Cresti, E. (a cura di) Prospettive nello studio del lessico italiano, Atti SILFI 2006. Firenze, FUP: Vol I, pp. 141-146 Il lessico medico del volgarizzamento dell’Anathomia di Mondino de’ Liucci: derivazione e composizione Maria Rosaria D’Anzi Università degli Studi di Napoli “Federico II” Abstract In questo intervento intendiamo illustrare il contributo dato dal volgarizzamento anonimo dell’Anathomia di Mondino de’ Liucci all’ingresso del lessico medico, e più specificamente anatomico, nell’italiano. In particolare, attraverso l’analisi dei suffissi aggettivali e nominali, nella prima parte si valuterà il processo di formazione delle parole in relazione al testo mediolatino, per verificare il grado di reattività del volgare rispetto alla fonte e la libertà di scelta del volgarizzatore. Andando oltre la mera descrizione esterna del fenomeno, dalla nostra analisi tenteremo di cogliere le linee di tendenza che portano verso la specializzazione semantica di alcuni suffissi nell’ambito medico, e, per valutare la coesistenza di elementi lessicali di diversa provenienza, dal confronto con il modello latino rintracceremo i casi di ampliamento del testo volgare e di sostituzione dei termini tecnici, secondo le tecniche di traduzione trequattrocentesche. Infine, estendendo l’analisi dalla singola parola al periodo, valuteremo la formazione delle parole, non soltanto come modalità di arricchimento del lessico, ma anche come «fattore di referenza cotestuale», in grado di assicurare la coesione e la progressione tematica all’interno delle unità. 1. La tradizione del testo1 2 L’interesse del testo , conservato, in testimone unico, nel ms. B.1611 (già 17.O.II.2) della Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna, e databile alla seconda metà del Quattrocento, è determinato innanzitutto dall’essere il primo volgarizzamento di argomento anatomico: il codice, che ha avuto finora soltanto un’edizione filologicamente scorretta3, è stato parzialmente studiato sul piano lessicale da Altieri Biagi (1966 e 1967). Rispetto al testo latino, il volgarizzamento si presenta fedele sul piano della correttezza; tuttavia in più luoghi mostra un’autonomia dichiarata dallo stesso volgarizzatore. Accanto all’occasione che giustifica la stesura dell’opera, nel prologo ad esempio leggiamo: «essendo io più volte stato pregato da uno de’ migliori amici che haver me paia de fare una traductione vulgarizata della Hanothomya del corpo humano, la quale, secondo la sententia de Haverrois in nel primo del suo aureo libro chiamato Colliget, è una parte di cognitione di scientia medicinale, ho disposto satisfare a’ suoi desiderii. La qual cosa rhecatomi innanzi Mundino de Florentia, optimo nel suo tempo phylosopho e medico, quello intendo in maggior parte sequitare, fuorché in alcune cose dove a me parrà lui al proposito mio essere stato superfluo o diminuto» 1r 1 Questo lavoro si inserisce all’interno del PRIN 2005 «Censimento, Archivio e Studio del Volgarizzamenti Italiani (CASVI)» che vede coinvolte le università di Lecce (responsabile R. Coluccia), della Basilicata (responsabile R. Librandi), di Catania (responsabile M. Spampinato), di Pisa Scuola Normale Superiore (responsabile R. Ciociola) e di Torino (responsabile A. Vitale Brovarone). 2 Gli aspetti di cui si tratterà sono emersi dall’analisi del ms. bolognese, la cui edizione critica corredata da glossario è oggetto della tesi di dottorato che discuterò entro febbraio 2007 (Università degli Studi di Napoli “Federico II”). Gli esempi scelti sono seguiti dal rinvio alla carta dei manoscritti. 3 Il ms. di 144 cc. fu edito per la prima volta nel 1930 da Lino Sighinolfi, che si limitò, tuttavia, a fornirne una trascrizione scarsamente fedele alla veste grafico-fonetica dell’originale. Una sezione del codice, compresa tra le cc. 18r - 19v, è stata antologizzata da Mirko Tavoni (1992: 249-254). Sebbene la professione di originalità rientrasse tra i tópoi del genere (Gualdo, 2001: 27n), nel nostro testo chi traduce ostenta autonomia nei confronti della fonte e in più punti sembra ricorrere alla propria esperienza personale. Il volgarizzamento si presenta dunque come una sintesi a metà strada tra un testo descrittivodivulgativo e un manuale pratico-operativo. 2. Alcuni casi di suffissazione Dal confronto con il testo latino (operato sul testimone più antico della tradizione, un ms. degli inizi del XIV sec. posseduto dalla Società Medico Chirurgica di Bologna)4 sono emersi fenomeni morfologico-lessicali comuni alla lingua medica dei primi secoli. Come dimostrato da Gualdo (1999), esisteva già nel lessico scientifico medievale un sistema derivativo ramificato, testimoniato dal ricorrere di alcune serie lessicali specializzate in diverse aree semantiche. Da questo punto di vista l’analisi dei procedimenti di formazione delle parole (in particolare la suffissazione e la scelta di determinati moduli compositivi) sono utili per valutare in che misura la cultura scientifica volgare sia autonoma rispetto a quella latina o quale sia il debito contratto dal volgarizzatore nei confronti della fonte: se infatti sul piano testuale, come si è detto, notiamo la conservazione dell’impianto originario e la riproduzione nel testo volgare degli stessi modi espositivi dell’originale latino, sul piano lessicale, alla ripresa dei termini latini riprodotti inerzialmente o adattati foneticamente al volgare, si affiancano varianti connotate localmente mediante glosse, consuetudini comuni alla trattatistica coeva, ma anche innovazioni. In rapporto agli studi dedicati al lessico scientifico, e più specificamente medico5, nel testo si registra un largo 4 Per tale confronto mi sono servita dell’edizione più recente curata da P. P. Giorgi e G.F. Pasini (1992), corredata, tra l’altro, di una traduzione del testo. 5 Oltre agli importanti studi di riferimento Altieri Biagi (1966, 1967, 1970), Dardano (1994: 497-551), Ineichen (1962-66), si vedano le pubblicazioni che negli ultimi anni sono state dedicate al lessico scientifico. In particolare per la medicina: Cassandro (1996), Gualdo (1996, 1999), Nystedt (1988), Motolese (2004), Palmero (1997), Sboarina (2000). Affini ai trattati medici sono le Maria Rosaria D’Anzi impiego del suffisso -OSUS (Rohlfs §1125, Tekavčić §§1583-84) (81 lemmi e 423 occorrenze) in particolare in termini che attengono alla patologia: catarrosi 97r < catarosi 30r, (fumo) capinoso 88v < (vapor) capinosus 27r, (superfluità) fumose 108r < fumosas (superfuitates) 33r; e alla fisiologia carnoso e pelliculoso e non ossuoso 10v < carnosus et pelliculosus et non ossuosus 2v, carnosi 80v < carnosi 25r, cartilaginosa 91r < cartilaginosa 27v, cartilaginoso 98r < cartilaginosum 30r, cellulosa 27r < cellulosum 8v, cordosi 80v < chordosi 25r, cordosa 81r < chordosa 25r, gibbosa 45v < gibbosa 14r, glandosa 32r < glandosae 10r, mendose 111r < mendosae 23v, musculoso 77v < musculosus 23v, musculosa 81r < musculosa 25r, nervosa 36v < nervosa 11v, ossuosa 99v < ossuosa 30v, carnosa e pelliculosa 10v < carnosa et pelliculosa 2v, (osso) petroso 136v (bis) < (os) petrosum 39r (bis); (ossi) petrosi 133r < (ossa) petrosa 37r, (osso) pretoso 131r < (os) petroso 36v; rugoso 64v < rugosum 19v, (grasso) sevoso 21r < (adeps) seposa 7r. Il traduttore va anche al di là della fonte rendendo (humori) mucillaginosis 21v con (humori) viscosi 70r, e dimostrando in tal modo non solo la piena comprensione del testo di partenza, ma anche una autonoma capacità rielaborativa. In concorrenza con il suffisso -oso, anche le formazioni in -ICUS (Rohlfs §1054, Tekavčić §§1572-73) attengono in particolare alla sfera della patologia e della fisiologia. Accanto ai casi più banali di trasposizione fedele dal latino al volgare (sangue sottile collerico 87r < sanguinem valde subtilem vel cholericum 26v, de’ membri organici 6v < membrorum organicorum 2r, vasi spermatici 19v < vasa spermatica 6r, nervi ... obtici 133r < nervo optico 37v, dolore ... sciatico 142v < dolor ... sciaticus 41v), è da sottolineare il processo formativo tipico del lessico medico, attestato con continuità dalle origini fino all’età contemporanea (Serianni, 2005: 199) rappresentato dai casi di sostantivizzazione di aggettivi indicanti patologie: ptisichi 92v < ptisicus 28r e tisico 33.11 (senza corrispondenza nel testo latino); idropyci 10v < hydropisi 2v e ydropico 48r (senza corrispondenza nella versione latina); periplemonici 92v < periplemonicus 28r. Di qualche interesse la resa da parte del traduttore di paralipsis 39v, con la perifrasi dalla carica più espressiva cadere im-paralitico 139r che, oltre a facilitare l’interpretazione del termine, conferma la preferenza della lingua volgare per le forme analitiche. Il suffisso -ALIS (Rohlfs: §1079, Tekavčić: §§1521-22)6, che, come ben noto, non è esclusivo del lessico medico, è registrato compattamente negli aggettivi formati a partire da sostantivi indicanti una parte del corpo: arteriale 86v < arterialis 26r, coronale 110v < coronalis 33v, legamentale 14r < ligamentalis 3v, orinale 54v < urinalem 16v, renale 25v < renalis 8v, sagittale 110v < opere di mascalcia: cfr. Aprile (2001a e 2001b) e Barbato (2001a e 2001b). Per i procedimenti di formazione delle parole d’obbligo anche il rinvio a: Dardano (1978), Grossmann - Rainer (2004), Scalise (1995), Tollemache (1978). 6 Secondo Mazzini (1989: 22) «si può considerare, indirettamente, un influsso arabo il proliferare di aggettivi suffissati in -ale (l. ālis traduzione della nisba araba, al-, con il valore di ‘simile a’)». Cfr. inoltre Ivi, p. 53. sagittalis 33v, salivale 60v < salivalem 18r, clipeale o vero scutale 105r < clipealis vel scutealis 32r, stomacale 11v < stomachalis 3r, unbilicale 11v < umbilicalis 3r. In un unico caso la base è un nome indicante una patologia: catarrale 35.10, senza corrispondente nel testo latino. Considerato come il suffisso «terapeutico» del lessico medico medievale (Altieri Biagi, 1970: 24; Dardano, 1994: 514), l’uso di -IVUS (Rohlfs §1151) compare in aggettivi relativi a processi fisiologici: virtù digestiva 20r < virtutis digestivae 6v, virtù memorativa 124r < virtutis memorativae 36r, virtù reggitiva 123r < virtus regitiva 35v, nervi reversivi 95r < nervi reversivi 29r, spiriti visivi 134v < spiritum visivum 37v. Più limitatamente il suffisso è usato anche per designare tipi di dolore e più in generale stati patologici (Gualdo, 1999: 175): riferiti a dolore troviamo aggravativo 19.19, 21.50 < (dolorem) aggravativum 46r, 59v, estensivo 46r < extensivum 14r, pungitivo 79v < pungitivus 24v; e ancora acquosità ... mordicativa 57r < aquositate mordicativa 17r. Si ha inoltre la sostantivizzazione degli aggettivi (peraltro già nella versione latina) in coniunctiva 134r, 134r < coniunctiva 37v (bis) ‘mucosa che riveste la parte interna delle palpebre e la parte esterna della sclera’ (attestato dal DELI in Z. Bencivenni) e in incisivi 96r < incisivi 29v (sia il DELI sia il GDLI documentano il termine dal 1494 nel Fasciculo di medicina in volg.). Più consueto il suffisso '-BILIS (Rohlfs §1035): continuano fedelmente il suffisso latino gli aggettivi deverbali extensibile 20v < extensibilis 6v, infallibile 135v < infallibile 38r, sensibile 10r < sensibilis 22r, visibile 134v < visibilis 37v. Privi dei corrispettivi latini invece: alterabile 38r, 44v, consolidabile 69v, delectabile 114v (bis), 115r, 115v, denominabile 7r, flexibile 91r, gustabile 115r, haudibile 115r, inrecuperabile 83r, inthollerabile 34r, laudabile 15r, odorabile (h-) 115r (bis), 129r, tangibile 115r, tristabile 114v (bis), 115r, ecc. Da rimarcare che il suffisso -ibile è divenuto a tal punto familiare per il volgarizzatore da usarlo per sostituire la perifrasi (humiditatem) contentam in cibo 7r con (humidità) nutribile 22r. Tra tutti i suffissati nominali il tipo in -tione (Rohlfs §1061, Tekavčić §§1507-09)7 è certamente il più attestato (138 lemmi e 425 occorrenze). Com’è ovvio, la sua ampia diffusione già nel testo latino spiega l’alta frequenza del suffisso all’interno del testo volgare. Circoscrivendo l’analisi alla terminologia più strettamente medica, notiamo che molti dei sostantivi appartenenti a questo gruppo indicano stati patologici e, in misura minore, fisiologici: oppilatione 51v (bis), 68v < oppilatio 15v, 15v, 28v; retentione 10v, < retentionem 2v; digestione 20v < digestionem 6v, elungatione 119r < elongationem 35r, impregnatione 11r < impregnationem 2v, incrociatione 130r < cruciationem 36v. Tuttavia, in un numero ancor più consistente di casi notiamo l’impiego del suffisso in modo autonomo rispetto alla fonte: ad esempio in termini che sostituiscono forme verbali (decoptione 133r < decoques 37r, excarnatione 12r < excarnas 3r, nutricatione 36r < ad nutriendum 11r, refractione 96v < refrangendo 29v, substentatione 132v < ad substentandum 37r, apostematione 96v < apostemantur 7 Cfr. inoltre Dardano (1994: 514). Il lessico medico del volgarizzamento dell’Anathomia di Mondino de’ Liucci 29v, deseccatione 84r < exiccetur 32.26, exiccatione 83r < exiccaretur 25v, oppilatione 43r, 51v < oppilatur 13v e oppilantur 21r, purgatione 65v < purgatur 19v, putrefatione 133r < putrefiat 37r, deperditione 13v < deperdatur 3v, humectatione 93r < humectent 28v, nutritione 112r < nutritur 34r, ritentione 27r < retinentur 9r). Notiamo ancora che nei casi in cui il testo amplifica l’originale latino si preferisce la coniazione di suffissati in -tione: aggregatione 70r, apostematione 96v, ampliatione 16r, applicatione 13v, appropinquatione 121v, assottigliatione 89r, collectione 96v, commixtione 64r, concatenatione 78r, conceptione 60v, congiuntione 111v. Meno frequenti sono i casi di derivati nominali in (T)URA (Rohlfs §1119, Tekavčić §§1502-06) (in tutto si contano 27 lemmi per 196 occorrenze), che nella maggioranza dei casi transitano nel testo volgare senza cambiamenti: coperitura 23v < cooperturam 7v, ruptura di sotto o vero crepatura 18v < ruptura seu crepatura 4v, curvatura 18v < curvatura 29r, giuntura 143r < iunctura 41v, legatura 23r < ligaturae 7v, conmissure 109v < commisuras 33v. Traduzioni totalmente autonome che fanno ricorso al patrimonio lessicale già consolidato del volgarizzatore si hanno in: criatura 11v < fetus 3r, piegatura 94r che traduce curvatura 29v, ruptura (d’esso) 18v < fractura (eius) 4v, serrature 110r < serratiles 33v, textura 131v < contextura 36v, (fare la) legatura 32v che rende l’imperativo liga 10r. Per stricturam 28v troviamo invece angusta 93v. 3. Modalità di traduzione e incrementazione del lessico tecnico mediante l’aggettivazione Degni di nota sono alcuni casi di innovazione rispetto alla fonte, in cui il sostantivo latino viene reso con un termine dal significato generico specializzato semanticamente per mezzo di determinazioni aggettivali (Librandi, 1995: II.213). Negli esempi che seguono notiamo che le perifrasi sostitutive dei termini, se da un lato denunciano, nella lingua d’arrivo, il «vuoto oggettivo» della forma corrispondente, dall’altro mostrano l’intento chiarificatore di chi traduce: quarto est pars quae vocatur sumen 3r > la quarta parte che bisogna considerare si è la parte dicta suminale 12r quinto est pars quae vocatur pecten 3r > la quincta e ultima parte si è chiamata pectinale e vulgarmente si dice il pectignione 12r In particolare, nel secondo esempio il tentativo di interpretare e chiarire il termine è reso ancor più evidente dalla presenza di una glossa in cui il tecnicismo è ulteriormente spiegato ricorrendo a una forma a più basso grado di tecnicità. In altri casi, invece, nonostante il corrispondente volgare compaia in altri luoghi del testo, le costruzioni analitiche (composte da un nome generico specializzato da un aggettivo) sono preferite per il loro maggior grado di concretezza ed esplicitezza: con materie fecale 27r, 32r, 33v (bis) si traducono stercus 9r, fex 10r, fecum 10v, in concorrenza con il corrispettivo volgare fece; mentre con superfluità hurinale 54r e humido nutrimentale 29r si rendono rispettivamente i più generici aquositatem 16r e succum 9v. Un’altra risorsa per accrescere la distinzione e specializzazione semantica dei termini è l’uso dei suffissi diminuitivi, analogamente al latino troviamo per cannula 10r e furcula 22v, 24r, cannella 32v e forcella 72v, 78r (anche se altrove troviamo forcula e furcula), dove il volgarizzatore varia il suffisso diminutivo. Al contrario, per nervulos troviamo piccoli nervi 112v e, per naviculae 42r, picola nave 143v. L’ultimo aspetto che si intende analizzare è la ricorrenza delle cosiddette «unità lessicali superiori» (Dardano, 1994: 498), definite da Adams (1995: 353) «phrasal terms», unità sintattiche e semantiche, raggruppabili secondo le seguenti categorie: 1. SOST. + AGG. Questo tipo è particolarmente sfruttato per indicare affezioni patologiche: febre acuta, ~ tertiane o continue, ~ hetica; morbo complexionale; dolore renale, ~ colico, ~ aggravativo, ~ pungitivo, ecc. Accanto a questi esempi vanno poi aggiunti i casi in cui a un termine appartenente alla lingua comune segue un aggettivo che ne comporta la specializzazione semantica in senso tecnico: parte nervosa; substantia cerebrale, ~ pelliculare, ~ medullare, ~ sanguigna, ~ vermiculare; virtù fantastica, ~ ymaginativa, ~ cogitativa, ~ motiva; ecc. 2. SOST. + PARTICIPIO male complexionato o compositionato 3. SOST. + GENITIVO. Tale perifrasi è usata diffusamente soprattutto per denominare stati patologici che interessano precise parti del corpo: male di pietra ‘calcolosi’, ~ di costa, ~ di punctura ‘pleurite o polmonite’; infirmità di stomaco; ~ della pleura; ~ del capo, ecc.; lesione de ventriculo medio; oppilatione di cerebro; ructura d’apostema; generatione di sanie, cioè di marcia; la ruptura dell’intestini. 4. Procedimenti divulgativi La coesistenza all’interno del trattato della terminologia colta e volgare è ancor più evidente quando cultismi e volgarismi sono accostati nei procedimenti di divulgazione tipici dei volgarizzamenti (Barbato, 2001a: 201). La tendenza esplicativa si realizza innanzitutto mediante l’uso di glosse, che, come già nelle traduzioni due-trecentesche, e, in particolare, nei testi scientifici e didattici, con modalità differenti svolgono un’azione di raccordo tra i due codici linguistici (Dardano, 1994: 511). Tra le diverse tipologie, la glossa lessicale è certamente prevalente: introdotta da cioè, o vero e altrimenti, fornisce sinonimi tratti dalla lingua comune, che, stando alle attestazioni precedenti8, dovevano rivestire già all’epoca del nostro trattato lo status di tecnicismo. pinguedine o vero grasso 13r < pinguedine 3v giovamento o vero hutilità 14v-15r < iuvamentum 4r passione o vero infirmità 18v < passio 4v intestini altrimenti dicti budelli 21v < Ø cellule o vero cavernosità 27r < cellulis 9r il forame dell’osso del femore, o vero pectignone 68r < foramine ossis femoris 21r verga altrimenti chiamata membro virile 70v < virga 22r 8 Del resto il ricorso a denominazioni trasparenti per indicare stati patologici è attestato già nell’italiano antico: Dardano (1994: 509). Va ricordato che la glossa permane ancora oggi uno strumento della divulgazione scientifica: Cortelazzo (1994: 2328); Serianni (2005: 249). Maria Rosaria D’Anzi Gli additamenti predicti, o vero orechi sono due substantie pelliculare 84r < Additamenta cordis sunt quaedam partes panniculares 25v nocumenti cioè le infirmità 117r < nocumenta 35r capessi cioè dell’extremità delle puppe o vero delle mammille delle donne 129r < capitibus mamillarum 36r In alcuni casi l’ordine dei due elementi è invertito oppure la scelta è tra termini dello stesso rango: el grasso o vero pinguedine 14r < pinguedo 3v tumore o vero apostema 59v < apostema 17v buco o vero forame 22v < Ø la strozza o vero gurguzule 97v < Ø 118r Se procede da fumi e da vapori, allora genera una infirmità chiamata vertigine e scotomia che tanto importa quanto giratione, cioè vedere andare le cose in giro, e simile ad sé medesimo parere tanto lui quanto la casa girare < sic est vertigo et scotomia 35r 118r una infermità chiamata stupore o paralisi, che importa immobilità de’ membri < sic est stupor, paralisis 35r Talvolta possono assumere l’aspetto di vere e proprie spiegazioni enciclopediche, ritenute necessarie per la piena comprensione del passo: È presente tuttavia anche il fenomeno opposto: diverse volte, infatti, è l’endiadi latina a essere semplificata, eliminando uno dei due termini presenti nella fonte: 44r E in queste vene si contiene el chilo, cioè el cibo in nello stomaco digesto e transmutato in forma liquida a ptisana ordeacea, che è liquore facto d’orzo cotto in nella acqua infino all’ultimo consumamento di dicto orzo < et in hiis venis continetur chilus 13v utilitas sive necessitas 19r > l’utilità 62v caliditatem sive calorem 22v > la calidità 76r excarnes collum sive gulam 28v > bisogna scarnare le gola 93r ad similitudinem scuti sive clipei 32r > in forma di scuto 105r os passilare sive basilare 36v > osso bassillare 131r-131v 63v quando la donna ha il mestruo, che è quello che esse dicano il tempo, perché viene a tempo ordinato, cioè ogni mese una volta in nelle ben disposte, o vero fra ogni .xx. o .30. giorni, allora dicta matrice ingrassa e fassi maggiore < et in tempore menstruationis impinguatur et ingrossatur matrix 19r L’intento divulgativo si traduce inoltre nell’appianamento delle difficoltà mediante aggiunte più o meno complesse, del tutto autonome rispetto alla fonte latina, che danno prova non soltanto della sicura conoscenza del lessico tecnico da parte del volgarizzatore, ma anche della sua capacità di adeguare contenuti scientifici ai lettori cui si rivolge. In molti casi, infatti, la semplificazione della materia trattata avviene mediante glosse in cui il secondo termine è costituito da una perifrasi più o meno ampia: 136v questo spirito è instrumento del senso auditivo, cioè instrumento mediante il quale el senso commune si determina solamente a udire < instrumentum auditus 39r 80r Questo medesimo panniculo da Aristotile fu chiamato dyasona, che tanto importa quanto zona o vero cintura dividente per il mezo < sicut vocatum est diazona ab Aristotile, quia zona cingens per medium 25r 83r E per questo si vede che quando tale acquosità, desiccandosi, manca, come adiviene in nella febre chiamata hetica, allhora tucto ’l corpo, desiccandosi e consumandosi, perviene a una infirmità chiamata marhasmo, che tanto importa quanto ultima e inrecuperabile desiccatione e consumatione del corpo < si exiccatur haec capsula vel privatur tali aquositate ad marasmum deveniet animal 25v 110r Et le predicte conuintioni sono da’ medici chiamate adores che tanto importa quanto serrature strectissime < Istae partes continuatae sunt iuncturis quae vocantur adoreae, id est serratiles 33v 117v se è apostemato o è apostema caldo e chiamasi syrsen, e questo adviene spesso, o è freddo e chiamasi letergia, che tanto importa quanto oblivone, perché chi pate tale apostema non si ricorda d’alcuna cosa < si sit in panniculis calidum vocatur sirsen, quod frequenter contigit, si sit frigidum vocatur litargia 35r In diversi casi si tratta di glosse etimologiche che giustificano la forma linguistica del termine, ricostruendone l’origine e precisandone il significato: 30r Simile è uno de’ gracili superiori: la cagione di dicto nome è la sua grandeza che è per misura dodici dita o poco più o meno, dove duodeno non vuole dire altro che du e diece < Et dicitur istud primum intestinum et vocatum est duodenum quia eius longitudo ut in pluribus est XII digitorum 9v 93r El giovamento delle quali disopra fu dicto in nella anothomia del pecto, sotto le qual vene inmediate ti occorre du pezzi di carne glandosa, da ogni parte uno, ritracti in forma di du amigdale e però sono così chiamate, cioè du amigdale e funno queste ordinate da natura per generare una humidità salivale < Illis elevatis invenies duas amigdalas, ab utroque latere unam, quae sunt carnes glandosae factae ad formam et figuram duarum amigdalarum 28v 93v Sono ancora le predecte vene chiamate subetyce, o vero vene di sonno, che altro non importa subet che sonno perché per la oppilatione di quelle si causa el sonno < Vocantur etiam venae somni quia ex naturali oppilatione facta in rete iam dicto causatur somnus 28v 96v Infine di questo palato vedrai una substantia spugnosa e rara ritracta in forma di uno granello di huva, e per questo fu dicta uvea o vero huvula < In fine palati videbis uveam pendentem ad modum grani uvae, et ideo vocata est uvea 29v 102v sono dicti reversivi; e altrimenti sono chiamati nervi della voce e questo perché sono principio di formare la voce < causa quare hii nervi reversivi fuerunt 31v 108v cappello che tanto vuol dire quanto materia quale il capo pelle, cioè spinge e scaccia < Ø Di maggiore interesse sono però altre costruzioni in cui si fa esplicito riferimento alla realtà extratestuale, Il lessico medico del volgarizzamento dell’Anathomia di Mondino de’ Liucci secondo un uso comune a testi scientifici precedenti e successivi al nostro9: si tratta delle glosse metalinguistiche, in cui per la spiegazione e l’interpretazione del termine colto si ricorre a perifrasi o a voci connotate localmente, richiamate mediante i cosiddetti «riguardi verbali» (Altieri Biagi, 1965: 12-13), espressioni metalinguistiche (come volgarmente, e vulgari chiamano, ecc.) che se da un lato fanno emergere la distanza tra termine dotto e termine volgare, dall’altro rendono evidente l’intento del traduttore di facilitare a chi legge l’esatta individuazione del designatum: (1) 12r La quarta parte che bisogna considerare si è la parte dicta suminale quale è disotto all’umbellico quattro dita; e questa è quella parte per la quale certe vene si terminano alla pelle, per le quale i fanciulli, che sono in nel ventre, purgano la superfluità aquosa ed è quello che noi diciamo vulgarmente pisciare < Quarto est pars quae vocatur sumen, infra umbilicum per quattuor digitos, et est pars in qua venae quaedam terminantur ad cutim, per quas pueri in matrice existentes emittunt aquositatem 3r (2) 63r Et per questo si manifesta che chi usa el coyto più spesso ha la matrice maggiore, come ancora si vede questo medesimo in ne’ maschi del membro posteriore, cioè dello ano, vulgarmente chiamato culo < Ø casi più banali di popolarismi panitaliani (come nei passi 1 e 2), notiamo, infatti, la preferenza del volgarizzatore per varianti di più basso grado di tecnicità (ad es. 3 e 4). Per syncopi (passo 5) ‘svenimento’ (voce attestata dal DELI a partire dal XIV sec. in Pietro Ispano volg. e riscontrabile anche in Guglielmo volg.: Altieri Biagi, 1970: 124; nel Serapion: Ineichen, 1966: 277; nel Savonarola: Nystedt, 1988: 270 e Gualdo, 1996: 131-132; cfr. inoltre Motolese, 2004: 283) il traduttore impiega i sintagmi cadere in sincopi e venir meno, che rinviano più concretamente agli effetti del malore, quelli appunto del tramortire. Da notare inoltre il rimando a un’esperienza diffusa e a conoscenze comuni che travalicano l’ambito medico e che sono impiegate come elementi chiarificatori. I passi (6) e (7) esemplificano, invece, la tendenza tipica della lingua popolare (spiegabile secondo alcuni con ragioni apotropaiche10) di sostituire il termine dotto con un sintagma composto dal nome generico male seguito da un determinante che richiama, come in questi casi, la manifestazione patologica più evidente, o, come si vedrà tra breve, la parte del corpo in cui la malattia si manifesta. La presenza di indicazioni metalinguistiche, che rinviano a termini connotati localmente, non sono, tuttavia, esclusive del testo volgare: nell’originale latino per la voce ancaras ‘mesenterio’ troviamo infatti un esplicito riferimento a una variante bolognese: 30r uno membro chiamato ancaras o vero mesenterio, dicto così per rispecto della moltitudine delle vene messerayce che a esso pervengano, per la qual cosa e vulgari bolognesi lo chiamano interio, che tanto suona quanto membro che l’enteriore tenga < membrum quod vocatur encarus vel mesenterium a meseraicis quae in ipso sunt dispersae, et vulgares bononienses vocant interior, quasi interiora tuens 9v (3) 118r Ma se procede da humori in nel dicto ventre generati e raccolti, si genera allora una infermità chiamata stupore o paralisi, che importa immobilità de’ membri; ed è quando e membri non si possano muovere che adiviene perché e nervi sono contracti e vulgarmente si dice rapresi < Ø (4) 89v El tertio vaso è l’arteria chiamata trachea quale vulgarmente si chiama la canna del pulmone e questa porta al pulmone lo haere fresco < Et tertio est trachea arteria quae ad pulmonem portat aerem 27v (5) 66v Per questo quando i predecti vapori pervengano alla sua regione veggiamo le donne perder subbito ogni virtù e restare com-passione crudelissime semivive che è quello che i medici dicano cadere in sincopi, che vu[o]l dire distructione subbita di molte virtù a un tracto, e volgarmente si dice venir meno, o veramente tramortire < Si vero illi vapores perveniant ad cor, quod raro contingit, suffocationem cum syncopi patiuntur, et tunc dicunt mulieres quod matrix ad cor earum pervenit 20r Tutti i procedimenti divulgativi fin qui visti coesistono per la voce pleuresi ‘pleurite’ (attestato dal GDLI, nella stessa forma, a partire dal Trecento in Bencivenni): 79v E la ragione è stata assignata disopra ed è dicto apostema denominato dal loco in nel quale si genera, dove essendo el loco dicto pleura l’apostema è chiamato pleuresi; e perché, come disopra è dicto, dicto pleura va mediando fra le coste, pertanto dicto apostema è ancora chiamato male di costa; e perché in esso viene uno accidente di uno dolore pungitivo per questo è ancora chiamato male di puncta, o vero punctura; e perché molte volte in quelli che sono disposti a tale infirmità si iscruope perdurare qualche superflua fatica alla quale l’uomo non è consueto, dalla quale poi cessando, essendo im-prima riscaldato, per la fatica di poi viene a refreddare per la quiete, e per questa cagione ancora dai vulgari si chiama male di riscaldato e raffrendato < Aegritudines omnium modorum et generum potest pati, maxime tamen patitur apostema quod vocatur pleuresis 24r (6) 70r E questo è aggregatione di humori viscosi, e quali da superflua caldeza si convertano in saxi, di che risurge una infirmità chiamata lytiasis, la quale infirmità vulgarmente si chiama male di pietra < litiasis 21v (7) 118r Se in tucto ‘l cerebro insieme co’ ventriculi, allora genera el morbo chiamato apoplexia, che vulgarmente è dicto el mal caduco < apoplexia 35r Un’analisi più attenta consente di scorgere negli esempi anche un altro aspetto degno di nota: accanto ai 9 Il ricorso a espressioni metalinguisiche si riscontra anche nel De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico: Casapullo Policardo, 2003: 164. Si vedano inoltre Camillo (1991), Palmero (1997: 128) e Sboarina (2000: 149-150). In questo caso è ancor più evidente l’autonomia del volgarizzatore rispetto al testo latino e la sua sicura conoscenza della materia medica, che gli consente di ampliare la trattazione dell’argomento rendendo esplicito 10 Cfr. Serianni (2005: 50) e bibliografia ivi indicata. Si veda inoltre Dardano (1994: 510). Maria Rosaria D’Anzi ciò che è sottinteso nella fonte e facendo quasi sfoggio delle varianti semidotte da lui conosciute. Com’è chiaro, le denominazioni che si susseguono vanno da un minimo a un massimo di tecnicità, e anche questa volta notiamo l’aggiunta di glosse che assumono quasi la forma di schede lessicali, con la finalità di rendere ragione della forma linguistica della variante. La stessa esigenza di esplicitezza e di chiarezza si traduce sul piano testuale in una sintassi molto legata e nel ripetersi di uno schema che facilita il percorso di lettura e segnala la continuità tematica all’interno dell’unità. Nel lungo passo sulla pleura, peraltro, la coesione sintatticotestuale è garantita dalla ripetizione, all’interno delle perifrasi esplicative, di elementi accomunati dalla stessa base lessicale (pleura - pleuresi; coste - male di costa; pungitivo - male di puncta - punctura; riscaldato refreddare - male di riscaldato e rafrendato) ma differenti sul piano semantico grazie alla produttività del sistema di suffissazione. 5. Riferimenti Adams, J. N. (1995). Pelagonius and Latin Veterinary terminology in the roman empire. Leiden/ New York/ Köln: Brill. Altieri Biagi, M. L. (1965). Galileo e la terminologia tecnico-scientifica. Firenze: Olschki. Altieri Biagi, M. L. (1966). Mondino de’ Liucci e il lessico medico. Lingua nostra, 27, pp. 124-27. Altieri Biagi, M. L. (1967). Glossario delle traduzioni quattrocentesche di Mondino de’ Liucci. Lingua nostra, 28, pp. 11-18. Altieri Biagi, M. L. (1970). Guglielmo volgare. Studio sul lessico della medicina medioevale. Bologna: Forni. Aprile, M. (2001a). Giovanni Brancati traduttore di Vegezio. Galatina: Congedo. Aprile, M. (2001b). La lingua della medicina animale. In Le parole della scienza. Scritture tecniche e scientifiche in volgare (secoli XIII-XIV). Atti del Convegno (Lecce, 17-18 aprile 1999). Galatina: Congedo, pp. 49-76. Barbato, M. (2001a). Il Libro VIII del Plinio napoletano di Giovanni Brancati. Napoli: Liguori. Barbato, M. (2001b). Plinio il Vecchio volgarizzato da Landino e da Brancati. In Le parole della scienza. Scritture tecniche e scientifiche in volgare (secoli XIIIXIV). Atti del Convegno (Lecce, 17-18 aprile 1999). Galatina: Congedo, pp. 187-227. Camillo, E. (1991). Voci quotidiane, voci tecniche e toscano nei volgarizzamenti di Plinio e Pietro de’ Crescenzi. Studi di lessicografia italiana, 11, pp. 125151. Casapullo, R. e Policardo, M. R. (2003). Tecniche della divulgazione scientifica nel volgarizzamento mantovano del «De proprietatibus rerum» di Bartolomeo Anglico. Lingua e stile, 38, pp. 139-176. Cassandro, M. (1996). Formazioni prefissali della lingua medica contemporanea. Studi di lessicografia italiana, 13, pp. 295-342. Cortelazzo, M. A. (1994). Lingue speciali. La dimensione verticale. Padova: Unipress. Dardano, M. (1978). La formazione delle parole nell’italiano di oggi. Primi materiali e proposte. Roma: Bulzoni. Dardano, M. (1994). I linguaggi scientifici. In L. Serianni e P. Trifone (a cura di), Storia della lingua italiana, volume III. Scritto e parlato. Torino: Einaudi, pp. 497551. Giorgi, P.P. - Pasini G.F. (1992). Anothomia di Mondino de’ Liuzzi da Bologna. XIV secolo. Bologna: Istituto per la Storia dell’Università. Grossmann, M. e Rainer, F. (2004). La formazione delle parole in italiano. Tübingen: Niemeyer. Gualdo, R. (1996). Il lessico medico del De regimine pregnantium di Michele Savonarola. Firenze: Accademia della Crusca. Gualdo, R. (1999). Sul lessico medico di Michele Savonarola: derivazione, sinonimia, «gerarchie di parole». Studi di lessicografia italiana, 16, pp. 163-251. Gualdo, R. (2001). La lingua della pediatria: il trattato di Paolo Bagellardo Dal Fiume. In Le parole della scienza. Scritture tecniche e scientifiche in volgare (secoli XIII-XIV). Atti del Convegno (Lecce, 17-18 aprile 1999). Galatina: Congedo, pp. 21-48. Ineichen, G. (1962-66). El libro agregà de Serapiom. Volgarizzamento di frater Jacobus Philippus de Padua. Venezia-Roma: Istituto per la collaborazione culturale. Librandi, R. (1995). La Metaura d’Aristotile. Volgarizzamento fiorentino anonimo del XIV secolo. Napoli: Liguori, 2 voll. Mazzini, I. (1989). Introduzione alla terminologia medica. Bologna: Pàtron. Motolese, M. (2004). Lo male rotundo. Il lessico della fisiologia e della patologia nei trattati di peste fra Quattro e Cinquecento. Roma: Aracne. Nystedt, J. (1988). Michele Savonarola, Libreto de tutte le cosse che se magnano; un’opera dietetica del sec. XV. Stockholm: Almqvist & Wiskell International. Palmero, G. (1997). Il lessico del manoscritto inedito genovese «Medicinalia quam plurima». Alcuni esempi. Studi di lessicografia italiana, 14, pp. 123-151. Rohlfs, G. (1966-69). Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Sintassi e formazione delle parole. Torino: Einaudi. Sboarina, F. (2000). Il lessico medico nel Dioscoride di Pietro Andrea Mattioli. Frankfurt am Main: Lang. Scalise, S. (1995). La formazione della parole. In L. Renzi, G. Salvi, A. Cardinaletti (a cura di), Grande grammatica italiana di consultazione, Volume III. Bologna: Il Mulino, pp. 473-516. Serianni, L. (2005). Un treno di sintomi. Milano: Garzanti. Sighinolfi, L. (1930). Mondino de’ Liucci, Anathomia riprodotta da un codice bolognese del sec. XIV e volgarizzata nel sec. XV. Bologna: Cappelli. Tavoni, M. (1992). Il Quattrocento. Bologna: Il Mulino. Tekavčić, P. (1972). Grammatica storica dell’italiano. Bologna: Il Mulino. Tollemache, F. (1978). Formazione delle parole. In Enciclopedia dantesca. Appendice. Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, pp. 448-487.