ALFABETO GRECO L'alfabeto greco è storicamente il primo alfabeto utilizzato per la scrittura di una lingua indoeuropea. Non fu una creazione dal nulla, in quanto è derivato dall'alfabeto fenicio, che è tuttavia un alfabeto consonantico (con sole consonanti), nel quale comparvero dei segni che indicavano la pronuncia di certe vocali, in particolare in fine di parola. Si trattava dunque del primo alfabeto scritto con l'aggiunta di vere e proprie vocali, indispensabili nella trascrizione delle lingue indoeuropee, essenzialmente flessive. L'alfabeto greco non fu il solo sistema di scrittura adottato nella Grecia antica, che, diversi secoli prima di adottare l'alfabeto fenicio, aveva utilizzato, con modifiche, la lineare B minoica. Lo storico Erodoto, nel V secolo a.C., affermava che la scrittura greca fosse stata adattata da quella fenicia, attraverso i Gefirei, un gruppo di Fenici che si era stabilito in Beozia guidato da Cadmo. I Greci utilizzavano il termine phoinikeia ("cose fenicie") per indicare il proprio alfabeto. Diodoro Siculo afferma che l'invenzione dell'alfabeto sarebbe avvenuta in Siria, dove i Fenici lo appresero; da loro sarebbe poi passato ai Greci quando arrivarono in Europa con Cadmo. L'introduzione di segni diversi per le lettere eta ed epsilon (e lunga ed e breve), omega ed omicron (o lunga ed o breve), che fu introdotta nella forma ionica dell'alfabeto greco, è tradizionalmente attribuita al poeta Simonide (555-467 a.C.). La maggior parte degli specialisti ritiene oggi che l'alfabeto fenicio venne adottato dai Greci nella prima metà dell'VIII secolo a.C. (770-750 a.C.), poco prima di una delle più antiche attestazioni epigrafiche, ovvero la coppa di Nestore del 725 a. C.. La coppa è una kotyle, ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici. Fu importata nella colonia greca di Pithekoussai, l'odierna Ischia, da Rodi, secondo alcuni insieme ad una partita di vasi contenenti preziosi unguenti orientali, e portata alla luce nel 1955 dagli archeologi Giorgio Buchner e C. F. Russo. Faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni. La coppa reca inciso su di un lato in alfabeto euboico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da tre versi, il primo con metro giambico e il secondo e terzo perfetti esametri dattilici, che allude alla famosa coppa descritta nell'Iliade di Omero: « Νέστορος εἰμὶ εὔποτον ποτήριον ὃς δ' ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης » « Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona » Per alcuni studiosi il primo rigo dovrebbe leggersi "Νέστορος μὲν..." ('La coppa di Nestore può esser buona, ma...'), oppure "Νέστορος ἔρροι ..." ('Coppa di Nestore, va' via!'). Una terza ipotesi è che il testo sia il risultato di una sfida durante un simposio: qualcuno scrisse il primo rigo, poi toccò ad un secondo aggiungere un secondo verso e così via.