LA
COOPERAZIONE
ITALIANA
1) Il contesto politico
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La Cooperazione italiana storicamente si è sviluppata a
partire dagli anni Cinquanta con una serie di interventi
di assistenza messi in atto in paesi legati all'Italia da
precedenti vincoli coloniali.
Successivamente l'Italia ha avviato un'attività di
cooperazione sistematica per contribuire agli sforzi
internazionali volti ad alleviare la povertà nel mondo e
aiutare i PVS
Più di recente le nuove emergenze hanno conferito alla
cooperazione un ruolo fondamentale nella politica
estera italiana, in armonia con gli interventi per il
mantenimento della pace e la gestione dei flussi
migratori.
2)Il contesto internazionale
1) La Dichiarazione del Millennio, approvata
nel 2000 da 186 Capi di Stato e di Governo nel
corso della Sessione Speciale dell’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite, stabilisce
l’obiettivo centrale del dimezzamento della
povertà assoluta entro il 2015. Si articola in otto
finalità (Millennium Goals), alle quali deve essere
improntata l’azione di cooperazione a livello
internazionale
2) L' Accordo di Cotonou sul partenariato con i Pvs, siglato tra
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l'Ue e l'Acp (Africa, Caraibi, Pacifico) nel 2000, definisce i
principi guida a cui i paesi membri della Ue si devono attenere
nella realizzazione delle iniziative di cooperazione:
il rafforzamento dell’appropriazione (“ownership”) dell’aiuto da
parte dei Paesi in via di sviluppo;
la promozione della partecipazione degli enti non-statali (Ong,
società civile);
il coordinamento e la complementarietà delle attività della
Commissione e degli Stati membri;
il miglioramento della coerenza delle politiche (di sviluppo,
agricola, commerciale, dell’immigrazione);
il miglioramento della qualità degli aiuti (il decentramento, la
concentrazione da parte di ciascun donatore dei suoi aiuti in un
limitato numero di settori per Paese, la semplificazione delle
procedure ecc.).

Le determinazioni (Monterrey consensus) della
Conferenza internazionale sul Finanziamento
dello Sviluppo tenutasi a Monterrey nel 2002,
con particolare riferimento alle fonti di
finanziamento che dovranno concorrere al
conseguimento degli obiettivi del Millennio e
allo sviluppo di un ambiente favorevole per lo
sviluppo del settore privato nei Pvs
Il Monterrey Consensus
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Si tratta di un documento in cui sono indicate le misure da adottare sul
piano nazionale e internazionale per garantire condizioni di vita più
accettabili alle popolazioni dei Paesi poveri. In particolare sono indicate le
fonti di finanziamento che dovranno concorrere al conseguimento degli
obiettivi del Millennio :
le risorse finanziarie nazionali dei Pvs;
gli investimenti diretti esteri e gli altri flussi privati;
il commercio internazionale;
l’aiuto pubblico allo sviluppo;
la riduzione del debito;
le fonti innovative di finanziamento, tra cui la “de-tax” introdotta
nel 2003 dal Governo italiano nel suo ordinamento

Le decisioni del Consiglio Europeo di
Barcellona del 2002 impegnano i paesi membri
in un progressivo aumento dell'Aiuto pubblico
allo sviluppo (Aps), sia a livello comunitario che
di paese.
A livello paese l'obiettivo fissato è di un rapporto
tra Aps e Pil pari allo 0,7%; con l'obiettivo
intermedio dello 0,33% nel 2006.
Aiuto pubblico 2004-2005-2006
CRITICHE
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l’Italia ha mancato l’impegno preso al Consiglio europeo di
Barcellona del marzo 2002, e ribadito nel DPEF 2003-2006, di
raggiungere un rapporto fra APS e PIL pari allo 0,33% già nel
2006.
La difficile congiuntura economica internazionale di questi anni
non può essere considerata un alibi. Altri Paesi dell’Unione
Europea in questa stessa situazione hanno significativamente
incrementato le risorse per la cooperazione internazionale. La
Spagna li ha raddoppiati; la Francia è arrivata allo 0,34%; la Gran
Bretagna lo 0,47% nel 2007
Destinazione APS italiano per settore
CRITICHE
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Tra le voci ha sicuramente il peso maggiore quella relativa alle azioni di
cancellazione del debito. La politica di cancellazione, certamente positiva in
sé, ha permesso ai Paesi donatori di nascondere una sostanziale diminuzione
delle attività e dello stanziamento di fondi. Di fatto non è altro che una
semplice operazione contabile: non vengono messe a disposizione nuove
risorse ma si rinuncia semplicemente a contabilizzare in bilancio dei crediti
Nel documento finale della conferenza delle Nazioni Unite a Monterrey si è
sottolineato come la cancellazione del debito non debba essere calcolata nella
quota dei finanziamenti per lo sviluppo, essendo invece da considerarsi
addizionale a questa. Ignorando queste raccomandazioni, l’Italia, come altri,
continua ad imputare al bilancio della cooperazione bilaterale i programmi di
cancellazione del debito.
Osservando anche i dati 2006 relativi all’APS bilaterale italiano si nota come
su 1.118 milioni di dollari destinati all’Africa sub-sahariana ben l’82% (917
milioni di dollari) siano destinati alla cancellazione del debito e siano quind
solo risorse virtuali.
Canali e risorse (2006)
CRITICHE
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
Nel Rapporto italiano sugli Obiettivi del Millennio viene espressa
esplicitamente “la preferenza, da parte dell’Italia, del canale
multilaterale, considerato un mezzo indispensabile nel
perseguimento delle finalità fondamentali dello sviluppo”.
L’Italia risulta essere infatti il Paese membro del DAC con la
quota maggiore di multilaterale sul totale dell’APS.
L’aiuto multilaterale può rappresentare una scelta a favore del
ruolo e dell’azione degli organismi internazionali, tra tutti l’ONU.
Ma, e questo è il caso dell’Italia, può rappresentare un semplice
disimpegno (per incapacità organizzativa e gestionale o per
assenza di strategia politica) da un ruolo attivo delle politiche di
cooperazione del Paese.
Distribuzione geografica APS
italiano bilaterale, media del biennio
Principali Paesi beneficiari degli aiuti
bilaterali, percentuale sul tot
dell’APS
CRITICHE
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
La divisione geografica degli aiuti italiani mostra un trend di
continue e frequenti oscillazioni degli aiuti e, come sottolinea
l’OCSE nel Peer Review 2004,le scelte dei beneficiari e dei
relativi stanziamenti di risorse non vengono prese sulla base di
specifici criteri o di indicatori di performance.
Risulta evidente, osservando i dati, come da un lato l’Italia
conceda un ingente volume di risorse ad una ristrettissima
cerchia di Paesi (legati all’Italia da vincoli politici, culturali, storici
e commerciali)
CRITICHE
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Sulla scorta di temporanee coincidenze di interessi
spesso legate ad attività specifiche o ad operazioni volte
a favorire questo o quel fornitore italiano di beni e
servizi, si tende a non dare alcuna continuità agli
stanziamenti a favore di organismi di primaria
importanza, come l’UNDP o l’UNHCR.
l’Italia è l’unico paese membro del DAC che stanzia
maggiori contributi ad organismi multilaterali non
facenti parte né del sistema ONU né dell’Unione
Europea,
3) l’assetto normativo
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Le attività della Cooperazione italiana sono regolate
dalla Legge n.49 del 1987 con la quale si è provveduto
ad un riordino dell'intera materia e alla creazione
dell'attuale Direzione Generale per la Cooperazione allo
Sviluppo (Dgcs) nell'ambito del Ministero degli Affari
Esteri
Nel definire iniziative e Paesi in cui intervenire, la
Cooperazione italiana tiene conto di linee guida e
impegni concordati nel più ampio contesto
internazionale (Onu, Ue). Questi sono stati individuati
per il 2010-2012 in un recente documento
CRITICHE
I problemi della DGCS, secondo il parere delle ONG, dell’OCSE,
ma anche degli stessi funzionari dell’amministrazione, sono
molteplici, di natura sia esterna che interna:
 sovrapposizioni istituzionali (Numerosi conflitti di competenze
emergono anche tra il MAE e i Ministeri di Ambiente,
Agricoltura, Attività produttive, Salute e Interni - a sua volta la
DGCS è strutturata in 13 uffici)
 scarso coordinamento;
 assenza di una direzione politica unitaria;
 strutturale sottodimensionamento delle risorse materiali e umane;
 assenza di un’effettiva valutazione degli interventi.
SOLUZIONI?
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Il Decreto Ministeriale n.337 del 15 settembre 2004
rappresenta un primo atto normativo concreto nel
processo di snellimento e miglioramento delle
procedure DGCS-MAE nell’ambito dei progetti
promossi dalle ONG
Nell’ottobre 2006 l’approvazione delle Delibera n.73 ha
costituito un ulteriore passo in avanti che ha permesso
di rendere effettivi alcuni significativi rinnovamenti
nelle procedure di presentazione e gestione dei progetti
promossi dalle ONG.
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La delibera accorpa la precedente modulistica rendendola più
uniforme a quella della Commissione Europea e prevede un
nuovo formulario, più sintetico, in cui si limita il numero
massimo di pagine da presentare.
la novità più importante riguarda rendiconto e controllo dei
progetti. Non è infatti più necessario, nelle fasi successive
all’approvazione e all’erogazione del primo contributo,
trasmettere alla DGCS copia delle ricevute e gran parte della
documentazione giustificativa precedentemente prevista
questo fornirà anche un’ulteriore opportunità per dedicare
maggior personale al monitoraggio dei progetti e dei risultati
raggiunti sul campo?
Come snellire le procedure?
Es: Il modello inglese:
 Il DfID (Department for International

Development),costituisce praticamente un ministero autonomo
responsabile dei programmi e con un suo Ministro
La responsabilità del DfID sulla cooperazione allo sviluppo
britannica non è però esclusiva, infatti accanto al Dipartimento
operano altri attori istituzionali, il Ministero degli Esteri, partner
dello stesso DfID per attività legate al commercio, alla
prevenzione dei conflitti e alla ricostruzione postbellica, e il
Ministero del Tesoro, responsabile della remissione del debito


Tutti i progetti superiori alle 500.000 sterline vengono valutati
attraverso un punteggio. Per ciascun programma vengono fissati
obiettivi e risultati misurabili cosicché la loro realizzazione possa
essere monitorata attraverso due sistemi di verifica: il PIMS
(Policy Information Marker System) con cui confrontare le
risorse bilaterali spese con il grado di realizzazione dell’obiettivo
generale del progetto in questione, e il POM (Policy Objective
Marker) che valuta la corrispondenza tra la spesa sostenuta e gli
obiettivi specifici del progetto stesso.
tali valutazioni vengono rese pubbliche ogni anno attraverso i
rapporti del DfID, che sono disponibili sul sito internet ufficiale
(www.dfid.gov.uk)
4) I Temi prioritari nei progetti di
cooperazione allo sviluppo
nell’agenda italiana
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Riduzione della povertà
Sviluppo sostenibile
Lotta contro l’Aids, la malaria, ecc.
Educazione per tutti
Sicurezza alimentare e lotta alla povertà rurale
L’e-government per lo sviluppo
Diritti di bambini, adolescenti e giovani
a)Riduzione della povertà
Cause:
 Struttura e diseguaglianza nella crescita
economica
 Effettiva disponibilità di beni e risorse
 Fattori demografici, locali e istituzionali
 Malgoverno
 Guerre, conflitti e insicurezza
I progetti di sviluppo devono:

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

produrre crescita economica e, al tempo stesso, ridurre
la povertà
produrre maggiore equità e ridurre l’esclusione sociale
ridurre la povertà delle donne
produrre un miglior funzionamento delle istituzioni di
governo
agire a livello locale, dando la priorità alle aree più
povere
aumentare l’accesso della popolazione ai servizi ed ai
beni pubblici
b) Sviluppo sostenibile
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biodiversità
cambiamenti climatici
desertificazione
foreste
gestione dei rifiuti
c) Lotta contro l’AIDS la
Tubercolosi e la Malaria



nel luglio 2001 nasce il Fondo Globale per la
lotta contro l'Aids, la Tubercolosi e la Malaria
sono all'incirca 50 i Paesi che contribuiscono al
Fondo per la realizzazione di programmi in più
di 120 paesi
ai contributi governativi si aggiungono anche
quelli, fino ad ora limitati, forniti dal settore
privato
d) Educazione per tutti

L’istruzione è un fattore centrale per la lotta alla
povertà e per la crescita dell’occupazione. In
particolare l’istruzione elementare di base e
l’accesso delle bambine alla scuola devono
ricevere un’elevata priorità nelle strategie
nazionali dei governi dei Pvs
e) Sicurezza alimentare e lotta
alla povertà rurale
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sicurezza alimentare soprattutto nell’Africa subsahariana
lotta contro le malattie delle piante e degli
animali
aumento degli investimenti in agricoltura e nello
sviluppo rurale
f) E-gouvernment


sviluppare l’autogoverno soprattutto per lo
sviluppo economico
sostenere lo sviluppo tecnologico
g) Diritti di bambini, adolescenti
e giovani



prevenzione e eliminazione dello sfruttamento del
lavoro minorile
prevenzione e l’eliminazione delle situazioni di
sistematico sfruttamento sessuale attraverso l’induzione
alla prostituzione, il turismo sessuale e la
pedopornografia;
sostegno all’integrità fisica e psichica delle persone
minori di età, contro ogni forma di violenza, di
dipendenza, di costrizione e di tortura, comprese le
cosiddette “pratiche tradizionali pericolose e nocive alla
salute”;
h)Questioni trasversali



Cooperazione sanitaria
Discriminazioni di genere
Handicap
Gli obiettivi della politica allo
sviluppo italiana sono coerenti con
i
Millennium Goals…
Sradicare la povertà



Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di
persone il cui reddito è inferiore ad 1 $ al giorno
Raggiungere un’occupazione piena e produttiva
e un lavoro dignitoso per tutti, inclusi donne e
giovani
Dimezzare, fra il 1990 e il 2015, la percentuale di
persone che soffre la fame
Rendere universale
l’educazione primaria

Assicurare che ovunque, entro il 2015, i
bambini, sia maschi che femmine, possano
portare a termine un ciclo completo di istruzione
primaria
Promuovere l’uguaglianza
di genere

Eliminare le disparità di genere nel campo
dell’educazione primaria e secondaria,
preferibilmente entro il 2005, e a tutti i livelli
educativi entro il 2015
Ridurre la mortalità
infantile

Ridurre di due terzi, fra il 1990 e il 2015, il tasso
di mortalità infantile sotto i 5 anni
Migliorare
la salute materna


Ridurre di tre quarti, fra il 1990 e il 2015, il tasso
di mortalità materna
Raggiungere, entro il 2015, l’accesso universale
ai sistemi di salute riproduttiva
Combattere l’AIDS,
la malaria e altre malattie



Arrestare entro il 2015, invertendo la tendenza,
la diffusione dell’HIV/AIDS
Raggiungere entro il 2010 l’accesso universale
alle cure contro l’HIV/AIDS per tutti coloro
che ne hanno bisogno
Arrestare entro il 2015, invertendo la tendenza,
l'incidenza della malaria e delle altre principali
malattie
Assicurare la
sostenibilità ambientale




Integrare i principi dello sviluppo sostenibile all’interno
delle politiche e dei programmi dei paesi e invertire la
tendenza alla perdita di risorse ambientali
Ridurre la perdita di biodiversità raggiungendo, entro il
2010, una riduzione significativa del tasso di perdita
Dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone che
non ha accesso all'acqua potabile e agli impianti igienici
di base
Entro il 2020 raggiungere un significativo
miglioramento delle condizioni di vita di almeno 100
milioni di abitanti delle baraccopoli
Sviluppare una partnership
globale per
lo sviluppo





Rivolgersi ai bisogni specifici dei paesi meno avanzati, di quelli
privi di sbocco al mare e dei piccoli stati insulari in via di
sviluppo
Sviluppare un sistema commerciale e finanziario più aperto,
regolamentato, prevedibile e non discriminatorio
Trattare globalmente i problemi legati al debito dei PVS
In cooperazione con le aziende farmaceutiche, rendere possibile
nei PVS l’accesso ai farmaci essenziali con costi sostenibili
In cooperazione con il settore privato, rendere disponibili i
benefici delle nuove tecnologie, specialmente per quanto riguarda
l'informazione e la comunicazione
Le aree geopolitiche prioritarie
Africa e Medio Oriente

Paesi: Algeria Egitto
Giordania Iran Iraq Libano Libia
Marocco Siria Territori
Palestinesi Tunisia Yemen (Medio
Oriente) Angola Benin Botswana
Burkina Faso Burundi Camerun Capo
Verde Ciad Comore Costa D'Avorio
Eritrea Etiopia
Gabon Gambia Ghana
Gibuti Guinea Kenya Liberia
Madagascar Malawi Mali
Mauritania Mauritius Mozambico
Namibia Niger Nigeria Rep. Centro
Africana Rep. del Congo Rep.
Democratica del
Congo Rwanda Senegal Seychelles
Sierra Leone Somalia Sud Africa
Sudan Tanzania Togo Uganda
Zambia Zimbabwe (Africa)
Sud America
Paesi: Argentina
Bolivia Brasile Cile C
olombia Costa
Rica Cuba Ecuador El
Salvador Guatemala
Guyana Haiti Honduras
Nicaragua Panama
Paraguay Perù Rep.
Dominicana Uruguay V
enezuela
Asia e Pacifico
Paesi: Afghanistan
Bangladesh Cambogia
Cina Corea Del
Nord Filippine India I
ndonesia Laos
Mongolia Myanmar Ne
pal Pakistan Pacifico S
ri Lanka Timor
Est Vietnam
Europa
Paesi: Albania Armenia
Bosnia-Erzegovina
Croazia Georgia
Kosovo Macedonia Mo
ntenegro Rep.
Moldava Romania Serbi
a Ucraina
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