Le implicazioni del Regolamento n.
1169/2011 sulla comunicazione al
consumatore
Seminario AIIPA
Milano, 14 febbraio 2012
Avv. Paolina Testa
FTCC Studio Legale Associato
Art. 7 (pratiche leali di informazione): principi generali in materia
di informazioni ai consumatori sugli alimenti:
- in negativo: divieto di indurre in errore i destinatari;
- in positivo: obbligo di fornire informazioni chiare, precise e
facilmente comprensibili.
Riguarda sia le informazioni obbligatorie sia le informazioni
facoltative.
Si applica all’etichettatura, ma anche:
- alla pubblicità;
- e alla presentazione al pubblico degli alimenti (forma o aspetto
del prodotto, imballaggio o materiale di imballaggio utilizzato,
modalità di esposizione dell’alimento e contesto di esposizione)
Il divieto di indurre in errore riguarda in particolare:
- le caratteristiche dell’alimento: natura, identità, proprietà,
composizione, quantità, durata, paese di origine o luogo di
provenienza, metodo di fabbricazione o di produzione (art. 7.1.a);
- le caratteristiche compositive dell’alimento: divieto di presentare
la presenza o assenza di determinati ingredienti o sostanze
nutritive come caratteristica particolare dell’alimento, quando
tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche (art.
7.1.c); divieto di suggerire la presenza di un ingrediente
normalmente utilizzato per un certo tipo di alimento, mentre in
realtà l’ingrediente è stato sostituito con un altro (art. 7.1.d);
- gli effetti o proprietà dell’alimento (art. 7.1.b).
Parziale coincidenza con la normativa generale sul divieto di
pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori, in
particolare di pratiche ingannevoli (dir. 2005/29/CE, artt. 18 –
27quater codice del consumo).
In particolare, parziale coincidenza con art. 21.1.a), b) quanto agli
elementi rilevanti ai fini dell’induzione in errore del consumatore:
- esistenza o natura del prodotto (art. 21.1.a);
- caratteristiche principali del prodotto, quali la composizione, il
metodo e la data di fabbricazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la
quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, i
risultati che si possono attendere dal suo uso, i risultati di prove e
controlli effettuati sul prodotto (art. 21.1.b).
Principi che disciplinano il rapporto fra normativa generale e
normative speciali:
- in caso di contrasto: art. 3 co. 4 dir. 2005/29/CE, art. 19 co. 3
cod. cons.: prevalenza della normativa che disciplina aspetti
specifici delle pratiche commerciali scorrette;
- in caso di sovrapposizione: Cons. Stato, Sez. I, 3 dicembre 2008,
n. 3999: non si possono irrogare due sanzioni della stessa natura
(pecuniaria), per la medesima condotta valutata sotto il
medesimo profilo (scorrettezza informativa); prevalenza della
normativa speciale sulla normativa generale.
Rapporto fra la normativa generale sulle pratiche commerciali
scorrette e la normativa speciale in materia alimentare (reg. CE
n. 1924/2006, dir. 2000/13/CE, recepita dal d. lgs. 109/1992).
Posizione del giudice amministrativo (da ultimo, TAR Lazio 28
febbraio 2011, n. 5813):
- non c’è contrasto;
- non c’è sovrapposizione; le due normative rispondono a scopi
diversi, rispettivamente: tutela della salute, protezione del
consumatore; sono in rapporto di complementarietà, non di
alternatività; si applicano entrambe.
Rapporto fra la normativa generale sulle pratiche commerciali
scorrette e la nuova normativa sull’informazione al consumatore
(reg. UE n. 1169/2011).
Obiettivo generale del regolamento: protezione della salute e
degli interessi dei consumatori, ai quali devono essere fornite
informazioni che li mettano in condizione di utilizzare gli
alimenti in modo sicuro e consapevole (art. 3, cons. 3, cons.7).
Gli scopi del regolamento 1169/2011 sono diversi da quelli della
direttiva 2005/29: la pubblicità e in genere la comunicazione ai
consumatori in materia di alimenti saranno soggette ad entrambe
le normative.
Influenza della normativa speciale contenuta nel
regolamento n. 1169/2011 sulla normativa generale
(divieto di pratiche commerciali scorrette, e in
particolare di comunicazione al pubblico ingannevole).
Due aspetti:
- misura della diligenza professionale;
- funzione di supplenza dell’AGCM.
Primo aspetto.
Nozione generale di pratica commerciale scorretta (art.
20 cod. consumo): pratica contraria alla diligenza
professionale, e idonea a falsare in misura apprezzabile il
comportamento economico del consumatore medio.
Canone di diligenza professionale ricavabile fra l’altro
dalla disciplina di settore
Norme specifiche potenzialmente rilevanti anche in ambito
comunicazionale:
a) obbligo di informazioni sulla protezione della salute dei
consumatori e sull’uso sicuro dell’alimento (art. 4.1.b);
b) obbligo di informazioni sulle caratteristiche nutrizionali degli
alimenti (art. 4.1.c);
c) informazioni sul paese d’origine o luogo di provenienza
dell’alimento e/o del suo ingrediente primario (art. 26);
d) vendite a distanza, necessità che le informazioni obbligatorie
siano disponibili prima della conclusione dell’acquisto (art.
14.1.a).
Omissione ingannevole, art. 23 cod. cons.: potenziale rilevanza
dell’omissione delle informazioni sub a), b), c). Sicura rilevanza
dell’omissione dell’informazione sub d) (art. 22.5 cod. cons.).
Secondo aspetto.
I precedenti: reg. n. 1924/2006.
Aspetti potenzialmente rilevanti, perché in linea con la prassi
seguita dall’AGCM:
- dimensione minima dei caratteri per le informazioni obbligatorie
(art. 13.2);
- modalità di apposizione delle informazioni obbligatorie (art. 13.1:
non devono essere in alcun modo nascoste, oscurate, limitate o
separate da altre indicazioni scritte o grafiche o altri elementi
suscettibili di interferire);
- presentazione delle informazioni volontarie (art. 37: non possono
occupare lo spazio disponibile per le informazioni obbligatorie
sugli alimenti).
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