Ruolo dell’operatore
famiglie e misure statistiche
Everything should be made as simple
as possible, but not simpler
Albert Einstein
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Ricordiamo…
IMPOSTE
E TASSE
STATO
SPESA PER ACQUISTI
BENI E SERVIZI
FAMIGLIE
FAMIGLIE
IMPRESE
IMPRESE
LAVORO
RETRIBUZIONI
RISPARMIO
SISTEMA
BANCARIO
PAGAMENTI
CON L’ESTERO
RESTO DEL
MONDO
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L’operatore famiglie interessa l’economista in quanto:
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Fornitore di lavoro. Temi correlati (TC), il mercato del lavoro, le
statistiche sull’occupazione, le politiche dell’occupazione, gli
ammortizzatori sociali.
Consumatore. La fiducia delle famiglie (nel futuro, nella moneta)
influenzano la domanda globale. TC :il funzionamento dei mercati reali,
le forme di distribuzione, la tutela dei consumatori, statistiche sui
consumi
Risparmiatore. La propensione al risparmio e la scelta tra i possibili
impieghi alimentano il mercato finanziario. TC: guide al risparmio,
finanza ecc.
Contribuente. Soprattutto tramite le imposte sulle persone fisiche e i
consumi finali.TC: politiche fiscali
Percettore di trasferimenti e rendite. TC: politiche di eguaglianza
sociale, analisi degli squilibri, povertà.
Nucleo essenziale della società, del quale misurare il benessere
Per l’Istat è “famiglia statistica” chi si dichiara nucleo familiare
convivente. Non conta se omo o etero, sposati o non, di una o più
persone. Il “capofamiglia” non esiste più, C’è al suo posto la “figura di
riferimento”, normalmente il “breadwinner”.
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Le principali rilevazioni Istat
che riguardano le famiglie
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Censimento delle persone e delle abitazioni (ogni XXX1)
Statistiche demografiche
Forze di lavoro (congiunturale, ogni mese) e domanda di
lavoro
Retribuzioni contrattuali
Prezzi al consumo (congiunturale, ogni mese)
Multiscopo (indagine sociale annuale)
Consumi; Clima di fiducia delle famiglie
Bilanci familiari (anche Banca d’Italia)
Reddito e condizioni di vita
Povertà assoluta e Povertà relativa; Deprivazione
Livello di soddisfazione per la propria vita e aspettative future
Molteindagini specifiche (immigrati, violenza alle donne ecc.)
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Le misure dell’occupazione
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La domanda di lavoro (da parte delle imprese) si misura
mensilmente con la serie “lavoro e retribuzione nelle grandi
imprese” (almeno 500 dipendenti)
L’offerta di lavoro da parte delle famiglie si misura con
l’indagine continua “Forze di lavoro, con aggiornamenti
mensili, trimestrali, annuali.
Non è rilevante il dato amministrativo della disoccupazione
rilevata attraverso gli uffici di collocamento
Il tasso di disoccupazione è meno significativo del tasso di
occupazione perché non fotografa gli scoraggiati che non
svolgono più attività di ricerca di lavoro
L’Istat di recente ha diffuso indicatori complementari che
tengono conto dello scoraggiamento
Quando il mercato del lavoro migliora, per un certo tempo
salgono sia gli occupati che i disoccupati, perché molti
potenziali lavoratori scoraggiati ricominciano a cercare un
impiego
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In materia di lavoro,
queste definizioni sono fondamentali
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Occupati (O) + persone in cerca (D) = Forza lavoro (Fl), detta
anche Popolazione attiva
Tasso di occupazione= O/Pt essendo Pt la popolazione totale
della stessa fascia di età (solitamente 15/64)
Tasso di disoccupazione: D/(O+D)=D/Fl
Tasso di attività o di partecipazione=(O+D)/Pt=Fl/Pt
La disoccupazione giovanile è poco significativa perché
misurata sulla fascia 15 – 24. Meglio guardare attraverso I.Stat
ad altri dati, per esempio le fasce 18-29 o 25-34. E non è vero
che “un giovane su tre è senza lavoro”. La percentuale corretta
si avvicina a uno su dieci.
Il fenomeno più preoccupante per i giovani è la massa dei
cosiddetti Neet: not in education, employment or training: oltre
due milioni.
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Famiglie, consumi e risparmio
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Le famiglie ricevono ogni anno, da salari e altri guadagni,
pensioni e altri trasferimenti ecc. un flusso di reddito, che
va ad aggiungersi allo stock di ricchezza reale
(prevalentemente immobiliare) e finanziaria
precedentemente detenuta.
Ogni anno le famiglie spendono in consumi quanto
guadagnano, tranne una quota risparmiata. In certi casi,
però, il risparmio è negativo e la famiglia spende tutto
quello che guadagna più una parte della ricchezza
precedentemente detenuta. In questo caso le famiglie si
impoveriscono.
La propensione al risparmio (attualmente vicina al 10%) ci
dice la quota di reddito che viene “messa da parte”. Se è
troppo alta si frenano i consumi e quindi l’economia. Se è
troppo bassa, si distrugge la possibilità di investire nel
futuro (per esempio di comprarsi una casa).
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Indicatori di povertà e deprivazione
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Indice di povertà estrema: la Banca Mondiale lo
stima a 1,25 dollari al giorno. Non esiste nei
Paesi sviluppati. Forse scomparirà entro il 2030.
Indice di povertà assoluta. Chi non è in grado di
acquistare un paniere di beni essenziali.
Indice di povertà relativa. Chi ha un reddito
inferiore alla metà della media della sua
collettività.
Indicatori di deprivazione. Introdotti dall’Unione
europea col programma Europa 2020
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La povertà assoluta
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Nel 2013, in Italia, 2 milioni e 28 mila famiglie (il
7,9% delle famiglie residenti) risultano in condizione
di povertà assoluta, per un totale di 6 milioni e 20
mila individui (il 9,9% dell’intera popolazione).
Rispetto al 2012, l’incidenza di povertà assoluta è
aumentata, a livello nazionale, di 1,1 punti
percentuali tra le famiglie e di 1,9 punti tra gli
individui (l’incremento è stato maggiore tra le
famiglie più ampie), a seguito dell’aumento
osservato nel Mezzogiorno, pari rispettivamente a
2,8 punti percentuali (dal 9,8 al 12,6%) e a 3,5 punti
percentuali (dall’11,3 al 14,8%). Al Nord e al Centro
l’incidenza di povertà assoluta risulta stabile e si
attesta al 5,7% e al 6% rispettivamente.
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La povertà relativa
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Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione
di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230
mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni
28 mila). Le persone in povertà relativa sono il
16,6% della popolazione (10 milioni 48 mila
persone), quelle in povertà assoluta il 9,9% (6
milioni 20 mila).
Tra il 2012 e il 2013, l’incidenza di povertà
relativa tra le famiglie è stabile (dal 12,7 al
12,6%) in tutte le ripartizioni territoriali; la soglia
di povertà relativa, pari a 972,52 euro per una
famiglia di due componenti, è di circa 18 euro
inferiore (-1,9%) al valore della soglia del 2012.
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Gli indicatori di deprivazione
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La distribuzione del reddito
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