Qualità, informazione
e funzionamento dei mercati
dei prodotti agroalimentari
Slides di Anna Carbone, Università della Tuscia
Qualità, informazione
e funzionamento dei mercati
dei prodotti agroalimentari
4 argomenti:
oL’evoluzione della domanda di alimenti
oQualità, informazione e fallimento del
mercato
oI marchi individuali ed i marchi collettivi
oL’origine dei prodotti: DOP-IGP
Vorremmo che gli alimenti fossero:
 “buoni da mangiare”
 Sani
 nutrienti
 Variati
 Tradizionali/artigianali
 Genuini
 Dietetici
 Comodi da utilizzare (c. convenience)
 Rispettosi dell’ambiente
 Socialmente etici/responsabili
 e molto altro ancora…
Cambiamenti nella domanda di beni alimentari:
 Spinta diversificazione consumi,
 rapida evoluzione,
 contraddittorietà,
 desiderio novità,
 ricerca di molte connotazioni
contemporaneamente
Moltiplicazione modelli di consumo: dal profilo
del consumatore alle occasioni di consumo
Cambiamenti nella domanda di beni alimentari:
Moltiplicazione modelli di consumo
Nuove e più complesse motivazioni:
 convivialità,
 tempo libero,
 Turismo
 Conoscenza “culture” gastronomiche diverse
 segnalazione di status,
 relazioni con l’immagine di sè e l’autostima
 “purchase of moral satisfaction”
Tutto questo si sintetizza in una parola: QUALITA’
La qualità degli alimenti include molti aspetti diversi più
o meno importanti a seconda del tipo di prodotto e del
segmento, o della nicchia, di mercato al quale il
prodotto è destinato.
L’importanza della qualità deriva dal ruolo crescente
che questa gioca nel determinare i livelli di
competitività e quindi la remunerazione delle risorse
impiegate nelle diverse produzioni.
Il prodotto differenziato è:
 antitetico al p. indifferenziato o “commodity”
 comprende “specialità” diverse: prodotti pronti da
cuocere, pronti da consumare, salutistici, biologici,
tradizionali e tipici, dietetici, ecc., ecc., ecc.
 Interessa segmenti ben specifici della domanda, quote di
mercato talvolta ampie, talvolta limitate ma quasi sempre
in rapida crescita
condizioni domanda prodotti di nicchia:
 maggiore elasticità al reddito
 maggiore disponibilità a pagare
Rilevanza per il SAA Italiano:
 paese ad elevato reddito
 condizioni produttive favorevoli alla spinta
differenziazione ed alla competitività sul piano
della caratteristiche
 tradizione culturale che assegna importanza al
cibo ed al suo ruolo sociale
2) Qualità, informazione e fallimento del mercato
Categorie merceologiche vs prodotti differenziati:
 Quando due prodotti possono essere considerati come uno
stesso prodotto?
 Quando due varianti di un prodotto possono essere
considerate due prodotti distinti?
si tratta di distinzioni convenzionali (soggettive, arbitrarie)
Mela gialla e mela rossa
Birra analcolica e birra alcolica
Zucchero di canna e zucchero di barbabietola
Zucchero in pacchi e zucchero in bustine singole
Tipi di Differenziazione
 Caratteristiche intrinseche del bene (sapore, colore,
consistenza, freschezza, grado alcolico, contenuto in grassi, presenza
OGM, ecc.)
 Caratteristiche di forma (dimensione, tipo di confezionamento,
porzionatura, ecc.)
 Servizi incorporati (grado di trasformazione, modalità
conservazione, miscelazioni, ecc.)
 Caratteristiche immateriali (sensazioni/emozioni associate al
consumo del bene)
 Caratteristiche del prodotto/c. del processo
La visibilità delle caratteristiche
 Nelson (1970) ha classificato le caratteristiche dei beni in
base alla loro visibilità, ovvero in base alla possibilità dei
consumatori di stabilirne la presenza nei beni al fine di fare
scelte di consumo (e di acquisto) coerenti con le proprie
preferenze ed il proprio sistema di vincoli (f.domanda).
c. “invisibili”
sempre
c. “invisibili”
A lungo
c. visibili subito
dopo l’acquisto
c. Visibili prima dell’acquisto
100%
0
Scala di visibilità delle caratteristiche
3 livelli critici di visibilità delle caratteristiche
Le c. ricerca (search) possono essere accertate dai
consumatori prima del consumo al momento dell’acquisto
Le c. esperienza (experience) diventano note solo dopo che
il bene è stato acquistato e consumato
Le c. fiducia (credence) non sono determinabili dal
consumatore neanche al momento del consumo, in alcuni
casi non sono mai determinabili con certezza, in altri lo
sono attraverso indagini il cui costo non è alla portata dei
singoli
la visibilità delle caratteristiche: un esempio
alcune caratteristiche di una Mela:









Colore (gialla, rossa, verde, ruggine)
Varietà (golden/deliziosa/annurca)
Grandezza (peso, pezzatura, calibro)
Ammaccature (mollezze, bruniture, punture di insetti)
Sapore (dolce, sciapa, insipida),
Consistenza (farinosa, soda, croccante, succosa)
Contenuto di vitamine,
residui chimici
OGM
L’asimmetria informativa ed il fallimento del mercato: il
contributo di Akerlov
Mercato di prodotti differenziati
Presenza di caratteristiche non immediatamente
visibili
Costi di produzione crescenti nella qualità
Prezzo utilizzato come indicatore di qualità
Su queste ipotesi Akerlov costruisce il suo
ragionamento e mostra come si giunga ad un
fallimento del mercato:
I produttori hanno un incentivo ad adottare comportamenti
di azzardo morale … vediamo come>>>>
L’asimmetria informativa ed il fallimento del mercato: il
contributo di Akerlov
*I produttori abbassano la qualità mantenendo inalterato il
prezzo (ovvero commettono azzardo morale),
*I consumatori, dopo aver fatto esperienza della effettiva
qualità presente sul mercato abbassano le loro aspettative di
qualità e, dunque, la loro disponibilità a pagare si riduce (i
prodotti di qualità più elevata non riescono più a stare sul
mercato: adverse selection)
*Al nuovo, più basso, livello del prezzo, i produttori hanno
convenienza ad abbassare ulteriormente la qualità, e così via
*Non si raggiunge un equilibrio, via via i consumatori usciranno
da questo mercato
I possibili rimedi all’asimmetria informativa
A seconda del tipo di bene (e di tradizione giuridica) esistono
diversi tipi di rimedi, alcuni esempi sono:
*garanzia del produttore/distributore
*marchio del produttore/distributore
*conoscenza diretta (filiere corte, gruppi di acquisto)
*Standard volontari (ISO, GLOBALGAP, autocertificazione)
*liability (responsabilità legale)
*regolamentazione volontaria >>certificazione e controllo
* regolamentazione cogente>> certificazione e controllo
I marchi
Il marchio identifica il prodotto, lo rende riconoscibile
Può consistere di un nome, immagine, disegno, logo
I marchi
Il marchio consente alle imprese di “farsi una reputazione”
I consumatori premiano le imprese che mantengono la loro
“promessa di qualità” : 1) fedeltà; 2) premium price
Il premio di prezzo remunera l’impresa del ricavo a cui rinuncia non
adottando un comportamento di azzardo morale
Il marchio diviene esso stesso “un attributo” del prodotto, contribuisce
alla sua connotazione qualitativa
Il marchio diviene un elemento della differenziazione del prodotto,
contribuisce a distinguerlo dai sostituti, aumentando il potere di mercato
dell’impresa (sostituibilità e barriere all’entrata)
Il marchio esplica le sue funzioni insieme alla comunicazione d’impresa
I marchi e la reputazione
La reputazione è un “asset” costoso e lungo da costruire e
mantenere
Ciò rappresenta un’assicurazione per i consumatori: un’impresa
che voglia restare sul mercato avrà tutto l’interesse a
mantenere alta la sua reputazione, inoltre basta molto poco a
distruggerla
I marchi presuppongono un interesse alla continuità del
rapporto impresa/clienti
Limitazioni all’utilizzo dei marchi
A. Per le caratteristiche “fiducia” il marchio non funziona in quanto manca
la possibilità di verifica da parte del consumatore dell’effettiva
presenza della caratteristica fiducia.
In questi casi occorrono forme di certificazione e garanzia da parte
di soggetti terzi che si aggiungono al marchio
B. Le imprese di minori dimensioni non hanno la possibilità di darsi un
marchio e far affermare la propria reputazione sui mercati:
1.
La produzione che arriva sul mercato non è sufficiente ad assicurare
visibilità al prodotto
2.
I costi connessi allo sviluppo del marchio e la relativa comunicazione
sono in buona parte “fissi” e di entità tale da non essere alla portata
di queste imprese
marchi collettivi (MC)
In questi casi, gruppi di imprese possono associarsi e dar vita ad un marchio
collettivo. Esistono tipi anche molto diversi tra loro di MC
Alcuni sono mono prodotto, altri si riferiscono ad una materia prima, altri
ad uno o più aspetti del processo produttivo, altri ancora al territorio, ecc..
Esempi:
Marlene – mela dell’Alto Adige (ora IGP)
Rosaria – arancia di Sicilia
Pura lana vergine
Qualità Tuscia
Commercio equo e solidale
Cosa sono i marchi collettivi?
Prima caratteristica:
la titolarità del marchio è disgiunta dalla sua utilizzazione
Gli utilizzatori sono le singole imprese che se ne servono
La proprietà è di un soggetto diverso che può essere esterno (es. CCIAA) o
un consorzio delle imprese.
Le imprese raccolte sotto uno stesso marchio condividono la reputazione
Questo è tanto più vero quanto più il marchio collettivo è l’unico segno
distintivo di queste imprese
La reputazione del marchio collettivo è una sorta di “media ponderata”
della reputazione delle singole imprese, ovvero dipende dalla lealtà di
comportamento di tutte le imprese
Reputazione comune e free riding
Se la reputazione comune delle imprese raccolte dal marchio collettivo
dipende dalla qualità media del prodotto di queste imprese, il prezzo che i
consumatori sono disposti a pagare è funzione di questa qualità media
In questa situazione ciascuna impresa avrebbe convenienza ad abbassare la
qualità del proprio prodotto per lucrare sui minori costi di produzione,
continuando a vendere al prezzo corrispondente alla reputazione comune
Per il funzionamento dei MC occorre:





Meccanismi che prevengano (limitino) comportamenti tipo free riding
Regole comuni sulla qualità del prodotto (capitolati, disciplinari, standard,
ecc.)
Una sede comune per le decisioni produttive e commerciali che
influenzano la reputazione del MC (tra questi il prezzo, visto che i
consumatori lo utilizzano come info sulla qualità)
Affinché sia possibile realizzare queste condizioni, le imprese
partecipanti non devono possedere caratteristiche strutturali troppo
diverse; anche le strategie commerciali devono essere simili
Se ciò non si verifica la stabilità e l’efficacia del MC sono compromesse:
conflittualità e instabilità
Punti di forza e di debolezza dei MC:
Forza:
1.
Consentono a piccole imprese di affermare reputazione
2.
Offrono una assicurazione più forte ed esplicita rispetto a marchi
individuali (a causa della necessità di fissare regole e standard
qualitativi)
Debolezza:
1.
Complessità/difficoltà gestionali,
2.
difficoltà individuazione e mantenimento parametri qualitativi
comuni
3.
Natura cooperativa/competitiva rapporti tra imprese nel MC
L’origine dei prodotti: DOP, IGP
 DOP= Denominazione di Origine Protetta
 IGP= Indicazione Geografica Protetta
Reg. UE 510/2006 (ex 2081/92)
Prima del 1992 legislazioni nazionali diverse
 Esempi:
Mela della Val di Non (DOP)
Mortadella di Bologna (IGP)
Olio della Sabina (DOP)
Caciocavallo Silano (DOP)
Pomodoro pachino (IGP)
L’origine dei prodotti: DOP, IGP
La regolamentazione si fonda sulla convinzione che per alcuni
beni alimentari il luogo di origine influenzi in modo forte la
qualità (unica) di un prodotto
Luogo di produzione
qualità del prodotto
Esiste così una identità tra il territorio ed il suo prodotto
Tale per cui chiamando il prodotto con il nome del territorio lo
si identifica inequivocabilmente
Il territorio presta a prodotto il suo nome per rendere palese
l’identità.
A sua volta il prodotto può divenire “ambasciatore del
territorio, creando sinergie nei due sensi
L’origine dei prodotti: DOP, IGP
Doppia natura:
Marchi collettivi/certificazioni
 Certificazioni in quanto si basano su di una norma alla quale
si devono sottoporre tutti i produttori e tutto il prodotto.
La norma, inoltre, fissa gli aspetti soggetti a
regolamentazione
 Marchi collettivi in quanto distinguono (con “nome e
cognome”) i prodotti aderenti alla certificazione in base
all’origine e tutti questi da quelli non certificati.
DOP-IGP: Reg.CE 1151/2012 (ex 510 /06;
ex2081/92)
 Disciplinare, delimitazione area
 Elenco produttori (libero accesso se ci sono i requisiti)
 Controlli
 Certificazione
 Consorzio valorizzazione e tutela
DOP-IGP: Reg.CE 1151/2012 (ex 510 /06;
ex2081/92)
Obiettivi della normativa:
 Migliorare la comunicazioni con i consumatori e la
loro tutela in fatto di qualità
 Fornire uno strumento competitivo PMI



Stimolare diversificazione
Aumentare VA
Redistribuire VA
 Favorire lo sviluppo delle aree rurali
In Europa 916 DOP/IGP
riconosciute al 2010
Le Dop-Igp in Italia
 Enorme espansione di questo mercato
 Crescita numero DOP (in Italia 210 nel 2010)
 Salumi e formaggi quota prevalente (Parmigiano
Reggiano, Grana Padano, Pecorino Romano, Taleggio,
Gorgonzola, Prosciutto di Parma, Prosciutto S.
Daniele)
 Altri comparti: olio d’oliva, prodotti ortofrutticoli,
panetteria
 Maggiore diffusione al Nord (58%; 20%Sud;
22%Centro)
DOP/IGP in Italia
 210 DOP/IGP 2010 (+144 dal 1996)
 formaggi 38
 Carni lavorate33
 Ortofrutta e cerali 78
 Oli d’oliva 40
 altri 21
PDOs/PGIs per aree geografiche
Sud
20%
Centro
20%
Nord
60%
Fatturato e numero di DOP/IGP per comparto
Principali DOP/IGP-Italia (2008-09)
Ranking by turnover of top ten PDOs product
sector
cheese
cheese
geo
N
proc. MeetN
proc. MeetN
cheese
S
proc. MeetN
cheese
N
fruit
all
N
it.
proc. MeetN
cheese
C-S
product name
Grana Padano
Parmigiano Reggiano
Prosciutto di Parma
Prosciutto di San Daniele
Mozzarella di Bufala Campana
Mortadella Bologna
Gorgonzola
Bresaola della Valtellina
Pecorino Romano
Mela Alto Adige
Totale primi dieci prodotti
all
it.
tot PDO
source: elab on ISMEA data
mil. Euro%
1145.6
963.6
21.6
18.2
262
210.6
4.9
4.0
922.7
321
206.3
187.3
163.2
92.8
4475
5300
17.4
6.1
3.9
3.5
3.1
1.8
84.4
100
% CUM
21.6
39.8
57.2
63.3
68.2
72.2
76.1
79.6
82.7
84.4
100
Il funzionamento delle Dop-Igp
 il tasso di utilizzazione delle nuove Dop da parte delle
imprese che avrebbero titolo è molto basso
 il tasso di conflittualità tra imprese nella stessa DOP/DOC
è elevato (fuoriuscite, contenziosi, non raggiungimento di
accordi)
 i consumatori stentano a riconoscere questi segni di qualità
e ad attribuire ad essi il loro corretto significato
Il funzionamento delle Dop-Igp:
 Scarsa riconoscibilità e fiducia da parte dei
consumatori:
 Poca info
 Complessità caratteristiche
 Sovrapposizione con altri segni di qualità
 Elevata visibilità marchio produttore (in alcuni
casi)
 Compresenza regole diverse (eccezioni ammesse)
Il funzionamento delle Dop-Igp:
 Basso tasso di utilizzazione delle nuove Dop da
parte delle imprese che avrebbero titolo:
• L’iniziativa è di politici e amministratori
• C’è scarso coinvolgimento delle imprese
• Non si fanno analisi di mercato
• Si pensa che la DOP sia un punto di arrivo, una chiave
magica per conquistare i mercati
Il funzionamento delle Dop-Igp:
 il tasso di conflittualità tra imprese nella stessa
DOP/DOC è elevato (fuoriuscite, contenziosi, non
raggiungimento di accordi):
• Eterogeneità strutturale, ambientale
• Assenza ottica di filiera; potere di mercato
• Rappresentatività “distorta” Consorzi e scarsa
forza
• Mancanza Organo nazionale per tutela e
composizione conflittualità
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