-L’ ALIMENTAZIONE DEI POVERI -L’ ALIMENTAZIONE DELLE DONNE -LA DIETA MEDITERRANEA -I PRODOTTI DELLE AMERICHE -L’ EVOLVERSI DEI RICETTARI IN ITALIA -LA PASTA IN ITALIA -L’ ALIMENTAZIONE IN EUROPA -LE SPECIALITA’ REGIONALI -LA CARNE SALATA L’ ALIMENTAZIONE DEI POVERI L’alimentazione dei più poveri era scarsa. Nelle zone depresse d’Europa, in Irlanda, Spagna, Italia, Bulgaria e Russia l’alimentazione di base consisteva in una minestra di granturco, o di pane di segale e di verdura (patate, cavoli, fagioli e cipolle), acqua, tè o caffè, qualche bevanda alcolica, a seconda della località; la carne era un cibo assai raro. Le abitudini alimentari erano strettamente legate a ciò che si poteva coltivare localmente. Nella regione mediterranea, per esempio, si tendeva a coltivare il grano più che la segale e la frutta era molto più abbondante che non nell’Europa settentrionale. Un tipico pasto di un contadino del XVII secolo consisteva in pane, cipolle e zuppa di fagioli. Da bere acqua e raramente vino. L’ ALIMENTAZIONE DELLE DONNE Fra il XIV e il XVIII secolo, secondo Edward Sborter, le donne avrebbero accusato un abbassamento della statura in corrispondenza del "peggioramento delle condizioni economiche dell'Europa" e una conseguente "diminuzione di cibo". A partire dalla fine del Settecento si sarebbe invece avuta una inversione di tendenza alimentare che non avrebbe influito soltanto sulla costituzione fisica ma anche sul menarca, con una drastica caduta cioè dell'età della pubertà: da 10 a 14 anni: analogamente una certa incidenza si sarebbe avuta forse anche sullo spostamento in avanti dell'età del climaterio. Una migliore alimentazione avrebbe in pratica comportato una dilatazione del periodo fertile che comunque avrebbe segnato ancora notevoli differenze fra donne di campagna e donne di città. Le donne (le giovani nubili e le spose) mangiavano in piedi, in cucina, in un angolo sul tagliere, sulla cassa della legna con il piatto in mano, o sedute per terra e senza posate, esclusivo appannaggio dei maschi, e spesso mangiavano quello che rimaneva, da sole. Se l'osservazione chiamava in causa la donna e il suo nutrimento biologico, l'attenzione non era però rivolta alla donna in quanto individuo sociale dotato di diritti, ma in quanto soggetto su cui ricadeva l'onere di generare figli. Possibilmente sani. LA DIETA MEDITERRANEA I popoli che si affacciano sul bacino mediterraneo, in particolare l'Italia, hanno un'innata "fortuna alimentare" poiché possono usufruire della dieta mediterranea la quale presuppone un regime basato su un basso rapporto di acidi grassi saturi inferiori al 78% dell'energia totale introdotta e un elevato rapporto di sostanze antiossidanti. L'origine di tale dieta risale al XVII secolo quando Giacomo Castelitro, rifugiatosi in Inghilterra perché perseguitato dalla Santa Inquisizione, pubblicò un testo che discrimina gli elementi salienti dell'alimentazione italiana ricca di frutta e verdura. I PRODOTTI DELLE AMERICHE: IL MAIS Il mais era il cereale su cui si fondava l’alimentazione delle popolazioni centroamericane. Questa pianta era ignota agli Europei. Fu portato in Spagna da Colombo, ma solo verso la fine del Cinquecento fu trapiantata nelle campagne. Si trattava di un cereale coltivato su larga scala con la cui farina le popolazioni Amerinde preparavano cibi simili a quelli europei, come il pane e le polente. Poiché il mais dava una lataresa e non necessitava di molte cure, tra il XVI e il XVII secolo, divenne alimento di base dei contadini, soprattutto nell’Italia settentrionale. LA PATATA Forse la novità più importante nel regime alimentare europeo all’epoca della rivoluzione industriale fu l’introduzione della patata. Quest’ultima è un tubero originario della sola America meridionale, in particolare dell’ altopiano colombiano e della cordigliera delle Ande: qui era coltivata insieme al mais, alle altitudini più basse. La patata fu scoperta da un soldato spagnolo nel 1518, ma si affermò in Europa solo nel corso del Settecento. Inizialmente,infatti, fu giudicato un cibo malsano e poco nutriente. In Francia, ad eccezione delle zone collinari meridionali dove il clima non era favorevole alle colture, si diffuse in tutte le regioni e in Germania, nell’1815,era già ampiamente coltivata. IL CACAO Una delle prime piante commestibili a essere conosciuta fu il cacao. In Europa il cacao e la cioccolata suscitarono moltissima curiosità: si aprirono discussioni e si scrissero addirittura libri sull’argomento. Furono gli spagnoli ad introdurre l’uso del cacao nel nostro continente. All’inizio, dato il suo alto costo, la cioccolata era una bevanda aristocratica e riservata ai soli sovrani. Solo nel Seicento, quando calò il prezzo, si diffuse anche tra la borghesia. IL POMODORO La coltivazione della pianta del pomodoro era diffusa già in epoca precolombiana in Messico e Perù, fu poi introdotta in Europa dagli Spagnoli nel XVI secolo, ma non come ortaggio commestibile, bensì come pianta ornamentale, ritenuta addirittura velenosa per il suo alto contenuto di solanina, sostanza considerata a quell’epoca dannosa per l’uomo. Le prime sporadiche segnalazioni di impiego del suo frutto come alimento commestibile, fresco o spremuto e bollito per farne un sugo, si registrano in varie regioni dell’Europa meridionale del XVII secolo. Soltanto alla fine del Settecento la coltivazione a scopo alimentare del pomodoro conobbe un forte impulso in Europa, principalmente in Francia e nell’Italia meridionale. IL CAFFE’ Il caffè è originario dell’Etiopia e venne importato dall’Arabia nel XII-XIV secolo, dove fu coltivato su larga scala e dove presumibilmente venne inventata la tecnica per consumarlo informa di bevanda, mediante la preparazione di un decotto con i suoi semi torrefatti. Questo divenne ben presto alla portata di tutte le tasche,al contrario del cacao, che rimase ancora fino al Novecento un alimento di lusso. Il caffè può essere considerato sia alimento, sia droga. Infatti il suo contenuto calorico è abbastanza ridotto(di certo inferiore a quello del cacao), mentre gli effetti come eccitanti sono significativi. Il caffè, inizialmente preparato da venditori ambulanti, inseguito, sull’esempio sei primi locali parigini, veniva servito in rivendite specifiche,da allora chiamato “caffè”, in cui il consumo del prodotto diventava pretesto per incontri e chiacchiere. L’ EVOLVERSI DEI RICETTARI IN ITALIA Nel corso del XVII e XVIII secolo, con la scomparsa delle signorie e delle corti, la cucina italiana perde la sua importanza e la sua fama; l'epoca dei ricettari nazionali sembra terminata. Il progetto di dar vita a una sintesi della cucina italiana lascia il posto a una progressiva accentuazione delle diversità regionali. Ovviamente tali diversità costituivano anche prima un elemento visibile del panorama gastronomico della penisola; ciò che cambia è che i ricettari enfatizzano questo punto di vista, collocandosi sul piano geografico in modo assai più netto di quanto non avvenisse nei testi medievali e rinascimentali. Questo cambiamento di prospettiva emerge soprattutto nella trattatistica di produzione napoletana, attraverso la quale, per la prima volta, si definisce un quadro compiuto del patrimonio gastronomico del Sud. Autori come Giovan Battista Crisci, che nel 1634 pubblica a Napoli un’ampia raccolta di menù per i vari periodi dell'anno,o Antonio Latini,anch’esso a Napoli nel 1692-94,sono particolarmente attenti a comunicare la loro "appartenenza"culturale e territoriale. LA PASTA IN ITALIA Il clima caldo e secco di alcune regioni italiane del meridione (Puglia e Sicilia in particolare) ha consentito di selezionare il frumento duro come culture tipiche delle zone. Il frumento duro per la sua composizione chimica ed, in particolare, per la presenza di proteine che costituiscono il glutine e lo caratterizzano per le sue proprietà di tenacità e elasticità, risulta essere la materia prima ideale per produrre pasta alimentare secca che resiste alla cottura e di qualità organolettiche collegate al colore, gusto e consistenza alla masticazione. In Italia le paste come prodotto artigianale ha avuto origini nel 1700 a Napoli. Il clima del sud Italia e di Napoli in particolare con le sue caratteristiche di calore, ventilazioni ed umidità consentiva l'essiccamento naturale delle paste favorendo le nascite delle paste che furono commercializzate in tutto il mondo. All’ essiccamento della pasta in modo solare, seguì, ai primi del '900l'essiccamento artigianale in ambienti chiusi(essiccati). Si avviò, così, l'industrializzazione della produzione di paste alimentari con tecniche sempre più automatizzate e sofisticate che ne garantiscono l'elevata qualità. L’ ALIMENTAZIONE IN EUROPA Nel Seicento e nel Settecento, oltre che in campo culturale e artistico, anche in campo gastronomico, si ebbe una forte influenza da parte della Francia, all’ epoca una delle nazioni più potenti dell’ epoca, con al trono Luigi XIV. La geografia gastronomica dell'Europa è già ben delineata; la gastronomia francese, compresa tra le arti, suscita l'interesse di pittori e letterati e acquista il predominio europeo anche grazie a un personaggio di spicco. Si tratta di MarieAntoine Carême, nato poverissimo e impiegato da ragazzo come garzone di trattoria, presto assurto, tra Direttorio e Restaurazione, a genio dei fornelli, valorizzato dal suo talento naturale e da appassionati studi di lettere e architettura. Con Carême la gastronomia, diventata arte, si colloca tra i prodotti del pensiero: esige l’ opera dei professionisti e stimola il dibattito teorico degli intellettuali, che si cimentano a cogliere l’ armonia tra gusto, vista e olfatto. Gli Impressioni dibattono sui piatti della tradizione regionale portati a nuova dignità dei ceti borghesi. Alessandro Dumas padre si cimenta con l'autorità della sua fantasia nell'alta cucina. L'Inghilterra, che vanta pochi ghiottoni tra cui Enrico VIII, rimase condizionata dal disprezzo dei Puritani per le ricercatezze della tavola,aggiudicandosi l'esiguo merito del roast-beef e del breakfast. Nella lontana Russia i numerosi e ricchi piatti della tradizione facevano talvolta posto alla moda francese, ma senza alcun tentativo di invenzione. Venezia questa moda la ideò grazie ai prodotti locali che stupirono tutta Italia. LE SPECIALITA’ REGIONALI La Lucerna di Crisci è il primo vero repertorio di prodotti e specialità del Centro-Sud. Non tanto Napoli, riferimento "simbolico" anche per gli autori del Nord, quanto una miriade di città, cittadine e centri agricoli sparsi nel territorio sono i luoghi cruciali di un'immagine gastronomica decisamente nuova. Dall'Abruzzo alla Puglia, dalla Campania alla Basilicata alla Calabria - e arrivando come sempre alla Sicilia - la geografia dei prodotti si concentra soprattutto sui formaggi e sui frutti, non senza toccare il prosciutto abruzzese, la sopprassata e i salsiccioni di Nola, il "filetto di Giugliano guarnito con moscardini", il "filetto di vitella di Sorrento“. I maccheroni possono essere siciliani (o più precisamente di Palermo)o pugliesi; le olive sono di Gaeta e di Maranola, di Caserta e del Cilento, la lattuga è di Avellino e i meloni di Aversa. Tra i luoghi rinomati per la frutta si segnalano Amalfi (pesche), Arienzo (ciliegie rosse, mele,pesche, albicocche),Capodichino (prugne rosse), Capodimonte(pesche, visciole). Ampia la tipologia dei formaggi freschi e conservati: mozzarelle di Aversa, di Capua ("fresche stufate"),di Cerreto;caciocavallo di Basilicata e di Sicilia; ricotta salata di Capua, ricotta "di capra" di Pozzuoli e del Vallo di Potenza, "ricotte di raschi"calabresi; provole del Garigliano, di Capua, di Eboli; "caci" d'Abruzzo e di Puglia. LA CARNE SALATA Piatto antichissimo, risalente all’incirca al 1700, caratteristico della Valle del Sarca, che permette di mantenere la conservazione della carne. La"carne salada" è andata diffondendosi un po' dovunque nella provincia di Trento, incontrando l' incondizionato consenso dei consumatori. Un tempo venivano utilizzati degli appositi torchietti, molto ricercati oggi come mobili ornamentali. In una versione casalinga,comunque, potremo usare un recipiente di terracotta, capace e dalla bocca larga, chiamato in dialetto "pitàr".