IL DIRITTO PENALE TRA IDENTITÀ NAZIONALE ED EUROPEIZZAZIONE Antonella Massaro (3 CFU) DIRITTO EUROPEO (UE) E DIRITTO PENALE Situazione di partenza: Specularità tendente all’ossimoro monopolio nell’esercizio dell’uso della forza in capo allo Stato nazionale cessione di quote di sovranità da parte dei singoli Stati membri all’ordinamento sovranazionale quota di sovranità nazionale non cedibile DIRITTO EUROPEO E DIRITTO PENALE Situazione attuale: proiezione sempre più frequente e significativa del diritto penale in una dimensione sovranazionale Diritto dell’Unione europea ‘Sistema CEDU’ (diritto europeo ‘in senso stretto’) (diritto europeo in ‘senso lato’) Corte di Lussemburgo Corte di Strasburgo - Principio di prevalenza diritto europeo del - Disapplicazione (non applicazione) della norma interna contrastante con la norma sovranazionale - Controlimiti: dal principio di prevalenza non può in ogni caso derivare una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale o dei diritti inalienabili della persona umana - Trattato di Lisbona (2009) - Art. 83 TFUE - Art. 86 TFUE Peculiarità: Trattato internazionale - Contenuto: diritti umani - Sistema di controllo che ruota attorno alla Corte di Strasburgo Collocazione della CEDU nel sistema delle fonti Modifica dell’art. 117, primo comma Cost. (l. cost. 3 del 2001) La giurisprudenza costituzionale inquadra la CEDU attraverso lo schema delle norme interposte: ogni violazione della Convenzione si risolve in una violazione dell’art. 117, primo comma Cost., con conseguente competenza del Giudice delle Leggi a dichiararne l’illegittimità costituzionale SENTENZE ‘GEMELLE’: CORTE COSTITUZIONALE N. 348 E 349 DEL 2007 1. Distinzione tra diritto UE e sistema CEDU nel sistema delle fonti, con conseguente distinzione dei criteri di risoluzione delle antinomie con norme interne: per il diritto UE vale il meccanismo della disapplicazione, mentre il contrasto con la CEDU deve passare per il sindacato di legittimità costituzionale. Questo conclusione è stata confermata anche dopo il Trattato di Lisbona 2. Il riferimento alla CEDU deve essere inteso non alle disposizioni contenute nella Convenzione, ma alle norme ricavate dalle stesse da parte della Corte di Strasburgo La distinzione tra le norme CEDU e le norme comunitarie deve essere ribadita nel presente procedimento nei termini stabiliti dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte, nel senso che le prime, pur rivestendo grande rilevanza, in quanto tutelano e valorizzano i diritti e le libertà fondamentali delle persone, sono pur sempre norme internazionali pattizie, che vincolano lo Stato, ma non producono effetti diretti nell’ordinamento interno, tali da affermare la competenza dei giudici nazionali a darvi applicazione nelle controversie ad essi sottoposte, non applicando nello stesso tempo le norme interne in eventuale contrasto. L’art. 117, primo comma, Cost., nel testo introdotto nel 2001 con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, ha confermato il precitato orientamento giurisprudenziale di questa Corte. La disposizione costituzionale ora richiamata distingue infatti, in modo significativo, i vincoli derivanti dall’«ordinamento comunitario» da quelli riconducibili agli «obblighi internazionali». Si tratta di una differenza non soltanto terminologica, ma anche sostanziale. Con l’adesione ai Trattati comunitari, l’Italia è entrata a far parte di un “ordinamento” più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità, anche in riferimento al potere legislativo, nelle materie oggetto dei Trattati medesimi, con il solo limite dell’intangibilità dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione. La Convenzione EDU, invece, non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Corte costituzionale, sentenza n. 348 del 2007 In occasione di ogni questione nascente da pretesi contrasti tra norme interposte e norme legislative interne, occorre verificare congiuntamente la conformità a Costituzione di entrambe e precisamente la compatibilità della norma interposta con la Costituzione e la legittimità della norma censurata rispetto alla stessa norma interposta. Nell’ipotesi di una norma interposta che risulti in contrasto con una norma costituzionale, questa Corte ha il dovere di dichiarare l’inidoneità della stessa ad integrare il parametro, provvedendo, nei modi rituali, ad espungerla dall’ordinamento giuridico italiano. Poiché, come chiarito sopra, le norme della CEDU vivono nell’interpretazione che delle stesse viene data dalla Corte europea, la verifica di compatibilità costituzionale deve riguardare la norma come prodotto dell’interpretazione, non la disposizione in sé e per sé considerata. Si deve peraltro escludere che le pronunce della Corte di Strasburgo siano incondizionatamente vincolanti ai fini del controllo di costituzionalità delle leggi nazionali. Tale controllo deve sempre ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il vincolo derivante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall’art. 117, primo comma, Cost., e la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzione. In sintesi, la completa operatività delle norme interposte deve superare il vaglio della loro compatibilità con l’ordinamento costituzionale italiano, che non può essere modificato da fonti esterne, specie se queste non derivano da organizzazioni internazionali rispetto alle quali siano state accettate limitazioni di sovranità come quelle previste dall’art. 11 della Costituzione. Corte costituzionale, sentenza n. 348 del 2007 Ragioni di una così netta inversione di tendenza Più chiara collocazione delle fonti UE e del sistema CEDU nel sistema delle fonti nazionale Dal diritto penale come ‘Cina imperiale chiusa nelle sue muraglie e con i porti sbarrati’ (M. S. Giannini) a un sistema delle fonti sempre più complesso e labirintico, che cerca affannosamente il suo equilibro tra le maglie di un dialogo tra le Carte e le Corti spesso assai complesso (V. Manes, Il giudice nel labirinto) Principio di legalità in materia penale come filo d’Arianna cui affidarsi per non uscire indenni dal labirinto 1. Riserva di legge 2. Determinatezza e/o tassatività 3. Irretroattività della legge penale sfavorevole e retroattività della lex mitior RAPPORTI TRA DIRITTO PENALE E UNIONE EUROPEA Tradizionale punto fermo: l’UE non è titolare di una competenza penale diretta in materia penale, nel senso che non può introdurre fattispecie incriminatrici direttamente applicabili nei singoli Stati membri Ragioni: 1. Riserva di legge in materia penale e c.d. deficit democratico nel procedimento legislativo europeo 2. Assenza di una base giuridica sufficientemente solida nei Trattati istitutivi RAPPORTI TRA DIRITTO PENALE E UNIONE EUROPEA Entrambe le argomentazioni sembrerebbero essere meno perentorie dopo il Trattato di Lisbona 1. Rafforzamento del ruolo del Parlamento e introduzione della procedura di ‘codecisione’ come procedura legislativa ordinaria 2. Artt. 83 e 86 TFUE Articolo 86 TFUE 1. Per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea a partire da Eurojust. Il Consiglio delibera all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo. In mancanza di unanimità, un gruppo di almeno nove Stati membri può chiedere che il Consiglio europeo sia investito del progetto di regolamento. In tal caso la procedura in sede di Consiglio è sospesa. Previa discussione e in caso di consenso, il Consiglio europeo, entro quattro mesi da tale sospensione, rinvia il progetto al Consiglio per adozione. Entro il medesimo termine, in caso di disaccordo, e se almeno nove Stati membri desiderano instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di regolamento in questione, essi ne informano il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. In tal caso l'autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata di cui all'articolo 20, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea e all'articolo 329, paragrafo 1 del presente trattato si considera concessa e si applicano le disposizioni sulla cooperazione rafforzata. 2. La Procura europea è competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio, eventualmente in collegamento con Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, quali definiti dal regolamento previsto nel paragrafo 1, e i loro complici. Essa esercita l'azione penale per tali reati dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri. 3. I regolamenti di cui al paragrafo 1 stabiliscono lo statuto della Procura europea, le condizioni di esercizio delle sue funzioni, le regole procedurali applicabili alle sue attività e all'ammissibilità delle prove e le regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti procedurali che adotta nell'esercizio delle sue funzioni. 4. Il Consiglio europeo può adottare, contemporaneamente o successivamente, una decisione che modifica il paragrafo 1 allo scopo di estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, e che modifica di conseguenza il paragrafo 2 per quanto riguarda gli autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri e i loro complici. Il Consiglio europeo delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.