Le fonti del diritto in prospettiva comparata Lo Stato costituzionale di diritto impone e garantisce una gerarchia della fonti Fonti costituzionali Fonti primarie Fonti secondarie L’ambito costituzionale Un ambito diversificato: Gerarchia infracostituzionale definita dalla giurisprudenza costituzionale “Rigidità asimmetrica” (Canada - India ) Revisione parziale – totale (Spagna – Austria) Costituzioni pluritestuali (Israele – Canada - Svezia) Fonti primarie Come nel caso del “livello costituzionale” siamo di fronte ad un panorama eterogeneo Leggi con “forza diversa” “a copertura costituzionale” leggi organiche leggi speciali Fonti primarie Riparto di competenze: verticale (centro-periferia) Stati federali Stati regionali Orizzontale Es. Francia: domaine regolamentaire domaine de la loi La Costituzione francese individua le materie riservate al legislatore: Articolo 34 La legge stabilisce le norme concernenti : - i diritti civili e le garanzie fondamentali accordate ai cittadini per l’esercizio delle pubbliche libertà; la libertà, il pluralismo e l’indipendenza dei media; gli obblighi imposti dalla Difesa nazionale ai cittadini relativamente alla loro persone ed ai loro beni ; - la cittadinanza, lo stato e la capacità delle persone, il regime matrimoniale, le successioni ed elargizioni ; - la descrizione dei reati nonché delle pene applicabili; la procedura penale; l’amnistia; la creazione di nuovi ordini giurisdizionali e lo stato giuridico dei magistrati ; - la base imponibile, l’aliquota e le modalità di riscossione delle imposte di ogni tipo; il regime di emissione della moneta. La legge stabilisce altresì le norme concernenti : - il sistema elettorale delle assemblee parlamentari delle assemblee locali e delle istanze rappresentative dei francesi stabiliti fuori di Francia nonché le condizioni di esercizio dei mandati elettorali e delle funzioni elettive dei membri delle assemblee deliberanti delle collettività territoriali; ; - la creazione di categorie di enti pubblici ; - le garanzie fondamentali riconosciute ai funzionari civili e militari dello Stato ; - le nazionalizzazioni di imprese e i trasferimenti di proprietà di imprese del settore pubblico al settore privato. La legge determina i principi fondamentali : - dell’organizzazione generale della Difesa nazionale ; - della autonomia amministrativa delle collettività territoriali, delle loro competenze e risorse ; - dell’insegnamento ; - della tutela dell’ambiente ; - del regime della proprietà, dei diritti reali e degli obblighi civili e commerciali ; - del diritto del lavoro, del diritto sindacale e della previdenza sociale. Tuttavia, questa ripartizione di competenze tra Governo e Parlamento è stata oggetto di un’interpretazione estensiva: non solo art. 34 ma tutta la Costituzione è considerata possibile fonte di competenza legislativa se il governo non emana atti, la legge è competente, il governo “rinuncia” Italia: Riserve di legge Non esistono “riserve di regolamento” Si possono avere leggi-provvedimento? Non c’è una riserva costituzionale per il potere amministrativo La legge non prescrive i caratteri sostanziali/strutturali della legge es. legge 17 del 1982 Norme di attuazione dell'art. 18 della Costituzione in materia di associazioni segrete e scioglimento della associazione denominata Loggia P2 Art. 1 Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall’art. 18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale. Art. 5 L’associazione segreta denominata "Loggia P2" è disciolta. Il Ministro dell’interno, sentito il Consiglio dei Ministri, provvede alle conseguenti misure, inclusa la confisca dei beni. Atti normativi dell’esecutivo Legge 400 del 1988: Art. 14 - Decreti legislativi 1. I decreti legislativi adottati dal Governo ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione sono emanati dal Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto legislativo" e con l'indicazione, nel preambolo, della legge di delegazione, della deliberazione del Consiglio dei ministri e degli altri adempimenti del procedimento prescritti dalla legge di delegazione. 2. L'emanazione del decreto legislativo deve avvenire entro il termine fissato dalla legge di delegazione; il testo del decreto legislativo adottato dal Governo è trasmesso al Presidente della Repubblica, per la emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. 3. Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti. In relazione al termine finale stabilito dalla legge di delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega. 4. In ogni caso, qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni. Decreti legislativi, nascono da delega del Parlamento: Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti la Corte può censurare la legge delega es. se “definisce l'oggetto della materia delegata, ma nulla dice in ordine a qualsiasi principio o criterio direttivo” In quel caso: si dichiara l'illegittimità costituzionale (…) della legge impugnata e, per conseguenza, anche quella del decreto legislativo con cui i poteri delegati furono espletati. Un esempio: sentenza n. 280 del 2004 ( “legge La Loggia”) Legge 131/2003 Art. 1. (Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale) 4. In sede di prima applicazione, per orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai princìpi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. (…) 5. Nei decreti legislativi di cui al comma 4, sempre a titolo di mera ricognizione, possono essere individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato a norma dell’articolo 117, secondo comma, della Costituzione. 6. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti criteri direttivi: a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da salvaguardare la potestà legislativa riconosciuta alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione; b) considerazione prioritaria, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, nonché il rispetto dei princìpi generali in materia di procedimenti amministrativi e di atti concessori o autorizzatori; c) considerazione prioritaria del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione; d) considerazione prioritaria degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 51, primo comma, e dall’articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla legislazione regionale; e) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione. Sent. 280(2004 Corte costituzionale: oggetto della delega: “mera ricognizione” dei principi fondamentali vigenti» delle materie di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Il comma 4 è in ogni caso una norma dichiaratamente di "prima applicazione", finalizzata a predisporre un meccanismo di ricognizione dei principi fondamentali, allo scopo esclusivo di "orientare" l’iniziativa legislativa statale e regionale. è soltanto un quadro di primo orientamento destinato ad agevolare – contribuendo al superamento di possibili dubbi interpretativi – il legislatore regionale nella fase di predisposizione delle proprie iniziative legislative, senza peraltro avere carattere vincolante e senza comunque costituire di per sé un parametro di validità delle leggi regionali, dal momento che il comma 3 dello stesso art. 1 ribadisce che le Regioni esercitano la potestà legislativa concorrente nell’ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato, "o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti". una lettura "minimale" della delega ivi disposta, tale comunque da non consentire, di per sé, l’adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente, evitando così le prospettate censure di costituzionalità incentrate essenzialmente sulla contraddittorietà con la riconosciuta competenza parlamentare a definire i "nuovi" principi fondamentali. La delega legislativa in esame può quindi essere assimilata, date le reciproche implicazioni tra attività ricognitiva e attività di coordinamento normativo, a quella di compilazione dei testi unici per il coordinamento e la semplificazione di una pluralità di disposizioni vigenti in una determinata materia. La prassi parlamentare relativa a Va però osservato che con la prospettata lettura "minimale" – l’unica conforme a Costituzione – dell’oggetto della delega, di cui al citato comma 4, in termini di "mera ricognizione" e non di innovazione-determinazione dei principi fondamentali vigenti, appaiono in contrasto i commi 5 e 6 dello stesso articolo 1. il comma 5, disponendo che nei decreti legislativi di cui al comma 4 possano essere "individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie, ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato", estende l’oggetto della delega anche all’asserita ricognizione, nell’ambito delle materie riservate al legislatore statale, della disciplina di quelle funzioni che hanno "natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti" (…). Il Governo delegato non può però in questa ipotesi limitarsi ad una mera attività ricognitiva, giacché, dovendo identificare le disposizioni che incidono su materie o submaterie di competenza regionale concorrente, contemporaneamente riservate alla competenza esclusiva statale, deve necessariamente fare opera di interpretazione del contenuto delle materie in questione. Si tratta quindi di un’attività interpretativa, largamente discrezionale, che potrebbe finire con l’estendersi anche a tutte le altre tipologie di competenza legislativa previste dall’art. 117 della Costituzione, attraverso la individuazione e definizione delle materie e delle varie funzioni ad esse attinenti. E’ pertanto evidente che con la lettura "minimale" della delega, così come configurata dal comma 4, contrasta la disposizione del comma in esame, che amplia notevolmente e in maniera del tutto indeterminata l’oggetto della delega stessa fino eventualmente a comprendere il ridisegno delle materie, per di più in assenza di appositi principi direttivi, giacché quelli enunciati nel comma 4, a prescindere dalla mancanza di qualsiasi rinvio ad essi, appaiono inadeguati. Sotto questi profili risulta quindi chiara la violazione dell’art. 76 della Costituzione. Il prospettato contrasto con la configurazione “minimale” della delega è riscontrabile anche riguardo al comma 6 dello stesso art. 1, che, nell’indicare i criteri direttivi della delega, fa espresso riferimento ai "settori organici della materia",nonché ai criteri oggettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle "affini, presupposte, strumentali e complementari", allo scopo di individuare i principi fondamentali vigenti. E’ evidente che in questo modo viene del tutto alterato il carattere ricognitivo dell’attività delegata al Governo in favore di forme di attività di tipo selettivo, dal momento che i predetti criteri direttivi non solo evocano nella terminologia impiegata l’improprio profilo della ridefinizione delle materie, ma stabiliscono, sia pure in modo assolutamente generico, anche una serie di "considerazioni prioritarie" nella prevista identificazione dei principi fondamentali vigenti, tale da configurare una sorta di gerarchia tra di essi. Il citato comma 6 elenca infatti una serie di criteri direttivi destinati ad indirizzare, a prescindere dall’ambiguità delle singole previsioni, il Governo nella formazione dei decreti delegati, che pur dovrebbero essere "meramente ricognitivi", a prendere prioritariamente in considerazione predeterminati interessi e funzioni. L’oggetto della delega viene così ad estendersi, in maniera impropria ed indeterminata, ad un’attività di sostanziale riparto delle funzioni e ridefinizione delle materie, senza peraltro un’effettiva predeterminazione di criteri. dichiara l’illegittimità costituzionale dei commi 5 e 6 dell’art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del comma 4 del medesimo art. 1 Più frequentemente: incostituzionalità del decreto legislativoSent. 340/2007 soggetti privati hanno convenuto in giudizio un istituto bancario per sentir dichiarare la nullità di un contratto di acquisto di titoli mobiliari con esso concluso e per la condanna al risarcimento dei danni subiti per la dismissione dei medesimi Il convenuto ha notificato in ritardo la comparsa di costituzione e gli attori hanno presentato istanza di fissazione dell’udienza, la quale, ai sensi della disposizione censurata, comporta che i fatti dedotti dagli attori devono ritenersi come ammessi. Secondo il remittente, nello stabilire la cosiddetta ficta confessio in caso di mancata o tardiva notifica della suddetta comparsa, il legislatore delegato è andato al di là della delega di cui all’art. 12, comma 2, lettera a), della legge n. 366 del 2001, la quale prevedeva soltanto la concentrazione dei procedimenti e la riduzione dei termini, ma non anche una così sostanziale modifica del procedimento contumaciale, contraria alla tradizione giuridica italiana. la disposizione impugnata effettivamente ricollega alla contumacia del convenuto (cui viene equiparata la tardiva costituzione) l’effetto di una sorta di ficta confessio, dovendosi intendere come non contestati i fatti affermati dall’attore, in tal modo innovando rispetto alla consolidata giurisprudenza per cui la contumacia nel processo civile non può assumere alcun significato probatorio Tale scelta legislativa, peraltro, appare in contrasto, anzitutto, con l’art. 76 Cost., in quanto nell’art. 12, comma 2, lettera a), della legge n. 366 del 2001 manca ogni riferimento al rito contumaciale. nessuna volontà di riforma dell’istituto della contumacia trapela dai lavori parlamentari, poiché la relazione di accompagnamento al disegno di legge delega per la riforma del diritto societario non contiene alcun riferimento alla materia in oggetto il giudizio di conformità della norma delegata alla norma delegante, condotto alla stregua dell’art. 76 Cost., si esplica attraverso il confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l’uno relativo alla norme che determinano l’oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e individuando le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione; l’altro relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e criteri direttivi della delega dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), nella parte in cui stabilisce: «in quest’ultimo caso i fatti affermati dall’attore, anche quando il convenuto abbia tardivamente notificato la comparsa di costituzione, si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa». In prospettiva comparata Es. USA: “Nondelegation doctrine” (anni ’30), affermata dalla Corte suprema nei casi Panama refining 1935 – e Schechter Poultry Corp.1935) Ma è una breve parentesi (new Deal) La Supreme Court sanziona la totale assenza di “legislative standards” ma non il fenomeno della delegazione legislativa in sè Francia Costituzione 1946: Art. 13 Solo l’Assemblea vota le leggi. Essa non può delegare tale diritto. Costituzione 1958: Art. 38 Il Governo può, per l’esecuzione del suo programma, richiedere al Parlamento l’autorizzazione ad emanare con ordinanze, entro un termine stabilito, provvedimenti su misure che sono normalmente riservate alla legge. Dette ordinanze sono deliberate dal Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato. Esse entrano in vigore con la loro pubblicazione, ma decadono se il progetto di legge di ratifica non è presentato al Parlamento entro la data stabilita dalla legge di autorizzazione. Possono essere ratificate solo espressamente. (…) Decreto legge Art. 77. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Fenomeni di uso ed “abuso” nell’adozione dei decreti legislativi da parte del Governo Tentativi di correzione: Corte costituzionale verifica dei requisiti la mancanza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza inficia il dl ed anche la legge di conversione (è una violazione della Costituzione: sent. 29/1995: la evidente mancanza dei presupposti travolge entrambi gli atti sent. 84/1996: l’incostituzionalità si “sposta” sul decreto reiterato e poi sulla legge (la norma contenuta in un atto avente forza di legge vigente al momento in cui l'esistenza nell'ordinamento della norma stessa è rilevante ai fini di una utile investitura della Corte, ma non più in vigore nel momento in cui essa rende la sua pronunzia, continua ad essere oggetto dello scrutinio alla Corte stessa demandato quando quella medesima norma permanga tuttora nell'ordinamento (…) perché riprodotta, nella sua espressione testuale o comunque nella sua identità precettiva essenziale, da altra disposizione successiva, alla quale dunque dovrà riferirsi la pronunzia.) La Corte interviene sulla reiterazione 360/1996: decreto legge reiterato per 2 anni: violazione dell’art. 77 l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 77 della Costituzione, dei decreti-legge iterati o reiterati, quando tali decreti, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, abbiano sostanzialmente riprodotto, in assenza di nuovi (e sopravvenuti) presupposti straordinari di necessità ed urgenza, il contenuto normativo di un decreto-legge che abbia perso efficacia a seguito della mancata conversione. La prassi della reiterazione è incostituzionale per 5 motivi: 1. il decreto-legge iterato o reiterato - per il fatto di riprodurre (nel suo complesso o in singole disposizioni) il contenuto di un decreto-legge non convertito, senza introdurre variazioni sostanziali - lede la previsione costituzionale sotto più profili: 1. altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in legge; 2. toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessità e dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi già posti a fondamento del primo decreto; 3. attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilità di consolidare gli effetti determinati dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata. 4. Su di un piano più generale, la prassi della reiterazione, tanto più se diffusa e prolungata nel tempo - come e' accaduto nella esperienza più recente - viene, di conseguenza, a incidere negli equilibri istituzionali (v. sentenza n. 302 del 1988), alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento (art. 70 della Costituzione). 5. Non solo. Questa prassi, se diffusa e prolungata, finisce per intaccare anche la certezza del diritto nei rapporti tra i diversi soggetti, per l'impossibilità di prevedere sia la durata nel tempo delle norme reiterate che l'esito finale del processo di conversione: con conseguenze ancora più gravi quando il decreto reiterato venga a incidere nella sfera dei diritti fondamentali o - come nella specie - nella materia penale o sia, comunque, tale da produrre effetti non più reversibili nel caso di una mancata conversione finale Possono essere sindacati i presupposti di necessità ed urgenza: Sent. 128 del 2008 Esproprio del teatro Petruzzelli a favore del comune di Bari con decreto-legge art. 18, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 262 del 2006: «al fine di garantire la celere ripresa delle attività culturali di pubblico interesse presso il teatro Petruzzelli di Bari, a decorrere dalla entrata in vigore del presente decreto, il Comune di Bari acquista la proprietà dell’intero immobile sede del predetto teatro, ivi incluse tutte le dotazioni strumentali e le pertinenze, libera da ogni peso, condizione e diritti di terzi», epigrafe del decreto reca l’intestazione «Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria» nei lavori preparatori della legge di conversione, la giustificazione in generale della eterogeneità delle norme inserite nel decreto-legge è basata sulla affermazione che tutte le disposizioni concorrono alla manovra di finanza pubblica, in quanto intervengono in materia fiscale e finanziaria a fini di riequilibrio di bilancio: esigenza cui non attiene in alcun modo la disposizione relativa al teatro Petruzzelli Un problema di fonti e di diritti Sent. Corte cost. n. 171 del 2007: art. 7, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 80 (Disposizioni urgenti in materia di enti locali), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2004, n. 140, recante modifiche all’art. 58, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), per «evidente carenza del caso straordinario di necessità ed urgenza». La disposizione censurata è così formulata: «Al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per chiarire e definire i presupposti e le condizioni rilevanti per il mantenimento delle cariche pubbliche ai fini dell’ordine e della sicurezza pubblica, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’art. 58, comma 1, lettera b), dopo il numero “314” sono inserite le seguenti parole: “primo comma”». La questione viene proposta nel corso di un giudizio di impugnazione avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Messina, pronunciando su ricorsi proposti da alcuni cittadini, aveva dichiarato decaduto dalla carica il sindaco di quella città dopo che era divenuta definitiva la sentenza di condanna emessa nei suoi confronti per il reato previsto dall’art. 314, secondo comma, del codice penale (peculato d’uso). Ora, mentre l’epigrafe del decreto reca l’intestazione «Disposizioni urgenti in materia di enti locali», il preambolo è così testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni in materia di enti locali, al fine di assicurarne la funzionalità, con particolare riferimento alle procedure di approvazione dei bilanci di previsione, alle difficoltà finanziarie dei comuni di ridotta dimensione demografica ed al risanamento di particolari situazioni di dissesto finanziario». E, infatti, gli artt. 1, 4, 5 e 6 attengono ai bilanci e in genere alla finanza comunale, l’art. 2 concerne le conseguenze della mancata redazione degli strumenti urbanistici generali e l’art. 3 disciplina le modalità di presentazione delle dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali. Nulla quindi risulta, né dal preambolo né dal contenuto degli articoli, che abbia attinenza con i requisiti per concorrere alla carica di sindaco. La norma censurata si connota, pertanto, per la sua evidente estraneità rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita. Quando parliamo di fonti, parliamo di diritti: “E’ opinione largamente condivisa che l’assetto delle fonti normative sia uno dei principali elementi che caratterizzano la forma di governo nel sistema costituzionale. Esso è correlato alla tutela dei valori e diritti fondamentali. Negli Stati che s’ispirano al principio della separazione dei poteri e della soggezione della giurisdizione e dell’amministrazione alla legge, l’adozione delle norme primarie spetta agli organi o all’organo il cui potere deriva direttamente dal popolo.” “Se, anzitutto, nella disciplina costituzionale che regola l’emanazione di norme primarie (leggi e atti aventi efficacia di legge) viene in primo piano il rapporto tra gli organi – sicché potrebbe ritenersi che, una volta intervenuto l’avallo del Parlamento con la conversione del decreto, non restino margini per ulteriori controlli – non si può trascurare di rilevare che la suddetta disciplina è anche funzionale alla tutela dei diritti e caratterizza la configurazione del sistema costituzionale nel suo complesso.” Referendum Benjamin Constant: “La democrazia degli antichi e la democrazia dei moderni” (discorso all’ateneo di Parigi 1819): Democrazia degli antichi: l’individuo è perduto nella nazione, il cittadino è perduto nella città: libertà collettiva dove l’individuo è asservito all’autorità dell’insieme Sistema rappresentativo: necessaria organizzazione attraverso cui la nazione affida ad altri individui ciò che non vuole né può fare da sé Indipendenza individuale primo bisogno dei moderni: non sacrificarla per stabilire la libertà politica Istituti di democrazia diretta Elementi di democrazia diretta nell’ambito di democrazie rappresentative Recall, Abberufungsrecht (“richiamo” degli eletti in USA e Svizzera) Referendum popolari “destitutivi” Iniziativa popolare legislativa Diritto di petizione Art. 50 Costituzione italiana: Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità. Referendum abrogativo nell’ordinamento giuridico italiano: Corte di Cassazione Corte costituzionale Art. 75 Costituzione: La legge determina le modalità di attuazione del referendum. Legge 352 del 1970 Che cosa accade se una legge è modificata in pendenza di una richiesta di referendum? L. 352/1970: ART. 39 Se prima della data dello svolgimento del referendum. la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum di riferisce, siano stati abrogati, l'ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso. Un caso concreto: il legislatore modifica un articolo nella forma, ma non nella sostanza: Legge 8 agosto 1977, n. 533, art. 5: È VIETATO PRENDERE PARTE A PUBBLICHE MANIFESTAZIONI, SVOLGENTISI IN LUOGO PUBBLICO O APERTO AL PUBBLICO,FACENDO USO DI CASCHI PROTETTIVI O CON IL VOLTO IN TUTTO O IN PARTE COPERTO MEDIANTE L'IMPIEGO DI QUALUNQUE MEZZO ATTO A RENDERE DIFFICOLTOSO IL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONA. IL CONTRAVVENTORE È PUNITO CON L'ARRESTO DA UNO A SEI MESI E CON L'AMMENDA DA LIRE CINQUANTAMILA A LIRE DUECENTOMILA. ART.2. L' ARTICOLO 5 DELLA LEGGE 22 MAGGIO 1975,N.152 ,È SOSTITUITO DAL SEGUENTE: È VIETATO L'USO DI CASCHI PROTETTIVI, O DI QUALUNQUE ALTRO MEZZO ATTO A RENDERE DIFFICOLTOSO IL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONA,IN LUOGO PUBBLICO O APERTO AL PUBBLICO,SENZA GIUSTIFICATO MOTIVO. È IN OGNI CASO VIETATO L'USO PREDETTO IN OCCASIONE DI MANIFESTAZIONI CHE SI SVOLGANO IN LUOGO PUBBLICO O APERTO AL PUBBLICO,TRANNE QUELLE DI CARATTERE SPORTIVO CHE TALE USO COMPORTINO. IL CONTRAVVENTORE È PUNITO CON L'ARRESTO DA SEI A DODICI MESI E CON L'AMMENDA DA LIRE CENTOCINQUANTAMILA A LIRE QUATTROCENTOMILA. PER LA CONTRAVVENZIONE DI CUI AL PRESENTE ARTICOLO È FACOLTATIVO L'ARRESTO IN FLAGRANZA. Il comitato promotore del referendum propone un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale, è un “potere dello Stato”? La Corte costituzionale risponde agffermativamente: Ord. 17/1978 "poteri dello Stato", legittimati a proporre conflitto di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost., sono anzitutto e principalmente i poteri dello Statoapparato, ciò non esclude che possano riconoscersi a tale effetto come poteri dello Stato anche figure soggettive esterne rispetto allo Stato-apparato, quanto meno allorché ad esse l'ordinamento conferisca la titolarità e l'esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente rilevanti e garantite, concorrenti con quelle attribuite a poteri ed organi statuali in senso proprio Ord. 44 /1978: Considerato che l'art. 39 della legge n. 352 del 1970, disponendo: "se la legge, o l'atto avente forza di legge, o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, l'Ufficio centrale per il referendum dichiara che le operazioni relative non hanno più corso", non distingue ai fini della pronuncia di detto Ufficio tra le diverse ipotesi di abrogazione previste dall'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale; e con ciò stesso può dar luogo ad applicazioni lesive delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute ai firmatari delle richieste di referendum, i quali debbono essere adeguatamente tutelati dalla legge che determina le modalità di attuazione di questo istituto di democrazia diretta. Durante il giudizio per conflitto tra poteri, la Corte costituzionale solleva d’ufficio la questione di costituzionalità dell’art. 39 (di fronte a se stessa) Sent. 68/1978: giudizio sull’art. 39 della legge 352/1970 Fin dalle prime applicazioni della legge n. 352 gli interpreti hanno però rilevato che la formulazione dell'art. 39 é così ampia ed indiscriminante, da consentire che vengano frustrati gli intendimenti dei promotori e dei sottoscrittori delle richieste di referendum abrogativo: prestandosi in tal modo ad eludere o paralizzare le stesse disposizioni dell'art. 75 Cost. Effettivamente, con la previsione e con la garanzia costituzionale del potere referendario non é conciliabile il fatto che questo tipico mezzo di esercizio diretto della sovranità popolare finisca per esser sottoposto - contraddittoriamente - a vicende risolutive che rimangono affidate alla piena ed insindacabile disponibilità del legislatore ordinario: cui verrebbe consentito di bloccare il referendum, adottando una qualsiasi disciplina sostitutiva delle disposizioni assoggettate al voto del corpo elettorale. La sottoposizione della nuova legge al voto popolare, qualora essa introduca modificazioni formali o di dettaglio, corrisponde alla sostanza dell'iniziativa assunta dai promotori e dai sottoscrittori; e rappresenta la strada costituzionalmente obbligata per conciliare - nell'ambito del procedimento referendario - la permanente potestà legislativa delle Camere con la garanzia dell'istituto del referendum abrogativo. dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, limitatamente alla parte in cui non prevede che se l'abrogazione degli atti o delle singole disposizioni cui si riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina della stessa materia, senza modificare né i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente né i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative. Sent. 69/1978: risoluzione conflitto tra poteri: La Corte: dichiara che l'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, non attribuisce all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione il potere di disporre la cessazione delle operazioni del referendum relative alla disposizione dell'art. 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, abrogata e sostituita dalla disposizione dell'art. 2 della legge 8 agosto 1977, n. 533, senza avere previamente valutato se il referendum non debba effettuarsi sulla nuova disciplina legislativa; Limiti al referendum Limiti espliciti e limiti impliciti Limiti stabiliti dalla Costituzione: Art. 75. (…) Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Limiti posti dalla giurisprudenza costituzionale Leggi di rango costituzionale Leggi con forza passiva particolare (es. concordato) Viene meno una disciplina costituzionalmente “obbligata” Disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato Limiti relativi al quesito: razionale e omogeneo (oggetto) coerente (quesito in rapporto all’oggetto) chiarezza e univocità: “tale da (…) consentire all'elettore di approvare o di respingere con la dovuta consapevolezza la proposta di abrogazione, dal momento che i promotori hanno ricompreso nella loro richiesta disposizioni dal contenuto eterogeneo, comunque prive di una matrice razionalmente unitaria. “ (corte cost. 29/1993)