Corso di
Chimica Fisica I con Laboratorio
Docente: Prof. Camillo La Mesa
Canale M-Z
Anno Accademico 2013-2014,
I Semestre.
Appunti del Corso
Libro di Testo.
Testi di riferimento
Per la parte termodinamica
Irving M. Klotz & Robert M. Rosenberg
“Chemical Thermodynamics: Basic concepts and Methods.”
Seconda edizione, Wiley, New York, 2008.
Per la tensione superficiale e le proprietà di trasporto
Rodney S. Sime
“Physical Chemistry: Methods, Techniques, Experiments”
Saunders College Publ. Co. , Philadelphia, 1990.
I testi sono disponibili in Biblioteca.
Gli appunti delle lezioni non sono un libro di testo!
Programma del Corso
• Origine ed obiettivi della termodinamica chimica.
• I fondamenti matematici:
a) le grandezze in uso, estensive ed intensive; le unità di misura.
b) I differenziali parziali ed esatti, le funzioni omogenee.
• La prima legge: definizione di temperatura, lavoro, energia e
calore. Forma generalizzata della prima legge.
• Entalpia ed energia interna. Le capacità termiche. L’entalpia come
funzione di stato, l’entalpia di legame e di reazione.
• Applicazione della prima legge a gas ideali e reali; le espansioni
reversibili. L’effetto Joule-Thompson. Cosa sono CP e CV.
• La seconda legge della termodinamica. Definizione. I formalismi
matematici inerenti. Tendenza ad un stato di equilibrio.
• Il ciclo di Carnot: cenni. Il teorema di Carnot. I vari enunciati
del secondo principio.
• La scala di temperature da utilizzare.
• L’entropia come funzione di stato.
• Variazioni entropiche in processi reversibili e non reversibili.
La diseguaglianza di Clausius. Equazioni per l’entropia di gas
reali ed ideali. L’entropia di reazioni chimiche e transizioni di
fase. Diagrammi T-S.
• Il concetto statistico che definisce l’entropia.
• Equilibrio e spontaneità; reversibilità, sistemi a (T,V) costanti,
a (T,P) costanti, ecc. Calori di reazione.
• Le funzioni di Gibbs, Helmholtz e Planck; dipendenza dalle
variabili di controllo.
• Il lavoro utile. L’equazione di Gibbs-Helmholtz.
• Applicazioni della relazione di Gibbs a transizioni di fase:
l’equazione di Clapeyron, e quella di Clausius-Clapeyron.
• Sistemi a composizione variabile, criteri di equilibrio e
spontaneità.
• Grandezze Parziali Molari e loro determinazione.
• Fugacità e relazioni col potenziale chimico. Sistemi a
composizione variabile. Miscele di gas.
• La terza legge della termodinamica, la formulazione di Nernst e
Planck. Proprietà termodinamiche allo zero assoluto.
• Applicazioni della relazione di Gibbs a sistemi reattivi.
• La regola delle fasi.
• Soluzioni ideali, diluite e di elettroliti. Attività e proprietà in
eccesso.
• Tensione superficiale: l’isoterma di Gibbs.
• La viscosità; leggi di Newton, Poiseuille, Einstein; l’energia di
attivazione del flusso viscoso.
• La conducibilità ionica; Circuiti in c.c. ed alternata; legge di
Ohm in c.a., L’equazione di Onsager per la conducibilità.
• Diffusione; I e II legge di Fick; le relazioni con il moto
browniano.
• Le esperienze di laboratorio verranno illustrate prima che si
inizi la parte sperimentale del corso.
Termodinamica
A cosa serve la termodinamica?
•
E’ una scienza di moda (sic!). Saprete che esiste un disco
recente, intitolato “the second law”. Anche nei Simpsons si
parla di termodinamica. Nonostante il suo aspetto modaiolo, è
molto più utile di quanto non sembri a prima vista. Le
relazioni che usa sono di carattere ubiquitario. Valgono per
chimica, fisica, biologia, geologia, ecc.
• Nasce dall’intuizione di alcuni scienziati dell’800, ma ha
avuto pieno sviluppo, almeno per la termodinamica chimica,
nel secolo scorso. Ha originato la termodinamica statistica.
• Il modo in cui si è sviluppata, è singolare. In certi aspetti, la
sua storia ricorda quella del rock. Ha iniziatori, creatori,
grandi interpreti.
Variabili e grandezze usate in termodinamica.
• Unità SI. Perché si usa un sistema internazionale di unità?
• La scala è metrica decimale (anche se gli inglesi….).
• Pressione : l’atmosfera standard è equiparata a 101325 Pa:
è ancora utilizzata.
• La caloria, 4.184 J, è obsoleta, ma ancora utilizzata.
Cosa vuol dire? • Le unità meccaniche (massa, lunghezza, tempo) e le
grandezze ottenute da queste le conoscete.
• Le grandezze termodinamiche sono legate a quelle
meccaniche.
• Lo stesso dicasi di quelle elettriche (perché le useremo?).
• La quantità di sostanza è la mole (rispetto a chi?).
• La temperatura termodinamica è in Kelvin.
• Usate la scala CGS, più comune, o quella MKS.
Questioni di metodo (13 Method questions).
Perché il lavoro termodinamico è convertibile con quello meccanico ed elettrico?
Perché usate grandezze meccaniche ed elettriche in termodinamica?
Perché il lavoro è convertibile col calore?
C’è equivalenza tra calore, lavoro
ed energia (alcuni esempi!).
1
Estensive?
Intensive?
La lingua della termodinamica.
Fa largo uso di metodi ed algoritmi matematici.
• La termodinamica tratta spesso casi in cui c’è più di una
variabile indipendente. Cos’è una variabile indipendente?
• Usa formalismi matematici che esprimano tali relazioni. I
formalismi non saranno mai ridondanti.
• Non vi fidate di chi blatera di sistemi con troppe variabili:
spesso non sa di cosa parla. Già la semplice funzione di solo tre
variabili x = f(x,y,z) non è graficabile!
• Per questo motivo noi usiamo un approccio riduzionista ed
operazionale (?). Faremo, inoltre, riferimento a proprietà medie
del sistema.
• Tratteremo casi con più variabili, ma la generalità della teoria
non dipenderà dal numero di variabili . Vedremo perché.
La formalizzazione matematica è necessaria.
Vediamo come farlo...
• Faremo esempi, tratti dalle nozioni che conosciamo sui gas. In
particolare , sui gas ideali.
• Un gas ideale non esiste; è come la donna ideale.
• Esistono, però, condizioni sperimentali che soddisfano i
requisiti richiesti affinché il concetto di gas ideale (che è
un’astrazione) abbia senso.
• La definizione di gas ideale è definita nel limite di P che tende
a 0 e vale, quindi, nel caso di gas diluiti (sic).
• Non è l’unica legge limite esistente.
Alcuni esempi
• Il volume di un gas puro è funzione, nei casi che considero, di
P e T. Per una mole di sostanza, il volume molare, Vm, è
Vm = f(T,P)
• In questa forma la relazione è implicita. Cosa vuol dire?
• La variazione, che chiamo differenziale totale, ed indico come
dVm, è la somma delle rispettive variazioni, applicate una
per volta, cioè
dVm = (dV/dP)TdP + (dV/dT)PdT
• Cosa voglio dire? Posso costruire un modello, o una
rappresentazione grafica o analitica. Ne conoscete qualcuna.
• Le leggi di Boyle, Charles, Gay-Lussac, vi dicono qualcosa?
• Faccio ancora l’esempio dell’equazione di stato dei gas ideali.
Già la conoscete, sia pure a livello qualitativo. Vale
PV = nRT.
• Sapete cosa voglia dire fissare una variabile di controllo: pensate
ad isobare ed isoterme (le conoscete entrambe). Parto da PV =
nRT (per una mole, n = 1), per esplicitare V come funzione di P e
T. Quale è la variabile indipendente?
Vm = RT/P
Derivando
(dVm /dP)T = - RT/P2 e (dVm /dT)P = R/P
Il differenziale totale sarà
dVm = - RTdP/P2 + RdT/P
Se T fosse costante? E se lo fosse P?
Mi raccomando: cercate l’eleganza formale.
Le formule di conversione.
• A volte non c’é metodo che permetta di valutare l’andamento
di una funzione basandosi sulle trattazioni finora fatte. Si può
ovviare convertendo l’incognita in grandezze ottenibili,
sperimentalmente o no.
• Faccio un esempio ragionato, a partire dal differenziale totale
di Vm. Se voglio conoscere (dP/dT), ricordo che dVm = 0.
• Se ciò è vero, derivando rispetto a T, risulta
dVm/dT = 0 = (dVm/dP)T(dP/dT) + (dVm/dT)P
• Cosa viene fuori? Questo è un caso “molto pittoresco”. Infatti
(dP/dT) = -(dVm/dT)P/(dVm/dP)T
• Vedo come fare , a partire dalla legge di stato dei gas. La
forma esplicita in V per quest’ultima è
Vm = RT/P
• Da quanto detto prima risulta che (dVm/dT)P é il coefficiente
termico di volume, od espansione termica, definito da
a = (1/V) (dVm/dT)P
• Inoltre, (dVm/dP)T è legato al coefficiente compressibilità del
gas in esame. Quindi,
b = -(1/V)(dVm/dP)T
• Determinati (dVm/dP)T e (dVm/dT)P, posso procedere.
• La congruità del risultato è ovvia. Avrò
(dP/dT) = -aV/(-bV) = a/b
• Un altro caso, legato al precedente.
• Come ottenere (dT/dP)V? C’è un modo ovvio, che non discuto.
• In generale, parto da V(P,T) ed impongo che
(dVm/dP) = 0.
• Sviluppo, riarrangio ed ottengo
(dT/dP)V = - (dVm/dP)T/(dVm/dT)P = ?
• il cui valore posso valutare con l’equazione di stato dei gas
ideali. Vedremo se vale anche per gas reali.
• La termodinamica usa molta teoria perché “experiments are
costly” e non sempre sono realizzabili. Un esempio è quello
del termometro a mercurio. Se voleste determinare (dT/dP)V
con un esperimento, avreste buone possibilità di rompere il
termometro. E’l’esperimento della febbre mangiarella.
Cosa abbiamo fatto finora?
Abbiamo riciclato relazioni.
• Come tutti i veri taccagni (zio Paperone), la
termodinamica riutilizza (ricicla) quanto ha, per ottenere
qualcosa di nuovo. Zio Paperone lo fà con i francobolli
usati. Noi lo facciamo con le relazioni.
• Così
(dP/dT)V = - 1/(dT/dP)V
• Ci sono altri trucchi?Ebbene, sì.
• C’è un “modus operandi” utile in alcune circostanze.
Consiste nell’introdurre una nuova variabile, legata ad
un’altra di cui voglio determinare il valore.
• Vedo come fare e se sia un’opzione sempre utilizzabile.
Ricordiamo una cosa..
• Non sempre posso giocare con gli esperimenti secondo le mie
regole. Questo è un fatto eludibile.
• Dovrò forzare il SISTEMA a dare una risposta che sono in
grado di interpretare. Come Bilbo Baggins con Gollum
(ricordate lo Hobbit ed Il Signore degli Anelli?), dovrò operare
con sperimentale malizia.
• In linguaggio scientifico, dirò che “A good chemist blows his
own instrument, draws his own experiment and writes his own
theory.”
• Per fare questo dovrò circoscrivere la parte che m’interessa,
detta “SISTEMA”.
• Che cos’è “IL SISTEMA”? Debbo determinare, ad esempio, la
densità di una soluzione. Come faccio? Quali ipotesi uso?
• Un altro esempio.
• Esprimo Vm come funzione di un nuovo insieme di variabili.
Posso usare, se è comodo farlo, P ed energia interna, U, come
nuove variabili.
• Quindi
Vm = f(U,P)
• Potrei valutare quanto valga
(dVm/dP)U
• Esprimere una grandezza in funzione di altre variabili, e
quindi di altre derivate parziali, può esser fatto a partire da
dVm, imponendo la condizione aggiuntiva di lavorare ad
energia costante. Allora
(dVm/dP)U = (dVm/dP)T + (dVm/dT)P(dT/dP)U
• E così via.
• Una terza strada è la seguente, un po’ diversa dalla
precedente. Si introduce una nuova variabile che sia funzione
di P e T.
• Ad es. se esiste una grandezza generica X che sia
X = X(P,T)
• posso scrivere l’eguaglianza
(dVm/dT)P = (dVm/dX)P(dX/dT)P
• Ora passo alla formalizzazione.
• Cerco di generalizzare quanto finora fatto “just for fun”.
I differenziali esatti.
• Molte proprietà termodinamiche sono ottenibili con tale
formulazione. Discuto il caso dei differenziali esatti in un
campo conservativo, cioè gravitazionale. Uso il simbolo D per
indicare un differenziale non esatto e d per quello esatto.
• Cos’è l’energia potenziale gravitazionale? A cosa la collego?
Al pendolo, ad esempio.
• La variazione in energia potenziale, dU, dipende dalla
posizione iniziale e finale del corpo nel campo dato, mentre il
lavoro svolto per arrivarvi dipende dal cammino seguito.
• In termodinamica si dice che dU è una funzione di stato, il
lavoro una funzione d’iter. In altri termini, è come andare da
Piazzale Clodio allo Zodiaco (gli abitanti di Prati sanno cosa
voglio dire) seguendo diversi percorsi.
• dU nel caso presente è l’altezza sul livello del mare.
• Esiste una funzione esplicita per l’energia potenziale. In forma
differenziale questa sarà dU.
• D’altro canto, non esiste funzione esplicita per il lavoro fatto,
se non conosco i dettagli del percorso.
• In un campo gravitazionale, ed in tutti i campi conservativi, la
forma esplicita per l’energia potenziale è nota a meno di una
costante.
• Cioè
U = mgh + cost dU = d(gmh) = mgdh
(se la massa, m, e g non variano).
• Un modo diverso di vedere la cosa nasce dalla seguente
costatazione. Se mi muovo lungo un percorso ciclico, vale
una relazione ovvia. Siccome
∫dU = Ufin - Uin
• l’integrale ciclico, o circuitazione, (l’andare avanti ed
indietro) sarà tale che
dU

0

The Band avrebbe detto
“Oh, to be home again, there’s no work left there..”
Esiste una formulazione rigorosa?
• Non uso solo la funzione L = L (x,y), ma anche la relazione
differenziale
dL(x,y,dx,dy) = M(x,y)dx + N(x,y)dy
in cui
M(x,y) = (dL/dx)y
N(x,y) = (dL/dy)x
• In genere, L è funzione del cammino percorso.
• Posso esplicitare le caratteristiche di un differenziale esatto
come segue.
• Per una funzione f(x,y), ne esiste un’altra che
df(x,y) = dL(x,y,dx,dy)
• In linguaggio matematico, il differenziale esatto sarà funzione
delle sole coordinate, ed indipendente dal cammino percorso.
• Il valore dell’integrale lungo un dato percorso, il suo integrale
di linea, è esprimibile come
b
b
a
a
 dLx, y, dx, dy    df x, y 
• mentre la sua circuitazione, od integrale chiuso, sarà data da
 dLx, y, dx, dy    df x, y   0
• La peculiarità insita in questa relazione fà capire se una
variabile termodinamica sia funzione di stato o meno. Se la
circuitazione è nulla, sono sicuro che lo sarà.
Altre proprietà interessanti
• Per vedere se dL(x,y,dx,dy) sia un differenziale esatto o no, si
può vedere se le derivate parziali che lo definiscono, M(x,y)
ed N(x,y), abbiano certe proprietà. Vado..
 f 
M x, y    
 x  y
 f 
N x, y    
 y  x
 f 
 f 
dL( x, y, dx, dy )  df x, y     dx    dy
 x  y
 y  x
• C’è un corollario su M(x,y) ed N(x,y), che suona
 M x, y 
 N x, y 
 y    x 
y

x 
• Cosa succede con la derivata seconda? Risulta
 M x, y 
 N x, y 
 y    x 
y

x 
NUTS?
Niente affatto!
• Questi assunti sono noti come “Criteri di reciprocità”.
• Gli argomenti sviluppati sono discussi alle pagg. 9-18 del libro di testo.
Funzioni omogenee ed il Teorema di Eulero.
• Tratterò i due concetti insieme, perché il teorema di Eulero si
applica a tali funzioni.
• Considero una relazione generica del tipo
Z  ax 2  bxy  cy 2
• che voi conoscete. E’ funzione di due variabili.
• Sostituendo x con lx ed y con ly, dove l è un parametro
costante, posso scrivere
Z  alx 2  blxly   cly 2  l2[ax2  bxy  cy 2 ]
• Che posso riscrivere in molti modi equivalenti. Il risultato che
si ottiene moltiplicando ogni grandezza per l è che la
funzione originaria è moltiplicata per (?).
• Tale funzione è detta omogenea. In più, poiché l’esponente è 2,
la funzione è omogenea di secondo grado.
• Vedrò se questo formalismo possa aiutarci in casi pratici.
• Valga l’esempio di una soluzione “ideale”. Cosa vuol dire?
Che non c’è variazione di volume, o calore, nel mescolamento.
Allora
V = V°m,bnb + V°m,ana
Raddoppiando n, il volume raddoppia; lo stesso vale per ln.
La funzione usata qui sopra è omogenea di primo grado. Vedete,
quindi, che l’omogeneità può avere grado diverso.
• Per assicurarci che ciò sia vero, dirò che, se f(x,y) è funzione
omogenea di grado n, allora
x(df/dx)y + y(df/dy)x = nf(x,y)
• Lo dimostro con lx ely . So come fare. Infatti
n
f* = l f(x,y)
• Il suo differenziale totale, df*, sarà
df* = (df*/dx*)dx* + (df*/dy*)dy*
df*/dl = (df*/dx*)(dx*/dl) +(df*/dy*)(dy*/dl)
• Ma
(dx*/dl) = x (dy*/dl) = y
• Per cui
(df*/dl) = (df*/dx*)x+(df*/dy*)y
n
(df*/dl) = (df(x*,y*)/dl) =(dl f(x,y)/dl) =
n-1
nl f(x,y)
Pertanto
x(df/dx)y + y(df/dy)x = nf(x,y)
Questo è il teorema di Eulero.
• Spero che questi richiami matematici siano sufficienti.
• Ove ce ne fosse necessità, d’ora in poi, espliciterò l’uso di
funzioni matematiche necessarie per sviluppare un argomento.
Il primo principio.
1. Come procedere nel definire le operazioni di misura, o di
calcolo?
2. A chi le applico? Al SISTEMA.
3. Prima domanda seria. Chi le subirà od interverrà su di esse?
4. Come si potrà intervenire sul sistema? In che modo?
• Queste domande non sono speculazioni filosofiche,
dichiarazioni di intenti, o bagattelle. Debbo chiarire gli
aspetti fondamentali dello stato del sistema, definire le
variabili di stato, le equazioni di stato, le transizioni di stato e
le transizioni di fase da considerare.
• Un esempio ragionato, basato sul diagramma di stato
dell’acqua.
\
Diagramma schematizzato per
l’acqua (non è quello vero).
T eb.
B
Che vuol dire?
Come si legge?
LS
S
Ln P
Come operare?
Quale strada scelgo?
A
V
T
P.T.
• Modi di operare:
1. Modalità isobara, isocora, isopleta, isoterma. Sono relative al
modo in cui si opera, o, meglio, definiscono le condizioni
controllate di una variabile. Sono a P, V, X, T costanti.
2. Un sistema è circoscritto da un recipiente, o da una superficie
matematica, attraverso cui può aversi flusso di materia e
calore (se il sistema è aperto), solo di calore (sistema chiuso),
o, come direbbe Montalbano, nuddu (null in inglese).
Nell’ultimo caso siamo in modalità adiabatica, che è
conservativa. Sorge semmai il problema di vedere quali effetti
ci siano all’interno od all’esterno del sistema.
3. La modalità adiabatica deriva dal greco a dia bainw, non
passo attraverso. Qualsiasi entità associata al processo non
passa attraverso il recipiente. Ma il recipiente può espandersi.
Es. un pistone.
• Cosa manca ancora?
• Il concetto di temperatura, che, come tutti i concetti primitivi, è
soggettivo e mal definito. Non è operazionale nel senso vero del
termine. Tuttavia, dopo che tale concetto é stato introdotto, si
può quantificarlo, misurando, ad es., il volume di un liquido o
di un gas (a pressione costante), la pressione di un gas (a
volume costante), la resistenza elettrica di un materiale, la
frequenza di risonanza di un quarzo, la f.e.m. di una pila, o di
una termocoppia, il colore di una fiamma, ecc.
• Le variazioni in queste grandezze definiscono un insieme di
valori, da cui si può costruire una scala di temperatura. Che
sarà definita operazionalmente come
 = (Xq - X0/Xmax - X0)
(Che scala è mai questa? E come è definito Xq?)
• L’unica scala di temperatura sicuramente rigorosa da un
punto di vista termodinamico è basata sul comportamento di
un gas ideale, definita come......(lo sapete).
• La scala di temperatura su cui fare riferimento è stata definita
nel 1990 (International Temperature Scale, 1990).
• Le altre sono in relazione con questa.
• Quante scale di temperatura ci sono? Un gran numero.
• Una sola ha carattere termodinamico, ed è misurata in gradi
Kelvin. Le altre (Celsius, Farenheit, Reamur) si raccordano a
questa.
Il Lavoro
• L’incrostarsi di significati diversi ha fuorviato il suo senso
originale, legato alla fisiologia.
• ENon è un caso che ottime indagini termodinamiche furono
fatte da Meyer, un fisiologo tedesco (circa 1840), che giunse a
conclusioni termodinamiche rigorose. All’epoca gli scienziati
(von Humboldt, Goethe, Darwin, ecc.) viaggiavano molto.
• Non molto tempo fa l’equivalenza del lavoro con il denaro era
facilmente quantificabile. All’epoca dei nostri nonni, una
giornata di lavoro di un contadino corrispondeva a quattro
pagnotte.
• Quindi il lavoro è convertibile. Anche quello termodinamico.
• Questi assunti contengono verità nascoste. Il lavoro fatto dai
contadini per spostare un corpo può essere definito.
• Ad es., quando una botte si muove sotto l’azione di una forza
applicata dipende dal modo in cui si opera.
• Diamone una definizione quantitativa.
• So che
L (W) = ∫Fds
• Se la forza é applicata lungo un percorso definito, e ne è
definita l’entità.
• In maniera più precisa vale la relazione
L (W) = ∫ │Fds│cosq
• Cosa farne in termodinamica?
• Due esempi sono i seguenti:
1. il moto di un pistone in un cilindro;
2. Il moto di una barra su una superficie (è l’analogo
bidimensionale del primo).
• Perché ho messo cosq?
• Il concetto di lavoro risulta intuitivo nel caso di trasformazioni
“statiche”, anche se devo pensare a come misurarlo nel caso
in cui ci siano accelerazioni. (E’ un caso particolare).
• Vedrò in seguito che ben si adatta alla termodinamica
classica, soprattutto a sistemi all’equilibrio.
• La discussione vale per un insieme di condizioni sperimentali
molto diverse tra loro:
una molla potrebbe essere un esempio.
• Ci sono altri casi, più complicati, in cui c’è bisogno di
controllare alcune variabili aggiuntive per poter compiere del
lavoro misurabile:
un dinamometro è un buon esempio. (Una membrana?)
• Vediamo come rappresentarne le caratteristiche essenziali.
• Descrivo un pistone, visto di taglio.
• Considero la formulazione dell’equazione per il lavoro nella
forma seguente
L (W) = ∫ │Fds│cosq
• C’è una motivazione che giustifica l’uso di questa relazione?
• Cosa significa la dipendenza angolare, e che senso ha nel caso
di un pistone?
• Dati i vincoli geometrici sul sistema formato dal pistone e dal
fluido in esso contenuto, il moto si svolge lungo una retta, in
direzione normale al pistone. Esso sarà positivo o negativo.
Altre direzioni sono proibite, pena il grippaggio.
• Nei limiti che abbiamo definito ci sono, quindi, 2 possibilità:
compressione od espansione. Ad esse corrisponde? Chi decide
il segno?
• La relazione che rappresenta il lavoro fatto sul pistone, da
dentro verso fuori, è una classica rappresentazione del lavoro.
• Benissimo:
dL (W) = Fds (Ma il termine cosq scompare. Perché?)
• Esistono forme funzionali analoghe?
• Lavoro in un campo gravitazionale
dL (W) = mgdh
• (tra l’altro risulta che mg ha le dimensioni di una forza).
• Mantenendo la stessa convenzione di cui sopra sulla segno del
termine in cosq, posso descrivere la tensione di una molla
dt = kdl
Edl = PdV cosa c’entra in tutto ciò?
• E’ forse il comportamento di un gas analogo a quello di una
molla? In un certo senso , si.
• Una notazione aggiuntiva riguarda il segno da attribuire al
lavoro, od all’energia.
• Posso sceglierlo di volta in volta, secondo convenienza del
momento; ma ciò non è pratico, né coerente.
• Potrei fare come le banche, per le quali erogare energia (per
loro il denaro) deve rendere più di quanto si fa quando lo si
riceve e lo si amministra.
• Il sistema termodinamico può essere considerato una banca:
vige la logica egoistica. Assegno un segno positivo al lavoro
fatto sul sistema: seguio la logica delle BRACCINE CORTE.
• Ovviamente potrei fare l’assegnazione opposta. In passato si
è discusso molto su quale opzione scegliere; però non si è mai
arrivati a fare guerre. E poi ci si è accordati.
• Questo dimostra la superiorità delle scienze rispetto ad altre
attività.
La prima legge
• Nella sua forma ed accezione attuale il concetto va ascritto a
Joule (1843-1848).
• Egli usa un sistema adiabatico, non un cannone, ma un termos.
• Usa una serie di accorgimento per scaldare il campione, dal
moto di una frusta da dolci, al passaggio di corrente attraverso
un filo, alla frizione, alla compressione elastica (?) di un gas.
• Ed osserva se, e quanto, ci sia variazione di temperatura del
liquido nel termos. Questo comporta un cambio di stato, cioè
una variazione di temperatura.
• Per produrre il cambio di stato, il lavoro richiesto in modalità
adiabatica è indipendente del modo in cui il cambiamento di
stato sia fatto (Conte Rumford di Baviera). Geniale.
• Le conseguenze di questo assunto sono “terrific”.
• La più incredibile riguarda il fatto che il modus operandi
usato per scaldare non ha importanza.
• Inoltre, se c’è equivalenza nel risultato, deve esserci
equivalenza tra i modi in cui il calore viene prodotto. Non
cesserò mai di insistere sull’importanza di tale assunto.
• Qualcosa del genere aveva osservato il conte Rumford in
Baviera, durante l’alesaggio dei cannoni. E’ quello che
osservate facendo un buco nel muro con il trapano. Si
potrebbe dire che state alesando il muro.
• Conseguenza delle osservazioni di Joule è che
U = (U2 - U1) = Wadiabatico
Conseguenze ??
• U è qualcosa che ha la forma di un’energia. Si sviluppa dentro
un contenitore adiabatico ed è detta energia interna. Ancora
non so molte cose di lei.
• Ad esempio: è conservativa? Ancora non saprei.
• Si riferisce solo ad un sistema adiabatico? NO, probabilmente.
• Ha il segno giusto? La convenzione arbitraria e d’ora in poi
immodificabile che scegliamo assegna segno positivo al lavoro
che l’ambiente compie sul sistema. Ricordate la convenzione
che avevamo fatto col termine cosq? Questo volevo dire.
• Ci sono altri esempi di scelte arbitrarie, ed in seguito
immodificabili, in natura? Molte. Ad es., la configurazione
delle proteine in forma attiva, la carica degli ioni (pensate al
DNA), ecc.
• Le variazioni nello stato del sistema non richiedono,
necessariamente, lavoro adiabatico. Ad esempio, posso farlo
ponendo il sistema in contatto con un recipiente non
adiabatico, con pareti conduttive (come fare?).
• Se faccio scambiare energia tra due serbatoi vedo che la
temperatura, quindi lo stato del sistema, cambia.
• Il contributo non dovuto a termini di lavoro sarà
U = (U2 - U1) = Q
• dove Q è una grandezza che indico col nome di calore.
• Le variazioni di stato comportano variazioni in Q e/o W,
quindi
DU = Q + W
• Questo è un modo corretto di definire il primo principio.
Restano ancora punti da chiarire. E’ DU funzione di stato?
• Riguardo ai modi di trasmissione di questa entità, che
chiamiamo energia interna, ci sono ancora molti dubbi.
1°) E’ sicuro che la frusta da dolci, od una forchetta agitata in un
liquido, forniscano energia? Come lo fanno, in maniera
reversibile o meno? Ancora non saprei rispondere.
2°) Cosa posso dire riguardo a quanto già so dello sviluppo di
calore?
3°) U è conservativo? Che vuol dire conservazione dell’energia?
Un esempio dovuto a Richard Feynman.
4°) E’ DU un differenziale esatto?
• Fino a pag. 37.
• Considero il caso in cui avvenga un cambiamento di stato nel
sistema come risultato combinato di calore e lavoro.
• Si può pensare che il sistema sia in equilibrio termico con un
corpo che funga da serbatoio termico, un termostato, ad es.
Cioè che trasferisca calore, ma non lavoro. Nello stesso tempo
sarà in contatto meccanico, con parte dell’ambiente, in modo
che possa compiere del lavoro.
• Queste circostanze prese insieme definiscono il moto di un
pistone in un termostato che possa scambiare lavoro con
l’ambiente (il suo intorno).
• DU è il differenziale di energia associato ad un cambiamento
nello stato del sistema. Posso confrontare il tutto con quanto
fatto considerando un processo adiabatico.
• Come può essere determinato DU ?
Il lavoro fatto, o subito, dal
pistone è bilanciato da un peso.
Si lavora in modo quasi statico.
PISTONE
Temperatura T, costante.
Termostato
Nel pistone
c’è un gas
(ideale, by now).
Allora?
• Il lavoro fatto o subito dal sistema si determina dalla
posizione del peso rispetto al suolo alla fine del processo.
Quindi si determina W, il lavoro compiuto (uguale ad |mgh|).
• La variazione di Q è determinata dal cambio di stato del
bagno (immaginate che sia un termostato a ghiaccio, ad es.),
oppure dal lavoro necessario perché una resistenza attraverso
cui passa la corrente che scalda il bagno ne mantenga
costante la temperatura.
• Una variazione nello stato del sistema, in Q, si determina
misurando una variazione in temperatura nel bagno termico.
• Termostato a ghiaccio? Che tipo di calorimetro è? Lavoisier!
• Lavorando con una sostanza pura, so che ogni variazione nel
suo stato fisico è determinata dalle variabili intensive che lo
regolano. E quindi, userò dei differenziali.
• Per il bagno termico, che ha volume o densità numerica
fissate, posso usare come seconda variabile la temperatura.
Quindi, le variabili saranno T e V, oppure r e T. Cioè
Z = Z (T,V); Z’ =Z’(r,T)
• Posso scegliere r come variabile? Essa è un rapporto. Non mi
fisso troppo su quale grandezza utilizzare per determinare lo
stato del sistema.
• Questione metodologicamente importante: una scala di
temperatura si basa spesso sulla determinazione dello
scambio di calore da parte di mezzi diversi tra loro (i
termometri). Ed allora...
• Farò in modo che la misura del calore sia indipendente da
quella della temperatura (SIC!).
• Torno alla definizione originale. Suppongo che
DU = Q + W
• sia la somma di due contributi. Il contributo dovuto al calore
od al lavoro possono variare ad libitum, ma la risultante è
sempre la stessa, cioè DU. Come rappresentarlo?
• E’ come dire che le risorse economiche di una persona siano
la somma di beni mobili ed immobili. In un dato momento,
quelle sono.
• Questo implica che DU, in quanto tale, è conservativa e
dipende solo dallo stato iniziale e finale del processo in esame.
• Cioè, nel passaggio tra due stati
A
B
la variazione complessiva di energia é definita come
DU = UB - UA
• In notazione simbolicamente corretta, si può dire che (Perchè?
Ricordate la diatriba su cosq?)
DU = DQ + DW
• La scrittura non è casuale. Uso due differenti simboli, D e D,
per il differenziale. In particolare:
D, (d, se è un infinitesimo) è un differenziale esatto, la differenza
tra due livelli di energia A e B;
D non è un differenziale esatto. La differenza tra due stati A e B
dipende dal percorso scelto.
Dirò, allora, che D è una funzione d’iter.
• Se tratto un differenziale esatto, ho una funzione di stato. Cioè,
per una variazione infinitesima,
dU = DQ + DW
• dove dU è un differenziale esatto, gli altri termini NO.
• Se dU è un differenziale esatto, allora,
dU

0

• mentre gli integrali in Q e W, detti DQ e DW, rispettivamente, non
necessariamente lo sono.
• Un altro modo equivalente di dire che dU è un differenziale esatto
consiste nel seguente assunto: “un differenziale esatto rappresenta
la conservazione dell’energia nel passaggio tra due stati”.
• Secondo Joule “ E’ manifestamente assurdo supporre che la
potenza di cui Dio ha dotato la materia possa essere distrutta di
più di quanto possa essere creata dall’azione umana.”
• Ai miei occhi di miscredente la definizione è retorica, ma chiara.
• Una conseguenza insita nello sviluppo delle equazioni viste è la
seguente.
• Il valore assoluto dell’energia di un sistema non è noto, il che
implica che U lo è a meno di una costante arbitraria.
• Ciò non pone problemi se voglio determinarne il differenziale,
dU. In tale operazione, la costante arbitraria scompare. (Ad
esempio U = a + bX)
• Questo comportamento spiega perché i termodinamici insistano
nel voler calcolare un differenziale e non il valore assoluto
dell’energia.
• Che farne di quest’ultimo se dU è noto a meno di una costante?
• Questo assunto sembra porre un limite alla confrontabilità di
proprietà estensive, come l’energia, che sono differenziali esatti
ed altre, come il volume, che non lo sono. PERO’ .....
• Questa ambiguità si risolve operando in maniera differenziale.
C’è un motivo, una ratio, in tutto ciò? Si.
• Se l’energia è nota a meno di una costante, il differenziale tra
stato finale ed iniziale risulta depurato dalla presenza di un
termine costante.
• D’altro canto, per grandezze come il volume, che è noto ed
univocamente definito, il differenziale esatto è la differenza tra
stato finale ed iniziale.
• Se le cose stanno davvero così, questo è un ottimo motivo per
usare sempre la notazione differenziale.
Essa vale in tutti i casi.
• Quindi, la uso sempre.
Ok col primo principio.
•
•
•
•
•
Ho dimenticato qualcosa?
Finora ho parlato di calore, Q, e lavoro, W.
Ho anche detto che c’è una grandezza detta temperatura, T.
Ma che cos’è la temperatura? Come possiamo definirla?
Costruisco un modello che spieghi sia il significato di
temperatura che quello di equilibrio termico.
• Uso un recipiente con una parete adiabatica ed una
diatermica (che vuol dire?)
Recipiente adiabatico
Avrò equilibrio termico e la
stessa temperatura dopo un po’
di tempo che i due sistemi nel
recipiente sono stati a contatto
tramite parete diatermica.
Se le proprietà del sistema A non
cambiano e lo stesso per il B,
ciò comporta TA = TB
EQUILIBRIO TERMICO
Sistema A
Parete Diatermica (in rosso)
Sistema B
“Diatermica” vuol dire
“attraversabile dal calore”.
Completamente! E’ un conduttore
termico ideale.
• Sviluppo il concetto, costruendo un oggetto che contenga i
corpi A e B, separati dall’ambiente da una parete adiabatica,
ma a contatto, tramite parete diatermica, con un corpo C.
• Se A è in equilibrio termico con C, e B lo è con C, allora, A e
B sono in equilibrio termico.
• Questo esperimento è la legge zero della termodinamica, e
rappresenta il principio che regola l’equilibrio termico tra
più corpi.
• E’ alla base di qualsiasi tentativo per costruire una scala di
temperatura, compresi i termometri.
• In altre parole, qualsiasi oggetto usato per costruire una scala
di temperatura gode di proprietà transitive, per quanto
riguarda l’equilibrio termico con altri.
•
•
•
•
•
•
•
Se faccio funzionare ciclicamente le funzioni di stato?
Varrà l’equazione di Hess.
Se ricordate come funzioni, vi verrà in mente che essa è la
somma di più funzioni di stato, articolate tra loro in modo da
formare un ciclo termodinamico chiuso.
Se ogni stadio del processo è funzione di stato, anche quello
del processo ignoto lo é.
La legge di Hess vale in tutti i casi che hanno a che fare con
processi chimici.
Riporto il calcolo dell’energia di ionizzazione e dissoluzione di
una specie solida ed alto-bollente. La teoria non richiede che
tutti gli stadi siano alla stessa temperatura.
Esempio; la dissoluzione del KNO3 in acqua.
Come la rappresento? Una strada è la seguente.
Ancora...
• Esempi : la combustione della grafite, del fosforo rosso, della
carta, la dissoluzione in acqua del KNO3.
A
B
Siano noti, e funzioni di stato,
i processi A-B, B-C, C-D.
La legge di Hess dice che
anche il processo D-A lo sarà.
Lo vedo per la dissoluzione!
D
C
Il ciclo aiuta i pigri.
L’insieme è un ciclo, ed
il risultato è nullo.
Infatti….
And Now....
• Considero il calore sviluppata a P costante, che chiamerò QP,
se il solo lavoro possibile è di tipo PV. Riscrivendo la prima
legge sò che
DQ = DU - DW
• Se PV è l’unico tipo di lavoro che si può svolgere, e P è
costante, uguale a quella dell’ambiente, allora
DW = - PdV
DQP = dU + PdV = DQP
Cosa dico?
• Siccome opero a pressione costante, posso dire che
DQP = dU + PdV + VdP = dU + d(PV)
• Il calore scambiato a P costante, nei limiti di cui sopra, risulta
essere un differenziale esatto. E DQP = DQP.
• DQP è la somma di dU più un termine di espansione gassosa .
• Quindi, esiste una funzione di stato (un differenziale esatto)
che rappresenta il calore scambiato a pressione costante.
• Si chiama ENTALPIA ed è definita come
DH = DU + D(PV)
DH è proporzionale a QP (Ci sono conseguenze?)
• La relazione è valida se e solo se non viene compiuto lavoro di
tipo meccanico. In tali condizioni dQ è un differenziale esatto.
• Pensate ad una reazione fatta in un laboratorio, in condizioni
di pressione atmosferica. In questa lo stato finale del sistema
sarà solo funzione dello stato, e forma fisica, dei reagenti e dei
prodotti.
• E’ immateriale nel computo se il processo avvenga in uno o più
stadi. Il perché lo dice la legge di Hess.
• Questa ambiguità si risolve operando sempre in maniera
differenziale.
• Se l’energia è nota a meno di una costante, il suo differenziale
esatto, definito tra stato finale ed iniziale, risulta depurato
dalla presenza del termine d’integrazione.
• Siete d’accordo?
• Per una grandezza come il volume, che è nota ed
univocamente definita, è ovvio che il differenziale esatto sia
uguale alla differenza tra stato finale ed iniziale.
• Se le cose stanno così, abbiamo un ottimo motivo per usare
sempre la notazione differenziale.
Essa vale per tutti e due i tipi di variabili sopra considerati.
L’Entalpia.
• U, l’energia interna, è un una funzione di stato. Quando non si
compie lavoro,
U = (U2 – U1) = Q
• Il calore scambiato in un processo isocoro, in cui solo lavoro
PdV è compiuto, è anche indipendente dal percorso (è
possibile per U).
• Un esempio: in una reazione svolta in un recipiente chiuso ed
a V fissato, la quantità di calore associata al processo
(positiva o negativa che sia) dipende dalla natura, condizioni
e stato dei reagenti e dei prodotti, ma non dal meccanismo con
cui avviene. Quindi il meccanismo è una funzione d’iter.
• Es. un catalizzatore eterogeneo non altera il bilancio
energetico di una reazione. (Ricordate bene questo concetto).
• Gran parte delle reazioni d’interesse comune sono svolte a P,
piuttosto che a V costante. Sorge il dubbio se le considerazioni
fatte valgano anche in queste condizioni. Il calore sviluppato
in un processo reattivo isobaro è funzione di stato o di iter?
• Suppongo che sia vera la prima ipotesi.
• In tale eventualità è possibile tabulare i risultati delle reazioni
svolte con questa modalità. Perché solo in questa?
• E’ anche possibile supporre l’esistenza di reazioni che siano la
risultante di reazioni già note. Quest’ultima ipotesi dovreste
conoscerla col nome di legge di Hess. Essa nasce prima
dell’articolazione del primo principio della termodinamica.
(Paradossi della scienza….)
• Questa non è cosa tanto peregrina, ove si pensi che spesso le
teorie spiegano “ex post” risultati ed esperimenti già noti.
Cos’è l’Entalpia, in realtà?
• Faccio l’esegesi termodinamica. Leggo l’equazione
DH = DU + D(PV)
DH = QP
• e vedo cosa significa, riscrivendola in forma differenziale.
• Risulta, in forma differenziale,
dH = dU + d(PV)
• Però
dQ = dU - dW dove dW = -PdV
• Quindi
dQP = dU + PdV
• Notate che sto lavorando a P costante (cioè VdP = 0). E
dQP = dU + PdV + VdP
= dU + d(PV)
= d(U + PV) = dH
• Risulta che l’entalpia, H, è una funzione di stato*, che
definisce una nuova proprietà termodinamica. Infatti, U, P e V
sono proprietà che definiscono lo stato del sistema. Se questo
vale per i singoli componenti,
l’assunto vale anche per ogni funzione da loro derivata.
• Come visto per U, anche H è nota a meno di una costante.
Non ha senso calcolarne il valore assoluto; ha significato
determinarne il differenziale.
• Da un punto di vista operazionale considero solo le variazioni
in DH; vale la relazione DH = DU + D(PV).
DH = QP
* Potreste vederlo anche utilizzando la trasformata di Legendre. Non so se
l’abbiate fatta.
•
Fino a pag. 45.
• Vedio la relazione tra la nozione primitiva di Q (che
chiameremo QV) e QP. La prima è determinata in condizioni
isocore, quindi il pedice. (ESEMPIO!).
• Come metterle in relazione tra loro? Vale la
DUV = QV
DHP = QP
• Se considero il vincolo dato da T costante, risulta
DHP = DUP + PDV
• Sia P la pressione associata al processo isobaro. Si può vedere
che DUP ≈ DUV, perché, per gas ideali in condizioni isoterme,
U non dipende da P o V. Quindi, vale la relazione di cui sopra.
Allora
QP = QV + PDV
Allora? DHP = DUV + D(PV).
• Notate che QP e QV si riferiscono a calori associati a
cambiamenti di stato, e sono diversi tra loro.
• Altre considerazioni da fare, se una delle fasi è condensata
(solida o liquida). In certi casi il DV è molto piccolo, quasi
nullo, se comparato con l’effetto termico dovuto a QP e/o QV .
Quindi la differenza
QP - QV ≈ 0
• Lo stesso non può dirsi per reazioni in fase gassosa.
• Un esempio è il seguente. Ricordatelo, perché ne dovrete tener
conto quando farete le misure del calore di combustione.
• Considerate la combustione del butano, espressa secondo la
seguente reazione (che bilancerete)
C4H10 + O2 = CO2 + H2O
• Fatelo avvenire a “basse” od “alte” temperature. Basse od
alte significa che la T del sistema alla fine del processo di
combustione sia minore, o maggiore di 100°C (perché?). La
pressione all’interno del recipiente di reazione dipende dalla
temperatura a cui si opera e dal materiale che c’è, o si forma.
• Il volume del recipiente rimane costante.
• Lavorare a “basse” temperature comporta che l’unica specie
gassosa che si forma, se la combustione procede secondo il
meccanismo di ossidazione proposto ed è completa, sia la
CO2. Il termine in DV dovuto all’acqua che si forma in forma
liquida è molto minore dell’altro e può essere trascurato, in
prima approssimazione.
• Cosa accade nell’altro caso? Sono i due processi
comparabili?
• Potete applicare il Principio di Le Chatelier?
• Siete in grado di dire con certezza se
DHP sia maggiore, uguale o minore di DUV ?
• Come fareste? Potreste predirlo a naso?
• Faccio un po’ di conti e di approssimazioni rozze. Vedo, poi, se
e quanto queste funzionano e quale sia il loro potere
predittivo.
• Come potreste quantificare l’effetto su scala energetica?
• C’è un’unica condizione che vincola la vostra risposta.
Supponete che il comportamento dei gas, compresi quelli
risultanti dalla combustione, sia quello di un gas ideale.
• E se il combusto fosse un gas di van der Waals (sotto)?

a 
P 
Vm  b   RT Non cambia
2 

molto.
V

m
Per reazioni e processi?
• L’entalpia si applica a processi in fasi gassose e condensate.
• E’ una funzione di stato.
• Le applicazioni sono notevoli; riguardano gli aspetti progettuali,
la costruzione di reattori, il controllo della temperatura, ecc.
• Si è dibattuto a lungo se un’entalpia negativa garantisca un
decorso spontaneo del processo. Le reazioni con DH < 0
garantiscono le condizioni di spontaneità di un processo?
NO. (Vedremo perché.)
• Ci sono reazioni che procedono anche se la temperatura
diminuisce, cioè se DH > 0. Infatti….
• La dissoluzione di acido solforico in acqua è spontanea, ha
DH <<0, cioé elevata tonalità termica (la miscela si scalda
notevolmente).
• La dissoluzione di urea in acqua, ha DH > 0; è un processo
spontaneo, ma la temperatura della miscela diminuisce
durante la reazione.
• Ci sono reazioni atermiche, in cui DH = 0, che sono
spontanee, come la dissoluzione del polistirene in toluene.
• Quindi, non c’è relazione tra tonalità termica, variazione in T
associata al processo, e spontaneità dello stesso. Anche se
molto tempo fa non si pensava così. Il motivo che è alla base
di tutto ciò nasce dal fatto che l’energia libera, DG, regola la
spontaneità di un processo reattivo. Sarà sempre DG < 0.
• Un’altra concetto che è bene introdurre riguarda la definizione
di stato standard. Vedo cosa voglio dire, supponendo di voler
calcolare l’entalpia di formazione dell’acqua a partire da H2 ed
O2. Che valore avrà?
• Il calore sviluppato sarà diverso se il prodotto è in forma
liquida, gassosa, o solida. Questo è intuitivo ove si pensi che
scaldare l’acqua per vaporizzarla comporta l’erogazione di
calore. Da dove si parte, allora?
• In miscele non ideali di gas, l’entalpia dipende dalla pressione
dovuta ad ogni specie su cui si opera.
• In fase solida, il DH del processo considerato dipende dalla
forma cristallina della specie che partecipa al processo reattivo.
Ad es. rombica o monoclina per lo zolfo. Ma anche per le forme
allotropiche del ghiaccio.
Stati Standard.
• Per i solidi, la forma più stabile si ha a 0.1 Mpa (1bar), alla
temperatura data (c’è incongruenza nel caso del Smon o Srom);
• Per i liquidi, la forma più stabile a 0.1 Mpa, a T data.
• Per i gas, a pressione zero e temperatura definita.
Inoltre..
• Lo stato standard del carbonio è la grafite (è una delle due
forme allotropiche, grafite o diamante).
• La temperatura di riferimento di un processo è 25°C (298.15
K).
• Il segno del DH è positivo ( > 0) se il sistema assorbe calore.
• L’entalpia di formazione di un elemento nel suo stato standard
è zero. (Non è vero, è una convenzione).
Alcuni casi interessanti...
• Primo caso (Attenti ai pedici!)
• Determinazione dell’entalpia di formazione a partire da quella
di reazione. La formazione della calce viva (CaO) per dare
Ca(OH)2, è illuminante. Considero le reazioni elementari
CaOs + H2Ol = Ca(OH)2,s DH = -63.85 kJ/mol
H2,g+ ½ O2,g = H2Ol DH = -285.83 kJ/mol
Cas + ½ O2,g = CaOs DH = -635.13 kJ/mol
• Sommo le suddette reazioni ed ottengo
Cas + O2,g + H2,l = Ca(OH)2,s DH = -984.81 kJ/mol
• Il DH del processo è la somma algebrica dei tre processi.
• Secondo Caso.
• Determinazione del DH di formazione da quello di
combustione. Voglio determinare il DH di formazione dalla
seguente reazione di combustione (usando la bomba di
Mahler).
C2H5OH,l + 3O2,g = 2CO2,g +3 H2O,l DH298K = -1368.82 kJ
3H2O,l = 3H2,g + 3/2 O2,g DH = 857.49 kJ/mol
2CO2,g = 2Cs + 2 O2,g DH = 787.02 kJ/mol
• La risultante sarà
C2H5OH,l = 3H2,g + 1/2 O2,g + 2Cs DH = 277.69 kJ/mol
• La reazione di formazione di etanolo da idrogeno, grafite ed
ossigeno avrà, ovviamente, segno opposto. Avviene in normali
condizioni di reazione? NO.
• Altre reazioni determinabili allo stesso modo riguardano le
transizioni da una forma allotropica all’altra (ad es. da grafite
a diamante), le transizioni conformazionali di proteine (quella
dell’albumina, guidata da pH, è un buon esempio), il computo
dei DH di reazione in fase solida a partire da quelli in
soluzione.
• Calcolo del DH di legame.
• Dovrei parlare, più correttamente, di formazione o rottura
dello stesso. Quest’ultimo si riferisce alla quantità di calore
assorbita o ceduta nel processo.
• Immagino di dover confrontare tra loro i processi aventi luogo
durante la combustione di una serie di sostanze che siano
abbastanza simili, ad esempio alcani, alcheni ed alchini,
oppure specie cicliche, più o meno sostituite. Valgano i casi
sotto indicati.
Strutture possibili dell’albumina (una proteina).
L’albumina è un poli-elettrolita ionizzabile.
Quale delle tre forme ha carica maggiore?
• Caso A
• Etano, etilene, acetilene, con singolo, doppio, o triplo legame
C-C.
• Le reazioni sono definite come
C2H6 + 7/2 O2 = 2CO2 + 3H2O
STATO?
C2H4 + 3 O2 = 2CO2 + 2H2O
C2H2 + 5/2 O2 = 2CO2 + H2O
• (N.B. Tralascio di indicare lo stato fisico di reagenti e
prodotti, anche se lo dovrete considerare.)
• Lo stesso vale per le reazioni su specie cicliche.
C6H12 + 9 O2 = 6CO2 + 6H2O
C6H10 + 17/2 O2 = 6CO2 + 5H2O
STATO?
C6H8 + 8 O2 = 6CO2 + 4H2O
C6H6 + 15/2 O2 = 6CO2 + 3H2O
Capacità termiche.
• Sembra che i chimici si divertano a fare cose strane,
introducendo nuove grandezze senza che ce ne sia bisogno
apparente. E’ essenziale, per valutare l’entità di un processo,
usare altri modi per elaborare i dati. Faccio un esempio
banale.
• Per scaldare una sostanza da una temperatura A ad una B > A
è necessario fornire del calore. Pensate, ad esempio, al
riscaldamento dell’acqua. Al di là di effetti macroscopici che
si osservano, c’è bisogno di sapere quanto calore sia
necessario nell’iter termico che intercorre tra gli stati di cui
sopra. C’è da dire che la quantità di calore necessaria a
passare da A ad A + dX potrebbe essere diversa da quella
dello stadio A + dX rispetto ad B + dX. Ricordate?
• E’ plausibile tutto ciò?
• Cosa voglio dire? Che il calore richiesto nel riscaldamento
non è funzione lineare della temperatura.
• Per questo sviluppo funzioni che indichino come vari
l’entalpia, o l’energia interna con la temperatura. Tali
grandezze sono dette CAPACITÀ TERMICHE. (Da un punto di
vista storico, esse nascono prima delle funzioni da cui
derivano).
• Sono definite in base al seguente ragionamento. Qual è il
calore necessario a scaldare una sostanza? Vale la relazione
Q = C(T2-T1)
• La relazione è proporzionale alla massa di sostanza da
scaldare. Per un grammo di sostanza vale la
C = Q/(T2-T1) = Q/DT
C = DQ/dT
(Metto D perché….)
• Se opero a P o V costante (ricordate?) risulta
CP = (dQ/dT)P
CV = (dQ/dT)V
• Però dQP = dHP
CP = (dH/dT)P
dQV = dUV
CV = (dU/dT)V
• Sono in relazione tra loro, in qualche maniera? Vediamo. Vale
la relazione che recita
H = U + PV
• (scritta in notazione non differenziale). Potrei dire che
CP = (dH/dT)P = (d[U+PV]/dT)P = (dU/dT)P +P(dV/dT)P
• Ricordate come si trasformavano le funzioni energia? Ad es.
Se U = U(V,T) allora dU = (dU/dT)VdT +(dU/dV)TdV
(dU/dT)P= (dU/dT)V + (dU/dV)T(dV/dT)P
CP = (dU/dT)V + [ P+(dU/dV)T](dV/dT)P
= CV + [P+(dU/dV)T](dV/dT)P
• Alternativamente
CV = [d(H-PV)/dT]V
(dH/dT)V - V(dP/dT)V
• Dimostro che
(dH/dT)V ≠ (dH/dT)P = CP
• Opero come segue, noto che H = H(T,P),
dH = (dH/dT)PdT + (dH/dP)TdP
(dH/dT)V =(dH/dT)P + (dH/dP)T(dP/dT)V
CV =(dH/dT)P + [-V + (dH/dP)T](dP/dT)V
= CP + [-V + (dH/dP)T](dP/dT)V
• Altri esempi.
• La capacità termica si riferisce ad un grammo di sostanza.
Ricordate la definizione di caloria data sui libri di testo del
liceo? Essa vale per sostanze pure (H2O). Ricorderete anche
come da questa nascesse la definizione di caloria (poi joule).
• Per i gas parlo di capacità termica molare, per mole di
sostanza. La capacità termica molare dei gas, normalizzata
per R (la costante universale dei gas), viene espressa come
uno sviluppo in serie di potenze di T. E’ detta equazione del
“viriale”. Si farà largo uso di un algoritmo di natura
empirica. (ESEMPIO).
• Potrei scrivere
2
3
CP,m/R = a° + a’T + a”T + a’”T +.....
• Per i solidi?
• Già all’inizio dell’800, Dulong e Petit osservarono che la
capacità termica molare di un solido è circa di 6 cal/mol K.
Ciò è grossolanamente vero a temperature prossime a Tamb.
• Una indagine sperimentale sistematica dimostrò, in realtà, che
essa cresceva in maniera complessa con T, partendo da valori
prossimi allo zero a O° K. L’andamento può essere espresso in
funzione di T secondo una legge di scala che dice
CV,m = R(12p^4/5)(T/)^3
• dove  è una temperatura caratteristica della sostanza, detta
temperatura teta, e CV,m è la (?). E’ una relazione
approssimata, che, proposta all’origine per specie elementari
ed isotrope (??), si applica a gran parte delle sostanze
conosciute, se T 0. Dipende dalla complessità molecolare,
cioè dal numero dei gradi di libertà (sic!). Perché?
• Per stimare come vari il DH di un processo con T, ricordo che
CP = (dH/dT)P . Scrivo CPdT = dH ed integro.
∫dH =∫CPdT
• Calcolo il valore partendo da T nota. Risulta (H° è una
costante d’integrazione)
H =∫CPdT + H°
• Per un processo generico
A + B + C +.. = M + N + O + ..
• Scriverò le relazioni per ogni specie prodotta, o scomparsa col
segno giusto, mi raccomando. Avrò l’entalpia totale del
processo ad una temperatura T*.
• Es. Calcolare il DH di formazione di CaSO4 a partire dagli
elementi Ca, S ed O2 e da una temperatura T° nota ad una
temperatura T’.
• Come fare? Ricordate i vincoli indicati? Bene.
• Posso fare avvenire il processo in più stadi? SI! Perché?
A chi applicare il 1° principio?
• Vedrò come si possa applicare il primo principio e quale sia
l’uso dei concetti di entalpia, energia interna e capacità
termiche.
• Per motivi che saranno evidenti nello sviluppo del secondo
principio, è bene partire con applicazioni relative a sistemi
semplici, come i gas ideali, ed altri che non lo sono.
• Perché indagare i gas e non sistemi più interessanti? A scopo
didattico, è molto semplice lavorare su sistemi caratterizzati
da equazioni note e semplici. Ed alcune di queste, come
l’equazione di stato dei gas ideali, le conoscete bene. Quindi,
sapete di cosa si parli.
• Saprete anche cosa significhi R nella relazione PV = nRT.
• Una definizione di gas ideale si basa sulle equazioni
dU/dV)T = (dU/dP)T = 0
• Il significato da attribuire a tali relazioni è immediato. Dicono
che “Un gas mantiene la sua energia, se le trasformazioni si
fanno in condizioni isoterme”.
• Questo significa che, in condizioni isoterme, il prodotto PV è
costante. Come? Perché?
• Rinfreschiamo la memoria, e vediamo cosa significhi la legge
di Charles (di dilatazione termica), secondo cui
V = nkPT
• Dove kP (?). Il valore della derivata rispetto a T, a P costante,
è ovvio. Se considero il differenziale totale di V, che esplicito
come funzione di T e P, risulta
dV = (dV/dT)PdT + (dV/dP)TdP
• Od, ancora,
•
•
•
•
•
•
•
dV = (kPdT - kTdP/P^2)
Vabbè, ma quanto valgono kP e kT?
Suppongo, non sapendo se sia vero o no, che possano essere
diverse.
Posso dimostrare che (che teorema uso?)
dV = (V/T)dT - (V/P)dP
Posso scriverla in altri modi; ad esempio
(dV/V) + (dP/P) = (dT/T)
ln V + lnP = lnT + Kost
Ed arrivo a (il logaritmo di una costante è costante!)
PV = Kost*T
Dove Kost* è, guarda caso, la costante di Avogadro.
Vi sembra logico?
Passiamo oltre.
• Quanto visto per l’energia interna si può estendere all’entalpia.
• Nota l’uguaglianza H = U + PV, se volessi derivare la funzione
rispetto a V o P, vale la relazione
(dH/dV)T = (dU/dV)T + [d(PV)/dV]T
• Quanto valgono i due termini a destra nell’uguaglianza? Il primo
lo ho visto, il secondo pure. Entrambi valgono zero!
• Quindi (dH/dV)T = 0.
• Lo stesso può dirsi per (dH/dP)T = 0.
• Basti ricordare che (dU/dP)T = 0 e che il secondo termine ...
• Ora andate avanti voi.
• Ritorno a CP e CV. Siamo in grado di capire quale sia la
relazione tra loro? Nel modello di un gas ideale, la relazione
risulta immediata.
• Infatti
CP = (dU/dT)V + [P+(dU/dV)T](dV/dT)P
CP = CV + [P+(dU/dV)T](dV/dT)P
• Per un gas ideale ed una mole di materia, vale la
(dUm/dVm)T = 0
• Inoltre
(dVm/dT)P = R/P
• Combinando
CP = CV + P(dV/dT)P = CV + P(R/P) = CV + R
Altre applicazioni del 1° Principio.
• L’espansione di un gas. Valgono due ipotesi: si opera contro
una forza esterna che agisce sul pistone. Sulla tale superficie
agisce una pressione, P2, che vale F/A. Il lavoro associato a
tale processo (nell’espansione P1 > P2) sarà
W = -∫ PdV
• E l’integrale è definito tra V1 e V2. Siccome P1 > P2, il
processo è irreversibile. (N.B. Esso ha a che fare con
l’espansione dell’universo.) Le condizioni di reversibilità sono
immateriali. Richiedono solo che
P1 > P2
• Il gradiente sarà tanto piccolo da poter essere invertito. Se è
piccolo il gradiente, il processo avviene in condizioni .....
Quasi statiche.
• L’immobilismo politico di questo paese è simile a quello che si
ha in condizioni quasi statiche, é un miracolo termodinamico.
Siamo in condizioni di quasi reversibilità.
• Come trattare un processo quasi statico, visto che ci interessa
tanto?
• Nel caso in esame DP ≈ 0 ed il suo segno può esser invertito a
piacere. Questo significa che P1≈P2, e l’integrale
W = -∫ PdV (rev)
• Cosa farci con questa notazione? Semplicemente ricordare
che, in condizioni di equilibrio (o per più equilibri successivi),
P è data dall’equazione di stato dei gas ideali. E
W = -∫ PdV (rev) = -∫ (nRT/V)dV = -nRTln (V2/V1)
• Che è valida quando c’è equilibrio termico con l’ambiente.
•
Essa“Epitomises the quintessential features of ideal gases”.
Le conseguenze più importanti sono le seguenti:
1. Definisce l’isoterma di un gas. (La sapete disegnare, vero?);
2. Dice che l’energia interna dipende solo da T; è ovvio!
3. Il calore assorbito dall’ambiente sarà uguale a
Q = DU - W = nRTln (V2/V1);
4. Se non c’è lavoro netto, cioè se W = 0, anche DU = 0.
5. Finalmente, potrò dire che
DH = DU + D(PV) = 0 + D(nRT) = 0
• Un’ultima considerazione riguarda i processi irreversibili
che hanno luogo contro una pressione esterna P2≠0, P2 < P1.
Il lavoro compiuto sarà minore che in espansioni libere.
0 < |W|<|-nRTln(V2/V1)|
• Lo stesso vale per il calore.
• Ricordate che, per convenzione, W < 0 in un’espansione.
Risultati importanti? Eccoli tabulati.
Espansione
Compressione
W = - nRTln (V2/V1)
W = nRTln (V2/V1)
W=0
(Reversibili)
DU = 0
DU = 0
DU = 0
(Reversibili)
Q = nRTln (V2/V1)
Q = - nRTln (V2/V1)
Q=0
(Reversibili)
DH = 0
DH = 0
DH = 0
(Reversibili)
W=0
W = P’(DV)> nRTln(V2/V1)
W = - P’(DV) (Proc. libero)
DU = 0
DU = 0
DU = 0 (Proc. libero)
Q=0
In un ciclo
Q = P’(DV)< -nRTln(V2/V1) Q = P’(DV)< 0 (Proc. libero)
DH = 0
DH = 0
DH = 0 (Proc. libero)
0<|W|<|-nRTlnV2/V1|
W = P’(DV)> nRTln(V2/V1)
W > 0 (Intermedi)
DU = 0
DU = 0
DU = 0 (Intermedi)
0<Q<nRTlnV2/V1
Q = P’(DV)< -nRTln(V2/V1)
Q < 0 (Intermedi)
DH = 0
DH = 0
DH = 0 (Intermedi)
• Cosa dice la tabella?
• Permette di vedere quali siano, tra le grandezze riportate, i
differenziali esatti. Per questi, la variazione di energia non
dipende dal cammino percorso, per tutti gli altri si. Questo è un
buon metodo che distingue le funzioni di stato da quelle d’iter.
• Q e W sono sempre diversi da zero, eccetto che nell’espansione
libera. (Perché mai?).
• Q e W sono uguali ed opposti.
• Quanto detto é vero? Od è solo verosimile? In un processo
irreversibile un lavoro non nullo è fatto sul sistema e, quindi,
una quantità di calore non nulla è trasferita all’ambiente.
• Questa caratteristica è peculiare a tutti i sistemi irreversibili.
Altre conseguenze.
• Rivedo, alla luce di quanto detto, il concetto di adiabatico.
• Tale processo non comporta flusso di calore, e
DQ = 0
dU = DW = dW (adiab) = -PdV
• Se esplicito U = U(T,V),
dU = (du/dT)VdT + (dU/dV)TdV
• Il secondo termine nell’equazione è nullo, lo so. Allora
dU = (du/dT)VdT = CVdT = dW = - PdV Se integro?
• Analogamente farò per dH
DH = ∫CPdT
• Considero ora la relazione CVdT = - PdV e la riscrivo,
• come grandezza molare. Moltiplico entrambi i termini per
n ed esprimo CV come CV,m (molare). Allora
nCV,mdT = nRT(dV/V)
nCV,m(dT/T) = nR(dV/V)
CV,m(dT/T) = R(dV/V)
CV,mln(T2/T1) = - Rln(V2/V1)
(T2/T1) = (V1/V2)^(R/CV,m)
(TV)^(R/CV,m) = Kost
• Se le variabili, invece, sono P e T, vale la
(PV)^(CP,m/CV,m) = Kost
That’s all, folks.
Gas reali.
• Sono molto più interessanti di quelli ideali, e su di essi si
possono fare considerazioni interessanti, non possibili con i
primi. Bisogna, però, conoscerne il comportamento.
• Una differenza che salta agli occhi riguarda la possibilità di
osservare transizioni di fase, nelle opportune condizioni
sperimentali. E’ notevole la presenza di una fase gassosa al di
sopra di una temperatura detta critica.
• Nel 1869, un fisico inglese, Andrews (Phil. Trans. Roy. Soc.)
studia il diagramma di fase della CO2 e suggerisce che le
isoterme non siano le stesse previste per un gas ideale.
Suggerisce la possibilità di uno stato “critico”, caratterizzato
da volume, pressione e temperatura caratteristiche, vedi
figura.
• Cosa diversifica la CO2 da un gas ideale?
Il diagramma di stato della CO2
Punti significativi?
• Uno sguardo al diagramma di stato permette di trarre
considerazioni di carattere generale. La CO2 è un gas a
temperature e pressioni elevate. Si osserva anche:
1. La coesistenza liquido-vapore;
2. La presenza di una fase liquida;
3. L’esistenza di un’isoterma “critica”;
4. L’esistenza di una fase vapore (non gas).
• Sono tutte proprietà che un gas ideale non ha.
• Perché si ha un polimorfismo così ricco?
• Come dare senso fisico a quella rappresentazione?
• Scrivendo equazioni di stato, empiriche o semiempiriche, o
usando sviluppi in serie di potenze (il viriale) per
rappresentare le varie curve.
• Cosa succede?
• Prima ancora di trovare una relazione che rappresenti il
comportamento di un gas, devo trovare se quello in esame è
ideale o meno.
• Come fare?
• Ricordate l’equazione del gas ideale? Bene, per una mole, il
rapporto (PV/RT) dev’essere uguale ad uno. Sennò, il gas non
è ideale.
• Il tutto va fatto riportando il rapporto (PV/RT) in funzione di
un parametro che compare nell’equazione; si usa P.
• Perché proprio P? Ricordate che la definizione di gas ideale è
valida nel limite P 0.
• Questo rapporto è noto col nome di fattore di compressibilità,
o fattore Z [Z = (PVm/RT)].
• Che andamento avrà il fattore Z al variare di P?
• Cerco di capire quali siano i motivi per cui ho bisogno di
equazioni di stato più complicate di quella del gas ideale.
• Il concetto di gas ideale suppone che le molecole siano come
angeli, esseri asessuati e senza dimensioni proprie. In realtà
non è così. Le molecole hanno dimensioni proprie, perbacco!
• Tralasciando la splendida definizione sul comportamento delle
molecole data da Breton, fondatore del surrealismo, preferisco
volare basse e rappresentarle come nella seguente diapositiva.
A questo punto, però, è assolutamente necessario ricorrere ad
Andrè Breton, secondo il quale, ...........
• C’è un punto essenziale, che sarete in grado di valutare
quando parleremo di forze intermolecolari (ancora Breton,
ma, prima di lui, Galileo, Newton o Lennard-Jones).
• Per adesso non quantifico il modello; posso sempre supporre
che le molecole si comportano come palline da biliardo. Esse
sono incomprimibili ed il loro potenziale di interazione è,
appunto quello di corpi rigidi. Cioè?
Ci sono altri
andamenti?
F
0
1
D/D° (In che scala si misura?)
• Una prima considerazione: quando si parla di forze tra corpi,
o di meccanica dei corpi, il comportamento osservato
prescinde da dimensioni o forma degli oggetti e vale anche per
oggetti macroscopici.
• Torno alle molecole nel pistone e vedo cosa comporti una
variazione di pressione sul campo di forze che agiscono tra
loro.
• A piccole distanze si hanno forze attrattive o repulsive. Il
segno è immateriale. Supponiamo di lavorare con oggetti
rigidi e che gli urti siano elastici.
• Non c’è sviluppo di energia in seguito all’interazione. Il
processo dipende dalla concentrazione nel mezzo (r). Quando
essa è molto elevata, le molecole occupano un volume
prossimo alle loro dimensioni, e c’è transizione di fase.
• Un secondo esempio, bidimensionale stavolta.
Immagini di Heinz Ringsdorff*
Esempi splendidi sono le figure
al microscopio ottico di lipidi cui è
attaccata elettrostaticamente una
specie fluorofora.
Per compressione il film diviene
compatto e si hanno le immagini
riportate accanto.
* Vincitore del Premio A. Humboldt e premio Nobel.
C’è un limite a tutto!
• Il volume delle molecole.
• Nasce la necessità di considerare tale contributo. L’equazione
di stato dei gas va rimodulata come sotto indicato
[P+(a/Vm^2)](Vm-b) = RT
• dove a, b e Vm sono costanti, per ora, indefinite.
• Funziona? Nel diagramma di stato della CO2, noto la
presenza di una tangente orizzontale e di un flesso al punto
critico Al disopra di questo posso usare l’equazione dei gas
ideali, per cui
(dP/dVm)T = 0
• Lo stesso dicasi per la derivata seconda.
• Al punto critico, le relazioni, ottenute per derivazione della
funzione di van der Waals, assumono la forma
b = (Vm,c/3) (co-volume)
a = 3PcVm,c^2 (Vediamo cosa vuol dire)
R = 8PcVm,c/3Tc = (Rapporto critico)
Zc = 3/8 (RTc/PcVm,c) = (27/64) (RTc)^2/Pc
Vm = Volume molare
Altre equazioni di stato dei gas.
• Oltre alla vdW ed a molte relazioni tipo viriale ce ne sono
altre, correlate alla van der Waals. Hanno forma funzionale
analoga. Sono note col nome di
(P+a/Vm^2)(Vm- b) = RT [Eq. di van der Waals]
(P+a/TVm^2)(Vm- b) = RT [Eq. di Berthelot]
(P+a/(T^1/2(Vm^2+b))(Vm- b) = RT [Eq. di Redlich-Kwong]
• Si può unificarle in una sola teoria? Si. Come?
• Sono tutte a due parametri. Ciò rende possibile unificarle in
un assunto noto come “principio degli stati corrispondenti”.
Secondo questo tutti i gas si conformano alla stessa equazione
di stato se valgono le grandezze ridotte
Pr = P/Pc ; Vm,r = Vm/Vm,c ; Tr = T/Tc.
• Cosa vuole dire tutto ciò? Cos’è uno “stato corrispondente”?
L’effetto Joule-Thomson.
• Nasce da un’osservazione sperimentale, legata all’espansione
dei gas in configurazione sperimentale particolare. Come visto
nell’espansione reversibile od intermedia, si pensa che la
temperatura sia mantenuta costante nel processo. E’ sempre
vero tale assunto? NO. Per vedere se è vero, uso un pistone
con due comparti separati da un setto poroso. Il pistone è
posto in un contenitore ben isolato termicamente.
• Di norma, si osserva una variazione di temperatura durante la
espansione del gas da P1 a P2, le pressioni a cui sono
mantenuti i due comparti. Questo comporta un DT ≠ 0.
• Cerco di capirne di più.
• Noto che:
Stato 2
Stato 1
P1, V1,
U1
P2, V2, U2
P1 + dP
P2 - dP
P2 - dP
P1 + dP
Setto Poroso
Setto Poroso
• Il sistema è adiabatico, cioè Q = 0.
• Ciò non vuole dire automaticamente che DH debba essere 0.
Infatti, il processo comporta una variazione di pressione tra i
due lati del pistone.
• Si può dimostrare che DH = 0. Il lavoro svolto dal gas nel
recipiente a pressione minore sarà
W2 = -∫P2dV = -P2(V2-0)
• (P1>P2, sennò non avremmo espansione).
• Ad esso si somma quello fatto nella camera 1 (attenzione al
segno)
W1 = ∫P1dV = P1(V1-0)
WTot = W1 + W2 = P1V1- P2V2
DU = U2 - U1 WTot = P1V1- P2V2
U2 + P2V2 = U1 + P1V1
DH = 0
• Il processo non comporta variazioni di H. Si può trovare un
modo per quantificare l’effetto? So che al flusso di gas è
associata una variazione in temperatura. Il flusso avviene da
pressioni maggiori a valori minori. L’entità del processo è
quantificabile in base ad una grandezza, detta coefficiente di
Joule-Thomson, definita come
mj,T = (dT/dP)H ≠ 0
• Il processo comporta riscaldamento, o raffreddamento. Se il
gas si raffredda mj,T >0. Poichè c’è sempre espansione, dP<0,
il coefficiente sarà positivo se dT<0. E viceversa.
• Il coefficiente di Joule-Thomson può essere esplicitato in
funzione di altre derivate. Impongo che l’entalpia sia espressa
come H = H(T,P); quindi, vale la relazione
dH = (dH/dT)PdT + (dH/dP)TdP
• Nel limite per cui dH = 0, risulta
0 = (dH/dT)P(dT /dP)H + (dH/dP)T (dP/dP)H
mj,T = - (dH/dP)T /(dH/dT)P
mj,T CP= - (dH/dP)T
mj,T CP = - [(dU/dP)T + (d(PV)/dP)T]
• Dalle relazioni summenzionate, risulta che il coefficiente di JT è uguale a zero per gas ideali, perché ogni derivata parziale
di una funzione di stato è nulla per queste sostanze.
• Un’altra caratteristica consiste nel fatto che i gas reali hanno
una sola temperatura a cui il coefficiente di J-T è uguale a
zero, a pressione nulla. Questo fa pensare che l’assunto per
cui i gas reali divengano ideali a pressione nulla non sia vero.
• Il coefficiente di J-T è funzione di T e P; può cambiare di
segno ad un punto noto come temperatura d’inversione di J-T.
• Un gas riscalda o raffredda durante un’espansione, a seconda
che il processo avvenga al disotto od al di sopra della
temperatura di J-T.
• L’espansione comporta un effetto sinergico, ed il gas si
raffreddi nell’espansione. Così è possibile liquefarlo.
• A lungo si è pensato che H2 ed He non fossero liquefacibili,
finché non si scoprì che la loro temperatura d’inversione è
molto al di sotto di quella ambiente.
• Essi possono essere liquefatti, dopo esser raffreddati al disotto
della temperatura di J-T.
• Tale valore è maggiore della temperatura ambiente per tutti i
gas, eccetto elio ed idrogeno.
• Conclusione: non esistono gas non liquefacibili.
Il secondo principio
• C’è veramente la necessità di introdurlo? Vedo perché.
• Finora ho discusso il comportamento di U ed H. Non si evince se
il segno delle variabili sia responsabile della spontaneità del
processo. Nel caso dell’energia interna si era giunti alla
conclusione che il segno positivo o negativo non sono indici della
spontaneità del processo. Conclusioni simili posso trarre per H.
• Debbo inventare una nuova funzione termodinamica, che sia
anche funzione di stato e che permetta di discriminare la
spontaneità di un processo. Da un certo punto di vista la funzione
dovrebbe dirci se un processo“Si può fare (Frankenstein Junior)”
o no.
• Devo creare una funzione termodinamica che funga da freccia,
che indichi la direzione spontanea seguita da un qualsiasi
processo.
• La prima considerazione cha salta agli occhi ha a che fare con
la statistica. Posso dire, sulla base di valutazioni realistiche,
se un dato processo abbia probabilità o meno di realizzarsi?
• Nessun sano di mente scommetterebbe sulla possibilità che
Malta batta l’Italia a calcio. Come, infatti, non succede.
• La funzione di stato che voglio sviluppare dovrebbe essere
messa in relazione col senso del ridicolo. Di norma un evento
irrealizzabile è ridicolo. Tipo la tazzina rotta che si riforma e
risale sul tavolo, quando vedete un film al contrario.
• Devo trovare la via per collegare una funzione di stato alla
spontaneità dei processi, ad esempio l’espansione libera di un
gas, o la vaporizzazione di un liquido al di sopra della sua
temperatura di ebollizione.
• In detti processi si hanno variazioni di calore ed/o di lavoro
(interconvertibili tra loro).
• Si può mettere in relazione una funzione connessa al calore
con una nuova funzione di stato da definire.
• Posso definirla a partire da quello che so dal primo principio.
Scelgo, per il momento, DU come funzione generatrice della
nuova.
• Infatti, l’uguaglianza DU = 0 si applica a sistemi reversibili,
ma anche all’espansione libera. Ricordate?
• Il segno dI DU non dà alcuna informazione sulla spontaneità.
• Quindi l’energia interna non è una buona base di partenza. E
neanche l’entalpia lo è.
• Ma potrebbe qualche loro componente esserlo?
• So che Q e PV, non sono funzioni di stato; anzi.....
• E’ possibile che grandezze derivate da termini che non sono
funzioni di stato lo siano? Non lo so ancora.
• Dal punto di vista formale ciò corrisponderebbe a vedere se
esista un operatore che, applicato a Q, lo trasformi in una
FUNZIONE DI STATO.
• (sono formalismi che conoscete in altri casi).
• L’operatore deve modulare il calore. Quindi, la temperatura
può essere un buon candidato. La funzione risultante sarebbe
espressa come
q = q (Q,T)
• Un criterio sarebbe vedere se c’è una funzione che si comporti
come una freccia, indichi la spontaneità del processo.
• Il raggiungimento dell’equilibrio termico tra due corpi a
temperatura diversa soddisfa tale ipotesi. In questi casi, è
criterio di spontaneità la condizione finale, in cui il DT = 0.
• L’effusione libera di un gas in un recipiente precedentemente
evacuato potrebbe essere un altro esempio.
• Anche il mescolamento di sostanze. Quindi, c’è una seconda
condizione,per cui il gradiente di concentrazione
Dc = 0
• E non si osserva il processo inverso: l’uovo strapazzato non
torna allo stato originario, non posso ottenere frutta dalla
marmellata, né una soluzione separa spontaneamente nei suoi
componenti.
Ecco il senso della freccia.
Così nasce il concetto di entropia.
• Clausius e Kelvin, indipendentemente, definiscono la seconda
legge.
• Clausius conia il termine entropia (dal greco en troph’),
come termine che misura una trasformazione interna.
• Kelvin giustifica l’introduzione di una parola nuova per
nominare un concetto nuovo (avevamo parlato di questo).
• La definizione di Clausius è ineccepibile, ma macchinosa.
Essa recita:
• “E’ fisicamente impossibile costruire una macchina che, in un
processo ciclico, possa convertire calore da un recipiente ad
un altro, che si trovi a temperatura maggiore, senza che sia
fatto del lavoro sulla macchina stessa, con un qualsiasi
accorgimento esterno”.
• Il postulato di Clausius prescinde da qualsiasi altro principio
preesistente e risulta da un’indagine sperimentale mirata.
• Se vado a vedere, il secondo principio dice che non esiste moto
perpetuo di seconda specie (mi spiace per chi ci crede).
• Dire che un evento è possibile, o no, è comune a molti assunti
della fisica. Pensate alla velocità della luce nel vuoto come
limite superiore alla velocità di trasmissione di un segnale.
• Bene, ora che ho visto “ciò che non siamo, ciò che non
vogliamo”, vado oltre. Come dovrebbe essere configurata la
proprietà cui stiamo interessati?
• Sarà una proprietà termodinamica ed, anche, una funzione di
stato. Sarà legata alla spontaneità del processo in esame; il
suo valore crescerà in un processo spontaneo.
• Clausius e Kelvin erano vincolati, nello sviluppo delle
dimostrazioni, all’uso di macchine termiche, il cui
funzionamento permetteva la conversione di calore in lavoro.
• Questo spiega perché il secondo principio nasce dallo studio di
macchine termiche. Quanto detto sull’introduzione di un
termine legato al calore, vale anche per il lavoro.
• Queste considerazioni vengono sviluppate da un giovane
ingegnere francese, Sadi Carnot, in un saggio intitolato “Essay
sur la poissance motrice du feux.”. Nientemeno!
• Anni dopo, Landau (Nobel per la Fisica) spiega come legare il
comportamento di un ciclo termico alla definizione statistica di
entropia, perché“L’entropia è lo spettro di distribuzione delle
energie in un sistema.”
Il Ciclo di Carnot.
• Perché usare un ciclo? Perché in un ciclo qualsiasi funzione di
stato vale zero, cioè la relazione che la esplica si applica solo
a sistemi di tipo conservativo (RICORDATELO). Solo?
• Come vedremo, “Die energie der welt ist konstant, das
entropie kleines eines maximum zu.”
• Cerco di trovare un modo che permetta di applicare il secondo
principio a problemi di interesse chimico. Le proprietà della
variabile da definire sono già state dette. Sarà una funzione di
stato, e varierà al raggiungimento dello stato finale. Questo è
quanto vedrò sviluppando l’enunciato di Clausius.
• Siccome i motori termici convertono calore in lavoro sembra
ovvio estendere l’applicazione anche a processi reattivi, in cui,
oltre a calore e lavoro, ci sia variazione di composizione.
• La macchina termica che uso scambierà lavoro (di tipo PV) con
l’intorno e, nel ciclo, scambierà calore tra due serbatoi termici
operanti a temperature diverse, T1 e T2.
• Non potendo fare riferimento a gas ideali come fluidi
termometrici, uso, per il momento, una scala empirica di
temperatura.
• Il funzionamento viene articolato in quattro stadi successivi,
che rappresentano l’analogo del ciclo di un motore termico.
Alla fine dei quattro stadi, il sistema ritorna allo stato iniziale.
• Attenzione! Ci sono cicli termici non a quattro stadi, ad es.
quello di Otto (o dei motori Diesel). Ma valgono le stesse
considerazioni.
• Il motore lavora in condizioni ottimali, non s’inverte il ciclo nel
processo, né il motore si ingrippa.
Tipo di motore
Parete adiabatica
Camicia isoterma, operante a temperatura regolabile, ed isolabile dal mezzo.
Rappresentazione di un ciclo di Carnot.
Ci sono altri tipi di ciclo!
Direzione del processo. (Attenzione!)
A
Espansione isoterma a T’ (maggiore)
T’
P
Il lavoro compiuto
è proporzionale alla
area tra le 4 curve!
B
Compressione adiabatica
D
Espansione adiabatica
T”
Compressione isoterma a T” (minore)
V
C
Primo stadio.
• Consiste in una espansione reversibile ed isoterma, quando il
sistema è in contatto col serbatoio alla temperatura T’. So
come funziona.
Secondo stadio.
• Consiste in una espansione reversibile ed adiabatica, durante
la quale la temperatura scende da T’ a T”.
Terzo stadio.
• Si compie una compressione isoterma e reversibile, quando il
sistema è in contatto col serbatoio termico operante alla
temperatura T”. So come farlo svolgere.
Quarto stadio.
• Si effettua una compressione adiabatica e reversibile, durante
la quale la temperatura risale da T” a T’.
• Opero sempre in condizioni di reversibilità.(Perché?)
• Rappresento il ciclo come l’area risultante dall’intersezione
tra due isoterme (a temperatura T’ e T”) e due adiabatiche.
• Il piano in cui si visualizza l’effetto è un piano PV. L’area,
proporzionale al lavoro svolto, è compresa tra le quattro
curve.
• Scambio col termostato a temperatura T’ un calore Q’ > 0
durante il ciclo di espansione. Analogamente, scambierò un
calore Q” < 0 durante la compressione.
• Il lavoro totale compiuto dal sistema sarà W. Il valore di tale
grandezza, invertito di segno, è proporzionale all’area
racchiusa nel ciclo, cioè
W    PdV
• Il sistema torna allo stadio iniziale alla fine del ciclo, e la
variazione di energia interna nel processo sarà nulla, cioè
DU = 0
• Dalla prima legge risulta
-W = Q’ + Q”
• Il rapporto tra calore assorbito ad alta temperatura e lavoro
compiuto rappresenta il rendimento caratteristico di una
macchina termica, e sarà definito come
-W/Q’ = e
• Il segno meno assicura che il rendimento sia positivo, perché
calore e lavoro hanno segno opposto.
• Sostituendo -W = Q’ + Q” nella successiva equazione, si ha
1 + Q”/Q’ =(Q’ + Q”)/Q’ = e
• dove e rappresenta l’efficienza del motore termico. Il valore di
questa grandezza non può essere maggiore di uno, per motivi
di buonsenso, e perché Q’ e Q” hanno segno opposto. Li ho
definiti così.
• Il ciclo può essere anche rappresentato in un piano T-V.
L’espansione e la compressione isoterma, in questo caso, sono
rappresentate da due segmenti paralleli.
• Una precisazione è necessaria. Poiché il ciclo lavora in
condizioni di reversibilità, può operare in senso opposto, e
compiere lo stesso calore e lavoro, con l’unica differenza
notevole sul segno. Il ciclo inverso consiste nel fornire calore
al serbatoio ad alta temperatura. Quindi è una pompa di
calore, o refrigeratore.
• Quest’ultima operazione non contraddice il postulato di
Clausius, perché l’intorno compie lavoro per trasferire calore
da bassa ad alta temperatura.
• Se volessi confrontare i due cicli, quello normale, W, e quello
inverso, W’, risulterebbe
Winv = - Wdir
Qinv”= - Qdir”
Qinv’ = - Qdir’
e = - Wdir/Qdir = - Winv/Qinv
1 + Qdir’/Qdir”
(E’ sempre fatta salva la notazione sui segni di Q!)
Ergo, il rendimento è uguale per entrambi i cicli.
Bellissimo!
• Da questo semplice schema, posso derivare altri modi di
esprimere il secondo principio. Il più elegante, quello di
Kelvin-Planck, suona così.
• “E’ impossibile costruire una macchina termica che, operando
in un ciclo, possa assorbire calore da un serbatoio tenuto a
temperatura costante e convertirlo in lavoro senza, al
contempo, avere variazioni (di temperatura od altro) nel
serbatoio o nell’ambiente.”
• Così fosse, la macchina si comporterebbe come un oggetto in
moto perpetuo del secondo tipo. L’unico moto perpetuo che
conosco è quello di Paganini, la ripetizione continua di un
tema musicale, con variazioni.
• Un esempio: si può estrarre calore dal mare, in regime
all’incirca isotermo, con un serbatoio alla stessa
temperatura? NO!
Una notazione…
• Non so se seguiate la serie dei Simpson in TV. Essa è spesso
ricca di notazioni scientifiche ben ariticolate, tipo le puntate
cui partecipano Stephen Hawking o Richard Dawkins.
• In una delle puntate si raccontano le ambasce di Lisa durante
lo sciopero degli insegnanti: le mancano le valutazioni! La
ragazza si avvantaggia a casa, costruendo un congegno che
garantisca il moto perpetuo. E si mette all’opera.
• Interviene Homer è le dice: “ Lisa, in questa casa noi
rispettiamo le regole della termodinamica”.
• Se lo dice Homer, potete pensarlo anche voi. Quindi…
Rispettiamo le regole della termodinamica!
Il teorema di Carnot.
• Se vado a vedere gli elementi sopra introdotti c’è il rendimento
della macchina termica, e, legato al rapporto tra calore
assorbito e quello ceduto.
• Esso è funzione dei Q, che non risultano, per ora, definiti.
• Carnot dichiara che l’efficienza dipende dalle temperature dei
due bagni termici, o termostati, ma non dalla sostanza che
compie il lavoro di espansione nel motore termico.
• Se contravvenissi a questo assunto attenterei alla logica, oltre
che alla validità del principio di Clausius.
• Per sistemi che lavorano alle stesse due temperature il
rendimento dev’essere lo stesso.
• Se avvenisse il contrario, si otterrebbe il moto perpetuo.
• Lo dimostro, facendo uso di due motori di Carnot, operanti
alle stesse temperature. Avrò calori non necessariamente
uguali ed accoppiati.
• Se A e B hanno efficienza diversa risulterebbe eB >eA.
• Ci sarebbe flusso di calore tra i due, con il primo che scambia
calore Q2B dal serbatoio termico ad alta temperatura.
• B compierebbe lavoro, di valore WB, scambiando calore Q1B
col serbatoio a temperatura inferiore.
• Quindi eB = - WB/Q2B. Il motore A opererà nello stesso modo.
• Ho assunto che eB >eA; allora
-WA/Q2A < -WB/Q2B
• Uso il modulo, perché comparo assorbimento e cessione di
calore (quindi segni opposti). Allora.
|WA/Q2A| < | WB/Q2B|
• Siccome i lavori sono uguali, i calori scambiati saranno
diversi, cioè
|1/Q2A| < | 1/Q2B|
|Q2A| > |Q2B|
• E la quantità di calore scambiata dal recipiente ad alta
temperatura nel ciclo opposto sarebbe maggiore che in quello
diretto. Assurdo. Lo stesso discorso si può fare per Q1A e Q1B.
Se lo facciamo con tre cicli il risultato non cambia.
• Lo sviluppo dove porta? Ricordate il segno di Q1 e Q2?
• Cosa manca, adesso? Una scala di temperatura.
• Creare una scala di temperatura comporta usare una relazione
per il rendimento di una macchina termica. Si usa il rapporto tra
calori a due temperature diverse. Esso sarà, in qualche modo,
funzione delle due temperature.
•Se c’è relazione tra Q e T, posso costruire una scala di
temperatura. Impongo che
e= 1 + Q1/Q2 = f(T1,T2)
Q1/Q2 = -[1 - f(T1,T2)] g(T1,T2) (rinormalizzo)
•Ricordando che Q1 e Q2 hanno segno opposto
|Q1/Q2| = g(T1,T2)
•Ripeto il tutto per più valori di Q (ne sono necessari almeno tre
per costruire una scala) ed ottengo
|Q1/Q2| = g(T1,T2); |Q1/Q3| = g(T1,T3); |Q2/Q3| = g(T2,T3);
|Q1|/|Q2| = g(T1,T3)/g(T2,T3) = g(T1,T2)
•Il rapporto dipende solo da T1 e T2; lo stesso per g(T1,T2).
• Ripetendo l’operazione, risulta (non c’è trucco nel passare da
g(T1,T2) ad h(T1))
|Q1|/|Q2| = h(T1)/h(T2)
Importante.
Il calore scambiato negli stadi isotermi del ciclo di Carnot è
proporzionale ad una scala di temperatura e la quantità di calore
scambiato permette di costruire una scala termometrica. Il
rendimento non dipende dalla sostanza usata.
Esplicito le h(Ti) ed ottengo
|Q1|/|Q2| = T1/T2
Cioè, - Q1/Q2 = T1/T2 . Vi torna? Quindi, il rendimento sarà
e = 1 - T1/T2
• Ho ottenuto la relazione tra efficienza di un motore termico e
temperatura. Questa prescinde dalla sostanza usata per
trasferire il calore e vale sempre.
• Come funziona per un gas ideale? Nello stadio ad alta
temperatura del ciclo di Carnot, il lavoro di espansione che si
compie tra i volumi V1 e V2 vale
W1 = - ∫PdV = - nR∫T2(dV/V) = nRT2ln(V2/V1)
• Lo stadio è isotermo, cioè DU = 0 e
WI = - Q2 = nRT2ln(V2/V1)
• Per il secondo stadio isotermo, vale la
- WII = Q1 = nRT1ln(V4/V3)
Per i due stadi adiabatici, potremo scrivere
CV (dT/T) = - nRdV/V
• Per gas ideali CV dipende solo da T. Integrando
∫CV (dT/T) = - nR∫dV/V
• Per il secondo stadio sarà V3/V2, per il quarto V1/V4 e, quindi,
V3/V2= V4/V1
• Gli integrali alle due temperature di esercizio sono uguali e
opposti in segno; lo stesso avverrà per quelli che sono
funzione di V.
• Ed il lavoro?
W = W1 + WII = - nR[T2ln(V2/V1) + T1ln(V4/V3)]
• E l’efficienza?
e = -W/Q2 = nR[T2ln(V2/V1) + T1ln(V4/V3)]/nR(T2ln(V2/V1)
• Cioè
[T2ln(V2/V1) + T1ln(V4/V3)]/(T2ln(V2/V1)
= 1 + T1ln(V4/V3)/(T2ln(V2/V1)
Q. E. D.
• Siccome
V3/V2= V4/V1
• Ne consegue
V2/V1= V3/V4
- ln (V2/V1) = ln (V4/V3)
• Quindi
e = 1 + T1ln(V4/V3)/(T2ln(V2/V1) = 1 - T1/T2
• Quanto vale T?
• Una scala universale della temperatura è indipendente dalla
sostanza termometrica in uso.
• Usando il punto triplo dell’acqua come sistema di riferimento,
le due scale divengono identiche se
Ttr = qtr = 273.16 K
273.16 K, ma perché?
Ci siamo…
• Cosa deriva da queste considerazioni? Siccome
Q2/Q1 = -T2/T1
Allora
Q2/T2 = - Q1/T1 (è banale). Quindi
Q2/T2 + Q1/T1= 0
• Nel ciclo di Carnot gli stadi isotermi sono gli unici in cui si
scambia calore (gli altri due sono adiabatici, cioè il loro
contributo è nullo).
• In un ciclo ad i termini vale la relazione, derivata da sopra,
∑ Qi/Ti = 0
• Senza accorgercene abbiamo costruito una funzione di stato.
• In un ciclo la circuitazione è espressa come sommatoria invece
che come integrale; essa è nulla. Fa differenza? No.
• Quindi, anche se Q non è funzione di stato, il rapporto Q/T lo è.
Definisco (in notazione differenziale) l’entropia, S, come
dS = DQrev/T
• (Ricordate il motivo di tale notazione?). In notazione compiuta
DS = S2 – S1 = ∫dS =∫DQrev/T =∫dQrev/T
• E’ una forzatura (un bluff) quello che ho fatto? No.
• Lo dimostro.
• E lo faccio per qualsiasi sostanza che trasporti calore in un
ciclo di Carnot.
• Il processo non deve dipendere dalla sostanza usata.
Dimostrazione
• Dovrò dimostrare che :
1. dS è un differenziale esatto, in condizioni di reversibilità;
2. dS è un differenziale esatto per ogni sostanza operante in un
ciclo di Carnot;
3. l’entropia è funzione di stato.
• Integro dS = DQrev/T in un ciclo reversibile di Carnot.
Quindi
DSI = ∫DQrev/T2 = (1/T2)∫dQrev = (Q2/T2)
• Poiché lo stadio 2 è adiabatico
DSII = ∫dQrev/T = 0
• Nello stesso modo, dirò che DSIII = (Q1/T1) e DSIV = 0.
• Tenendo conto di quanto già visto, vale per il ciclo
Q  Q 
DSciclo   dS   2    1   0
 T2   T1 
• Come volevasi dimostrare.
• Per estenderne la validità, si procede di conserva. Ogni ciclo,
anche il pallone da rugby, può essere ridotto ad un insieme di
cicli di Carnot!
P
P
V
V
• In ognuno dei singoli cicli valgono le relazioni viste.
• La loro congruità ed il valore nullo derivano dagli assunti
precedenti e dal fatto che, in ogni ciclo, gli stadi adiabatici
sono nulli.
• I contributi di due segmenti appartenenti a cicli adiacenti
saranno uguali ed opposti. Quindi, facendo le ovvie
conclusioni del caso, si dimostra che (per ogni ciclo
composito che sia trasformabile in cicli di Carnot) vale la
relazione
 Q2i 
  
DSciclo   dS   
i  T2i 
j
 Q1 j

 T1 j


0


• Se S è una funzione di stato, è un differenziale esatto, ed il suo
valore in qualsiasi ciclo è nullo. Allora

DSciclo  dS  0
B


A

Ed S è una vera
funzione di stato!
dS  dS1  dS2
ABA
A
B
A
B
Cercate l’errore!
Vale solo in condizioni di reversibilità!
dS2  dS1


B
A
• Se S è una funzione di stato, valgono le stesse regole viste per
l’energia interna, l’entalpia ed i termini di calore e lavoro.
• Secondo le definizioni date, ed in condizioni di reversibilità, il
calore assorbito è uguale a quello ceduto dall’ambiente, cioè
DQsys = -DQamb
DQsys/T + DQamb/T = 0 (perché la temperatura è la stessa)
∫dStot = 0
Ciò vale per sistemi con processi ciclici e non. Vedo i casi:
1) Isotermo reversibile;
2) Adiabatico reversibile;
3) Transizione di fase reversibile;
4) Isobaro reversibile;
5) Isocoro reversibile.
• 1) Isotermo reversibile
DS = ∫dS = ∫DQrev/T = 1/T∫dQ = Q/T
Siccome DU = 0; Q = -W = nRTln(V2/V1); DSsys = nRln(V2/V1);
E nell’ambiente viene ceduta una quantità DSamb = - Q/T.
• 2) Adiabatico reversibile
E’ banale, visto il valore di Q. E’ nullo!
• 3) Transizione di fase reversibile.
Ad es. una transizione solido-liquido, a T costante, può esser
fatta reversibilmente ed a P cost. Non c’è lavoro compiuto
contro l’atmosfera
Q = DHtrans
DStrans = DHtrans/Ttrans
Il calore latente di fusione è assorbito dalla sostanza e ceduto
dall’ambiente (vale circa 6 KJ/mol per l’acqua). Quindi
DStrans = - DSamb
• 4) Isobaro reversibile (è un caso limite!).
Comporta una caduta di temperatura nell’espansione. Il calore
scambiato a P cost. può essere espresso come
DSsys =∫DQ/T = ∫dH/T = ∫CPdT/T
Per variazioni modeste di temperatura, CP è circa costante e,
DSsys = CPln(T2/T1)
Siccome il processo è reversibile
DSsys = - DSamb.
• 5) Isocoro reversibile.
E’ analogo al caso precedente, ma CP è sostituito da CV. E
DSsys =∫DQ/T = ∫dU/T = ∫CvdT/T
DSsys = CVln(T2/T1)
Ecc. ecc.
• Calcolare l’entropia di processi irreversibili non è altrettanto
facile.
• Per misurarla, bisogna trovare un percorso reversibile che
operi tra gli stessi stati iniziale e finale di quello che non lo è.
• Si può fare perché l’entropia è una funzione di stato; quindi il
suo differenziale non dipende dal percorso, ma dagli stati
finali ed iniziali considerati.
• Quest’assunto riguarda soprattutto il sistema; la degradazione
termica dell’ambiente può essere uguale o no.
• Nell’espansione isoterma e reversibile di un gas ideale, vale la
DSrev = nRln(V2/V1)
• Gli stati iniziali e finali sono definiti; quindi è così. Però, la
risposta dell’ambiente può essere diversa nei due casi. Per
vederlo consideriamo il caso estremo di espansione libera ed
isoterma. Il processo comporta che DU = 0.
• Il calore assorbito dal gas sarà nullo anch’esso. Quindi
Q = DU -W = 0
DSamb = 0
DStot = DSsist + Dsamb
DStot = nRln (V2/V1) + 0 > 0
• Il processo è accompagnato dall’incremento di entropia.
Notate la differenza con il DU per un’espansione libera!
Mentre DU non discrimina un percorso reversibile da uno che
non lo è, DS sì. E’ più selettiva.
• Vediamo un processo intermedio (ricordate?). In tale caso DU
non è zero ed è < di quello scambiato reversibilmente. Quindi,
|Wirr,sys|< nRTln(V2/V1)
Qirr,sys < nRTln(V2/V1)
• Però, l’entropia del sistema rimane la stessa.
• Dividendo entrambi i termini per T, risulta
DSirr,sys = nRln(V2/V1)> Qirr,sys/T
• Quindi
DS > Q/T
• L’uguaglianza vale nel caso di processi reversibili, il termine
> per quelli irreversibili.
• Questa diseguaglianza, detta di Clausius, si applica a sistemi
operanti sia in condizioni di reversibilità che non.
• Un esempio è la differenza tra espirare e soffiare aria.
• Condizione affinchè il sistema scambi calore reversibilmente si
ha, ad es., se il gas è posto in equilibrio in un bagno a
ghiaccio + acqua. Il calore perso dall’ambiente sarà uguale
ed opposto a quello che il gas ha guadagnato.
Qamb = -Qsys
DSamb = Qamb/T
• (perché la variazione di stato nel sistema acqua/ghiaccio è
reversibile). Quindi
DStot = DSsys + Dsamb
= nR ln (V2/V1) - Qirr,sys
• Che era nRln(V2/V1)> Qirr,sys/T. Allora
DStot > 0
•
1.
2.
3.
4.
Vedo qualche caso significativo:
L’espansione adiabatica ed irreversibile di un gas ideale;
Il flusso di calore irreversibile;
Una transizione di fase irreversibile;
Un processo reattivo, cioè irreversibile.
1) Espansione adiabatica irreversibile.
Dovrò trovare un percorso reversibile (vedi diagramma nel
piano TV). Scelgo una espansione isoterma reversibile a T2 e
poi un’espansione adiabatica reversibile. L’entropia del gas
sarà
DSgas = nRln(V’/Va) I stadio
DSgas = ∫CVdT II stadio, e così via….
2) Flusso di calore irreversibile.
Due serbatoi a temperature diverse. Se sono grossi, la quantità
di calore scambiata è modesta e non permette variazioni in
temperatura. Il sistema di riferimento che scegliamo è un
processo reversibile, tipo un ciclo di Carnot. Quindi
DSserb,T” = -Q/T2 I stadio
DSserb,T’= Q/T1 II stadio
DSsys = - Q/T2 + Q/T1 >0
3) Transizione di fase irreversibile.
Cristallizzazione dell’acqua a - 10°C. Dovremo calcolare una
serie di stadi. Ad esempio, scaldare l’acqua sotto-raffreddata
a 0°, in condizioni reversibili, congelarla, e raffreddarla di
nuovo a -10°. Ogni stadio è reversibile, quindi va bene.
• N.B. E’ possibile che uno stadio abbia valore di entropia
negativo. E’ importante che l’entropia totale del processo,
sistema più ambiente, sia positiva. Uno strano esempio.
4) Processi chimici.
La formazione dell’acqua da H2 ed O2. Il calore di reazione a
P cost è - 285,8 kJ/mol. Per calcolare S dovrò fare la
trasformazione reversibilmente. Come? Con una pila (sic!).
In tali condizioni, il calore di reazione è - 48,6 kJ/mol e
DSreaz = -48,6/298.15
DSserb = -(-285,8/298.15)
• Devo vedere se funziona per sistemi chiusi, aperti e isolati.
Ricordate la definizione di questo?
• Vale ad U e V costanti ed in condizioni adiabatiche.
• Per calcolare l’entropia devo trovare la strada opportuna, ad
es. nel piano T-V.
• Ricordate il vincolo su U, quindi Qciclo = - Wciclo. Se W fosse
negativo il sistema avrebbe compiuto lavoro. Cioè avrei
trasferito calore in lavoro in maniera completa.
• Questo non è possibile.
• Concludendo: l’entropia misura l’esaurimento dell’energia
disponibile.
Alcune considerazioni.
• In un ciclo di Carnot, non è possibile estrarre calore, e
nemmeno compiere lavoro se si opera ad una temperatura
costante (guardate bene il ciclo di Carnot).
• Non è possibile raggiungere lo zero assoluto; il che vale a dire
che il rendimento in un ciclo di Carnot è sempre < 1.
Preliminari ad altro.
• ARGOMENTI FINORA TRATTATI.
• U ed H danno problemi.
• Quanto è realmente utile il secondo principio se S non è
misurabile? Ci da la spontaneità, ma poi?
• Chi comanda tra reversibilità, spontaneità ed equilibrio?
• C’è una gerarchia nascosta nel ruolo di ognuna di questi?
• Si possono porre in relazione tra loro?
• Ha senso introdurre nuove funzioni di stato?
• Se sì, per quale motivo?
• Dovranno essere utili per scopi ancora ignoti.
Spontaneità?
Chi comanda
tra questi?
Reversibilità?
Equilibrio?
Alcune considerazioni
• Il concetto di equilibrio è di origine meccanica e tratta il
bilancio delle forze attive sul sistema. E’ un concetto
essenzialmente statico.
• Il concetto di spontaneità indica la possibilità che un processo
avvenga. Sarebbe meglio avvenisse in un regime in cui non ci
siano barriere di potenziale, che lo mascherano.
• Il concetto di reversibilità è sfuggente: pochi processi sono
reversibili (sono una idealizzazione). Ce ne sono moltissimi,
invece, smaccatamente irreversibili.
• Ha senso definire tali concetti su basi solide?
• Cosa sappiamo circa la spontaneità o meno di un sistema?
• Ricordiamo la diseguaglianza di Clausius, secondo cui
DS > 0
• Essa indica che DS = 0 per processi reversibili, mentre DS > 0
indica sistemi che subiscono modificazioni irreversibili.
• Un primo quesito è il seguente: “Ha senso unificare tramite
una sola funzione di stato processi che sembrano molto diversi
tra loro?”
Evidentemente si!
• Una variazione irreversibile avviene in sistemi isolati, e non;
nei primi nessuna forza controlla l’evoluzione del sistema.
• All’equilibrio, o vicino ad esso, anche un sistema isolato si
comporta in maniera quasi reversibile. E le fluttuazioni nelle
variabili di controllo sono contrastate dalla tendenza a
mantenere l’equilibrio. E’ vero l’assunto secondo cui
Reversibilità implica equilibrio
Irreversibilità implica spontaneità
Sono concetti molto importanti! (Dissoluzione di acidi deboli).
• Per sistemi non isolati, faccio riferimento alla diseguaglianza
di Clausius come punto di partenza.
• Per operare in maniera congrua considero due tipi di sistemi,
quelli che che operano in condizioni:
1. Isoterme ed isocore (T,V);
2. Isoterme ed isobare (T,P).
• Perché solo queste? Sono le sole variabili di stato che posso
controllare. Potrei anche usare l’entropia. (sic!)
• Per ora, non considero la composizione come variabile. Sto
usando un approccio fisico, non chimico.
• Perché scelgo due variabili di controllo? Ricordate come
avevo fatto con U ed H?
•
•
•
•
•
•
•
Perché partire dalla diseguaglianza di Clausius?
Perché si applica a tutti i sistemi, all’equilibrio e non, e vale in
condizioni reversibili e non.
Tuttavia, l’entropia è una pessima variabile sperimentale. Non
si determina, si inferisce.
Sfido qualcuno di voi a costruire un “entropimetro”.
Allora che fare?
Vedo il caso di un sistema isotermo ed isocoro. In questo caso
posso scrivere
dS> DQ/T
dS> (dU - DW)/T
Suppongo ora che l’unico lavoro svolto sia di tipo PV.
Introducendo il lavoro fatto contro la pressione esterna, risulta
dS> (dU+ PdV)/T
• Che trasformo in
•
•
•
•
•
dU + PdV - TdS < 0
Sono in condizioni isocore, quindi il termine dV si omette.
Sto operando in condizioni isoterme; quindi,
dU - SdT -TdS < 0 perché SdT è nullo
dU - d(TS) < 0
Guardate bene. U ed S sono entrambe funzioni di stato, quindi
la diseguaglianza scritta sopra lo sarà.
La chiamo energia libera di Helmholtz. La definisco come
U - TS = F
In molti libri di testo è indicata con la lettera A, dal termine
tedesco Arbeit, che significa lavoro. Io preferisco usare il
simbolo F, per non confonderla con l’area.
• In un sistema a T e V costanti, quindi,
dF <0
• Per variazioni spontanee ed infinitesime all’equilibrio
dF = 0
• Un’altra relazione, sempre se V è costante, fa dire che
dS - dU/T > 0
• Siccome opero in regime isotermo, dT = 0, posso aggiungere a
sinistra un termine in dT. Allora
dS - dU/T + UdT/T^2 > 0
dS - d(U/T) > 0
• Dove d(S - U/T) definisce l’energia libera di Massieu, che è
un’altra funzione di stato. Non la userete quasi mai.
•
•
•
•
•
Sistemi isotermi ed isobari.
Cambia qualcosa? No. Parto da
dU + PdV - TdS < 0
Se sono valide le condizioni di cui sopra, VdP ed SdT =0.
dU + PdV + VdP - TdS - SdT = dU + PdV - TdS < 0
d(U + PV - TS) < 0
Definisco così l’energia libera di Gibbs
G = U + PV - TS = H - TS
dG < 0 indica spontaneità. Il caso contrario? E se dG = 0?
Con lo stesso significato di prima, inoltre,
dHsyst - TdSsyst < 0
Ed il contributo di dispersione termica sarà
DQsyst - TdSsyst < 0
• Siccome
DQsyst = - Dqamb
• Lo stesso si può dire per TdS; varrà la
TdSamb + TdSsyst > 0
•
•
•
•
•
•
Che è una riscrittura del criterio valido per sistemi isolati.
Variazioni in dG valutano anche le variazioni nell’ambiente.
Vediamo come.
Come proseguire?
“The answer, my friends,..”
Posso usare un modo carino per vedere se un sistema è stabile
o meno, facendo uso di vettori! Come?
• C’è un’altra funzione di stato, detta di Planck, definita come
Y = S - (U + PV)/T = S - H/T
• Che farci con tutte queste equazioni? (Se guardate bene..)
• C’è veramente bisogno di tutte, od abbiamo esagerato? SI.
• La funzione di Helmholtz si riferisce a sistemi isotermi ed
isocori, quella di Gibbs a sistemi isotermi ed isobari.
• Useremo solo queste due. Le altre due sono una riscrittura.
• Notate che per G ed F sono diverse le variabili di controllo.
• Questo vale anche per le altre funzioni di stato che ho
considerato? Certamente si, infatti U = U (S,V), mentre H =
H(P,S).
• Che relazioni ci sono tra G ed F? E con le altre funzioni?
• Devo dimostrare che sono entrambe funzioni di stato.
I differenziali totali
• Come si sviluppa il differenziale totale delle relazioni che ho
introdotto.
• Due esempi, il caso di
F = U - TS
G = H - TS = U +PV -TS
Vediamoli!
dF = dU - d(TS)
dG = dH - d(TS) = dU + d(PV) - d(TS)
Ricordando che ……
Differenziali totali.
•ARGOMENTI TRATTATI
• ho introdotto due nuove funzioni, entrambe aventi il nome
di “energia libera”.
•Libera da che e da chi? Esse indicano il surplus di energia
necessaria per avere stabilità termodinamica, malgrado la
ineludibile dispersione dell’energia termica.
•Come le ho ottenute? Tutte dall’entropia.
• Cosa le caratterizza? Sia l’energia libera di Gibbs, G, che
quella di Helmholtz, F, sono esprimibili come funzione di
stato che dipendono da due variabili di controllo.
• Ho visto che sono veramente funzioni di stato.
• Ne ho definito i differenziali totali.
I differenziali totali
• Ricordo che le funzioni principali erano definite come
G = H-TS = U+PV-TS (Gibbs)
F =U-TS (Helmholtz)
J = S-U/T (Massieu)
Y = S-H/T = S - (U+PV)/T (Planck)
• Notate come G ed F stanno tra loro come Y e J.
• Di tutte è possibile fare il differenziale totale. Ad esempio,
dG = dH-d(TS) = dU+d(PV)-d(TS)
• Ma dU = DQ + DW. Se operassi in condizioni di reversibilità,
DQrev = TdS. E, se l’unico lavoro è di espansione DW = -PdV.
• Allora?
•
•
•
•
•
•
dG = dU+d(PV)-d(TS)
dG =TdS -PdV + PdV + VdP - TdS - SdT
dG = VdP - SdT
Cosa ci dice d’importante? Che le variabili di controllo di G,
quelle che regolano il suo differenziale totale, sono P e T.
Vi torna? Guardate la figura!
Se differenzio l’eguaglianza così ottenuta, risulta
(dG/dP)T = V (dG/dT)P = - S
Che sono le derivate di G rispetto alle singole variabili di
controllo. Questo è un buon modo di definire le grandezze
termodinamiche.
Ricordate la seconda, che userete per determinare l’entropia
di una pila.
Si può fare con le altre grandezze? Si;come?
• Riapplico lo stesso iter nel definire il differenziale totale di F, J
ed Y.
• Per l’energia libera di Helmholtz, vale la relazione
dF =dU-d(TS) = TdS - PdV - TdS - SdT = - PdV - SdT
(dF/dV)T = -P
(dF/dT)V = -S
Eccetera
• Per l’energia libera di Planck, vale il differenziale totale
dY = dS- d(H/T) = dS- d[(U+PV)/T]
dS - dH/T + (H/T^2)dT
• Ma
dH = [dU+PdV+VdP] = [TdS - PdV +PdV + VdP]
dY = dS - TdS/T + (V/T)dP + (H/T^2)dT = (1/T)[VdP +(H/T)dT]
• Non è molto utile, ma chissà mai.
Cosa farci con cosi tante varibili?
• Parto dalla frase che i docenti di termodinamica insegnano ai
loro studenti a Cambridge. Suona così
• Good Pupils Have Studied Under Very Fine Teachers.
• E vedo come connetterle, con un giochetto che ho fatto anni fa.
• Cosa risulta da una prima lettura della figura? Le relazioni di
vicinanza.
Questo è un trucco che vi consiglio di usare.
V
F
S
Consiglio
T
H
P
G
U
Ricordatelo!
Come metterle in relazione? modo P,
dove la P sta per Potential.
dC
Vale per G, F, U, H.
Sono tutte funzioni
B’
Energia.
dX
U
V
dB
S
La forma funzionale è
dX= -B’dB – C’dC
Ossia
F
T
C’
H
P
dF = -SdT - PdV; dG = VdP - SdT
dH = TdS + VdP; dU = -PdV + TdS
G
Quali sono le conseguenze del nostro operato?
•
•
Vedo alcune particolarmente intriganti, ad esempio le
seguenti. Ricordate come fare?
dF = PdV - SdT ottengo - (dF/dT)V = S
S = - (dG/dT)P ottenuta da dG = VdP - SdT
E questa? (dH/dS)P = T = (dU/dS)V
E questa? - (dF/dV)T = P = - (dU/dV)S
E quest’ultima? (dG/dP)T = V = (dH/dP)S
•
Guardatele tutte con la dovuta attenzione.
Tutte le grandezze di cui sopra (non le funzioni energia)
sono definibili tramite equazioni differenziali, seguendo
percorsi diversi tra loro.
Ecco tutte le combinazioni possibili.
(dF/dT) = -S, a V costante;
(dG/dT) = - S, a P costante;
(dH/dS) = T, a P costante;
(dU/dS) = T, a V costante;
(dG/dP) = V, a T costante;
(dH/dP) = V, ad S costante;
(dF/dV) = - P, a T costante;
(dU/dV) = -P, ad S costante.
Ergo?
Conseguenze?
Modo F, o delle funzioni elementari.
A”
A
Vale l’eguaglianza
(A/A’)A” = - B
B
Alcune conseguenze
(F/T)V = - S; (G/T)P = - S;
(G/P)T= + V; (H/S)P = + T;
(U/V)S = - P; (F/V)T = - P;
Ecc. ecc. Ci sono due definizioni
per ogni variabile.
A’
Interessante, vero!
N. B. La F in giallo può ruotare attorno al baricentro della figura
(l’origine) od attorno al segmento A’-B. Volete vederlo?
Altre Conseguenze?
• Quanto detto per il lavoro PV nel diagramma suindicato si
applica a tutti i tipi di lavoro. Al posto di PV, sostituisco
gA, KL, qY, mgh, nimi..
Cosa hanno in comune?
A
Perché tutto ciò?
U
g
In un sistema termodinamico,
V
S
ci può essere più di un tipo di
lavoro all’opera.
H
F
Stairways to heaven (Led Zeppelin)!
T
P
G
K
L
Siete in grado di fare altri esempi?
• Ancora: le relazioni di reciprocità.
• Si usa la derivazione ed i differenziali totali. Questi si
ottengono usando relazioni note sui meccanismi di
derivazione. E’ noto che
d/dT(dG/dP) = d/dP(dG/dT)
Perché l’ordine di derivazione è immateriale.
• Tornando a quanto visto prima…
(dG/dP)T = V
(dG/dT)P = -S
d/dT(dG/dP) = (dV/dT)P = d/dP(dG/dT)= -(dS/dP)T
• Analogamente, siccome,
(dF/dV)T = - P
(dF/dT)V = - S
d/dT(dF/dV) = -(dP/dT)V = d/dP(dF/dT) = -(dS/dP)T
(dP/dT)V = (dS/dP)T
• Posso tirare fuori molti altri meccanismi di questo tipo.
• Sono le relazioni di Maxwell (che ho citato).
Un ultimo argomento: riguarda S (sic!)
• Ha a che fare con la statistica (ricordate Susan?). Sembra non
aver molto in comune con quanto visto finora. Non è così.
• Ricordate l’apparato usato nell’esperienza di Joule-Thompson?
Bene, lo uso per testare un altro comportamento.
• Immaginate di operare in condizioni reversibili sul gas ideale A
contenuto in un recipiente.
• Aggiungete un secondo recipiente, identico al primo, contenente
un gas ideale B.
• Mettete in contatto i due recipienti tramite un setto poroso. Cosa
vi aspettate succeda all’entropia?
• Se fate riferimento al primo principio, per espansioni reversibili
dU = DQ - PdV
da cui dU = dQrev - PdV = TdS - PdV
• Se entrambi i recipienti contengono una mole di gas, allora
dUm = CV,mdT= TdS - PdV
dUm = CV,mdT= TdSm - RTdVm/Vm
• Imponetevi di lavorare a T costante. Quindi,
0 = dUm = CV,mdT = TdSm - RTdVm/Vm
• Attenti, adesso. L’uguaglianza comporta che i termini a destra
siano nulli (ipotesi non vera), oppure che, per ogni gas,
TdSm,A = RTdVm,A/Vm,A
TdSm,B = RTdVm,B/Vm,B
• Cioè
dSm,A = RdVm,A/Vm,A
dSm,B = RdVm,B/Vm,B
E’ possibile che l’energia rimanga costante e l’entropia aumenti?
SI!
• L’entropia è aumentata. Ne siete convinti?
• E di quanto? Lo calcolo. Per ogni specie ottengo Rln2.
• Ci sono molti casi analoghi. Vediamoli.
A) Due metalli a temperatura diversa, separati da un isolante
termico e coperti da una camicia termica. DU = 0. Ma DT no,
prima che il processo abbia inizio. Poi sì!
B) Un gas ideale, A, ripartito in un recipiente a due scomparti
eguali, separati da una membrana. DP ≠ 0, prima del
mescolamento. DU = 0. Poi DP = 0.
C) Un elastico stirato e poi rilasciato. Vedi dimostrazione….
• Alla fine dei processi, DU = 0, ma l’entropia aumenta; il
sistema ha perso la capacità di compiere altro lavoro.
• Cosa c’entra la statistica?
• Potrei rispondere che il numero di stati disponibili ad ogni
molecola di gas è aumentato.
• Prima A era in un volume 1, poi ha a disposizione un volume
doppio e due possibilità (due stati canonici equivalenti).
• Pensate cosa succeda volendo calcolare l‘entropia associata
alla disposizioni di chicchi di riso sulle caselle di una
scacchiera. Paperino docet (Paperodissea)….
• O cosa succeda alla molteplicità di spin di un elettrone in un
orbitale (lavorando in regime adiabatico). L’entropia è
proporzionale al numero di stati possibili. Se non hanno la
stessa energia? Entra in gioco una distribuzione statistica!
• Le combinazioni possibili che diano un certo polimero A-B,
composto da 100 unità, con un dato numero di unità A, è
legata a ln N!
• N.B. E’ anche possibile avere copolimeri a blocchi! Però….
Ci siamo.
• Tutto questo è scritto, anche se ancora non lo vedete bene,
nell’equazione di Boltzmann
S = KBlnW
• dove W è il numero di stati possibili alle varie entità in esame
(dei recipienti, più stati di spin, sistemi con molte
configurazioni, ecc). Pensate a costruire una certa proteina
fatta da 200 molecole di aminoacido! In natura si trovano
circa 20 aminoacidi.
• L’equazione è riportata sulla tomba di Boltzmann, nel cimitero
monumentale di Vienna. Egli è stato vittima di una diatriba
accademica con Ostwald (quello della legge di diluizione).
• Aveva ragione Boltzmann!
Alcuni esercizi svolti
• Calcolo dell’entalpia di reazione al variare di T.
• Si possono usare metodi analitici, od aritmetici. Come?
Caso A, metodo analitico.
La variazione di H con T origina da ∫dH = ∫CPdT
da cui H = H° + ∫CPdT
Per una reazione complessa tipo A+B =C+D debbo considerare
un valore di H per ogni specie che prende parte al processo,
considerando il segno opportuno. Faccio un esempio classico.
Data la reazione C(grafite) + O2(gas) = CO2(gas), il cui DH298,15
= -393,509 J/mol, considero che…
• CP,m(C) = -1,30031+0,02190*T-0,0001017*T^2+ termini di
ordine superiore in T (che non considero).
• CP,m(O2) = 3,6297-0,001794*T-0,00000658*T^2+ termini di
ordine superiore in T (che non considero).
• CP,m(CO2) = 3,912+0,001356*T-0,0000150*T^2+ termini di
ordine superiore in T (che non considero).
• La variazione in CP a 25.00°C è nota; Il valore richiesto è
ricavabile è per integrazione tra 25.00°C e la temperatura
richiesta, diciamo 80.00°C.
• Ecc. ecc.
• Caso B: metodo aritmetico.
• Un esempio: determinare il DHfus, (H2O),263,15 noto quello a
0.0°C (-6,01 kJ/mol).
• Assumiamo che il CP,m(H2O) sia costante in tutto l’intervallo di
esistenza della forma solida, fino a 273,16. Allora, il
DHfus, (H2O),263,15 = ∫ CPdT. Vale -364 J/m.
• Lo stesso dicasi per la forma liquida (sottoraffreddata), per
cui vale 753 J/m.
• Il risultato è ……
Terzo Esercizio
• Dimostrare che
(dG/dn)V = (dG/dn)P +(dG/dP)n(dP/dn)V
• Ricordate come si fa?
G(X,Y) = ?
• Una relazione che avevamo dimostrato, in un contesto che
riguardava le funzioni di trasformazione, diceva
dVm = (dV/dP)TdP + (dV/dT)PdT
dVm/dT = 0 = (dVm/dP)T(dP/dT) + (dVm/dT)P
• Ci sono strade alternative.
Quarto Esercizio
• Dimostrate che
•
•
•
•
(dF/dn)V,T = (dG/dn)P,T
Partite dalle relazioni che conoscete per F e G, in forma
differenziale, ed aggiungete ad entrambi i differenziali un
termine mdn. Così introduco i potenziali chimici.
Ora esaminate le due relazioni.
Ci sono strade alternative? Ad esempio, partendo dalla
relazione
F + PV = G
facendone il differenziale e poi derivando rispetto ad n.
Uso delle funzioni energia (di Gibbs, in primis).
• La determinazione delle proprietà collegate a G, F, J od Y, le
prime due soprattutto, ci permette di definire criteri univoci sia
per definire l’equilibrio chimico che per determinare la
spontaneità di una reazione.
• Dal valore dei segni di DG, DF, DJ o DY è possibile predire se
una data reazione, od un processo, evolva spontaneamente nelle
condizioni sperimentali appropriate.
• Il segno dei simboli DG, DF, DJ o DY dipende dalla loro
posizione rispetto ad un valore di riferimento per ognuna di tali
grandezze; questo è detto STATO STANDARD!
• Tra più forme è stabile quella col minore G, o con il più alto
valore di Y. Massimi o minimi sono punti di flesso rispetto alla
condizioni operative scelte, che sono P e T (ma non solo) per G.
Stati Standard.
• Gli stati standard (perché usarli?) per G ed Y sono:
1. Per i solidi puri, la forma più stabile ad 1 bar di pressione ed
alla temperatura data ( es. grafite e non diamante);
2. Per i liquidi puri la forma più stabile ad 1 bar di pressione ed
alla temperatura data (ad es., H2O si, CO2 no)
3. Per gas puri la forma stabile è a fugacità unitaria, alla
temperatura data.
4. La fugacità per gas ideali è unitaria quando la pressione
applicata è di 1 bar.
5. L’energia libera di formazione di una sostanza, DfG°m, è data
in una serie di tabelle, da cui si evince che il DfG°m di un
elemento è nulla.
6. Il potere predittivo delle informazioni date nelle tabelle è
enorme e si estende ad un’infinità di casi.
Per una reazione?
• Si può calcolare l’energia di un generico processo reattivo
A+B
C+D
• come la differenza tra le energie libere di formazione di
prodotti e reagenti, modulata per i rapporti stechiometrici
delle due semireazioni. Allora
DfG°mixt = ∑ nprodDfG°m,prod - ∑ nreagDfG°m,reag
• dove n indicano i coefficienti stechiometrici.
• Questo è un ottimo motivo per cercare sulle tabelle disponibili
i valori delle energie libere di formazione disponibili.
• Non è detto che le condizioni reattive siano sempre definibili
in condizioni standard. Come fare, allora?
• Questo comporta definire la dipendenza del DfG°m da variabili
come T e P. Come? Ricordate che
(dDG/dP)T = DV
(dDG/dT)P = -DS
• dove D indica un differenziale. Allora
d(DG) =(dDG/dP)TdP + (dDG/dT)PdT
• implica
d(DG) = -(DS)dT + (DV)dP
• Integrando dalle condizioni standard a quelle di esercizio ho
∫ d(DG) = ∫(-DS)dT + ∫(DV)dP
FATE SEMPRE ATTENZIONE AI LIMITI D’INTEGRAZIONE!
• Per quanto riguarda la relazione di Gibbs-Helmholtz
DG = DH -T(DS)
• ricordo che valgono ancora le relazioni
(dDH/dT)P = DCP
(dDS/dT)P = DCP/T
• L’integrale di DG è, quindi, la somma degli integrali in DCP e
DCP/T, opportunamente calcolati.
• Analoghe considerazioni si applicano nel caso del termine
(DV)dP. I limiti d’integrazione della funzione che li
rappresenta vanno opportunamente definiti.
• Lo stesso si può dire per tutti gli altri contributi.
• L’integrale che esplicita la dipendenza di tutti i termini di cui
sopra va calcolato per una serie di valori di P e/o T che siano
compresi tra il limite superiore ed inferiore.
• Essendo le energie libere delle vere funzioni di stato, non è
necessario calcolare l’iter reattivo.
• Un esempio ragionato.
• La formazione di ammoniaca gassosa a partire da azoto ed
idrogeno molecolari (DG = -16.4 kJ/mol a 25.0°C). Come
avviene, in realtà’? Con catalisi eterogenea, od enzimatica.
Il lavoro utile.
• Abbiamo visto che le equazioni di Gibbs e Planck esplicitano i
criteri necessari a definire la spontaneità ed/o lo stato
d’equilibrio per variazioni di stato isoterme ed isobare.
• Volendo estendere l’analisi a sistemi sottoposti ad altri effetti,
bisogna considerare tipi di lavoro che non siano di tipo PV.
• Anche in tali casi, le funzioni di Gibbs e di Helmholtz danno la
possibilità di calcolare il massimo lavoro ottenibile in una
variazione isoterma.
• Tratterò separatamente i casi di variazioni isoterme, isocore
ed isobare, vedendo quali siano le relazioni tra DHP e QP nel
caso di lavoro utile ed estenderò il tutto a casi in cui compaia
lavoro di tipo elettrico, ad esempio.
• Quali tipi di lavoro conosco, oltre a quello di espansione?
• Lavoro superficiale, meglio di superfici fluide (Lucy dei
Peanuts);
• Lavoro elastico;
• Lavoro contro un campo gravitazionale (mgh), ad es. la
deposizione della sabbia nel mare;
• Lavoro di tipo magnetico, orientazione in un campo;
• Lavoro di tipo chimico. Cosa voglio dire? Contro un gradiente
di concentrazione. Ne conoscete esempi? Si! L’osmosi, ad es.
• E, naturalmente, una combinazione “thereof”.
• Questo comporta si che il differenziale totale possa essere la
somma di molti termini.
• Si determina il numero di variabili di controllo.
• Ad es. nel caso del “cuore elettrochimico” i contributi al
processo sono elettrico, di superficie e di potenziale chimico.
• Per dimostrarlo riparto dall’equazione che combina il primo
ed il secondo principio, scritta come
dU - DW - TdS < 0
• In condizioni isoterme, vale (siccome dT = 0)
dU - DW - TdS - SdT< 0 dove d(U-TS) = dF
dF - DW< 0
dF < dW
• Se P non è costante, le relazioni tra reversibilità ed equilibrio
da un lato e irreversibilità e spontaneità dall’altro non sono
valide. Una variazione spontanea od una non spontanea si
determinano aggiungendo i tipi di lavoro di cui sopra, ad es.
imponendo un voltaggio elettrico.
• Voglio ricordarvi il significato da dare alla diseguaglianza! E’
come nel caso del secondo principio.
• Se la variazione di stato del sistema è spontanea, dF è
negativo. Si può compiere lavoro sull’ambiente e DW sarà
anch’esso negativo. Ma la variazione in F è la stessa per un
processo reversibile o no? NO! Perché? Quindi
Wrev = DF
Wirr > DF
|Wrev| > |Wirr|
• Vale la seguente tabella
Proc. Irr.
(diretto)
Proc. Rev.
(inverso)
Risultato
netto
Calore
Assorbito
Qirr
-Qrev
>0
Calore ceduto
Wirr
-Wrev
<0
• Vista la diseguaglianza sui lavori, e poiché W è negativo in
tutti i casi (reversibili o non), risulta
Qirr > Qrev
• Cosa se ne può dedurre? Usare il processo irreversibile (che
va sempre in una direzione) per lo stato diretto, e quello
reversibile per lo stato inverso è congruo con quanto visto in
Tabella. Tale conseguenza è in conflitto col principio di
Kelvin-Planck sul secondo principio. Esso nega la possibilità
che calore sia stato assorbito e lavoro ceduto in modo
spontaneo come risultato di un unico ciclo. Quindi
|Wrev| > |Wirr|
• Vediamo come si applica tale principio ad un esperimento in
condizioni isoterme ed isobare.
• In questo caso…
dU + PdV -DWrev - TdS < 0
• In regimi isobari ed isotermi, posso dire che
VdP = 0 ed SdT = 0
ergo
dU + PdV +VdP - SdT - TdS < DWrev
• ed ancora
d(U + PV - TS) = dG < DWrev
• Dimostro ora che la diseguaglianza è vera non solo per
l’energia libera di Helmholtz, ma anche per quella di Gibbs.
• Faccio il caso in cui il lavoro sia di tipo elettrico. Ad esempio
la formazione di HCl da idrogeno e cloro.
½ H2(g) + ½ Cl2(g) = HCl(sol)
• Sottoponendo la miscela gassosa alla luce il processo in fase
gassosa procede in maniera spontanea ed irreversibile. Cioè
dG < 0
DW=0
• Il processo può anche avvenire reversibilmente, se gli elettrodi
ad idrogeno e cloro sono connessi ad un potenziometro. Se la
f.e.m. della pila è quasi eguale ed opposta a quella del
potenziometro, si può compiere la trasformazione
reversibilmente (la cinetica non c’interessa).
• dG è lo stesso per processi reversibili o meno, mentre il lavoro
utile (elettrico nel caso in esame) sarà DW≠0.
• Ora (ricordate?)
•
•
•
•
•
Wel = Wrev = d.d.p.*(carica trasferita) = f.e.m.* Q
Notate bene quello che ho scritto!
Wel = (-nF)E
DG = - nFE
dove n è il numero di elettroni scambiati nel processo redox ed
F la costante di Faraday.
Vi sembra strano?
Cercate di spiegarlo con un minimo di raziocinio.
Ricordate che condizione di stabilità è che DG <0.
Ma il valore della f.e.m. di una pila è sempre > 0. Allora?
• Altri argomenti!
• Vedo se sia possibile applicare le relazioni sviluppate a casi
reali. Ad es. il caso di due fasi in equilibrio. Una delle due fasi
ha fugacità molto maggiore dell’altra, ad esempio è un
sistema liquido-gas o solido-gas. Le variabili di controllo
saranno P e T.
• Questo vuol dire che userò l’equazione di Gibbs.
• Abbiamo un sistema chiuso, in condizioni di P e T costanti,
caratterizzato da un equilibrio del tipo
AS/L
BV
• In condizioni di equilibrio, ogni variazione infinitesima di
composizione in una delle due fasi comporterà una variazione
nulla nell’energia libera di Gibbs, o di Planck. Quindi,
DGtot = GAdnA + GBdnB = 0
DYtot = YAdnA + YBdnB = 0
• dove le Gi rappresentano le energie di Gibbs molari (per mole)
dei due componenti; lo stesso vale per le Yi. I termini in forma
differenziale rappresentano la variazione infinitesima nel
numero di moli dei componenti considerati.
• Siccome il sistema è chiuso, dnA = - dnB.
• Ciò comporta che
(GA - GB)dnA = 0
(YA - YB)dnA = 0
• La relazione vale per qualsiasi valore di dnA; se ne deduce che
GA = GB
YA = YB
• Se P e T variano in modo tale da raggiungere un nuovo stato
di equilibrio, allora (d’ora in poi non tratto più le Y)….
•
•
•
•
GA + dGA = GB + dGB
dGA = dGB
Allora? Un esempio è l’equazione di Clapeyron. Se uso il
differenziale totale per dGA, risulta
dGA = VAdP - SAdT
dGB = VBdP - SBdT
Date le relazioni di cui sopra, cioè,
(VA - VB)dP = (SB- SA)dT
DS/DV= [(SB- SA)/(VB- VA)] = (dP/dT)
da cui si deduce che P e T sono interrelate, in condizioni di
equilibrio tra fasi. Fissata uno, l’altra é determinata in
maniera automatica, dettata dai vincoli all’equilibrio.
Se fossi interessato a determinare il valore di (dP/dT) ad una
certa temperatura, posso operare come segue.
Siccome
• Riparto da
DS/DV= [(SB- SA)/(VB- VA)] = (dP/dT)
dove A e B indicano uno stato fisico (es. solido e liquido).
DG = DH - TDS
DS = DH/T
• La combinazione porta a
(dP/dT) = DS/DV = DH/TDV
dT/T = dPDV/DH
• Od equazione di Clapeyron, che vale per tutte le transizioni.
Può esser modificata per dare la Clausius-Clapeyron, quando
una delle due fasi è un gas ideale, l’altra una fase condensata.
• In tal caso
(dP/dT) = DH/TDV ≈ DH/TV = DH/T(RT/P)
• Perché DV ≈ V? Considerate l’acqua come gas, o liquido!
• La successiva separazione delle variabili porta a
(dlnP/dT) = DH/RT^2
• od, in maniera equivalente,
dlnP = - DH/R)d(1/T)
• Che cosa significa tutto questo?
• Riportare in un grafico ln P vs (1/T) dà una retta di
coefficiente angolare uguale a -DH/R). E’ possibile farlo in un
intervallo ristretto di temperature, se DH/R) non è costante.
• Dovreste sapere quale sia il segno del DH. [Perché?]
• Vi risulta che all’aumentare della temperatura la tensione di
vapore di un liquido decresca? NO! Come potete dirlo?
• Una caratteristica che merita di esser messa a fuoco si ottiene
se riscrivo l’equazione come
P = P° exp -DH/RT)
• Questa relazione rappresenta l’energia di attivazione di un
processo di evaporazione.
• Rappresenta una distribuzione statistica in P. Vi torna?
• E l’entropia?
Grafico.
Cos’è DH/R?
Quando vale?
Fino a che valore
di temperatura?
Cosa rappresenta
nel diagramma di
stato?
E’ giusto il grafico?
ln P
1/T
Alcuni cenni di termodinamica statistica.
• Sapete che la velocità media delle molecole in fase gassosa è
legata direttamente alla temperatura.
• Non tutte le molecole, però, hanno la stessa velocità; quindi
c’è una distribuzione statistica delle velocità.
• Fate un raffronto con la velocità media delle auto nel traffico.
Se non avessero tutte la stessa velocità come sarebbe la
funzione di distribuzione per le velocità, normalizzata per il
numero di macchine?
• La funzione di distribuzione che forma avrebbe? Una
distribuzione gaussiana.
• Guardate se il grafico seguente vi soddisfa.
Valor medio.
N
Ho supposto che ogni rettangolo indichi un
decile in velocità (da 10 a 20 Km/h, da 20 a 30,
ecc). Quale è la velocità media? Come la
calcolate? Chi paga la multa, se il limite di
velocità è 50 Km/h?
Per un gas puro...
Ecin = mv^2/2
E se avessero tutte la stessa velocità?
Velocità, oppure energia cinetica.
• Le stesse considerazioni si applicano alla distribuzione della
velocità nei gas.
• Cosa fare se il gas non fosse ideale?
• Mumble, mumble?
• Basta riscrivere la relazione sostituendo DH/RT) con
DH/ZRT). Ricordate cos’era Z? Il coefficiente di
comprimibilità.
Z = (PV/RT)
• E se l’entalpia per una transizione di fase variasse con T? E’
possibile ciò? Certo che sì.
• Ricordate che
(dDH/dT) = DCP
• Siccome il differenziale totale di DH è
dDH = (dDH/dT)PdT + (dDH/dP)TdP
=DCPdT + (dDH/dP)TdP
• Ricordo che
(dDH/dP)T = V - T(dV/dT)P
• Cioè
dDH = DCPdT + [DV - T(dDV/dT)P]dP
• Combinando con l’equazione di Clapeyron, risulta
dDH = DCPdT + [DV - T(dDV/dT)P](DH/TDV)dT
• La cui soluzione è banale. La dimostro, comunque.
dDH = DCPdT + [DV - T(dDV/dT)P](DH/TDV)dT
dDH = DCPdT + [DHdT/T - DHdDV/DV]
dDH = DCPdT + DH[dlnT - dlnDV]
State sicuri: è davvero cosi.
Miscele.
• Let me please introduce myself…. !
•Argomenti da considerare:
1. Applico le funzioni di stato a sistemi di composizione
variabile.
2. Perché usare la composizione come variabile aggiuntiva?
3. Avrò bisogno dei potenziali chimici e delle grandezze ad
essi correlate; definirò così le Grandezze Parziali Molari;
4. Cos’è richiesto per arrivarci? Quello che sapete.
•
•
•
•
Memorandum.
Per sistemi chiusi ed a composizione fissata, tutte le proprietà
termodinamiche estensive sono fissate. Esse sono funzione,
ciascuna, di una coppia di variabili di controllo. Ad esempio
dG = (dG/dT)PdT + (dG/dP)TdP
dG = -S(T,P)dT + V(P,T)dP
Lo stesso vale per
dF = (dF/dT)VdT + (dF/dV)TdV
Suppongo ora di voler aggiungere come variabile il numero di
molecole e faccio una prima distinzione tra sistemi ad un
componenti ed a più componenti. (Come vedrete è inutile).
Nel primo caso l’energia di Gibbs sarà definita come
G = G(T,P,n1)
dG = -S(P,T,n1)P,n1dT +V(P,T,n1)T,n1dP + ?? (è difficile?)
• Come vedrete, le funzioni di stato sono tutte additive, se si
vuole calcolarle per un certo numero di moli. Ciò comporta
che se sono normalizzate per il numero di moli, n, si ottengono
le energie libere molari, le entalpie molari e i volumi molari.
• Per fare un esempio, riportate in un grafico il volume di una
generica sostanza A, fissate T e P, e vedete l’andamento in
funzione di n. La funzione risultante è lineare in n, ossia il
volume normalizzato per questa è costante e sarà detto volume
molare. E’ costante!
• Il risultato è banale ed indica che il volume è additivo. Lo
stesso dicasi per le varie forme di energia, ed per l’entropia.
• Noi useremo spesso questo fatto nei calcoli, sia pure senza mai
dirlo.
• Ma è sempre così? Tutte le funzioni estensive sono additive?
• Non sempre. Infatti ....
Esempio in due dimensioni di un
solido fatto da molecole diverse.
Il comportamento è molto diverso
rispetto a quello di una sola specie.
Non c’è linearità nel comportamento.
La percentuale di buchi (difetti) varia
col rapporto sfere piccole/sfere
grandi.
In miscele, il volume non è additivo.
Ma anche l’area.
Un esempio? Le piastrelle….
Formalizzo il tutto.
•
•
•
•
•
G = G(P,T,n1,n2,n3,n4,....)
dG = (dG/dP)T,n1,n2,n3,n4,....dP+(dG/dT)P,n1,n2,n3,n4,.... dT +
∑i(dG/dni)P,T, nj,.... dni
Ognuno dei termini in sommatoria rappresenta il potenziale
chimico di Gibbs (ce ne sono altri) relativo alla specie i. Ed è
definito come
mi = (dG/dni)P,T, nj,....
od energia libera parziale molare.
Perché parziale? Perché indica la variazione dovuta alla parte
rappresentata dal componente considerato.
Perché molare? E’ normalizzata ad una mole di sostanza.
mi è una grandezza intensiva, perché deriva da una grandezza
estensiva normalizzata ad una mole. E’ il rapporto tra due
grandezze estensive. Altri esempi analoghi? La densità.
• Quanti potenziali chimici ci sono, oltre a quello di Gibbs?
• Ce ne sono altri tre, cioè
mi,F = (dF/dni)V,T,nj,.... di Helmholtz (vedi dopo)
mi,H = (dH/dni)P,S,nj,....
mi,U = (dU/dni)S,V,nj,....
Non sono molto usati, escluso il primo ed il secondo. Per tutti
valgono le considerazioni già fatte sulle variabili di controllo.
Ricordate che l’entropia, non è proponibile come variabile di
controllo. E’ come se .....
• Analogamente a quanto visto per G, posso dire che F sarà
dF = (dF/dT)V,n1,n2,n3,n4,....dT+(dF/dV)T,n1,n2,n3,n4,.... dV +
∑(dF/dni)T,V,nj,.... dni = -SdT - PdV + ∑mi,Fdni
• Quand’ero giovane e sciagurato, mia madre diceva “Perché lo
hai fatto?”
• E qui? C’è una vera utilità nel farlo? Vediamo. Ricordando
che
dG = VdP - SdT
• e, siccome si può derivare rispetto ad ni, allora
mi = (dG/dni) = (dV/dni)dP - (dS/dni)dT
• Più generalmente,
dG = dU + d(PV) - d(TS)
• che, a P e T costanti, diventa
dG = dU + PdV - TdS
(dG/dni) = (dU/dni) + P(dV/dni) - T(dS/dni)
mi = Ui* + PVi* - TSi* (qui uso la stella.)
Adesso…
• Come posso fare per dimostrarlo, per tutte le variabili?
• Un esempio ragionato.
• Parto da
dG = (dG/dP)dP+(dG/dT)dT
dG = VdP-SdT
• La esplicito, e poi derivo il tutto rispetto ad ni.
• Allora
(dG/dni) = (V/ni )dP-(dS/dni)dT
• Cosa c’è di importante, qui? Che le grandezze parziali molari
sono ottenute per derivazione di grandezze estensive rispetto
ad ni.
• Pensate al caso di altre variabili, i calori specifici, ad es. Ma
anche l’espansibilità, la compressibilità , ecc.
• Potremo definire entalpie parziali molari, H*, entropie parziali
molari, S*, volumi parziali molari, V*, e compagnia cantante.
• Per tutte queste grandezze vale una relazione fondamentale, nota
come equazione di Gibbs-Duhem. Originariamente proposta per
le energie libere, si applica, per simmetria, a tutte le grandezze ad
essa collegate. Nel caso di miscele binarie si ottiene da
dGtot,P,T = m1dn1 + m2dn2
• Integro (ricordando il teorema di Eulero) ed ottengo
Gtot,P,T = m1n1 + m2n2
• Ridifferenzio ed ho
dGtot,P,T = m1dn1 +n1dm1  m2dn2 + n2dm2
0 =n1dm1 + n2dm2
• E’ importante e ci risparmia del lavoro. Cosa dice, in realtà?
• Basta determinare una grandezza perché sia automaticamente
nota l’altra. Un esempio sono le proprietà colligative. Quello
che misuro sono proprietà legate al solvente, il punto di
ebollizione, di evaporazione o la tensione di vapore. Io cerco
quelle del soluto.
• Relaziono queste variazioni come dovute al soluto. Basta fare
una misura per determinare entrambe le grandezze.
• Da un punto di vista sperimentale, è inutile misurare
entrambe.
• Come collegare i potenziali chimici a criteri di spontaneità ed
al calcolo dell’equilibrio chimico?
• Alla luce di ciò, assumerà senso compiuto la regola delle fasi e
la costruzione dei diagrammi di fase.
• Ed ora, buon lavoro.
Relazione di Eulero.
• Cosa so?
• Ho trovato il modo per definire i potenziali chimici e, in
genere, tutte le grandezze parziali molari.
• Ad esse si applicano lo stesso tipo di relazioni già viste per le
grandezze termodinamiche “classiche”.
• Devo vedere se ad esse si applichino le relazioni di Eulero. E’
così. Infatti, per funzioni omogenee di grado N, vale la
Nf(x,y) = x(df/dx)y + y(df/dy)x
• Allora, una generica proprietà estensiva, F, può esser detta
F= f(n1,n2,n3, etc.)
• E, quindi,
F= f(n1,n2,n3, etc.) = n1(dF /dn1)T,P,nj + n2(dF /dn2)T,P,nj +
n3(dF /dn3)T,P,nj + ......
= n1F 1*T,P,nj + n2F 2*T,P,nj + .....
• Ora, benchè F sia funzione omogenea di grado 1 del numero
di moli, leFi*sono omogenee di grado zero, perché le variabili
cui fanno riferimento sono intensive.
• Si può dimostrare? Si. Basti ricordare che, nel caso di un
sistema binario,
F= n1(dF /dn1)T,P,nj + n2(dF /dn2)T,P,nj
• Integrare implica, come sapete, l’accettazione del teorema di
Eulero. Fisicamente questo significa che le FT,P,nj sono sempre
funzione della composizione e non, ripeto non, costanti. Ha
senso tutto questo. Sì.
• Guardate con attenzione al significato della relazione qui
sopra. Risulta che tutti i termini (dF /dn1)T,P,nj sono correlati
alle tangenti della funzione.
• Ove si abbia una funzione della composizione che non sia
lineare, la sua derivata in un punto corrisponde alla tangente.
Se la funzione ha tali caratteristiche, la derivata non è
costante. Guardate l’esempio in pagina seguente per
accertarvene.
• Un’altra cosa da chiarire riguarda l’uso della scala di
concentrazione che meglio aiuti nella risoluzione del
problema.
• La scala ottimale è quella che esprime la concentrazione in
frazione molare, definita come
X1 = n1/(n1+n2)
• dove n1 rappresenta il numero di moli del componente 1, ecc.
• Ovviamente, valgono le relazioni
X1 + X2 = 1
dX1 = - dX2
• Quali sono le conseguenze di tutto ciò?
Si vede?
F
X1
Ed X2?
La tangente non è la stessa!
• Questo è il motivo per cui si fa riferimento al teorema di Eulero.
• Ci sono eccezioni? Ad esempio miscele acqua-acqua deuterata,
benzene-toluene, o toluene-polistirene, le miscele di idrocarburi
lineari (se le loro catene non sono molto diverse in lunghezza),
ecc. Comunque sono un numero ristretto di casi rispetto al
comportamento generale.
• Sono fortemente non ideali miscele in cui un componente è
ionico, oppure uno dei due ha polarità molto diversa dall’altro.
Ad esempio acqua/cloruro di magnesio ed acqua/etanolo.
• Non ho voluto riportare il caso di sistemi in cui si abbia
solubilità non completa, ad esempio acqua/tert-butanolo.
• Quanto ho detto si riferisce a tutte le grandezze parziali molari
che abbiamo finora incontrato.
• Sorge un altro problema sul modo in cui riportare in un solo
piano il comportamento di entrambi i componenti la miscela. Si
può fare? Sì.
Esempio ragionato.
• Considero l’entalpia parziale molare di mescolamento (che è
associata agli effetti termici che si hanno mescolando due
sostanze tra loro) e vediamo come si possa razionalizzare il
tutto. Vedi grafico alla lavagna.
• Ho scelto l’entalpia per un motivo molto semplice. Mescolare
quantità diverse della stessa sostanza non comporta alcun
effetto termico. Questo è vero se le due quantità dello stesso
liquido sono mescolate alla stessa temperatura (è banale).
• Cosa significa ciò? Che per frazioni molari uguali ad 1 o 0 la
entalpia parziale molare di mescolamento è nulla.
• Ma 1 e 0 si riferiscono, rispettivamente, al liquido 1 puro od al
liquido 2 puro. E vero?
• Nuts? Come vederlo?Con il grafico “cerusico” (spiega tutto).
Un po’ di sana geometria. W. J. Gibbs aveva ragione!
Cosa voglio dimostrare?
Lo spazio circoscritto da
due frecce e dal quarto
d’arco rappresenta un
insieme di punti in cui ?
Quali sono le proiezioni della freccia
rossa sui 2 assi? Cosa rappresentano?
Vado oltre. Lo vedo a fianco.
• Come si fa a riportare il tutto sullo stesso asse? Ancora un po’
di geometria.
• Basta ricordiate che X1 ed X2 sono le proiezioni sui due assi
che abbiamo considerato. Ed ecco fatto.
• Riporto in tutto in un grafico bidimensionale ed ottengo
l’andamento della funzione in tutto l’intervallo considerato.
• Come determinare altrimenti le due grandezze?
• Con il metodo detto delle tangenti, le cui intersezioni sugli assi
determinano, per quel valore di composizione i valori delle
proprietà termodinamiche ad una data composizione.
• Sull’asse Y si riporta la grandezza parziale molare che vi
interessa, su quello delle X, le frazioni molari di entrambi i
componenti.
•
1.
2.
3.
4.
Alcuni esempi:
Determinazione dell’abbassamento crioscopico.
Ripartizione tra due fasi “immiscibili”, acqua/cloroformio.
Abbassamento della tensione di vapore del solvente (e ???).
A questo riguardo si può introdurre il concetto di fugacità,
introdotto da G. N. Lewis (Nobel).
5. Si può determinare nel caso dell’abbassamento della tensione
di vapore, ma anche nel caso della ripartizione tra fasi.
• Un’ultima considerazione importantissima riguarda il
concetto di equilibrio chimico in sistemi a più componenti. Si
può fare riferimento al “extent of reaction”, in italiano di
grado d’avanzamento della reazione. All’equilibrio, la
somma
dei potenziali chimici di reagenti e prodotti,
modulata per il numero di moli di ciascuno, è zero.
Sistemi reattivi
•Svilupperò il concetto di equilibrio chimico in sistemi a più
componenti ed a composizione variabile.
• Per una generica reazione in fase omogenea, in un reattore a
P e T costanti, vale l’eguaglianza
aA + bB + cC.... = lL + mM + nN +....
• L’energia libera della reazione sarà controllata dai potenziali
chimici di tutti i suoi componenti, secondo la relazione
dG = mAdnA + mBdnB + mCdnC + mLdnL+ mMdnM + mNdnN +....
• La comparsa, o scomparsa, di prodotti e reagenti non è
casuale, per i vincoli dati dalla stechiometria del processo,
in proporzioni definite. Quindi
dnA/a  dnB/b = dnC/c = - dnL/l = - dnM/m =- dnN/n .....
• Vista la scomparsa dei reagenti e la comparsa dei prodotti, il
segno da attribuire ai rispettivi differenziali è opposto. Data
l‘uguaglianza tra termini, introduco una grandezza nota come
grado di avanzamento della reazione. Il suo differenziale è
dx = - dnA/a  - dnB/b = - dnC/c = dnL/l = dnM/m = dnN/n .....
• e x ha le dimensioni di una quantità di sostanza. E l’energia
libera del sistema sarà
dG = - amAdx - bmBdx - cmCdx + lmLdx+ mmMdx + nmNdx
(dG/dx)P,T = 0 = -amA -bmB -cmC+lmL+mmM+nmN
• La derivata qui sopra indica come varia G con il grado di
avanzamento della reazione. Se x fosse 0 non ci sarebbe
reazione ed avremmo solo reagenti, se fosse 1 la reazione
sarebbe andata a completezza. All’equilibrio, G è un minimo e
la tangente alla funzione in quel punto sarà 0.
• Se integro rispetto a x, all’equilibrio ottengo
DG = ∫(dG/dx)P,Tdx =∑nimi = 0
• dove i limiti d’integrazione in x sono 0 ed 1. Vale ancora il
vincolo del segno su ni per reagenti e prodotti. Questo
comporta che
∑ni,reagmi = ∑ni,prodmi
• od anche
∑nimi < 0 (cosa vi ricorda?)
• Svilupperò ulteriormente il concetto di grado di avanzamento
della reazione ed introdurrò una funzione detta affinità (De
Donder, ≈ 1925), che è il primo tentativo serio di formalizzare
la termodinamica per processi non all’equilibrio.
• Ilie Prigogine, premio Nobel per la Chimica, attivo negli anni
1950-2000, lo ha dimostrato.
Miscele.
• Passo ad applicare i concetti sviluppati al caso di miscele,
prima gassose poi no. Il motivo è semplice, perché, nel caso di
gas, ho a che fare con miscele ideali e non. Ricordate le
definizioni di gas ideali, cioè PV = nRT e (dU/dV)T = 0. Per
miscele di più gas, in assenza di interazioni tra i componenti,
valgono le regole di additività; quindi
P = (RT/V)∑i=1ni
• Altra caratteristica delle miscele gassose è che Um,i (molare)
dipende solo da T. Siccome i sistemi sono ideali, è vero anche
che Um,i non dipende dalla composizione.
• Passo ora a vedere come varino l’entropia e l’energia libera
di Gibbs con la composizione in tali miscele. Suppongo di
mescolare attraverso un setto poroso due gas.
Scatola di van’t Hoff.
P = PA
nB, P, VB
Membrana permeabile a B.
nA, P, VA
P’ = PB
Membrana permeabile ad A.
• Il sistema è in equilibrio con un termostato, e l’esperienza si fa
a T costante. I gas nei due comparti sono allo stesso valore di
pressione e sono separati da due pistoni semipermeabili, come
indicato. Per mescolarli in maniera reversibile, la pressione
data dal pistone a sinistra sarà un infinitesimo minore della
pressione di B nel comparto, e lo stesso vale dall’altra parte.
• Il lavoro associato al mescolamento è la somma del termine di
espansione relativo ad A contro il pistone a sinistra ed a B
contro quello a destra. Quindi
Wrev = WA + WB = -∫ PdVa - ∫ PdVb
• dove a e b indicano i due scomparti ed i limiti di integrazione
sono da VA a VA+B e da VB a VB+A. Allora
WA + WB = -∫ nART(dV/V) - ∫ nBRT(dV/V)
- RT [nAln((VA+VB )/VA) + nBln((VA+VB )/VB)]
• Ma A e B erano alla stessa pressione e temperatura e la
pressione della miscela è uguale a quella dei singoli gas,
all’inizio del processo.
• VA, VB e VA+VB sono proporzionali al numero di moli dei
componenti nel gas.
• Quindi
Wrev = - RT [nAln((nA+nB )/nA) + nBln((nA+nB )/nB)]
= - RT [nAln(nA)/(nA+nB ) + nBln(nB)/(nA+nB )]
- RT [nAln(XA)+ nBln(XB)]
• Con ovvio significato del termine relativo alle frazioni molari.
• Il calore scambiato reversibilmente sarà
Qrev = - Wrev
• E l’entropia? Sarà uguale a
DSrev = Qrev/T = - R[nAln(XA)+ nBln(XB)]
• Qual’ è il valor massimo dell’entropia per una data miscela?
• Per mescolamenti reversibili, la variazione di entropia
dell’ambiente è uguale ed opposta in segno e DStot = 0. Se il
processo avvenisse in maniera irreversibile, il DSsyst sarebbe lo
stesso, ma quello per l’ambiente sarebbe zero. Infatti non ci
sarebbe lavoro fatto, né calore scambiato.
• Un’altra considerazione riguarda il valore di DHmesc. In
processi isotermi con gas ideali vale zero. Allora
DG = - TDSrev = RT[nAln(XA)+nBln(1-XA)]
• e l’andamento della curva in funzione di XA è opposto in segno
a quello del DS. Scriviamola meglio come quantità molare.
• Vi anticipo che per miscele liquide ideali valgono le stesse
considerazioni fatte qui.
• Rimane da vedere come siano fatti i potenziali chimici in
miscele di gas.
Potenziali chimici: le equazioni.
• Posso dimostrare quanto sia la variazione di energia nel
processo di mescolamento confrontando l’energia dei gas da
soli ed in miscela. Allora
DGpuri = ∑niGi°
DGmisc = ∑nimi - ∑niGi°
•Nel primo caso ho l’energia libera dei gas non mescolati, nel
secondo i potenziali chimici in un sistema misto. L’energia del
soluto in tali sistemi dipende dall’intorno che la specie sente.
• L’energia libera dei gas ideali in espansione corrisponde a
DG = nRTln(Pf/Pi)
• Se il gas era in uno stato standard, allora Pi = P°. E
DG = G - G° =nRTln(Pf/P°)
• E, se le energie sono energie libere molari, Gm,
DGmisc = ∑nimi - ∑ni[Gi° + RTln(Pf/P°)]
RT[nAlnXA +nBlnXB]= ∑nimi - ∑ni[Gi° + RTln(Pf/P°)]
• Per ogni specie, i coefficienti nei due lati dell’eguaglianza
sono uguali e
RTlnXA = mA - GA° + RTln(P/P°)
mA = GA° +RTlnXA + RTln(P/P°) = GA° +RTln(PXA/P°)
• Un primo risultato è che la pressione parziale di un gas in
miscela è uguale a PXA, anche definita come pA.
• Risulta possibile calcolare l’equilibrio chimico in una miscela
di gas che non abbiano reagito in maniera completa.
• Utilizzando i simboli finora introdotti, il calcolo dell’energia
libera di mescolamento risulterà essere definito come segue.
DGmesc = -(am°A+RTlnpA/P°)-(bm°B +RTlnpB/P°) +
(mm°M+RTlnpM/P°)+(nm°N +RTlnpN/P°)....
- am°A - bm°B...+ mm°M + nm°N ....=
•
•
•
•
RT[nln(pN/P°)mln(pM/P°)/aln(pA/P°)bln(pB/P°)]
E, quindi
DG°mesc = - RT[lnKP]
DGmesc = DG°mesc + RTlnQ* = + RTln(Q*/KP)
Se il rapporto è minore di uno, il processo è spontaneo.
La dipendenza dalla temperatura risulta essere
(dDGmesc/dT) = ??? (Lo sapete, vero?) Ed ancora
DHmesc/RT^2 = (d[lnKP]/dT)P
Introducendo le capacità termiche nell’equazione,
determina il DH alla temperatura richiesta, perchè
DHmesc,i = CP,idT
si
• Non c’è differenza sostanziale con reazioni in fase condensata.
Ad esempio, la costante di equilibrio di un acido debole in
acqua obbedisce a leggi analoghe a queste.
• La fugacità di gas reali può cambiare con pressione e
temperatura. Come? Parto da
G = G° + RTln(P/P°)
DG = ∫RTdP/P = ∫VdP
• E’ possibile esprimere in forma empirica un valore di V che
soddisfi le condizioni date, ma non c’è forma generale. Per
questo G.N. Lewis introdusse la fugacità, f, una grandezza
avente le dimensioni di una pressione. Così
m = m° + RTln(f/f°)
• Il limite di (f/P) per P che tende a 0, vale 1. Cioè la fugacità è
uguale alla pressione in regime ideale e diversa in condizioni
di gas reale. Quindi, DG = RTln(f1/f°).
• Vedo come vari con P e T. Scriviamo
(dm/dP)T = RT(dln(f/f°)/dP)T
• Ma (dm/dP)T = V* (volume parziale molare). Quindi
(dln(f/f°)/dP)T = V*/RT
• Per l’andamento in funzione di T, da
m” - m’ = RTln(f”/f’)
m”/T - m’ /T= Rln(f”/f’)
[d(m”/T)/dT]P - [d(m’/T)/dT]P = R[(dlnf”/dT)P -(dlnf’/dT)P]
• Ma, per una singola specie,
[d(m”/T)/dT]P =H*/RT^2
• (H* è l’entalpia parziale molare), da cui segue il risultato.
• Cerco di estendere a miscele di gas reali ciò che ho detto con
l’introduzione dei potenziali chimici.
• In miscela potrei fare uso delle relazioni già viste, e
mi = mi ° + RTln(fi/f°)
• Dove
(dlnfi/dP)T,Xi = Vi*/RT
• C’è però il problema del limite d’integrazione, perché non è
possibile integrare ∫dlnfi da zero!
• (Ci torneremo su per coefficienti di attività in soluzione).
Allora, scrivo
[dln(fi/pi)/dP)]T,Xi = Vi*/RT - 1/P
ln(fi/pi) - ln(fi/pi)P=0 = ∫(Vi*/RT - 1/P)dP
• Perché? Perché so che (fi/pi)P=0 = 1!
• Continuerò a disquisire su questi argomenti anche quando si
parlerà di fasi condensate.
• Il termine (fi/pi) è correlato all’attività del componente in
miscela (sic!).
• Nel caso di reazioni chimiche?
• Quanto visto ha a che fare con processi in cui i componenti si
mescolano tra loro, ma l’identità delle specie chimiche è la
stessa di prima del mescolamento. E’ un po’ come le comunità
cinesi: non si mescolano!
• Cosa succede quando, invece, gli individui si mescolano?
• Supponiamo di avere una reazione del tipo
REAGENTI
PRODOTTI
• in cui i prodotti siano distinguibili dai reagenti (ad es. hanno
diverso indice di rifrazione).
• Non interessa sapere se la reazione sia spontanea o
catalizzata. Basta che sia termodinamicamente possibile. Ad
esempio la reazione 2 CO2 = 2CO + O2.
• Potrei scrivere in forma generalizzata la relazione
Ag = Bg + Cg
• C’è il vincolo di conservazione della materia, cioè del numero
di moli, e la reazione sarà regolata dalla stechiometria come
ntot = (1-a)n° + an° + an° = (1+a)n°
• Se la miscela gassosa è ideale, vale la relazione
ntot =(PV/RT)
• Ciò comporta che a, e Keq, possono esser calcolati dai valori
di P ed n°. La frazione molare di ogni specie sarà espressa da
XA = (1-a)/(1+a); XB = a/(1+a); XC = a/(1+a).
• All’equilibrio
Keq = [(Pa/(1+a))(Pa/(1+a))]/[P(1-a)/(1+a)]P°
= a^2P/(1+a)P°
DG = RTlnKeq = RT[ln(a^2/(1+a)+ln(P/P°)]
• Capite il perché di P°? Non si può farne a meno! Altri modi?
• Fate molta attenzione ai seguenti aspetti:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Notate che a è compreso tra 0 ed 1;
La reazione può non essere completa;
Non può non avvenire;
Che significato attribuire al termine ln(P/P°)?
a, a T fissata, non dipende da P.
E’ possibile che la reazione divenga spontanea al disotto, od
al di sopra di un certo rapporto (P/P°)?
E possibile che il DG sia maggiore di zero?
Il fatto che DG sia maggiore di zero potrebbe essere dovuto al
fatto che prodotti e reagenti sono tutti in stato standard, e che
una mole di sostanza non altera la pressione in maniera
apprezzabile. Ma se cambiasse la pressione?
• Ricordate la relazione
DG= DG° + RTlnQ* = + RTln(Q*/KP)
• La ricordate vero? Ecco, questa è la risposta.
• Introducetela ora nella relazione precedente, che assumerà un
senso fondato.
• Alcuni esempi li avevo già fatti in passato, quello relativo alla
formazione di ammoniaca a partire da azoto ed idrogeno.
• Ricordate la storia? Quale era la sorgente di ammoniaca?
• Ve lo ricorda con parole più precise delle mie chi ha scoperto
la catalisi eterogenea ed è stato un grosso esperto di Chimica
delle superfici ed interfasi, Irving Langmuir (Premio Nobel
per la Chimica).
• “Molecules striking a surface already covered also condense
but usually evaporate much more rapidly than from the first
layer. (Perchè?) Hence, except when the vapor is nearly
saturated, the amount of material adsorbed on a plane surface
rarely exceeds that contained in a layer one atom (or
molecule) deep.” [I. Langmuir, Phys. Rev., 1915, 6, 79.]
• “Our present conception of the structure of atoms and
molecules makes not possible for us to conceive of any
appreciable force which one atom or molecule can exert
directly on others at distances greater than two or three
Angstrom units.” [I. Langmuir, Trans. Farad. Soc., 1921, 17,
4.]
• Ecco spiegato il motivo per cui un buon catalizzatore deve
avere un alto rapporto superficie/volume. È questa
l’importanza della catalisi eterogenea.
Il terzo principio.
Argomenti all’ordine del giorno:
• C’è bisogno di un nuovo principio?
• A quale grandezza si riferirà?
• Che tipo di considerazioni debbo fare per comprenderlo?
• A quale grandezza posso collegarlo?
• E’ un argomento delicato, di carattere filosofico. Filosofico nel
senso di “Natur-phylosophie”, alla Goethe, alla Bertrand Russell
(Premio Nobel), od alla Maxwell. Filosofia nel senso di filosofia
della scienza, o positivismo logico.
• Creo un paradosso (una specie di dimostrazione per assurdo). E’
detto paradosso del barbiere.
1872-1970
Matematico, Logico, Filosofo, Storico, Politico.
Nobel nel 1950 per la letteratura (sic!).
Inventa la logica matematica moderna.
• In filosofia l'immagine dei barbieri è ricorrente: Guglielmo da
Ockham (chi è?), aveva usato il concetto di 'rasoio' per
spiegare come ricorrere al minor dispendio possibile di
energia esplicativa, tagliando via il superfluo, come fa il
barbiere col rasoio.
• Russell ideò il 'paradosso del barbiere'. In un paese dove tutti
gli uomini sono rasati, c’è un solo barbiere che rade tutti
quelli che non lo fanno da soli. Chi rade il barbiere?
Analizzando il problema con la teoria degli insiemi, si ha
l'insieme degli uomini che si radono da soli e di quelli che si
fanno radere. Il barbiere si rade da solo? No, perchè rade gli
uomini che non si radono da soli! Qualcun altro lo rade? No!
Ci troviamo di fronte ad un paradosso. Per superarlo, bisogna
correggere la convinzione errata secondo cui per ogni
proprietà debba sempre esistere un insieme: in qualche caso
non si ha nessun insieme coerente.
• Ricordate.
• Un problema mal posto è spesso insolubile.
• Torno a bomba.
• Da dove nasce il tutto? Dalla costatazione che il valore
dell’entropia ha un ruolo ancillare rispetto agli altri contributi
all’energia di un sistema.
• E’ vero questo assunto? La risposta è“Ora sì, ora no!”. Così,
però, non vado da nessuna parte. Debbo formulare bene il
problema. E mi affido ai dati.
• Alcuni dati sperimentali incontrovertibili sono i seguenti:
1. Nella formazione di “vetri” (solidi amorfi) o di cristalli
misti, il valore di entalpia e di energia libera coincidono, se
misurati a basse temperature. Quindi il contributo entropico è
molto prossimo a zero.
2. La formazione di aggregati colloidali in acqua, le micelle, è
controllata, a basse temperature, dall’entalpia, ma
dall’entropia ad alte. (La loro formazione è la nucleazione di
una nuova fase.);
3. Lo stesso accade per la formazione di vescicole e liposomi
(“paracristalli”, secondo una vecchia definizione);
4. Il “disordine” in un cristallo tende a scomparire a basse
temperature, alle quali molti di loro divengono “perfetti”.
• Cosa significa ordine e disordine nel mondo atomico e/o
molecolare? Ordine e disordine sono categorie morali, non
scientifiche. Ecco perché non mi piace associare all’entropia
il concetto di disordine.
• Visualizzo alcuni effetti sopra indicati, per capire il senso di
questi assunti. Voglio comprendere il senso dell’andamento
sperimentale riportato nei casi 1, 2 e 3, perché esempi di
carattere generale.
DG
DH
ln CMC
T
T
• Posso valutare la spontaneità di un processo reattivo da
DG = DH - TDS
DY = DS - DH/T
• Ricordo che questo comporta DY = - DG/T
• I valori di DH sono determinati sperimentalmente, dalle
entalpie di reazione (per un processo) o dalle capacità
termiche.
• E’ bene calcolare il valore dell’entropia, perché ciò rende
possibile determinare DY o DG senza utilizzare dati
all’equilibrio.
• Questo significa anche che non è necessario calcolare, o
determinare, un percorso reversibile.
• Ma è possibile veramente tutto ciò? Vedo come.
• Di certo il DH di un processo è determinabile a partire da una
temperatura data.
• Usando le capacità termiche di reagenti o prodotti, posso
estrapolare i dati di DH in un certo intervallo, con un grado di
precisione più o meno elevato.
• Inoltre, DS può esser calcolato ad ogni temperatura da opportuni
dati di capacità termica.
• Non può essere determinata in stati di non equilibrio, solo da
dati termodinamici.
• Per dare veridicità a questo assunto c’è bisogno del III Principio.
• Se è vero quanto detto nel “cahier de doleance” riportato prima,
il contributo di DS all’energia del sistema sembra essere molto
moderato a basse temperature.
• Quindi, la dispersione di energia termica a basse temperature
tende ad annullarsi.
• E’ vero? Non è un risultato paradossale?
• Lo posso capire facendo riferimento al teorema di Nernst, il
quale stabilisce che
limT= 0 (DG-DH) = 0
limT= 0 (-DS) = limT= 0 (dDG/dT) = 0
• Tale assunto ha molte conseguenze:
1. Dal punto di vista analitico, se è vero il teorema, lo slope
della derivata è zero in prossimità del limite imposto (Vedi
figura);
2. Sia DG che DH tendono ad annullarsi;
3. Allora, esiste uno zero in temperatura?
• Ci sono molte evidenze sperimentali che indicano che, mentre
la prima relazione è senz’altro vera, la seconda non lo è
necessariamente. Esperimenti successivi hanno dimostrato
che l’ipotesi di Nernst vale solo nel caso di sostanze con
ordine cristallino perfetto.
• Esempi?
• Sali tipo KCNO o KCNS danno risultati controversi e non
formano cristalli perfetti, rispetto ad NaCl. Perché?
• Quante e quali orientazioni sono possibile agli ioni CNS od al
CNO nel reticolo? Dov’è distribuita la carica negativa negli ioni
di cui sopra?
• Dispongo gli ioni in un piano, con ioni K attorno. Quante e quali
orientazioni sono possibili?
• Verrà annullato l’effetto al decrescere di T? Certo che no!
• Chi ci mette l’energia necessaria per ordinarli in modo che siano
cristalli perfetti?
• Per superare tale incongruenza e ovviare al fatto che Nernst col
suo teorema non dice esplicitamente quanto debba essere DS,
bisogna riformulare la definizione di terzo principio.
• Primo tentativo: il Postulato di Planck. È definito così:
• “Il valore dell’entropia di un solido od un liquido puro tende a
zero a 0°K.” (Almeno così si ricava leggendo i lavori di
Planck, anche se non so se egli scrivesse 0°K).
• L’assunto di Planck, circa l’esistenza di nessuna costante per
le sostanze pure, porta al teorema di Nernst e lo rivaluta.
• La differenza è che l’ipotesi di Planck tratta di sostanze pure,
quella di Nernst di soluzioni (quale è un vetro).
• Trent’anni dopo tale diatriba Lewis & Randall propongono la
seguente definizione: “Se l’entropia di ogni elemento in stato
cristallino può essere zero allo zero assoluto, ogni sostanza ha
entropia positiva a tale limite, che può diventare zero, e lo fa,
nel caso di sostanze con perfetto ordine cristallino.”
• E’ più macchinosa, ma, per ora, scelgo questa.
•
1.
2.
3.
Evidenze sperimentali:
Superfluidità dell’elio;
Superconduttività;
Cristalli misti di sali che, da soli, formano cristalli uguali,
con lo stesso tipo di cella. Ad es. AgCl ed AgBr, od NaBr e
KBr.
• In cosa differiscono le due coppie tra loro?
• Un po’ di sana cristallografia aiuterebbe.
• Suppongo di conoscere i valori di CP o DS per le sostanze pure
e di poter, quindi calcolare i valori corrispettivi per le loro
soluzioni solide. Infatti il processo di mescolamento di AgBr
ed AgCl porta alla seguente uguaglianza
DSm,0K = DSsol - DSm,AgCl - DSm,AgBr
E’ importante. Leggetela attentamente.
Ci sono molti esempi del genere:
Vetri o cristalli (?) di glicerolo
Vetri o cristalli (?) d’acqua
(Come si fa un vetro con tali sostanze? Ad es. con tecniche CryoTEM. Ma un vetro non è un cristallo, ahimè.)
Transizioni Zolfo monoclino - Zolfo rombico.
• Come calcolare l’entropia (magari a P costante).
dSP = DQP/T = CPdT/T
SP(T) = S0,P + ∫CPdT/T
limT=0 CP = 0
limT=0 S= S0 = 0 (Quest’ultima eguaglianza non sempre è vera)
limT=0 (dS/dP)T = 0
limT=0 (dS/dV)T = 0
(da dove viene? Da F!)
• Da cui
(dS/dP)T =- (dV/dT)P
limT=0 (dV/dT)P = 0
Un primo tentativo
• Provo a calcolare l’entropia assoluta in funzione della
temperatura per un solido a partire dall’equazione
SP(T) = S0 + ∫CPdT/T
integrata nel modo che vedrete. Posso usare, fino a 20 K, i calcoli
illustrati di seguito, tramite integrazione numerica.
Divido il grafico in segmenti equi-spaziati, come illustrato in
pagina seguente. E prendo, per ogni intervallo, il valor medio della
temperatura nell’insieme considerato. La bontà del fit è tanto
migliore quanto più piccolo è l’intervallo (perché?). Calcolo poi
l’area del trapezoide sotteso alla curva.
E ripeto l’analisi per tutti i punti in esame. In pratica, l’integrale
viene sostituito da una sommatoria. L’altezza del trapezoide è il
<valore> di capacità termica alla <temperatura> considerata.
D
Esempio
50
40
30
C
P
J (mol K)-1
20
CP
10
0
0
5
10
T (K)
15
20
• In altre parole sostituisco all’integrale generico
∫CPdT
• calcolato tra due punti vicini, la relazione approssimata
∑CP DT ≈ ∫CPdT
• E procedo per successivi tentativi. Amplio il numero di dati; la
bontà del fit dipende da quanto piccolo sia DT.
• Volendo scendere al disotto dei 20 K, perché non sempre è
possibile farlo sperimentalmente, faccio riferimento alla
relazione semiempirica di Debye (la avevamo introdotta
quando si era visto che la regola di Dulong e Petit per le
capacità termiche non funzionava). Allora,
CP ≈ CV = 1948.3 (T/q)^3
• dove q è la temperatura teta per la sostanza in esame.
• Calcolo l’entropia del sistema dalla relazione
S = ∫CPdT/T = ∫KT^3(dT/T)
S = ∫KT^2dT
• dove K = 1943.8/q^3
• Un esempio ragionato: il ciclopropano.
• Ha temperatura di ebollizione pari a 240.3 K.
• Calcolo prima l’entropia del solido con la Debye (fino a 15 K,
q è 130 K). Poi, per interpolazione, la calcolo da 15K fino alla
temperatura di fusione (145.54 K).
• Aggiungo l’entropia di fusione, che è uguale a (perché?)
DSfus = DHfus/T
• Calcolo l’entropia della forma liquida dalla temperatura di
fusione fino a quella di ebollizione (il modo è già stato detto).
• Calcolo l’entropia di vaporizzazione, che sarà
DSvap = DHvap/T
• Per l’entropia assoluta, considero il valore alla temperatura
standard (ed a 0.1 MPa), tramite la
S°(T)-S’(T) = R ln(P/P°)
• Sommo tutti i contributi considerati.
• Il processo è macchinoso ma fattibile: in fin dei conti, è
soltanto un’integrazione per parti.
• Ma perché si opera come detto?
• Cosa succede alle capacità termiche ad una transizione? Il CP
diverge? Si, perché una variazione infinitesima di temperatura
comporta la scomparsa della fase. Nel grafico si hanno degli
andamenti caratteristici, a gradini. Di norma la fusione
comporta un incremento drastico di CP.
• Guardate il grafico in pagina seguente.
?
CP
E l’entropia?
?
La calcolo nello stesso modo. Attenti, però, che…
T (K)
• Ora che ho visto come calcolare l’entropia assoluta, e che so
come farlo per l’entalpia, rimane da vedere come farlo per la
energia di Gibbs.
• So come farlo, ad esempio, nel caso si misurino equilibri in fase
gassosa; non ci ritornerò su.
• Un secondo metodo consiste nel determinare una variazione
d’energia in maniera reversibile, tramite misure di forza elettromotrice, ad esempio. Come già sapete, in tali condizioni la
tendenza verso la trasformazione si oppone ad un potenziale di
segno opposto, con conseguente scarica della pila.
• Non passa corrente nel circuito e, quindi, non c’è consumo netto
di energia. Lavoro in condizione di equilibrio e, quindi, di
massimo lavoro utile. In tale caso, e voi sapete come farlo,
DG = -nFE
• E da questo ricavo il potenziale standard, E°, che si ottiene
dalla relazione
DG° = -nFE°
• Ancora; da dati calorimetrici e, quindi da misure di DH. Come
ricordate bene, è possibile determinare il valore di una Keq a
partire da quella ottenuta ad un’altra temperatura se è noto il
DH del processo.
• C’è un secondo metodo, calorimetrico, basato su un nuovo
modo di misurare il calore associato ad una reazione, o ad un
processo. Questo si chiama “Batch Titration” ed è stato
sviluppato da I. Wadso a Lund (Svezia). I dettagli dello
strumento li avete visti a lezione e li rivedrete in laboratorio.
• Si usa una micro-siringa, comandata da un pistone. Questo
comporta che, ad ogni moto del pistone, dalla siringa esca una
quantità nota di X.
• Il reattore, ove si mescolano i reagenti, è un recipiente coperto
da una lamina d’oro (non per snobismo o perché siamo ricchi)
che è connesso ad un termistore o ad una termo-coppia.
• La variazione di temperatura, genera una d.d.p. che varia nel
tempo. Questa compare sullo strumento di lettura, che può
essere digitale, od un registratore su carta. Lo strumento
torna, alla fine del singolo processo, alla temperatura iniziale.
Come può succedere?
• L’area dell’integrale sotteso alla curva, rappresenta il calore
erogato durante il processo.
• Per aggiunta della quantità X di sostanza, si ottiene una
quantità di calore Q, da cui si ricava DQ/DX.
• Come si fa, in realtà? Per iniezioni successive di reattivo
(nella siringa).
• Un’alternativa possibile consiste nel mescolamento di quantità
note di sostanza con il metodo “Batch”. Un altro ancora è il
metodo “Flow”.
• Il primo consiste nel fare ruotare la cella attorno al proprio
asse, in modo che il liquido nei due recipienti si mescoli.
• Dal punto di vista termodinamico, il valore
DQ/DX ≈ dQ/d[X]tot
dQ = DH°V[MX]
dQ/d[MX] = DH°V
dQ/d[X]tot = (dQ/d[MX])(d[MX]/d[X]tot)
= DH°V (d[MX]/d[X]tot)
• Il valore di MX è inferito da qualche informazione sulla
stechiometria del sistema. Ve ne elenco due, uno a rapporti
molari fissi (quindi a stechiometria definita) uno a rapporti
molari variabili. Ci sono altre alternative.
• Suppongo una stechiometria di reazione del tipo
A+X=P
• dove X è la specie titolante e A la titolanda. Un esempio
potrebbe essere la reazione Host-Guest tra eteri corona e sali
di metalli alcalini, oppure, Key-Lock tra ciclodestrine ed alcoli
a catena lunga (oppure.....).
• Su base termodinamica
Keq = [MX]C°/[X][M]
[X]tot = [X] + [MX]
[M]tot = [M]+ [MX] = [M] + [MX]C°/[X]Keq
• Che si risolve per [X] in base ad una quadratica.
[MX]^2 + [MX][-[M]tot-[X]tot-C°/Keq] + [X]tot[M]tot = 0
• Si determina [MX] e poi si differenzia rispetto ad [X]tot, ecc.
ecc.
Regola delle fasi
• E’ la prima applicazione termodinamica a sistemi compositi o
polifasici. Nasce grazie all’intuito di Gibbs, che nell’articolo“On
the Equilibrium of Heterogeneous Substances.”, deriva la regola
delle fasi. N.B. Che vuol dire composito?
•Prima di entrare nel merito bisogna definire che cosa sia una fase.
Ad esempio, sabbia dispersa in acqua, oppure ghiaccio in cubetti in
equilibrio con acqua sono una sola fase, anche se la superficie di
scambio di materia è diversa che nel caso di un singolo blocco.
Considerando il grado di comminuzione, le cose non cambiano.
•In entrambi i casi abbiamo due fasi (acqua e sabbia, o ghiaccio).
•Le proprietà fisiche in una fase (densità o volume molare) sono
costanti, o variano con continuità. Ci possono essere definizioni più
onnicomprensive, quando la distribuzione della materia si ha in un
sistema sottoposto ad un campo. In una colonna d’aria, la
distribuzione delle specie cambia con continuità, a causa del
gradiente di campo gravitazionale. (Anche in Biologia, però..)
•Però..
• Le proprietà fisiche sono costanti nel volume considerato,
anche se esso non è continuo nello spazio considerato. Questo
è un bel problema per i matematici!
• Ci interessiamo a sistemi grandi abbastanza da poter essere
investigati puntualmente. (E’ una definizione minimalista, ma
coerente.) Le applicazioni non riguardano solo la
termodinamica, ma, anche la geologia o la biologia. Ad es. un
osso bollito, sgrassato e denervato è un sistema bifasico. C’è
aria nei vacuoli, dispersa in aragonite.
• La regola delle fasi ha a che fare con gli stati della materia.
Sono cinque (sic!): solido, liquido, gas, cristallo liquido,
plasma. Di norma si considerano i primi tre. La definizione
vale anche nel caso di specie allocate su superfici.
• Consideriamo come variabili:
1. Il numero delle fasi, espresso con la lettera F. La definizione
corretta del numero di fasi è molto meno semplice da risolvere di
quanto sembri: pensate ai precipitati di idrossido di ferro, o di
alluminio, in acqua. Quante fasi osservate ad occhio nudo?
2. E nella maionese? E nella cioccolata?
3. Il numero dei componenti, indicato con la lettera C. Anche questo
è un argomento più sottile di quanto sembri. Così, gli ioni H+ ed
OH- non sono componenti, perché formano acqua seguendo una
stechiometria ben definita. Semmai sono costituenti. (È una
trappola. Aspetto che qualcuno abbocchi.)
• La varianza, od il numero di gradi di libertà che ha il sistema. E’
indicata con la lettera V. Rappresenta il numero di variabili
termodinamiche che posso cambiare senza modificare lo stato del
sistema, cioè senza formazione, o scomparsa, di una fase.
• Fin qui ho fatto tassonomia (i romani dicono flanella).
• E soprattutto, cosa c’entra la termodinamica con tutto ciò?
• Prendiamola alla lontana, ricordando un teorema già
dimostrato, quello di Gibbs-Duhem. Vale la relazione
∑ nidmi = 0
• Che definisce il modo in cui varia il potenziale chimico di una
specie in soluzione.
• La soluzione, sia essa liquida, gassosa, o solida, ha tutte le
caratteristiche di una fase. La Gibbs-Duhem si applica ad una
fase. Od a tutte?
• C’è un altro aspetto nascosto nella Gibbs-Duhem, che dice
∑ Xi = 1
• dove Xi sono le frazioni molari.
• Vi ricordo cosa ho detto in più occasioni: la termodinamica è
taccagna. Cerca di ridurre le complicazioni ad un qualsivoglia
problema; ad esempio, riduce il numero di variabili
indipendenti. Torniamo a
∑ nidmi = 0
∑ Xi = 1
• Qual è il loro vero senso? Riscriviamole così
∑i=2 nidmi = - n1dm1
1 - ∑i=2 Xi = X1
• Quanto detto significa molto più di quanto appaia a prima
vista. E’ sufficiente scrivere (n - 1) equazioni per il potenziale
chimico, ed (n - 1) per il numero di componenti.
• A chi si applica? A sistemi non reagenti, per ora.
• E’ possibile estenderlo a sistemi reattivi.
• In che condizioni provo ad applicare la trattazione?
• In che condizioni vuol dire anche quali vincoli debbo
considerare. O quale variabili tenere fisse e quali no. Ciò
comporta la necessità di tre condizioni:
1. L’esistenza di un equilibrio meccanico;
2. L’esistenza di un equilibrio termico;
3. La conservazione di massa, o l’equilibrio nel trasferimento.
• 1) Equilibrio Meccanico
• Si ha quando il volume del sistema è fissato e la temperatura
costante. Se ricordate, la funzione di stato controllata da V e
T è l’energia libera di Helmholtz. Se è vero quanto detto dF
= 0. In un sistema polifasico, con N fasi
dFTOT = 0 = dFI + dFII + dFIII +….
0 = - PIdVI - PIIdVII - PIIIdVIII -….
• In condizioni isocore dVI = - dVII - dVIII -….
• Allora, dato il vincolo sui termini PV e sui termini dV, si ha
equilibrio meccanico se e solo se PI = PII =PIII, ecc.
• Ci sono casi in cui tale restrizione non vale. Nel caso di
pressioni differenti, la fase a pressione maggiore espande e
quella a pressione minore comprime, fino a soddisfare il
vincolo di cui sopra.
• 2) Equilibrio Termico.
• In un sistema isolato, ad energia e volume costante, le
condizioni di equilibrio comportano il vincolo
dS = 0 = dSI + dSII + dSIII +… = - DQ/TI - DQ/TII - DQ/TIII • Che è soddisfatto se e solo se si ha equilibrio termico e
TI = TII = TIII …
• Così non fosse, ci sarà flusso di calore tra le varie fasi fino a
raggiungere l’equilibrio termico.
• 3) Equilibrio Termodinamico.
• A pressione e temperatura costanti, come sapete, vale la
dG = 0 = - ∑ mIdn
• estesa ad N fasi. Per un sistema bifasico il vincolo
sull’eguaglianza dei potenziali chimici si intende applicata a
due fasi. Esempio è la ripartizione dello I2 tra acqua e
cloroformio. Quand’è che avrete l’equilibrio?
Le concentrazioni nelle due fasi
saranno uguali?
Acqua
Iodio
Cloroformio
NO!
I potenziali chimici nelle due fasi
saranno uguali?
SI!
• Altri esempi
• L’esperienza della iodio è illuminante, perché permette anche di
vedere cosa succeda nel caso di una reazione dello I2 con ioduro,
e formazione di I3-. Cosa lo diversifica rispetto a prima?
• Siccome la solubilità dello iodio in acqua non è infinita, è
possibile vedere cosa succeda nel caso si formi una fase solida.
• Altri esempi? Ripartizione tra un corpo di fondo e soluzione, nelle
prove di solubilità. Considerate il caso del PbCl2 in acqua. E
vedete cosa accade scaldando: fino a che temperatura esistono
due fasi?
• Dipende da T e dalla quantità complessiva di PbCl2.
• Come variano i potenziali chimici con T nelle due fasi? Vediamo.
• Ancora, l’equilibrio tra acqua e suo vapore. Al variare di T varia
la tensione di vapore.
• Per aggiunta di una altro componente, tipo NaCl, o glucosio, a T
fissa, decresce la tensione di vapore.
Formalizzo il tutto.
• Ed il numero di gradi di libertà, come agisce in un diagramma di
fase? Ricordate il diagramma di stato dell’acqua? Parto da lì ed
esamino, dapprima, le zone omogenee, poi i bordi tra due fasi, poi
i punti tripli (ce n’è uno solo), poi i punti critici (uno solo anche
qui).
• Il numero di componenti, C, è sempre 1.
• Quante equazioni per i potenziali chimici sono previste?
• Quanti componenti avremo?
• Però, la varianza sarà diversa nei tre casi.
• Risulta sempre valida la relazione
V=C-F+2
• Avrò casi in cui V = 0 (tre fasi); V = 1 (due fasi); V = 2 (una sola
fase). Vi torna con quanto detto?
• Una varianza diversa da quanto detto sopra non è prevista in
sistemi binari o ternari, che possono essere raffigurati
graficamente in tre dimensioni. In realtà è possibile raffigurare
anche un sistema quaternario.
• E per sistemi più complicati?
• Bene, un vincolo è il seguente:
• Non è mai possibile avere più di tre fasi in equilibrio per un
sistema binario o ternario: provare per credere. Sono disposto a
pagarvi una cena da Said.
• Vedo i diagrammi di fase di sistemi noti e ben rappresentati.
Alcuni sono noti e molto ben rifiniti, altri meno. L’importante è
capire dove siano le varie fasi e le aree multi-fase.
Diagrammi di stato o di fase?
• Un componente, due componenti, tre componenti, quattro
componenti, cinque componenti, ecc. ecc.
T
P
P
X3
T
Uno
X1
Due
X2
P, o T
X1
Tre
Quattro
(T e P cost.)
• Le composizioni in zone bifasiche si ricavano facendo
riferimento alle isoterme liquido-solido, o liquido-liquido.
• Guardate il diagramma di fase, rifinitissimo, detto anche lo
“Holy System”: acqua, decanolo, caprilato di sodio.
• Io ho conosciuto uno degli autori, Krister Fontell, il quale mi
ha detto che ci sono voluti tre anni di lavoro, e circa 3500
punti (campioni), per completarlo. Riporto un sistema
composto da acqua, caprato di potassio, ottanolo.
• Per fortuna, molte fasi erano fluide, o semi-fluide.
• La zona di esistenza della fase solida è molto meno definita
delle altre. Guardate bene il diagramma e dite dove esso sia
meno rifinito.
• In che condizioni si lavora? Isoterme ed isobare.
• Come si fa ad assegnare un punto ad una fase? È come nella
teoria degli insiemi.
The (quasi) Holy System
Alcuni interrogativi.
• Cosa rappresentano le linee nei diagrammi di fase? Non sono
messe per ragioni estetiche. Sono dette “Tie lines”.
• Rappresentano l’insieme dei punti in cui le due fasi coesistono,
per rapporti definiti tra due componenti.
• Lo stesso discorso si applica alla zona di coesistenza di tre
fasi.
• Ricordate: non è mai possibile averne più di tre.
• Che significato dare ai diagrammi ternari, o quaternari?
Come li si legge?
• Come li si può costruire? Per punti.
• Oppure?
Ancora…
• Nello sviluppo della trattazione sulla regola della fasi, ho fatto
riferimento ai potenziali chimici come al parametro che regola la
stabilità di un sistema in una fase.
• Avevo definito il potenziale chimico dalla relazione
RTlnXI = mI - G°m,I - RTln (P/P°)
mI - G°m,I = RT[ln (PXI/P°)]
mI - m°I = RT[ln (PXI/P°)] = RTln[XIf] = RTlnaI
• Tale definizione è il punto di partenza di tutte le trattazioni che
richiedano l’uso dei potenziali chimici. Attenti ai simboli!!!
• La definizione di soluzione ideale, espressa in funzione di un
equilibrio liquido-vapore, o solido-vapore, viene espressa in base
alla legge di Raoult. Per le specie in fase gassosa, la tensione di
vapore corrispondente vale
Pi,g = Pi,g°Xi,cond
• Il primo termine a destra si riferisce alla tensione di vapore del
componente puro ed il secondo alla sua frazione molare in fase
condensata. Se il vapore si comporta come un gas ideale, allora
fi,g =fi,g°Xi,cond
• dove le f indicano le fugacità. Voglio far notare che questa
grandezza, quando è in equilibrio con la fase pura, non è uguale
alla fugacità standard in fase gassosa (ad 1 atm). Che dipendenza
ha la fugacità dalla composizione? LO RICORDATE? Grafico
• L’equazione di cui sopra si riduce alla legge di Raoult, se i vapori
sono equiparati ad una miscela ideale di gas ideali. Allora
m°I,g = mI,g + RT[ln (fI,g/fI,g°)]
m^I,g = m°I,g + RT[ln (f^I,g/fI,g)]
• Il termine m^ a sinistra nell’equazione è determinato alla stessa
temperatura della soluzione e al valore di tensione di vapore per
la fase condensata (che può esser diverso dal valore ad 1 atm). Se
sostituisco m°I,g nella relazione di sotto in quella di sopra, ho
• la relazione per un vapore in equilibrio con una fase ideale
condensata
mi,g =mi,g^ + RT[ln (fI,g/fI,g^)]
=mi,g^ + RT[ln XI,cond]
• All’equilibrio tra le fasi, si ha
mi,cond =mi,g =mi,g^ + RTln XI,cond =mi,cond^ + RTln XI,cond
• Ciò avviene perché il gas puro e la fase condensata pura sono
all’equilibrio alla T data, e la tensione di vapore all’equilibrio,
come anche i potenziali chimici, sono uguali. Quindi
mi,cond =mi,cond^ + RTln XI,cond
• Altre conseguenze della definizione di soluzione ideale data finora
sono qui sotto indicate. In particolare:
1. La soluzione ideale non ha variazione di volume in seguito a
mescolamento. Di questo assunto si può dimostrare la validità.
Come farlo?
• So che
(dmi/dP)T,Xj = (dmi°/dP)T = (dmi^/dP)T
• Ricordando che
(dmi/dP)T,Xj= Vmi
Vmi ^ = Vmi
• Il secondo termine è il volume molare del componente puro. Ciò
implica che il volume parziale molare di ogni componente è
uguale a quello della sostanza pura. Questo è vero se e solo se il
sistema si comporta in maniera ideale. Ed il volume iniziale totale
sarà (combinando con la relazione di cui sopra)
Viniz = n1Vm1 ^ + n2Vm2 ^
Vfin = n1Vm1 + n2Vm2
DV = 0
• Il sistema ideale è isocoro quando passa da stato iniziale a finale;
senza variazioni di volume.
•
•
•
•
•
•
2. La soluzione ideale è atermica.
Le basi di questo comportamento traggono origine da
considerazioni di tipo termodinamico-statistico.
Si può testare la validità dell’assunto a partire dalla relazione
[d(mi/T)/dT)P,Xi = [d(mi°/T)/dT]P = [d(mi^/T)/dT)P
Sappiamo anche che
[d(mi/T)/dT)P,Xi = -Hm,i/T^2
dove
Hm,i = Hm,i^
Ed il termine a destra è l’entalpia molare del componente i puro.
Prima del mescolamento
Hiniz = n1Hm1^ + n2Hm2^
•
Dopo, invece,
Hfin = n1Hm1 + n2Hm2
• Il risultato del processo di mescolamento è
DHmisc = Hfin -Hin = n1Hm1 + n2Hm2 - n1Hm1^ - n2Hm2^ = 0
• Una conseguenza di questo fatto è che i calori specifici parziali
molari, a destra, risultano uguali a quelli molari.
• Questa seconda conseguenza, di tipo termodinamico-statistico,
viene razionalizzata in base al modello a celle. In ogni cella c’è
una molecola che esercita un campo di forze su quelle adiacenti,
tramite una serie di interazioni a coppia. (Ricordate Langmuir?).
• Il volume di miscelamento è nullo, cioè che non c’è espansione o
contrazione delle celle.
• Se è vera la relazione di cui sopra, allora, non c’è effetto termico
netto nel sostituire una molecola del componente 1 con una del
secondo.
• E’ come dire che l’entalpia di interazione tra specie 1-1 o 2-2 è
uguale a quella tra specie 1-2. Questa è la seconda proprietà di
un sistema ideale.
• Ricapitolando:
Un sistema ideale è isocoro ed atermico.
• Questo comporta che la variazione di energia del sistema è
ascrivibile a forze dispersive, cioè all’entropia di mescolamento
ed/o di trasferimento. In soluzioni ideali, dunque,
DGmisc = Gfin -Gin = - T(n1Sm1 + n2Sm2)
• Se ricordate bene, ed alla vostra età dovreste avere una
memoria da elefante, eravamo giunti a conclusioni simili nel
caso di miscele di gas ideali.
• Le considerazioni fatte sui sistemi all’equilibrio in miscele
gassose ideali, sono trasferibili a quelle che hanno luogo in fasi
condensate ideali.
• Sembra un paradosso, se si considera che i campi di forze nei
due sistemi sono molto diversi per quanto riguarda la distanza
media tra le molecole, ma è così. Sapreste dare una spiegazione
plausibile? Ricordate Langmuir?
• Il trasferimento di materia da un sistema ad un altro può essere
schematizzato secondo la relazione
iA = iA’
• Per la variazione di energia libera, vale la
dGm = mi’dn1 - midn1 = (mi’-mi)dn1
(dGm/dn1)T,P,Xi = (mi’-mi)
DGm = ∫(dGm/dn1)T,P,Xi dn1 = ∫(mi’-mi) dn1
• dove l’integrazione va fatta tra zero ed uno. Allora,
DGm =(mi’-mi)
= mi° + RT ln X’ - (mi° + RT ln X) = RTln(X’/X)
• Come già visto in precedenza, gli effetti entalpici e di volume sono
nulli; quindi, vale la relazione
DSm = - (dDGm /dT) = - R ln(X’/X)
• Considerazioni analoghe valgono per i processi di mescolamento.
Infatti, data la relazione m1 = m1° + RTln X1, scrivo
DG = n1m1 +n2m2 - n1m1^ - n2m2^
= n1(m1° + RTln X1 - m1^) + n2(m2° + RTln X2 - m2^)
= n1RTln X1 + n2RTln X2
• Perché?
• La variazione di energia libera molare, riferita a n1+n2 moli, vale
DGmol= [n1RTln X1 + n2RTln X2]/(n1+n2 )
= RT [X1lnX1 + X2lnX2]
DSmol= -R[X1lnX1 + X2lnX2] = -R[X1lnX1 +(1-X1)ln(1-X1)]
• Che è equivalente a quanto già visto in miscele gassose.
• Queste relazioni sono importanti perché il sistema ideale è un
sistema di riferimento. Lo vedrete nel caso di miscele in eccesso.
• Altre applicazioni delle Soluzioni ideali.
• Solubilità e quantità ad essa legate.
• Il comportamento è simile a quello visto per una ripartizione tra
fasi. Le fasi in cui si ripartisce la specie solida e soluzione.
• La solubilità è proporzionale all’energia libera di trasferimento
solido-soluzione, cioè a (mi,solid-mi,soluz)/RT.
• Variazione della solubilità con la temperatura.
• Parto dalla relazione (Attenzione! C’è qualcosa che non va?)
(dmsolido/dT)PdT = (dmsoluz.sat/dT)P,X2dT + (dmsoluz.sat/dX2)P,TdX2
• Le derivate rispetto a T sono le rispettive entropie, mentre
(dmsoluz.sat/dX2) = RT/X2
• Combinando
(dlnX2/dT)P = DHf,2/RT^2
• Nel passare da soluzioni ideali a non, un primo stadio riguarda
sistemi “moderatamente” non ideali, in cui il campo di forze
attorno ad una molecola è facilmente razionalizzabile sulla base di
assunti semplici.
•Inizio con la legge di Henry. E’ valida se il vapore è in equilibrio
con la fase condensata. In tale condizione,
m2,cond = m2,gas
• Varrà la definizione “A temperatura costante la fugacità di un
soluto in fase gassosa è proporzionale alla sua frazione molare in
fase condensata”. Ossia,
f2,gas = K2X2,cond
• La definizione si riferiva originariamente alla tensione di vapore,
non alla fugacità, ma va bene lo stesso. (Perché?)
• L’accuratezza migliora al decrescere della concentrazione. E
lim X2 0 f2,gas/X2,cond = K2
• La differenza con quella di Raoult deriva dalla costante di
proporzionalità. Per la legge di Raoult f°2,gas si riferisce al
soluto puro, ed è diversa da quella di Henry, cioè f°2,gas ≠ K2.
• Questo può esser visto nel grafico in pagina seguente, dove le
due funzioni convergono a basse concentrazioni. Se ci fosse un
soluto ideale, si conformerebbe alla legge di Raoult.
L’andamento osservato è diverso da questa predizione tranne
che ad alte concentrazioni.
• Se una soluzione obbedisce alla legge di Henry, allora
m2 = m2,gas = m°2,gas + RT ln (f2,gas/f°gas) =
m°2,gas + RT ln (K2X2/f°gas) = m°2,gas + RT ln (K2/f°gas) + RT lnX2
Raoult
f2,g
f°2,g
Sistema reale
Henry
X2,cond
• I primi due termini a destra nell’equazione possono essere definiti
come m2°, e
m2 = m°2 + RT ln (X2)
• Lo stato standard è uno stato ipotetico a frazione molare unitaria
di soluto, calcolato al punto di estrapolazione del valore previsto
da Henry per X2 =1, vedi figura precedente.
• La legge di Henry vale per soluzioni diluite, quindi la frazione
molare può essere sostituita dalla concentrazione. Infatti,
X2 = n2/(n1+n2) ≈ n2/n1
• Allora
f2,gas = K2’(n2/n1) = K2’(m2/m°2) (m è in molalità)
• A questo punto posso introdurre la legge di Raoult, che è
complementare a quella di Henry. Se il soluto si conforma alla
prima, il solvente lo farà alla seconda. Per capirlo si può partire
dall’equazione di Gibbs-Duhem. Infatti, se
•
•
•
•
•
•
n2dm2 + n1dm1 = 0
(n2/n2+n1)dm2 + (n1/n2+n1)dm1 = X2dm2 + X1dm1 = 0
X2(dm2/dX2) + X1(dm1/dX1) = 0
N.B. In un sistema binario dX2 = - dX1.
Se è vera la relazione di cui sopra
(dm2/dlnX2)T,P = (dm1/dlnX1)T,P
Ma (dm2/dlnX2)T,P = RT. Questa relazione, integrata in dlnX darà
∫(dm1/dlnX1)T,PdlnX1= RT ∫dlnX1
In cui la costante d’integrazione sarà m1^=m1°.
Conseguenza è che il solvente obbedisce alla legge di Raoult, il
soluto a quella di Henry. Poiché quest’ultima è una legge limite
per il soluto, anche la Raoult lo è, per il solvente. Questo implica
che
limX1 1 f1/X1 = f1^
Si può dimostrare che le due leggi sono interrelate grazie alla
• relazione di Gibbs-Duhem. Infatti se
(dm2/dlnX2)T,P = (dm1/dlnX1)T,P
Si procede per integrazione, per il soluto, e si ha
m2,g = m°2,g + RT ln (f2/f°2) = RTlnX2 +C’
lnf2 - lnX2 = C’/RT - m°2,g/RT + lnf°2,g = C”
• Da cui
f2/X2 = exp(C°) = Kost
• Che è la legge di Henry. (Quanto vale C°? E Kost?)
• Passo ora alla legge di van’t Hoff per la pressione osmotica.
Perché? L’ipotesi secondo cui tutte le fasi in equilibrio hanno
la stessa pressione non vale quando fasi a composizione
diversa sono separate da una membrana. Se la membrana è
semipermeabile, vale l’ipotesi fatta prima, purché si sia a T
costante.
• Cosa succede quando c’è solvente puro in entrambi i lati del
tubo ad U ed uno dei due sia coperto da un pistone? Il livello
dei liquidi nei due rami è lo stesso e, quindi, i potenziali
chimici lo saranno. Aggiungo attraverso un orifizio il soluto in
forma solida ed ho una soluzione da un lato e solvente
dall’altro.
• La membrana è semipermeabile, quindi il soluto rimane dov’è.
• E’ chiaro che i potenziali chimici del solvente nei due rami
sono diversi ed è minore quello con il soluto dentro (perchè?).
• Come si vede tutto ciò? Dal flusso osmotico.
• Tramite il pistone, regoliamo il flusso e controlliamo il livello
del liquido nei due rami. Se la pressione applicata è sufficiente
e maggiore della tensione di vapore P°, cosa succede?
• Come costruire una membrana permeabile al soluto? E’ una
speculazione, od un effetto reale?
• In questo nuovo stato i potenziali sono uguali e m1,A = m1,B^.
Lo stesso vale per i rispettivi differenziali.
• A T cost, m1 è funzione di P ed X2, allora
0 = dm1 = (dm1/dP)T,X2dP + (dm1/dX2)TdX2
(dm1/dP)T,X2dP = - (dm1/dX2)TdX2 A*
(dm1/dm2) = -n2/n1 = - X2/X1 B* (Da dove viene?)
• Per differenziazione a catena (ricordate?) ottengo, infine,
(dm1/dX2)T,PdX2 = (dm1/dlnX2)T,P= (dm1/dm2)T,P(dm2/dlnX2)T,P
= - (X2/X1)(dm2/dlnX2)T,P
• Dalla relazione A*, che vale Vm,1dP
Vm,1dP = - (X2/X1)(dm2/dlnX2)T,P (dX2/X2)
• Siccome
RT= (dm2/dlnX2)T,P
•
•
•
•
Vm,1dP= (RT/X1)dX2
(dP/dX2) = RT/X1Vm,1
La legge di Henry vale per soluzioni diluite. È una legge limite
per soluzioni diluite, e
dP = (RT/Vm,1)dX2
Se il volume molare, Vm,1, è indipendente dalla pressione,
∫dP = (RT/Vm,1)∫dX2
P - P° = P = (RT/Vm,1)X2 = RTC2
Che è la relazione finale. Ho usato il metodo di Sherlock
Holmes o Poirot, che è altamente scientifico.
Nota bene. Il fatto che il volume della specie 1 sia costante
vale nel limite suddetto, perché non cambia molto rispetto al
puro: siamo in regime diluito!
• Guardate con attenzione quello che ho scritto. Sto scrivendo
l’equazione di stato di un gas (?). C2 è una concentrazione
molare, infatti.
• Si può estendere il trattamento a tutte le altre proprietà
colligative. Con la stessa trattazione si può risolvere:
1. L’abbassamento crioscopico;
2. L’innalzamento ebullioscopico.
• La derivazione, in questi due casi, va fatta derivando rispetto
alla temperatura, non alla pressione.
• Vogliamo vederla, in almeno un caso?
Perché faccio tutto questo?
•Quando provo a razionalizzare il comportamento di soluzioni in
tutto l’intervallo di composizione, a meno che si trattino soluzioni
ideali, ho problemi a trovare relazioni univoche tra comportamento
delle soluzioni e composizione nell’intero intervallo di
composizioni indagato.
•L’ipotesi di Lewis di legare la fugacità ai potenziali chimici di gas
reali, e la sua proposta di introdurre il coefficiente di attività, non
ha portato a relazioni lineari ed univoche tra potenziali chimici e
logaritmo dell’attività stessa. Ma è usata, per alcuni buoni motivi.
•L’ipotesi di partenza, cui Lewis fà riferimento, esprime l’attività in
funzione della frazione molare, Xi, o della molalità, ad essa
collegata. (Perché la molalità?)
• Le interazioni soluto-solvente sono collegate all’attività.
• Il motivo per cui i coefficienti d’attività non possono esser
predetti nasce dal fatto che le interazioni soluto-solvente
dipendono da composizione e dalle forze (quali?) attive tra i
componenti secondo regole non perfettamente chiare.
• Un’alternativa al’uso dell’attività di soluti e solventi fà
riferimento alle proprietà in eccesso. Questa, però, è una
trattazione fenomenologica.
• Vediamo come fare, partendo dalla definizione di attività.
Basta combinare la forma generale del potenziale chimico con
qualche relazione che definisca il concetto di attività. Di
norma,
mi = mi° + RTlnai
• dove limX1=1 A1/X1 = 1, oppure limX2=0 A2/X2 = 1, od anche
limm2=0 A2/(m2/m2°)= 1. A cosa si riferiscono?
• Due si riferiscono a frazioni molari, una alla scala delle molalità,
due riguardano il soluto ed una il solvente. Ciò vuol dire che il
sistema di riferimento nei tre casi è diverso.
• Dal potenziale chimico, definisco il coefficiente d’attività come
gi = ai/Xi
mi = mi° + RTlnai mi = mi° + RTlnXi + RTlngi
• Che significato attribuirgli? E’ possibile evidenziarlo?
• Guardate il grafico successivo e scoprirete il significato di gi.
• È un termine di correzione della legge di scala (?).
• Rappresenta la quantità d’energia in eccesso, od in difetto,
rispetto al comportamento dettato dalla legge ideale.
• RTlngi è un termine di energia che bisogna aggiungere alle
equazioni per equiparare il sistema al comportamento ideale.
Dove sta mi°?
mi
da
Da dove viene il grafico?
C’è qualche errore?
ln Xi
•mi° è il limite della
funzione (dove?)
•Il coefficiente angolare
vale RT.
•I punti in tre colori
indicano quali possano
essere, per una data
frazione molare,
i coefficienti d’attività.
gi è sempre > 0.
Può essere ≥1 (quando?)
Ma anche ≤ 1 (in rosso).
• La deviazione dalla legge di Henry, espressa in frazione molare, è
descritta dal coefficiente d’attività.
• mi è determinabile. Il suo valore è in relazione con mi°, con la
scala di concentrazione scelta e con gli stati standard utilizzati.
• gi è adimensionale, o no. Dipende dalla scala di concentrazione
usata. E’ essenziale, però, che l’attività sia adimensionale. Cosa
succederebbe se non lo fosse?
• Ancora, ai° vale sempre 1, qualsiasi sia la scala usata. Non c’è
motivo di scegliere uno stato standard rispetto agli altri, se non la
mera convenienza. Tuttavia, è bene uniformarsi a certe regole.
• Per i gas ai = fi/fi° e lo stato standard di un gas è definito quando
fi è misurata ad 1 bar, lungo una linea estrapolante, a bassa P.
• Per solidi e liquidi puri scelgo lo stato standard, a T data ed 1
bar. L’attività di solidi e liquidi puri vale 1 ad ogni temperatura.
• Per un solvente in soluzione.
• Si definisce lo stato della sostanza pura alla T a cui si trova la
soluzione ed alla pressione di vapore all’equilibrio per il
componente che opera da solvente.
• Il potenziale chimico standard del solvente in soluzione sarà
mi° (del solvente) = mi° (del liquido puro) + ∫VmdP
• Che va integrata tra P° e P*. Quest’ultimo è la tensione di vapore
del liquido puro alla temperatura d’esercizio. La tensione di
vapore del solvente puro è unitaria alla tensione di vapore dello
stesso, e la sua attività vale 1 ad 1 bar. Qualche conto!
• Per un soluto, lo standard è quello in cui l’attività corrisponde
alla frazione molare, secondo la legge di Henry, quando, cioè
limX2=0 A2/X2 = 1
• Estrapolando a frazione molare 1 si ottiene un valore ad attività
a2°= 1, ottenuto dalla legge di Henry.
Altre considerazioni….
• Le considerazioni fatte si applicano anche a processi reattivi
aA(aA) + bB(aB) = cC(aC) + dD(aD)
dGtot = mAdnA + mBdnB + mCdnC + mDdnD
D G m = C mC + D mD - B mB - A mA
DGm = C(mC° + RTlnaC) + D(mD° + RTlnaD)
- B(mB° + RTlnaB) - A(mA° + RTlnaA)
DGm = [CmC° + DmD° - BmB° - AmA° ]+ RTln[aCaD/aAaB]
DGm = [DG°]+ RTln[XCXD/XAXB] + RTln[gCgD/gAgB]
• Il sistema procede verso l’equilibrio se la derivata di G rispetto
all’avanzamento della reazione è (dG/dx)T,P = 0.
• All’equilibrio
[DG°]/RT= - ln Keq = - (ln[XCXD/XAXB] + ln[gCgD/gAgB])
• Esempio? La dissociazione dell’acido acetico, che misurate in
laboratorio.
• Dipendenza dalla temperatura.
• Per le entalpie parziali molari di solidi e liquidi puri,
l’entalpia standard è il valore della sostanza indicata a T ed 1
bar.
• Per solventi Hm,1 (stato standard) = Hm,1°.
• Per soluti lo stato standard è lo stato alla frazione molare
ipotetica della soluzione, a molalità unitaria. Ciò permette di
operare come segue (faccio il caso della molalità)
mi = mi° + RTln(mi/mi°)
• Da cui
[d(mi/T)/dT]P,m2 = - Hm/T^2
• Questo permette di calcolare la derivata del coefficiente di
attività per ogni temperatura grazie alla relazione
- Hm/T^2 = - Hm°/T^2 + R(dlnai/dT)P,mi
(dlnai/dT)P,mi = -DHm/RT^2
• Come si misura il coefficiente di attività?
• Vediamo come si possa fare introducendo il concetto di
coefficiente osmotico pratico, F. Uso l’abbassamento
crioscopico come esempio.
• So come funziona, quindi...
• In acqua vale la relazione empirica (espressa in molalità)
F = [0.1278DT/nm][4.207 + 0.0021DT]
• Notate una cosa; il secondo termine a destra è un fattore di
correzione che vale a concentrazioni elevate (è come dire che
le soluzioni concentrate non sono ideali).
• Altrimenti
F = [0.5377DT/nm]
• dove la costante crioscopica vale (1/0.5377) cioè 1.860.
• Il coefficiente di attività si determina da
lng = (F-1)[1-(1/M°)]∫dm/m
• dove M° è il peso molecolare del solvente. Se questo è misto?
• Attenzione ai limiti di integrazione! Ripeto, attenzione.
• E per elettroliti? Vediamo il caso per elettroliti 1-1.
• La soluzione si complica perché le soluzioni di sali completamente
dissociati non sono ideali.
• Chi ce lo dice? Supponete di avere un sale che formi un reticolo
cristallino, NaCl, ad es. In questo, ogni ione è circondato da un
definito numero di ioni a carica opposta.
• Il campo di forze che tiene assieme gli ioni a formare il cristallo è
essenzialmente elettrostatico. Si può mettere in relazione la forza
dell’interazione tramite la costante di Madelung, il cui valore
numerico dipende dalla geometria del reticolo e dalla distanza tra
ioni (determinata con raggi X).
• Si calcola, così, l’energia libera reticolare. Questa è in relazione
con la temperatura di fusione.
• Non è un caso che i solidi ionici siano spesso alto-fondenti.
• Se li dissolvo?
•
1.
2.
3.
4.
•
Termodinamicamente, posso operare come segue:
Prendo il sale e lo fondo;
Lo ionizzo;
Lo porto in fase gassosa;
Lo trasferisco nel solvente. Il tutto ricorda un ciclo di Hess.
Se stimo l’energia associata al ciclo, vedo che DG è elevato
(alcune centinaia di kJ/mol).
• Com’è che si dissolve? [Primo quesito: in che mezzo, con che
costante dielettrica?]
• Com’è organizzata una soluzione elettrolitica? Mantiene
memoria del campo di forze originario? In qualche modo sì.
• Ricordate come avevo tentato di descrivere la distribuzione di
uno ione attorno ad uno di carica opposta. E’ il caso di
insistere con l’approssimazione.
• Un esempio: la bellona in discoteca. Diamogli dignità fisica.
• Se il suo potenziale erotico (Y) è notevole, si sente a distanze
abbastanza lunghe. Ricordate che i potenziali elettrici
decadono come 1/R. Lo ricavate dalla legge di Coulomb.
• La bellona attrae i maschietti assatanati e respinge le ragazze.
• Nelle immediate vicinanze della bellona c’è un eccesso di
ragazzi. Il sistema è configurato in modo peculiare. Ricordate
come si entra in discoteca? Ogni maschio pagante porta una
ragazza. Quindi il numero di ragazzi e ragazze è uguale. (E’ il
vincolo di elettroneutralità).
• Si può costruire da tutto ciò un modello fisico che obbedisca
ad una distribuzione statistica attorno alla bellona?
• Se la distribuzione non è simmetrica, ma il numero di persone
di sesso opposto è lo stesso, significa che a lunga distanza
dalla bellona il numero di maschi e femmine è all’incirca
uguale. Cioè, la perturbazione è a corto raggio. Quindi il
ruolo del potenziale erotico,Y , è di modesta entità.
• La statistica sulla distribuzione dei maschietti dice che
Nm = N°m exp-(zeY/kT)
• Direte “Lo sapevo, il prof. imbroglia. Che c’entra il kT?”
• Sapete il perchè; c’è spazio per muoversi, come le molecole in
un fluido. Il moto è regolato dal bilancio tra potenziale erotico
e termico, il cui rapporto è modesto. Altrimenti c’è il collasso.
• Per le ragazze?
Nf = N°f exp+(zeY/kT)
• Suppongo che la bellona stia ferma. Cosa ne viene fuori?
• Torno ai fondamenti, cioè ad una qualche forma della legge di
Coulomb. Vale la relazione per l’energia
W(R) = Q1Q2/4pee°R
• che scrivo in forma differenziale come
dW(R) = QdQ/4pee°R
• Allora l’energia libera richiesta per caricare lo ione è
∫dW(R) = 0Q QdQ/4pee°R = (ze)2/8pee°R
• che quantifica l’energia elettrostatica di uno ione in un mezzo
a costante dielettrica e. Viene usata per calcolare l’energia
libera di trasferimento di uno ione da un mezzo all’altro. Fate
un esercizio numerico, considerando il trasferimento di ioni
dall’aria (e = 1) all’acqua (e = 80). E’ circa 1000 kJ/mol.
• Come varia con la distanza? A distanze elevate ce ne
freghiamo della bellona. Ma a distanze modeste?
• Devo trovare il modo di vederlo. Ad esempio così.
• La densità di carica effettiva, punto per punto, è data da
r = Ze(N+ - N-)= 2N°Ze sinh(ZeY/kT)
N.B. Ricordate che
sinhX = ½ (expX - exp-X);
coshX = ½(expX + exp-X).
• L’integrale della densità di carica (da 0 ad infinito) dà la carica
in eccesso, per area unitaria, ed è uguale in grandezza, ma
opposto in segno, a s, la densità di carica superficiale. Come si
calcola? Vale la
s = - ∫rdx
• Questa situazione rappresenta un doppio strato elettrico, uno
sulla superficie del piano, l’altro esteso in una regione diffusa.
Altra matematica!
• La densità di carica effettiva, punto per punto, è data da
r = Ze(N+ - N-)= 2N°Ze sinh(ZeY/kT) ≈ 2N°[(Ze)^2Y/kT]
N.B. Ricordate che
sinhX = ½ (expX - exp-X);
coshX = ½(expX + exp-X).
• L’integrale della densità di carica (calcolata da 0 ad infinito)
dà la carica totale in eccesso, per area unitaria. E’ uguale, ma
opposto in segno, a s, la densità di carica superficiale. Dove?
Vale la
s = - ∫rdx
• Questa situazione rappresenta un doppio strato elettrico, uno
sulla superficie del corpo, l’altro esteso in una regione diffusa.
Altra matematica, ahimè per voi.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Il teorema di Poisson correla un gradiente di campo elettrico in
un punto con la densità di carica nello stesso. Vale la
2Y = - 4pr/e
dove  2 è l’operatore ( 2/x2)) e e la costante dielettrica.
Le soluzioni all’equazione, che rappresenta la densità di carica
e la collega all’equazione di Poisson, sono dovute a:
Helmholtz;
Gouy & Chapman;
Stern;
Debye* & Huckel (vale per cariche puntiformi!);
Derjaguin & Landau*;
Verwey* & Overbeck*.
Otteniamo
2Y = (8pN°Ze/e)sinh(ZeY/kT)
• Se (ZeY/kT) << 1, l’esponenziale può essere espanso in serie
di potenze e linearizzato (vedi prima). In tal caso
2Y = (8pN°Z2e2Y/ekT) = k2Y (Che vuol dire?)
• Quando sono coinvolti ioni di varia carica
k2 = (4pe2/ekT)S i=1 niZi2
• Le dimensioni di k? L’inverso di una lunghezza.
• La soluzione dell’equazione per lo ione j-esimo è
Yj (R) = (Zje/eR)exp-kX
• ed indica come il potenziale decada con la distanza. k è legata
allo spessore dell’atmosfera ionica; il suo inverso è il raggio
dell’atmosfera ionica. Ha altri nomi.
Ancora elettrostatica.
Torniamo ai fondamenti, cioè ad una qualche forma della legge
di Coulomb per l’interazione tra cariche. Vale la relazione per
l’energia (voi la conoscete come legge di forza, ma è uguale)
W(R) = Q1Q2/4pee°R
(infatti...). La scrivo in forma differenziale come
dW(R) = QdQ/4pee°R
L’energia libera richiesta per caricare lo ione è
∫dW(R) = 0Q QdQ/4pee°R = (ze)2/8pee°R
che quantifica l’energia elettrostatica di uno ione in un mezzo a
costante dielettrica e. Essa viene usata nel calcolo dell’energia
libera di trasferimento di uno ione da un mezzo all’altro. Potete
fare un esercizio numerico, considerando il trasferimento di ioni
dall’aria all’acqua (vale circa 1000 kJ/mol).
N.B. Se guardate bene la relazione, essa è il prodotto di un
potenziale per una carica ed è esprimibile come
Q1Y = Q1Q2/4pee°R
•dove Y è il potenziale generato da tutte le altre cariche che non
sia la carica sonda.
•Come varia Y con la distanza? A distanze elevate ce ne
freghiamo: ma a distanze modeste?
•Dobbiamo trovare il modo di vederlo. Ad esempio così. Decade
come 1/R e tende asintoticamente a zero.
L’andamento, non il valore assoluto, of course,
non cambia se gli ioni hanno carica opposta.
Y
R
• La densità di carica effettiva, punto per punto, è data da
r = Ze(N+ - N-)= 2N°Ze sinh(ZeY/kT)
• N.B. Ricordate che le funzioni iperboliche sono definite come
sinhX = ½ (expX - exp-X)
coshX = ½(expX + exp-X)
C’è bisogno di altra matematica!
• L’integrale della densità di carica (calcolata da 0 ad infinito) dà
la carica totale in eccesso per area unitaria, ed è uguale in
grandezza, ma opposto in segno, a s, la densità di carica
superficiale. Dove? Vale la relazione
s = - ∫rdx
• Questa situazione rappresenta il comportamento di un doppio
strato elettrico, uno sulla superficie del corpo, l’altro in una
regione diffusa attorno a lui.
•
•
•
•
•
•
Si usa, allora, il teorema di Poisson, che correla la divergenza
del gradiente di un campo elettrico in un punto con la densità di
carica nello stesso punto. Vale la
2Y = - 4pr/e
dove  2 è l’operatore definito come 2 = Si=1(2 / i2) , dove i
è l’asse che considero, ed e è la costante dielettrica del mezzo.
Quale? Quella statica. La forma di  2 è omogenea nelle tre
dimensioni. E lo svolgimento è uguale in ogni direzione, perché
un campo radiale è isotropo. Cioè basta studiarlo lungo una
sola direzione (vedi le figure in pagina seguente).
Soluzioni all’equazione che rappresenta la densità di carica e
la unifica con l’equazione di Poisson sono dovute al contributo
di autori importanti, quali:
Gouy-Chapman e Stern: le loro teorie definiscono lo spessore
del doppio strato elettrico;
Debye & Huckel: è una teoria famosa per ioni in soluzione;
Derjaguin, Landau, Verwey ed Overbeck: hanno scritto una
teoria sulla stabilità colloidale. (Che c’entra? C’entra.)
Che vuol dire?
2 dimensioni.
1 dimensione.
3 dimensioni.
Vuol dire che il campo è radiale!
• Grazie a loro (si parla di più Nobel), otteniamo la relazione
2Y = (8pN°Ze/e)sinh(ZeY/kT)
• Se (ZeY/kT) << 1, la perturbazione è di piccola entità e
l’esponenziale può essere espanso in serie di potenze e
linearizzato (vedi prima). In tal caso
2Y = (8pN°Z2e2Y/ekT) = k2Y
• Quando sono coinvolti ioni di varia carica
k2 = (4pe2/ekT)S i=1 niZi2
• Le dimensioni di k? 1/lunghezza.
• La soluzione dell’equazione della divergenza per lo ione jesimo è data dalla relazione
Yj (R) = (Zje/eR)exp-kX
• ed indica come il potenziale decada con la distanza. k è legata
allo spessore dell’atmosfera ionica; il suo inverso è il raggio
dell’atmosfera ionica. Ha altri nomi, tipo spessore del doppio
strato elettrico; è anche detta lunghezza di screening di Debye.
• Vi ho fatto vedere la trattazione per un oggetto “grande”, una
particella colloidale; per un elettrodo in soluzione la teoria
funziona benissimo. Siccome in fisica le leggi non dipendono
dalle dimensioni dell’oggetto, essa vale anche per ioni, sia
pure con le modifiche del caso.
• Il motivo per cui ho scritto queste relazioni deriva dal fatto
che avete sviluppato la legge di Poisson nel corso di Fisica II.
• Ad esempio, Debye e Hűckel derivarono la trattazione nel caso
di ioni puntiformi in un mezzo dielettrico continuo e, secondo
loro, senza struttura (?). Ed arrivarono a conclusioni, tutto
sommato, analoghe alla presente. (Point-charge approach.)
• La relazione tra spessore del doppio strato elettrico e
correlazione tra ioni assume la forma (tralascio la trattazione
completa, perché matematicamente complessa) espressa dalla
uguaglianza
•
•
•
•
ln g+ = - A|z+z-|I^½
dove A è la costante di Debye; i termini in z nel modulo
rappresentano la valenza degli ioni in esame (la teoria si applica
anche a specie non uni-univalenti) ed I rappresenta la forza
ionica della soluzione, definita da
I = (½)∑ cizi^2
dove ci è una concentrazione e zi la valenza dello ione i-esimo.
Guardate un attimo cosa voglia dire passare da ioni 1-1, tipo
NaCl, a ioni 1-2 oppure 2-2, ad esempio a solfato di sodio, nel
primo caso, e solfato di magnesio, nel secondo. A parità di
concentrazione, alla stessa ci, la forza ionica è molto diversa e lo
stesso dicasi per il coefficiente d’attività.
La legge di Debye-Hűckel è una legge limite e vale solo per
soluzioni estremamente diluite. Per sistemi più concentrati
valgono le relazioni
ln g+ = - [A|z+z-|I^½/1+BI^½] + CI + DI^2 + E I^3 + ....
• che tengono da conto gli effetti di concentrazione, espressi come
sviluppo in serie del viriale in I^½. La trattazione completa si
deve a Guggenheim*, Bjerrum, Harned ed Owen.
• A prima vista, il risultato della teoria tiene da conto il fatto che
soluzioni di elettroliti ad alta carica sono molto meno ideali di
quelle a bassa carica. Perché? Un esempio. Nel caso del DNA,
che è un poli-elettrolita lineare, il campo di forze dato dallo ione
centrale è così intenso che gran parte dei contro-ioni sodio (tale è
la forma commerciale del DNA) sentono il campo dovuto al polielettrolita e condensano su di esso. Questo è il motivo per cui il
DNA è solo parzialmente ionizzato. Lo stesso discorso si applica
a proteine, particelle colloidali ed altro.
• Ma “pecché tanti pecché?” Sembra di assistere ad uno show di
Antonio Rezza ....
Come si misura il coefficiente di attività?
• Ho detto tramite le proprietà colligative, ma anche con metodi
iso-piestici (faccio un esempio?).
• E con misure di forza elettromotrice. Ad esempio, quando
misurate il pH (od il pI) di uno ione in soluzione, voi state
determinando non la concentrazione, bensì l’attività dello ione
da esaminare, che dipende dal controione (?). Sapete bene
che, misurando il pH (od il pI) in una soluzione, voi
determinate l’attività dello ione, non la concentrazione.
• Come fate? Aggiungete un buffer (un tampone) di forza ionica,
in modo che l’attività dello ione considerato rimanga,
approssimativamente, costante. Questo è il trucco nel caso in
cui dobbiate fare misure al variare della concentrazione della
specie che andate ad esaminare. La f.e.m. che misurate (anzi,
la sua variazione) è legata ad ai.
Applicazioni a soluzioni
• Finalmente, faccio un’analisi sui comportamenti di alcuni
sistemi che abbiano comportamenti significativi.
•Come detto in precedenza, la misura dei coefficienti di attività è
fondamentale in tutte le indagini volte allo studio di soluzioni,
siano esse gassose, liquide (comprese le amalgame a base di
mercurio) o solide (anche se sembra strano, esistono anche
soluzioni solide, come le leghe).
• Questo è possibile ove si definisca cosa s’intende per soluzione:
un sistema isotropo, per quanto riguarda la distribuzione delle
specie, in cui le proprietà termodinamiche variano regolarmente,
senza discontinuità, con la composizione.
•Per fare un esempio, le soluzioni acquose di KCl soddisfano tali
requisiti fino a che non si giunga, fissata la temperatura, alla
zona di coesistenza della fase liquida e di quella solida. In tale
intervallo le proprietà indagate (conducibilità, densità, eccetera)
•
•
•
•
sono funzione regolare della composizione.
Attenzione, che regolare non significa necessariamente lineare!
Anche sistemi che mostrino meccanismi associativi, nei quali le
specie associano e formano entità supra-molecolari, sono inclusi
nella categoria. Gli esempi sono molti e vanno dai colloidi di
associazione (miscele di detergenti o lipidi) a complessi hostguest (eteri corona e ioni), a complessi proteina-legante, ecc.
Nelle trattazioni dei coefficienti di attività, che finora ho
applicato a specie le cui dimensioni e carica non fossero
importanti, bisogna talvolta considerare le dimensioni degli
oggetti. Queste sono considerazioni di carattere non
termodinamico.
Faccio un esempio, relativo al comportamento di soluzioni di
elettroliti di piccole dimensioni, quali i cloruri di litio, sodio,
potassio, calcio, bario, europio e lantanio.
• Se cercassi di applicare in maniera acritica la legge limite dei
coefficienti di attività per questi soluti in regimi di
concentrazione “diluiti”, cioè per valori minori di 0.01 molale,
risulterebbe che sodio e potassio (univalenti) dovrebbero
comportarsi in maniera univoca.
• Altrettanto dovrebbero fare i sali di calcio e bario (bivalenti) od
anche quelli di europio e lantanio (trivalenti).
• Molto grossolanamente, le cose stanno così.
• A regimi più concentrati, compaiono differenze significative tra
i dati, che dipendono da tipo di catione. Perchè?
• Nell’ipotesi originale di Debye-Huckel, che, ricordiamolo, è
ln g+ = -A|z+z-|I^1/2
• vale soltanto la valenza dello ione, che compare nel modulo.
• Non è così. A concentrazioni finite, e per gli stessi valori di m il
sodio ha coefficiente di attività maggiore del potassio, il calcio del
bario, l’europio del lantanio.
• Ancora, l’europio ha coefficiente di attività, in modulo, maggiore
del calcio e del sodio, ecc. Non considero il caso di precipitati,
perché ho scelto specie molto solubili.
• Questo, naturalmente, non ha senso ove non si consideri la
dimensione degli ioni, il loro raggio cristallografico, o ionico, e la
densità di carica.
• Queste caratteristiche hanno effetti significativi sulle interazioni
ione/contro-ione (sulla formazione di complessi) e su quelle ionesolvente.
• Un primo effetto è dovuto alla formazione di coppie ioniche, che
implica la formazione di meccanismi interativi tra ioni solvatati.
La teoria si deve a Bjerrum e si parla di associazione outer-sphere.
• Un secondo effetto è dovuto alla formazione di aqua-complessi in
soluzione. Alcuni sono termodinamicamente stabili, altri lo sono
solo cineticamente, altri ancora sono cineticamente labili, ecc.
• Immaginiamo cosa succeda nel caso più semplice, ioni a
simmetria sferica (senza orbitali direzionali).
• In tali sistemi, c’è bisogno di far riferimento alle dimensioni degli
ioni per razionalizzare il comportamento.
• Più complicato è il caso di elettroliti deboli. Mentre, per elettroliti
forti so che g+ = g+g-, per specie solo parzialmente dissociate
debbo operare come segue e definire la concentrazione ionica
attuale. Pertanto,
g+ = a+/(m+/m°) g- = a-/(m-/m°)
g+ = [a+a- /(m+)(m-)]^1/2 (1/m°)
• Per le specie indissociate, invece,
gind = aind/(mind/m°)
a = m+/mtot = m-/mtot
• A cosa porta tale relazione nel caso si voglia determinare la
costante di equilibrio? Sono cose viste in laboratorio. Comunque
Keq = (m+m-/mind )(g+g-/gind)(1/m°)
• Suppongo di voler determinare l’attività del protone in una cella
elettrochimica che contenga acido acetico, acetato di sodio,
cloruro di sodio, in contatto con un elettrodo ad idrogeno, a
sinistra, ed un elettrodo ad Ag/AgCl, a destra. Avrò
H2(1bar), AcH, AcNa, NaCl, AgCl
• La reazione di cella è
1/2H2,g + AgCl = Ag° + HCl
• Ed il potenziale di cella sarà
E = E° - (RT/F)ln aHCl
E = E° - (RT/F)ln [(m+m-)(g+g-)/m°^2]
• Ora
AcH = H+ + Ac• Che, combinata con la costante di equilibrio, dà
E = E° - (RT/F)ln Keq[(mAcH/mH+)(mCl-/m°)((gAcHgCl-)/gAc-)]
E - E° + (RT/F)ln[(mAcH/mH+)(mCl-/m°)] = -(RT/F)lnKeq[gAcHgCl-)/gAc-]
= - (RT/F)ln Keq’
• Voi, se ricordate bene, avete fatto una trattazione analoga
utilizzando misure di mobilità (conducibilità) ionica.
• Ci sono altre applicazioni: ricordate la formazione di precipitati
poco solubili (es. AgCl) o molto solubili (NaCl).
• Sul libro guardate, in particolare, quella relativa ad NaCl, perché
il valore di attività che leggete è molto superiore ad 1!
Termodinamica delle superfici fluide.
• Perché studiare la termodinamica delle superfici fluide?
• E’ un argomento molto più vasto, articolato, ed interessante di
quanto sembri a prima vista.
• Dovrete mettere in relazione la tensione superficiale, che è
una grandezza legata all’energia libera di Gibbs, con la
composizione del sistema, oppure con la temperatura.
• Prima di vedere come procedere, vedo come applicare una
forza ad una superficie fluida, e definisco il concetto di linea
di tensione.
• Da questo deriva il termine tensione superficiale, che è il
lavoro necessario per espandere una superficie fluida.
Linee di forza?
2pR2
La forza si applica in un punto,
come un ago, o su una superficie.
In tal caso, la forza si applica
uniformemente con un pistone.
Per una linea, la forza si applica
su tutta la linea, come quando si
solleva una sbarra da un liquido
o si estrae un bicchiere dall’acqua
(la linea chiusa lo indica).
2pR
l
Come fare?
• Costruisco un oggetto che permetta di aumentare, di poco, la
superficie di un liquido. Uso la Bilancia di Torsione, configurata
con un anello di Du Noüy, in uso dagli anni 20.
• Si immerge l’anello nel liquido e si varia la superficie di contatto
con l’aria sottoponendo il tutto all’effetto della forza peso. Vedi la
figura seguente.
Cosa si bilancia, cosa si torce, e come?
• L’anello viene immerso in un liquido, e si contrappone a questo
un peso, che controbilancia quello dell’anello immerso nel
liquido (al peso dell’anello va aggiunto il peso del film liquido
che lo bagna).
Anello di du Noüy
Barra di torsione
Cavaliere
Peso
Ci sono altri metodi.
Liquido
R
Analogo meccanico (da Maxwell).
• Considerate una goccia d’acqua in aria (od in olio). La
forza non bilanciata per molecola è diretta all’interno della
soluzione; questo spiega il significato del termine “tensione”.
Sorge il quesito circa lo spessore di una superficie.
• Che succede?
•Il numero di molecole che urtano la superficie è
z = P(1/2pMRT)1/2 = 0.02 moli cm-2
• All’incirca uguale è il numero di molecole uscenti. Abbiamo
circa 1022 processi cm-2 s-1. Bisogna anche considerare la
diffusione delle molecole, D, dal liquido, che vale, circa
k2/2t = D
Il tempo di scambio è circa 1 microsecondo.
Analogo meccanico
Risultante delle forze non bilanciata.
Modello di Maxwell
Linea di tensione
mg
Risultante delle forze bilanciata!
Cosa sappiamo finora?
1.
2.
3.
4.
•
•
•
Per equilibri tra lavoro superficiale ed espansione c’è l’eq.
Young-Laplace (la ricordate?);
Definisco l’esistenza dell’interfase;
Vedo come essa dipenda da T.
Introduco il concetto di fase superficiale, che è una
superficie matematica.
Sfrutto il concetto di fase superficiale.
In tal modo, la superficie è, a tutti gli effetti, una fase.
In base a cosa posso dirlo? Un esperimento semplice.
Penso per modelli
• Ho due fasi fluide in equilibrio (una può essere un gas), in un
recipiente chiuso, separate da una superficie matematica, la
fase superficiale, avente area definita.
• Il sistema è in equilibrio termico e meccanico (ricordate?).
• C’è scambio di calore e materia tra le varie fasi, ma non c’è
ingresso di materia nel sistema, che è chiuso.
• Lo scambio di materia tra fasi fluide non prevede evaporazione
né alcun effetto netto di condensazione.
• Allora?
Termodinamica delle Interfasi fluide.
A chi si applica?
1.
2.
3.
Ad un liquido in equilibrio col suo vapore;
Ad un liquido in equilibrio con un gas;
A due liquidi immiscibili (che non esistono (sic?)).
Si sfrutta il fatto che l’equilibrio termodinamico tra in fasi
fluide viene raggiunto in tempi “brevi”. Cosa vuol dire brevi?
Come si procede?
Ipotesi di partenza
Ricordo che
Lavoro = dG = gdA implica GS = g = (dG/dA)P,T
Lavorando in condizioni di reversibilità, ottengo
dQ = TdS che implica TSS dA, perchè SS = (dS/dA)
ossia TSS = (dQ/dA)
Siccome (dGS/dT) = - SS
(dg/dT)P = - SS
E, quindi,
HS = GS + TSS= g + T(dg/dT) = g + (dg/dlnT)
Siccome, nel caso di superfici, H = U + PV ~ U (perché non
c’è lavoro d’espansione), vale la
US ~ g + (dg/dlnT)
• La capacità termica superficiale, CS (è immateriale
distinguere tra CP e CV, perché non c’è effetto di volume) è
definita da
CS = (dU/dT) = (d[g + (dg/dlnT)]/dT)= 2(dg/dT) + T(d2g/dT2)
Che vuol dire?
• Che la tensione superficiale decresce con la temperatura e
raggiunge un valor nullo al punto critico (ma perché solo lì?).
• Da questa relazione si ricava, riscalando il tutto, la legge che
regola la dipendenza di g da T. Vale la relazione di Eotvos
gV2/3 = K (TC - T) avente dimensioni?
• oppure
ln (g/g°) = n ln(TC-T/TC)
• dove n ~ (11/9). Questa è un’equazione ridotta (?).
• L’energia superficiale totale, US, si ricava da
g = US (TC-T/TC)
• Pertanto, quando T ----> 0 K,
avremo
g = US
Vedi dopo
• Infatti, abbiamo visto che, per T = 0, g = US ( = g°)
• Allora, combinando,
TC – T/TC= US*/US° = (g /g°)
Altri dettagli!
Elaboro un modello per un liquido
in equilibrio col suo vapore.
Rappresento il modello
descritto in figura accanto.
Il volume totale è
Vtot = Va + Vg
L’energia interna totale è
Utot = Ua + Ub + Ug
L’entropia totale è
Stot = Sa + Sb + Sg
Il numero totale di moli è
Ntot = Na + Nb + Ng
b
g
Interfase
Gas
a
Soluzione
• Ho un numero i di componenti, che si distribuiscono tra le
varie fasi (liquido, vapore e superficie). Ci saranno i equazioni
del potenziale chimico per ogni fase. (Vedrò poi se sia davvero
così).
• Per comodità, restringo il modello a soluzioni formate da
molecole di dimensioni simili.
• Vale la relazione
dU=TdS+Si=1midni-PadVa-PbdVb+gdA+K1d(1/R1)+K2d(1/R2)
• Suppongo che K1 + K2 = 0, (con K costanti di elasticità di
curvatura). La relazione diventerà
dU = TdS + Si=1midni - PadVa - PbdVb + gdA
• Ricordando che
G = U - TS + PaVa + PbVb
dG = dU - TdS - SdT+ PadVa + VadPa + PbdVb + VbdPb
• Combino
dG = TdS + Si=1midni - PadVa - PbdVb + gdA - TdS – SdT +
PadVa + VadPa + PbdVb + VbdPb
Lavorando a P e T costanti, quindi, ottengo
dG = + Si=1midni + gdA Isoterma di Gibbs
Perché?
• Vediamo il succo dell’isoterma di Gibbs.
• All’equilibrio (dG = 0)
Si=1midni= - gdA
• L’ultima relazione, invece, rappresenta due fasi fluide separate
da una membrana di tensione g. E’ la Young-Laplace.
Per cui … (quando?)
0 = - PadVa - PbdVb + gdA
dV = 0 = dVa + dVb
(Pa - Pb)dVa = gdA
Sviluppiamo l’isoterma di Gibbs.
Per integrazione e successiva ri-differenziazione risulta
G = gA + Si=1midni
dG = gdA + Adg + Si=1midni i+ Si=1nidmi
Adg = - Si=1nidmi
dg = - (1/A) Si=1nidmi
dg = - (1/A) Si=1ni[RTdlnai]
dg = - Si=1Gi[RTdlnai]
Che significato attribuirgli? E chi è Gi?
E, soprattutto, quando si applica?
Vediamolo….
Ancora l’isoterma di Gibbs.
a
s
b
All’equilibrio
mi,a = mi,s = mi,b
Se compio del lavoro in una
delle fasi, questo comporta un
flusso di materia per ogni
componente.
Al lavoro in fase superficiale
associo un gradiente di
potenziale chimico per area,
cioè
dg = - (1/A)Si=1nidmi
• E’ formalmente irrilevante considerare come fase che
scambia materia la fase fluida od il gas sovrastante; per
entrambe si può scrivere un’equazione per il potenziale
chimico della specie i.
Altre considerazioni.
Riscrivendo l’equazione come
dg = - Si=1 (ni /A) dmi= - Si=1 Gi,s dmi
dove Gi,s è il numero di molecole del componente i-esimo in fase
superficiale (dimensioni molecole per unità di superficie).
Ho in mano altre possibilità.
Quali?
Fare una stima della composizione superficiale rispetto alla
fase massiva.
Come? Thanks Miss Pockels….
Concentrazione superficiale in eccesso.
Ricordate come avevo provato a definire la fase superficiale?
Cosa rappresenta la
figura qui accanto?
Un esempio. Provate a
leggerlo!
Locazione dell’interfase.
La scelta è arbitraria (?).
Frontiere?
Un’altra precisazione da fare!
La linea nera è la frontiera,
quella in blu un’abitudine di
tipo alimentare, quella in
rosso un’altra. L’area sottesa
tra i punti A, B e C è l’area
Vapore occupata dalla specie rossa
in eccesso rispetto ad A;
Nello stesso tempo l’area
occupata dalla linea blu ….
Interfase
Soluzione
A
B
C
Che cos’è G2?
Un operatore? (sic!).
Sono finezze termodinamiche, od anche la
termodinamica classica usa operatori?
Se sì, perché?
Che dimensioni ha?
Il suo inverso è, sembra strano, una grandezza
parziale molare.
Alcuni esempi.
Come si visualizza.
Approssimazioni usate.
Significato fisico dell’isoterma di Gibbs.
Soluzioni di elettroliti.
Soluzioni di non elettroliti.
Soluzioni di aminoacidi (non solo a-aminoacidi).
Soluzioni di detergenti ed (in parte) di lipidi.
Solventi non acquosi, ad es. il mercurio.
Il paradosso di K.J. Mysels.
371
Proprietà di Trasporto
Trasporto? O trasferimento?
A QUALI GRANDEZZE FISICHE MI RIFERISCO?
PERCHE’ SI POSSONO TRASPORTARE O TRASFERIRE?
Da dove a dove?
(N.B. Parlo sempre di trasferimento netto).
• Da un punto all’altro in un sistema posso trasferire
grandezze estensive, quali:
Carica, sotto l’azione di un potenziale elettrico;
Calore, in presenza di un gradiente termico;
Materia, in presenza di un gradiente di concentrazione
(altrimenti si ha moto browniano, guidato da fluttuazioni
termiche casuali, o stocastiche);
4. Quantità di moto, da un oggetto più veloce in moto ad
uno più lento. Si ha nei gas e nei liquidi.
SI INSTAURA L’EFFETTO SOLO IN PRESENZA DI UN
GRADIENTE (?), CHE FUNGE DA FORZA MOTRICE.
1.
2.
3.
Q
T1>T2
T2
Es. Legge di Newton
per il raffreddamento.
Allora?
• Una proprietà di trasporto è definita come TR, ed è
esprimibile secondo la relazione generalizzata
TR = (Proprietà estensiva)*(Proprietà intensiva)
TR = Q*Y Che vuol dire??
• Ad esempio, non c’è trasporto, o flusso, di corrente
elettrica in assenza di un potenziale elettrico applicato.
C’è moto casuale (rumore di fondo) di ioni od elettroni,
che è senza traccia (a risultante nulla). Chi lo dimostra?
• La Termodinamica (il secondo principio).
• Ad uno degli effetti di trasporto se ne può associare un
altro: ho così effetti termo-elettrici, elettro-viscosi, termodiffusivi, ecc.
Esempio basato sui potenziali chimici:
A T costante, tra due fasi vale l’eguaglianza
mi,A = mi,B
Quando TA  TB , allora mi,A  mi,B .
Quindi, gradienti termici attivano il trasferimento di materia,
inducendo l’istaurarsi di un gradiente di potenziale chimico.
Uso il disegno.
Vi torna?
Dm  0
DT  0
Un esempio semplice.
• Avete due recipienti a contatto tra loro ed in condizioni di
equilibrio termico (DT=0) e termodinamico (Dmi = 0).
• Ne scaldate uno (cosicchè DT0).
• Cosa succede ai mi?
• Siete sicuri che avvenga davvero così?
• Provate a derivare (mi/T).
• Lo avevate già fatto nel caso di variazioni del prodotto di
solubilità con la temperatura.
Come le chiamo?
1.
Il trasferimento di Carica si chiama conducibilità
elettrica, o ionica (per soluzioni elettrolitiche);
2. Il trasferimento di Calore è la conducibilità termica;
3. Il trasferimento di Materia si chiama diffusione. Ha
vincoli aggiuntivi nel caso di specie cariche;
4. L’effetto associato al gradiente di Quantità di moto si
dice viscosità.
(Per questa vi farò l’esempio di Feynman).
Cos’è la viscosità?
• Dico che la viscosità è una proprietà di trasporto.
• Col nome mi riferisco ad una categoria di processi non
all’equilibrio .
• Cioè a processi che comportano dissipazione di energia, ai
quali è inevitabilmente associato un flusso (quindi un
trasferimento, od un trasporto) di qualcosa.
Viscosità.
• Il modello da cui parto si riferisce al flusso laminare (?) di un
fluido incomprimibile (?).
• Ne ho un esempio quando muovo un mazzo di carte. Le carte
non muovono solidarmente. Perché?
Modello fisico elementare.
• Sulla carta superiore, di area A, applico una forza F diretta
lungo l’asse X. Questo impartisce alla prima carta una cetra
velocità lungo tale asse. C’è, però, un effetto sugli strati
adiacenti.
• Questi non muovono con la stessa velocità del primo.
Equazione di Newton; forma semplice.
(F/A) = h(dvx/dy)
dove h è la viscosità. I fluidi sono Newtoniani se h è
costante;vedrete che non è sempre così.
(F/A)
Perché tante funzioni?
Secondo Eraclito
“Panta rhi!”
(dvx/dy)
Quindi Reologia.
Esempi ragionati
Scrivo l’equazione in forma generalizzata
(F/A) = h(dvx/dy)a  K
a è costante e sempre > 0. Se è uguale ad 1, e K è nulla,
torno all’equazione di Newton.
Ciò succede solo se
K=0
Se il gradiente di velocità è costante?
Se il gradiente di velocità, (dvx/dy), è nullo?
Se l’esponente a è diverso da 1?
A chi si applica?
Si applica
•
A liquidi puri e soluzioni (decresce con T);
•
Ai gas (aumenta con T (Perché ?));
•
A fusi (lava, metalli, etc.) e vetri (sicuro!).
Non si applica ai solidi.
•
Attenzione, però. Se applico una forza ad un solido lo
deformo elasticamente, se la applico ad un fluido lo
faccio fluire.
•
Ho deformazione elastica oppure flusso viscoso.
•
E’ possibile avere entrambe? SI
• La distinzione non è netta, perché i solidi, ad es. la sabbia,
possono fluire nella clessidra. Dipende l’effetto dalle
dimensioni del sistema?
NO, vale l’esempio di P.G. De Gennes*.
• Il fluido è tale solo per bassi gradienti di velocità, se
(dvx/dy) è piccolo. Però, non lanciate il vostro aereo contro
l’acqua: vi spiaccichereste.
• Ciò fa pensare che essa, sottoposta a sforzi applicati notevoli,
si comporti più come un solido che come un fluido.
“Nuts”, direbbero gli americani. NO!
Si parla di visco-elasticità, quando un corpo, a seconda del
gradiente di velocità cui viene sottoposto, si comporta come un
fluido oppure come un solido.
Ci sono esperimenti al riguardo? Quali? C’è anche una teoria,
che non tratterò.
• Torno all’equazione di Newton, espressa in forma semplice, e la
riscrivo come
(F/A)(dvx/dy) = h(dvx/dy)2
• La trasformo, ricordando che
(dvx/dy) = (d/dt) (dx/dy)
• e che è immateriale la sequenza di derivazione. Allora
(d/dt)(Fdx/Ady) = (d/dt)(dL/dV) = (d/dt)(E/V) = h(dvx/dy)2
• Risulta che la viscosità è proporzionale, tramite il quadrato
del gradiente di velocità, alla dissipazione nel tempo
dell’energia contenuta in un certo volume di fluido.
• Un esempio lo ho quando faccio ruotare il cucchiaino in un
barattolo del miele, o nello stesso barattolo ripieno, però, di
acqua.
Cosa determino?
• Il gradiente di velocità è massimo lungo la direttrice
d’applicazione della forza e decresce con dz, fino ad
annullarsi.
• Vale l’esempio del mazzo di carte.
• Se (dvx/dz) è lineare, la velocità avrà dipendenza
quadratica dalla distanza dal punto d’applicazione.
• In tal caso le velocità avranno distribuzione parabolica,
come la velocità dell’acqua in un tubo.
Quindi…..
• Misuro la velocità di flusso di una quantità di liquido nota in
un tubo. Siete sicuri che la velocità sia massima nel centro
del capillare? Basta pensarci.
• Perché usate un viscosimetro a tre bracci? Cosa cambia con
due o tre?
• Si possono usare altri strumenti?
• Vediamone alcuni.
• Tralascio il caso del recipiente aperto, sulla cui superficie si
fa andare una tavoletta alla quale applico una forza
costante, perché non è pratico.
Alcuni
Gli viscosimetri
strumenti.
1.
Viscosimetri a capillare, di Ubbelohde o di Ostwald.
Hanno tre o due braccia;
2.
Viscosimetri a sfera cadente;
3.
A rotazione, o roto-viscosimetri a couvette;
4.
Viscosimetri di tipo cono-piatto;
5.
A vibrazione piezo-elettrica, o meccanica.
A capillare (è il più comune).
• La velocità di flusso, H (cm3 s-1), o portata, è data dall’eq.
di Pouiseille
H = (V/t) = (pPr4/8hh) (dimensioni?)
• dove V è il volume di fluido che passa nel tubo in un
tempo t, P la pressione idrostatica agli estremi di un tubo
lungo h e di raggio r. Si misura h da
h = (pPtr4/8Vh) (dimensioni?)
• Problema: come determinare R ed h.
• Voi usate il trucco della viscosità relativa. Perché? Cosa
cambia? Nulla.
Eq. Poiseuille.
•
1.
2.
In un capillare di sezione costante, raggio R ed altezza h,
un film liquido distante r dal centro (r < R) e di spessore dr
è sottoposto a tre forze, cioè:
la forza di gravità dello strato
F1=-2prhrrg
(il segno meno indica che la forza agisce dall’alto verso il
basso). r è la densità.
la forza viscosa (prodotta dalla colonnina su quella
concentrica), diretta verso il basso
F2=-2prhh(u/r)
3.
•
•
•
la forza di ritardo, esercitata dagli strati vicini alla parete
(che muovono con velocità minore).
F3=-2phh(r+ r)[(u+ u)/r]
Derivando rispetto ad r la parte in parentesi quadra,
ottengo
F3=-2phh(r r[(u/r)+ (2u/r2)r]
In regime stazionario
F1 = F2 + F3
Indico la pressione P = hrg (?); risulta
rP = hh(/r)[r(u/r)]
• Integro ed ottengo
∫∫0U∫d(du/dr)r(du/dr) (ru/r) = 0
u = [(R2-r2)/4](P/hh)
• La portata, Q, è il prodotto della velocità di flusso, u, per la
sezione del capillare, S.
• E’ uguale al volume di liquido che fluisce in un secondo.
• Allora
Q = uS =
V/t = (PR4p/4hh)-[PR4p/2*(4hh)] = (PR4p/8hh)
L’equazione ha dei limiti, cioè:
• Vale per fluidi newtoniani;
• In flusso laminare;
• In condizioni stazionarie ( a velocità costante);
• Per fluidi incomprimibili;
• Per bassi numeri di Reynolds, Re =(2Rrum/h).
Geometria a cilindri coassiali.
Il fluido è nell’intercapedine
tra i due cilindri, uno dei quali
viene fatto ruotare. Si misura
la forza attiva sull’altro.
La rotazione avviene a velocità
fissa, o variabile. In tal caso,
vario il gradiente di velocità
angolare, wr. La distribuzione
delle velocità tra i cilindri è la
stessa che nei capillari.
ESEMPIO.
In Geometria Cono-Piatto (molto usata)
F= pR2hWg
Materiali plastici sono Hookeani al disotto di un certo regime
di deformazione e Newtoniani sopra. Es.
F/A = Qg Esempio: l’asfalto! per F/A minore di un certo limite
F/A = Qg + (F/A)*
Sono detti pseudo-plastici quando F/A è uno sviluppo in serie
di potenze di (dg/dt).
Viscosità di Soluzioni.
•
•
1.
2.
3.
E’ la parte che ha più notevoli applicazioni in chimica.
Serve a determinare
le interazioni soluto-soluto e soluto-solvente in
soluzione;
dimensioni e forma di particelle colloidali;
transizioni di forma (helix-coil, ad esempio) in polimeri
e proteine.
Gli autori?
1.
2.
3.
Robinson* , Stokes*, Jones, Dole, per soluzioni
elettrolitiche;
Einstein*, Stokes*, Simha e Vand per soluzioni
colloidali. Tale teoria è legata alla diffusione. §
Flory*, Staudinger*, Mark-Houwinck per soluzioni di
polimeri.
(§ C’è legame tra proprietà di trasporto; lo vedrete.)
Da chi parto?
• Nel 1905 Einstein scrive tre articoli fondamentali; uno sulla
viscosità.
• Considera la variazione di viscosità che ci si aspetta in
soluzioni formate da particelle “grandi” rispetto alle
molecole di solvente.
• Si sapeva che la viscosità sarebbe aumentata.
• Come? E quanto?
Legge di Einstein.
Einstein usa uno sviluppo in serie della frazione in volume della
fase dispersa, f < 1, ed esprime il tutto con un’espressione
viriale. Allora
hrel = h/h° = Si=0 aifi
dove hrel è la viscosità normalizzata rispetto a quella del
solvente ed a0 = 1 (condizione di normalizzazione). I valori di
ai sono tutti > 1 e cambiano con la forma degli oggetti.
Perché?
Su che cosa si basa la teoria?
1.
Sulla forma delle particelle (supposte essere sferiche, in un
primo momento);
2. Sulla frazione di volume.
•
Ad alti valori di f le soluzioni non fluiscono più e si ha
transizione ad un solido (nel caso di sfere uniformi e
monodisperse, il valore di f necessario è 0.545 per la
formazione di cristalli e 0.74 per quella di vetri). Dipende
dal tipo di struttura che si forma.
Un esempio.
Nano-particelle di PMMA
in decalina-tetralina.
F= 0.58
PMMA è la sigla di
Polimetilmetacrilato.
Lo Sviluppo.
• Si parte da sferette di raggio r circondate da una sfera di
fluido avente raggio R>>r. Così le interazioni tra sferette
sono ridotte.
• La relazione che le esprime è
((dE/dV)/dt) = Kh°(8pr3/3 +4pR3/3)
Per le sferette ((dE/dV)/dt) = Kh°V(2+f)
Per il solvente ((dE/dV)/dt) = 2Kh°V
• Combino ed ottengo
((dE/dV)/dt)disp =
((dE/dV)/dt)solv + S ((dE/dV)/dt)part
= (1+ Nf/2)((dE/dV)/dt)solv
• Risulta
((dE/dV)/dt)disp = 2Kh°V (1+f/2)
((dE/dV)/dt)disp = 2KhV (1- f)2
• Uguaglio ed ottengo
2Kh°V (1+ f/2)= 2KhV (1- f)2
Riarrangio
(h/h°) = (1+ f/2)/ (1- f)2
= (1 + f/2)/ (1+ f  f2 ...)2
• Come varia con f?
(h/h°) = (1+ Kf + K’f2 + K”f3 +…)
• Il limite, per f che tende a zero, e se tutte le K >1, è
(h/h°) = 1+ 2.5f + termini di ordine superiore
• Questi ultimi diventano significativi solo ad alte f.
K = 2.5 per oggetti sferici; è diverso per altre forme.
Esempio con
sfere dure.
• L’equazione è una polinomiale.
• Viene espressa in funzione di f, sempre minore di 1.
• La costante a1 tiene conto della forma degli oggetti;
a2, a3, ecc, tengono conto della interazione a 2, 3 ed n corpi.
L’effetto metropolitana nelle ore di punta, in altre parole. Il
moto è correlato!
• L’interazione dipende dalla distanza, quindi dalla
concentrazione. Elevate diluizioni implicano che le
interazioni a molti corpi pesano sempre di meno.
Allora?
La polinomiale si linearizza (?) e si ottiene
hrel = 1+ a1f
hsp = hrel - 1= a1f
dove a1vale 2.5 per sferoidi, circa 7.5 per ellissoidi e
qualcosa di meno (circa 6) per discoidi. Allora
Lim f  0 hsp/f = a1
a1 è il Fattore di forma.
Cosa voglio dire?
• Particelle di forma diversa, ma in ugual volume, danno
soluzioni a viscosità diversa.
• Vediamolo, ridotto in due dimensioni.
Cilindro
Disco
Sfera
• Dipende da come muovono; esse ruotano attorno al loro
baricentro. Ma è vero che si muovono?
• Il caso di regimi concentrati.
Prova sperimentale.
Sferoide equivalente di rotazione, in giallo.
• Immaginate che ruotino tutte assieme: cosa si ha ?
Energia di attivazione.
• Sapete già cosa voglia dire barriera di potenziale?
• Su una scacchiera da dama, le pedine muovono con frequenza
e salti di lunghezza noti. La prima è definita come
n = (KBT/h) exp-(DGatt/RT)
• dove n è la frequenza dei salti a T data.
Vado avanti..
• Se c’è flusso netto in una direzione la distribuzione è distorta.
La relazione originale
n = (KBT/h) exp-(DGatt/RT)
va corretta, perché il liquido muove in direzione x con gradiente
di velocità ≠0.
• L’energia di attivazione risulta essere
DGatt /N= DGatt°/N + (a/d)(Vtxy/2)
• dove a è la lunghezza del passo, d l’altezza della
barriera di potenziale, V il volume molare del liquido
e txy la tensione tangenziale (?)
Ancora…
• Se l’energia a favore o contro flusso è diversa, anche le
frequenze lo saranno. (Esempio).
• Allora
n+= (KBT/h) exp-(DGatt/RT) exp+(a/d)(Vtxy/2)
n-= (KBT/h) exp-(DGatt/RT) exp-(a/d)(Vtxy/2)
• La differenza tra le due sarà
n+- n- = (KBT/h)exp-(DGatt/RT)*
[exp+(a/d)(Vtxy/2)- exp-(a/d)(Vtxy/2)]
Risultato.
• La differenza tra termini esponenziali (ricordate?) è il gradiente
di velocità in tale direzione. Se la differenza tra i due è piccola,
[(a/d)(n+- n-) ]2sinh[a/d)(Vtxy/2) ]exp-(DGatt/RT)*
• Quindi la viscosità è la differenza di velocità (?) tra due strati, e
h = (d/a)^2 (Nh/V) exp-(DGatt/RT)
• che riscrivo come
h = h° exp-(DGatt/RT)
Conducibilità Ionica
Ipotesi di lavoro.
1. Le soluzioni elettrolitiche sono conduttori ohmici (?);
2. Le misure si fanno in alternata, per evitare polarizzazione
degli elettrodi ed, eventualmente, elettrolisi;
3. Il passaggio di carica ha le dimensioni di un flusso attraverso
una superficie (analogia con diffusione, viscosità, ecc.).
•
Vale la relazione
(1/A)(V/R) = (I/A) = J (flusso di carica, quindi J = (1/A)(q/t))
•
che trasformo in
(I/A) = J = F Si=1 civizi
dove ??
• La relazione è additiva in concentrazione e carica.
• E le velocità di moto? Sono differenti da ione a ione o no?
• Vediamo cosa succede se il flusso avviene in presenza di un
campo elettrico X (dimensioni?).
• Risulta
(J/X) = F Si=1 ci(vi/X)zi
• Vi ricordo che la conducibilità, c, è definita come
(J/X) = c
• Risulta
c = (J/X) = F Si=1 ci(mi)zi
dove il termine a destra rappresenta la mobilità degli
ioni in soluzione, cioè mi = vi/X. Non è più una velocità.
Non tutti gli ioni hanno la stessa mobilità.
• Questa è regolata, infatti, dal rapporto carica/volume. Un
esempio si ha se considerate gli ioni come sfere cariche,
di raggio variabile.
• Cambia anche la densità di carica superficiale, cioè può
variare l’attrazione reciproca, o col solvente.
Es. NaCl o KCl. Allora
CNa = CCl (per il vincolo di elettroneutralità)
|zNa| = |zCl| (le cariche sono eguali in modulo)
Pertanto, usando la relazione già vista
c = (J/X) = F Si=1 ci(mi)zi
Sviluppo ed ottengo
c = Fcz Si=1(mi)
Per vedere se la conducibilità sia funzione, o meno, della
mobilità, basta normalizzare la funzione di cui sopra per la
concentrazione ed ottenere, così, la conducibilità equivalente.
Vale la
 = 103(c/c)
Allora, che succede?
Dimensioni e relativa analisi.
Valgono le seguenti relazioni
Rl2 = rl
1 = rc
(Wcm)-1 = c
 = 1000(Wcm)-1/(eq cm-3) = S cm2 eq-1
con S in siemens. Ci si può arrivare dalla Legge di Ohm, da
(V/J).
Definizione:
La conducibilità equivalente è il flusso di equivalenti che
attraversa una superficie unitaria sotto l’effetto di un campo
elettrico unitario.
Altre considerazioni
1.
2.
3.
4.
•
Il moto ionico (la mobilità) ha risultante non nulla solo in
presenza del campo elettrico applicato; altrimenti è senza
traccia.
La conducibilità è legata al trasporto di carica in
presenza di un campo elettrico unitario (dimensioni Volt
per unità di linea).
Non c’è trasformazione chimica,né é prevista elettrolisi.
Il solvente è considerato un dielettrico senza struttura ed
un continuo idrodinamico. Che vuol dire?
Ci sono differenze sostanziali se si lavora in c.c. o c.a.?
• La resistenza al moto ionico è ascrivibile alla viscosità del
mezzo solvente, che la modula.
• Un esempio: la relazione che porta alla regola di Walden.
Vale l’uguaglianza
°h° = K
La derivo rispetto a T.
So come h° varia con la temperatura, quindi è banale.
• Ci sono altri effetti che modulano la conducibilità; quelli
elettro-foretici e di rilassamento sono i più importanti.
Alcune conseguenze.
• Perché l’area ha a che fare con la costante di cella?
• Perché il flusso è lineare col campo?
• Vediamolo con un’approssimazione viriale.
J = A° + Si=1 BiXi
• A bassi campi si hanno bassi voltaggi per unità di linea. In
tali condizioni il flusso di carica si linearizza.
• In assenza di campi non c’è flusso, quindi 0 = A°.
• Esplicito la linearità del flusso a bassi campi.
• J, allora, è il flusso di carica che attraversa la
superficie in un secondo.
• Perché uso una perturbazione lineare?
• Un esempio ragionato (vedi la teoria di Langevin).
Il flusso di carica è equiparato ad una densità di corrente.
Combinando
zFJ = zFB1X cioè J = B1X
I = cost X
(I/X) = cost = conducibilità specifica = c
 = (DV/l)
A = area dell’elettrodo
(I/A) = J = cost X = c(DV/l)
Riarrangiando, ottengo
(l/A)(1/c) = (DV/I) = R
Cioè, le soluzioni elettrolitiche sono conduttori ohmici.
Perché in alternata?
Ricordate che
Z = (Rsol + Reattanzasol) = ( R + XL + XC)
La parte reattiva dipende dalla frequenza
REATTANZA = XL + XC
Come fare?
• Metodi a ponte; bilancio le differenze di potenziale che
insistono su un ramo del circuito.
• Devo costruire uno strumento che lo permetta. Non è la prima
volta che lo faccio! Ricordate il metodo di Poggendorf?
• A seconda che si operi in continua od in alternata, uso metodi
a ponte, quelli di Wheatstone (c.c.), o di Kohlrausch,
rispettivamente.
• Come funzionano? Vedi schema.
Metodi a ponte: generalità.
V
Generatore
di tensione.
Resistenza, od
impedenza.
Galvanometro, o
strumento di 0.
V
Flusso di corrente.
Ci sono altre geometrie.
Una possibile.
Come funziona?
• C’è un solo generatore di tensione.
• Negli altri rami non c’è generatore: questo non vuol dire che
non passi corrente nel ramo in esame!
• Quell’insieme di fili e resistenze può essere semplificato grazie
al principio delle maglie indipendenti.
Così!
c
2
1
B
b
d
3
4
a
0
C
A
V
In A c’è una sorgente di d.d.p., in B e C no!
Ecco come!
• Nella maglia A, vale la relazione
d.d.p. = +I0(Z0 +Z4 + Z3)-I1(Z4) –I2(Z3)
• Nella maglia B, vale la
0 = +I1(Z1 +Z4 + ZG) –I2(ZG) - I0(Z4)
• Nella maglia C, vale la
0 = +I2(Z2 +Z3 + ZG) –I1(ZG) - I0(Z3)
Questa è una matrice 3*3 che si semplifica.
Matrice (sulle maglie)
d.d.p. = +I0(Z0 +Z4 + Z3) - I1(Z4) - I2(Z3)
0 = - I0(Z4) +I1(Z1 +Z4 + ZG) - I2(ZG)
0 = - I0(Z3) - I1(ZG) +I2(Z2 +Z3 + ZG)
Se la diagonalizzo, ottengo la matrice
I1(Z1 +Z4 + ZG) - I2(ZG)
- I1(ZG)
I2(Z2 +Z3 + ZG)
Che vale zero. Se il sistema è bilanciato, allora
I1(Z1 +Z4 + ZG) = I2(Z2 +Z3 + ZG)
In ZG non passa corrente!
• Se non passa corrente nel rivelatore, la d.d.p. ai capi è
nulla; l’intensità in c-b è uguale a quella in b-d, e lo stesso
tra c-a ed a-d.
• Allora I1Z1 = I3Z3; I2Z2 = I4Z4 ;divido,
I1Z1/I2Z2 = I3Z3/I4Z4
Ricordo che
I1= I2 =I3 =I4
Risulta Z1/Z2 = Z3/Z4
Metodi a ponte.
• Resistenze;
• Capacità (es. costanti dielettriche);
• Induttanze (es. bobine NMR);
• Loro combinazioni (RC, LC, RL, RLC).
• Opero in continua od in alternata; basta sostituire R con Z.
• Il voltaggio é periodico in alternata.
Diffusione.
• Ho definito la diffusione come quantità di trasporto
associata al flusso di materia. Il flusso è regolato da un
gradiente di concentrazione, di potenziale chimico.
• E’ possibile misurare il coefficiente di diffusione di un liquido
puro, ad es. l’acqua. Ma dov’è il gradiente di potenziale
chimico? Ci sono fluttuazioni continue di T e P anche in
liquidi puri, quindi gradienti istantanei di concentrazione.
• E’ possibile misurare il coefficiente di diffusione di un gas.
Un esempio.
Un esempio.
• Diffusione di gas in un tubo ripieno di silice secca, su cui
ho fatto adsorbire un indicatore acido-base.
NH3
HCl
• I gas muovono contro un gradiente di concentrazione. Ad
un certo punto si incontrano.
• Dove? A che distanza dal centro? In che tempi?
Perché?
• La distribuzione delle specie tende ad essere uniforme in
una miscela, per il II principio. Ma in sistemi uniformi, ad
uno o più componenti? Vuol dire che il mescolamento è
incompleto? NO.
• Sapete che in termodinamica classica ho fluttuazioni
attorno ad un valore all’equilibrio. E i moti termici
esistono sempre !
• In presenza di urti elastici tra molecole, queste cambiano
continuamente posizione e direzione.
• Il moto ubbidisce ad un modello a celle.
Schemino.
• Il fluido è confinato tra due pareti di area unitaria A, in blu
scuro.
Coperchio apribile
• Una parete è vincolata , l’altra chiusa. La sostanza che
diffonde è sistemata tra le due aree in blu. Il tubo è un cilindro
di sezione costante, termostatato. Se apro il coperchio?
C’è una ratio?
Q è la quantità di materia che passa attraverso A nel
tubo; il modo in cui il rapporto Q/A varia è un flusso di
materia, definito da
J = d(Q/A)/dt
Può esser costante o no. La quantità di materia che attraversa
l’area in un intervallo di tempo Dt é
Q = AJDt
• La relazione che lega il flusso al gradiente di concentrazione è
data dalla Prima Legge di Fick.
Forma funzionale.
J = -D(dc/dx)
Dimensioni di D? m2 s-1, oppure cm2 s-1
• Invece di una barriera di spessore nullo, consideriamo
una variazione di concentrazione che ha luogo in una
zona di sezione A e spessore Dx. Come se nella figura sopra
facessimo muovere la sostanza in entrambe le
direzioni. Una variazione nella quantità di materiale
in tale zona è uguale alla quantità che entra, meno
quella che esce. Quindi,
DQ = Qin - Qout = (Jin - Jout)ADt
E’ il prodotto del volume per la variazione di concentrazione.
Infatti
DQ = A Dx Dc
Allora
(Jin - Jout) ADt = A Dx Dc
Ricordando la Prima legge di Fick, ottengo
-D[(dc/dx)x=0- (dc/dx)x=Dx]/Dx
= D[D(dc/dx)]/Dx= Dc/Dx
Definisco la Seconda legge di Fick come
(dc/dt)= D(d2c/dx2)
Che vuol dire?
• La relazione è un’equazione differenziale, la cui soluzione
descrive come varia nello spazio e nel tempo la composizione.
• La soluzione dipende dalle condizioni al contorno e da D. La
seconda legge di Fick è alla base di molti metodi sperimentali
per determinare D.
• Vediamo un metodo ottico, o radio-chimico. In un tubo fluisce
per diffusione la specie in esame. Allora si può determinare, a
varie distanze dall’origine, come vari la concentrazione nel
tempo e/o nello spazio.
• C’è anche la tecnica NMR, per misurarla (es. imaging).
Altri metodi
Light scattering.
• In un sistema all’equilibrio termodinamico esistono
fluttuazioni continue di temperatura e pressione. Ciò comporta
l’insorgere di gradienti istantanei di concentrazione, e si vede
il “moto” delle particelle, in analogia al Moto Browniano.
• In tale configurazione, il moto dovrebbe avere risultanza
nulla. Perché si osserva, allora?
• Un esempio.
Moto Browniano
• Che vuol dire? Il moto d’ogni singolo passo è scorrelato da quelli
precedenti e successivi in direzione e segno. In una direzione? In
due direzioni? Ed in tre?
Ancora
• Se è vero, la massima probabilità di moto lungo x, è molto
prossima a zero (?).
• Se considero lo spostamento quadratico medio, Px2 o Py2, però,
questo è chiaramente non nullo.
• In realtà
P(n,x) = (n!/n+!n-!)(pn+pn-)
P(n,x) = (n!/[1/2(n+xl)]![1/2(n-xl)]!)(1/2)n
Uso l’approssimazione di Stirling
ln P(n,x) = -x2/2nl2 +….
P(n,x) = k exp(-x2/2nl2). Che cos’è?
Una gaussiana per lo spostamento.
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Corso di Chimica Fisica I con Laboratorio