorrenza dei presupposti per l’accertamento induttivo (anche nella
ipotesi di inattendibilità dell’intera contabilità) non comporta l’obbligo dell’ufficio di
avvalersi di tale metodo di accertamento, ma costituisce una mera facoltà che non
preclude, pertanto, la possibilità di procedere ad una valutazione analitica dei dati
comunque emergenti dalle scritture dell’imprenditore” (Cass. n. 12904 del 2008), e
che “l’esistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude
che l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e per
determinate operazioni, del metodo analitico di cui al primo comma dell’art. 39,
oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie” (Cass. n. 27068 del 2006;
cfr., inoltre, Cass. n. 27927 del 2009 e n. 5557 del 2000)>> (Cass., 1555/2012, cit.).
Combinato utilizzo dell’accertamento induttivo e dell’accertamento analitico,
secondo la cassazione
13
Sullo stesso solco appare la sentenza n. 42/02/09, del 4 luglio 2009, della
Commissione Provinciale di Verbania, che ha chiarito che rientra sicuramente nella
discrezionalità dell’ufficio la scelta del tipo di accertamento da utilizzare e spetta al
contribuente,
di
contro,
dimostrare
mediante
l’esibizione
di
una
adeguata
documentazione probatoria, l’erroneità dell’accertamento.
OSSERVA
Occorre, peraltro, osservare che la cassazione ha chiarito che il contribuente non ha
motivo
di
lamentare
l’utilizzo
dell’accertamento
analitico,
nell’ambito
di
un
accertamento induttivo effettuato ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d), D.P.R.
600/1973, posto che il metodo analitico si caratterizza per la sussistenza di maggiori
garanzie, a favore del contribuente, inesistenti nel metodo induttivo “puro”
(Cassazione, sentenza n. 18020, del 6 agosto 2009).
Cassazione, sentenza n. 18020, del 6 agosto 2009
"In tema di accertamento delle imposte sui redditi, allorquando ricorrano i
presupposti sia dell'accertamento analitico che di quello induttivo,
l'amministrazione finanziaria può legittimamente utilizzare sia l'uno che
l'altro metodo": di conseguenza, "qualora, pur in presenza delle condizioni
suscettibili di legittimare l'adozione di un accertamento induttivo a termini del D.P.R.
29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, la rettifica sia stata operata con
metodo analitico, a mente del comma 1 della medesima disposizione, il
contribuente non ha titolo per lamentare l'emissione nei suoi confronti di
un accertamento analitico, invece che di un accertamento induttivo e
sintetico, posto che l'eventuale adozione di questo implicherebbe per lui
garanzie minori di quelle correlabili alla emissione di quello (Cass. 20837/05,
14
6945/01 e 5557/00)" (Cass., trib.: 14 maggio 2007 n. 10960, cit., nonchè 27 giugno
2008 n. 17 626; 5 giugno 2008 n. 14879; 5 ottobre 2007 n. 20857; 18 dicembre 2006
n. 27058).
In mancanza dell’esibizione di un’adeguata documentazione probatoria il contribuente è
soccombente in sede contenziosa (5). In sostanza, l’inattendibilità delle scritture
contabili legittima l’ufficio all’uso del metodo induttivo, anche prescindendo dalla
contabilità stessa, ma, allo stesso tempo non preclude
la possibilità di ricorrere
all’accertamento con il metodo analitico. Ciò accade quando i dati contabili risultano
singolarmente affidabili (Cassazione, sentenza n. 4013, del 3 dicembre 2009).6
Contabilità
inattendibile:
casistica
Riferimenti
Argomento
Contenuti
giurisprudenziali
Cassazione,
sentenza n. 9201,
del 21 aprile 2011
Smarrimento
Lo smarrimento incolpevole del libro
scritture
degli inventari
obbligatorie
<<…la mancata tenute del libro degli
inventari – prescritta dal succitato
Cassazione,
sentenza n. 6623,
del 23 marzo 2011
art.14
Inventario
–
legittima
l’amministrazione
erariale alla ricostruzione dell’imponibile
in via induttiva anche sulla base di
presunzioni semplici e con inversione
dell’onere della prova a carico del
contribuente, ai sensi dell’art.3>>
“In tema di accertamento induttivo del
reddito d’impresa ai fini IRPEG ed ILOR,
Cassazione,
sentenza n. 24509,
del 20 novembre
2009
ai sensi dell’art.39 del d.p.r. n.600 del
Saldo
cassa
negativo
di
1973,
la
sussistenza
di
un
saldo
negativo di cassa, implicando che le
voci di spesa sono di entità superiore a
quella degli introiti registrati, oltre a
costituire
un’anomalia
contabile,
fa
presumere l’esistenza di ricavi non
contabilizzati in misura almeno pari al
5 Nel caso di specie il ricorrente si è semplicemente limitato ad asserire che “i beni strumentali acquisiti
dai fornitori fittizi venivano registrati all’acquisto e rivenduti a clienti fittizi, generando plusvalenze che
venivano correttamente dichiarate”.
6 Cfr., “Osservatorio sulla giurisprudenza tributaria: accertamento induttivo”; in Guida ai Controlli
fiscali, n. 5/2010, pag. 73. FiscoOggi, “Metodo induttivo e metodo analitico.
Ok all'utilizzo anche contemporaneo”, 5 marzo 2010 (http://www.fiscooggi.it).
15
disavanzo”.
<<Altro argomento prospettato dalla
società è che non può condividersi la
tesi dell’Ufficio circa l’omessa tenuta
dell’inventario, in quanto la stesura del
bilancio nel libro degli inventari sana –
Cassazione,
sentenza n. 8273,
del 26 maggio 2003
o rende meramente formale – la
violazione cui fa riferimento il processo
verbale di constatazione della Guardia
Inventario
di Finanza, dal momento che nel
bilancio si trovano ricomprese le stesse
indicazioni e valutazioni che per legge
devono
risultare
dal
libro
degli
è
del
tutto
inventari.
La
prospettazione
inattendibile alla luce della disciplina
dettata dall’art.15 (intitolato “inventario
e
bilancio)
del
D.P.R.n.600/73
e
dall’art.2217 c.c.
Inventario e bilancio sono scritture
contabili, alla cui redazione la società
era
tenuta
in
forza
dell’art.13
D.P.R.n.600/73. Ma sono due scritture
distinte.
In particolare, il bilancio, secondo il
codice
civile,
deve
essere
redatto
all’inizio dell’esercizio dell’impresa e
successivamente ogni anni e “deve
contenere l’indicazione e la valutazione
delle attività e delle passività relative
all’impresa” (nonché delle attività e
passività dell’imprenditore estranee alla
medesima);
transitoria
secondo
citata,
la
deve
norma
indicare
la
consistenza dei beni raggruppati in
categorie
omogenee
per
natura
e
valore e il valore attribuito a ciascun
gruppo”.
L’inventario, ai sensi dell’art.2217 c.c.,
“si chiude con il bilancio e con il conto
16
dei profitti e delle perdite, il quale deve
dimostrare con evidenza e verità gli utili
conseguiti o le perdite subite”>>.
«… nel registro Iva non erano riportate
Commissione
tributaria centrale,
Sezione XVIII,
decisione 20
maggio 2002, n.
4275
Irregolarità contabili
le rimanenze, la
contabilizzazione era stata effettuata
con il sistema di
cassa e non di competenza e il costo
dei beni destinati
alla
produzione
era
equivalente
ai
ricavi».
Contabilità inattendibile
Commissione
tributaria centrale,
Sezione XVIII,
decisione 20
maggio 2002, n.
4275
Irregolarità contabili
<<…nel
registro
riportate
le
Iva
non
erano
rimanenze,
la
contabilizzazione era stata effettuata
con il sistema di cassa e non di
competenza e il costo dei beni destinati
alla
produzione
era
equivalente
ai
ricavi>>.
Contabilità inattendibile
Commissione
tributaria centrale,
con decisione 29
settembre 1999, n.
5587
<<…nella fattispecie le scritture sul
Libro giornale e libro
secondo “Libro giornale” risultano in
inventari
parte tardive e le rimanenze del “Libro
inventario” erano evidenziate con un
importo omnicomprensivo e non anche
per categorie omogenee, natura e
valore>>.
Contabilità inattendibile
<<Nella
Cassazione,
sentenza n. 6102,
del 16 giugno 1990
specie
l’accertamento
contestato P. si è fondato su tale
Omessa fatturazione
presupposto
essendo
stata
rilevata
l’omessa fatturazione di un quantitativo
di borse, la cui determinazione ha avuto
luogo tenendo presente, da un lato
17
l’entità del pellame acquistato, dall’altro
lato il numero degli articoli che era
possibile
produrre
computando
in
questo gli scarti di produzione. La
Commissione centrale ha affermato la
correttezza di siffatto procedimento in
considerazione del fatto che i dati di
partenza utilizzati dall’ufficio erano stati
elaborati con la collaborazione del
contribuente e queste conclusioni non
meritano le censure che ad essere
muove il contribuente>>
Cassazione,
sentenza n. 25001,
del 24 novembre
2006
Mancata
<<…mancata registrazione di ricavi e
registrazione
ricavi
di
e
omessa
esibizione
delle
ricevute fiscali
Contabilità
tenuta a matita
l’omessa esibizione di tutti i bollettari
delle ricevute fiscali…>>
Determinazione induttiva del reddito
sulla base delle materie acquistate.
La giurisprudenza della cassazione si caratterizza per un differente
orientamento, seguito nel tempo, in merito alla validità dell’uso della matita per
la contabilizzazione delle operazioni aziendali.
ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE SULLA TENUTA DELLA CONTABILITA’
A MATITA
Cassazione, sentenza n. 2396 del 4
Cassazione, sentenza n. 12279, del
marzo 1998
25 maggio 2007
La matita rappresenta «un mezzo grafico
<<…
del tutto inaffidabile si risolve in una
sostegno delle specifiche contestazioni
inattendibilità complessiva delle scritture,
rivolte alle riprese dell'Ufficio doveva
rendendo
essere comunque presa in esame dalla
così
giustificata
dell’accertamento induttivo».
l’adozione
la
profferta
documentazione
a
Commissione per fornire una motivata
risposta sulla deducibilità o meno nell'an e
nel quantum dei costi ripresi a tassazione,
oggetto
del
giudizio
avvincente
la
fondatezza sostanziale dei recuperi avallati
solo per la ritenuta preclusione a poter
dimostrare il contrario … .
In ogni modo non può essere impedito al
contribuente di fornire la prova della
18
conformità delle scritturazioni alla realtà
delle poste ivi annotate in termini di
certezza ed inerenza e quindi anche per i
costi ritenuti indeducibili dall'Ufficio il
dibattito processuale doveva incentrarsi
sulla documentazione acquisita e sulla sua
rilevanza ai fini di valutare la fondatezza o
meno della deducibilità sostenuta dal
contribuente a prescindere dalle modalità
di annotazione.>>
OSSERVA
Con la prima sentenza (2396/1998) la cassazione ha ritenuto la matita un mezzo
grafico precario e, pertanto, inaffidabile con la conseguenza che il suo uso inficia
necessariamente l’attendibilità della contabilità tenuta dal contribuente.
Nella seconda sentenza (12279/2007), invece, la suprema corte ha affermato che il
giudice deve valutare il caso di specie ben oltre il mezzo grafico utilizzato,
incentrandosi sulla fondatezza o meno della deducibilità dei costi, sostenuta dal
contribuente.
Il cambio di rotta della cassazione deve essere
valutato attentamente dal
professionista, nel caso di specie.
Connessione tra
tecnica
contabile e
obblighi
giuridici
L’impresa, per l’assolvimento integrale degli obblighi contabili imposti dalla legge, deve
adempiere ad una diversa serie di adempimenti:
 annotazioni sul libro giornale;
 annotazioni sui conti di mastro;
 compilazione del libro degli inventari;
19
 redazione del bilancio d’esercizio.
Ovviamente a quelli citati, utili per il prosieguo del discorso, occorre aggiungere gli
adempimenti relativi alla:
 compilazione dei verbali delle assemblee dei soci o degli azionisti;
 compilazione dei verbali dell’organo amministrativo;
 …
In effetti, ricalcando i chiarimenti forniti dalla Commissione tributaria centrale <<le
predette scritturazioni contabili sono collegate, ma si differenziano profondamente fra
loro in linea strutturale e funzionale>> (C.T.C., decisione n.
8610, Sez. 24, del 23
novembre 1987).
Selezionando i contenuti della suddetta decisione per effetto della evoluzione normativa,
non si può non prendere atto della veridicità delle suddette affermazioni, aggiungendo
che, ad oggi, tutti gli adempimenti contabili divengono essenziali per legittimare la
richiesta di deduzione dei costi da parte dei contribuenti.
Relazione tra tecnica contabile ed obblighi giuridici con riguardo alla
determinazione del reddito
Infatti, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, l’art. 109 del tuir, commi 3 e 4
dispone quanto segue:
 «i ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il
reddito anche se non risultano imputati al conto economico;
 le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella
misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di
competenza (...)».
La R.M. 14 gennaio 2008, n. 10/E, chiarisce che l’imputazione al conto economico
deve necessariamente transitare attraverso la connessa imputazione nelle scritture
contabili, secondo la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 2, co. 6-bis,
D.L. 24 aprile 1990, n. 90 (conv. con modif. con L. 26 giugno 1990, n. 165), secondo la
quale «ai fini dell’applicazione (...) dell’articolo 75 (NdA ora 109) del Testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, deve intendersi che le spese ed i componenti negativi sono imputati
al conto dei profitti e delle perdite se e nella misura in cui siano stati annotati
nelle scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato
20
netto del conto dei profitti e delle perdite, indipendentemente dalla specifica
evidenza in tale documento (...) »
Il suddetto chiarimento ministeriale consta di due punti essenziali:
1. i costi devono necessariamente essere rilevati in contabilità;
2. i costi non devono essere necessariamente evidenziati specificamente nel
conto profitti e perdite (conto economico).
Art. 2, co. 6-bis, D.L. 24 aprile 1990, n. 90
<<Ai fini dell'applicazione dell'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 597, e dell'articolo 75 del Testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
deve intendersi che le spese ed i componenti negativi sono imputati al conto
dei profitti e delle perdite se e nella misura in cui siano stati annotati nelle
scritture contabili ed abbiano concorso alla determinazione del risultato
netto del conto dei profitti e delle perdite, indipendentemente dalla
specifica evidenza in tale documento, fermo restando il disposto degli articoli 3,
secondo comma, penultimo periodo, e 5, secondo comma, ultimo periodo, del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Salvo che il fatto non
costituisca violazione punita in misura più grave, per il compenso di partite effettuato
in violazione al codice civile ovvero in caso di mancata evidenziazione nell'apposito
prospetto di cui agli articoli 3 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, si applica la pena pecuniaria prevista dall'articolo 48,
secondo comma, del predetto decreto aumentata della metà.>>
La correttezza delle annotazioni contabili si concretizza, anche sotto l’aspetto tributario,
nel rispetto dei seguenti obblighi:
 annotazione nel libro giornale;
 annotazione nei conti di mastro;
 annotazione nel conto economico,
tenendo conto che il contribuente può correttamente annotare nel bilancio il saldo dei
costi e dei ricavi, se ciò è previsto dai principi contabili (ved. R.M. n. 10/E/2008, cit.).
Và da sé che le omissioni e le infrazioni, in generale, in tal senso, possono legittimare
alternativamente l’ufficio ad un accertamento analitico o induttivo, in relazione alla
gravità delle infrazioni commesse dall’imprenditore.
Nel caso di un’agenzia di scommesse, che applica i principi contabili internazionali, in
forza dei quali deve esporre nel conto economico i ricavi al netto dei costi connessi,
21
relativi all’accettazione delle scommesse, l’agenzia delle entrate, mediante la citata R.M.
n. 10/E/2008, ha chiarito che l’impresa può seguire il seguente comportamento:
 annotazione contabile separata dei ricavi e dei costi;
 imputazione del saldo nel conto economico, nel rispetto delle regole previste dai
principi contabili internazionali.
Irrilevanza della La necessaria imputazione contabile dei costi viene meno in sede di accertamento
contabilizzazione
induttivo (Cassazione, sentenza n. 3952, del 18 febbraio 2011).
dei costi
nell’ambito
dell’accertamento
induttivo puro
Cassazione, sentenza n. 3317, del 10 aprile 1997
<<Questa Corte si è già pronunciata sulla questione della deducibilità di costi ed
oneri, qualora l'amministrazione finanziaria abbia accertato induttivamente
( come nel caso di specie) l'esistenza di maggiori redditi di impresa rispetto a
quelli dichiarati dal contribuente.
Con
sentenza
n.
5071
del
24.11.1989,
questa
Corte
ha
affermato
che
l'amministrazione finanziaria, ove accerti presuntivamente maggiori ricavi,
disattendendo in tutto od in parte le risultanze del bilancio o delle scritture
contabili ( art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 ), deve portare in
detrazione i relativi costi, al fine di individuare il reddito netto, mentre non
può invocare le regole poste dall'art. 74 terzo comma del D.P.R. 29 settembre 1973 n.
597, circa l'indeducibilità di costi ed oneri in presenza di inosservanza delle formalità
di contabilizzazione, atteso che tali regole sono operanti solo quando venga in
discussione la detraibilità di costi od oneri rispetto ai proventi dichiarati dal
contribuente.
Tale principio è stato sostanzialmente ribadito dalle sentenze n. 3083 del 13.3.1992 e
n. 9581 del 15.11.1994. Questo collegio ritiene di aderire a tale indirizzo
giurisprudenziale.>>
OSSERVA
La regola della corretta annotazione contabile e dell’esposizione in bilancio dei costi
sostenuti
dall’impresa
non
può
trovare
applicazione
analogica
nel
caso
dell’accertamento induttivo di maggiori ricavi, mediante presunzioni prive dei caratteri
della gravità, della precisione e della concordanza, in quanto la determinazione del
22
reddito d’impresa si effettua utilizzando strumenti dotati di una certa elasticità (Cass.,
n. 3317/1997, cit.)
In sostanza, nel caso di specie, si passa dall’accertamento contabile del reddito (fondato
essenzialmente sui dati contabili) ad un accertamento extracontabile, ma sempre del
reddito, calcolato tenendo conto dei costi e dei ricavi.
Nel caso di specie, le regole che sovrintendono la determinazione del reddito, sono
necessariamente speciali.
Rilevanza della regolarità contabile nel riconoscimento dei costi
In relazione alla norma di principio più sopra esposta, consegue che, nel caso
dell’accertamento induttivo puro, alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere
un’incidenza percentualizzata dei costi (Cass., n. 1166/2012 e Cass. n. 3317/1996).
La ricostruzione
del reddito
nell’ambito
dell’accertamento
induttivo
In precedenza si è parlato delle cause che generano l’applicazione dell’accertamento
analitico-induttivo. In prosieguo ci occupiamo delle modalità di calcolo del reddito
delle imprese assoggettate a detta modalità accertativa.
La cassazione ha affermato che mediante lo <<…accertamento sintetico la
Amministrazione pone totalmente da parte la (eventuale) contabilità del contribuente e
quindi deve ricostruire induttivamente tutto l’insieme delle operazioni di impresa, sia le
entrate sia le spese>> (Cassazione, sentenza n. 19451, del 18 dicembre 2003).
Nel caso di specie resta sempre fermo il punto di riferimento costituzionale della
capacità contributiva. Pertanto, l’accertamento induttivo dei ricavi non può generare
automaticamente il reddito dell’impresa, in quanto occorre tener conto dei presumibili
costi (Cassazione, sentenza n. 19451/2003, cit.).
23
Posto, come si è già rilevato in precedenza, che il ricorso all’accertamento induttivo puro
introduce una diversa modalità di determinazione del reddito, di tipo eccezionale, che
rende inapplicabile la regola secondo la quale i costi devono necessariamente risultare
dalle scritture contabili e dal conto profitti e perdite, nel caso di specie la cassazione ha
enunciato il principio di diritto per effetto del quale <<qualora il contribuente
ometta del tutto la presentazione della dichiarazione, e l'Amministrazione
finanziaria proceda d'ufficio all'accertamento del reddito d'impresa con
metodo induttivo, essa, dovendo procedere alla ricostruzione della situazione
reddituale complessiva del contribuente, deve tenere conto anche delle
componenti negative del reddito che siano comunque emerse dagli
accertamenti compiuti.
Nell'ipotesi considerata, infatti, non possono trovare applicazione le limitazioni previste
dall'art. 74, commi secondo e terzo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, in tema di
prova dei costi e degli oneri ai fini dell'accertamento con metodo analitico induttivo, in
quanto tale norma disciplina la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi,
ancorché infedele, sia comunque sussistente. Diversamente, d'altronde, si
assoggetterebbe ad imposta, come reddito d'impresa, il profitto lordo,
anziché quello netto, in contrasto con l'art. 53 Cost." (cfr. Corte cass. V sez.
25.11.2008 n. 28028, Cfr. Corte cass. I sez. 10.4.1996 n. 3317; id. V sez. 17.1.2001 n.
640; id. V sez. 10.2.2006 n. 2946; id. V sez. 19.2.2009 n. 3995).>>
Ad ogni modo la cassazione ha anche affermato che la relazione costi – ricavi non deve
generare una presunzione giuridica per effetto della quale a maggiori ricavi provenienti
da operazioni attive evase, debbano corrispondere necessariamente maggiori costi, in
quanto detti ricavi possono comunque essere generati da costi già contabilizzati. E’
onere del contribuente, nel caso di specie, fornire prove specifiche (Cassazione,
sentenza n. 19451/2003, cit.).
Omessa o infedele
indicazione di dati
nei modelli
relativi agli studi
di settore
L’omessa o infedele indicazione dei dati nei modelli relativi agli studi di settore sposta la
natura dell’accertamento, dall’ambito dell’accertamento analitico a quello induttivo puro.
Impatto delle infrazioni connesse con i modelli sugli studi di settore sulla
natura dell’accertamento
24
Infrazioni D.l. 98/2011 e D.l. 16/2012
La fattispecie è stata ulteriormente riformata per effetto del D.l. n. 16/2012.
La disposizione riformata decorre dalla data di entrata in vigore del decreto,
ovvero dal 2 marzo 2012. Ne consegue che per gli accertamenti notificati entro l’1
marzo 2012 trova applicazione la norma contenuta nel D.l. 98/2011, mentre a partire
dal 2 marzo 2012, trova applicazione la norma di cui al D.l. 16/2012.
Successione temporale della normativa contenuta nella lett. d-ter
Si riportano di seguito le disposizioni sopra indicate:
Art. 39, lett. d)-ter, D.P.R. 600/1973
D.l.
98/2011,
accertamenti
valido
notificati
per
gli
fin
all’1
marzo 2012
Si
16/2012,
accertamenti
valido
notificati
per
fin
dal
gli
2
marzo 2012
procede
all’accertamento
induttivo
puro
rilevata
l'omessa
indicazione
D.l.
dei
<<quando
dati
o
<<… in caso di omessa presentazione dei
viene
modelli per la comunicazione dei dati
infedele
rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi
previsti
nei
di settore o di indicazione di cause di
modelli per la comunicazione dei
esclusione o di inapplicabilità degli studi di
25
dati rilevanti ai fini dell'applicazione
settore non sussistenti, nonché di infedele
degli
nonché
compilazione dei predetti modelli che
l'indicazione di cause di esclusione o
comporti una differenza superiore al
di
di
quindici per cento, o comunque ad
settore non sussistenti. La presente
euro cinquantamila, tra i ricavi o
disposizione si applica a condizione che
compensi stimati applicando gli studi
siano irrogabili le sanzioni di cui al
di settore sulla base dei dati corretti
comma 2-bis dell'articolo 1 del decreto
e quelli stimati sulla base dei dati
legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.>>
indicati in dichiarazione.” >>
studi
di
inapplicabilità
settore,
degli
studi
Ai sensi della disposizione più sopra riportata, relativa all’art. 23, comma 28, lett. c), D.l.
98/2011, le infrazioni compiute dal contribuente, con riguardo ai modelli relativi allo
studio di settore legittimano l’amministrazione finanziaria ad utilizzare le presunzioni
supersemplici per quantificare il reddito d’impresa in presenza delle seguenti violazioni:
 omissione dei dati relativi agli studi di settore;
 infedele indicazione dei dati relativi agli studi di settore;
 indicazione di cause di esclusione degli studi di settore insussistenti;
 indicazione di cause di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti,
a condizione che:
 siano irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell’art. 1, D.l. n. 471/1997.
In sostanza, la disposizione trova applicazione per le sanzioni maggiorate del 10 per
cento, nel caso in cui sussiste una maggior reddito stimato superiore al 10 per cento
rispetto a quello dichiarato.
Il nuovo disposto della lettera d-ter), più sopra riportato, contenuto nel provvedimento
del governo, intitolato delle “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie,
di efficentamento e potenziamento dell’accertamento, nonchè ulteriori disposizioni
urgenti in materia finanziaria”, legittima l’amministrazione finanziaria a procedere con
l’accertamento induttivo puro in presenza delle seguenti condizioni:
 omessa presentazione dei modelli relativi agli studi di settore;
 indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non
sussistenti;
 infedele compilazione dei modelli che comporti una differenza del 15 per cento,
comunque con il minimo di euro 50 mila, tra ricavi o compensi derivanti dai calcoli
di GERICO effettuati sui dati corretti ed i ricavi o compensi derivanti dai medesimi
calcoli effettuati sui dati indicati in dichiarazione.
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Pertanto, le disposizioni in vigore dal 2 marzo 2012, contengono una rilevante differenza
rispetto
alle
disposizioni
precedenti
in
quanto,
ferma
restando
l’applicazione
dell’accertamento induttivo puro nelle ipotesi di omessa presentazione dei modelli e di
indicazione di cause insussistenti di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore,
le dichiarazioni infedeli, nella parte relativa agli studi di settore stessi, rilevano ai fini
dell’applicazione dell’accertamento induttivo puro, solo se risultano essere di entità
qualificata.
Applicazione
dell’accertamento
induttivo
puro
in
caso
di
infedele
comunicazione dei dati relativi agli studi di settore (D.l. 16/2012)
Differenza:
15%
(min. 50
mila euro)
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L`Accertamento induttivo – extracontabile