Sono passati 30 anni … 1982 – 2012 e sembra ieri! Ricordiamo ancora le lunghe riflessioni. È più facile perdersi in un luogo piccolo, ristretto, dove non ci si può quasi muovere, dove i confini sono vicini, o è più facile perdersi in uno spazio grande, esteso, in un deserto, dove si raggiungono con lo sguardo i lontani confini dell’orizzonte? E noi tutti da allora ancora oggi in ricerca. Abbiamo ritrovato tra le nostre carte, quasi come nella “Biblioteca di Babele”, vecchi ricordi che ci ricollegano e ci riannodano al passato. Ve li presentiamo! IL LABIRINTO percorso di lavoro Stimoli iniziali letture sul tema (Borges, Buzzati…), disegni di labirinti, piante di città (labirinti moderni). Formazione di tre gruppi storia per immagini, racconto orale / scritto, costruzione e rappresentazione del labirinto. Costruzione del labirinto cretese: si comincia dalla croce Tavoletta di Pilo, palazzo miceneo, 1200 a. C. Incisione rupestre Luzzanas, Sardegna Oinochoe di Tagliatella – brocca rinvenuta in una tomba etrusca Naquane, Val Camonica – Brescia Cattedrale di Lucca Museo di Piadena Cattedrale di Chartres Cattedrale di Chartres da IL GIARDINO DEI SENTIERI CHE SI BIFORCANO di J. L. Borges Per un istante temei che Richard Madden avesse penetrato il mio disperato proposito. Ma subito compresi che non era possibile. Il consiglio di voltare sempre a sinistra mi rammentò che era questo il procedimento comune per scoprire la radura centrale di certi labirinti. M'intendo un poco di labirinti: non invano sono bisnipote di quel Ts'ui Pen che fu governatore dello Yunnan e che rinunziò al potere temporale per scrivere un romanzo che fosse ancor più popoloso del Hung Lu Meng, e per costruire un labirinto in cui ogni uomo si perdesse. Tredici anni dedicò a queste eterogenee fatiche, ma la mano d'uno straniero lo assassinò e il suo romanzo era insensato e nessuno trovò il labirinto. Sotto alberi inglesi meditai su quel labirinto perduto: lo immaginai inviolato e perfetto sulla cima segreta d'una montagna; lo immaginai subacqueo, cancellato dalle risaie; lo immaginai infine, non già di chioschi ottagonali e di sentieri che voltano, ma di fiumi e di province e di regni... Pensai a un labirinto di labirinti, a un labirinto sinuoso e crescente che abbracciasse il passato e l'avvenire, e che implicasse in qualche modo anche gli astri. Assorto in queste immagini illusorie, dimenticai il mio destino d'uomo inseguito. Giardini labirinto Giardini labirinto Giardini labirinto Giardini labirinto LA BIBLIOTECA DI BABELE (incipit) da Finzioni di J. L. Borghes L’universo (che altri chiamano Biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, circondati da ringhiere bassissime. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente. La distribuzione degli oggetti nelle gallerie è invariabile. Venticinque vasti scaffali, in ragione di cinque per lato, coprono tutti i lati meno uno; la loro altezza, che è quella stessa di ciascun piano, non supera di molto quella d’una biblioteca normale. Il lato libero dà su un angusto atrio che sbocca in un’altra galleria, identica alla prima e a tutte. A destra e a sinistra del corridoio vi sono due gabinetti minuscoli. Uno permette di dormire in piedi; l’altro di soddisfare le necessità fecali. Di qui passa la scala spirale, che s’inabissa e s’innalza nel remoto. Nel corridoio è uno specchio, che fedelmente duplica le apparenze. Gli uomini sogliono inferire da questo specchio che la Biblioteca non è infinita (se realmente fosse tale, perché questa duplicazione illusoria?); io preferisco sognare che queste superfici argentate figurino e promettano l’infinito... La luce procede da frutti sferici che hanno il nome di lampade. Ve ne sono due per esagono, su una trasversale. La luce che emettono è insufficiente, incessante. LA BIBLIOTECA DI BABELE – II parte …….. Ad ogni muro di ogni esagono corrispondono cinque scaffali; ogni scaffale racchiude trentadue libri dal formato uniforme; ogni libro è di quattrocentodieci pagine; ogni pagina, di quaranta righe; ogni riga, di circa ottanta lettere di colore nero. [. . . ] Il numero dei simboli ortografici è venticinque. …….. Quegli esempi permisero che un bibliotecario di genio scoprisse la legge fondamentale della Biblioteca. Questo pensatore osservò che tutti i libri, per quanto diversi, sono formati da elementi uguali: lo spazio, il punto, la virgola, le ventidue lettere dell'alfabeto. Aggiunse anche un fatto che tutti i viaggiatori hanno confermato: non ci sono, nella vasta Biblioteca, due libri identici. Da quelle premesse incontrovertibili dedusse che la Biblioteca è totale e che i suoi scaffali registrano tutte le combinazioni possibili dei venticinque simboli ortografici (numero, benché vastissimo, non infinito) cioè tutto ciò che è dato di esprimere: in tutte le lingue. OBIETTIVO DELLA RICERCA L'obiettivo iniziale del gruppo era quello di raccontare una fiaba collettiva. Abbiamo cominciato seguendo la strada della fiaba classica, definendo innanzitutto il personaggio. Perché poi, ci siamo detti, questo personaggio deve entrare nel labirinto? Da che cosa è spinto per andare volontariamente in mezzo a dei pericoli? La curiosità non ci sembrava un elemento sufficientemente motivante, poteva farlo per dimostrare il proprio coraggio o come superamento di una prova. Poteva anche desiderare di impadronirsi di un tesoro che si trovava all’interno. Abbiamo concluso che la sua entrata doveva avere carattere di necessità: il fatto stesso di entrare (e poi di uscire) gli avrebbe conferito delle qualità e dei diritti, comunque dei vantaggi, che avrebbero ripagato ampiamente i disagi sopportati all’interno. Ci è venuta in mente l’attinenza con le varie prove di iniziazione che qualsiasi società richiede ai suoi membri più giovani per poterli accettare come persone. II labirinto aveva per noi forme e dimensioni particolari: da percorsi delimitati da siepi a quelli con muri molto alti, qualche volta coperti, per formare gallerie, cunicoli. Cercando di approfondire il discorso su come ognuno di noi visualizzava il labirinto si è passati da un’immagine realistica ad una metaforica: ecco quindi il mercato persiano, luogo infinito di scambio, sempre uguale a se stesso dietro ad ogni angolo, oppure la città con il suo bisogno di perdere, delimitare le persone. Il personaggio della nostra fiaba, una volta superata la soglia, si è trovato di fronte al problema dell’orientamento: è necessario segnare agli incroci la direzione presa per poter riconoscere la via del ritorno. Può portarsi qualche oggetto dall'esterno, oppure usare il proprio sangue, pagando un prezzo decisamente alto. Può, infine, usare i capelli: appartengono a lui e se ne può servire senza danno per l’incolumità personale. OBIETTIVO DELLA RICERCA – II parte Quando abbiamo finalmente deciso di fargli iniziare il viaggio all’interno del labirinto ci siamo resi conto che le risposte che stavamo dando non erano quelle che cercavamo. Il metodo di lavoro ci costringeva a scegliere una sola interpretazione del viaggio nel labirinto eliminando di volta in volta alternative e punti di vista. Noi invece ci sentivamo coinvolti in prima persona in questo viaggio e volevamo percorrere individualmente la nostra strada usando dei linguaggi diversi dalla discussione. Alla fine di questo nuovo lavoro ci siamo trovati di fronte ad immagini, disegni, poesie, frasi che rappresentavano labirinti diversi. Si trattava di far riconfluire tutte quelle produzioni in un lavoro collettivo. Non è stata un’impresa facile. In un primo momento abbiamo analizzato i nostri percorsi con categorie logiche (spazio/tempo) e con categorie moralistiche (ottimismo/pessimismo). Sono stati dei criteri subito abbandonati perché ci siamo resi conto che si pretendeva di agire sul piano logico e di dare giudizi, mentre i lavori avevano delle connotazioni fortemente emotive. Abbiamo pensato che c’era la possibilità di unire tutti i singoli lavori usando un linguaggio analogico che li attraversasse e che, rispettando le individualità, riuscisse a costruire un lavoro comune. In questo nuovo lavoro erano rappresentate le varie posizioni: il dentro ed il fuori del labirinto, il dramma della soglia come scelta, l’angoscia di dover continuamente decidere… e tutto ciò ci ha dato la possibilità di mettere in gioco noi stessi senza scoprirci troppo e di ritrovarci in un lavoro comune senza perderci. Siamo partiti con il proposito di produrre una fiaba e siamo arrivati ad un dialogo: tante voci che parlano e si parlano da luoghi diversi del labirinto. II lavoro non è finito qui, con la lettura di quello che le voci raccontano. È necessario decidere, riconoscere il proprio posto nel labirinto: DENTRO O FUORI? Teseo e il Minotauro MS. Ashmole 399, fol. 18r, University of Oxford IL FORMAGGIO AL CENTRO dialogo a più voci Il labirinto non era sempre esistito. Una volta quel luogo era tutto deserto e le persone non si incontravano mai. Perciò il labirinto fu costruito dagli uomini per avere dei punti di riferimento e per incontrarsi. Mi avevano detto che era stato costruito per racchiudere il blu dell’oceano e le stelle del cielo da chi solo voleva goderne. Non è vero, a me è stato detto che era stato costruito per distinguere il bene dal male, la luce dal buio, il freddo dal caldo, il passato dal presente. Sì, va bene, lo sapevo, ora volete che io scelga, devo scegliere: entrare o restar fuori. Ma io non so fare grandi gesti, io le mie prove le ho già fatte, via! Lasciatemi tranquillo, non ho più spade e forza per combattere lotte così incerte, e poi, se scelgo, se entro, se uccido, voi comunque godrete: o muoio io o uccido il mostro e voi avrete ancora via libera. E poi se entro, come esco? Dovrò trovare fra sette possibilità … la via, e se verrò divorato non resterà neppure il senso della mia scelta. Ma ho sempre voluto la sua morte. Il problema del labirinto sta sulla soglia, è lì che decido. Una volta entrato seguirò la strada obbligata, certa, che mi porterà non so dove, forse al centro. Per affrontare questo viaggio devo decidere se entrare o no … e tutte le volte che mi trovo sulla soglia, sono ripreso dalla paura, la mente vacilla, il buio mi copre. Mi perdo, mi anniento, ma nella mia risoluzione spariscono anche il labirinto e la porta. Ognuno ha perso le sue armi e la voglia di combattere. Ormai stanchi ci saremo accontentati di vederlo, il labirinto. Io che da sempre sono dentro, non vedo quale problema ci sia ad entrare. Non ho mai visto un mostro, ma superamento, vuoto, caduta e, collegando l’ipotesi, l’arrivo. E poi ancora … partenza. IL FORMAGGIO AL CENTRO – II parte Qui dentro conosco una danza e ad ogni incrocio una fermata e lì uno di noi a turno vomita un mostro, che a guardarlo sparisce. È forse un sogno questo? No, non è un sogno questo. Se voi ne percorrete i meandri, ad ogni svolta potete trovare capelli intrecciati, tracce di un pedaggio richiesto dallo spirito del labirinto. Quando ci entro voglio conoscere il mondo. Attraverso dubbi. Cerco di fare qualcosa con te perché so che sei amore e scacci la paura dalle tenebre. Con la speranza. Mi arrampico sopra una vetta per vedere un nemico, fantasma insospettato del deserto. Ho paura. Ma c’è ebbrezza nella scelta. Ah! Ebbrezza … Per la trentesima volta mi hanno sottratto alla mia calda e asettica gabbietta e mi hanno portato nel loro diabolico, incredibile giocattolo. “Portate il topo”, disse il più anziano dei bianco-vestiti uomini. E come al solito sono stato messo, io, ignobile e ributtante ratto, nel labirinto. “Il formaggio al centro”, disse la donna e rapido l’assistente, l’unico con gli occhi azzurri, depose il pezzetto di puzzolente (eppur buono) cacio. “Analizziamo i tempi!”, disse quell’antipatico del vecchio: 30, 20, 15, 10 secondi. OK! Deve farcela in 7 secondi: via! Rieccomi a dover superare me stesso, e, guidato dai miei scoglionatissimi baffi, devo decidere: destra o sinistra, e poi, sopra o sotto, o ancora, alto o basso? LABIRINTO alla scoperta del suo significato: - gioco che sfida la morte per allearsi con la fortuna, - incrocio, intruglio, mescolamento di strade, con o senza uscita, - incrocio di vie che sfida la memoria e il senso d’orientamento, - casa del mistero, si esce se si ha “fortuna”, - pista che bisogna conoscere per percorrerla, per uscirne, - morte infinita, fantastica, - insieme di complicazioni che trovi ad ogni passo, - leggendaria reggia di Minosse da cui non si usciva senza guida, - insieme di cavità che formano una parte dell’orecchio interno, - luogo angusto in cui ci si perde, - guazzabuglio di strade, infinità di uscite, - scelta tra direzioni possibili, - disorientamento a causa della vista limitata, - deserto dove ti ritrovi perso e dove lo sguardo si disorienta. Le città labirinto Labirinto di parole Sono passati 30 anni … 1982 – 2012 e sembra ieri! Abbiamo ritrovato tra le nostre carte questi vecchi ricordi che ci ricollegano e ci riannodano al passato. Costruire un labirinto non è facile, perciò abbiamo costruito un deserto. Ognuno costruisce il suo labirinto lasciando la sua traccia. Si può scegliere di perdersi o di non perdersi, attraversando semplicemente lo spazio. Ognuno è di fronte alle cose che vuole cercare (sparsi nel deserto: cibo, libri mce, una maschera, vestiti …). La traccia, il filo di lana annodato ai picchetti, la nostra esperienza, il presente continuo sono sempre davanti ai nostri occhi. Si può sempre ritornare al proprio picchetto per ripartire! Si può compiere un viaggio solitario o cercare degli amici. Ci siamo persi nel labirinto e poi ci siamo ritrovati per raccontare il nostro viaggio.