Anno I - Numero IV - Marzo 2014 Indice La cultura occidentale non è sessista? Di RACHELE PELLEGRINI P. 4 Let’s talk about sex Di REBECCA BUCCHERI P. 6 L’uomo e la donna nella cultura di ANNACHIARA BRESSAN P. 7 La nudità come atto politico di MARCO RIDOLFI P. 8 Panoramica sul femminicidio di MATILDE DAL CANTO P. 10 Il Confronto: Quote Rosa di ALICE MELOSI e BEATRICE BRUNI P. 11 La malattia dimenticata di MARCO RIDOLFI P. 12 Intervista al dott. De Gennaro A cura di MATILDE DAL CANTO P. 13 Punk: morto o ancora vivo? di DAVIDE INNOCENTE P. 16 Women’s music di SILVIA GIORGETTI P. 18 Cinema per uomini di GIOVANNI GIANNINI P. 20 Ultime Uscite P. 22 Aria di primavera in città Di IRENE FIORENZA P. 23 Sudoku P. 24 22 12 Attualità PAROLE DAL PASSATO C i sono concetti, frasi, parole del passato di cui abbiamo solo sentito parlare e di cui non conosciamo bene il significato perché, per fortuna, non abbiamo avuto un contatto diretto con queste realtà. “Guerra fredda” e “regime” sono due perfetti esempi. Eppure, leggendo la cronaca internazionale di questi ultimi tempi, sembra che queste due parole stiano tornando pericolosamente in voga. La situazione della Crimea, penisola dell’Ucraina, sebbene nei nostri tg venga spesso posposta al dibattito politico nazionale, non può semplicemente essere ignorata e catalogata come “crisi diplomatica”. No. Perché quando uno dei più potenti stati al mondo, la Federazione Russa, rivendica un territorio che, per accordi internazionali, è stato assegnato ad un’altra nazione, non si può fingere che non stia succedendo niente. Tantomeno se questo stato è governato da un uomo, Vladimir Putin, famoso per le sue politiche oligarchiche; tantomeno se questo stato è in possesso di uno dei più grandi arsenali al mondo, comprensivo anche di bombe atomiche; tantomeno se questo stato è una delle superpotenze della produzione energetica. E il recente referendum che ha sancito che la popolazione della Crimea vuole l’annessione alla Russia non va preso come un segnale di libertà e di distensione, bensì come l’ennesima messinscena organizzata da un governo sempre più simile al “regime”: infatti come si può definire valido un referendum in cui i seggi sono presidiati da militari inviati da uno dei due stati interessati? La situazione, forse a causa della vicinanza della Crimea concetto menzionato all’inizio, “guerra fredda” è la situazione a cui, anche se in maniera meno decisa di allora, stiamo andando incontro. E come è stata affrontata in Italia la questione? Oltre alla solita totale indifferenza dei media, che preferiscono concentrarsi su questioni di maggior “grido”, abbiamo avuto il simpatico (per non dire di peggio) di turno che, sulla scia del referendum in Crimea, ha indetto il referendum per l’indipendenza del Veneto. Anche qui persistono dubbi sulla “validità” del voto, ma di ben altra natura: vi è infatti una netta differenza tra il numero di votanti annunciato dagli organizzatori, 2 milioni, e da altre fonti accertate, poco più di centomila. Allora permettetemi di concludere recuperando un’altra frase, stavolta un po’ meno recente, dal passato: “L’Italia è fatta, adesso bisogna fare gli Italiani” (G.Garibaldi). E direi che questa non ha bisogno di spiegazioni. con gli stati europei o forse per la pericolosità delle parti in causa, è stata affrontata di petto dagli organi internazionali: la Russia è stata esclusa dal G8 e la Nato ha interrotto ogni tipo di collaborazione. E’ già qualcosa, poiché in altre situazioni, come la crisi in Turchia e le guerre civili post Primavera Araba, non si erano visti provvedimenti oltre alle solite Alessandro belle parole. Comunque l’altro Marchetti II C 133 Cultura e Società LA CULTURA OCCIDEN I l sessismo esiste ed è un dato di fatto. La nostra indagine tuttavia, non verterà su quale momento storico o fattore naturale ne costituisca il promotore e l’origine, ma bensì sul ruolo che la nostra società civilizzata e progredita ha avuto e continua a svolgere per garantirne la sopravvivenza e favorirne l’incremento. Centro studi e documentazione del pensiero femminile di Torino che, dopo aver analizzato circa 500 libri illustrati e intervistato qualcosa come due centinaia di bambini compresi tra i 7 e i 10 anni, ritiene di aver trovato uno dei principali punti chiave dell’indagine sull’origine e lo sviluppo dei La nostra cultura infatti, per quanto si vanti della sua libertina “accidentalità” , mantiene in realtà una radicata percezione sessista alla quale si trova ad essere talmente affezionata da impegnarsi addirittura nella sua velata e implicita divulgazione, così da assicurarne un solido ma inconsapevole manteni- tipi sessuali nei moderni. Tra le mento. poche pagine di un unico libro illustrato per bambini non è A tal proposito, i ferri della stato difficile per gli esperti nostra cultura vanno ad operare individuare decine di piccoli proprio sul feto della nostra messaggi subliminali che ben società, ovvero nei bambini, identificassero e distinguessero inserendo nei protagonisti della i personaggi di un certo sesso contemporanea e futura gene- mediante l’attribuzione di derazione, secondo un procedi- terminate caratteristiche che mento per niente invasivo ma funzionale, il seme dei fatali stereotipi di genere. Ce lo conferma una ricerca sociologica del 4 nella mente-spugna di un bambino rimarranno così associate alla figura femminile piuttosto che a quella maschile. Per cui in libri infantili come nei cartoni animati la figura o seduta in poltrona a guardare la tv o che rientra in casa con la valigetta o che legge il giornale rappresenterà sempre il padre, quindi l’uomo, mentre quella o con le pantofole o che fa le faccende o che indossa il grembiule sarà inevitabilmente la madre e quindi la donna. Queste considerazioni che possono apparire estremamente innocenti, assumono invece un peso maggiore quando veniamo a conoscenza di come guardando l’immagine, proposta loro dai ricercatori, di un orso accuratamente privato di ogni carattere fisiologico sessuale riconoscibile, ma dotato di una collana e intento nella lettura del giornale, il 99% dei bambini intervistati lo abbia identificato comunque come il papà della famiglia, quindi come uomo; mentre allo stesso modo, osservando il disegno di un orso non Cultura e Società NTALE NON E’ SESSISTA? sessualmente determinato con indosso un grembiule, il 100% dei bambini abbiano risposto “la mamma”, quindi la donna, alla domanda “chi è?”. glianti - in effetti mi rammarico per chiunque di voi non abbia mai provato l’ebbrezza e il divertimento di rassettare Ne consegue, in virtù della un armadio o caricare una lavanaturale capacità associativa trice- destinati alle bambine dei bambini, che anche nella femmine. realtà la figura femminile venga inconsapevolmente da loro L’attenzione culturale alla catalogata come responsabile determinazione degli stereotipi della casa, dei figli, e dei lavori si preoccupa poi anche di acdomestici mentre altrettanto compagnare gli individui nella scontato è che l’idea del lavoro, dei soldi, e dell’interesse cultu- loro crescita e adeguarsi al rale vengano, sempre dai bam- cambiamento dei loro poli di bini, riferite alla figura ma- interesse. Seguendo infatti la schile. stessa dinamica di immagini e messaggi subliMa l’addestramento dei ruoli minali e talvolnon finisce qui. Nella fase imta violenti, che mediatamente successiva si comincia anche a coinvolgere inconsapevoll’area del gioco, per cui mentre mente vanno a le case di giocattoli producono strutturare ed utensili da lavoro, piste da influenzare il costruire, macchinine da guida- nostro occhio re e spade per combattere critico sul mondestinate ai maschietti, si dedicano anche alla messa in do, la pubblicicircolo di cucine a misura di tà e la telecobambino, di piccoli armadi da municazione rassettare, di lavatrici in pla- passano poi a stica da avviare o di bambo- proporre modelli femminili lotti a cui badare pubblicizzati seduttivi nelle riviste/ tramite confezioni dominate trasmissioni per adolescenti, dal colore rosa e dalle facce contente o dai sorrisi sma- oggi in larga parte improntate alla rappresentazione di una donna-oggetto e di conseguenza ad una commercializzazione nonché “stereotipizzazione” del femminile che può essere poi ritrovata tra gli elementi alla base di quella violenza sessista a cui quotidianamente assistiamo. Rachele Pellegrini II B LC 5 Cultura e Società LET’S TALK ABOUT SEX L a questione sessualità rimane ancora oggi profondamente controversa, in particolar modo per noi giovani, privi di ogni mezzo ed utile informazione. Ci ritroviamo perennemente circondati da pregiudizi e stereotipi che in un modo o nell'altro tendono a condizionarci nella nostra vita sessuale, a partire dalla dicotomia "verginella"-"poco di buono", dall' "uomo-stallone" e così via. Pregiudizi e stereotipi creati appositamente dalla società da tempo immemore che ancora oggi continuano a rimanere fortemente radicati in tutti noi, probabilmente anche per la mancanza di un'adeguata educazione sessuale che nessuno ci offre. Uno dei maggiori problemi legati a questo tema è il cosiddetto "slut-shaming". Termine proprio della filosofia femminista - applicabile comunque ad entrambi i sessi - si riferisce a quell'atteggiamento che la società ha nei confronti di chi non vive la propria intimità come si aspetterebbe o come vorrebbe. Questo porta ad essere ritenute delle "poco di buono" o delle "femminucce", per la controparte maschile, se non rispettiamo determinati standard. Questo, oltre ad altri "miti" molto diffusi, quali quello della verginità (sul 12 6 quale non mi soffermerò per la complessità dell'argomento per chi fosse interessato consiglio il libro "The Purity Myth" di Jessica Valenti -) o quelli legati alla religione, indirettamente ci influenzano e potrebbero portarci a vivere la nostra sessualità non liberamente. In tutti questi "miti" e pregiudizi, infatti, la parola libertà non viene nemmeno presa in considerazione, mentre è invece una delle componenti fondamentali della sessualità. Il bello del sesso dovrebbe essere proprio questo, il sentirsi liberi di fare tutto ciò che ci va e che ci piace, anche se per il resto del mondo può sembrare "strano", sentirsi liberi di esplorare ed esplorarci, sentirsi liberi di avere una NOSTRA sessualità, come noi la desideriamo, senza la paura di essere giudicati o visti di cattivo occhio. Di questo si occupa un giovane movimento, quello della "sex positivity", che promuove appunto un nuovo approccio alla sessualità. Promuove la libertà, a prescindere dai gusti personali, dal sesso e dall'orientamento sessuale, di vivere la propria intimità come meglio crediamo, promuove l'accettazione di ogni tipo di pratica sessuale (purché ci sia il consenso di entrambe le parti, si intende). Promuove l'abbattimento dello slutshaming e di qualsiasi altro pregiudizio e stereotipo legato alla sessualità. In un fantastico mondo ideale, questa mentalità sarebbe universalmente accettata e tutti sarebbero liberi e felici come unicorni. Sfortunatamente, dovremo aspettare ancora un po', ma spero, con il mio articolo, di smuovere almeno gli animi di questa piccola scuola. Rebecca Buccheri II B LC Attualità L’UOMO E LA DONNA NELLA CULTURA N el nostro paese, per legge, la parità dei sessi è ormai consolidata, ma nella vita di tutti i giorni sono numerosi gli esempi, più o meno rilevanti, che rivelano quanto gli stereotipi legati al sesso degli individui siano radicati nella nostra cultura e pensiero. Per strada i fischi molesti e volgari che spesso infastidiscono le ragazze mentre passeggiano sono solo il primo degli esempi sui quali questo articolo desidera far riflettere; come lo è l’idea che gli uomini debbano fare il primo passo nel corteggiamento, mentre le ragazze siano talvolta viste strane se sono loro a farlo. Questo che sembra il rituale standard stereotipi di genere d’approccio non è forse ingiusto nei confronti di ragazzi timidi o ragazze intraprendenti? Altri pregiudizi fatti pesare a maschi e femmine dagli amici meno sensibili sono legati alle dimensioni di “certi apparati”. Episodi di bullismo, coloro che sentono di dover mascherare le proprie emozioni, coloro che disegnano l’apparato maschile su ogni superficie ( muri delle strade, bagni, vocabolari..) ed altri esempi rivelano quanto sia dovuto e necessario per questi ragazzi dimostrare la propria virilità, spesso esasperata, e tale atteggiamento danneggia (oltre alle superfici) sia le ragazze, oggetto di scherzi di cattivo gusto, sia quei ragazzi che, in pace con la propria mascolinità, non si comportano in questo modo. All’opposto le ragazze, tormentate dai media, si preoccupano di esasperare la propria bellezza, che diventa il primo e più importante metro di giudizio a discapito di molte, e della loro salute fisica e mentale. Per quan- to riguarda la sfera personale sono molte le questioni limitanti nella vita di tutti i giorni, dalla presenza e quantità di peli ai colori degli abiti. La scelta degli sport o delle passioni da coltivare è influenzata anch’essa da stereotipi, come avviene nei confronti dei ragazzi nel mondo della danza, classica in particolare. La pratica di tali attività è iniziata da bimbi e bimbe usualmente di tenera età, e dunque molto influenzabili dai genitori che, anche involontariamente, selezionano per i figli le attività ritenute “più adatte” (fra quelle praticate maggiormente da bimbi del medesimo sesso). Non criticando o emarginando la minoranza di persone che non si lasciano condizionare dai pregiudizi si verrebbero ad aprire nuovi orizzonti di scelta e quindi nuove possibilità di affermare se stessi in modo originale e personale, secondo i veri interessi di ognuno. Che la società si sviluppi fino ad ottenere una tale aperture mentale da garantire libertà dai pregiudizi è certo un obiettivo ancora da raggiungere, obiettivo per il quale invito voi lettori a credere e impegnarvi, obiettivo che porterà senza dubbio una più alta qualità della vita. Annachiara Bressan II B LC 137 Attualità LA NUDITA’ COME L a nuova espressione del femminismo sembra essere il topless. È così almeno che manifesta un nutrito gruppo di giovanissime, belle ed arrabbiate, che utilizzano il loro corpo come arma e come simbolo. Al passo coi tempi sfruttano i nuovi media per farsi conoscere e allargare la propria protesta, che vanta sostenitrici da tutto il mondo. Il movimento a cui appartengono si chiama Femen e le sue esponenti si autoproclamano le nuove femministe (pop) del XXI secolo. Non molto amiche dei regimi totalitari (e nemmeno dei politici in generale), grazie alle loro uscite a petto nudo, sono state anche oggetto di violenze e di incarcerazioni: è successo a Kiev nel luglio 2013 per la visita del presidente russo Putin ed in Tunisia in giugno. Le loro proteste hanno suscitato scalpore, generato commenti non sempre dei più positivi e fatto il giro del mondo. Ed il fenomeno ha solo cinque anni. Femen viene infatti fondato in 12 8 nude, belle e arrabbiate: le nuove Ucraina nel 2008 da Anna Hutsol, classe 1988, e da altre giovani studentesse, per protestare contro il turismo sessuale ucraino. Ben presto dall’industria della prostituzione si sono spostate (e scagliate) anche sui culti religiosi tradizionali, accusati di essere portatori di una mentalità patriarcale; sono entrate in lotta contro corruzione e autoritarismo e si sono mosse in difesa dei diritti degli omosessuali. A partire da Kiev nel 2008 le Femen si sono fatte sentire ovunque: ai campionati europei di calcio, a Mosca, a Davos, a Zurigo, poi a Istanbul e sulla Torre Eiffel; a Londra, nuovamente a Parigi, a Milano e più volte in Vaticano. Controversa è la vicenda del loro arrivo nei paesi musulmani: fortemente critiche, tanto da protestare contro le compagne europee, le femministe islamiche le hanno accusate di un femminismo coloniale rifiutando ogni aiuto. Fra tante manifestazioni nasce tuttavia una domanda, se le Femen facciano più scalpore per le loro battaglie o per il topless. Inna Shevchenko, una delle attiviste in prima linea, al quotidiano britannico The Guardian, ha affermato che il topless è l’unico modo, “in un mondo che appartiene agli uomini”, per “provocarli e catturare l'attenzione di tutti” . In risposta, c’è chi le accusa di assecondare gli stereotipi maschilisti esibendo il loro corpo. I pareri dividono anche i tradi- Attualità ATTO POLITICO femministe del XXI secolo zionali movimenti femministi. Ad alcune non piacciono: “Riconosco la forza della provocazione, ma io sono critica – afferma Lea Melandri – perché da questo movimento viene messo sotto silenzio tutto quel patrimonio di cultura e pratica politica che è il pensiero del femminismo, si rischia di cancellare un pezzo di storia del movimento.” Ma non manca chi, fra le femministe storiche, è lieta del fenomeno Femen, come Giorgia Serughetti, che rilancia: “Il corpo nudo ormai è svuotato di carica eversiva, essendo stato commercializzato per decenni. Le trovo molto attuali e contemporanee, senza nulla togliere alle battaglie fatte con le parole.” Tuttavia le Femen non sembrano interessate alle vecchie femministe: con loro hanno tagliato i ponti, o forse non li hanno mai allacciati, nonostante alcune battaglie condivise. Perché le femministe classiche non capiscono, sono troppo “cerebrali” mentre loro sono “per una protesta di strada”, come racconta Josephine Witt, 21 anni, leader del gruppo tedesco, in un’intervista per il Corriere della Sera. Emblematiche le parole delle nuove militanti sul femminismo stile anni settanta: “Pensavamo che volesse dire vestirsi male con capigliature strane e odiare gli uomini” ha commentato a “Die Zeit” Alexandra Shevchenko. Ci si potrebbe interrogare sul loro metodo, chiedersi se sia meglio favorire una trasformazione piuttosto che provocare una reazione, ma la loro risposta, sempre dalla Witt, è che altrimenti diventerebbe inutile, rischierebbero di fallire. Già a Kiev nei primi anni del movimento avevano organizzato una manifestazione con grandi cartelloni ma nessuno se ne era accorto. Da lì l’esigenza della loro radicalità. Tanto radicali che un’attivista francese ha recentemente lasciato il movimento denunciando il loro metodo di “indottrinamento” e “asservimento”. Alice, il cui nome è fittizio, denuncia che «plasmano il tuo spirito» fino a «non esistere più in quanto individuo», ma solo «attraverso il gruppo». Vieni assorbito, senza violenza, e si annulla il senso critico. «In fondo - osserva - accetti quella stessa sottomissione contro cui manifesti in pubblico. Ti batti per una libertà a cui in realtà non hai diritto». Difficile dare un giudizio inequivocabile sul movimento, più facile è constatarne la dirompenza e l’irriverenza con cui irrompono sulla scena. Il problema è capire se, al di là delle loro manifestazioni, abbiano le idee chiare. Marco Ridolfi II C LC 139 Attualità PANORAMICA SUL FEMMINICIDIO I un fenomeno in preoccupante aumento n Italia è calato il numero degli omicidi, ma non quello dei femminicidi. Nel 2013, secondo i dati riportati nell’opuscolo “No more feminicide” redatto dal Viminale, sono state uccise 177 donne, la maggior parte di queste dai loro partner o familiari, e nel 2014 sono già state registrate quindici vittime, di cui le ultime tre assassinate proprio l’8 marzo, giornata internazionale della donna, comunemente definita festa della donna. E’ un vero e proprio bollettino di guerra. In Italia ogni due giorni una donna muore, ma anche nel resto d’ Europa il problema non è secondario; infatti al primo posto si trova la Germania, dove il 27,9% delle donne denuncia di aver subito violenza, seguita poi da Italia, Svezia e Svizzera. Negli ultimi anni si è sviluppata una particolare attenzione riguardo a questo fenomeno; ad esempio sono nate trasmissioni come “Amore Criminale”, o spettacoli teatrali come “Ferite a Morte” di Serena Dandini, che ha dato voce a vittime reali e immaginarie. I centri antiviolenza organizzano in occasione della festa della donna, convegni, flash mob ed eventi pubblici per accrescere la sensibilità su questo tema. Per quanto riguarda la Toscana, ad esempio, le sartorie e le associazioni 10 Auser, quest’anno, si sono unite nel progetto comune di realizzare diverse trecce, che sono poi state unite a formarne una della lunghezza di qualche centinaio di metri, collocata nella piazza della SS. Annunziata a Firenze, assieme a numerose scarpe rosse. L’obiettivo è quello di tenere viva l’attenzione su questo fenomeno, affinché cessi la violenza sulle donne e vengano protette le vittime. Sempre a Firenze si è tenuta una manifestazione, grazie alla quale le donne si sono unite contro la violenza femminile e hanno colto l’ occasione per rivendicare il diritto di decidere del proprio corpo, affinché non si debba ricorrere ad un aborto clandestino. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,durante la cerimonia per la giornata internazionale della donna, ha detto che le uccisioni delle donne “vanno considerate come un lutto collettivo, una tragedia che colpisce i sentimenti dell’intera nazione”. In quell’occasione ha consegnato anche varie onorificenze , fra cui quella di Cavaliere a Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido da due sicari mandati dall’ex compagno, per il coraggio, la determinazione e la dignità con cui ha reagito alle gravi conseguenze fisiche dell’ignobile aggressione subita. Ad essere uccise non sono solo donne adulte, ma anche ragazze giovanissime: non si può non ricordare la sedicenne uccisa lo scorso maggio dal fidanzato, che dopo averla tramortita le ha dato fuoco. Nel nostro paese c’è ancora un fortissimo maschilismo e solo nel 1981 è stato abolito il “delitto d’onore” come reato. Fino a quell’anno infatti, per l’uomo che uccideva la compagna per aver leso il suo onore, era prevista una pena dai tre ai sette anni, la stessa assegnata a chi brucia un motorino, quindi la donna valeva quanto un motorino. Solo da ottobre 2013 esiste una legge contro il femminicidio, contro la violenza di genere. Spesso le donne, ancora oggi, vengono considerate come degli oggetti, “proprietà” dell’uomo che dice di amarle, ma che può diventare un folle e brutale omicida non appena si sente in qualche modo rifiutato o messo in discussione nel suo ruolo. Le donne stesse, frequentemente, non denunciano le violenze subite, anche quella psicologica, per la pace familiare; ma quando c’è violenza non c’è pace e bisogna reagire, denunciare . La violenza deve essere fermata attraverso la denuncia, le leggi, ma soprattutto attraverso un’azione educativa che parta fin da piccoli e veda uniti uomini e donne. Matilde Dal Canto IV A LC Il Confronto QUOTE ROSA un rinnovo culturale forzato? I PRO n Italia dopo le elezioni del 2013 le donne al Senato sono il 27% dei senatori, alla Camera il 31% dei deputati. Il tasso di disoccupazione femminile nel Mezzogiorno è del 21% e sale al 53% per le donne che hanno meno di 24 anni. Attenzione: come dimostrano questi dati, la condizione della donna in Italia è ancora oggi svantaggiata rispetto a quella dell’uomo. La parità di genere non è infatti ancora stata raggiunta: per quanto sia un tema ritenuto superato, il sessismo“ diventa un virus duro da estirpare” dice il presidente Napolitano nel giorno della festa della donna. Fatto ancora più allarmante, la violenza sulle donne è in crescita. Lo welfare è in via di continua riduzione, e la vita per le madri sempre più complicata. Non solo, la Presidente della Camera Laura Boldrini ha ricevuto in più occasioni insulti e minacce che indicano quanto la politica sia una sorta di crogiuolo di stereotipi e pregiudizi sessisti. Con lei, numerose deputate sono state più volte insultate sul loro aspetto fisico; ma perché questo non è mai accaduto ad un uomo? Le quote rosa possono aiutare la donna a recuperare un ruolo determinato, rispettato e di potere nella società. Stabilire quote minime di presenza femminile all’interno degli organi politici istituzionali potrebbe non solo favorire l’approvazione di più leggi che possano proteggere o favorire la donna-cittadina, ma sarebbe uno stimolo culturale importante per lo sviluppo morale del Paese. Le quote rosa rappresentano infatti un primo passo per attuare un cambiamento a livello culturale che dalla rappresentanza politica possa diventare un modello per una società più giusta. Ma questo non potrebbe rappresentare un limite alla meritocrazia? La mia risposta è no: senza pari opportunità, non può esistere che una meritocrazia imperfetta. Alice Melosi II C LC I CONTRO l disegno di legge delle “quote rosa” avrebbe previsto una certa quota di donne parlamentari obbligatoria nel corpo legislativo. Dobbiamo effettivamente chiederci se provvedimenti di tal genere sarebbero veramente utili. Il nostro numero di donne in Parlamento è in media con il resto dell'Unione Europea, e non abbiamo regolamentazioni di genere a livello parlamentare, ma solo all'interno dei singoli partiti (principalmente il Partito Democratico). Invece, in Paesi dove le quote rosa esistono si ha un calo degli esponenti femminili in politica (Francia). Questi dati indicano che, in realtà, un legge coercitiva come quella delle quote rosa è, in realtà, poco utile, e che, anzi, rappresenta una lesione della meritocrazia e della democrazia su cui il nostro Governo si dovrebbe basare. Il politico, l'individuo cui viene temporaneamente delegata una carica pubblica, non dovrebbe essere considerato in quanto uomo o in quanto donna, ma in quanto cittadino ritenuto tanto meritevole, dai suoi pari, da assumere particolari doveri e diritti nei confronti dello Stato, ottenuti tramite le proprie capacità e il consenso raggiunto presso il popolo. Tutto questo verrebbe annullato dalle quote rose, che costringerebbero a inserire in un organo politico individui scelti da un decreto che lenisce le possibilità di scelta da parte dei votanti. Inoltre, esse sono un'offesa per le stesse donne: un loro maggiore peso politico può e deve essere conseguito non grazie ad un decreto proveniente dall'alto, ma con una lotta cui dobbiamo partecipare tutti insieme, perché i veri cambiamenti sono spontanei. In definitiva: quote rosa? No, grazie. Le donne sono ormai sempre più capaci di raggiungere da sole i loro traguardi. Beatrice Bruni 11 l’Intervista LA MALATTIA C i sono tematiche e avvenimenti la cui è forza è tale da monopolizzare l’attenzione di tutti per giorni, settimane, mesi. Ne nascono approfondimenti, dibattiti, speciali. Poi tutto tace. Appena accade qualcosa di nuovo il vecchio argomento viene messo da parte, talvolta gradatamente, talaltra in maniera improvvisa. È quanto accaduto con l’AIDS. Se un fiocco bianco contraddistingue la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, un fiocco rosso è il simbolo della giornata mondiale contro l’AIDS, celebrata il primo dicembre e passata decisamente in sordina. I primi casi vennero scoperti negli anni ’80 e, inizialmente, si pensava riguardasse solo tossicodipendenti e omosessuali. Venne ritenuta per lungo tempo una “questione gay” e perciò fu bellamente ignorata. Successivamente le diagnosi scoprirono che non riguardava solo gli omosessuali. Vittima ne fu anche Rayan White, un giovane ragazzo statu- 12 con l’intervista al dott. Michele nitense che contrasse la malattia dopo una trasfusione infettata dal virus. L’ignoranza degli insegnanti e dei genitori dei compagni lo allontanò da scuola: iniziò una battaglia legale a cui i media diedero parecchio spazio. Il giovane divenne fin da subito un simbolo della lotta all’AIDS ed al suo fianco si schierarono celebrità come Elton John e Michael Jackson. Prima di White si conosceva molto poco della malattia e l’unica cosa certa è che faceva paura. Le cose cambiarono quando star dello spettacolo e dello sport iniziarono in televisione a sensibilizzare la popolazione sui rischi e la gravità della malattia. eroinomani e omosessuali, paradossalmente queste categorie ora sono le meno colpite, mentre sono in aumento crescente i casi fra gli eterosessuali. Il pericolo più grande è dovuto alla minore percezione del rischio nella collettività: l’AIDS non è più avvertita come un’emergenza ed i casi e le morti sono considerati eventi rari; il contagio sottostimato. Tuttavia i dati ci raccontano un’altra realtà, ben diversa da quello che crediamo. Ce lo ha raccontato il Dott. De Gennaro durante l’ultima assemblea del biennio, intervenuto per riportare l’attenzione sulla malattia. Di seIn questi anni si assiste inve- guito pubblichiamo l’interce, dopo le massicce campa- vista che ci ha gentilmente gne di sensibilizzazione de- rilasciato. gli anni ’90, ad una sottovalutazione del fenomeno, Marco Ridolfi II C LC come se la malattia fosse stata debellata. Ma non è così. E il problema oggi nei paesi sviluppati diventa anche sociale. Perché se prima si pensava riguardasse solo l’Intervista DIMENTICATA De Gennaro , 28 febbraio 2014 Oggi non è anacronistico parlare di AIDS, considerato che la malattia è stata scoperta negli anni “70”? Ti ringrazio per questa domanda perché mi permette di affermare che non è anacronistico parlare di AIDS in questo periodo perché, di per se, questa è una malattia tendenzialmente dimenticata. Sembra una questione legata ad un problema insorto 30 anni fa, però ti assicuro che la malattia va avanti; ci sono casi di nuove infezioni e i problemi da risolvere sono ancora tanti, soprattutto in ambito preventivo. L’anacronismo sta nel fatto che se ne parla poco o non se ne parla affatto. La malattia e le sue conseguenze sono le stesse di quando fu scoperta? Non sono le stesse. Di AIDS si muore veramente poco, le scoperte in campo terapeutico sono state importanti, in questi ultimi anni, quindi ora si muore molto poco. I veri problemi, legati a questa malattia, sono rappresentati dal fatto che ci si accorge tardi di averla contratta e quindi si arriva tardi alla percezione di averla e di conseguenza all’esecuzione del test e alla prevenzione. Questo per quello che riguarda l’aspetto legato all’istituzione del test, però c’è anche un aspetto fondamentale che riguarda la percezione del rischio e quello che un soggetto può fare per prevenirla. In questo senso siamo ancora lontani dall’azzerare completamente il numero delle infezioni che ci sono. Ancora oggi c’è una certa riluttanza a parlare del malato di AIDS e del modo di contrarre la malattia. Quali pensa siano le cause? Le cause sono legate principalmente al fatto che c’è ancora una scarsa conoscenza, soprattutto una scarsa conoscenza degli aspetti preventivi, e c’è altrettanta poca informazione sui Media di quelli che sono i problemi legati a questa malattia. Problemi che sono tuttora, a distanza di 30 anni, vivi e presenti soprattutto in ambito sanitario e preventivo e più in generale in am- bito lavorativo discriminatorio. Questo fa si che la malattia presenti ancora delle problematiche molto vive e molto evidenti. Esistono numerosi stereotipi legati a questa malattia, può sfatarne alcuni? Lo stereotipo è quello che avete visto oggi nel film “ Philadelphia”, in cui il protagonista comunica al suo amico avvocato che ha l’AIDS dandogli la mano e il suo amico avvocato ritrae la sua. Questo è uno stereotipo. Io, ad alcuni colleghi e ad alcuni pazienti e in generale a persone che non conoscono gli aspetti di questo problema, faccio una battuta molto semplice : “ Io mi occupo di questa malattia da oltre 25 anni, vi assicuro che sono vivo, vegeto, sto bene e non ho mai contratto l’infezione pur vivendo da una vita con pazienti sieropositivi.” Questo è uno stereotipo: il dare la mano e avere la percezione che la contrazione dell’infezione avvenga attraverso il contatto sociale oppure lo stare nello stesso ambito familiare o nello 13 l’Intervista stesso ambito sociale o nello stesso luogo di lavoro. Un altro stereotipo da parte dei medici è il temere che curare un paziente sieropositivo può essere rischioso o esporre ad un maggior rischio di infezione. È tutto sintetizzato in quella mano che è tesa dal protagonista, Tom Hanks, all’avvocato. Può fare una panoramica locale della situazione? Questa è una domanda bellissima a cui rispondo che la panoramica non è tranquillizzante. A livello toscano le infezioni sono stabilizzate, cioè non scendono e questo, di per se, è un dato negativo. In termini di panoramica locale, noi, nel 2013, abbiamo visto quasi il raddoppio del numero di nuove infezioni. Quest’anno, a due mesi dall’inizio dell’anno, il trend è in forte crescita ed è un dato assolutamente preoccupante. L’infezione c’è, permane, 14 12 continua a creare nuovi soggetti infetti e quindi di per se rimane un problema estremamente attuale anche nel 2014. Ci può parlare della sua quotidiana lotta all’AIDS, com’è lavorare a contatto con situazioni così delicate? Bè, noi siamo professionisti; io faccio l’infettivologo e con i miei colleghi ci troviamo, ormai da molti anni, a vivere quotidianamente con questo tipo di problema. L’approccio deve essere un approccio professionale nel senso che per noi è vita quotidiana e pane quotidiano. Ormai non ci spaventa niente, ci spaventa semmai vedere sempre un numero crescente di nuove infezioni, questo sì che ci spaventa! Questo, per me che lo faccio quotidianamente, è l’aspetto più preoccupante. L’approccio con i pazienti, attualmente e soprattutto negli ultimi anni, sotto tutti i punti di vista è un approccio tranquillizzante; abbiamo molte armi a disposizione, terapie che impediscono l’evoluzione della malattia. Questo è un dato che ci permette di gestire meglio, nel tempo, il paziente. Va ricordato che queste sono malattie a lenta evoluzione e questo è uno l’Intervista dei problemi per cui un soggetto che non ha sintomi non si approccia a fare il test, però le terapie e l’approccio medico ci lascia tutto sommato abbastanza tranquilli in quella che è la gestione della patologia. Però, ovviamente, molti problemi sono aperti, per esempio le terapie che vanno utilizzate per tutta la vita, gli effetti tossici della terapia, i controlli e quant’altro. Una gestione che comunque per un paziente risulta molto complessa, anche se meno complessa rispetto ai tempi del film che avete visto. ad essere costante in questo tipo di approccio, la comunicazione sull’evoluzione della malattia deve essere il più tranquillizzante possibile. Questo è un elemento fondamentale. Riguardo alla famiglia è ovvio che ci sono varie situazioni; ci sono le coppie di omo o di etero, zio. Però poi successivamente se si danno le indicazioni giuste e c’è la percezione giusta delle cose da fare, il problema non esiste e tutto decorre tranquillo. Il malato e la famiglia come affrontano la malattia? Ottima domanda. Se l’approccio con il malato è un approccio corretto, nel senso che viene invitato a fare i controlli, a fare la terapia, marito e moglie o due compagni ad uno dei quali va Intervista a cura di Matilcomunicato questo tipo di de Dal Canto IV A LC problema e la gestione quotidiana della convivenza con il paziente. Questo, semmai, crea indirettamente qualche problema, all’ini- Grazie 15 Musica PUNK: MORTO N on è esattamente un genere tra i più amati ma ha, per due volte, occupato il palcoscenico musicale a livello mondiale. La prima volta alla sua nascita nel 1977, con i Sex Pistols e poi nel 2002 con lo storico Pop Disaster Tour dei Blink 182 e dei Green Day. Questo è un genere che storicamente è cambiato sotto tutti i punti di vista. I primi ad emergere e a distinguersi dal classico Rock dell’inizio degli anni 70 sono i Ramones, portando avanti un sound diverso ma con testi ancora un po’ acerbi: protagonista l’adolescente medio alle prese con l’apatia e la monotonia. Contemporanei ai Ramones ci furono anche i britannici Clash. Questi ultimi invece di uniformare e rendere perfettamente riconoscibile il proprio modo di fare di fare musica, hanno abbracciato generi diversi. Il loro singolo “Should i stay or should i go”, forse il più famoso, ha ben poco di punk. Queste due band hanno ispirato la generazione X, generazione di ragazzi vissuti musicalmente con loro, ragazzi che caratterizzeranno la scena punk degli anni novanta. Arriviamo finalmente al cuore pulsante di questo genere, il Punk 77, nato con i Sex Pistols. Fin dalla loro formazione hanno dimostrato ideali anticonformisti molto forti, creando il 12 16 vero e proprio stile di questo genere. Sulla carta i Sex Pistols hanno suonato insieme per soli quattro anni, incidendo un solo disco, e nonostante ciò, hanno profondamente influenzato la società britannica. “God save the queen” scritta per il giubileo d’argento e suonata durante quell’evento, ha riscosso un successo planetario, sebbene sia stata considerata come una minaccia al nazionalismo inglese. Per la prima volta una band punk ha scritto testi con fondamenti puramente politici filo anarchici e anticonformisti, identificando nitidamente il genere. In un’età così critica come quella adolescenziale molti ragazzi non sono capaci di trovare un idolo, una persona a cui ispirarsi. L’hanno trovata nei cantanti punk, pur non essendo dei buoni modelli da seguire. Facciamo poi un salto di vent’anni durante i quali il punk si è arenato, diversificandosi in vari sottogeneri senza ottenere la fama e l’influenza avuti precedentemente. Giungiamo quindi alla già menzionata generazione X. Protagonisti assoluti dello scenario Punk Rock (così si definirà dagli anni novanta in poi) sono i gruppi californiani. Molte band riuscirono ad emergere ma senza segnare questa nuova variante del punk. Alcune hanno tentato la fortuna attraverso case discografiche minori ma per rimanere nella Hall of Fa- Musica O ANCORA VIVO? me è necessario un passaporto ben più prestigioso. Il passaggio ad una Major (le più importanti case discografiche quali Warner, Emi ecc) comportava però una sorta di discriminazione da parte di tutti coloro che suonavano in ritrovi popolari e che erano fortemente contrari a “vendersi”. Per passare ad una Major è necessario avere talento e carattere, è necessario saper gestire la tensione e il successo. Le band che sono riuscite a reggere la pressione della fama e ad emergere dalla mediocrità sono i Blik 182, i Green Day e i Sum 41,questi ultimi però canadesi. Queste tre band sono accomunate da storie affini ma dagli anni 2000 in poi hanno intrapreso strade diverse. I loro primi lavori ricordano il punk delle origini, sia dal punto di vista testuale, sia da quello musicale. Nelle loro canzoni c’era sempre un punto di riferimento, un’utopia: l’eroe sopravvalutato, l’eroe della classe operaia. I Sum 41 hanno dimostrato di poter affrontare temi delicati come quello della politica già ad inizio carriera. La loro pecca però è stata quella di cambiare spesso membri della band non ottenendo un riconoscimento pari alle altre due. Anche musicalmente i Sum 41 sono in declino: dal 2007 non sono riusciti a far uscire un album degno dei precedenti. Quello di maggiore successo è Undercassed Hero del 2007. Viene la volta dei Blink 182 amati per la loro particolare ilarità. Hanno infatti sempre avuto la fama di band pazza e fuori dagli schemi. Seguendo questo particolare tipo di fare musica non sono mai riusciti a fare il salto di qualità anzi, quando la loro carriera era all’apice si sono sciolti per riunirsi poi anni dopo. Hanno conquistato la classifiche nel 99 con l’album Enema of the state; nel 2002 invece partecipando al Pop Disaster Tour, sembrava che fossero davvero pronti a cambiare. Parliamo infine dei Green Day, band la cui storia possiamo definirla parallela alla storia del punk stesso. Hanno cominciato ispirandosi ai Ramones e ai Clash, trattando testi pertinenti e già trattati da queste ultime. Il 2002 ha rappresentato un anno decisivo: il Tour con i Blink simboleggiava un passaggio del testimone che però non è avvenuto. Infatti se i Blink cominciavano ad arenarsi, pur essendo considerati il futuro del punk, i Green Day ritornavano al suc- cesso dieci anni dopo aver pubblicato il più famoso fra i propri album, Dookie. American Idiot, album della svolta, ha significato un cambiamento radicale della band, sono maturati. Proprio come il punk nel 77, i loro testi sono diventati più critici e politici. Con l’avvento di Napster e altri siti finalizzati a scaricare musica, American Idiot non riscosse lo stesso boom di vendite di Dookie, ma è diventato comunque uno tra i più amati. L’omonimo singolo ormai è l’inno dei Green Day. “Il punk è morto, l’ho ucciso io”, citazione del frontman dei Green Day, Billie Joe Armstrong. Da qui la questione più importante: il Punk è ancora vivo? Negli ultimi anni il genere punk è stato messo in discussione a causa dei più recenti lavori: se prima il punk non scalava le classifiche, con i Green Day si sono avuti risultati diversi. Il nuovo sound piace al pubblico ma è poco apprezzato dagli esperti. Questi ultimi hanno addirittura accusato la band di suonare a scopo di lucro piuttosto che per diffondere fra i fan messaggi politici come il punk ha sempre storicamente fatto. Davide Innocente V A LC 13 17 Musica WOMEN’S F orse nessuno di voi si è mai chiesto in che periodo le donne hanno cominciato ad avere una proprio voce, non solo nelle questioni più pratiche, ma anche nell'arte. Sicuramente la musica è stata una delle ultime arti ad accogliere il “gentil sesso” ma anche questa ha alla fine ceduto all'inevitabile. La risposta a questo problema l'abbiamo avuta con la comparsa della “Women's Music”, genere musicale sviluppatosi appunto dalle donne per le donne. Il genere si è sviluppato negli ultimi anni sessanta, inizio settanta, periodo in cui c'erano “poche immagini positive di donne nel mondo della musica popolare” e veramente poche possibilità per le aspiranti cantanti. Le donne venivano discriminate per il loro sesso in tutta l'industria. In quel tempo solo poche grandi case discografiche avevano fatto firmare dei contratti a giovani donne talentuose. La mancanza del loro posto nel “grande sistema” spinse le donne a crearsi un loro piccolo spazio separato dalle grandi imprese discografiche. Il movimento partì innanzitutto da donne apertamente dichiarate femministe e dalle donne omosessuali, poiché decisamente più discriminate rispetto alle altre, nonostante tutto il movi- 12 18 anche noi abbiamo una voce, una mento sessantottino che stava prendendo piede proprio in quegli anni. Nel 1972, Maxine Feldman, che era una cantante dichiaratamente gay fin dal 1964, registrò il primo album a favore delle donne omosessuali, chiamato “Angry Atthis” (Atthis era appunto la donna amata dalla poetessa Saffo), album in cui la cantante raccontava appunto tutte le sue esperienze e i suoi sentimenti riguardanti la sua sessualità. Nel 1973 le band femministe The Chicago Liberation Rock Band e The New Haven Women's Liberation Rock Band registrarono “Mountain Movin' Day”. Questi primi album ebbero successo nonostante la mancanza di promozione. Erano venduti e mandati attraverso ordini postali e in alcune librerie lesbiche-femministe, come il Lambda Rising a Washington D.C e la loro promozione avvenne attraverso la comunicazione orale. Il problema era che la musica rock era vista come un genere musicale completamente “dominato” dal mondo maschile. Ad ogni modo, le donne hanno usato a loro vantaggio la loro “differenza di sesso” mostrando un'immagine positiva e Musica MUSIC voce che assomiglia al canto attiva della donna. Un esempio di come le donne sono riuscite a distruggere la divisione fra i sessi e livellarne un po' le differenze è stato anche grazie all'assunzione di un codice di abbigliamento più maschile e il modo di portare i capelli. Le donne hanno anche espresso i loro obiettivi del movimento femminile attraverso le parole delle loro canzoni. Nella canzone “I am Woman” di Helen Reddy la cantante pronuncia queste parole: “ Sono una donna, ascoltatemi ruggire (sì, lo diceva già qualcuno prima di Katy Perry), e sono stata per molto tempo stesa sul pavimento, ma nessuno avrà il potere di mettermi a terra. Mai più.” Reddy creò così un sentimento che potremmo definire di “Girl Power”, prova che questo esisteva già prima della più recenti Spice Girls. Accanto alle canzoni, nello stesso periodo nacquero anche un'infinità di festival in cui onorare la nuova “Women's Music”. Il primo prese posto nel 1973 alla Sacramento State University. Ma fu “solo” nel 1976 che il più grande fra questi fu creato: il Michigan Womyn's Music Festival. Questi due furono i più famosi, ma il fenomeno si è protratto fino ai giorni nostri, arrivando al più recente festival “in onore delle donne”: il Los Angeles Women's Music Festival, del 2007. Prova di come, ancora oggi, la lotta per i diritti delle donne non sia finita. Essa è espressa ancora in ogni forma possibile, e anche grazie alla musica il nostro sesso ha la possibilità di riscattarsi. Pensavo che fosse giusto informarvi di come anche in un ambito un po' meno “serio” come la musica anche le donne abbiano avuto l'opportunità di riscattarsi e di far sentire la proprio voce. Che queste informazioni siano state importanti o no, sta a voi deciderlo. Personalmente, ogni volta che leggo di una tale determinazione e forza di volontà nel perseguire le proprie idee e i propri sogni rimango sempre molto toccata. Silvia Giorgetti II C LC 13 19 Cinema C ome forse avrete notato, il numero di marzo del giornalino scolastico è dedicato al gentil sesso, che lotta per la sue emancipazione e il suo riconoscimento nella nostra società. Tuttavia, l'autore di questo articolo, convinto della disparità dei sessi causata dalla netta superiorità delle donne, e mosso a simpatia nei confronti della metà maschile della popolazione umana, ha deciso di dedicare a quest'ultima la sua rubrica cinematografica, consigliando tre film prettamente virili e adrenalinici, rappresentanti tre generi generalmente apprezzati dagli uomini, quali fantascienza, horror e azione. ATTENZIONE: niente vieta ad eventuali ma improbabili lettrici di apprezzare comunque le pellicole presentate. District 9 2009. Di Neill Blomkamp. Con Sharlto Copley, Nathalie Bollt, David James. 1982. Dopo che la loro astronave è entrata in avaria nei cieli di Johannesburg, gli extraterrestri insettoidi noti come “gamberoni” sono costretti, dal governo sudafricano, a risiedere nel ghetto del Distretto 9, e a rispettare le rigide regole imposte loro dalla MNU, la multinazionale che lo controlla. Le cose cambieranno quando Wikus Van De Merwe, ufficiale della MNU, 12 20 CINEMA P per la pari verrà infettato da un virus alieno e, braccato dal governo e da uno spietato signore della guerra, sarà costretto a chiedere aiuto agli ai “gamberoni” che prima disprezzava tanto. Questo è uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni, per vari motivi. Innanzitutto, per il realismo di cui sono intrise le scene, molte delle quali sembrano riprese nella vita reale, effetto ottenuto grazie agli ottimi effetti speciali semiartigianali e al fatto che parte del film è girato come un finto documentario. Ma la vera colonna portante del film è la critica che, attraverso un racconto di fantasia, Blomkamp porta al suo Paese natale, di cui evidenzia i difetti: primo tra tutti l'apartheid, ma anche il potere su parte dei territori che il governo concede ai capitribù. Il tutto è coadiuvato da l'idea (non originale, ma trattata in modo particolare) che gli esseri umani possono essere crudeli allo stesso modo e più dei mostri che temono. Un film da non perdere. Benvenuti a Zombieland 2009. Di Ruben Fleischer. Con Jesse Eisenberg, Woody Harrelson, Emma Stone. In un'America ormai devastata da un virus che ha trasformato le persone in zombie affamati, un eterogeneo gruppo di sopravvissuti compie un viaggio attraverso il Paese: il giovane nerd Columbus (Eisenberg), il redneck Tallahassee (Harrelson), e le due sorelle ladruncole Wichita (Stone) e Cinema PER tà deiUOMINI sessi Little Rock. Divenuto un cult in patria, questo film recupera la migliore tradizione zombie romeriana. L'America è ormai stata trasformata, dai mass media e dal consumismo sfrenato, in un deserto popolato da creature senza cervello il cui unico obiettivo è consumare il prodotto ultimo: l'umanità stessa. Solo i “reietti” sono rimasti veramente umani, grazie ai loro difetti (il continuo bisogno di autoimporsi regole del nerd, l'inclinazione all'ira del redneck e l'astuzia smaliziata delle sorelle) che nel mondo dei non-morti sono diventati indispensabili virtù. La parodia sociale è poi accompagnata da uno humor nero che è l'altra componente fondamentale della storia. Mitici i titoli di testa e il cameo di Bill Murrey, nel ruolo di se stesso. Trejo, Robert De Niro, Steven Seagal. Il violento ma idealista poliziotto messicano Machete (Trejo), dopo aver visto moglie e figlia morire per mano del boss della droga Torrez (Seagal), viene incaricato di uccidere il senatore McLaughlin (De Niro), razzista e corrotto. Non immagina di stare per essere coinvolto in una vera e propria guerra. Se nel nostro Mediterraneo muoiono centinaia di immigrati africani, nel deserto tra gli Stati Uniti e il Messico perdono la vita molti messicani che partono col desiderio di cambiare vita. E a Machete 2010. Di Robert Rodriguez, Rodriguez, messicano di origiEthan Maniquis. Con Danny ni, questo non va giù. Nel film viene raccontata la storia di una popolazione soffocata dai boss della malavita da una parte, e dagli ingordi politici dall'altra. Il tutto condito dal carisma del nostro eroe, che, incorruttibile e inarrestabile, sbaraglia orde di nemici in un sanguinolento caos tarantiniano (ricordiamo, per tutte, la scena in cui Machete usa l'intestino di una vittima per calarsi alla finestra del piano sottostante). Ma questa violenza adrenalinica e a tratti grottesca non rischia mai di addolcire il messaggio politico del film, di poche pretese ma non per questo meno eloquente. Giovanni Giannini II C LC 13 21 Ultime Uscite ULTIME USCITE MUSICA LIBRI FILM Gabriella Cilmi – The Sting – Marzo 2014 Kaleidoscopic – Onironauta – 03/03 Le luci della centrale elettrica – Costellazioni – 04/03 Lea Michele – Louder – 04/03 Moby – Almost Home – Live at the Fonda – 04/03 Lily Allen – Air Balloon – 07/03 Afterhours – Hai paura del buio? - Reloaded – 11/03 Francesco Renga – Tempo Reale – 11/03 Bastille – Flaws – 14/03 Christina Perri – Human – 14/03 George Michael – Symphonica – 18/03 Kylie Minogue – Kiss me once – 18/03 Aloe Blacc – Lift your spirit – 25/03 John Banville - La bionda dagli occhi neri. Un'indagine di Philip Marlowe, Guanda, 17,50€ Edgar L. Doctorow – Tutto il tempo del mondo, Mondadori, 20€ Paul Auster, J.M. Coetzee - Qui e ora. Lettere 20082011,Einaudi, 19,50€ Violetta Bellocchio – Il corpo non dimentica, Mondadori, 17€ Tess Gallagher - Viole nere, Einaudi, 15€ Philipp Meyer - Il figlio, Einaudi, 22€ Nadine Gordimer – Racconti di una vita, Feltrinelli, 19€ Jojo Moyes – La ragazza che hai lasciato, Mondadori, 16€ Adriana Zarri - Con quella luna negli occhi, Einaudi, 17,50€ Captain America - The Winter Soldier di Anthony Russo e Joe Russo, azione Storia di una ladra di libri di Brian Percival , drammatico Cuccioli - Il paese del vento di Sergio Manfio, animazione Quando c'era Berlinguer di Walter Veltroni, documentario Yves Saint Laurent di Jalil Lespert , drammatico Politicamente Scorretto - The Hunter S. Thompson's Gonzo di Alex Gibney, documentario In grazia di Dio, drammatico La luna su Torino di Davide Ferraio, drammatico I fratelli Karamazov di Petr Zelenka, drammatico Fuoristrada di Elisa Amoruso, documentario Roma città aperta di Roberto Rossellini, drammatico 12 222 Cronaca Locale ARIA DI PRIMAVERA IN CITTA’ D opo un mese di assenza, ritorna la rubrica degli eventi. Questa seconda metà di marzo è, come al solito, abbastanza sostanziosa, anche se non eccessivamente. Al Lu.C.C.A. (Lucca Center of Contemporary Art) viene allestita la mostra “Inquieto Novecento”, che parte dal 15 di questo mese e si protrae fino al 22 di giugno; che si prefigge, tramite l’esposizione di sperimentazioni artistiche provocatorie e irriverenti al passo con la società dinamica e in continua evoluzione del novecento, di analizzare gli scossoni stilistici e di pensiero che hanno portato l’arte verso territori imprevisti, frutto di un tentativo degli artisti dell’epoca di riscrivere l’arte uscendo dai soliti schemi. E’ possibile visitarla da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle ore 19.00; il prezzo del biglietto intero è di nove euro, ridotto 7 euro. I bambini fino ai 6 anni non pagano. A palazzo Guinigi è stata inaugurata la mostra “FiorGen arte Lucca”: si tratta di 150 opere d’arte di quaranta artisti toscani contemporanei, che rendono omaggio alla storia e alla creatività CINEFORUM EZECHIELE Mercoledì 26 marzo 2014 ore 21.30 - Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca SYNECDOCHE, NEW YORK, di Charlie Kaufman, Usa 2008 - 124' v.o. con sottotitoli italiani Martedì 1 aprile 2014 ore 21.30 - Cinema Astra DUE GIORNI A NEW YORK, di Julie Delpy - Usa 2013 - 91' Mercoledì 2 aprile 2014 ore 21.30 - Auditorium Fondazio- di Lucca. Si snoda in due itinerari: il primo si snoda fra le opere di Giuliano Giuggioli, celebre artista di fama mondiale; il secondo tragitto conduce alla scoperta di sculture, acquerelli, punte secche, mosaici, scagliole, oli, acrilici realizzati da 39 celebri artisti diversi. Sarà aperta fino al 30 marzo, a ingresso libero. Dall’ 8 marzo è iniziata una serie di incontri culturali che si protrarrà fino al 29 marzo, intitolata “Mura rinascimentali a confronto”, iniziativa inserita nell’ambito delle manifestazioni per i cinquecento anni delle mura. Continua la mostra “Umberto Prencipe e la Toscana - Tra modernità e tradizione”, presso la Fondazione Ragghianti. Umberto Prencipe era un pittore e incisore incredibilmente produttivo, presente nelle principali rassegne nazionali e internazionali e premiato più volte, che attraversò in maniera autonoma la prima metà del Novecento, sensibile alle nuove soluzioni contemporanee ma che rimaneva fermo nel suo stile sentimentale e intimista. Irene Fiorenza IV A LC ne Banca del Monte di Lucca IL MESSIA, di Roberto Rossellini, Ita 1975 - 145' Venerdì 4 aprile 2014 ore 21.30 Auditorium San Micheletto IL CONCERTO, di Radu Mihaileanu, Fra 2009 - 120' v.o. con sottotiroli Martedì 8 aprile 2014 ore 21.30 - Cinema Astra ROMA CITTÀ APERTA di Roberto Rossellini - Italia 1945 - 98' Mercoledì 9 aprile 2014 ore 20.45 - Auditorium Fondazione Banca del Monte di Lucca A SLUM SYMPHONY di Cristiano Barbarossa, Ita 2010 - 90' Venerdì 11 aprile 2014 ore 21.30 - Auditorium San Micheletto: ELEPHANT di Gus Van Sant, Usa 2003 81′ Martedì 15 aprile 2014 ore 21.30 - Cinema Astra QUARTETTO BASILEUS di Fabio Carpi - Italia 1981 92' 13 23 Ringraziamenti Hanno collaborato a questo numero: Marco Ridolfi Alessandro Marchetti Martina Andreini Annachiara Bressan Rachele Pellegrini Giovanni Giannini Silvia Giorgetti Alice Melosi Davide Innocente Matilde Dal Canto Rebecca Buccheri Ringraziamenti speciali a Prof.ssa Visconti Elisabetta Prof.ssa Batistoni Donatella Prof. Galletti Paolo per la correzione delle bozze Sig. Stefano Giampaoli per la collaborazione in fase di impaginazione Prof. Giorgio Macchiarini per la stampa del giornalino Copertina e vignette: Marco Ridolfi SUDOKU 224 22 12 LEGGETECI ONLINE SU: studentimachiavelli.wordpress.com Profilo Facebook: Machiavelli Espresso Redazione [email protected]