DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA? Tra la democrazia e il regime rappresentativo tutti i classici hanno sempre tracciato una nettissima linea divisoria, chiarendo la radicale differenza che le separa. Se è così, si deve allora riconoscere che l’espressione “democrazia diretta” è affetta da un pleonasmo e che l’espressione “democrazia rappresentativa” costituisce un ossimoro. Dove c’è democrazia, infatti, c’è decisione popolare diretta (nel senso appena indicato). Dove, invece, vi è rappresentanza non v’è democrazia. La distinzione, ben tracciata, di là dall’Atlantico, da James Madison (con la sua opposizione tra la “pure democracy” e la “republic”) trovò, peraltro, la sua più chiara formulazione in Emmanuel Joseph Sieyès, nel suo decisivo intervento alla Costituente, il 7 settembre del 1789: il “concours immédiat” alle decisioni pubbliche è quello che “caractérise la véritable démocratie” ; il “concours médiat”, invece, “désigne le gouvernement représentatif”. Pertanto, “la différence entre ces deux systèmes politiques est énorme”. La democrazia nasce per liberare la popolazione dall’oppressione di una casta dominante. La democrazia quindi ha un fine preciso e molto concreto: impedire che la popolazione subisca passivamente un’autorità superiore. Allora niente più dominatori, i sudditi diventano cittadini, diventano essi stessi la massima autorità e quindi si autogestiscono. Come realizzare una simile forma di governo? Dall’antichità ci giunge il sistema diretto, nel quale tutti i cittadini si riuniscono in un’assemblea e prendono le decisioni in modo collettivo. Nei moderni stati nazionali, non potendo riunire in una sola assemblea migliaia di persone si è introdotto il metodo indiretto. Ora i cittadini non partecipano all’assemblea ma inviano dei rappresentanti che lo faranno al posto loro. Però se i cittadini delegassero tutti i loro poteri ai rappresentanti, questi diverrebbero la nuova massima autorità, segnando la fine della democrazia. I cittadini-elettori-contribuenti devono mantenere, invece, la propria sovranità conservando il potere di sostituire, in qualsiasi momento, i propri rappresentanti in caso li deludano, ed accettare o rifiutare le leggi che non li soddisfano. Se venisse meno la capacità di eleggere o rimuovere liberamente e consapevolmente leggi e rappresentanti, verrebbe meno anche la democrazia. Tuttavia nel mondo attuale per essere eletti non serve rappresentare i cittadini. O E’ necessario procurarsi adeguati finanziamenti per le campagne pubblicitarie. Oppure per manipolare l’informazione sui mass media. Bisogna inoltre entrare nella lista dei candidati controllata in genere dai partiti e non dagli elettori. Vince le elezioni chi meglio riesce a circuire il cittadino medio. Ma… imbrogliare qualcuno è il contrario di rappresentarlo! In molti Stati i cittadini non possono cambiare i candidati del partito, e quindi è assai difficile sostituire quelli che hanno mal governato. Ci si riduce al massimo ad una vuota alternanza fra due falsi schieramenti uniti nella conservazione del potere. Oggi non siamo in grado di eleggere liberamente e consapevolmente i nostri rappresentanti né tantomeno di rimuoverli. Per definizione allora non viviamo in un mondo democratico. Art. 1, Comma 2: «La sovranità appartiene al popolo…» Da nessuna parte di questo testo c’è scritto che essa è ceduta ai partiti. Art. 49: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.» Poche striminzite parole e solo per dire, quasi di malavoglia, che i cittadini hanno il diritto (possono, ma non è obbligatorio e forse neanche opportuno) di organizzarsi in partito. E i partiti CONCORRONO a determinare la politica. Alcuni dei materiali qui esposti sono presi da Internet e quindi valutati di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, basterà segnalarlo a [email protected] che provvederà prontamente alla rimozione delle parti utilizzate.