IL NOVECENTO E I RICETTARI FEMMINILI
Scritto da Damiano Savin
Fino alla fine dell’Ottocento i ricettari, come si è visto, sono per lo più di competenza maschile.
È con l’inizio del Novecento che prendono avvio quelli scritti da donne. La prima è Giulia
Ferraris Tamburini che, con l’editore milanese Hoepli, presenta nel 1900, Come posso
mangiare bene? Tanto per dare un’idea di quello che propone si possono citare il pasticcio di
piccione, il pavoncello cotto allo spiedo intartufato e il manzo in salsa di lepre.
La casa editrice Sonzogno, sempre di Milano, è la più prolifica nel settore. Nel 1906 dà alle
stampe la serie Le 100 maniere di al prezzo di 50 centesimi.
Le raccolte sono monotematiche e contengono solo piatti di cui vengono elencati
esclusivamente gli ingredienti, senza le dosi e il metodo di cottura, senza i tempi e senza alcuna
illustrazione. Ad aprire la collana Le 100 maniere di è: Come si cucinano i legumi, seguono
Come si cucina il manzo, poi le uova, le salse, le minestre, le zuppe, ecc., fino ad arrivare ai
liquori e alle conserve. L’ultimo, sulle vivande di magro, è del 1934, ed è la riedizione di un
opuscolo uscito per la prima volta nel 1906.
Anche l’editrice fiorentina Salani pubblica manualetti molto simili, alla modicissima cifra di 15
centesimi. Il re dei cuochi, ad esempio, dopo la prima uscita del 1886, viene riedito fino al 1917,
14 volte. Inutile dire che questo genere rientra in quel filone che voleva essere di formazione
delle donne, verso la cura della casa e della famiglia. Questi ricettari conquistano fasce di
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pubblico sempre più numeroso e il loro successo è ribadito dalle continue ristampe, pubblicate
solo con piccole varianti, fino agli anni trenta.
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