GLI ABBRACCI MANCATI TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE IV Liceo Scientifico A.S. 2014/2015 Prof.ssa Biagiotti Dante Purgatorio Canto II Incontro tra Dante e Casella […] al viso mio s’affisar quelle anime fortunate tutte quante, quasi obliando d’ire a farsi belle. Io vidi una di lor trarresi avante per abbracciarmi con sì grande affetto, che mosse me a far lo somigliante. Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto! tre volte dietro a lei le mani avvinsi, e tante mi tornai con esse al petto. Di maraviglia, credo, mi dipinsi; per che l’ombra sorrise e si ritrasse, e io, seguendo lei, oltre mi pinsi. (Dante, Purg., II, vv. 73-84) VIRGILIO, IL MODELLO DANTESCO Eneide Libro II Incontro tra Enea e Creusa Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l’intera Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli. […] Osando persino lanciare grida nell’ombra riempii di clamore le vie e mesto chiamai invano ripetendo ancora ed ancora Creusa. Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case della città, mi apparve davanti agli occhi l’infelice simulacro e l’ombra di Creusa, immagine maggiore di lei. […] Com’ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime, desideroso di dirle molto, e svanì nell’aria lieve. Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia: tre volte inutilmente avvinta l’immagine dileguò tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno. (Virgilio, Eneide, II, vv. 749-751; 768-773; 790-794) VIRGILIO, IL MODELLO DANTESCO Eneide Libro VI Incontro tra Enea e Anchise Egli [Anchise], quando vide Enea che gli veniva incontro sul prato, protese commosso entrambe le mani, e le lagrime scorsero dalle palpebre, e la voce eruppe dalle labbra: “Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre, vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti in volto, e ascoltare la nota voce e risponderti? […]” Ed egli: “La tua mesta immagine, o padre, comparendomi così di frequente, mi spinse a dirigermi a queste soglie; le navi sostano nel mare Tirreno. Concedi di stringerti la destra, concedi, e non sottrarti all’abbraccio.” Così discorrendo, rigava il viso di largo pianto. Tre volte cercò di circondargli il collo con le braccia, tre volte invano afferrata l’immagine sfuggì dalle mani; pari a lievi venti, simile ad alato sogno. (Virgilio, Eneide, VI, vv. 684-689; 695-702) OMERO, IL MODELLO VIRGILIANO Iliade Libro XXIII Achille sogna Patroclo […] il Pelide sulla riva del mare sonoro se ne stava a gemere dal profondo del petto, insieme a molti Mirmidoni, in un punto sgombro da navi, dove le onde spazzavano il lido; quando lo prese il sonno, sciogliendo le pene del cuore, avvolgendo dolcemente […] gli apparve l’ombra del povero Patroclo, somigliante a lui in ogni cosa, statura, begli occhi, voce, e indossava gli stessi vestiti; gli stette sospeso sopra la testa e prese a parlargli: “[…] Dammi sepoltura al più presto, ch’io varchi la porte dell’Ade. Su, dammi la mano, ti prego: mai più nel futuro tornerò dall’Ade, quando ma’avrete onorato col fuoco […].” A lui di rimando diceva Achille dal piede veloce: “[…] avvicinati a me! Almeno un istante abbracciati, gustiamo il piacere del pianto amaro.” Detto così, protese le braccia, ma non lo strinse: come fumo l’anima sotto terra se ne scendeva stridendo […]. (Iliade, XXIII, vv. 59-63; 65-68; 71; 75-76; 93; 97-102) OMERO, IL MODELLO VIRGILIANO Odissea Libro XI Odisseo incontra Anticlea Io lì fermo restai, finché mia madre sopraggiunse che bevve il nero sangue e mi conobbe, e tra il pianto disse a me parole alate: “Come scendesti, figlio mio, da vivo nell’ombra tenebrosa? Arduo è vedere questi luoghi, ai viventi […]. […] il rimpianto di te, nobile Odisseo, del tuo senno e del tuo tenero affetto, mi ha tolto il bene della dolce vita». Disse: io, tra me pensando, avrei voluto l’ombra abbracciare della madre morta. Tre volte mi slanciai, mi urgeva in cuore di abbracciarla, e tre volte dalle braccia mi volò via, simile ad ombra o a sogno. (Odissea, XI, vv. 152-157; 199-207) TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE: TORQUATO TASSO Gerusalemme Liberata Canto XII Il duello tra Clorinda e Tancredi Tre volte il cavalier la donna stringe con le robuste braccia, e altrettante poi da quei nodi tenaci ella si scinge, nodi di fier nemico e non d’amante. Tornano al ferro, e l’un e l’altro il tinge di molto sangue: e stanco e anelante e questi e quegli al fin pur si ritira, e dopo lungo faticar respira. (Torquato Tasso, La Gerusalemme liberata, XII, LVII) TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE: UGO FOSCOLO Sonetto «In morte del fratello Giovanni» Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentil anni caduto. La Madre or sol suo dì tardo traendo parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse a voi le palme tendo e sol da lunge i miei tetti saluto. Sento gli avversi numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta. (Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni)