Anno I - Numero IV - Marzo 2014
Indice
La cultura occidentale non è sessista?
Di RACHELE PELLEGRINI
P. 4
Let’s talk about sex
Di REBECCA BUCCHERI
P. 6
L’uomo e la donna nella cultura
di ANNACHIARA BRESSAN
P. 7
La nudità come atto politico
di MARCO RIDOLFI
P. 8
Panoramica sul femminicidio
di MATILDE DAL CANTO
P. 10
Il Confronto: Quote Rosa
di ALICE MELOSI e BEATRICE BRUNI
P. 11
La malattia dimenticata
di MARCO RIDOLFI
P. 12
Intervista al dott. De Gennaro
A cura di MATILDE DAL CANTO
P. 13
Punk: morto o ancora vivo?
di DAVIDE INNOCENTE
P. 16
Women’s music
di SILVIA GIORGETTI
P. 18
Cinema per uomini
di GIOVANNI GIANNINI
P. 20
Ultime Uscite
P. 22
Aria di primavera in città
Di IRENE FIORENZA
P. 23
Sudoku
P. 24
22
12
Attualità
PAROLE DAL PASSATO
C
i sono concetti, frasi, parole del passato
di cui abbiamo solo
sentito parlare e di
cui non conosciamo bene il
significato perché, per fortuna,
non abbiamo avuto un contatto
diretto con queste realtà.
“Guerra fredda” e “regime”
sono due perfetti esempi. Eppure, leggendo la cronaca internazionale di questi ultimi
tempi, sembra che queste due
parole stiano tornando pericolosamente in voga. La situazione della Crimea, penisola
dell’Ucraina, sebbene nei nostri tg venga spesso posposta al
dibattito politico
nazionale,
non
può semplicemente essere ignorata
e catalogata come
“crisi diplomatica”. No. Perché
quando uno dei
più potenti stati al
mondo, la Federazione Russa, rivendica un territorio che, per
accordi internazionali, è stato
assegnato ad un’altra nazione,
non si può fingere che non stia
succedendo niente. Tantomeno
se questo stato è governato da
un uomo, Vladimir Putin, famoso per le sue politiche oligarchiche; tantomeno se questo
stato è in possesso di uno dei
più grandi arsenali al mondo,
comprensivo anche di bombe
atomiche; tantomeno se questo
stato è una delle superpotenze
della produzione energetica. E
il recente referendum che ha
sancito che la popolazione
della Crimea vuole l’annessione alla Russia non va preso
come un segnale di libertà e di
distensione, bensì come l’ennesima messinscena organizzata
da un governo sempre più simile al “regime”: infatti come
si può definire valido un referendum in cui i seggi sono
presidiati da militari inviati da
uno dei due stati interessati?
La situazione, forse a causa
della vicinanza della Crimea
concetto menzionato all’inizio,
“guerra fredda” è la situazione
a cui, anche se in maniera meno decisa di allora, stiamo
andando incontro. E come è
stata affrontata in Italia la questione? Oltre alla solita totale
indifferenza dei media, che
preferiscono concentrarsi su
questioni di maggior “grido”,
abbiamo avuto il simpatico
(per non dire di peggio) di
turno che, sulla scia del referendum in Crimea, ha indetto il
referendum per l’indipendenza
del Veneto. Anche qui persistono dubbi sulla “validità” del
voto, ma di
ben
altra
natura: vi è
infatti una
netta differenza tra il
numero di
votanti
annunciato
dagli organizzatori, 2
milioni, e
da
altre
fonti accertate, poco più di
centomila. Allora permettetemi
di concludere recuperando
un’altra frase, stavolta un po’
meno recente, dal passato:
“L’Italia è fatta, adesso bisogna
fare
gli
Italiani” (G.Garibaldi). E direi che
questa non ha bisogno di spiegazioni.
con gli stati europei o forse per
la pericolosità delle parti in
causa, è stata affrontata di
petto dagli organi internazionali: la Russia è stata esclusa dal
G8 e la Nato ha interrotto ogni
tipo di collaborazione. E’ già
qualcosa, poiché in altre situazioni, come la crisi in Turchia
e le guerre civili post Primavera Araba, non si erano visti
provvedimenti oltre alle solite Alessandro
belle parole. Comunque l’altro Marchetti II C
133
Cultura e Società
LA CULTURA OCCIDEN
I
l sessismo esiste ed è un
dato di fatto. La nostra
indagine tuttavia, non
verterà su quale momento
storico o fattore naturale ne
costituisca il promotore e l’origine, ma bensì sul ruolo che la
nostra società civilizzata e
progredita ha avuto e continua
a svolgere per garantirne la
sopravvivenza e favorirne l’incremento.
Centro studi e documentazione
del pensiero femminile di Torino che, dopo aver analizzato
circa 500 libri illustrati e intervistato qualcosa come due
centinaia di bambini compresi
tra i 7 e i 10 anni, ritiene di
aver trovato uno dei principali
punti chiave dell’indagine
sull’origine e lo sviluppo dei
La nostra cultura infatti, per
quanto si vanti della sua libertina “accidentalità” , mantiene in
realtà una radicata percezione
sessista alla quale si trova ad
essere talmente affezionata da
impegnarsi addirittura nella sua
velata e implicita divulgazione,
così da assicurarne un solido
ma inconsapevole manteni- tipi sessuali nei moderni. Tra le
mento.
poche pagine di un unico libro
illustrato per bambini non è
A tal proposito, i ferri della stato difficile per gli esperti
nostra cultura vanno ad operare individuare decine di piccoli
proprio sul feto della nostra messaggi subliminali che ben
società, ovvero nei bambini, identificassero e distinguessero
inserendo nei protagonisti della i personaggi di un certo sesso
contemporanea e futura gene- mediante l’attribuzione di derazione, secondo un procedi- terminate caratteristiche che
mento
per
niente invasivo
ma funzionale,
il seme dei
fatali stereotipi
di genere.
Ce lo conferma
una
ricerca
sociologica del
4
nella mente-spugna di un bambino rimarranno così associate
alla figura femminile piuttosto
che a quella maschile.
Per cui in libri infantili come
nei cartoni animati la figura o
seduta in poltrona a guardare la
tv o che rientra in casa con la
valigetta o che legge il giornale
rappresenterà sempre il padre,
quindi l’uomo, mentre quella o
con le pantofole o che fa le
faccende o che indossa il grembiule sarà inevitabilmente la
madre e quindi la donna. Queste considerazioni che possono
apparire estremamente innocenti, assumono invece un peso
maggiore quando veniamo a
conoscenza di come guardando
l’immagine, proposta loro dai
ricercatori, di un orso accuratamente privato di ogni carattere
fisiologico sessuale riconoscibile, ma dotato di una collana e
intento nella lettura del giornale, il 99% dei bambini intervistati lo abbia identificato comunque come il papà della
famiglia, quindi come uomo;
mentre allo stesso modo, osservando il disegno di un orso non
Cultura e Società
NTALE NON E’ SESSISTA?
sessualmente determinato
con
indosso un grembiule, il 100% dei
bambini abbiano
risposto “la mamma”, quindi la
donna, alla domanda “chi è?”.
glianti - in
effetti
mi
rammarico
per chiunque
di voi non
abbia
mai
provato l’ebbrezza e il
divertimento
di rassettare
Ne consegue, in virtù della un armadio o caricare una lavanaturale capacità associativa trice- destinati alle bambine
dei bambini, che anche nella femmine.
realtà la figura femminile venga inconsapevolmente da loro L’attenzione culturale alla
catalogata come responsabile determinazione degli stereotipi
della casa, dei figli, e dei lavori si preoccupa poi anche di acdomestici mentre altrettanto
compagnare gli individui nella
scontato è che l’idea del lavoro,
dei soldi, e dell’interesse cultu- loro crescita e adeguarsi al
rale vengano, sempre dai bam- cambiamento dei loro poli di
bini, riferite alla figura ma- interesse. Seguendo infatti la
schile.
stessa dinamica di immagini e
messaggi subliMa l’addestramento dei ruoli minali e talvolnon finisce qui. Nella fase imta violenti, che
mediatamente successiva si
comincia anche a coinvolgere inconsapevoll’area del gioco, per cui mentre mente vanno a
le case di giocattoli producono strutturare ed
utensili da lavoro, piste da influenzare il
costruire, macchinine da guida- nostro occhio
re e spade per combattere critico sul mondestinate ai maschietti, si
dedicano anche alla messa in do, la pubblicicircolo di cucine a misura di tà e la telecobambino, di piccoli armadi da municazione
rassettare, di lavatrici in pla- passano poi a
stica da avviare o di bambo- proporre modelli femminili
lotti a cui badare pubblicizzati seduttivi
nelle
riviste/
tramite confezioni dominate
trasmissioni per adolescenti,
dal colore rosa e dalle facce
contente o dai sorrisi sma- oggi in larga parte improntate
alla rappresentazione di una
donna-oggetto e di conseguenza ad una commercializzazione
nonché “stereotipizzazione” del
femminile che può essere poi
ritrovata tra gli elementi alla
base di quella violenza sessista
a cui quotidianamente assistiamo.
Rachele Pellegrini II B LC
5
Cultura e Società
LET’S TALK ABOUT SEX
L
a questione sessualità rimane ancora
oggi profondamente
controversa, in particolar modo per noi giovani,
privi di ogni mezzo ed utile
informazione.
Ci ritroviamo perennemente
circondati da pregiudizi e stereotipi che in un modo o
nell'altro tendono a condizionarci nella nostra vita sessuale,
a partire dalla dicotomia
"verginella"-"poco di buono",
dall' "uomo-stallone" e così
via. Pregiudizi e stereotipi
creati appositamente dalla
società da tempo immemore
che ancora oggi continuano a
rimanere fortemente radicati in
tutti noi, probabilmente anche
per la mancanza di un'adeguata
educazione sessuale che nessuno ci offre.
Uno dei maggiori problemi
legati a questo tema è il cosiddetto "slut-shaming". Termine
proprio della filosofia femminista - applicabile comunque
ad entrambi i sessi - si riferisce
a quell'atteggiamento che la
società ha nei confronti di chi
non vive la propria intimità
come si aspetterebbe o come
vorrebbe. Questo porta ad essere ritenute delle "poco di buono" o delle "femminucce", per
la controparte maschile, se non
rispettiamo determinati standard.
Questo, oltre ad altri "miti"
molto diffusi, quali quello della
verginità
(sul
12
6
quale non mi soffermerò per la
complessità dell'argomento per chi fosse interessato consiglio il libro "The Purity Myth"
di Jessica Valenti -) o quelli
legati alla religione, indirettamente ci influenzano e potrebbero portarci a vivere la nostra
sessualità non liberamente. In
tutti questi "miti" e pregiudizi,
infatti, la parola libertà non
viene nemmeno presa in considerazione, mentre è invece una
delle componenti fondamentali
della sessualità. Il bello del
sesso dovrebbe essere proprio
questo, il sentirsi liberi di fare
tutto ciò che ci va e che ci
piace, anche se per il resto del
mondo può sembrare "strano",
sentirsi
liberi
di
esplorare ed esplorarci, sentirsi liberi di
avere una NOSTRA
sessualità, come noi
la desideriamo, senza
la paura di essere
giudicati o visti di
cattivo occhio.
Di questo si occupa
un giovane movimento, quello della "sex
positivity", che promuove appunto un
nuovo approccio alla
sessualità. Promuove
la libertà, a prescindere dai gusti personali,
dal sesso e dall'orientamento sessuale, di
vivere la propria intimità come meglio
crediamo, promuove
l'accettazione di ogni tipo di
pratica sessuale (purché ci sia
il consenso di entrambe le
parti, si intende). Promuove
l'abbattimento
dello
slutshaming e di qualsiasi altro
pregiudizio e stereotipo legato
alla sessualità.
In un fantastico mondo ideale,
questa mentalità sarebbe universalmente accettata e tutti
sarebbero liberi e felici come
unicorni.
Sfortunatamente,
dovremo aspettare ancora un
po', ma spero, con il mio articolo, di smuovere almeno gli
animi di questa piccola scuola.
Rebecca Buccheri II B LC
Attualità
L’UOMO E LA DONNA NELLA CULTURA
N
el nostro paese,
per legge, la parità dei sessi è ormai consolidata,
ma nella vita di tutti i giorni
sono numerosi gli esempi, più
o meno rilevanti, che rivelano
quanto gli stereotipi legati al
sesso degli individui siano
radicati nella nostra cultura e
pensiero. Per strada i fischi
molesti e volgari che spesso
infastidiscono le ragazze mentre passeggiano sono solo il
primo degli esempi sui quali
questo articolo desidera far
riflettere; come lo è l’idea che
gli uomini debbano fare il
primo passo nel corteggiamento, mentre le ragazze
siano talvolta viste strane se
sono loro a farlo. Questo che
sembra il rituale standard
stereotipi di genere
d’approccio non è forse ingiusto nei confronti di ragazzi
timidi o ragazze intraprendenti? Altri pregiudizi fatti pesare
a maschi e femmine dagli
amici meno sensibili sono
legati alle dimensioni di “certi
apparati”. Episodi di bullismo, coloro che sentono di
dover mascherare le proprie
emozioni, coloro che disegnano l’apparato maschile su
ogni superficie ( muri delle
strade, bagni, vocabolari..) ed
altri esempi rivelano quanto
sia dovuto e necessario per
questi ragazzi dimostrare la
propria virilità, spesso esasperata, e tale atteggiamento
danneggia (oltre alle superfici) sia le ragazze, oggetto di
scherzi di cattivo gusto, sia
quei ragazzi che, in pace con
la propria mascolinità, non
si comportano
in questo modo. All’opposto le ragazze,
tormentate dai
media,
si
preoccupano di
esasperare la
propria bellezza, che diventa
il primo e più
importante
metro di giudizio a discapito
di molte, e
della loro salute fisica e mentale. Per quan-
to riguarda la sfera personale
sono molte le questioni limitanti nella vita di tutti i giorni,
dalla presenza e quantità di
peli ai colori degli abiti. La
scelta degli sport o delle passioni da coltivare è influenzata anch’essa da stereotipi,
come avviene nei confronti
dei ragazzi nel mondo della
danza, classica in particolare.
La pratica di tali attività è
iniziata da bimbi e bimbe
usualmente di tenera età, e
dunque molto influenzabili
dai genitori che, anche involontariamente,
selezionano
per i figli le attività ritenute
“più adatte” (fra quelle praticate maggiormente da bimbi
del medesimo sesso). Non
criticando o emarginando la
minoranza di persone che non
si lasciano condizionare dai
pregiudizi si verrebbero ad
aprire nuovi orizzonti di scelta
e quindi nuove possibilità di
affermare se stessi in modo
originale e personale, secondo
i veri interessi di ognuno.
Che la società si sviluppi fino
ad ottenere una tale aperture
mentale da garantire libertà
dai pregiudizi è certo un
obiettivo ancora da raggiungere, obiettivo per il quale
invito voi lettori a credere e
impegnarvi, obiettivo che
porterà senza dubbio una più
alta qualità della vita.
Annachiara
Bressan II B LC
137
Attualità
LA NUDITA’ COME
L
a nuova espressione
del
femminismo
sembra essere il
topless. È così almeno che manifesta un nutrito
gruppo di giovanissime, belle
ed arrabbiate, che utilizzano il
loro corpo come arma e come
simbolo. Al passo coi tempi
sfruttano i nuovi media per
farsi conoscere e allargare la
propria protesta, che vanta
sostenitrici da tutto il mondo. Il
movimento a cui appartengono
si chiama Femen e le sue esponenti si autoproclamano le
nuove femministe (pop) del
XXI secolo. Non molto amiche dei regimi totalitari (e
nemmeno dei politici in generale), grazie alle loro uscite a
petto nudo, sono state anche
oggetto di violenze e di incarcerazioni: è successo a Kiev nel
luglio 2013 per la
visita del presidente russo Putin
ed in Tunisia in
giugno.
Le loro proteste
hanno suscitato
scalpore, generato commenti non
sempre dei più
positivi e fatto il
giro del mondo.
Ed il fenomeno
ha solo cinque
anni. Femen viene infatti fondato
in
12
8
nude, belle e arrabbiate: le nuove
Ucraina nel 2008 da Anna
Hutsol, classe 1988, e da altre
giovani studentesse, per protestare contro il turismo sessuale
ucraino. Ben presto dall’industria della prostituzione si sono
spostate (e scagliate) anche sui
culti religiosi tradizionali, accusati di essere portatori di una
mentalità patriarcale; sono
entrate in lotta contro corruzione e autoritarismo e si sono
mosse in difesa dei diritti degli
omosessuali. A partire da Kiev
nel 2008 le Femen si sono fatte
sentire ovunque: ai campionati
europei di calcio, a Mosca, a
Davos, a Zurigo, poi a Istanbul
e sulla Torre Eiffel; a Londra,
nuovamente a Parigi, a Milano
e più volte in Vaticano. Controversa è la vicenda del loro
arrivo nei paesi musulmani:
fortemente critiche, tanto da
protestare contro le compagne
europee, le femministe islamiche le hanno accusate di un
femminismo coloniale rifiutando ogni aiuto.
Fra tante manifestazioni nasce
tuttavia una domanda, se le
Femen facciano più scalpore
per le loro battaglie o per il
topless. Inna Shevchenko, una
delle attiviste in prima linea, al
quotidiano britannico The
Guardian, ha affermato che il
topless è l’unico modo, “in un
mondo che appartiene agli
uomini”, per “provocarli e
catturare l'attenzione di tutti” .
In risposta, c’è chi le accusa di
assecondare gli stereotipi maschilisti esibendo il loro corpo.
I pareri dividono anche i tradi-
Attualità
ATTO POLITICO
femministe del XXI secolo
zionali movimenti femministi.
Ad alcune non piacciono:
“Riconosco la forza della
provocazione, ma io sono
critica – afferma Lea Melandri – perché da questo movimento viene messo sotto silenzio tutto quel patrimonio di
cultura e pratica politica che
è il pensiero del femminismo,
si rischia di cancellare un
pezzo di storia del movimento.” Ma non manca chi, fra le
femministe storiche, è lieta
del fenomeno Femen, come
Giorgia Serughetti, che rilancia: “Il corpo nudo ormai è
svuotato di carica eversiva,
essendo stato commercializzato per decenni. Le trovo molto
attuali e contemporanee, senza nulla togliere alle battaglie
fatte con le parole.” Tuttavia
le Femen
non sembrano interessate alle
vecchie
femministe:
con
loro hanno
tagliato i
ponti,
o
forse non li
hanno mai
allacciati,
nonostante
alcune
battaglie
condivise.
Perché le
femministe
classiche
non capiscono, sono troppo
“cerebrali” mentre loro sono
“per una protesta di strada”,
come racconta Josephine
Witt, 21 anni, leader del gruppo tedesco, in un’intervista
per il Corriere della Sera.
Emblematiche le parole delle
nuove militanti sul femminismo stile
anni settanta:
“Pensavamo
che volesse
dire vestirsi
male
con
capigliature
strane
e
odiare
gli
uomini” ha
commentato
a “Die Zeit”
Alexandra
Shevchenko.
Ci si potrebbe interrogare sul
loro metodo, chiedersi se sia
meglio favorire una trasformazione piuttosto che provocare una reazione, ma la loro
risposta, sempre dalla Witt, è
che altrimenti diventerebbe
inutile, rischierebbero di fallire. Già a Kiev nei primi anni
del movimento avevano organizzato una manifestazione
con grandi cartelloni ma nessuno se ne era accorto. Da lì
l’esigenza della loro radicalità. Tanto radicali che un’attivista francese ha recentemente lasciato il movimento denunciando il loro metodo di
“indottrinamento”
e
“asservimento”. Alice, il cui
nome è fittizio, denuncia che
«plasmano il tuo spirito» fino
a «non esistere più in quanto
individuo»,
ma
solo
«attraverso il gruppo». Vieni
assorbito, senza violenza, e si
annulla il senso critico. «In
fondo - osserva - accetti quella stessa sottomissione contro
cui manifesti in pubblico. Ti
batti per una libertà a cui in
realtà non hai diritto».
Difficile dare un giudizio
inequivocabile sul movimento, più facile è constatarne la
dirompenza e l’irriverenza
con cui irrompono sulla scena. Il problema è capire se, al
di là delle loro manifestazioni,
abbiano le idee chiare.
Marco Ridolfi II C LC
139
Attualità
PANORAMICA SUL FEMMINICIDIO
I
un fenomeno in preoccupante aumento
n Italia è calato il numero
degli omicidi, ma non
quello dei femminicidi.
Nel 2013, secondo i dati
riportati nell’opuscolo “No
more feminicide” redatto dal
Viminale, sono state uccise
177 donne, la maggior parte di
queste dai loro partner o familiari, e nel 2014 sono già state
registrate quindici vittime, di
cui le ultime tre assassinate
proprio l’8 marzo, giornata
internazionale della donna,
comunemente definita festa
della donna. E’ un vero e proprio bollettino di guerra. In
Italia ogni due giorni una donna muore, ma anche nel resto
d’ Europa il problema non è
secondario; infatti al primo
posto si trova la Germania,
dove il 27,9% delle donne
denuncia di aver subito violenza, seguita poi da Italia, Svezia
e Svizzera.
Negli ultimi anni si è sviluppata una particolare attenzione
riguardo a questo fenomeno;
ad esempio sono nate trasmissioni come “Amore Criminale”, o spettacoli teatrali come
“Ferite a Morte” di Serena
Dandini, che ha dato voce a
vittime reali e immaginarie. I
centri antiviolenza organizzano
in occasione della festa della
donna, convegni, flash mob ed
eventi pubblici per accrescere
la sensibilità su questo tema.
Per quanto riguarda la Toscana, ad esempio, le sartorie e le
associazioni
10
Auser, quest’anno, si sono
unite nel progetto comune di
realizzare diverse trecce, che
sono poi state unite a formarne
una della lunghezza di qualche
centinaio di metri, collocata
nella piazza della SS. Annunziata a Firenze, assieme a numerose scarpe rosse. L’obiettivo è quello di tenere viva l’attenzione su questo fenomeno,
affinché cessi la violenza sulle
donne e vengano protette le
vittime. Sempre a Firenze si è
tenuta una manifestazione,
grazie alla quale le donne si
sono unite contro la violenza
femminile e hanno colto l’
occasione per rivendicare il
diritto di decidere del proprio
corpo, affinché non si debba
ricorrere ad un aborto clandestino.
Il Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano,durante la
cerimonia per la giornata internazionale della donna,
ha
detto che le uccisioni delle
donne “vanno considerate
come un lutto collettivo, una
tragedia che colpisce i sentimenti dell’intera nazione”. In
quell’occasione ha consegnato
anche varie onorificenze , fra
cui quella di Cavaliere a Lucia
Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido da due sicari
mandati dall’ex compagno, per
il coraggio, la determinazione
e la dignità con cui ha reagito
alle gravi conseguenze fisiche
dell’ignobile aggressione subita. Ad essere uccise non sono
solo donne adulte, ma anche
ragazze giovanissime: non si
può non ricordare la sedicenne
uccisa lo scorso maggio dal
fidanzato, che dopo averla
tramortita le ha dato fuoco.
Nel nostro paese c’è ancora un
fortissimo maschilismo e solo
nel 1981 è stato abolito il
“delitto d’onore” come reato.
Fino a quell’anno infatti, per
l’uomo che uccideva la compagna per aver leso il suo onore,
era prevista una pena dai tre ai
sette anni, la stessa assegnata a
chi brucia un motorino, quindi
la donna valeva quanto un
motorino. Solo da ottobre 2013
esiste una legge contro il femminicidio, contro la violenza di
genere. Spesso le donne, ancora oggi, vengono considerate
come degli oggetti, “proprietà”
dell’uomo che dice di amarle,
ma che può diventare un folle
e brutale omicida non appena
si sente in qualche modo rifiutato o messo in discussione nel
suo ruolo.
Le donne stesse, frequentemente, non denunciano le violenze subite, anche quella psicologica, per la pace familiare;
ma quando c’è violenza non
c’è pace e bisogna reagire,
denunciare . La violenza deve
essere fermata attraverso la
denuncia, le leggi, ma soprattutto attraverso un’azione educativa che parta fin da piccoli e
veda uniti uomini e donne.
Matilde Dal Canto IV A LC
Il Confronto
QUOTE ROSA
un rinnovo culturale forzato?
I
PRO
n Italia dopo le elezioni del 2013 le donne
al Senato sono il 27% dei senatori, alla
Camera il 31% dei deputati. Il tasso di
disoccupazione femminile nel Mezzogiorno è del 21% e sale al 53% per le donne che
hanno meno di 24 anni.
Attenzione: come dimostrano questi dati, la condizione della donna in Italia è ancora oggi svantaggiata rispetto a quella dell’uomo. La parità di
genere non è infatti ancora stata raggiunta: per
quanto sia un tema ritenuto superato, il sessismo“
diventa un virus duro da estirpare” dice il presidente Napolitano nel giorno della festa della
donna. Fatto ancora più allarmante, la violenza
sulle donne è in crescita. Lo welfare è in via di
continua riduzione, e la vita per le madri sempre
più complicata. Non solo, la Presidente della
Camera Laura Boldrini ha ricevuto in più occasioni insulti e minacce che indicano quanto la
politica sia una sorta di crogiuolo di stereotipi e
pregiudizi sessisti. Con lei, numerose deputate
sono state più volte insultate sul loro aspetto
fisico; ma perché questo non è mai accaduto ad
un uomo?
Le quote rosa possono aiutare la donna a recuperare un ruolo determinato, rispettato e di potere
nella società. Stabilire quote minime di presenza
femminile all’interno degli organi politici istituzionali potrebbe non solo favorire l’approvazione
di più leggi che possano proteggere o favorire la
donna-cittadina, ma sarebbe uno stimolo culturale importante per lo sviluppo morale del Paese.
Le quote rosa rappresentano infatti un primo
passo per attuare un cambiamento a livello culturale che dalla rappresentanza politica possa diventare un modello per una società più giusta.
Ma questo non potrebbe rappresentare un limite
alla meritocrazia? La mia risposta è no: senza
pari opportunità, non può esistere che una meritocrazia imperfetta.
Alice Melosi II C LC
I
CONTRO
l disegno di legge delle “quote rosa”
avrebbe previsto una certa quota di donne
parlamentari obbligatoria nel corpo legislativo. Dobbiamo effettivamente chiederci se provvedimenti di tal genere sarebbero
veramente utili. Il nostro numero di donne in
Parlamento è in media con il resto dell'Unione
Europea, e non abbiamo regolamentazioni di
genere a livello parlamentare, ma solo all'interno dei singoli partiti (principalmente il Partito
Democratico). Invece, in Paesi dove le quote
rosa esistono si ha un calo degli esponenti femminili in politica (Francia). Questi dati indicano
che, in realtà, un legge coercitiva come quella
delle quote rosa è, in realtà, poco utile, e che,
anzi, rappresenta una lesione della meritocrazia
e della democrazia su cui il nostro Governo si
dovrebbe basare. Il politico, l'individuo cui
viene temporaneamente delegata una carica
pubblica, non dovrebbe essere considerato in
quanto uomo o in quanto donna, ma in quanto
cittadino ritenuto tanto meritevole, dai suoi
pari, da assumere particolari doveri e diritti nei
confronti dello Stato, ottenuti tramite le proprie
capacità e il consenso raggiunto presso il popolo. Tutto questo verrebbe annullato dalle quote
rose, che costringerebbero a inserire in un organo politico individui scelti da un decreto che
lenisce le possibilità di scelta da parte dei votanti. Inoltre, esse sono un'offesa per le stesse
donne: un loro maggiore peso politico può e
deve essere conseguito non grazie ad un decreto
proveniente dall'alto, ma con una lotta cui dobbiamo partecipare tutti insieme, perché i veri
cambiamenti sono spontanei. In definitiva:
quote rosa? No, grazie. Le donne sono ormai
sempre più capaci di raggiungere da sole i loro
traguardi.
Beatrice Bruni
11
l’Intervista
LA MALATTIA
C
i sono tematiche e
avvenimenti
la
cui è forza è tale
da monopolizzare
l’attenzione di tutti per giorni, settimane, mesi. Ne nascono approfondimenti, dibattiti, speciali. Poi tutto
tace. Appena accade qualcosa di nuovo il vecchio argomento viene messo da parte,
talvolta gradatamente, talaltra in maniera improvvisa. È
quanto
accaduto
con
l’AIDS. Se un fiocco bianco
contraddistingue la giornata
mondiale contro la violenza
sulle donne, un fiocco rosso
è il simbolo della giornata
mondiale contro l’AIDS,
celebrata il primo dicembre
e passata decisamente in
sordina.
I primi casi vennero scoperti
negli anni ’80 e, inizialmente, si pensava riguardasse
solo tossicodipendenti e
omosessuali. Venne ritenuta
per lungo tempo una
“questione gay” e perciò fu
bellamente ignorata. Successivamente le diagnosi scoprirono che non riguardava
solo gli omosessuali. Vittima ne fu anche Rayan White, un giovane ragazzo statu-
12
con l’intervista al dott. Michele
nitense che contrasse la malattia dopo una trasfusione
infettata dal virus. L’ignoranza degli insegnanti e dei
genitori dei compagni lo
allontanò da scuola: iniziò
una battaglia legale a cui i
media diedero parecchio
spazio. Il giovane divenne
fin da subito un simbolo
della lotta all’AIDS ed al
suo fianco si schierarono
celebrità come Elton John e
Michael Jackson. Prima di
White si conosceva molto
poco della malattia e l’unica
cosa certa è che faceva paura. Le cose cambiarono
quando star dello spettacolo
e dello sport iniziarono in
televisione a sensibilizzare
la popolazione sui rischi e la
gravità della malattia.
eroinomani e omosessuali,
paradossalmente queste categorie ora sono le meno
colpite, mentre sono in aumento crescente i casi fra gli
eterosessuali. Il pericolo più
grande è dovuto alla minore
percezione del rischio nella
collettività: l’AIDS non è
più avvertita come un’emergenza ed i casi e le morti
sono considerati eventi rari;
il contagio sottostimato.
Tuttavia i dati ci raccontano
un’altra realtà, ben diversa
da quello che crediamo. Ce
lo ha raccontato il Dott. De
Gennaro durante l’ultima
assemblea del biennio, intervenuto per riportare l’attenzione sulla malattia. Di seIn questi anni si assiste inve- guito pubblichiamo l’interce, dopo le massicce campa- vista che ci ha gentilmente
gne di sensibilizzazione de- rilasciato.
gli anni ’90, ad una sottovalutazione del fenomeno, Marco Ridolfi II C LC
come se la malattia fosse
stata debellata. Ma non è
così. E il problema oggi nei
paesi sviluppati diventa anche sociale. Perché se prima
si pensava riguardasse solo
l’Intervista
DIMENTICATA
De Gennaro , 28 febbraio 2014
Oggi non è anacronistico
parlare di AIDS, considerato che la malattia è stata
scoperta negli anni “70”?
Ti ringrazio per questa domanda perché mi permette
di affermare che non è anacronistico parlare di AIDS
in questo periodo perché, di
per se, questa è una malattia
tendenzialmente dimenticata. Sembra una questione
legata ad un problema insorto 30 anni fa, però ti
assicuro che la malattia va
avanti; ci sono casi di nuove
infezioni e i problemi da
risolvere sono ancora tanti,
soprattutto in ambito preventivo. L’anacronismo sta
nel fatto che se ne parla
poco o non se ne parla affatto.
La malattia e le sue conseguenze sono le stesse di
quando fu scoperta?
Non sono le stesse. Di
AIDS si muore veramente
poco, le scoperte in campo
terapeutico sono state importanti, in questi ultimi
anni, quindi ora si muore
molto poco. I veri problemi,
legati a questa malattia,
sono rappresentati dal fatto
che ci si accorge tardi di
averla contratta e quindi si
arriva tardi alla percezione
di averla e di conseguenza
all’esecuzione del test e alla
prevenzione. Questo per
quello che riguarda l’aspetto legato all’istituzione del
test, però c’è anche un
aspetto fondamentale che
riguarda la percezione del
rischio e quello che un soggetto può fare per prevenirla. In questo senso siamo
ancora lontani dall’azzerare
completamente il numero
delle infezioni che ci sono.
Ancora oggi c’è una certa
riluttanza a parlare del
malato di AIDS e del modo di contrarre la malattia. Quali pensa siano le
cause?
Le cause sono legate principalmente al fatto che c’è
ancora una scarsa conoscenza, soprattutto una scarsa
conoscenza degli aspetti
preventivi, e c’è altrettanta
poca informazione sui Media di quelli che sono i problemi legati a questa malattia. Problemi che sono tuttora, a distanza di 30 anni,
vivi e presenti soprattutto in
ambito sanitario e preventivo e più in generale in am-
bito lavorativo discriminatorio. Questo fa si che la
malattia presenti ancora
delle problematiche molto
vive e molto evidenti.
Esistono numerosi stereotipi legati a questa malattia, può sfatarne alcuni?
Lo stereotipo è quello che
avete visto oggi nel film “
Philadelphia”, in cui il protagonista comunica al suo
amico avvocato che ha
l’AIDS dandogli la mano e
il suo amico avvocato ritrae
la sua. Questo è uno stereotipo. Io, ad alcuni colleghi e
ad alcuni pazienti e in generale a persone che non conoscono gli aspetti di questo problema, faccio una
battuta molto semplice : “
Io mi occupo di questa malattia da oltre 25 anni, vi
assicuro che sono vivo,
vegeto, sto bene e non ho
mai contratto l’infezione
pur vivendo da una vita con
pazienti sieropositivi.” Questo è uno stereotipo: il dare
la mano e avere la percezione che la contrazione
dell’infezione avvenga attraverso il contatto sociale
oppure lo stare nello stesso
ambito familiare o nello
13
l’Intervista
stesso ambito sociale o nello stesso luogo di lavoro.
Un altro stereotipo da parte
dei medici è il temere che
curare un paziente sieropositivo può essere
rischioso o esporre ad un maggior
rischio di infezione. È tutto sintetizzato in quella
mano che è tesa
dal protagonista,
Tom
Hanks,
all’avvocato.
Può fare una
panoramica locale della situazione?
Questa è una
domanda bellissima a cui rispondo
che la panoramica non è tranquillizzante. A livello
toscano le infezioni sono stabilizzate, cioè non
scendono e questo, di per se, è
un dato negativo. In termini
di panoramica locale, noi,
nel 2013, abbiamo visto
quasi il raddoppio del numero di nuove infezioni.
Quest’anno, a due mesi
dall’inizio dell’anno, il
trend è in forte crescita ed è
un
dato
assolutamente
preoccupante. L’infezione
c’è, permane,
14
12
continua a creare nuovi
soggetti infetti e quindi di
per se rimane un problema
estremamente attuale anche
nel 2014.
Ci può parlare della sua
quotidiana lotta all’AIDS,
com’è lavorare a contatto
con situazioni così delicate?
Bè, noi siamo professionisti; io faccio l’infettivologo
e con i miei colleghi ci troviamo, ormai da molti anni,
a vivere quotidianamente
con questo tipo di problema. L’approccio deve essere un approccio professionale nel senso che per noi è
vita quotidiana e pane quotidiano. Ormai non ci
spaventa
niente,
ci
spaventa
semmai
vedere sempre un numero
crescente
di
nuove infezioni, questo
sì che ci
spaventa!
Questo, per
me che lo
faccio quotidianamente,
è l’aspetto
più preoccupante. L’approccio con
i pazienti,
attualmente
e soprattutto
negli ultimi
anni, sotto tutti i punti di
vista è un approccio tranquillizzante; abbiamo molte
armi a disposizione, terapie
che impediscono l’evoluzione della malattia. Questo
è un dato che ci permette di
gestire meglio, nel tempo, il
paziente. Va ricordato che
queste sono malattie a lenta
evoluzione e questo è uno
l’Intervista
dei problemi per cui un
soggetto che non ha sintomi
non si approccia a fare il
test, però le terapie e l’approccio medico ci lascia
tutto sommato abbastanza
tranquilli in quella che è la
gestione della patologia.
Però, ovviamente, molti
problemi sono aperti, per
esempio le
terapie che
vanno utilizzate per
tutta la vita,
gli effetti
tossici della
terapia,
i
controlli e
quant’altro.
Una gestione che comunque per
un paziente
risulta molto complessa, anche se
meno complessa
rispetto
ai
tempi del
film
che
avete visto.
ad essere costante in questo
tipo di approccio, la comunicazione sull’evoluzione
della malattia deve essere il
più tranquillizzante possibile. Questo è un elemento
fondamentale. Riguardo alla
famiglia è ovvio che ci sono
varie situazioni; ci sono le
coppie di omo o di etero,
zio. Però poi successivamente se si danno le indicazioni giuste e c’è la percezione giusta delle cose da
fare, il problema non esiste
e tutto decorre tranquillo.
Il malato e la famiglia
come affrontano la malattia?
Ottima domanda. Se l’approccio con il malato è un
approccio corretto, nel senso che viene invitato a fare i
controlli, a fare la terapia,
marito e moglie o due compagni ad uno dei quali va Intervista a cura di Matilcomunicato questo tipo di de Dal Canto IV A LC
problema e la gestione quotidiana della convivenza
con il paziente. Questo,
semmai, crea indirettamente
qualche problema, all’ini-
Grazie
15
Musica
PUNK: MORTO
N
on è esattamente
un genere tra i più
amati ma ha, per
due volte, occupato il palcoscenico musicale a
livello mondiale. La prima
volta alla sua nascita nel 1977,
con i Sex Pistols e poi nel 2002
con lo storico Pop Disaster
Tour dei Blink 182 e dei Green
Day. Questo è un genere che
storicamente è cambiato sotto
tutti i punti di vista. I primi ad
emergere e a distinguersi dal
classico Rock dell’inizio degli
anni 70 sono i Ramones, portando avanti un sound diverso
ma con testi ancora un po’
acerbi: protagonista l’adolescente medio alle prese con
l’apatia e la monotonia. Contemporanei ai Ramones ci
furono anche i britannici Clash.
Questi ultimi invece di uniformare e rendere perfettamente
riconoscibile il proprio modo
di fare di fare musica, hanno
abbracciato generi diversi. Il
loro singolo “Should i stay or
should i go”, forse il più famoso, ha ben poco di punk. Queste due band hanno ispirato la
generazione X, generazione di
ragazzi vissuti musicalmente
con loro, ragazzi che caratterizzeranno la scena punk degli
anni novanta. Arriviamo finalmente al cuore pulsante di
questo genere, il Punk 77, nato
con i Sex Pistols. Fin dalla loro
formazione hanno dimostrato
ideali anticonformisti molto
forti, creando il
12
16
vero e proprio stile di questo
genere. Sulla carta i Sex Pistols
hanno suonato insieme per soli
quattro anni, incidendo un solo
disco, e nonostante ciò, hanno
profondamente influenzato la
società britannica. “God save
the queen” scritta per il giubileo d’argento e suonata durante
quell’evento, ha riscosso un
successo planetario, sebbene
sia stata considerata come una
minaccia al nazionalismo inglese. Per la prima volta una
band punk ha scritto testi con
fondamenti puramente politici
filo anarchici e anticonformisti,
identificando nitidamente
il
genere. In
un’età così
critica come
quella adolescenziale
molti ragazzi non sono
capaci
di
trovare un
idolo, una
persona a
cui ispirarsi.
L’hanno
trovata nei
cantanti
punk, pur
non essendo
dei buoni
modelli da
seguire.
Facciamo
poi un salto
di vent’anni
durante i quali il punk si è
arenato, diversificandosi in
vari sottogeneri senza ottenere
la fama e l’influenza avuti
precedentemente. Giungiamo
quindi alla già menzionata
generazione X. Protagonisti
assoluti dello scenario Punk
Rock (così si definirà dagli
anni novanta in poi) sono i
gruppi californiani. Molte band
riuscirono ad emergere ma
senza segnare questa nuova
variante del punk. Alcune hanno tentato la fortuna attraverso
case discografiche minori ma
per rimanere nella Hall of Fa-
Musica
O ANCORA VIVO?
me è necessario un passaporto
ben più prestigioso. Il passaggio ad una Major (le più importanti case discografiche
quali Warner, Emi ecc) comportava però una sorta di discriminazione da parte di tutti
coloro che suonavano in ritrovi
popolari e che erano fortemente contrari a “vendersi”. Per
passare ad una Major è necessario avere talento e carattere,
è necessario saper gestire la
tensione e il successo. Le band
che sono riuscite a reggere la
pressione della fama e ad
emergere dalla mediocrità sono
i Blik 182, i Green
Day e i Sum
41,questi ultimi però
canadesi. Queste tre
band sono accomunate da storie affini
ma dagli anni 2000
in poi hanno intrapreso strade diverse.
I loro primi lavori
ricordano il punk
delle origini, sia dal
punto di vista testuale, sia da quello
musicale. Nelle loro
canzoni c’era sempre un punto di riferimento, un’utopia:
l’eroe sopravvalutato, l’eroe della classe operaia. I Sum 41
hanno dimostrato di
poter affrontare temi
delicati come quello
della politica già ad
inizio carriera. La
loro pecca però è stata quella
di cambiare spesso membri
della band non ottenendo un
riconoscimento pari alle altre
due. Anche musicalmente i
Sum 41 sono in declino: dal
2007 non sono riusciti a far
uscire un album degno dei
precedenti. Quello di maggiore
successo è Undercassed Hero
del 2007. Viene la volta dei
Blink 182 amati per la loro
particolare ilarità. Hanno infatti sempre avuto la fama di band
pazza e fuori dagli schemi.
Seguendo questo particolare
tipo di fare musica non sono
mai riusciti a fare il salto di
qualità anzi, quando la loro
carriera era all’apice si sono
sciolti per riunirsi poi anni
dopo. Hanno conquistato la
classifiche nel 99 con l’album
Enema of the state; nel 2002
invece partecipando al Pop
Disaster Tour, sembrava che
fossero davvero pronti a cambiare. Parliamo infine dei
Green Day, band la cui storia
possiamo definirla parallela
alla storia del punk stesso.
Hanno cominciato ispirandosi
ai Ramones e ai Clash, trattando testi pertinenti e già trattati
da queste ultime. Il 2002 ha
rappresentato un anno decisivo: il Tour con i Blink simboleggiava un passaggio del testimone che però non è avvenuto.
Infatti se i Blink cominciavano
ad arenarsi, pur essendo considerati il futuro del punk, i
Green Day ritornavano al suc-
cesso dieci anni dopo aver
pubblicato il più famoso fra i
propri album, Dookie. American Idiot, album della svolta,
ha significato un cambiamento
radicale della band, sono maturati. Proprio come il punk nel
77, i loro testi sono diventati
più critici e politici. Con l’avvento di Napster e altri siti
finalizzati a scaricare musica,
American Idiot non riscosse lo
stesso boom di vendite di
Dookie, ma è diventato comunque uno tra i più amati. L’omonimo singolo ormai è l’inno dei
Green Day.
“Il punk è morto, l’ho ucciso
io”, citazione del frontman dei
Green Day, Billie Joe Armstrong. Da qui la questione più
importante: il Punk è ancora
vivo?
Negli ultimi anni il genere
punk è stato messo in discussione a causa dei più recenti
lavori: se prima il punk non
scalava le classifiche, con i
Green Day si sono avuti risultati diversi. Il nuovo sound
piace al pubblico ma è poco
apprezzato dagli esperti. Questi
ultimi hanno addirittura accusato la band di suonare a scopo
di lucro piuttosto che per diffondere fra i fan messaggi
politici come il punk ha sempre
storicamente fatto.
Davide Innocente V A LC
13
17
Musica
WOMEN’S
F
orse nessuno di voi si
è mai chiesto in che
periodo le donne
hanno cominciato ad
avere una proprio voce, non
solo nelle questioni più pratiche, ma anche nell'arte. Sicuramente la musica è stata una
delle ultime arti ad accogliere
il “gentil sesso” ma anche questa ha alla fine ceduto all'inevitabile. La risposta a questo
problema l'abbiamo avuta con
la comparsa della “Women's
Music”, genere musicale sviluppatosi appunto dalle donne
per le donne.
Il genere si è sviluppato negli
ultimi anni sessanta, inizio
settanta, periodo in cui c'erano
“poche immagini positive di
donne nel mondo della musica
popolare” e veramente poche
possibilità per le aspiranti cantanti. Le donne venivano discriminate per il loro sesso in
tutta l'industria. In quel tempo
solo poche grandi case discografiche avevano fatto firmare
dei contratti a giovani donne
talentuose. La mancanza del
loro posto nel “grande sistema”
spinse le donne a crearsi un
loro piccolo spazio separato
dalle grandi imprese discografiche. Il movimento partì innanzitutto da donne apertamente dichiarate femministe e dalle
donne omosessuali, poiché
decisamente più discriminate
rispetto alle altre, nonostante
tutto il movi-
12
18
anche noi abbiamo una voce, una
mento sessantottino che stava
prendendo piede proprio in
quegli anni. Nel 1972, Maxine
Feldman, che era una cantante
dichiaratamente gay fin dal
1964, registrò il primo album a
favore delle
donne omosessuali, chiamato “Angry
Atthis” (Atthis
era appunto
la
donna
amata dalla
poetessa Saffo), album in
cui la cantante raccontava
appunto tutte
le sue esperienze e i suoi
sentimenti
riguardanti la
sua sessualità. Nel 1973
le
band
femministe
The Chicago
Liberation
Rock Band e
The
New
Haven Women's Liberation
Rock
Band registrarono “Mountain Movin'
Day”. Questi primi album ebbero successo nonostante la
mancanza di promozione. Erano venduti e mandati attraverso
ordini postali e in alcune librerie lesbiche-femministe, come
il Lambda Rising a Washington D.C e la loro promozione
avvenne attraverso la comunicazione orale.
Il problema era che la musica
rock era vista come un genere
musicale
completamente
“dominato” dal mondo maschile. Ad ogni modo, le donne
hanno usato a loro vantaggio la
loro “differenza di sesso” mostrando un'immagine positiva e
Musica
MUSIC
voce che assomiglia al canto
attiva della donna. Un esempio
di come le donne sono riuscite
a distruggere la divisione fra i
sessi e livellarne un po' le differenze è stato anche grazie
all'assunzione di un codice di
abbigliamento più maschile e il
modo di portare i capelli. Le
donne hanno anche espresso i
loro obiettivi del movimento
femminile attraverso le parole
delle loro canzoni. Nella canzone “I am Woman” di Helen
Reddy la cantante pronuncia
queste parole: “ Sono una donna, ascoltatemi ruggire (sì, lo
diceva già qualcuno prima di
Katy Perry), e sono stata per
molto tempo stesa sul pavimento,
ma
nessuno avrà il
potere di mettermi a terra.
Mai più.” Reddy creò così un
sentimento che
potremmo definire di “Girl
Power”, prova
che
questo
esisteva
già
prima della più
recenti Spice
Girls.
Accanto
alle
canzoni, nello
stesso periodo
nacquero anche
un'infinità
di
festival in cui
onorare la nuova “Women's
Music”. Il primo prese posto
nel 1973 alla
Sacramento
State University.
Ma
fu
“solo” nel 1976
che il più grande fra questi fu
creato: il Michigan Womyn's
Music Festival.
Questi due furono i più famosi,
ma il fenomeno si è protratto
fino ai giorni nostri, arrivando
al più recente festival “in onore
delle donne”: il Los Angeles
Women's Music Festival, del
2007.
Prova di come, ancora oggi, la
lotta per i diritti delle donne
non sia finita. Essa è espressa
ancora in ogni forma possibile,
e anche grazie alla musica il
nostro sesso ha la possibilità di
riscattarsi. Pensavo che fosse
giusto informarvi di come
anche in un ambito un po' meno “serio” come la musica
anche le donne abbiano avuto
l'opportunità di riscattarsi e di
far sentire la proprio voce. Che
queste informazioni siano state
importanti o no, sta a voi deciderlo. Personalmente, ogni
volta che leggo di una tale
determinazione e forza di volontà nel perseguire le proprie
idee e i propri sogni rimango
sempre molto toccata.
Silvia Giorgetti II C LC
13
19
Cinema
C
ome forse avrete
notato, il numero di
marzo del giornalino
scolastico è dedicato
al gentil sesso, che lotta per la
sue emancipazione e il suo
riconoscimento nella nostra
società. Tuttavia, l'autore di
questo articolo, convinto della
disparità dei sessi causata dalla
netta superiorità delle donne, e
mosso a simpatia nei confronti
della metà maschile della popolazione umana, ha deciso di
dedicare a quest'ultima la sua
rubrica cinematografica, consigliando tre film prettamente
virili e adrenalinici, rappresentanti tre generi generalmente
apprezzati dagli uomini, quali
fantascienza, horror e azione.
ATTENZIONE: niente vieta ad
eventuali ma improbabili lettrici di apprezzare comunque le
pellicole presentate.
District 9
2009. Di Neill Blomkamp. Con
Sharlto Copley, Nathalie Bollt,
David James.
1982. Dopo che la loro astronave è entrata in avaria nei
cieli di Johannesburg, gli extraterrestri insettoidi noti come
“gamberoni” sono costretti, dal
governo sudafricano, a risiedere nel ghetto del Distretto 9, e a
rispettare le rigide regole imposte loro dalla MNU, la multinazionale che lo controlla. Le
cose cambieranno quando Wikus Van De Merwe, ufficiale
della
MNU,
12
20
CINEMA
P
per la pari
verrà infettato da
un virus alieno e,
braccato dal governo e da uno
spietato signore
della guerra, sarà
costretto a chiedere aiuto agli ai
“gamberoni” che
prima disprezzava tanto. Questo
è uno dei migliori
film di fantascienza
degli
ultimi anni, per
vari motivi. Innanzitutto, per il
realismo di cui sono intrise le
scene, molte delle quali sembrano riprese nella vita reale,
effetto ottenuto grazie agli
ottimi effetti speciali semiartigianali e al fatto che parte del
film è girato come un finto
documentario. Ma la vera colonna portante del film è la
critica che, attraverso un racconto di fantasia, Blomkamp
porta al suo Paese natale, di cui
evidenzia i difetti: primo tra
tutti l'apartheid, ma anche il
potere su parte dei
territori che il governo
concede ai capitribù.
Il tutto è coadiuvato
da l'idea (non originale, ma trattata in modo
particolare) che gli
esseri umani possono
essere crudeli allo
stesso modo e più dei
mostri che temono.
Un film da non perdere.
Benvenuti a Zombieland
2009. Di Ruben Fleischer. Con
Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Emma Stone.
In un'America ormai devastata
da un virus che ha trasformato
le persone in zombie affamati,
un eterogeneo gruppo di sopravvissuti compie un viaggio
attraverso il Paese: il giovane
nerd Columbus (Eisenberg), il
redneck
Tallahassee
(Harrelson), e le due sorelle
ladruncole Wichita (Stone) e
Cinema
PER
tà deiUOMINI
sessi
Little Rock. Divenuto un cult
in patria, questo film recupera
la migliore tradizione zombie
romeriana. L'America è ormai
stata trasformata, dai mass
media e dal consumismo sfrenato, in un deserto popolato da
creature senza cervello il cui
unico obiettivo è consumare il
prodotto ultimo: l'umanità
stessa. Solo i “reietti” sono
rimasti veramente umani, grazie ai loro difetti (il continuo
bisogno di autoimporsi regole
del nerd, l'inclinazione all'ira
del redneck e l'astuzia smaliziata delle sorelle) che nel
mondo dei non-morti sono
diventati indispensabili virtù.
La parodia sociale è poi accompagnata da uno humor
nero che è l'altra componente
fondamentale della storia. Mitici i titoli di testa e il cameo di
Bill Murrey, nel ruolo di se
stesso.
Trejo, Robert De
Niro, Steven Seagal.
Il violento ma idealista
poliziotto
messicano Machete
(Trejo), dopo aver
visto moglie e figlia morire per
mano del boss della
droga
Torrez
(Seagal),
viene
incaricato di uccidere il senatore
McLaughlin
(De
Niro), razzista e
corrotto. Non immagina di stare per
essere coinvolto in
una vera e propria
guerra.
Se nel
nostro Mediterraneo muoiono centinaia di immigrati africani, nel
deserto tra gli Stati Uniti e il
Messico perdono la vita molti
messicani che partono col desiderio di cambiare vita. E a
Machete
2010. Di Robert Rodriguez, Rodriguez, messicano di origiEthan Maniquis. Con Danny ni, questo non va giù. Nel film
viene raccontata
la storia di una
popolazione
soffocata
dai
boss della malavita da una parte,
e dagli ingordi
politici dall'altra.
Il tutto condito
dal carisma del
nostro eroe, che,
incorruttibile e
inarrestabile,
sbaraglia orde di nemici in un
sanguinolento caos tarantiniano (ricordiamo, per tutte, la
scena in cui Machete usa l'intestino di una vittima per calarsi
alla finestra del piano sottostante). Ma questa violenza
adrenalinica e a tratti grottesca
non rischia mai di addolcire il
messaggio politico del film, di
poche pretese ma non per questo meno eloquente.
Giovanni Giannini II C LC
13
21
Ultime Uscite
ULTIME USCITE
MUSICA
LIBRI
FILM
Gabriella Cilmi – The Sting –
Marzo 2014
Kaleidoscopic – Onironauta –
03/03
Le luci della centrale elettrica
– Costellazioni – 04/03
Lea Michele – Louder – 04/03
Moby – Almost Home – Live at
the Fonda – 04/03
Lily Allen – Air Balloon –
07/03
Afterhours – Hai paura del
buio? - Reloaded – 11/03
Francesco Renga – Tempo
Reale – 11/03
Bastille – Flaws – 14/03
Christina Perri – Human –
14/03
George Michael – Symphonica
– 18/03
Kylie Minogue – Kiss me once
– 18/03
Aloe Blacc – Lift your spirit –
25/03
John Banville - La bionda
dagli occhi neri. Un'indagine
di Philip Marlowe, Guanda,
17,50€
Edgar L. Doctorow – Tutto il
tempo del mondo, Mondadori,
20€
Paul Auster, J.M. Coetzee - Qui
e ora. Lettere 20082011,Einaudi, 19,50€
Violetta Bellocchio – Il corpo
non dimentica, Mondadori,
17€
Tess Gallagher - Viole nere,
Einaudi, 15€
Philipp Meyer - Il figlio, Einaudi, 22€
Nadine Gordimer – Racconti di
una vita, Feltrinelli, 19€
Jojo Moyes – La ragazza che
hai lasciato, Mondadori, 16€
Adriana Zarri - Con quella
luna negli occhi, Einaudi,
17,50€
Captain America - The Winter Soldier di Anthony Russo e
Joe Russo, azione
Storia di una ladra di libri di
Brian Percival , drammatico
Cuccioli - Il paese del vento di
Sergio Manfio, animazione
Quando c'era Berlinguer di
Walter Veltroni, documentario
Yves Saint Laurent di Jalil
Lespert , drammatico
Politicamente Scorretto - The
Hunter S. Thompson's Gonzo
di Alex Gibney, documentario
In grazia di Dio, drammatico
La luna su Torino di Davide
Ferraio, drammatico
I fratelli Karamazov di Petr
Zelenka, drammatico
Fuoristrada di Elisa Amoruso,
documentario
Roma città aperta di Roberto
Rossellini, drammatico
12
222
Cronaca Locale
ARIA DI PRIMAVERA IN CITTA’
D
opo un mese di assenza, ritorna la
rubrica degli eventi. Questa seconda metà di marzo è, come al solito,
abbastanza sostanziosa, anche se
non eccessivamente.
Al Lu.C.C.A. (Lucca Center of Contemporary
Art) viene allestita la mostra “Inquieto Novecento”, che parte dal 15 di questo mese e si
protrae fino al 22 di giugno; che si prefigge,
tramite l’esposizione di sperimentazioni artistiche provocatorie e irriverenti al passo con la
società dinamica e in continua evoluzione del
novecento, di analizzare gli scossoni stilistici e
di pensiero che hanno portato l’arte verso territori imprevisti, frutto di un tentativo degli artisti
dell’epoca di riscrivere l’arte uscendo dai soliti
schemi. E’ possibile visitarla da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle ore 19.00; il prezzo
del biglietto intero è di nove euro, ridotto 7
euro. I bambini fino ai 6 anni non pagano.
A palazzo Guinigi è stata inaugurata la mostra
“FiorGen arte Lucca”: si tratta di 150 opere
d’arte di quaranta artisti toscani contemporanei,
che rendono omaggio alla storia e alla creatività
CINEFORUM EZECHIELE
Mercoledì 26 marzo 2014 ore
21.30 - Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca
SYNECDOCHE, NEW
YORK, di Charlie Kaufman,
Usa 2008 - 124'
v.o. con sottotitoli italiani
Martedì 1 aprile 2014 ore
21.30 - Cinema Astra
DUE GIORNI A NEW
YORK, di Julie Delpy - Usa
2013 - 91'
Mercoledì 2 aprile 2014 ore
21.30 - Auditorium Fondazio-
di Lucca. Si snoda in due itinerari: il primo si
snoda fra le opere di Giuliano Giuggioli, celebre artista di fama mondiale; il secondo tragitto
conduce alla scoperta di sculture, acquerelli,
punte secche, mosaici, scagliole, oli, acrilici
realizzati da 39 celebri artisti diversi. Sarà aperta fino al 30 marzo, a ingresso libero.
Dall’ 8 marzo è iniziata una serie di incontri
culturali che si protrarrà fino al 29 marzo, intitolata “Mura rinascimentali a confronto”, iniziativa inserita nell’ambito delle manifestazioni
per i cinquecento anni delle mura.
Continua la mostra “Umberto Prencipe e la
Toscana - Tra modernità e tradizione”, presso la
Fondazione Ragghianti. Umberto Prencipe era
un pittore e incisore incredibilmente produttivo,
presente nelle principali rassegne nazionali e
internazionali e premiato più volte, che attraversò in maniera autonoma la prima metà del Novecento, sensibile alle nuove soluzioni contemporanee ma che rimaneva fermo nel suo stile
sentimentale e intimista.
Irene Fiorenza IV A LC
ne Banca del Monte di Lucca
IL MESSIA,
di Roberto Rossellini, Ita 1975
- 145'
Venerdì 4 aprile 2014 ore
21.30
Auditorium San Micheletto
IL CONCERTO, di Radu
Mihaileanu, Fra 2009 - 120' v.o. con sottotiroli
Martedì 8 aprile 2014 ore
21.30 - Cinema Astra
ROMA CITTÀ APERTA
di Roberto Rossellini - Italia
1945 - 98'
Mercoledì 9 aprile 2014 ore
20.45 - Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca
A SLUM SYMPHONY
di Cristiano Barbarossa, Ita
2010 - 90'
Venerdì 11 aprile 2014 ore
21.30 - Auditorium San Micheletto: ELEPHANT
di Gus Van Sant, Usa 2003 81′
Martedì 15 aprile 2014 ore
21.30 - Cinema Astra QUARTETTO BASILEUS
di Fabio Carpi - Italia 1981 92'
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Ringraziamenti
Hanno collaborato a questo
numero:
Marco Ridolfi
Alessandro Marchetti
Martina Andreini
Annachiara Bressan
Rachele Pellegrini
Giovanni Giannini
Silvia Giorgetti
Alice Melosi
Davide Innocente
Matilde Dal Canto
Rebecca Buccheri
Ringraziamenti speciali a
Prof.ssa Visconti Elisabetta
Prof.ssa Batistoni Donatella
Prof. Galletti Paolo
per la correzione delle bozze
Sig. Stefano Giampaoli
per la collaborazione in fase di
impaginazione
Prof. Giorgio Macchiarini
per la stampa del giornalino
Copertina e vignette: Marco Ridolfi
SUDOKU
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Marzo 2014 - WordPress.com