Le molte crisi attuali e le riflessioni economiche critiche Roberto Burlando Dipartimento di Economia, Scienze Politiche, Torino Attac, Torino 9 marzo 2010 Jean - Paul Fitoussi presidente dell'Osservatorio per le congiunture economiche (intervista "Repubblica” il 2 aprile 2009) "L'attuale crisi va esaminata nella sua triplice dimensione: economica, finanziaria e intellettuale. Contrariamente a quello che si pensa, il vero ostacolo per una ripresa è l'ultimo aspetto: quello intellettuale. La crisi proviene infatti da una grande menzogna. Non soltanto dei finanzieri, ma anche di politici, forse in buona fede, diventati prigionieri di una dottrina assolutista e che ha prodotto effetti catastrofici”. "La situazione è molto grave. Ora che si chiedono sforzi supplementari ai lavoratori, ci si accorge che negli ultimi trent'anni il salario medio si è globalmente abbassato. In sostanza, abbiamo permesso che fossero rafforzate le discriminazioni economiche. La dottrina andava fino ad accettare che le disuguaglianze fossero considerate un fattore positivo di crescita e dinamismo economico. Questo ha provocato un'ovvia crisi della democrazia che, per sua stessa definizione, non può sopportare l'aumento delle disuguaglianze". Che l'attuale modo di produrre e consumare sia insostenibile rappresenta ormai un comune sentire, che lo si debba cambiare è nella consapevolezza di molti, che si pratichino scelte e modelli alternativi è cosa di pochi. Una interpretazione strutturale delle crisi Per trovare soluzioni adeguate (ma per chi ? Occorre riconoscere che c’è chi ci guadagna...) occorre comprendere le radici della crisi: 1. Riconoscerne le origini lontane (alcune ovvie, altre assai più incerte e dibattute) e modificarne le condizioni determinanti 2. Considerarla nella prospettiva più ampia delle altre gravi crisi strutturali attuali: - Economica e sociale Energetica Climatica 3. Collegarla con le preoccupazioni per la democrazia e la vita civile Fasi economiche recenti Dal secondo dopoguerra ad oggi 4 grandi fasi economiche: 45 - 71 Crescita con redistribuzione dei redditi 71 - 80 Crisi SMI e crisi petrolifere. Stagflazione 80 – 08 Finanziarizzazione e globalizzazione ultra liberista 08 – ? Crisi finanziaria, economica, ambientale, energetica, sociale, politica, etica Cause prossime della svolta del ‘71 nel modello di crescita Modello di crescita fordista non più sostenibile Crisi USA, viveva sopra le sue possibilità 1971 inconvertibilità dollaro in oro crollo cambi fissi e accordi Bretton Woods 1972 e poi 1976 shock petroliferi Stagflazione Risposte politico-economiche inadeguate alle sfide/ difficoltà. Emerge una risposta iper – semplificata ma che è durata 30 anni: il “fondamentalismo di mercato” Caratteristiche della svolta ultra-liberista Finanziarizzazione dell’economia Deregolamentazione dei mercati Liberalizzazione dei movimenti di capitale internazionali ed esaltazione della speculazione finanziaria Privatizzazioni non solo della produzione dei beni privati ma anche dei beni e dei servizi (diritti fondamentali, servizi pubblici) che non sono adatti per loro natura ad essere erogati dal mercato Delocalizzazioni produttive Commercializzazione della scienza Pretesa (infondata) che non ci sia altro modo di gestire l’economia e la società che quello attuale Considerazione della natura come mero fattore produttivo Subordinazione della politica alla economia Tutte queste misure hanno “asfaltato” la strada al predominio della logica del capitale finanziario. Capitale finanziario e capitale industriale. Ricordate il film “Pretty Woman ? La logica del Capitale Finanziario I processi di finanziarizzazione e deregolamentazione dei mercati hanno prodotto un sistema economico -finanziario “drogato”, rispondente ad una logica che punta alla realizzazione di rendite finanziarie di breve periodo, esiziale. Nel quadro attuale le privatizzazioni consentono di disporre di nuovi “oggetti” per la realizzazione di tali rendite, senza attenzione per i beni e servizi coinvolti. La logica del capitale finanziario è alla fine distruttiva ed anche auto-distruttiva: richiede la mercificazione di ogni cosa, che conta solo in quanto strumento per realizzare guadagni speculativi. Elementi di questa logica erano insiti già in pezzi dello sviluppo economico (e teorico in economia e finanza) del secondo dopoguerra e si sono sviluppati. Crisi ambientali e loro interpretazioni Evidenze oramai incontestabili anche delle crisi ambientali ma.. • Resistenze da molte parti a riconoscerle • Enormi difficoltà a - comprenderne la portata e (ancor più) - concordare su strategie adeguate alla gravità e ampiezza dei fenomeni in atto Gran parte di tali diversità e difficoltà dipende da diverse visioni del mondo Queste diversità si sostanziano in concreto in rilevanti differenze di visioni relative a: • gravità delle condizioni ambientali e consistenza delle riserve di risorse non rinnovabili. Interventi richiesti per le prime e problemi di utilizzo delle seconde • funzionamento dei sistemi biologici e, ancor più, sociali e meccanismi di scelta e di “funzionamento”degli esseri umani • concezione della scienza, suo senso e ruolo etico, economico e sociale • ordinamento gerarchico e rilevanza di quali valori e rapporto tra etica ed economia Crisi Climatica. I cambiamenti climatici sono ormai un dato indiscutibile, e lo sono anche i loro effetti socio-economici: distruzione di vite e di ricchezze, con pesanti ripercussioni su assicurazioni e su agricoltura. Le soluzioni a questa crisi sono non solo difficili ma soprattutto lente, richiedono anni e anni per essere efficaci. Eppure occorre impegnarsi in iniziative concrete e decise, per evitare danni progressivamente più gravi (cfr. più avanti la Stern Review). Appare evidente che occorre affrontare tutte le crisi e dunque individuare una strategia complessiva, che esiste ma comporta costi (specie per chi si è abituato ai facili guadagni speculativi) e cambiamenti significativi negli stili di vita. Stern Review. Costi stimati Del non agire: • almeno 5% del GDP globale ogni anno per sempre, ma considerando un insieme più ampio di rischi e impatti il danno stimato sale a oltre il 20%. • Tutti saranno coinvolti ma ovviamente i più vulnerabili (paesi e popolazioni più povere) soffriranno prima e di più. • I PI dovranno assumersi responsabilità per riduzioni nette delle emissioni, ma anche i Pvs dovranno fare la loro parte, senza rinunciare alla crescita. Stern Review. Interventi e sviluppo economico. • Changes in energy technologies and in the structure of economies have created opportunities to decouple growth from greenhouse gas emission. Indeed, ignoring climate change will eventually damage economic growth. • Tackling climate change is the pro-growth strategy for the longer term, and it can be done in a way that does not cap the aspirations for growth of rich or poor nations. Previsioni per Oil Peak (dopo cui la produzione declina) World Discovery & Production (ASPO 2003) • • • Using ExxonMobil (world’s largest oil company) Data Current ratio – 1 discovery barrel for 6 production barrels Uses 4D visualization and horizontal drilling La crisi Energetica I picchi dei combustibili fossili (Oil peacks) sono previsioni documentate di una dura realtà, non mere ipotesi anche un po’ dubbie. Secondo J. Rifkin, “Il Picco della globalizzazione” un punto di non ritorno cruciale, si è avuto il 11.7.08 con il petrolio a 147 $ il barile. Infatti tutti i prezzi sono cresciuti perché il petrolio serve per produrre quasi ogni merce (con le tecnologie attuali). La capacità di acquisto scendeva, l’inflazione aumentava e l’economia è andata in stallo. Le successive riduzioni di prezzo non hanno evitato la crisi, i meccanismi erano evidenti e i problemi ormai scoppiati. Le disponibilità di greggio sono limitate e i prezzi destinati ad aumentare non appena la domanda riparte. Oil - World Supply Shortfall – Billions of Barrels • • From the Association for the Study of Peak Oil (ASPO) 2002 All liquid hydrocarbons Schor JB, Prices and Quantities: Unsustainable consumption and the global economy, Ecological Economics, 55 (3): 309-320, Nov 05 Abstract: The ecological unsustainability of current consumption patterns is now well documented. One aspect of this problem which has not been sufficiently addressed is the growth of "excess consumption" driven by falling goods prices. Global capital mobility and excess global labor supply has allowed firms to depress wages and avoid paying environmental costs. Consumers have responded by purchasing increasing numbers of these artificially cheap goods. These trends suggest that achieving sustainable consumption in the US is not only a technical issue but will also involve fundamental changes in the global political economy to eliminate the artificially low prices of imported goods. Una possibile strategia per le crisi L’unica strategia di uscita democratica dalle tre crisi si lega alle prospettive di una nuova rivoluzione produttiva e di stili di vita, centrata sugli aspetti cruciali della sostenibilità: • • • • energie rinnovabili, risparmio energetico tutela ambientale redistribuzione dei redditi Solo un cambiamento forte in questa direzione può modificare (addirittura invertire) la tendenza attuale, creare molti posti di lavoro e ridare fiducia, senso e prospettive alle persone Sarà cruciale ritrovare: Autonomia e indipendenza della politica dall’economia Importanza dei valori, delle regole, della solidarietà Ruolo di indirizzo (e finanziamento iniziale) da parte degli Stati Una ottica di sviluppo locale auto-centrato, orientata in primis al soddisfacimento dei bisogni delle popolazioni residenti, senza rigurgiti autarchici o di razzismo, bensì riconoscendo il contesto delle interdipendenze globali e il valore degli scambi internazionali. “I sympathize, therefore, with those who would minimize, rather than those who would maximize, economic entanglement between nations. Ideas, knowledge, art, hospitality, travel – these are things which should of their nature be international. But let goods be homespun whenever it is reasonable and conveniently possible; and above all, let finance be primarily national.” J.M. Keynes (citato in H. Daly, Farwell lecture to the Wold Bank) Spero non sia lontano il giorno in cui l’economia occuperà quel posto di ultima fila che le spetta, mentre nell’arena dei sentimenti e delle idee saranno protagonisti i nostri problemi reali: i problemi della vita, dei rapporti umani, del comportamento, della religione. J.M. Keynes “La civiltà consiste non nel moltiplicare i nostri desideri e i mezzi per soddisfarli, ma nell’affinamento della loro qualità ... una nazione che fa del suo fine la produzione di oggetti anziché la vita delle persone merita di scomparire” . A. K. Coomaraswamy La ideologia economica del fondamentalismo di mercato ha cercato minimizzare il ruolo delle politiche pubbliche, viste come ostacolo al pieno dispiegarsi della potenza salvifica dei mercati. In realtà i mercati sono uno strumento economico (e sociale) importante, ma – come per tutti gli strumenti – per utilizzarli al meglio occorre conoscerne funzionamento e limiti. Un proverbio irlandese dice che chi possiede solo un martello non vede intorno a sé che chiodi da piantare.. e distrugge molte cose. Le politiche integrate produttive e di welfare sono invece elementi essenziali di una società civile sempre e strumenti necessari per uscire dalle crisi senza costi umani e sociali enormi, che avrebbero ripercussioni per decenni. Il fatto che in passato si siano usate politiche del genere anche per redistribuzioni clientelari nulla toglie alla loro efficacia, ci avverte solo di possibili rischi. Del resto oggi le redistribuzioni clientelari passano soprattutto attraverso operazioni “di mercato”, privatizzazioni pilotate (Alitalia ?, Fastweb ?) e la ricerca di rendite di posizione (sanità, istruzione, università...) “Nel momento in cui persino le guerre sono etiche, in cui anche le banche parlano di solidarietà, è opportuno fermarsi a riflettere sul significato che oggi hanno assunto queste due parole” (C Bazzocchi, Democrazia e Diritto 3/05). Etica e solidarietà sono due parole dense di significato, che oggi però evocano nel senso comune per lo più un indistinto sentimento di bontà o di disposizione al bene. Basare essenzialmente su di esse una strategia di trasformazione sociale critica nei confronti della globalizzazione attuale può dunque essere assai rischioso perché non si fa i conti col fatto che “oggi le istituzioni che sostengono questo tipo di globalizzazione utilizzano le stesse categorie interpretative della ‘società civile globale’ (Mary Kaldor), proponendone una versione propria, trasformata e così svuotata di gran parte dei contenuti “forti” che ad esse attribuiscono i sostenitori dell’etica e della solidarietà”. L’economia solidale e quella civile offrono un rinnovato quadro concettuale - e indicazioni operative - nel quale imprese, mercati, associazioni e società civile in genere ed operatori pubblici possono collaborare efficacemente. Condizione essenziale per poterlo fare è, però, quella di rivedere molti aspetti cui ci ha abituati il “pensiero unico” di questi ultimi decenni. Spesso nelle discussioni sulla economia solidale si fa riferimento ad una sorta di contrapposizione col “capitalismo” e con l’economia di mercato, ritenendo che ciò basti ad indicare la/le differenze. Spesso nelle discussioni sulla economia solidale si fa riferimento ad una sorta di contrapposizione col “capitalismo” e con l’economia di mercato, ritenendo che ciò basti ad indicare la/le differenze. Si tratta di una rappresentazione faziosa e di una scorciatoia pericolosa oltre che superficiale perché: - ormai il termine capitalismo è diventato uno dei più indefiniti (se non altro perché ciascuno ha in mente un significato differente da attribuire al termine) - i diversi termini rinviano a contenuti di senso che appaiono ormai confusi, e certo superficiali nell’opinione pubblica generale. ormai si distinguono diverse forme di capitalismo (in genere 5 “modelli” archetipici) - liberista, - renano, - scandinavo, - mediterraneo - confuciano - - sono sempre meno coloro che immaginano la possibilità di una “alternativa sistemica” al modello “capitalista” (visioni semplicistiche) - crescono le analisi seriamente “riformiste” che considerano le necessità di cambiamento rispetto al modello socio-economico attualmente prevalente e propongono una sua trasformazione graduale e dall’interno, comunque imposta dai problemi ambientali Il mercato e persino l’ economia di mercato non sono sinonimi di capitalismo, tanto meno di una forma specifica (quella neo-liberale) di questo. Piuttosto questo è una parte di ciò che il “pensiero unico” ha cercato di far credere a tutti. Ma né il socialismo di mercato né l’economia della regolazione e del dono, né l’economia civile, che pure considerano assai rilevanti i mercati per il funzionamento dei sistemi economici, sono riducibili all’idea – e peggio alla prassi – dell’unicità dei mercati come strumenti economici. Anzi, tutte queste visioni teoriche e le loro concretizzazioni storiche (per quanto di relativamente breve durata), affiancano allo scambio di equivalenti sul mercato altre modalità di relazione e il riconoscimento della centralità delle relazioni umane. • Il documento pubblico che maggiormente ha sottolineato queste esigenze e prospettive non è un trattato di economia bensì una enciclica papale, la recente “Caritas in Veritate”. • Constatazioni di questo genere sono riflesse anche nel lavoro della Commissione on Measurement of Economic Performance and Social Progress (con Stiglitz, Sen, Fitoussi), voluta dal presidente francese Sarkozy. • Elementi comuni a queste riflessioni sono poi individuabili nel nuovo orientamento economico avviato, pur tra difficoltà e contraddizioni, negli Usa dal presidente Barak Obama. Merita sottolineare come la “svolta” impressa da Obama sul sistema sanitario nazionale corrisponda a •una scelta valoriale •la constatazione della insostenibilità economica, per il Paese, della situazione attuale - per il peso che esercita sul costo del lavoro. (L’efficienza complessiva di quel sistema di sanità privata è molto basso perché all’efficienza aziendale fanno da contrappeso pesanti inefficienze sistemiche e costi elevatissimi) La “Caritas in Veritate” sostiene come tesi centrale (della 3° parte, economica), che i problemi principali della nostra storia recente sono dovuti alla affermazione di una “logica di separazione” in 3 ambiti, tra: - Economia e società - Lavoro e ricchezza - Mercato e democrazia e guarda avanti, indicando modi per migliorare la condizione umana che richiedono di abbandonare questa concezione puntando invece su tre valori fondamentali: - Fraternità (oltre la solidarietà) - Libertà - Bene comune Economia e società. Economia deve solo creare ricchezza, la redistribuzione avviene dopo. Possibile solo con un pingue welfare state, non con la globalizzazione. Crescita disuguaglianze (dati OCSE e Maddison). Invece la dimensione sociale deve entrare nelle scelte economiche. - Lavoro e ricchezza. Secondo la logica del rent-seeking la ricchezza può venire dalla speculazione. Falso si tratta solo di bolle e redistribuzione. Peggio: nega il valore profondo del lavoro, ben noto nelle tradizioni cristiana e socialista. - Mercato e democrazia. Tesi che il mercato sia una “zona moralmente libera”, autoreferenziale ed autoregolantesi. La società ha bisogno sia di mercato che di politica e le regole non se le deve dare il mercato. Parlare di economia solidale dunque vuol dire muovere da presupposti diversi, altri, da quelli della teorizzazione economica prevalente, in particolare dall’approccio detto della “scelta razionale” e dal fondamentalismo di mercato. Ciò può sembrare scontato, ma il riconoscerlo: - consente di utilizzare in buona misura i due secoli di riflessione (costruzione/perfezionamento/critica) sul paradigma neoclassico - richiede di confrontarsi seriamente con esso anziché “dare per scontato” il suo superamento (e magari esserne poi fortemente condizionati nella vita quotidiana). Anche da questa prospettiva emerge la necessità di rivisitare le fondamenta della tradizione del pensiero solidale. L’economia solidale deve proporsi di: Ampliare lo spettro delle possibilità di lavoro e vita offerte attraverso la: - sperimentazione (euristica della formazione) e - riflessione sulle alternative capaci di rappresentare forme di società più giuste (capacità emancipatoria). Sviluppare forme di pensiero e di prassi che mettano in discussione la separazione tra realtà e utopia, formulando alternative: - sufficientemente utopiche da costituire una sfida allo status quo e - sufficientemente concrete da non poter essere scartate facilmente come impraticabili. Molte riflessioni critiche attuali sono incentrate sui temi della: - insostenibilità dello sviluppo attuale - definizioni – tra loro diversissime e a volte incompatibili – del concetto di sostenibilità e di indicatori adeguati - necessità di – crescere, decrescere o invece - ri-trovare e approfondire una dimensione locale di uno sviluppo sostenibile. Dibattito complesso, che tocca molti piani. Un dato nuovo (almeno dopo il 1945) è che in molti Paesi industrializzati le attuali generazioni si trovano già, in media, in condizioni peggiori di quelle precedenti in quanto a prospettive di reddito, stabilità occupazionale etc. La sfida della complessità e della sostenibilità La sostenibilità non è (J. Tainter): - passiva conseguenza del consumare meno - gestione “scientifica” degli ecosistemi - conservazione delle risorse e risparmio energetico Anche se richiede ciascuna di queste diverse attività La sostenibilità implica molte scelte e molte attività : - dipende da scelte valoriali (a cosa le persone danno valore) - richiede costante e complessa attività di “problem solving” - richiede utilizzo di risorse, in particolare di energia La sfida della complessità La sostenibilità – o il suo contrario, il collasso – dipendono da efficacia della attività di “problem solving”, in particolare dalla sua adeguatezza o meno. Il “problem solving” cresce in complessità e costi al crescere della complessità della organizzazione delle attività umane e quindi tende a presentare rendimenti decrescenti.. Uno dei gravi problemi attuali è proprio la persistenza dell’approccio riduzionista (sui diversi versanti) che non coglie i problemi della complessità, bensì li evita.. Due radici dell’economia (A. Sen) Filosofico – morale. In Occidente almeno da Aristotele, che nell’Etica Nicomachea distingue - oikos – nomia e - crematistica In India da riflessione etico - pratica dello Yoga (dharma) da circa 5.000 AC Ingegneristica. Essenzialmente dal 1800, ma diventa predominante solo dopo il 1945. Elementi cruciali per l’affermazione ma soprattutto l’estensione del paradigma “ingegneristico” sono stati due aspetti ancora oggi largamente presenti nella “visione” di molti scienziati e certo nella rappresentazione sociale: - una visione della scienza meccanicista e riduzionista, fondata sull’individualismo metodologico (da neopositivismo logico etc etc) - un approccio di filosofia morale anch’esso riduzionista (individualismo etico): l’utilitarismo prima e la teoria della scelta razionale (preferenze) poi, spacciata come unica “visione” scientifica Un elemento cruciale di riflessione attiene oggi all’evidente fallimento del programma scientifico delle “meta-strategie” (meta-etica analitica, metafilosofia della scienza) che sosteneva entrambe queste costruzioni, che puntava al perseguimento di un “approccio scientifico” che fondasse tutta la spiegazione e interpretazione del mondo attraverso la definizione di regole formali del modo di fare scienza e filosofia morale. Concezioni del mondo “La vita attuale è ancora improntata al modello newtoniano del XVII° secolo, che concepisce il mondo come macchina (scomponibile in pezzi, isolabili e sostituibili). La legge dell’entropia costituirà il modello predominante del prossimo periodo storico.” (Rifkin, Entropia, p 15-16) Entropia (2° legge termodinamica): materia ed energia possono essere trasformate in una sola direzione, cioè da uno stato disponibile (utilizzabile) ad uno non più disponibile (inutilizzabile). Il modello newtoniano – della meccanica classica – è il pilastro fondamentale dell’approccio riduzionista e dell’individualismo metodologico (ma utile considerare Boudon). Il contrasto sistemismo – riduzionismo è presente sia nelle scienze naturali che in diverse di quelle sociali. Alcuni tra i più noti recenti premi Nobel per le scienze naturali (Prigogine, Gould etc.) sostengono la necessità dell’approccio sistemico (anche per compiere effettivi progressi). Nulla del genere è ancora avvenuto (tanto da diventare un tema rilevante nella disciplina) in economia (a differenza che nella sociologia ed in psicologia sociale). La più classica celebrazione dell’individualismo metodologico in ambito sociale è di un politico: M. Tatcher dichiarò infatti che “non esiste la società, esistono solo gli individui”. Ilya Prigogine, Isabelle Stengers in “La nuova alleanza” : La nuova epistemologia deve passare da una conoscenza manipolatrice della natura, che seleziona e semplifica i sistemi oggetto di studio ad una conoscenza volta ad approfondire l’intreccio complesso di connessioni tra i diversi sistemi, alla luce della coordinata tempo. Man mano che i livelli di complessità salgono lungo la gerarchia dell’atomo, della molecola, del gene, della cellula, del tessuto, dell’organismo e della popolazione , compaiono nuove proprietà come risultato di interazioni e di interconnessioni che emergono ad ogni nuovo livello . (S. J. Gould) Il rifiuto di ogni forma di riduttivismo muove, sia in Aristotele che in Gandhi, da: a)un’indagine profonda sul senso della vita, sugli obiettivi e valori che la rendono viva, vera e “degna di essere vissuta” e a)il riconoscimento della complessità e non linearità della vita sia sul piano biologico che su quello sociale Oltre alla dimensione etica sono quindi coinvolte anche quelle antropologica ed epistemologica, e proprio in essa sta un grande elemento di rilevanza per la nostra attualità (di “postmodernità”) di queste concezioni. Aristotele considera l’economia (oiko-nomikes, da oikos – casa), in particolare nell’Etica Nicomachea, inquadrandola nel contesto generale della ricerca del fine ultimo delle azioni umane, individuato nella felicità (l’eudaimonia, libro 1°), delle virtù che portano al suo raggiungimento e della scienza che ne deve fare il proprio oggetto, la politica. •Cfr. vari lavori di Martha Nussbaum, tra cui la raccolta di saggi Capacità personale e democrazia sociale, Reggio Emilia, Diabasis, 2003. •Da Re A, 2004, Figure dell’etica, in C. Vigna (a cura di), Introduzione all’etica, Milano, Vita e pensiero. • La concezione del bene implica una concezione dell’ uomo, dei suoi bisogni e delle sue mete principali (antropologia). • L’eudaimonia aristotelica è una “felicità aspirativa”, un processo evolutivo che tende alla realizzazione personale di ciascuno attraverso lo sviluppo delle capacità, che a sua volte consente le concrete realizzazioni (come ci ricordano A. Sen e M. Nussbaum) • Aristotele afferma che il bene è “ciò cui tutto tende”, all’inizio della EN (I, 1094a 1-3) • La realizzazione “richiede che il soggetto formi i propri tratti del carattere facendo in modo che questi diventino, attraverso l’esercizio e l’impegno, delle disposizioni stabili e buone, ovvero delle virtù” (EN, 1102a 5-1103a 10). Consumismo e materialismo in psicologia economica Fenomeni di consumo compulsivo (e indebitamenti) Il materialismo è generalmente visto come una tendenza a dare valore ed a desiderare ardentemente i possedimenti mondani, ed è caratterizzato da tre elementi importanti (Richins e Rudmin, 1994): 1. i materialisti mettono il possesso e l’acquisizione del possesso al centro delle loro vite: ‘il consumo per il consumo stesso diventa una febbre’. 2. le cose possedute sono viste dai materialisti come necessarie al proprio benessere e sono la più importante fonte di soddisfazione nelle loro vite. 3. i materialisti tendono a giudicare gli altri e se stessi in termini di numero e qualità delle cose possedute. Produzione (GDP) vs Benessere (GPI) ? Il paradosso di Esterling Un paradosso (piuttosto recente) ben noto in economia è che la crescita dei consumi (e l’indubbia focalizzazione dell’attenzione generale su di essi) non ha portato ad un miglioramento del benessere nelle percezioni soggettive. Dunque la identificazione del progresso con la crescita continua della ricchezza materiale, tipica del pensiero unico, sembra un passaggio teorico (sia pur da molti accettato acriticamente) che non si sostanzia in una corrispondente percezione delle persone in merito al proprio benessere ed alla propria felicità.