La scultura Greca
La scultura è probabilmente l'aspetto più conosciuto dell'arte greca, quello che per un
contemporaneo meglio esprime il bello ideale e la perfezione plastica.
Tradizionalmente si distinguono nella scultura greca sei periodi:
•il periodo dedalico (VII secolo a.C.)
•il periodo arcaico (VI secolo a.C., fino al 480 a.C., distruzione persiana delle mura
dell'Acropoli di Atene)
•Il periodo severo (fine VI secolo a.C.)
•il primo periodo classico (V secolo a.C.)
•il periodo tardo classico (IV secolo a.C., fino al 323 a.C., morte di Alessandro Magno)
•il periodo ellenistico (dalla morte di Alessandro Magno alla conquista romana del 146
a.C.).
Periodo Dedalico
Nel corso del VII secolo a.C. in seguito ai nuovi contatti tra la Grecia e il Vicino
Oriente e l'Egitto si sviluppa, in particolare a Creta la scultura detta "dedalica",
caratterizzata da sculture di materiale inizialmente calcareo e in seguito sfruttando,
particolarmente nelle isole, i marmi locali.
Le fonti parlano dello scultore Dedalo, che sarebbe stato il primo ad operare in
questa professione. I suoi allievi si sarebbero quindi trasferiti nel Peloponneso,
fondando la scuola scultorea di Sicione. Dal suo nome deriva la denominazione di
"scultura dedalica", con cui si definisce lo stile uniformemente diffuso in tutta la
Grecia in questo periodo.
A Creta, che costituisce in quest'epoca il maggiore centro propulsore, viene
progressivamente definito il canone di rappresentazione della figura umana, che a
partire dalla metà del secolo, assume una forma più monumentale, definendo i tipi
del kouros e della kore. Le statue erano scolpite per una visione rigidamente frontale
a partire dai blocchi di pietra squadrati, come fossero rilievi da realizzare sulle
quattro facce principali. I volti hanno impianto triangolare, con grandi occhi,
inquadrati dai triangoli contrapposti della capigliatura. I corpi hanno vita stretta e
busti triangolari e la resa anatomica è semplificata nei nudi maschili e nascosta sotto
le vesti femminili decorate.
Tra le sculture più antiche, alcune vengono ricordate con la denominazione di
xoanon o sphyrelaton. Il primo termine dovette indicare in origine le statue di culto
in legno, mentre il secondo si riferisce alla tecnica scultorea di realizzare una figura
martellando una lastra metallica.
Prosegue la produzione di bronzetti, tra i quali l'"Apollo di Mantiklos", dal nome del
dedicante riportato su un'iscrizione, databile intorno al 700 a.C., e conservato nel
Museum of fine arts di Boston, dedicato nel santuario di Apollo ismenio in Beozia.
"Dama di Auxerre", di origine cretese
conservata presso il Museo del Louvre di Parigi.
Kouroi e Kouros
Riguardo l’aspetto tecnicoartistico, esse presentano:
•piedi uniti (differentemente
dai kouroi, dove uno è
avanzato);
•un braccio lungo il corpo e
l’altro, solitamente il sinistro,
piegato verso il petto e l’alto
(caratteristica assente nel
kouros, dove ambedue le
braccia sono addossate al
corpo), nell’atto di offrire
un’offerta alla dea o al dio;
•presenza di vestiti, cioè
chitòne, tunica (tipico
indumento greco), e
himation, una specie di
mantello (utilizzato sopra il
chitone)
Le caratteristiche
dei kouroi sono:
•staticità
•nudità
•gamba sinistra
avanzata
•braccia addossate
al corpo
•pugni serrati
•sorriso arcaico
•visione frontale
Kouros del Sunio, fine del VII sec.
a.C., Atene, Museo Nazionale.
L'Hera di Samo
Periodo Arcaico
In quest'epoca le forme e le movenze del corpo
sono semplificate e ridotte: la produzione più
abbondante è quella dei kouroi ("ragazzi") e
delle korai ("fanciulle"), figure umane
giovanili,
rispettivamente
maschili
e
femminili, stanti (in piedi), spesso a grandezza
naturale o quasi naturale, con una gamba
avanzata ad indicare il movimento, ma ancora
irrigiditi in posa ieratica e con visi poco
espressivi.
Il tentativo è quello di rendere sempre meglio il
volume del corpo, che man mano conquista lo
spazio circostante. Si raffigura una bellezza
ideale, presentando divinità poco caratterizzate
o offerenti.
Viene utilizzato il marmo o la pietra locale, o
ancora la terracotta: le tecniche di fusione del
bronzo non consentono infatti ancora la
realizzazione di statue di grandi dimensioni. Le
opere erano nella maggior parte dipinte, anche
a colori vivaci, in contrasto con l'aspetto
candido che hanno attualmente dopo la perdita
dei pigmenti e che ha formato l'estetica
neoclassica.
Kleobi e Bitone.
Periodo Severo
Verso la fine del VI secolo a.C., nel Peloponneso,
si diffonde uno stile che anticipa quello del
periodo detto classico, e che viene definito
severo perché contempla il definitivo
superamento della tradizione arcaica
secondo la quale il volto era costantemente
atteggiato in un sorriso. La testa diventa
tendenzialmente
sferica,
il
volto
tondeggiante e, di conseguenza, gli occhi e la
bocca trovano le giuste proporzioni e
collocazioni. La massa muscolare non è più
massiccia, ma distribuita armoniosamente
nella struttura corporea. Le spalle si allargano
e si arrotondano e il largo busto esprime una
grande potenza. L'arcata epigastrica è
rilevata ad arco di cerchio. Si assottigliano le
ginocchia e le proporzioni complessive sono
slanciate. Il materiale più usato dall'arte
"severa" fu il bronzo: le figure venivano
prima modellate con argilla e poi rivestite
con uno strato di cera, che veniva
nuovamente ricoperto di argilla per creare lo
stampo dove poi andava colato il bronzo fuso
(tecnica di fusione a cera persa).
L’Efebo
Periodo classico e tardo classico
La conoscenza dell'anatomia del corpo e la competenza tecnica permettono agli scultori, che
conosciamo quasi tutti per nome, di raffigurare dei ed eroi in pose più naturali e variate, con
il rialzamento dell'anca in corrispondenza della gamba di appoggio. La maestria tecnica fa
della scultura del V secolo la vetta più alta dell'estetica classica.
Policleto tenta di fissare un canone per le proporzioni armoniose delle varie parti del corpo
(Doriforo, Diadumeno), mentre Mirone (Discobolo) sperimenta il movimento nello spazio.
Inizia la costruzione delle grandi sculture in bronzo (auriga di Delfi, bronzi di Riace) e delle statue
di culto monumentali e crisoelefantine, ossia rivestite di oro ed avorio, come la statua di
Zeus (una delle sette meraviglie del mondo) nell'omonimo tempio a Olimpia o quella di
Atena Parthenos nel Partenone, entrambe eseguite da Fidia. Nelle celebri sculture del
Partenone le divinità raffigurate sul frontone hanno vesti con fitto e ricco panneggio reso in
modo estremamente naturalistico ("panneggio bagnato").
Nel tardo-classicismo le proporzioni dei corpi si allungano e affinano e la naturalezza delle
posizioni si accentua. L'uso del marmo bianco di Paro consente raffinatezze nella resa delle
superfici con effetti di luminosità che addolcisce le curve e modula i volumi. Uno dei
migliori esempi del periodo è l'Hermes di Prassitele.
I bronzi hanno aggiunte di smalto per gli occhi e altri metalli per le labbra e le ciglia, proseguendo
la tradizione di policromia.
Il Discobolo di Mirone
Il Doriforo di Policleto
I bronzi di Riace
L'Hermes di Prassitele
Periodo
Ellenestico
L'abilità tecnica raggiunta viene
sfruttata fino alle estreme conseguenze,
con pose tormentate e complesse e
composizioni virtuosistiche, quali il
celebre Laocoonte dei Musei Vaticani.
Anche le espressioni dei volti si fanno
passionali e tormentate e si hanno con
quelli dei sovrani ellenistici, i primi
ritratti.
La scultura non è più riservata a templi
e santuari o a celebrazioni pubbliche,
ma entra anche in ambito privato, come
ricca e prestigiosa decorazione. Viene
ricercata la novità nei soggetti e si
attinge a raffigurazioni realistiche o di
vita quotidiana (la vecchia ubriaca, il
fanciullo che gioca con l'oca), trattate
con abilità tecnica consumata e rese
virtuosistiche dei panneggi.
Il gruppo del Laocoonte
Realizzato
, dopo na cifra di tempo
da:
Federico Sergi
E
Dalila Italiano
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