Buone pratiche
nell’intercultura
Fondamenti e metodi
Maddalena Colombo
Università Cattolica del Sacro Cuore
Responsabile Banca dati dei progetti di educazione interculturale
– Fondazione ISMU
Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità
Interrogativi
• Cos’è ‘buona pratica’?
• Cosa implica parlare di ‘buone pratiche’
nell’intercultura?
• Come si arriva a definire una ‘buona
pratica’?
• Come si misura l’esito di una ‘buona
pratica’?
Punti di riflessione
1. Definizione di « buona prassi »
2. « A monte » : le sfide dell’intercultura
e le problematiche dell’integrazione
3. La progettazione come azione sociale
4. « A valle » : i metodi di validazione e
valutazione per agire
1. Definizione di ‘buona prassi’
Tutto ciò che, all’interno di un
determinato contesto, consente il
raggiungimento di un risultato
atteso, misurato nella sua efficienza
e nella sua efficacia
e può quindi essere assunto come
modello, può essere generalizzato o
applicato ad altri contesti
6 requisiti generali
• • MISURABILITÀ: quantificare l'impatto
dell'iniziativa
• • INNOVATIVITÀ: produrre soluzioni nuove e
creative dal punto di vista degli op/utenti;
• • RIPRODUCIBILITÀ: possibilità di trasferimento
• • VALORE AGGIUNTO: capacità di produrre
cambiamenti
• • SOSTENIBILITÀ: attitudine a fondarsi sulle
risorse esistenti o capacità di generare nuove
risorse.
• COINVOLGIMENTO: mettere in moto le risorse
tecniche, culturali, umane di coloro che vi
partecipano.
Quindi attenzione a:
• il contesto di riferimento (bisogni,
condizioni e risorse)
• l’impostazione metodologica (coerenza
fra obiettivi e azioni)
• I risultati (di vario tipo, con valutazioni
differenti, strumenti di valutazione,
interpretazione degli esiti)
contesto
progetto
2. Le sfide delle “buone prassi”
nell’intercultura
IDENTITA’
APPARTENENZE
BUONE PRASSI
ACCOGLIENZA
INCLUSIONE
SCAMBIO
DIRITTI
UGUAGLIANZE
DIFFERENZE
CITTADINANZA
L’educazione
interculturale
• è tutto quanto facilita l’acquisizione di
atteggiamenti
positivi
verso
la
differenza
culturale,
anche
in
contrapposizione ai modelli consolidati
entro una data cultura
• è una “pratica trasformativa”
• non è un addestramento impartito a
qualcuno
• è una modalità di interazione tra le
persone
L’intercultura come pratica
dialogica
• Comunicazione come valorizzazione di
patrimoni culturali, codici normativi e
linguistici plurimi, cura delle relazioni, degli
affetti e dei sentimenti
• Costruzione di processi di integrazione
centrati su un confronto critico, sulla
reciprocità, il riconoscimento, il rispetto
3. PROGETTAZIONE COME
AZIONE SOCIALE
1) fase: ISTRUTTORIA
• analisi dei bisogni
• analisi delle risorse
• verifica delle condizioni di fattibilità (a)
materiali; (b) culturali = di condivisione
Chi sono i promotori del progetto?
Condizioni minime per
progettare/realizzare b.p.
• esistenza di un team di lavoro
• disponibilità di una o più persone
competenti / sensibili che si assumono
funzioni di coordinamento
• disponibilità di partner per il lavoro in rete
• fonti aggiornate sul fenomeno
• materiali teorico-operativi disponibili
• precedenti progetti già realizzati nella
medesima area di intervento
2) fase: DEFINIZIONE
DELL’IMPIANTO
•
•
•
•
•
•
•
•
OBIETTIVI,
AREA DI PROGETTO,
DESTINATARI,
OPERATORI,
STRUMENTI,
ATTIVITA’ PREVISTE,
RISULTATI ATTESI,
TEMPI & COSTI (individuare le fonti di
finanziamento)
Finalità

rispondere a specifici bisogni dei
cittadini utenti (quali?)

migliorare la qualità dell’azione
educativa e sociale, orientandola in
senso interculturale

fornire input innovativi (quali?
rispetto a che cosa?)
 SU QUALI OBIETTIVI CONCENTRARSI?
LA SCELTA DELLE PRIORITA’
Aree di progetto previste nella classificazione Banca dati
ISMU
1. Prima accoglienza alunni stranieri (protocollo;
inserimento; primo contatto con famiglia)
2. Seconda accoglienza (attività escl. inserimento)
3. Italiano L2
4. Lingua materna L1
5. Didattica interculturale
6. Scambi/gemellaggi
7. Formazione
8. Altro: prevenzione, ricreazione, orientamento,
concorsi idee, …………
•
Aree di progetto classificazione
ministero P.I. – gruppo di lavoro 07
• Pratiche di integrazione (accoglienza,
inserimento, L2, plurilinguismo, famiglie
straniere e orientamento)
• Interazione interculturale (relazioni scolextrascol., discriminazione, saperi e
competenze interculturali)
• Attori e risorse (organizzazione scol., reti
tra istituzioni, formazione docenti)
TRA IL PROGETTATO E
L’AGITO
3) fase: SPERIMENTALE
• Realizzazione delle azioni secondo il piano
(modifiche in itinere sia del piano sia delle
azioni)
• Monitoraggio delle azioni (coordinamento,
controllo aspetti burocratici, verifica tappe)
• Documentazione delle azioni (relazioni,
narrative, riprese …)
L’OSSERVAZIONE
1) OSSERVARE le relazioni tra le persone:
- linguaggio e incomprensioni
- distanza sociale
- tempi di avvicinamento
2) OSSERVARE i processi di integrazione
- quale integrazione è aspirata/concessa?
- Vi sono esclusioni/inclusioni?
La DOCUMENTAZIONE
è la modalità che consente alla scuola
di dichiararsi e interagire
Ma:
“cultura della documentazione” ancora poco
diffusa; il livello, la qualità, i contenuti, le
scelte metodologiche non sono desumibili
immediatamente dai documenti prodotti
Documentazione e
intercultura
se parliamo di cultura della documentazione
come il passaggio da un atteggiamento di
chiusura e ripiegamento su se stessi,
autoreferenziale, ad un’attitudine dialogica e
cooperativa, allora la pratica stessa della
documentazione diviene pratica
interculturale
5 PASSAGGI PER
DOCUMENTARE
1. Mettere a fuoco i bisogni formativi alla base
delle azioni realizzate
2. Ripercorrere le azioni strategiche della fase
progettuale
3. Raccogliere i documenti e materiali didattici
prodotti nell’esperienza
4. Registrare e comunicare gli eventi
5. Ricostruire l’intero processo, con attenzione alle
criticità e alle soluzioni adottate
4. A valle delle buone pratiche
• Validazione dell’impostazione
metodologica
• Valutazione di efficienza e di efficacia
• Esiti nel contesto di riferimento
• Possibilità di generalizzazioni
VALUTAZIONE =
• attività di raccolta e analisi dei dati al fine
di esprimere un giudizio
• azione mediante cui si cerca di verificare
se e in quale misura un dato programma,
progetto o intervento pianificato per
produrre cambiamenti individuali o
collettivi ha effettivamente sortito i risultati
attesi.
COSA VALUTARE
• valutazione di prodotto (esiti finali, risultati,
livelli raggiunti, ecc.)
• valutazione di processo (meccanismi di
funzionamento, problemi risolti, attitudini
createsi durante lo svolgimento delle
attività, ecc.).
CHI/COSA VALUTARE
• sui destinatari,
• sugli operatori,
• sul contesto (classe-scuola-gruppo di
lavoro-comunità territoriale),
• sulle attività svolte.
TIPO DI INDICATORI
• QUALITATIVI = esistenza o meno di una
proprietà nel contesto analizzato
• QUALITATIVI = messa in gerarchia delle
proprietà del contesto analizzato, con
attribuzione di punteggi differenziati a
seconda dell’importanza della proprietà e
dell’intensità della presenza
Indicatori qualitativi
(Banca dati ISMU)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Esistenza di un ampio coinvolgimento della
realtà scolastica
Esistenza di un’ampia rete che colloca il
progetto nel territorio e attiva una sinergia di
risorse
Esplicitazione chiara degli obiettivi, degli
strumenti, delle risorse messe in campo, dei
criteri di valutazione
Attenzione all’incremento di competenze e alla
professionalizzazione degli insegnanti e dei
diversi soggetti coinvolti
Sviluppo di innovazione didattica e
metodologica
Produzione di documentazione adeguata e
generazione di condizioni di riproducibilità
dell’esperienza
Indicatori quantitativi
(Banca dati ISMU)
• ESEMPIO INDICATORE 1 : se sviluppa un ampio
coinvolgimento della realtà scolastica/territoriale nel
suo insieme
 assegnare 1 punto per ogni tipo di destinatario
indicato
 assegnare 1 punto in più se tra i destinatari vi sono
anche gli studenti italiani
 assegnare 1 punto in più se tra i destinatari vi sono i
genitori
 assegnare 1 punto per ogni tipo di operatore
indicato
1 punto per la Commissione intercultura (se presente
nella scuola/servizio)
Indicatori quantitativi
(Banca dati ISMU)
• ESEMPIO INDICATORE 2: se utilizza o fa nascere
una rete di partner
 assegnare 1 punto per ogni partner indicato nella
rete,
indipendentemente
dal
ruolo
assunto
nell’intervento
 1 punto in più per ogni co-promotore
 1 punto in più per ogni co-finanziatore
1 punto in più se vi è una rete formalizzata: di scuole;
di associazioni/cooperative/onlus
 1 punto in più se la rete è internazionale
Difficoltà e nodi critici delle pratiche di
educazione interculturale
• Problema del coinvolgimento dell’intero
corpo docente
• Costruzione di un habitus nuovo
• Difficoltà a lavorare in rete e a ottimizzare
risorse e competenze
• Precarietà della durata e della stabilità dei
progetti
• Carenze nella valutazione dei risultati
• Debolezza delle strategie comunicative
istituzionali
• Carenza di attenzione alla formazione di
dirigenti e insegnanti
In generale….
• Scollamento fra il progettato e l’agito nel
lavoro quotidiano (messa in atto di
meccanismi di protezione) Insegnanti “al
guado”: oltrepassare la soglia della presa
di coscienza per innescare pratiche
realmente interculturali (adottare una
soluzione “diffusa”)
• Separazione aspetto relazionale/aspetto
cognitivo dell’intercultura
• Rischio di attuare un processo di delega
• Non si riesce a valutare l’integrazione
effettiva degli alunni stranieri
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Intervento Maddalena Colombo - Osservatorio per le Politiche