L’OLOCAUSTO DEI ROM E SINTI PAGINE DI STORIA NEGATA E DIMENTICATA I.P.S.C. “L. Einaudi” di SORA Dir. Scol. Prof. Vinicio Del Castello Quest’anno, in occasione della “Giornata della memoria”, il nostro Istituto, aderendo al progetto della provincia di Frosinone “Educhiamoci alla legalità e alla solidarietà”, ha scelto di indagare un aspetto poco noto della Shoah: l’olocausto dei Sinti e Rom consumato nei campi di sterminio nazisti. Lo sterminio degli zingari è rimasto a lungo una pagina di storia negata e dimenticata, frutto di ignoranza, odio e pregiudizio, che continua a tener segregati i loro discendenti nelle terre di nessuno delle nostre periferie. Nella città di Sora si è scelto di aiutare la comunità Rom a percorrere il difficile viaggio di integrazione, che inizialmente ha avuto un esito deludente, ma poi con il passare del tempo e con il rinnovo generazionale si è concretizzato. Ad esempio, un giovane rom ha frequentato il nostro Istituto conseguendo il diploma di tecnico dei Servizi Commerciali. Gli alunni della classe 4°B dei Servizi Commerciali, coordinati dai docenti Ferdinando Scenna, Elisa Framondi, Marcella Paniccia e Barbara Parravano, hanno effettuate ricerche approfondite sul Porrajmos dei Rom e, con la consulenza del dott. Rocco Alonzi (responsabile dell’uff. famiglia del Comune di Sora), sulla comunità presente a Sora. PORRAJMOS, in romanès la lingua dei rom, si traduce con “annientamento, distruzione, divoramento” degli zingari durante la seconda guerra mondiale. Segnati da un triangolo marrone e dal tatuaggio di una “Z” (zigeuner), gli zingari furono chiusi nei campi di concentramento, usati come cavie e sterminati come gli ebrei per non inquinare la razza ariana. Stime attendibili indicano 500.000 morti, benché il carattere nomade di quel popolo abbia reso difficile quantificare il genocidio. IL senatore Livio Togni (di etnia Sinta) ha presentato una proposta di legge perché “La Giornata della memoria”, che ricorda lo sterminio del popolo ebraico e degli oppositori del regime nazi-fascista, inserisca tra le vittime anche i Rom, Sinti, omosessuali, testimoni di Geova e disabili. Una proposta per ristabilire la verità storica, tenere desta la memoria e contribuire al superamento delle varie forme di discriminazione ancora oggi presenti nella nostra società. esci Sono un popolo originario dell'India nord-occidentale. La loro lingua è molto simile al sanscrito. Il loro vero nome è ROM. Si distinguono in: Sinti, zingari nomadi del centro Europa ed Italia settentrionale (giostrai, allevatori di cavalli, cestai, che si dedicano anche allo spettacolo). Sono suddivisi in sottogruppi a seconda delle zone nelle quali migrano prevalentemente: Estrekaria, Havati, Krassaria, ecc. Rom, che nella loro lingua significa "uomo". Sono suddivisi in Rom Kalderasha (calderai e doratori), Rom Laudari (musicisti dell'Ungheria), Rom Khorakhané (mussulmani), Rom Kovacs (fabbri dell'Ungheria), Rom Rudari (intagliatori di legno originari dalla Romania, Rom sedentarizzati designati secondo i luoghi di residenza. Il termine con cui gli Zingari identificano i sedentari è gagio (femminile gagi, plurale gagé). I nomadi si chiamano Zingari (italiano), Zigeuner (tedesco), Zigenar (svedese), Cingan (francese antico), Tsigane (francese moderno). IL termine inglese è Gypsies. Il termine Bohemiens deriva invece dalla loro presunta origine boema. Il loro segreto sta nel godere ogni giorno le piccole cose che la vita gli offre e che gli altri uomini non sanno apprezzare:una mattina di sole, un bagno nella sorgente, lo sguardo di qualcuno che li ama. É difficile capire queste cose, Zingari si nasce. A loro piace camminare sotto le stelle, la loro è una vita semplice, primitiva. Gli basta avere per tetto il cielo. Un fuoco per scaldarsi e le loro canzoni quando sono tristi. Non a caso nella loro bandiera è raffigurata una ruota Sono vecchio e affaticato ma non posso restare. Gli zingari si fermano solo per morire, perchè la strada è la loro vita. Sulla strada veniamo al mondo, lungo le strade viviamo, in fondo ad una strada ci prende la morte. Così è la nostra vita siamo poveri ma felici. La nostra ricchezza è lo star seduti attorno ad un fuoco ad ascoltare il violino che suona. Se per storia s'intende l'aver inciso profondamente nello sviluppo e nelle trasformazioni delle società, si potrebbe quasi dire che essi non hanno storia. Se per storia si intende invece presenza e continuità, essi hanno una lunga storia. Verso l'anno 1000 Gli zingari lasciano l'India e si stabiliscono in Persia e nel Medio Oriente; Verso il 1400 Si insediano in villaggi nella penisola balcanica dove vengono dichiarati schiavi. Una parte di essi rimane tale fino al 1856 (Rom Bovara e Kalderasha), gli altri si spostano verso ovest. Nei primi decenni del 1400 compaiono gli zingari in quasi tutti i paesi europei. Il 1417 è considerato storicamente l'anno del loro arrivo in Europa. Fino al 1700 Gli zingari sono avversati dalla Chiesa (molti pregiudizi sono di natura mistica religiosa), dalle corporazioni (che temono la concorrenza delle attività artigianali) e dagli stati (che promulgano molti bandi contro gli zingari, come per esempio l'espulsione dalla Spagna nel 1492). 1700 - 1900 Il sorgere degli stati nazionali e l'aumentata organizzazione delle società porta a una diminuzione della tolleranza verso le minoranze etniche. Vi è un incremento della marginalizzazione con apposite leggi antirom, oppure si tenta di integrarli forzatamente, come nel caso dell'Austria, sotto l'imperatrice Maria-Teresa che intendeva trasformare i nomadi in "buoni austriaci". 1900 Regime nazifascista Odio razziale, persecuzione, olocausto. In Europa, secondo le ultime stime, vivono circa 5 milioni di rom, ma la vita nomade e i frequenti spostamenti da uno Stato all’altro rendono particolarmente difficoltoso un censimento attendibile. Paese Albania Francia Germania Italia Regno Unito Russia Spagna Numero minimo Numero massimo 90.000 280.000 110.000 90.000 90.000 220.000 650.000 100.000 340.000 130.000 110.000 120.000 400.000 800.000 La famiglia costituisce per i rom e i sinti l' elemento fondamentale della loro vita sociale. Il vincolo con la famiglia e con il clan a cui appartengono è molto forte perchè sono queste istituzioni che garantiscono la protezione e la sicurezza. La preoccupazione di allevare, sfamare e proteggere la famiglia è molto sentita: la cura per i bambini occupa molto tempo. Gli anziani vengono tenuti in grande considerazione e rappresentano il punto di riferimento per tutta la famiglia. Le donne sono sottomesse agli uomini anche se molto spesso sono proprio loro che si occupano della cura della famiglia e si danno da fare per trovare i soldi con i quali mantenere tutti i componenti della stessa. Sono loro che vanno in giro a chiedere la carità, a leggere le mani, a vendere fiori o altri oggetti di artigianato. Spesso anche il matrimonio non è una libera scelta della donna. L'origine della lingua dei sinti e dei rom è da ricercare in India; gli studiosi hanno dimostrato che deriva dal sanscrito, la lingua letteraria dell'India antica, ancor oggi usata nelle cerimonie religiose più importanti. Nel corso dei secoli, la lingua è stata influenzata da parte delle civiltà con le quali gli zingari vennero in contatto nel loro peregrinare e ciò ha consentito di ricostruire le tappe dei loro spostamenti fino al loro arrivo in Europa. I sinti e rom sono entrati in contatto con la lingua iraniana, l'armeno, le lingue slave, l'albanese, l'ungherese, il rumeno, il greco..... frammentandosi così in diversi dialetti che conservano però un fondo comune. Non esiste una grammatica della lingua dei sinti e dei rom. Alcune parole: Padre: dad Strada: drom Madre: daj Fratello: pral Nonno: papù Nipote: nispiò Figlio: ciavò Anche nella religione, vi sono differenze tra i diversi gruppi di zingari: alcuni sono musulmani, altri cristiani ortodossi, altri cattolici o luterani. I rom e sinti hanno comunque conservato alcuni elementi comuni, di origine indiana, pur avendo, in parte, accettato la fede dei popoli presso i quali sono vissuti. È comune a tutti gli zingari la credenza negli spiriti dei morti e la fede nel Destino (fortuna). Ci sono poi alcuni "santi" comuni ai rom, ai cristiani e ai musulmani; questi santi, di origine indiana, sono in particolare: Bibi (o Sara) la Nera e San Giorgio. Quella di San Giorgio è la festa di primavera. In onore di San Giorgio viene sacrificato un agnello e parte delle carni vengono appese ad un albero, affinché gli spiriti buoni (le fate) se ne cibino e continuino ad essere benevole. I rom ciociari e abruzzesi hanno scelto come loro patrona Santa Anatolia e ogni anno il 9 e 10 luglio compiono un pellegrinaggio a Gerano, frazione di S. Vito Romano. Ascoltando i racconti dei vecchi zingari si sente spesso parlare di esseri demoniaci (Nivasha, Phuvasha...), di streghe, di spiriti dei morti (Cohane), o di spiriti benigni. Anche loro, come gli induisti e i buddisti, credono nella metempsicosi, credono cioè che l'anima di un essere umano nel momento della morte si trasferisca o in un oggetto, o in un animale, o in un uomo; ne deriva un mondo pieno di spiriti che possono essere, come tutte le cose, o puri o impuri. Per i rom ed i sinti la differenza tra puro ed impuro è identica a quella fra vita e morte: puro è il sole, il latte, la salute, la testa,.....; impuri sono i piedi, la malattia, la sporcizia, le tenebre ... Legata a questo ritorno degli spiriti e a questa alternanza tra puro e impuro è la concezione del tempo, ed in particolare, della ruota della fortuna. L'idea di fortuna è strettamente legata a quella di destino. L'universo è guidato dal destino e tutto avviene secondo le leggi fissate dal destino. Questo spiega un certo fatalismo presente nella cultura zingara. Per molti secoli i sinti e i rom hanno esercitato dei lavori che erano in accordo con il tipo di vita nomade che facevano. I diversi gruppi di zingari si sono specializzati in lavori diversi e queste professioni sono state tramandate dai padri ai figli. E' per questo che alcuni gruppi di zingari portano ancora oggi un nome che proviene proprio dal lavoro che faceva il gruppo. Altre professioni esercitate dagli zingari sono: - il commercio di oggetti di artigianato; - lo spettacolo ambulante; esistono ancora alcuni piccoli circhi gestiti da zingari ed alcuni sinti lavorano ancora nelle giostre e nei Luna Park, - la chiromanzia, - il lavoro saltuario in agricoltura. Molti di questi lavori offrono però ben poca possibilità di guadagno nella nostra società dei consumi, pochi si fermano ad ascoltare dei musicisti ambulanti, pochi commerciano in cavalli, il circo non è più un' attrattiva. Rimangono così poche possibilità di lavoro per gli zingari anche perchè, fino ad oggi, hanno frequentato poco le scuole e dunque è per loro particolarmente difficile trovare una nuova occupazione. La sensibilità degli zingari per la musica è proverbiale. E' facile trovare nei loro accampamenti degli strumenti musicali, soprattutto violini, cimbali, chitarre. Quasi mai questi musicanti conoscono le note musicali ed i trattati sull'armonia: più che compositori sono dei bravi arrangiatori della musica popolare. Per molti secoli i sinti ed i rom non hanno conosciuto la scuola. Imparavano vivendo in famiglia e nel clan. In questo modo apprendevano tutto ciò che era utile ed importante per sopravvivere. I giovani conoscevano la storia del loro popolo e la loro cultura attraverso i racconti dei vecchi che la tramandavano oralmente. Questo modo di apprendere è entrato in crisi negli ultimi tempi con l’avvento di una società tecnologica che ha imposto nuovi modelli economici e culturali. esci Gli zingari, nella canzonetta, sono entrati con tutto il bagaglio di pregiudizi e stereotipi della tradizione popolare italiana. Nei primi testi si parlava di zingare ammaliatrici, che leggevano il destino e intravedevano il futuro di amori infelici o incompresi. Nun c'è bisogno ‘a zingara p'andivinà·, Cuncè'... Comme t'ha fatto mámmeta,’o ssaccio meglio ‘e te!... (Non c'è bisogno di una zingara per indovinare, Concetta, come ti ha fatto mamma, lo so meglio di te!). A Sanremo nel 1969,così cantava Iva Zanicchi … "Prendi questa mano, Dimmi se ricambia zingara, parte del mio amore, dimmi pure che destino avrò, devi dirlo parla del mio amore, questo tocca a te. io non ho paura Ma se e' scritto che perché lo perderò, lo so come neve al sole che ormai si scioglierà non m'appartiene. un amore." Guarda nei miei occhi, zingara vedi l'oro dei capelli suoi. E’ dello stesso anno la canzone di Enzo Jannacci che, allontanandosi dalle tematiche tradizionalidi, fa riflettere sulla vita, sulla sensibilità e sulla cultura degli zingari. Fu quando gli zingari arrivarono al mare che la gente li vide, che la gente li vide come si presentano loro, loro, loro gli zingari, come un gruppo cencioso, così disuguale e negli occhi, negli occhi, impossibile, impossibile poterli guardare. E allora gli zingari guardarono il mare e resistettero muti perché subito intesero che lì non c'era niente, niente da dover capire, niente da stare a parlare, niente da stare a parlare c'era solo da stare, fermarsi e ascoltare. SÌ perché il vecchio, proprio lui, il mare, parlò a quella gente ridotta, sfinita, parlò ma non disse di stragi, di morti, di incendi, di guerra, d'amore, di bene e di male, non disse lui li ringraziò solo tutti di quel loro muto guardare. E allora lui il vecchio, sì proprio lui, il mare parlò a quella gente bizzarra, svilita e diede al suo corpo un colore anormale di un rosso tremendo, qualcuno a star male, qualcuno a star male questo fu quando gli zingari arrivarono al mare. Altri cantautori seguirono la stessa direzione: “Zingaro”divenne il paradigma di libertà, spontaneità, autonomia, anticonformismo, critica sociale. Umberto Tozzi Zingaro (1978) Zingaro voglio vivere come te / andare dove mi pare non come me e quando trovi uno spiazzo nella città / montare la giostra e il disco di un anno fa. Zingaro senti l'ossido di che sa / attento a non ammalarti di civiltà tua moglie col parrucchiere e' quel che vuoi / la scuola ti prende i figli e non son più tuoi. Zingaro dente d'oro dell'Ungheria / un piatto dei tuoi fagioli che vuoi che sia la notte io dormo al fuoco se tocca a me / ma zingaro voglio vivere come te. Abito là ma vengo via / costa un'enormità e poi non c'e' più poesia lei su di me pesa di più /di tutta la neve che negli anni avrai visto tu. Zingaro voglio vivere come te / oh zingaro voglio vivere come te Zingaro quel seno al lunapark / e quello era il tirassegno degli occhi miei mia madre diceva zingaro finirai / e adesso che sono zingaro e ha vinto lei. Sento che va sento che va / delle frittelle il fumo ecco la libertà. Vento che va vento che va / non sono una Ferrari eppure sento che amico mio amico dio / dimmi la verità il pazzo sono io che amo di più che ho i nervi giù. Zingaro voglio vivere come te /oh zingaro voglio vivere come te Lucio Dalla Zingaro (2001) Quante notti da ragazzo / m'addormentavo sopra al tetto e sognavo di andare / m'arrampicavo a dorso nudo sui cornicioni del collegio / per sentire il vento un pensiero come un tarlo la mia mente divorava / città e immagini passavano furbo e bugiardo fin da bambino / non dormivo la notte / per aspettare il mattino Andare senza meta e vagare / per i paesi e le città sognare ad occhi aperti anche per ore / così incontrai la musica per non lasciarla mai / e questa sì che é libertà Quanti volti scoloriti / quanti giorni spettinati vivo così senza rimpianti / angeli e demoni nascosti tra le note / da usare come un Dio / indifferentemente quante notti ho rubato per le strade e tra la gente / illusioni e sofferenze vento nel vento / voglio essere io / senza confini e pareti Andare senza meta e vagare / per i paesi e le città amare quello che ti porta il cuore / partire e poi tornare e non fermarsi mai / andare fino al cielo e ritornare É il gioco dell'amore non finirà mai / andare fino in fondo con amore e vivere felici anche il dolore che ti dà Francesco De Gregori Due zingari (1978) Ecco stasera mi piace così /con queste stelle appiccicate al cielo la lama del coltello nascosta nello stivale / e il tuo sorriso trentadue perle così disse il ragazzo nella mia vita non ho mai avuto fame e non ricordo sete di acqua o di vino ho sempre corso libero, felice come un cane. Tra la campagna e la periferia e chissà da dove venivano i miei dalla Sicilia o dall'Ungheria avevano occhi veloci come il vento leggevano la musica leggevano la musica nel firmamento Rispose la ragazza ho tredici anni / trentadue perle nella notte e se potessi ti sposerei per avere dei figli / con le scarpe rotte girerebbero questa ed altre città questa ed altre città a costruire giostre e a vagabondare ma adesso è tardi anche per chiacchierare. E due zingari stavano appoggiati alla notte forse mano nella mano e si tenevano negli occhi aspettavano il sole del giorno dopo / senza guardare niente sull'autostrada accanto al campo / le macchine passano velocemente e gli autotreni mangiano chilometri / sicuramente vanno molto lontano gli autisti si fermano e poi ripartono / dicono c'è nebbia, bisogna andare piano si lasciano dietro un sogno metropolitano. Francesco De Gregori Prendi questa mano, zingara (1996) Prendi questa mano, zingara dimmi pure che futuro avrò. Ora che il vento porta in giro le foglie e la pioggia fa fumare i falò. E c'É uno che dice Guarda! Uno che dice Dove?, uno che dice Chissà. E c'É acqua che É ferma, acqua che si muove, acqua che se ne va. Prendi questa mano zingara, leggila fin che vuoi. Leggila fino all'ultimo, leggila come puoi. Prendi questa mano zingara, dimmi ancora quanta vita ci va. Di quanti anni sarà fatto il tempo, e il tempo cosa sembrerà. Saranno macchine o fili d'erba? Saranno numeri da ricordare. Saranno barche da ridipingere, saranno alberi da piantare. Prendi questa mano, zingara. Raccontami il buio com'è. La notte É lunga da attraversare, fammi spazio vicino a te. I tuoi occhi risplendono nel buio. La tua bocca e le tue dita parlano. Il tuo anello rovesciato si illumina. Alla luce dell'insegna dell'albergo di fronte i tuoi denti e la tua schiena brillano mentre i tuoi sensi scintillano, nell'oscurità. Prendi questa mano, zingara. Fammi posto vicino a te. La notte É lunga da attraversare, fammi posto vicino a te. I tuoi occhi sorridono nell'ombra le tue carte si aprono le nostre mani si mischiano. E il presente e l'infinito nel buio si confondono, mentre i tuoi sensi rispondono, nell'immensità. "A forza di essere vento" Il cuore rallenta la testa cammina in quel pozzo di piscio e cemento a quel campo strappato dal vento a forza di essere vento porto il nome di tutti i battesimi ogni nome il sigillo di un lasciapassare per un guado una terra una nuvola un canto un diamante nascosto nel pane per un solo dolcissimo umore del sangue per la stessa ragione del viaggio viaggiare Il cuore rallenta e la testa cammina in un buio di giostre in disuso qualche rom si è fermato italiano come un rame a imbrunire su un muro saper leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura nei sentieri costretti in un palmo di mano i segreti che fanno paura finchè un uomo ti incontra e non si riconosce e ogni terra si accende e si arrende la pace i figli cadevano dal calendario Yugoslavia Polonia Ungheria i soldati prendevano tutti e tutti buttavano via e poi Mirka a San Giorgio di maggio tra le fiamme dei fiori a ridere a bere e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi e dagli occhi cadere ora alzatevi spose bambine che è venuto il tempo di andare con le vene celesti dei polsi anche oggi si va a caritare e se questo vuol dire rubare questo filo di pane tra miseria e sfortuna allo specchio di questa kampina ai miei occhi limpidi come un addio lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca il punto di vista di Dio Cvava sero po tute - Poserò la testa sulla tua spalla i kerava - e farò jek sano ot mori - un sogno di mare i taha jek jak kon kasta - e domani un fuoco di legna vasu ti baro nebo - perché l'aria azzurra avi ker - diventi casa kon ovla so mutavia - chi sarà a raccontare kon ovla - chi sarà ovla kon ascovi - sarà chi rimane me gava palan ladi - io seguirò questo migrare” esci SOLDATI TEDESCHI CHE BALLANO CON EBREI E ROM …MA SONO SOLO IMMAGINI DI UN FILM … SE VERE, LA STORIA AVREBBE AVUTO SICURAMENTE UN CORSO DIVERSO …e i vagoni merci diretti ai lager, trasportarono insieme ebrei, rom e sinti verso lo stesso tragico destino. Silenzio, desolazione, oscura notte il cielo è cupo, pesante di silenzio! Aleggia nell’aria la nenia della morte Faccia da queste pietre, grigie pietre incavata occhi oscurati da ogni rovina, dalle cornici infrante, labbra fredde; esala disperazione di sangue e lacrime. Il mio spirito s’impiglia nel filo silenzio. spinato Cuore e la mia anima s’aggrappa alle sbarre, strappato senza fiato, prigioniera in casa nemica! senza parole, Chi sono? Nessuno! Tu chi sei? nessun pianto Nessuno! Voi Sinti chi siete? Nessuno! Olocausto dimenticato. Solo ombre,nebbia! Nebbia che per abitudine è rimasta prigioniera della più grande infamia della storia dell’uomo! Iniziarono così le grandi deportazioni di massa: Dachau, Mathausen, Auscwitz-Bikenau, Buchenwald, Terezin… Gli zingari portavano il triangolo marrone che indicava la loro razza, e sul corpo veniva tatuata la lettera “Z”. Ad Auschwitz esisteva un ghetto nel ghetto, riservato proprio ai rom e ai sinti: erano baracche chiamate Zigeneurlager, proprio per marcare la divisione dagli altri internati. Tale generoso privilegio serviva perché i bimbi Rom e Sinti dovevano fare da cavie umane per il dottor Mengele, il dottore della morte. Anche Eva Justine, altra famosa dottoressa, si interessava soprattutto di ricerche sui bambini rom, la sua attività preferita era la sterilizzazione delle bimbe Rom e Sinte di 14 anni, per evitare la nascita di nuovi “ bastardi asociali”. Il campo per famiglie zingare di Auschwitz-Birkenau era stato aperto tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo del 1943; circondato da filo spinato ad alta tensione, comprendeva trentadue baracche, due blocchi destinati a cucina e quattro edifici in muratura con i bagni e le latrine. Fra il 1943 e il 1944 accolse 21.000 deportati, uomini donne e bambini. Circa 2.000 zingari, sospettati di avere contratto il tifo petecchiale, non vennero mai registrati e, subito dopo il loro arrivo, finirono nella camere a gas. Al loro arrivo gli zingari non venivano sottoposti a selezione, come accadeva agli ebrei, ma subito destinati alle loro baracche, con il necessario per i bisogni quotidiani, erano rasati a zero e registrati con l’assegnazione di un numero di serie preceduto dalla lettera Z, che stava per Zingeuner (zingaro). IL campo BIIe, voluto da Himmler, responsabile della “questione zingara nel Reich, era destinato esclusivamente agli zingari. La testimonianza più preziosa, in tempi di revisionismi e negazioni della storia, risulta quella di Höss, comandante di Auschwitz, che racconta della visita di Himmler al campo. "Gli mostrai il campo degli zingari. Egli osservò tutto con attenzione; vide le baracche strapiene, le cattive condizioni igieniche, le baracche che fungevano da ospedale, ricolme di malati, il reparto delle persone contagiose, i bambini affetti di una malattia che mi ha sempre spaventato in quanto mi ricordava la lebbra vista in Palestina. Quei miseri corpicini infantili dalle gote incavate, le cui membra ancora in vita si decomponevano progressevamente, costituivano davvero una scena terribile." Come risultato di quella visita Himmler ordinò la liquidazione degli zingari alloggiati nelle baracche del BIIe. Ma accadde un avvenimento straordinario, degno di essere ricordato. IL 16 maggio 1944, le SS circondarono il campo per sloggiare tutti gli occupanti delle baracche, ma i rom opposero una strenua resistenza imprevista dalle autorità. A mani nude, con coltelli improvvisati ricavati dalla latta, le madri in prima fila per proteggere con le unghie e con i denti i propri bambini, costrinsero le SS a desistere. La liquidazione del campo era rimandata! Dopo la resistenza dei rom, gli internati del campo furono selezionati e un migliaio abili al lavoro furono trasferiti al campo di Buchenvald. Rimasero quelli più deboli e debilitati, con indicibile brutalità, come hanno raccontato alcuni testimoni oculari, le SS li avviarono ai crematori, erano 2897 tra uomini, donne, vecchi e bambini. L'operazione si svolse così: “Era la notte del 2 agosto, nel campo degli zingari, tutto illuminato, correvano uomini, donne e bambini, scacciati dalle baracche dagli uomini delle SS. Essi furono allineati per cinque con l'ordine di dirigersi al crematorio. Urlavano perché volevano resistere. I rumori durarono tutta la notte, ma al mattino il campo degli zingari, sempre così rumoroso, era muto e deserto. Si udivano solo le porte e le finestre delle baracche lasciate aperte che sbattevano di continuo.“ E’ sempre Höss che scrive: “Non fu facile mandarli nelle camere a gas. Personalmente non vi assistetti, Schwarzhuber mi disse che, fino ad allora, nessuna operazione di sterminio era stata così difficile”. TRATTAMENTO SPECIALE ESEGUITO! L’ingresso di Auschwitz con la famigerata scritta ARBEIT MACHT FREI (IL LAVORO RENDE LIBERI) Dalle parole di una canzone zingara: "Ci hanno fatto entrare attraverso il portone e ci fecero uscire dai comignoli" Nel pomeriggio del 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz. Vi trovarono 7650 persone in condizioni così disperate che, in pochi giorni morirono altre 2750. Tra i sopravvissuti erano scampati all’Olocausto 400 i bambini e solo 4 zingari. In cinque anni, lo sterminio nazista aveva provocato ad AuschwitzBirchenau almeno un milione di vittime… ventunomila erano zingari! esci Le conoscenze sulla persecuzione degli zingari durante il fascismo sono poche e contraddittorie e si basano quasi esclusivamente sulle testimonianze raccolte nel dopoguerra dai pochi studiosi che si sono occupati della deportazione degli zingari. I dati storici raccolti a oltre cinquant'anni dai fatti sono scarsi, tanto da non permettere ancora di stabilire con certezza come e quanto gli zingari siano stati perseguitati nell'Italia fascista e per quali ragioni. Coloro che si sono occupati dell'argomento hanno finora generalmente affermato che la politica discriminatoria fascista era indirizzata in particolare contro gli zingari stranieri presenti in territorio italiano, dovuta a ragioni di ordine pubblico. Secondo questa ipotesi, fu essenzialmente l'occupazione della Jugoslavia ad opera dei nazifascisti e la conseguente fuga degli zingari da quel paese a costringere le autorità italiane a internare gli zingari. Gli zingari non sono citati nelle leggi razziali antiebraiche del 1938. Tuttavia proprio in quell’anno si ebbero le prime manifestazioni della repressione fascista. L'11 settembre 1940 vengono emanate le prime disposizioni per l'internamento degli zingari italiani: una circolare telegrafica del Ministero degli Interni, firmata dal capo della polizia Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture fa esplicito riferimento all'internamento degli zingari italiani, dando per scontato il fatto che, in base ad altre direttive quelli stranieri debbano essere respinti e allontanati dal territorio del regno. Una circolare inviata dal Ministero dell’Interno ai Prefetti evidenziava la necessità di “epurare il territorio nazionale dalla presenza di carovane di zingari, di cui è superfluo ricordare la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell’igiene pubblica per le caratteristiche abitudini di vita:. il vagabondaggio e l’oziosità, che fomentano e agevolano l’accattonaggio e la perpretazione di vari reati”. Si tratta di un ordine importante anche perché, nei documenti d'archivio, è seguito da una fitta corrispondenza che indica come i prefetti eseguano gli ordini procedendo al rastrellamento degli zingari nelle loro province Poi, il 27 aprile 1941, il Ministero dell'Interno emana un'altra circolare avente ancora per oggetto 'l"Internamento degli zingari italiani". Purtroppo, finora, l'esistenza dei campi di concentramento per zingari è documentata quasi esclusivamente dalle testimonianze orali. I ricordi degli zingari sono frammentari, spezzati dalla riservatezza della memoria e dalla mancanza di una tradizione scritta che caratterizza la loro cultura, ma raccontano l'esistenza di luoghi di detenzione come Perdasdefogu, in Sardegna, il convento di San Bernardino ad Agnone, in provincia di Campobasso, Tossicia, in provincia di Teramo. Testimonianze sparse ricordano altri luoghi di detenzione: Viterbo, Montopoli Sabina, Collefiorito, le isole Tremiti. E' anche documentata la presenza di zingari a Ferramonti di Tarsia, uno dei più grandi campi di concentramento italiani, esistito dal luglio 1940 al settembre 1943. Dopo l'8 settembre e con l'inizio dell'occupazione tedesca, molti campi dell'Italia centro-meridionale vennero smantellati, anche per l'arrivo degli alleati, ma questo non significò la fine della deportazione, nemmeno per gli zingari! Con l’avvento della Repubblica di Salò la sorte degli zingari si fece addirittura tragica. Si stima che 6.000 di essi vennero internati nei campi di concentramento esistenti nell’Italia del nord e ne perirono circa un migliaio. Monumento che ricorda l’Olocausto degli Zingari esci Sora, a.s. 1998/1999 Scuola Elementare “A. Lauri” UN TENTATIVO DI INTEGRAZIONE CULTURALE Degli alunni rom Sora, a. s. 1998/1999, Scuola Elementare “A. Lauri”: come in molte scuole del territorio, è presente un gruppo di ALUNNI ROM, intelligenti e vivaci, ma DEMOTIVATI ED IN DIFFICOLTÀ rispetto al lavoro scolastico. Unico segno di “attenzione” della scuola nei loro confronti: l’attestazione di handicap con insegnante di sostegno e percorso individualizzato … ma anche … medicalizzazione di un problema sociale … ed inoltre … emarginazione … emarginazione … emarginazione! UN PROGETTO DI INTEGRAZIONE CULTURALE CHE: - valorizzasse le differenze; - promuovesse accoglienza e crescita dei piccoli Rom. •docenti e genitori della scuola; •le dott.sse Giovanna Grenga e Rosanna Bocchieri, dell’Opera Nomadi; •il sig. Umberto Spada, mediatore culturale; •il dott. Rocco Alonzi, dei Servizi Sociali del Comune di Sora. “PROGETTO DI PIENA SCOLARIZZAZIONE DEGLI ALUNNI ZINGARI” 1. ATTIVITA’ DIDATTICA: nelle classi coinvolte (alcune seconde ed alcune terze) oltre ai normali libri di testo erano utilizzati i “quaderni” del Progetto IADI (educazione a distanza), prodotti dall’Unione Europea ed acquistati dal Comune di Sora, che - partendo da ambiti e competenze della cultura zingara (commercio, fiere, calcolo orale) - veicolavano apprendimenti vari, specie linguistici. 2. CONOSCENZA CULTURA ROM: nelle classi coinvolte entrava un mediatore culturale, che (attraverso libri, articoli, filmati, audiocassette) divulgava aspetti di tale cultura, al fine di rimuovere pregiudizi e/intolleranza. 3. INCONTRI: periodici fra operatori scolastici e famiglie degli alunni Rom alla presenza del mediatore culturale, al fine di facilitare la comunicazione fra le due realtà. • gradimento da parte di tutti gli alunni coinvolti; • soddisfazione degli alunni Rom (e delle loro famiglie) - con una ricaduta positiva sulla socializzazione, ma anche sulla motivazione l’impegno ed i risultati scolastici; • giudizio positivo delle insegnanti coinvolte. … MA ANCHE … • ritenevano che “fare scuola” significasse attenersi strettamente ai Programmi Ministeriali; • auspicavano che l’integrazione culturale avvenisse attraverso la rinuncia della minoranza alla propria identità ed alla propria storia; • … ed altri ancora! IL PROGETTO, AVVIATO NELLA SECONDA META’ DELL’A. S. 1998/99, E’ STATO RIPROPOSTO PER L’A. S. SUCCESSIVO, MA E’ STATO RESPINTO DAL COLLEGIO DOCENTI. MOTIVAZIONE UFFICIALE: DIFFICOLTA’ ORGANIZZATIVE. MOTIVAZIONE SUSSURRATA NEI CORRIDOI: IL RISCHIO CHE LA SCUOLA DIVENTASSE UN POLO DI ATTRAZIONE PER TUTTI GLI ALUNNI ZINGARI DEL TERRITORIO! Questa esperienza dimostra come verso l’altro ci sia ancora tanta diffidenza e/o paura discriminazione ostilità e/o violenza (a volte anche solo psicologica o culturale …). Questa esperienza dimostra come … lo sdegno verso la shoah sia ancora attuale! esci Secondo il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, l’Italia viola sistematicamente il diritto dei Rom ad un alloggio adeguato. Infatti le politiche abitative per rom e sinti puntano a separare questi gruppi dal resto della società italiana e a tenerli artificialmente esclusi, bloccando così qualsiasi possibilità di integrazione e condannano i rom a subire il peso della segregazione su base razziale. In numerosi insediamenti di rom si riscontrano condizioni abitative estremamente inadeguate, che sono una minaccia per la salute e la vita stessa dei residenti nei campi. Inoltre , le autorità per bonificare le “favelas” esistenti nelle periferie delle nostre città, spesso sottopongono i rom a sgomberi forzati dalle loro improvvisate dimore. Non ultimo lo sgombero di alcuni campi nomadi della capitale, parte dei cui abitanti (circa 500) sono stati destinati al campeggio di S. Ambrogio sul Garigliano. Senza voler essere razzisti, questa sì che è una scelta sbagliata! Concentrare un così elevato numero di nomadi in un piccolo centro abitato non favorisce di certo l’inserimento e l’integrazione con le popolazioni locali. Per incentivare, invece, la sedentarizzazione dei rom si dovrebbero destinare pochi nuclei familiari per ogni paese. L’art.31 della Carta Sociale Europea stabilisce che per garantire l’effettivo esercizio del diritto di abitazione, le parti si impegnano a prendere misure destinate: 1. a favorire l’accesso ad un ‘abitazione di livello sufficiente 2. a prevenire e ridurre lo status di “ senza tetto” in vista di eliminarlo gradualmente 3. a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che non dispongono di risorse sufficienti 4. a non discriminare l’accesso al lavoro Esistono in Italia delle realtà diverse dove le famiglie hanno scelto di vivere in una casa, perché il campo nomadi non appartiene alla cultura rom: vivere, infatti in una roulotte senza mai muoversi significa dare vita ad una sorta di nomadismo stanziale, un paradosso che somiglia di più ad un campo profughi. A Sora, tale progetto si è realizzato, intorno agli anni ’70, perché diversi nuclei familiari guidati dai Di Silvio, che resta tuttora la famiglia leader in questa specifica comunità dei rom Abruzzesi e Ciociari hanno scelto di diventare stanziali e si sono insediati stabilmente in città, sfatando il mito di minoranze non integrabili. Per evitare una nuova ghettizzazione, nell’assegnare le case popolari, si è usato il criterio di non raggruppare i nuclei familiari rom negli stessi condomini e soprattutto negli stessi quartieri. Certo le condizioni di marginalità ed isolamento si registrano ancora, ma il rinnovo generazionale contribuirà a cancellare le disparità. I dati di seguito riportati sono aggiornati al 31 dicembre 2006 - IACP n.11 nuclei familiari - proprietà n.2 - fitto n.3 Gli alunni frequentano i vari ordini di scuole presenti in città: dagli asili nido fino alle scuole medie superiori di 2° grado. - Asili nido n. 3 - Scuola dell’infanzia n. 2 - Scuola elementare n. 10 - Scuola media inferiore n.5 - Scuola media superiore n.4 Riguardo alla richiesta di attività prevalente svolta: tutti gli adulti rom non rispondono o dichiarano di essere inoccupati / disoccupati Alla voce rapporti con i Servizi sociali: - n. 14 frequentano con regolarità gli uffici comunali n. 2 no Indicano quale motivo la richiesta di assistenza economica Tutti indicano un buon livello di integrazione sociale, riguardo: - scuola - attività culturali - tempo libero - alla voce “altro” rispondono: tempo libero con rete parentale Alla voce “eventuali problematiche” emergono le seguenti segnalazioni: - difficoltà economiche n. 11 - rapporti con la giustizia n. 2 - difficoltà di avere un’abitazione n. 3 - tre nuclei dichiarano di non avere problemi In occasione delle feste religiose, popolari e delle manifestazioni estive, le vedi passeggiare per il corso di Sora con i loro costumi tradizionali: gonne molto lunghe, maglie non troppo scollate, tacchi molto alti e tanti tanti gioielli. Sono le ragazze rom scortate sempre dalle donne anziane del gruppo familiare. IL vivere accanto ai “gagé” ha tolto loro l’abitudine di stendere la mano per chiedere la carità ai passanti; solo qualche donna anziana pratica ancora l’accattonaggio con la proverbiale insistenza zingaresca. In questi ultimi tempi si registra, ed è un buon segnale di crescita e di integrazione, che diverse ragazze, oltre a frequentare l’ufficio comunale dei servizi sociali per chiedere gli aiuti economici, richiede anche l’inserimento in uno dei tanti progetti di lavoro gestisti dal Comune. Ciò va sfatando il mito che gli zingari non lavorano. Gli adulti continuano ad allevare cavalli in siti espropriati per il passaggio di sopraelevate e spesso li vedi in giro alla guida dei caratteristici carrettini da corsa. E’ rara invece la presenza dei rom nelle chiese cittadine; solo in occasione di matrimoni, battesimi, comunioni, o di un funerale è possibile vederli, anche perché si fanno notare per l’ostentazione di ricchezza. Non si verificano più neppure le furibonde liti tra famiglie a causa dei matrimoni e risulta ridimensionata anche l’usanza della serenata che spesso si concludeva con l’intervento delle forze dell’ordine a causa del protrarsi degli schiamazzi notturni. Insomma, i rom a Sora convivono ormai abbastanza pacificamente con la popolazione locale, pur senza aver rimosso completamente le proprie tradizioni e la propria cultura. esci Da secoli gli zingari subiscono l’ostilità della gente tra cui essi vivono, che li ricaccia ai margini del mondo civile, relegandoli nei campi nomadi che somigliano tanto ai lager nazisti. Tale ostilità è frutto di pregiudizi che si sono trasformati nel corso dell’evoluzione storica, ma che conservano sempre inalterata la loro connotazione aggressiva e di rifiuto. Nei tempi più remoti i pregiudizi erano prevalentemente di natura mistica e religiosa (agli zingari era attribuita una discendenza malefica da Caino, inoltre erano incolpati di crimini contro la religione. Più tardi i pregiudizi hanno assunto un aspetto “scientifico”, fino ad arrivare alle teorie della razza di stampo nazista. I vecchi pregiudizi sono stati abbandonati, ma non si rinuncia alla presunzione di sentirsi superiori. Per questo oggi si sostiene che gli zingari siano portatori di una cultura diversa, inferiore, o comunque incompatibile con la nostra. E così sono nati i nuovi pregiudizi: Le drammatiche condizioni in cui versano molti campi nomadi sono l’indicatore più eloquente della gravità del problema dei rom. Negli ultimi 12 anni in Italia una quarantina di bambini sono morti bruciati vivi nelle roulottes, o per freddo o per causa di incidenti domestici dovuti alle condizioni di estremo degrado in cui i rom sono costretti a vivere nei vari campi delle città. La parola “campo” richiama due immagini, secondo quanto affermato da Brunello: - condizioni precarie e provvisorietà - collocazione ai margini, segregazione, pratiche di controllo. In parte il degrado è stato provocato da avvenimenti recenti, come gli arrivi dalla ex Jugoslavia con conseguente sovraffollamento dei campi e l’ingresso della Romania nella Unione Europea, i cui cittadini non hanno più bisogno del permesso di soggiorno. Nella riflessione sulle strategie di integrazione dei rom nella nostra società, il discorso della scuola, sul suo ruolo e sulla sua funzione,acquista una rilevanza indiscutibile. La scolarizzazione deve intendersi come innalzamento dei livelli di istruzione e formazione professionale. Due sono le esigenze di cui tenere conto: una è quella di fornire ai bambini zingari le strumentalità di base per non farsi emarginare dalla complessità del mondo contemporaneo. L’altra esigenza è quella di rispettare la loro cultura, il loro stile di vita. Gli ostacoli che si oppongono al raggiungimento degli obiettivi di un apprendimento sufficiente sono: - L’irregolarità della frequenza scolastica - IL vivere ai margini della società - L’insuccesso scolastico - L’ostilità ambientale - L’impreparazione degli insegnanti - IL forte radicamento della cultura rom Anche il lavoro costituisce un caposaldo di ogni percorso di fuoriuscita dalla marginalità: ma il lavoro presuppone accesso al mercato e acquisizione di capacità professionali spendibili sul mercato. La modernizzazione ha reso superflui i mestieri tradizionali dei rom: fabbri, calderai, ramai, argentieri e doratori. Inoltre questi mestieri si imparano all’interno della famiglia, i segreti del mestieri sono tramandati di generazione in generazione. Ciò comporta una certa difficoltà a riciclare tali mestieri. Non resta che accettare le offerte di attività particolarmente pesanti e che nessuno vuole svolgere ( facchinaggio, fonderia, etc.) Dato il carattere di minoranza etnica dei rom e la opportunità di spezzare l’emarginazione risulta necessario progettare percorsi di formazione al lavoro. Oggi per noi gli “Zingari” sono l’altro, il diverso e occupano l’ultimo scalino della scala sociale. “In ogni periferia metropolitana, ai confini di ogni città, vicino a una discarica, a un cimitero, a uno scarico industriale, quasi sempre sotto la massicciata di una tangenziale o di uno svincolo autostradale o di una ferrovia, o anche sulle sponde di un torrente o di un canale, là dove la comunità urbana finisce e accumula i propri rifiuti solidi e umani si trova un “campo”… Sono i monumenti moderni all’esclusione, che le nostre amministrazioni comunali – spesso senza distinzione di colore politico – sono andate costruendo a perenne monito circa la loro cultura d’accoglienza”. (Rivelli) esci