Le molte crisi attuali e
le riflessioni
economiche critiche
Roberto Burlando
Dipartimento di Economia,
Scienze Politiche, Torino
Attac, Torino 9 marzo 2010
Jean - Paul Fitoussi presidente dell'Osservatorio per le
congiunture economiche (intervista "Repubblica” il 2 aprile 2009)
"L'attuale crisi va esaminata nella sua triplice
dimensione: economica, finanziaria e intellettuale.
Contrariamente a quello che si pensa, il vero ostacolo
per una ripresa è l'ultimo aspetto: quello intellettuale.
La crisi proviene infatti da una grande menzogna.
Non soltanto dei finanzieri, ma anche di politici, forse in
buona fede, diventati prigionieri di una dottrina
assolutista e che ha prodotto effetti catastrofici”.
"La situazione è molto grave.
Ora che si chiedono sforzi supplementari ai lavoratori, ci si
accorge che negli ultimi trent'anni il salario medio si è
globalmente abbassato.
In sostanza, abbiamo permesso che fossero rafforzate le
discriminazioni economiche.
La dottrina andava fino ad accettare che le disuguaglianze
fossero considerate un fattore positivo di crescita e
dinamismo economico.
Questo ha provocato un'ovvia crisi della democrazia
che, per sua stessa definizione, non può sopportare
l'aumento delle disuguaglianze".
Che l'attuale modo di produrre e consumare
sia insostenibile rappresenta ormai un
comune sentire,
che lo si debba cambiare è nella
consapevolezza di molti,
che si pratichino scelte e modelli alternativi
è cosa di pochi.
Una interpretazione strutturale delle crisi
Per trovare soluzioni adeguate (ma per chi ? Occorre
riconoscere che c’è chi ci guadagna...) occorre comprendere
le radici della crisi:
1. Riconoscerne le origini lontane (alcune ovvie, altre assai
più incerte e dibattute) e modificarne le condizioni
determinanti
2. Considerarla nella prospettiva più ampia delle altre gravi
crisi strutturali attuali:
-
Economica e sociale
Energetica
Climatica
3. Collegarla con le preoccupazioni per la democrazia e la vita
civile
Fasi economiche recenti
Dal secondo dopoguerra ad oggi 4 grandi fasi
economiche:
45 - 71 Crescita con redistribuzione dei redditi
71 - 80 Crisi SMI e crisi petrolifere. Stagflazione
80 – 08 Finanziarizzazione e globalizzazione ultra
liberista
08 – ?
Crisi finanziaria, economica, ambientale,
energetica, sociale, politica, etica
Cause prossime della svolta del ‘71 nel modello di crescita
 Modello di crescita fordista non più sostenibile
 Crisi USA, viveva sopra le sue possibilità
 1971 inconvertibilità dollaro in oro
crollo cambi fissi e accordi Bretton Woods
 1972 e poi 1976 shock petroliferi
 Stagflazione
 Risposte politico-economiche inadeguate alle sfide/
difficoltà.
 Emerge una risposta iper – semplificata ma che è durata
30 anni: il “fondamentalismo di mercato”
Caratteristiche della svolta ultra-liberista
 Finanziarizzazione dell’economia
 Deregolamentazione dei mercati
 Liberalizzazione dei movimenti di capitale internazionali
ed esaltazione della speculazione finanziaria
 Privatizzazioni non solo della produzione dei beni privati
ma anche dei beni e dei servizi (diritti fondamentali,
servizi pubblici) che non sono adatti per loro natura ad
essere erogati dal mercato
 Delocalizzazioni produttive
 Commercializzazione della scienza
 Pretesa (infondata) che non ci sia altro modo di
gestire l’economia e la società che quello attuale
 Considerazione della natura come mero fattore
produttivo
 Subordinazione della politica alla economia
Tutte queste misure hanno “asfaltato” la strada al
predominio della logica del capitale finanziario.
Capitale finanziario e capitale industriale.
Ricordate il film “Pretty Woman ?
La logica del Capitale Finanziario
I processi di finanziarizzazione e
deregolamentazione dei mercati hanno
prodotto un sistema economico -finanziario
“drogato”, rispondente ad una logica che
punta alla realizzazione di rendite finanziarie
di breve periodo, esiziale.
Nel quadro attuale le privatizzazioni
consentono di disporre di nuovi “oggetti” per
la realizzazione di tali rendite, senza
attenzione per i beni e servizi coinvolti.
La logica del capitale finanziario è alla fine
distruttiva ed anche auto-distruttiva: richiede
la mercificazione di ogni cosa, che conta
solo in quanto strumento per realizzare
guadagni speculativi.
Elementi di questa logica erano insiti già in
pezzi dello sviluppo economico (e teorico in
economia e finanza) del secondo
dopoguerra e si sono sviluppati.
Crisi ambientali e loro interpretazioni
Evidenze oramai incontestabili anche delle crisi
ambientali ma..
• Resistenze da molte parti a riconoscerle
• Enormi difficoltà a
- comprenderne la portata e (ancor più)
- concordare su strategie adeguate alla
gravità e ampiezza dei fenomeni in atto
Gran parte di tali diversità e difficoltà dipende da
diverse visioni del mondo
Queste diversità si sostanziano in concreto in rilevanti
differenze di visioni relative a:
• gravità delle condizioni ambientali e consistenza
delle riserve di risorse non rinnovabili. Interventi
richiesti per le prime e problemi di utilizzo delle
seconde
• funzionamento dei sistemi biologici e, ancor
più, sociali e meccanismi di scelta e di
“funzionamento”degli esseri umani
• concezione della scienza, suo senso e ruolo etico,
economico e sociale
• ordinamento gerarchico e rilevanza di quali valori e
rapporto tra etica ed economia
Crisi Climatica.
I cambiamenti climatici sono ormai un dato indiscutibile,
e lo sono anche i loro effetti socio-economici:
distruzione di vite e di ricchezze, con pesanti
ripercussioni su assicurazioni e su agricoltura.
Le soluzioni a questa crisi sono non solo difficili ma soprattutto
lente, richiedono anni e anni per essere efficaci.
Eppure occorre impegnarsi in iniziative concrete e decise, per
evitare danni progressivamente più gravi (cfr. più avanti
la Stern Review).
Appare evidente che occorre affrontare tutte le crisi e dunque
individuare una strategia complessiva, che esiste ma
comporta costi (specie per chi si è abituato ai facili
guadagni speculativi) e cambiamenti significativi negli
stili di vita.
Stern Review. Costi stimati
Del non agire:
• almeno 5% del GDP globale ogni anno per sempre,
ma considerando un insieme più ampio di rischi e
impatti il danno stimato sale a oltre il 20%.
• Tutti saranno coinvolti ma ovviamente i più
vulnerabili (paesi e popolazioni più povere)
soffriranno prima e di più.
• I PI dovranno assumersi responsabilità per riduzioni
nette delle emissioni, ma anche i Pvs dovranno fare
la loro parte, senza rinunciare alla crescita.
Stern Review. Interventi e sviluppo economico.
• Changes in energy technologies and in the
structure of economies have created
opportunities to decouple growth from
greenhouse gas emission. Indeed, ignoring
climate change will eventually damage
economic growth.
• Tackling climate change is the pro-growth
strategy for the longer term, and it can be
done in a way that does not cap the
aspirations for growth of rich or poor nations.
Previsioni per Oil Peak (dopo cui la produzione declina)
World Discovery & Production (ASPO 2003)
•
•
•
Using ExxonMobil (world’s largest oil company) Data
Current ratio – 1 discovery barrel for 6 production barrels
Uses 4D visualization and horizontal drilling
La crisi Energetica
I picchi dei combustibili fossili (Oil peacks) sono previsioni
documentate di una dura realtà, non mere ipotesi anche un
po’ dubbie.
Secondo J. Rifkin, “Il Picco della globalizzazione” un punto di
non ritorno cruciale, si è avuto il 11.7.08 con il petrolio a 147
$ il barile.
Infatti tutti i prezzi sono cresciuti perché il petrolio serve per
produrre quasi ogni merce (con le tecnologie attuali). La
capacità di acquisto scendeva, l’inflazione aumentava e
l’economia è andata in stallo. Le successive riduzioni di
prezzo non hanno evitato la crisi, i meccanismi erano evidenti
e i problemi ormai scoppiati.
Le disponibilità di greggio sono limitate e i prezzi destinati ad
aumentare non appena la domanda riparte.
Oil - World Supply Shortfall – Billions of Barrels
•
•
From the Association for the Study of Peak Oil (ASPO) 2002
All liquid hydrocarbons
Schor JB, Prices and Quantities: Unsustainable
consumption and the global economy, Ecological
Economics, 55 (3): 309-320, Nov 05
Abstract: The ecological unsustainability of current consumption
patterns is now well documented. One aspect of this problem
which has not been sufficiently addressed is the growth of "excess
consumption" driven by falling goods prices.
Global capital mobility and excess global labor supply has allowed
firms to depress wages and avoid paying environmental costs.
Consumers have responded by purchasing increasing numbers of
these artificially cheap goods.
These trends suggest that achieving sustainable consumption in the
US is not only a technical issue but will also involve fundamental
changes in the global political economy to eliminate the
artificially low prices of imported goods.
Una possibile strategia per le crisi
L’unica strategia di uscita democratica dalle tre crisi
si lega alle prospettive di una nuova rivoluzione
produttiva e di stili di vita, centrata sugli aspetti
cruciali della sostenibilità:
•
•
•
•
energie rinnovabili,
risparmio energetico
tutela ambientale
redistribuzione dei redditi
Solo un cambiamento forte in questa direzione può
modificare (addirittura invertire) la tendenza
attuale, creare molti posti di lavoro e ridare fiducia,
senso e prospettive alle persone
Sarà cruciale ritrovare:
Autonomia e indipendenza della politica dall’economia
Importanza dei valori, delle regole, della solidarietà
Ruolo di indirizzo (e finanziamento iniziale) da parte
degli Stati
Una ottica di sviluppo locale auto-centrato,
orientata in primis al soddisfacimento dei bisogni
delle popolazioni residenti, senza rigurgiti autarchici o
di razzismo, bensì riconoscendo il contesto delle
interdipendenze globali e il valore degli scambi
internazionali.
“I sympathize, therefore, with those who would
minimize, rather than those who would maximize,
economic entanglement between nations.
Ideas, knowledge, art, hospitality, travel – these are
things which should of their nature be international.
But let goods be homespun whenever it is
reasonable and conveniently possible; and above
all, let finance be primarily national.”
J.M. Keynes
(citato in H. Daly, Farwell lecture to the Wold Bank)
Spero non sia lontano il giorno in cui l’economia
occuperà quel posto di ultima fila che le spetta,
mentre nell’arena dei sentimenti e delle idee
saranno protagonisti i nostri problemi reali: i
problemi della vita, dei rapporti umani, del
comportamento, della religione.
J.M. Keynes
“La civiltà consiste non nel moltiplicare i nostri
desideri e i mezzi per soddisfarli, ma
nell’affinamento della loro qualità ... una nazione
che fa del suo fine la produzione di oggetti anziché
la vita delle persone merita di scomparire” .
A. K. Coomaraswamy
La ideologia economica del fondamentalismo di mercato
ha cercato minimizzare il ruolo delle politiche pubbliche,
viste come ostacolo al pieno dispiegarsi della potenza
salvifica dei mercati.
In realtà i mercati sono uno strumento economico (e
sociale) importante, ma – come per tutti gli strumenti –
per utilizzarli al meglio occorre conoscerne
funzionamento e limiti.
Un proverbio irlandese dice che chi possiede solo un
martello non vede intorno a sé che chiodi da piantare.. e
distrugge molte cose.
Le politiche integrate produttive e di welfare sono invece
elementi essenziali di una società civile sempre e
strumenti necessari per uscire dalle crisi senza costi
umani e sociali enormi, che avrebbero ripercussioni per
decenni.
Il fatto che in passato si siano usate politiche del genere
anche per redistribuzioni clientelari nulla toglie alla loro
efficacia, ci avverte solo di possibili rischi.
Del resto oggi le redistribuzioni clientelari passano
soprattutto attraverso operazioni “di mercato”,
privatizzazioni pilotate (Alitalia ?, Fastweb ?) e la ricerca
di rendite di posizione (sanità, istruzione, università...)
“Nel momento in cui persino le guerre sono etiche, in cui anche le
banche parlano di solidarietà, è opportuno fermarsi a riflettere sul
significato che oggi hanno assunto queste due parole” (C Bazzocchi,
Democrazia e Diritto 3/05).
Etica e solidarietà sono due parole dense di significato, che oggi
però evocano nel senso comune per lo più un indistinto sentimento
di bontà o di disposizione al bene.
Basare essenzialmente su di esse una strategia di trasformazione
sociale critica nei confronti della globalizzazione attuale può
dunque essere assai rischioso perché non si fa i conti col fatto che
“oggi le istituzioni che sostengono questo tipo di globalizzazione
utilizzano le stesse categorie interpretative della ‘società civile
globale’ (Mary Kaldor), proponendone una versione propria,
trasformata e così svuotata di gran parte dei contenuti “forti” che
ad esse attribuiscono i sostenitori dell’etica e della solidarietà”.
L’economia solidale e quella civile offrono un rinnovato
quadro concettuale - e indicazioni operative - nel quale
imprese, mercati, associazioni e società civile in genere ed
operatori pubblici possono collaborare efficacemente.
Condizione essenziale per poterlo fare è, però, quella di
rivedere molti aspetti cui ci ha abituati il “pensiero unico”
di questi ultimi decenni.
Spesso nelle discussioni sulla economia solidale si fa
riferimento ad una sorta di contrapposizione col
“capitalismo” e con l’economia di mercato, ritenendo
che ciò basti ad indicare la/le differenze.
Spesso nelle discussioni sulla economia solidale si fa
riferimento ad una sorta di contrapposizione col
“capitalismo” e con l’economia di mercato, ritenendo
che ciò basti ad indicare la/le differenze.
Si tratta di una rappresentazione faziosa e di una
scorciatoia pericolosa oltre che superficiale perché:
- ormai il termine capitalismo è diventato uno dei più
indefiniti (se non altro perché ciascuno ha in mente un
significato differente da attribuire al termine)
- i diversi termini rinviano a contenuti di senso che
appaiono ormai confusi, e certo superficiali nell’opinione
pubblica generale.
ormai si distinguono diverse forme di capitalismo (in genere 5
“modelli” archetipici)
- liberista,
- renano,
- scandinavo,
- mediterraneo
- confuciano
-
- sono sempre meno coloro che immaginano la possibilità di una
“alternativa sistemica” al modello “capitalista” (visioni
semplicistiche)
- crescono le analisi seriamente “riformiste” che considerano le
necessità di cambiamento rispetto al modello socio-economico
attualmente prevalente e propongono una sua trasformazione
graduale e dall’interno, comunque imposta dai problemi ambientali
Il mercato e persino l’ economia di mercato non sono sinonimi di
capitalismo, tanto meno di una forma specifica (quella neo-liberale)
di questo.
Piuttosto questo è una parte di ciò che il “pensiero unico” ha
cercato di far credere a tutti.
Ma né il socialismo di mercato né l’economia della regolazione e
del dono, né l’economia civile, che pure considerano assai rilevanti i
mercati per il funzionamento dei sistemi economici, sono riducibili
all’idea – e peggio alla prassi – dell’unicità dei mercati come
strumenti economici.
Anzi, tutte queste visioni teoriche e le loro concretizzazioni storiche
(per quanto di relativamente breve durata), affiancano allo scambio
di equivalenti sul mercato altre modalità di relazione e il
riconoscimento della centralità delle relazioni umane.
• Il documento pubblico che maggiormente ha
sottolineato queste esigenze e prospettive non
è un trattato di economia bensì una enciclica
papale, la recente “Caritas in Veritate”.
• Constatazioni di questo genere sono riflesse
anche nel lavoro della Commissione on
Measurement of Economic Performance and
Social Progress (con Stiglitz, Sen, Fitoussi),
voluta dal presidente francese Sarkozy.
• Elementi comuni a queste riflessioni sono poi
individuabili nel nuovo orientamento economico avviato,
pur tra difficoltà e contraddizioni, negli Usa dal presidente
Barak Obama.
Merita sottolineare come la “svolta” impressa da Obama
sul sistema sanitario nazionale corrisponda a
•una scelta valoriale
•la constatazione della insostenibilità economica, per il Paese,
della situazione attuale - per il peso che esercita sul costo del
lavoro. (L’efficienza complessiva di quel sistema di sanità privata è
molto basso perché all’efficienza aziendale fanno da contrappeso
pesanti inefficienze sistemiche e costi elevatissimi)
La “Caritas in Veritate” sostiene come tesi centrale (della 3°
parte, economica), che i problemi principali della nostra storia
recente sono dovuti alla affermazione di una “logica di
separazione” in 3 ambiti, tra:
- Economia e società
- Lavoro e ricchezza
- Mercato e democrazia
e guarda avanti, indicando modi per migliorare la
condizione umana che richiedono di abbandonare questa
concezione puntando invece su tre valori fondamentali:
- Fraternità (oltre la solidarietà)
- Libertà
- Bene comune
Economia e società. Economia deve solo creare ricchezza,
la redistribuzione avviene dopo. Possibile solo con un
pingue welfare state, non con la globalizzazione. Crescita
disuguaglianze (dati OCSE e Maddison). Invece la
dimensione sociale deve entrare nelle scelte economiche.
- Lavoro e ricchezza. Secondo la logica del rent-seeking la
ricchezza può venire dalla speculazione. Falso si tratta
solo di bolle e redistribuzione. Peggio: nega il valore
profondo del lavoro, ben noto nelle tradizioni cristiana e
socialista.
- Mercato e democrazia. Tesi che il mercato sia una “zona
moralmente libera”, autoreferenziale ed autoregolantesi.
La società ha bisogno sia di mercato che di politica e le
regole non se le deve dare il mercato.
Parlare di economia solidale dunque vuol dire muovere da
presupposti diversi, altri, da quelli della teorizzazione
economica prevalente, in particolare dall’approccio detto della
“scelta razionale” e dal fondamentalismo di mercato.
Ciò può sembrare scontato, ma il riconoscerlo:
- consente di utilizzare in buona misura i due secoli di
riflessione (costruzione/perfezionamento/critica) sul
paradigma neoclassico
- richiede di confrontarsi seriamente con esso anziché “dare
per scontato” il suo superamento (e magari esserne poi
fortemente condizionati nella vita quotidiana).
Anche da questa prospettiva emerge la necessità di rivisitare le
fondamenta della tradizione del pensiero solidale.
L’economia solidale deve proporsi di:
Ampliare lo spettro delle possibilità di lavoro e vita
offerte attraverso la:
- sperimentazione (euristica della formazione) e
- riflessione sulle alternative capaci di rappresentare
forme di società più giuste (capacità emancipatoria).
Sviluppare forme di pensiero e di prassi che mettano in
discussione la separazione tra realtà e utopia,
formulando alternative:
- sufficientemente utopiche da costituire una sfida
allo status quo e
- sufficientemente concrete da non poter essere
scartate facilmente come impraticabili.
Molte riflessioni critiche attuali sono incentrate sui temi della:
- insostenibilità dello sviluppo attuale
- definizioni – tra loro diversissime e a volte incompatibili –
del concetto di sostenibilità e di indicatori adeguati
- necessità di – crescere, decrescere o invece
- ri-trovare e approfondire una dimensione
locale di uno sviluppo sostenibile.
Dibattito complesso, che tocca molti piani.
Un dato nuovo (almeno dopo il 1945) è che in molti Paesi industrializzati le
attuali generazioni si trovano già, in media, in condizioni peggiori di quelle
precedenti in quanto a prospettive di reddito, stabilità occupazionale etc.
La sfida della complessità e della sostenibilità
La sostenibilità non è (J. Tainter):
- passiva conseguenza del consumare meno
- gestione “scientifica” degli ecosistemi
- conservazione delle risorse e risparmio energetico
Anche se richiede ciascuna di queste diverse attività
La sostenibilità implica molte scelte e molte attività :
- dipende da scelte valoriali (a cosa le persone danno valore)
- richiede costante e complessa attività di “problem solving”
- richiede utilizzo di risorse, in particolare di energia
La sfida della complessità
La sostenibilità – o il suo contrario, il collasso – dipendono
da efficacia della attività di “problem solving”, in particolare
dalla sua adeguatezza o meno.
Il “problem solving” cresce in complessità e costi al
crescere della complessità della organizzazione delle
attività umane e quindi tende a presentare rendimenti
decrescenti..
Uno dei gravi problemi attuali è proprio la
persistenza dell’approccio riduzionista (sui
diversi versanti) che non coglie i problemi della
complessità, bensì li evita..
Due radici dell’economia (A. Sen)
Filosofico – morale. In Occidente almeno da
Aristotele, che nell’Etica Nicomachea distingue
- oikos – nomia e
- crematistica
In India da riflessione etico - pratica dello Yoga (dharma) da
circa 5.000 AC
Ingegneristica. Essenzialmente dal 1800, ma
diventa predominante solo dopo il 1945.
Elementi cruciali per l’affermazione ma soprattutto
l’estensione del paradigma “ingegneristico” sono stati due
aspetti ancora oggi largamente presenti nella “visione” di
molti scienziati e certo nella rappresentazione sociale:
- una visione della scienza meccanicista e
riduzionista, fondata sull’individualismo
metodologico (da neopositivismo logico etc etc)
- un approccio di filosofia morale anch’esso
riduzionista (individualismo etico): l’utilitarismo
prima e la teoria della scelta razionale (preferenze)
poi, spacciata come unica “visione” scientifica
Un elemento cruciale di riflessione attiene oggi
all’evidente fallimento del programma scientifico
delle “meta-strategie” (meta-etica analitica, metafilosofia della scienza) che sosteneva entrambe
queste costruzioni,
che puntava al perseguimento di un “approccio
scientifico” che fondasse tutta la spiegazione e
interpretazione del mondo attraverso la
definizione di regole formali del modo di fare
scienza e filosofia morale.
Concezioni del mondo
“La vita attuale è ancora improntata al modello newtoniano del
XVII° secolo, che concepisce il mondo come macchina
(scomponibile in pezzi, isolabili e sostituibili).
La legge dell’entropia costituirà il modello predominante del
prossimo periodo storico.”
(Rifkin, Entropia, p 15-16)
Entropia (2° legge termodinamica): materia ed energia possono
essere trasformate in una sola direzione, cioè da uno stato
disponibile (utilizzabile) ad uno non più disponibile (inutilizzabile).
Il modello newtoniano – della meccanica classica – è il pilastro
fondamentale dell’approccio riduzionista e dell’individualismo
metodologico (ma utile considerare Boudon).
Il contrasto sistemismo – riduzionismo è presente sia
nelle scienze naturali che in diverse di quelle sociali.
Alcuni tra i più noti recenti premi Nobel per le scienze naturali
(Prigogine, Gould etc.) sostengono la necessità dell’approccio
sistemico (anche per compiere effettivi progressi).
Nulla del genere è ancora avvenuto (tanto da diventare un tema
rilevante nella disciplina) in economia (a differenza che nella
sociologia ed in psicologia sociale).
La più classica celebrazione dell’individualismo metodologico in
ambito sociale è di un politico: M. Tatcher dichiarò infatti che
“non esiste la società, esistono solo gli individui”.
Ilya Prigogine, Isabelle Stengers in “La nuova alleanza” :
La nuova epistemologia deve passare
da una conoscenza manipolatrice della natura,
che seleziona e semplifica i sistemi oggetto di
studio
ad una conoscenza volta ad approfondire
l’intreccio complesso di connessioni tra i diversi
sistemi, alla luce della coordinata tempo.
Man mano che i livelli di complessità salgono
lungo la gerarchia dell’atomo, della molecola,
del gene, della cellula, del tessuto,
dell’organismo e della popolazione ,
compaiono nuove proprietà come risultato di
interazioni e di interconnessioni che emergono
ad ogni nuovo livello .
(S. J. Gould)
Il rifiuto di ogni forma di riduttivismo muove, sia in Aristotele che
in Gandhi, da:
a)un’indagine profonda sul senso della vita, sugli obiettivi e
valori che la rendono viva, vera e “degna di essere vissuta” e
a)il riconoscimento della complessità e non linearità della vita sia
sul piano biologico che su quello sociale
Oltre alla dimensione etica sono quindi coinvolte anche quelle
antropologica ed epistemologica, e proprio in essa sta un grande
elemento di rilevanza per la nostra attualità (di “postmodernità”) di queste concezioni.
Aristotele considera l’economia (oiko-nomikes, da oikos – casa),
in particolare nell’Etica Nicomachea,
inquadrandola nel contesto generale della ricerca
del fine ultimo delle azioni umane, individuato nella felicità
(l’eudaimonia, libro 1°),
delle virtù che portano al suo raggiungimento e
della scienza che ne deve fare il proprio oggetto, la politica.
•Cfr. vari lavori di Martha Nussbaum, tra cui la raccolta di saggi Capacità
personale e democrazia sociale, Reggio Emilia, Diabasis, 2003.
•Da Re A, 2004, Figure dell’etica, in C. Vigna (a cura di), Introduzione all’etica,
Milano, Vita e pensiero.
• La concezione del bene implica una concezione dell’ uomo, dei
suoi bisogni e delle sue mete principali (antropologia).
• L’eudaimonia aristotelica è una “felicità aspirativa”, un processo
evolutivo che tende alla realizzazione personale di ciascuno
attraverso lo sviluppo delle capacità, che a sua volte consente
le concrete realizzazioni (come ci ricordano A. Sen e M.
Nussbaum)
• Aristotele afferma che il bene è “ciò cui tutto tende”, all’inizio della EN (I,
1094a 1-3)
• La realizzazione “richiede che il soggetto formi i propri tratti del carattere
facendo in modo che questi diventino, attraverso l’esercizio e l’impegno,
delle disposizioni stabili e buone, ovvero delle virtù” (EN, 1102a 5-1103a
10).
Consumismo e materialismo
in psicologia economica
Fenomeni di consumo compulsivo (e
indebitamenti)
Il materialismo è generalmente visto come una
tendenza a dare valore ed a desiderare
ardentemente i possedimenti mondani, ed è
caratterizzato da tre elementi importanti (Richins
e Rudmin, 1994):
1. i materialisti mettono il possesso e l’acquisizione
del possesso al centro delle loro vite: ‘il
consumo per il consumo stesso diventa una
febbre’.
2. le cose possedute sono viste dai materialisti
come necessarie al proprio benessere e sono la
più importante fonte di soddisfazione nelle loro
vite.
3. i materialisti tendono a giudicare gli altri e se
stessi in termini di numero e qualità delle cose
possedute.
Produzione (GDP) vs Benessere (GPI) ?
Il paradosso di Esterling
Un paradosso (piuttosto recente) ben noto in
economia è che la crescita dei consumi (e
l’indubbia focalizzazione dell’attenzione generale
su di essi) non ha portato ad un miglioramento
del benessere nelle percezioni soggettive.
Dunque la identificazione del progresso con la
crescita continua della ricchezza materiale, tipica
del pensiero unico, sembra un passaggio teorico
(sia pur da molti accettato acriticamente) che non
si sostanzia in una corrispondente percezione
delle persone in merito al proprio benessere ed
alla propria felicità.
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