Università degli studi di Pavia Facoltà di Lettere e Filosofia, Scienze Politiche, Giurisprudenza, Ingegneria, Economia Corso di laurea Interdipartimentale in Comunicazione, Innovazione e Multimedialità “Il Punk: da subcultura a cultura” Relatore: Chiar.mo Prof. Mario Dossoni Correlatrice: Chiar.ma Prof. Federica Da Milano Di Carmela Schettino matricola: 362019/38 A.A.: 2012/ 2013 Subcultura Punk: solo ciuffi colorati, abiti succinti e note distorte? God save Punk Il punk esplode in Inghilterra intorno al 1976. Nasce musicalmente in America, ma è in Gran Bretagna che il fenomeno assume risonanza, diventando cultura giovanile. I giovani inglesi manifestano la propria rabbia contro gli alti tassi di disoccupazione giovanile e di povertà, contro un sistema “borghese” ed ipocrita da combattere a suon di chitarre distorte, versi urlati, stile aggressivo ed atteggiamenti violenti. Anarchia, nichilismo, irriverenza, ma anche “do it yourself” e impegno sociale e “politico” per un “futuro non scritto” . Abbigliamento eccentrico, spille da balia, svastiche ed immagini offensive su magliette bucate erano simbolo di insofferenza. “White Riot, I wanna riot. White riot, a riot on my own…” “ Anarchy for the U.K. …” “God save the queen It's a fascist regime They made you a moron A potential H-bomb” Ma il punk non rimase soltanto pura ribellione giovanile, caos e provocazione: fu rivolta ideologica e sociale e soprattutto… Fu rivoluzione ed innovazione culturale: Il punk ci ha donato in eredità una visione del mondo di impronta indelebile, diventata parte integrante del sistema sociale e culturale attuale. L’invito dei giovani punk di allora alle generazioni successive è quello di abbattere le barriere gerarchicamente imposte, sulla base dei valori di uguaglianza sociale e libertà di espressione e creatività personale “The future is unwritten” “Anche tu puoi prendere in mano uno strumento e creare la tua band” Il “do it yourself” made in 1977 “Segui i tuoi sogni e realizzali, porta avanti le tue idee per cambiare il mondo” Il “do it yourself” oggi Punk Capitalismo: cosa è rimasto? Le diverse riletture dello stile punk e la politica del “do it yourself” sono diventati ingredienti fondamentali di molte delle “ricette” di cui ci nutriamo tutti i giorni. • • • • • • • Internet, “Wiki”, la pirateria e i social network Il Self- publishing La moda Il graffitismo La musica Marketing I “punk capitalisti” Il “do it yourself” in tecnologia • Internet come spazio virtualmente infinito dove muoversi liberamente libero download di file multimediali la pirateria digitale profondo sconvolgimento del mercato. • “Wiki”: produzione aperta e condivisa di significati. • I social network come libera espressione di contenuti, preferenze e della propria personalità. • Il self-publishing come mezzo attraverso il quale coltivare con successo la propria passione per la scrittura. Uno stile di tendenza Il punk in giacche di foggia militare, pantaloni da combattimento, magliette con teschi: una moda che rievoca gli stili estrosi ed aggressivi di Richard Meyers, John Lydon, Paul Simonon e compagni. “Sex”, il negozio di abbigliamento di Malcom McLaren e Vivienne Westwood, giocò un ruolo essenziale nella diffusione di catene, borchie e accessori bondage. I grandi brand del settore sono stati abili nel trasformare uno stile ribelle in puro trend da grandi magazzini. Graffitismo: Il fenomeno, esploso a New York tra gli anni ’70 e ’80, rappresenta in pieno lo spirito “punk” di ribellione e voglia di esprimere sé stessi: voluminose scritte colorate che sembrano pretendere attenzione e ascolto. Rilevante influenza nel campo della comunicazione pubblicitaria. Musica: Dal post-punk, che ha continuato a credere nel grande potere della musica, al grunge, fino ad arrivare all’ondata pop-punk che ha plasmato i gusti musicali ( e non solo) di milioni di ragazzi nel mondo. Economia e Marketing “Have it your way”, “Think different”, “Just do it”: le più imponenti multinazionali di successo globale adottano slogan e strategie di marketing che vogliono porre il consumatore in posizione centrale, proponendo uno stile di vita libero e rivoluzionario “dal sapore molto punk”. “Punk capitalisti”: imprenditori che tentano di innovare il capitalismo moderno dall’interno, non ponendo il profitto come unico e più importante traguardo e cercando di “vendere” non solo prodotti e servizi, bensì idee e significati. Come Joe Strummer o Johnny Rotten, esternano il proprio estro creativo, invitando gli individui a fare lo stesso e a ragionare sempre di testa propria. “Do it yourself”: ciascuno di noi deve avere libertà di esprimere sé stesso, sviluppare i propri progetti e realizzare i propri sogni, senza che sia qualcun altro a dirci se e come possiamo farlo. Il palco è anche nostro. Tutti noi siamo potenziali “rock star”. “Punk Rock isn’t something you grow out of, Punk Rock is an attitude and the essence of that attitude is ‘Give us some truth’”