L’OLOCAUSTO
DEI ROM E SINTI
PAGINE DI STORIA
NEGATA
E
DIMENTICATA
I.P.S.C. “L. Einaudi” di SORA
Dir. Scol. Prof. Vinicio Del Castello
Quest’anno, in occasione della “Giornata della memoria”, il nostro Istituto,
aderendo al progetto della provincia di Frosinone “Educhiamoci alla legalità e alla
solidarietà”, ha scelto di indagare un aspetto poco noto della Shoah: l’olocausto dei
Sinti e Rom consumato nei campi di sterminio nazisti.
Lo sterminio degli zingari è rimasto a lungo una pagina di storia negata e
dimenticata, frutto di ignoranza, odio e pregiudizio, che continua a tener segregati i
loro discendenti nelle terre di nessuno delle nostre periferie.
Nella città di Sora si è scelto di aiutare la comunità Rom a percorrere il difficile
viaggio di integrazione, che inizialmente ha avuto un esito deludente, ma poi con il
passare del tempo e con il rinnovo generazionale si è concretizzato. Ad esempio, un
giovane rom ha frequentato il nostro Istituto conseguendo il diploma di tecnico dei
Servizi Commerciali.
Gli alunni della classe 4°B dei Servizi Commerciali, coordinati dai docenti
Ferdinando Scenna, Elisa Framondi, Marcella Paniccia e Barbara Parravano, hanno
effettuate ricerche approfondite sul Porrajmos dei Rom e, con la consulenza del
dott. Rocco Alonzi (responsabile dell’uff. famiglia del Comune di Sora), sulla
comunità presente a Sora.
PORRAJMOS, in romanès la lingua dei rom, si
traduce con “annientamento, distruzione, divoramento”
degli zingari durante la seconda guerra mondiale.
Segnati da un triangolo marrone e dal tatuaggio di una
“Z” (zigeuner), gli zingari furono chiusi nei campi di
concentramento, usati come cavie e sterminati come gli
ebrei per non inquinare la razza ariana. Stime attendibili
indicano 500.000 morti, benché il carattere nomade di
quel popolo abbia reso difficile quantificare il
genocidio.
IL senatore Livio Togni (di etnia Sinta) ha presentato
una proposta di legge perché “La Giornata della
memoria”, che ricorda lo sterminio del popolo ebraico e
degli oppositori del regime nazi-fascista, inserisca tra le
vittime anche i Rom, Sinti, omosessuali, testimoni di
Geova e disabili.
Una proposta per ristabilire la verità storica, tenere desta
la memoria e contribuire al superamento delle varie
forme di discriminazione ancora oggi presenti nella
nostra società.
esci
Sono un popolo originario dell'India nord-occidentale. La loro lingua è
molto simile al sanscrito. Il loro vero nome è ROM.
Si distinguono in:
Sinti, zingari nomadi del centro Europa ed Italia settentrionale (giostrai,
allevatori di cavalli, cestai, che si dedicano anche allo spettacolo). Sono suddivisi
in sottogruppi a seconda delle zone nelle quali migrano prevalentemente:
Estrekaria, Havati, Krassaria, ecc.
Rom, che nella loro lingua significa "uomo". Sono suddivisi in Rom Kalderasha
(calderai e doratori), Rom Laudari (musicisti dell'Ungheria), Rom Khorakhané
(mussulmani), Rom Kovacs (fabbri dell'Ungheria), Rom Rudari (intagliatori di
legno originari dalla Romania, Rom sedentarizzati designati secondo i luoghi di
residenza.
Il termine con cui gli Zingari identificano i sedentari è gagio (femminile gagi,
plurale gagé).
I nomadi si chiamano Zingari (italiano), Zigeuner (tedesco), Zigenar (svedese),
Cingan (francese antico), Tsigane (francese moderno). IL termine inglese è
Gypsies.
Il termine Bohemiens deriva invece dalla loro presunta origine boema.
Il loro segreto sta nel godere
ogni giorno le piccole cose
che la vita gli offre e che gli
altri uomini non sanno
apprezzare:una mattina di
sole, un bagno nella
sorgente, lo sguardo di
qualcuno che li ama.
É difficile capire queste cose, Zingari si nasce.
A loro piace camminare sotto le stelle, la loro è una vita semplice,
primitiva. Gli basta avere per tetto il cielo. Un fuoco per scaldarsi e le loro
canzoni quando sono tristi.
Non a caso nella loro bandiera è raffigurata una ruota
Sono vecchio e affaticato ma non posso restare.
Gli zingari si fermano solo per morire, perchè la strada
è la loro vita.
Sulla strada veniamo al mondo, lungo le strade
viviamo, in fondo ad una strada ci prende la morte.
Così è la nostra vita siamo poveri ma felici.
La nostra ricchezza è lo star seduti attorno ad un fuoco
ad ascoltare il violino che suona.
Se per storia s'intende l'aver inciso profondamente
nello sviluppo e nelle trasformazioni delle società, si
potrebbe quasi dire che essi non hanno storia. Se per
storia si intende invece presenza e continuità, essi
hanno una lunga storia.
Verso l'anno 1000
Gli zingari lasciano l'India e si stabiliscono in Persia e nel Medio Oriente;
Verso il 1400
Si insediano in villaggi nella penisola balcanica dove vengono dichiarati schiavi. Una parte di
essi rimane tale fino al 1856 (Rom Bovara e Kalderasha), gli altri si spostano verso ovest. Nei
primi decenni del 1400 compaiono gli zingari in quasi tutti i paesi europei. Il 1417 è considerato
storicamente l'anno del loro arrivo in Europa.
Fino al 1700
Gli zingari sono avversati dalla Chiesa (molti pregiudizi sono di natura mistica religiosa), dalle
corporazioni (che temono la concorrenza delle attività artigianali) e dagli stati (che promulgano
molti bandi contro gli zingari, come per esempio l'espulsione dalla Spagna nel 1492).
1700 - 1900
Il sorgere degli stati nazionali e l'aumentata organizzazione delle società porta a una
diminuzione della tolleranza verso le minoranze etniche. Vi è un incremento della
marginalizzazione con apposite leggi antirom, oppure si tenta di integrarli forzatamente, come
nel caso dell'Austria, sotto l'imperatrice Maria-Teresa che intendeva trasformare i nomadi in
"buoni austriaci".
1900 Regime nazifascista
Odio razziale, persecuzione, olocausto.
In Europa, secondo le ultime stime,
vivono circa 5 milioni di rom, ma la vita
nomade e i frequenti spostamenti da uno
Stato all’altro rendono particolarmente
difficoltoso un censimento attendibile.
Paese
Albania
Francia
Germania
Italia
Regno Unito
Russia
Spagna
Numero minimo
Numero massimo
90.000
280.000
110.000
90.000
90.000
220.000
650.000
100.000
340.000
130.000
110.000
120.000
400.000
800.000
La famiglia costituisce per i rom e i sinti l' elemento
fondamentale della loro vita sociale. Il vincolo con la
famiglia e con il clan a cui appartengono è molto
forte perchè sono queste istituzioni che garantiscono
la protezione e la sicurezza.
La preoccupazione di allevare, sfamare e proteggere
la famiglia è molto sentita: la cura per i bambini
occupa molto tempo.
Gli anziani vengono tenuti in grande considerazione e
rappresentano il punto di riferimento per tutta la famiglia.
Le donne sono sottomesse agli uomini anche se molto
spesso sono proprio loro che si occupano della cura della
famiglia e si danno da fare per trovare i soldi con i quali
mantenere tutti i componenti della stessa. Sono loro che
vanno in giro a chiedere la carità, a leggere le mani, a
vendere fiori o altri oggetti di artigianato.
Spesso anche il matrimonio non è una libera scelta della
donna.
L'origine della lingua dei sinti e dei rom è da ricercare in India; gli
studiosi hanno dimostrato che deriva dal sanscrito, la lingua letteraria
dell'India antica, ancor oggi usata nelle cerimonie religiose più
importanti.
Nel corso dei secoli, la lingua è stata influenzata da parte delle civiltà
con le quali gli zingari vennero in contatto nel loro peregrinare e ciò ha
consentito di ricostruire le tappe dei loro spostamenti fino al loro arrivo
in Europa.
I sinti e rom sono entrati in contatto con la lingua iraniana, l'armeno, le
lingue slave, l'albanese, l'ungherese, il rumeno, il greco.....
frammentandosi così in diversi dialetti che conservano però un fondo
comune.
Non esiste una grammatica della lingua dei sinti e dei rom.
Alcune parole:
Padre: dad Strada: drom Madre: daj Fratello: pral Nonno: papù
Nipote: nispiò Figlio: ciavò
Anche nella religione, vi sono differenze tra i diversi gruppi di
zingari: alcuni sono musulmani, altri cristiani ortodossi, altri
cattolici o luterani.
I rom e sinti hanno comunque conservato alcuni elementi
comuni, di origine indiana, pur avendo, in parte, accettato la
fede dei popoli presso i quali sono vissuti. È comune a tutti gli
zingari la credenza negli spiriti dei morti e la fede nel Destino
(fortuna).
Ci sono poi alcuni "santi" comuni ai rom, ai cristiani e ai musulmani; questi santi, di
origine indiana, sono in particolare: Bibi (o Sara) la Nera e San Giorgio.
Quella di San Giorgio è la festa di primavera.
In onore di San Giorgio viene sacrificato un agnello e parte delle carni vengono
appese ad un albero, affinché gli spiriti buoni (le fate) se ne cibino e continuino ad
essere benevole.
I rom ciociari e abruzzesi hanno scelto come loro patrona Santa Anatolia e ogni anno
il 9 e 10 luglio compiono un pellegrinaggio a Gerano, frazione di S. Vito Romano.
Ascoltando i racconti dei vecchi zingari si sente spesso parlare di esseri demoniaci
(Nivasha, Phuvasha...), di streghe, di spiriti dei morti (Cohane), o di spiriti benigni.
Anche loro, come gli induisti e i buddisti, credono nella metempsicosi, credono cioè
che l'anima di un essere umano nel momento della morte si trasferisca o in un
oggetto, o in un animale, o in un uomo; ne deriva un mondo pieno di spiriti che
possono essere, come tutte le cose, o puri o impuri.
Per i rom ed i sinti la differenza tra puro ed impuro è identica a
quella fra vita e morte: puro è il sole, il latte, la salute, la testa,.....;
impuri sono i piedi, la malattia, la sporcizia, le tenebre ...
Legata a questo ritorno degli spiriti e a questa alternanza tra puro
e impuro è la concezione del tempo, ed in particolare, della ruota
della fortuna. L'idea di fortuna è strettamente legata a quella di
destino. L'universo è guidato dal destino e tutto avviene secondo
le leggi fissate dal destino. Questo spiega un certo fatalismo
presente nella cultura zingara.
Per molti secoli i sinti e i rom hanno esercitato dei lavori che erano in accordo con il tipo
di vita nomade che facevano.
I diversi gruppi di zingari si sono specializzati in lavori diversi e queste professioni sono
state tramandate dai padri ai figli. E' per questo che alcuni gruppi di zingari portano
ancora oggi un nome che proviene proprio dal lavoro che faceva il gruppo.
Altre professioni esercitate dagli zingari
sono:
- il commercio di oggetti di artigianato;
- lo spettacolo ambulante; esistono ancora
alcuni piccoli circhi gestiti da zingari ed
alcuni sinti lavorano ancora nelle giostre e
nei Luna Park,
- la chiromanzia,
- il lavoro saltuario in agricoltura.
Molti di questi lavori offrono però ben poca possibilità di guadagno nella nostra
società dei consumi, pochi si fermano ad ascoltare dei musicisti ambulanti, pochi
commerciano in cavalli, il circo non è più un' attrattiva.
Rimangono così poche possibilità di lavoro per gli zingari anche perchè, fino ad oggi,
hanno frequentato poco le scuole e dunque è per loro particolarmente difficile
trovare una nuova occupazione.
La sensibilità degli zingari per la musica è proverbiale. E' facile trovare nei loro
accampamenti degli strumenti musicali, soprattutto violini, cimbali, chitarre.
Quasi mai questi musicanti conoscono le note musicali ed i trattati
sull'armonia: più che compositori sono dei bravi arrangiatori della
musica popolare.
Per molti secoli i sinti ed i rom non hanno conosciuto la scuola. Imparavano
vivendo in famiglia e nel clan. In questo modo apprendevano tutto ciò che era utile
ed importante per sopravvivere.
I giovani conoscevano la storia del loro popolo e la loro cultura attraverso i
racconti dei vecchi che la tramandavano oralmente.
Questo modo di apprendere è entrato in crisi negli ultimi tempi con l’avvento di
una società tecnologica che ha imposto nuovi modelli economici e culturali.
esci
Gli zingari, nella canzonetta, sono entrati
con tutto il bagaglio di pregiudizi e
stereotipi della tradizione popolare italiana.
Nei primi testi si parlava di zingare
ammaliatrici, che leggevano il destino e
intravedevano il futuro di amori infelici o
incompresi.
Nun c'è bisogno ‘a zingara
p'andivinà·, Cuncè'...
Comme t'ha fatto mámmeta,’o ssaccio meglio ‘e te!...
(Non c'è bisogno di una zingara per indovinare, Concetta, come ti ha
fatto mamma, lo so meglio di te!).
A Sanremo nel 1969,così cantava Iva Zanicchi …
"Prendi questa mano,
Dimmi se ricambia
zingara,
parte del mio amore,
dimmi pure che destino avrò,
devi dirlo
parla del mio amore,
questo tocca a te.
io non ho paura
Ma se e' scritto che
perché
lo perderò,
lo so
come neve al sole
che ormai
si scioglierà
non m'appartiene.
un amore."
Guarda nei miei occhi,
zingara
vedi l'oro dei capelli suoi.
E’ dello stesso anno la canzone di Enzo Jannacci che, allontanandosi dalle tematiche
tradizionalidi, fa riflettere sulla vita, sulla sensibilità e sulla cultura degli zingari.
Fu quando gli zingari arrivarono al mare che la gente li vide,
che la gente li vide come si presentano loro,
loro, loro gli zingari,
come un gruppo cencioso,
così disuguale e negli occhi,
negli occhi, impossibile, impossibile poterli guardare.
E allora gli zingari guardarono il mare
e resistettero muti perché subito intesero
che lì non c'era niente, niente da dover capire,
niente da stare a parlare, niente da stare a parlare
c'era solo da stare, fermarsi e ascoltare.
SÌ perché il vecchio,
proprio lui, il mare,
parlò a quella gente ridotta, sfinita,
parlò ma non disse di stragi, di morti, di incendi,
di guerra, d'amore, di bene e di male,
non disse
lui li ringraziò solo tutti
di quel loro muto guardare.
E allora lui il vecchio, sì proprio lui, il mare
parlò a quella gente bizzarra, svilita
e diede al suo corpo un colore anormale
di un rosso tremendo,
qualcuno a star male, qualcuno a star male
questo
fu quando gli zingari arrivarono al mare.
Altri cantautori seguirono la stessa direzione:
“Zingaro”divenne il paradigma di libertà, spontaneità,
autonomia, anticonformismo, critica sociale.
Umberto Tozzi
Zingaro (1978)
Zingaro voglio vivere come te / andare dove mi pare non come me e quando
trovi uno spiazzo nella città / montare la giostra e il disco di un anno fa.
Zingaro senti l'ossido di che sa / attento a non ammalarti di civiltà tua moglie
col parrucchiere e' quel che vuoi / la scuola ti prende i figli e non son più tuoi.
Zingaro dente d'oro dell'Ungheria / un piatto dei tuoi fagioli che vuoi che sia
la notte io dormo al fuoco se tocca a me / ma zingaro voglio vivere come te.
Abito là ma vengo via / costa un'enormità e poi non c'e' più poesia
lei su di me pesa di più /di tutta la neve che negli anni avrai visto tu.
Zingaro voglio vivere come te / oh zingaro voglio vivere come te
Zingaro quel seno al lunapark / e quello era il tirassegno degli occhi miei
mia madre diceva zingaro finirai / e adesso che sono zingaro e ha vinto lei.
Sento che va sento che va / delle frittelle il fumo ecco la libertà.
Vento che va vento che va / non sono una Ferrari eppure sento che
amico mio amico dio / dimmi la verità il pazzo sono io
che amo di più che ho i nervi giù.
Zingaro voglio vivere come te /oh zingaro voglio vivere come te
Lucio Dalla
Zingaro (2001)
Quante notti da ragazzo / m'addormentavo sopra al tetto
e sognavo di andare / m'arrampicavo a dorso nudo
sui cornicioni del collegio / per sentire il vento
un pensiero come un tarlo la mia mente divorava / città e immagini passavano
furbo e bugiardo fin da bambino / non dormivo la notte / per aspettare il mattino
Andare senza meta e vagare / per i paesi e le città
sognare ad occhi aperti anche per ore / così incontrai la musica
per non lasciarla mai / e questa sì che é libertà
Quanti volti scoloriti / quanti giorni spettinati
vivo così senza rimpianti / angeli e demoni
nascosti tra le note / da usare come un Dio / indifferentemente
quante notti ho rubato per le strade e tra la gente / illusioni e sofferenze
vento nel vento / voglio essere io / senza confini e pareti
Andare senza meta e vagare / per i paesi e le città
amare quello che ti porta il cuore / partire e poi tornare
e non fermarsi mai / andare fino al cielo e ritornare
É il gioco dell'amore non finirà mai / andare fino in fondo con amore
e vivere felici anche il dolore che ti dà
Francesco De Gregori
Due zingari (1978)
Ecco stasera mi piace così /con queste stelle appiccicate al cielo
la lama del coltello nascosta nello stivale / e il tuo sorriso trentadue perle
così disse il ragazzo nella mia vita non ho mai avuto fame
e non ricordo sete di acqua o di vino
ho sempre corso libero, felice come un cane.
Tra la campagna e la periferia e chissà da dove venivano i miei
dalla Sicilia o dall'Ungheria
avevano occhi veloci come il vento leggevano la musica
leggevano la musica nel firmamento
Rispose la ragazza ho tredici anni / trentadue perle nella notte
e se potessi ti sposerei per avere dei figli / con le scarpe rotte
girerebbero questa ed altre città
questa ed altre città a costruire giostre e a vagabondare
ma adesso è tardi anche per chiacchierare.
E due zingari stavano appoggiati alla notte
forse mano nella mano e si tenevano negli occhi
aspettavano il sole del giorno dopo / senza guardare niente
sull'autostrada accanto al campo / le macchine passano velocemente
e gli autotreni mangiano chilometri / sicuramente vanno molto lontano
gli autisti si fermano e poi ripartono / dicono c'è nebbia, bisogna andare piano
si lasciano dietro un sogno metropolitano.
Francesco De Gregori
Prendi questa mano, zingara (1996)
Prendi questa mano, zingara dimmi pure che futuro avrò.
Ora che il vento porta in giro le foglie e la pioggia fa fumare i falò.
E c'É uno che dice Guarda! Uno che dice Dove?, uno che dice Chissà.
E c'É acqua che É ferma, acqua che si muove, acqua che se ne va.
Prendi questa mano zingara, leggila fin che vuoi.
Leggila fino all'ultimo, leggila come puoi.
Prendi questa mano zingara, dimmi ancora quanta vita ci va.
Di quanti anni sarà fatto il tempo, e il tempo cosa sembrerà.
Saranno macchine o fili d'erba?
Saranno numeri da ricordare.
Saranno barche da ridipingere,
saranno alberi da piantare.
Prendi questa mano, zingara. Raccontami il buio com'è.
La notte É lunga da attraversare, fammi spazio vicino a te.
I tuoi occhi risplendono nel buio.
La tua bocca e le tue dita parlano.
Il tuo anello rovesciato si illumina.
Alla luce dell'insegna dell'albergo di fronte
i tuoi denti e la tua schiena brillano
mentre i tuoi sensi scintillano, nell'oscurità.
Prendi questa mano, zingara. Fammi posto vicino a te.
La notte É lunga da attraversare, fammi posto vicino a te.
I tuoi occhi sorridono nell'ombra
le tue carte si aprono le nostre mani si mischiano.
E il presente e l'infinito nel buio si confondono,
mentre i tuoi sensi rispondono, nell'immensità.
"A forza di essere vento"
Il cuore rallenta la testa cammina
in quel pozzo di piscio e cemento
a quel campo strappato dal vento
a forza di essere vento
porto il nome di tutti i battesimi
ogni nome il sigillo di un lasciapassare
per un guado una terra una nuvola un canto
un diamante nascosto nel pane
per un solo dolcissimo umore del sangue
per la stessa ragione del viaggio viaggiare
Il cuore rallenta e la testa cammina
in un buio di giostre in disuso
qualche rom si è fermato italiano
come un rame a imbrunire su un muro
saper leggere il libro del mondo
con parole cangianti e nessuna scrittura
nei sentieri costretti in un palmo di mano
i segreti che fanno paura
finchè un uomo ti incontra e non si riconosce
e ogni terra si accende e si arrende la pace
i figli cadevano dal calendario
Yugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via
e poi Mirka a San Giorgio di maggio
tra le fiamme dei fiori a ridere a bere
e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi
e dagli occhi cadere
ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio
Cvava sero po tute - Poserò la testa sulla tua spalla
i kerava - e farò
jek sano ot mori - un sogno di mare
i taha jek jak kon kasta - e domani un fuoco di legna
vasu ti baro nebo - perché l'aria azzurra
avi ker - diventi casa
kon ovla so mutavia - chi sarà a raccontare
kon ovla - chi sarà
ovla kon ascovi - sarà chi rimane
me gava palan ladi - io seguirò questo migrare”
esci
SOLDATI TEDESCHI CHE BALLANO
CON EBREI E ROM
…MA SONO SOLO IMMAGINI DI UN
FILM
… SE VERE, LA STORIA AVREBBE AVUTO
SICURAMENTE UN CORSO DIVERSO
…e i vagoni merci diretti ai lager, trasportarono insieme
ebrei, rom e sinti verso lo stesso tragico destino.
Silenzio, desolazione, oscura notte
il cielo è cupo, pesante di silenzio!
Aleggia nell’aria la nenia della morte
Faccia
da queste pietre, grigie pietre
incavata
occhi oscurati da ogni rovina, dalle cornici infrante,
labbra fredde; esala disperazione di sangue e lacrime.
Il mio spirito s’impiglia nel filo
silenzio.
spinato
Cuore
e la mia anima s’aggrappa alle sbarre,
strappato
senza fiato, prigioniera in casa nemica!
senza parole, Chi sono? Nessuno! Tu chi sei?
nessun pianto Nessuno!
Voi Sinti chi siete? Nessuno!
Olocausto
dimenticato. Solo ombre,nebbia!
Nebbia che per abitudine è rimasta
prigioniera della più grande infamia
della storia dell’uomo!
Iniziarono così le grandi
deportazioni di massa: Dachau,
Mathausen, Auscwitz-Bikenau,
Buchenwald, Terezin…
Gli zingari portavano il triangolo
marrone che indicava la loro razza,
e sul corpo veniva tatuata la lettera
“Z”.
Ad Auschwitz esisteva un ghetto nel ghetto, riservato proprio ai rom e
ai sinti: erano baracche chiamate Zigeneurlager, proprio per marcare la
divisione dagli altri internati. Tale generoso privilegio serviva perché i
bimbi Rom e Sinti dovevano fare da cavie umane per il dottor Mengele,
il dottore della morte. Anche Eva Justine, altra famosa dottoressa, si
interessava soprattutto di ricerche sui bambini rom, la sua attività
preferita era la sterilizzazione delle bimbe Rom e Sinte di 14 anni, per
evitare la nascita di nuovi “ bastardi asociali”.
Il campo per famiglie zingare di Auschwitz-Birkenau era
stato aperto tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo
del 1943; circondato da filo spinato ad alta tensione,
comprendeva trentadue baracche, due blocchi destinati a
cucina e quattro edifici in muratura con i bagni e le latrine.
Fra il 1943 e il 1944 accolse 21.000 deportati, uomini donne
e bambini.
Circa 2.000 zingari, sospettati di avere contratto il tifo
petecchiale, non vennero mai registrati e, subito dopo il
loro arrivo, finirono nella camere a gas.
Al loro arrivo gli zingari non venivano sottoposti a
selezione, come accadeva agli ebrei, ma subito destinati alle
loro baracche, con il necessario per i bisogni quotidiani,
erano rasati a zero e registrati con l’assegnazione di un
numero di serie preceduto dalla lettera Z, che stava per
Zingeuner (zingaro).
IL campo BIIe, voluto da Himmler, responsabile della “questione zingara
nel Reich, era destinato esclusivamente agli zingari.
La testimonianza più preziosa, in tempi di revisionismi e negazioni della
storia, risulta quella di Höss, comandante di Auschwitz, che racconta della
visita di Himmler al campo.
"Gli mostrai il campo degli zingari. Egli osservò tutto con attenzione; vide
le baracche strapiene, le cattive condizioni igieniche, le baracche che
fungevano da ospedale, ricolme di malati,
il reparto delle persone contagiose, i bambini
affetti di una malattia che mi ha sempre
spaventato in quanto mi ricordava la lebbra vista
in Palestina.
Quei miseri corpicini infantili dalle gote incavate,
le cui membra ancora in vita si decomponevano
progressevamente, costituivano davvero una
scena terribile."
Come risultato di quella visita Himmler
ordinò la liquidazione degli zingari alloggiati
nelle baracche del BIIe.
Ma accadde un avvenimento straordinario,
degno di essere ricordato.
IL 16 maggio 1944, le SS circondarono il campo per sloggiare tutti gli occupanti
delle baracche, ma i rom opposero una strenua resistenza imprevista dalle
autorità.
A mani nude, con coltelli improvvisati ricavati dalla latta, le madri in prima fila
per proteggere con le unghie e con i denti i propri bambini, costrinsero le SS a
desistere.
La liquidazione del campo era rimandata!
Dopo la resistenza dei rom, gli internati del
campo furono selezionati e un migliaio abili al
lavoro furono trasferiti al campo di
Buchenvald.
Rimasero quelli più deboli e debilitati, con
indicibile brutalità, come hanno raccontato
alcuni testimoni oculari, le SS li avviarono ai
crematori, erano
2897 tra uomini, donne, vecchi e bambini.
L'operazione si svolse così:
“Era la notte del 2 agosto, nel campo degli zingari, tutto illuminato, correvano uomini,
donne e bambini, scacciati dalle baracche dagli uomini delle SS. Essi furono allineati
per cinque con l'ordine di dirigersi al crematorio. Urlavano perché volevano resistere.
I rumori durarono tutta la notte, ma al mattino il campo degli zingari, sempre così
rumoroso, era muto e deserto. Si udivano solo le porte e le finestre delle baracche
lasciate aperte che sbattevano di continuo.“
E’ sempre Höss che scrive:
“Non fu facile mandarli nelle camere a gas. Personalmente non vi assistetti,
Schwarzhuber mi disse che, fino ad allora, nessuna operazione di sterminio era stata
così difficile”.
TRATTAMENTO SPECIALE ESEGUITO!
L’ingresso di Auschwitz con
la famigerata scritta
ARBEIT MACHT FREI
(IL LAVORO RENDE
LIBERI)
Dalle parole di una canzone
zingara:
"Ci hanno fatto entrare
attraverso il portone e ci
fecero uscire dai comignoli"
Nel pomeriggio del 27 gennaio
1945 le truppe sovietiche
entrarono ad Auschwitz.
Vi trovarono 7650 persone in
condizioni così disperate che, in
pochi giorni morirono altre 2750.
Tra i sopravvissuti erano scampati all’Olocausto 400 i bambini e solo 4
zingari.
In cinque anni, lo sterminio nazista aveva provocato ad AuschwitzBirchenau almeno un milione di vittime… ventunomila erano zingari!
esci
Le conoscenze sulla persecuzione degli
zingari durante il fascismo sono poche e
contraddittorie e si basano quasi
esclusivamente sulle testimonianze raccolte
nel dopoguerra dai pochi studiosi che si sono
occupati della deportazione degli zingari.
I dati storici raccolti a oltre cinquant'anni dai
fatti sono scarsi, tanto da non permettere
ancora di stabilire con certezza come e quanto
gli zingari siano stati perseguitati nell'Italia
fascista e per quali ragioni.
Coloro che si sono occupati dell'argomento hanno finora generalmente affermato
che la politica discriminatoria fascista era indirizzata in particolare contro gli
zingari stranieri presenti in territorio italiano, dovuta a ragioni di ordine pubblico.
Secondo questa ipotesi, fu essenzialmente l'occupazione della Jugoslavia ad opera
dei nazifascisti e la conseguente fuga degli zingari da quel paese a costringere le
autorità italiane a internare gli zingari.
Gli zingari non sono citati nelle
leggi razziali antiebraiche del 1938.
Tuttavia proprio in quell’anno si
ebbero le prime manifestazioni della
repressione fascista.
L'11 settembre 1940 vengono emanate le prime
disposizioni per l'internamento degli zingari italiani: una
circolare telegrafica del Ministero degli Interni, firmata dal
capo della polizia Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture fa
esplicito riferimento all'internamento degli zingari italiani,
dando per scontato il fatto che, in base
ad altre direttive quelli stranieri
debbano essere respinti e allontanati
dal territorio del regno.
Una circolare inviata dal Ministero
dell’Interno ai Prefetti evidenziava la
necessità di
“epurare il territorio nazionale dalla
presenza di carovane di zingari, di cui
è superfluo ricordare la pericolosità
nei riguardi della sicurezza e
dell’igiene pubblica per le
caratteristiche abitudini di vita:.
il vagabondaggio e l’oziosità, che fomentano e agevolano
l’accattonaggio e la perpretazione di vari reati”.
Si tratta di un ordine importante anche perché, nei
documenti d'archivio, è seguito da una fitta
corrispondenza che indica come i prefetti eseguano gli
ordini procedendo al rastrellamento degli zingari nelle
loro province
Poi, il 27 aprile 1941, il Ministero dell'Interno emana un'altra
circolare avente ancora per oggetto 'l"Internamento degli
zingari italiani".
Purtroppo, finora, l'esistenza dei campi di concentramento
per zingari è documentata quasi esclusivamente dalle
testimonianze orali. I ricordi degli zingari sono frammentari,
spezzati dalla riservatezza della memoria e dalla mancanza
di una tradizione scritta che caratterizza la loro cultura, ma
raccontano l'esistenza di luoghi di detenzione come
Perdasdefogu, in Sardegna, il convento di San Bernardino ad
Agnone, in provincia di Campobasso, Tossicia, in provincia
di Teramo.
Testimonianze sparse ricordano altri luoghi di detenzione:
Viterbo, Montopoli Sabina, Collefiorito, le isole Tremiti. E'
anche documentata la presenza di zingari a Ferramonti di
Tarsia, uno dei più grandi campi di concentramento italiani,
esistito dal luglio 1940 al settembre 1943.
Dopo l'8 settembre e con l'inizio dell'occupazione
tedesca, molti campi dell'Italia centro-meridionale
vennero smantellati, anche per l'arrivo degli alleati,
ma questo non significò la fine della deportazione,
nemmeno per gli zingari!
Con l’avvento della
Repubblica di Salò la sorte
degli zingari si fece
addirittura tragica. Si stima
che 6.000 di essi vennero
internati nei campi di
concentramento esistenti
nell’Italia del nord e ne
perirono circa un migliaio.
Monumento che ricorda l’Olocausto degli Zingari
esci
Sora, a.s. 1998/1999
Scuola Elementare “A. Lauri”
UN TENTATIVO
DI
INTEGRAZIONE
CULTURALE
Degli alunni
rom
Sora, a. s. 1998/1999, Scuola Elementare “A. Lauri”: come in molte
scuole del territorio, è presente un gruppo di ALUNNI ROM, intelligenti
e vivaci,
ma DEMOTIVATI ED IN DIFFICOLTÀ rispetto al lavoro scolastico.
Unico segno di “attenzione”
della scuola nei loro confronti:
l’attestazione di handicap
con insegnante di sostegno e percorso individualizzato
… ma anche …
medicalizzazione di un problema sociale
… ed inoltre …
emarginazione … emarginazione … emarginazione!
UN PROGETTO
DI INTEGRAZIONE CULTURALE CHE:
- valorizzasse le differenze;
- promuovesse accoglienza e crescita
dei piccoli Rom.
•docenti e genitori della scuola;
•le dott.sse Giovanna Grenga e Rosanna
Bocchieri, dell’Opera Nomadi;
•il sig. Umberto Spada, mediatore culturale;
•il dott. Rocco Alonzi, dei Servizi Sociali del
Comune di Sora.
“PROGETTO DI PIENA
SCOLARIZZAZIONE DEGLI
ALUNNI ZINGARI”
1. ATTIVITA’ DIDATTICA:
nelle classi coinvolte (alcune seconde ed alcune terze) oltre ai
normali libri di testo erano utilizzati i “quaderni” del Progetto
IADI (educazione a distanza), prodotti dall’Unione Europea ed
acquistati dal Comune di Sora, che - partendo da ambiti e
competenze della cultura zingara (commercio, fiere, calcolo orale)
- veicolavano apprendimenti vari, specie linguistici.
2. CONOSCENZA CULTURA ROM:
nelle classi coinvolte entrava un mediatore culturale, che
(attraverso libri, articoli, filmati, audiocassette) divulgava aspetti
di tale cultura, al fine di rimuovere pregiudizi e/intolleranza.
3. INCONTRI:
periodici fra operatori scolastici e famiglie degli alunni Rom alla
presenza del mediatore culturale, al fine di facilitare la
comunicazione fra le due realtà.
• gradimento da parte di tutti gli alunni coinvolti;
• soddisfazione degli alunni Rom (e delle loro
famiglie) - con una ricaduta positiva sulla
socializzazione, ma anche sulla motivazione
l’impegno ed i risultati scolastici;
• giudizio positivo delle insegnanti coinvolte.
… MA ANCHE …
• ritenevano che “fare scuola” significasse
attenersi strettamente ai Programmi Ministeriali;
• auspicavano che l’integrazione culturale
avvenisse attraverso la rinuncia della minoranza
alla propria identità ed alla propria storia;
• … ed altri ancora!
IL PROGETTO, AVVIATO NELLA SECONDA
META’ DELL’A. S. 1998/99, E’ STATO
RIPROPOSTO PER L’A. S. SUCCESSIVO,
MA E’ STATO
RESPINTO DAL COLLEGIO DOCENTI.
MOTIVAZIONE UFFICIALE: DIFFICOLTA’ ORGANIZZATIVE.
MOTIVAZIONE SUSSURRATA NEI CORRIDOI: IL RISCHIO CHE
LA SCUOLA DIVENTASSE UN POLO DI ATTRAZIONE PER
TUTTI GLI ALUNNI ZINGARI DEL TERRITORIO!
Questa esperienza dimostra come verso l’altro ci sia ancora tanta
diffidenza e/o paura
discriminazione
ostilità e/o violenza (a volte anche solo
psicologica o culturale …).
Questa esperienza dimostra come
… lo sdegno verso la
shoah sia ancora attuale!
esci
Secondo il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, l’Italia viola
sistematicamente il diritto dei Rom ad un alloggio adeguato. Infatti le
politiche abitative per rom e sinti puntano a separare questi gruppi dal resto
della società italiana e a tenerli artificialmente esclusi, bloccando così
qualsiasi possibilità di integrazione e condannano i rom a subire il peso
della segregazione su base razziale. In numerosi insediamenti di rom si
riscontrano condizioni abitative estremamente inadeguate, che sono una
minaccia per la salute e la vita stessa dei residenti nei campi. Inoltre , le
autorità per bonificare le “favelas” esistenti nelle periferie delle nostre città,
spesso sottopongono i rom a sgomberi forzati dalle loro improvvisate
dimore.
Non ultimo lo sgombero di alcuni campi nomadi della capitale, parte dei cui
abitanti (circa 500) sono stati destinati al campeggio di S. Ambrogio sul
Garigliano.
Senza voler essere razzisti, questa sì che è una scelta sbagliata! Concentrare
un così elevato numero di nomadi in un piccolo centro abitato non favorisce
di certo l’inserimento e l’integrazione con le popolazioni locali.
Per incentivare, invece, la sedentarizzazione dei rom si dovrebbero
destinare pochi nuclei familiari per ogni paese.
L’art.31 della Carta Sociale Europea stabilisce che per garantire
l’effettivo esercizio del diritto di abitazione, le parti si impegnano a
prendere misure destinate:
1. a favorire l’accesso ad un ‘abitazione di livello sufficiente
2. a prevenire e ridurre lo status di “ senza tetto” in vista di
eliminarlo
gradualmente
3. a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che non
dispongono di risorse sufficienti
4. a non discriminare l’accesso al lavoro
Esistono in Italia delle realtà diverse dove le famiglie hanno scelto di
vivere in una casa, perché il campo nomadi non appartiene alla
cultura rom: vivere, infatti in una roulotte senza mai muoversi
significa dare vita ad una sorta di nomadismo stanziale, un
paradosso che somiglia di più ad un campo profughi.
A Sora, tale progetto si è
realizzato, intorno agli anni
’70, perché diversi nuclei
familiari guidati dai Di Silvio,
che resta tuttora la famiglia
leader in questa specifica
comunità dei rom Abruzzesi e
Ciociari hanno scelto di
diventare stanziali e si sono
insediati stabilmente in città,
sfatando il mito di minoranze
non integrabili.
Per evitare una nuova ghettizzazione, nell’assegnare le case popolari, si è
usato il criterio di non raggruppare i nuclei familiari rom negli stessi
condomini e soprattutto negli stessi quartieri.
Certo le condizioni di marginalità ed isolamento si registrano ancora, ma il
rinnovo generazionale contribuirà a cancellare le disparità.
I dati di seguito riportati sono aggiornati al 31 dicembre
2006
- IACP n.11 nuclei familiari
- proprietà n.2
- fitto n.3
Gli alunni frequentano i vari ordini di
scuole presenti in città: dagli asili nido
fino alle scuole medie superiori di 2°
grado.
- Asili nido n. 3
- Scuola dell’infanzia n. 2
- Scuola elementare n. 10
- Scuola media inferiore n.5
- Scuola media superiore n.4
Riguardo alla richiesta di attività prevalente svolta:
tutti gli adulti rom non rispondono o dichiarano di essere inoccupati /
disoccupati
Alla voce rapporti con i Servizi sociali:
- n. 14 frequentano con regolarità gli uffici comunali
n. 2 no
Indicano quale motivo la richiesta di assistenza economica
Tutti indicano un buon livello di integrazione sociale, riguardo:
- scuola
- attività culturali
- tempo libero
- alla voce “altro” rispondono: tempo libero con rete parentale
Alla voce “eventuali problematiche” emergono le seguenti segnalazioni:
- difficoltà economiche n. 11
- rapporti con la giustizia n. 2
- difficoltà di avere un’abitazione n. 3
- tre nuclei dichiarano di non avere problemi
In occasione delle feste religiose, popolari e delle manifestazioni estive, le vedi passeggiare per il
corso di Sora con i loro costumi tradizionali: gonne molto lunghe, maglie non troppo scollate,
tacchi molto alti e tanti tanti gioielli.
Sono le ragazze rom scortate sempre dalle donne anziane del gruppo familiare.
IL vivere accanto ai “gagé” ha tolto loro l’abitudine di stendere la mano per chiedere la carità ai
passanti; solo qualche donna anziana pratica ancora l’accattonaggio con la proverbiale insistenza
zingaresca.
In questi ultimi tempi si registra, ed è un buon segnale di crescita e di integrazione, che diverse
ragazze, oltre a frequentare l’ufficio comunale dei servizi sociali per chiedere gli aiuti economici,
richiede anche l’inserimento in uno dei tanti progetti di lavoro gestisti dal Comune. Ciò va
sfatando il mito che gli zingari non lavorano.
Gli adulti continuano ad allevare cavalli in siti espropriati per il passaggio di sopraelevate e
spesso li vedi in giro alla guida dei caratteristici carrettini da corsa.
E’ rara invece la presenza dei rom nelle chiese cittadine; solo in occasione di matrimoni,
battesimi, comunioni, o di un funerale è possibile vederli, anche perché si fanno notare per
l’ostentazione di ricchezza.
Non si verificano più neppure le furibonde liti tra famiglie a causa dei matrimoni e risulta
ridimensionata anche l’usanza della serenata che spesso si concludeva con l’intervento delle forze
dell’ordine a causa del protrarsi degli schiamazzi notturni.
Insomma, i rom a Sora convivono ormai abbastanza pacificamente con la popolazione locale, pur
senza aver rimosso completamente le proprie tradizioni e la propria cultura.
esci
Da secoli gli zingari subiscono l’ostilità della
gente tra cui essi vivono, che li ricaccia ai
margini del mondo civile, relegandoli nei campi
nomadi che somigliano tanto ai lager nazisti.
Tale ostilità è frutto di pregiudizi che si sono
trasformati nel corso dell’evoluzione storica, ma
che conservano sempre inalterata la loro
connotazione aggressiva e di rifiuto.
Nei tempi più remoti i pregiudizi erano prevalentemente di natura mistica e
religiosa (agli zingari era attribuita una discendenza malefica da Caino, inoltre
erano incolpati di crimini contro la religione.
Più tardi i pregiudizi hanno assunto un aspetto “scientifico”, fino ad arrivare alle
teorie della razza di stampo nazista.
I vecchi pregiudizi sono stati abbandonati, ma non si rinuncia alla presunzione di
sentirsi superiori. Per questo oggi si sostiene che gli zingari siano portatori di una
cultura diversa, inferiore, o comunque incompatibile con la nostra.
E così sono nati i nuovi pregiudizi:
Le drammatiche condizioni in cui versano molti campi nomadi sono l’indicatore
più eloquente della gravità del problema dei rom. Negli ultimi 12 anni in Italia
una quarantina di bambini sono morti bruciati vivi nelle roulottes, o per freddo o
per causa di incidenti domestici dovuti alle condizioni di estremo degrado in cui i
rom sono costretti a vivere nei vari campi delle città.
La parola “campo” richiama due immagini,
secondo quanto affermato da Brunello:
- condizioni precarie e provvisorietà
- collocazione ai margini, segregazione,
pratiche di controllo.
In parte il degrado è stato provocato da
avvenimenti recenti, come gli arrivi dalla ex
Jugoslavia con conseguente
sovraffollamento dei campi e l’ingresso
della Romania nella Unione Europea, i cui
cittadini non hanno più bisogno del
permesso di soggiorno.
Nella riflessione sulle strategie di integrazione dei rom nella nostra società, il
discorso della scuola, sul suo ruolo e sulla sua funzione,acquista una rilevanza
indiscutibile.
La scolarizzazione deve intendersi come innalzamento dei livelli di istruzione e
formazione professionale.
Due sono le esigenze di cui tenere conto: una è quella di fornire ai bambini zingari
le strumentalità di base per non farsi emarginare dalla complessità del mondo
contemporaneo. L’altra esigenza è quella di rispettare la loro cultura, il loro stile
di vita.
Gli ostacoli che si oppongono al raggiungimento degli obiettivi di un
apprendimento sufficiente sono:
- L’irregolarità della frequenza scolastica
- IL vivere ai margini della società
- L’insuccesso scolastico
- L’ostilità ambientale
- L’impreparazione degli insegnanti
- IL forte radicamento della cultura rom
Anche il lavoro costituisce un caposaldo di ogni percorso di
fuoriuscita dalla marginalità: ma il lavoro presuppone accesso al
mercato e acquisizione di capacità professionali spendibili sul
mercato.
La modernizzazione ha reso superflui i mestieri tradizionali dei
rom: fabbri, calderai, ramai, argentieri e doratori. Inoltre questi
mestieri si imparano all’interno della famiglia, i segreti del mestieri
sono tramandati di generazione in generazione. Ciò comporta una
certa difficoltà a riciclare tali mestieri.
Non resta che accettare le offerte di attività particolarmente pesanti
e che nessuno vuole svolgere ( facchinaggio, fonderia, etc.)
Dato il carattere di minoranza etnica dei rom e la opportunità di
spezzare l’emarginazione risulta necessario progettare
percorsi di formazione al lavoro.
Oggi per noi gli “Zingari” sono l’altro, il
diverso e occupano l’ultimo scalino della scala
sociale.
“In ogni periferia metropolitana, ai confini di ogni
città, vicino a una discarica, a un cimitero, a uno
scarico industriale, quasi sempre sotto la
massicciata di una tangenziale o di uno svincolo
autostradale o di una ferrovia, o anche sulle
sponde di un torrente o di un canale, là dove la
comunità urbana finisce e accumula i propri rifiuti
solidi e
umani si trova un “campo”… Sono i monumenti
moderni all’esclusione, che le nostre
amministrazioni comunali – spesso senza
distinzione di colore politico – sono andate
costruendo a perenne monito circa la loro cultura
d’accoglienza”.
(Rivelli)
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