LEZIONE 11
Le teorie sullo sviluppo
(modernizzazione e dipendenza)
Sviluppo e Sottosviluppo
Definizione più diffusa di “SVILUPPO” in
economia:
processo cumulativo di crescita di tutti i
principali indicatori economici
(aumentata produzione/disponibilità
di beni e servizi)
 Rivoluzione industriale
 Capitalismo come forma organizzativa e
produttiva delle società moderne
Teorie dello Sviluppo/Sottosviluppo
(tarda modernità-età contemporanea)
2 principali campi di indagine:
a) Ricerca regolarità nelle dinamiche del
mutamento sociale e sviluppo
b) Ricerca spiegazioni disuguaglianze di
sviluppo tra le diverse società
a) Lo sviluppo come processo
necessario e sequenziale
mutamento sociale come processo lineare che porta
alla trasformazione delle società tradizionali agrarie in
moderne società industriali
Gli stadi della crescita economica:
 società tradizionale (sett. primario)
 pre-condizioni per il take-off
 take-off (decollo verso l’industrializzazione)
 percorso verso la maturità
 età di elevati consumi di massa (terziario)
[Rostow, 1960]
a)
LE TEORIE DELLA MODERNIZZAZIONE
(anni ’50-’60)
Ricerca di quali processi (economici, sociali, culturali e
politici) consentano ad una società tradizionale di divenir
moderna.
L’approccio struttural-funzionalista:
i paesi economicamente arretrati sono caratterizzati da
un modello di società tradizionale (fatto di elementi
culturali, strutturali e della personalità interdipendenti) la
cui forza di resistenza costituisce l’ostacolo primario da
superare per avvicinarsi allo sviluppo economico e quindi
alla società moderna
[Bert Hoselitz 1960, Marion Levy, 1966]
LE TEORIE DELLA MODERNIZZAZIONE
(anni ’50-’60)
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Tra le condizioni per la modernizzazione:
sistema sociale in grado di adattarsi ai cambiamenti;
ampia divisione del lavoro;
competenze adattabili al progresso tecnologico;
urbanizzazione;
alfabetizzazione;
diffusione dei mezzi di comunicazione di massa;
partecipazione politica/elezioni democratiche;
crescita di un senso di identità nazionale;
crescita della personalià moderna (razionalità,
emulazione, need for achievement)
Le critiche alla modernizzazione
 meccanicismo positivistico
 etnocentrismo
 enfasi sui caratteri endogeni del
territorio
 ideologizzazione (anticomunismo)
b) Teorie del Sottosviluppo e della Dipendenza
(fine anni ’60-anni ’70)
divisione mondiale del lavoro: economia capitalistica come un
mondo, diviso in un nucleo di società industrializzate (metropoli
o centro) e satelliti di società parzialmente industrializzate
(semi periferiche) o non ancora industrializzate (periferiche)
[Wallerstein 1974, Frank 1967]
dipendenza: situazione in cui le economie di alcuni paesi sono
condizionate dallo sviluppo e dall’espansione di altre aree alle
quali sono soggette
livelli di dipendenza[Dos Santos,1970]: dipendenza coloniale;
dipendenza finanziario-industriale; nuova dipendenza
 non linearità e dello sviluppo; enfasi fattori esogeni;
ideologizzazione (neomarxismo); velleitarismo delle soluzioni
prospettate
b) Teorie delle relazioni internazionali,
‘political economy’ comparata
(anni ’70-’80)
Critiche al modello di cambiamento evoluzionistico basato sulla
differenziazione strutturale (Trigilia, 1998):
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la differenziazione non comporta necessariamente l’incremento atteso
di efficienza, può accompagnarsi a problemi di integrazione che
determinano fenomeni di instabilità e blocco della modernizzazione
(critica all’interno della tradizione funzionalista)
contro la possibilità di individuare stadi di sviluppo basati su un grado
maggiore o minore di capacità di adattamento: non vi è un unico
percorso allo sviluppo, possibilità di un’evoluzione multilineare (critica
che rigetta il funzionalismo pur non essendo incompatibile con una
prospettiva evoluzionistica)
contro la possibilità di stabilire delle sequenze evolutive sulla base di
esperienze storiche passate perché presuppone una concezione della
società come sistema chiuso e coerente, organismo il cui stato futuro
può essere predetto sulla base delle sue caratteristiche strutturali in
un dato momento.
Lezione 12
Il nuovo paradigma di sviluppo:
principali concetti e qualche esempio
Ripensando al
“Mito dello Sviluppo”…
Costi umani, economici e sociali dati
dalla distruzione di risorse non
rinnovabili:
 La questione ambientale
 La coesione sociale
 La qualità della vita
 La dimensione “glocale”
…una nuova idea di Sviluppo
Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo
(SSSE,SDEC, ESDP) 1999
Il paradigma di sviluppo “nazionale”
della politica regionale (modernizzazione)
A partire dal secondo dopoguerra:
solidarietà nazionale  politiche di sviluppo:
 Pianificazione top-down
 Modelli di sviluppo esogeno
 “One Best Way”
 Polarizzazione territorio
 relazioni gerarchiche
 I 20 (o 30) “gloriosi”
La crisi del paradigma di sviluppo
A partire dagli anni ’70:
 livello macro: crescita di inflazione e disoccupazione
(crisi del welfare state)
 l. micro: emergere dei modelli di produzione flessibile
(crisi del fordismo)
 rilevanza dei fattori istituzionali (cultura elite, politiche
pubbliche, ruolo partiti, ecc.) non + visti come
esogeni rispetto all’andamento dell’economia
 legame tra i fattori istituzionali e quelli socio-culturali
(rapporti fiduciari e pratiche cooperative, reti di
relazioni sociali, ecc.)
Globalizzazione
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Forte crescita dell’interdipendenza tra
luoghi che, tradizionalmente, regolavano in
modo autonomo i fattori caratterizzanti
delle proprie strutture culturali, sociali ed
economiche:
Riduzione distanze geografiche
Riduzione confini territoriali
+ interconnessione dei processi decisionali
+ necessità di regolazione
Economica / Politica / Socio-culturale
Glocalizzazione
globale
nazionale
nazionale
locale
locale
Come cambia l’organizzazione
del territorio
Indebolimento delle forme convenzionali di:
 governo politico
 regolazione economica
Rilevanza della localizzazione nella:
 performance istituzionale
 costruzione del mercato
Territorio: contenitore ‘vuoto’  radice dell’azione sociale
(cemento dell’azione collettiva)
Lo sviluppo del modello organizzato “a
rete” (network)
Reti come sistemi di apprendimento [nuove
tecnologie + risorse cognitive + rapporti di
cooperazione]:
 Impresa-rete (neo-fordismo)
 Rete di imprese (distretti industriali)
Il Caso dei Distretti Industriali in Italia:
 Il Nord-Est (la ‘terza Italia’)
 Il Mezzogiorno
Reticoli sociali e produttività
Il concetto di capitale sociale di cui i reticoli sociali
costituiscono la struttura:
 partecipazione cooperativa sostenuta dai reticoli
sociali  risorse sociali che facilitano l’azione
collettiva
 analogie e differenze col capitale fisico e umano:
“il capitale sociale è produttivo, e rende possibile il
raggiungimento di alcuni fini che non sarebbe
raggiungibili in sua assenza (….) appartiene alla
struttura delle relazioni tra persone” (Coleman,
1991)
Il Capitale Sociale
1. uso individuale (ex. ricerca di un
impiego)
2. uso comunitario (ex. associazioni di
vicinato)
3. uso pubblico: (ex. tavoli di
partenariato per lo sviluppo locale)
Governance e modelli di reticoli
“governo” vs “governance”
 network verticali (multilevel governance):
autorità e competenza ridistribuita secondo
livelli “verticali” gerarchici; collegati a confini
territoriali che si escludono reciprocamente;
numero limitato attori; tendono a stabilizzarsi
in un ordine definito e durevole
 network orizzontali (governance
policentrica): rapporti orizzontali tra attori in
numero alto e non limitato; opera a diversi
livelli territoriali; assetto + flessibile ed
instabile; scopo comune preciso.
Il libro bianco sulla Governance
Adottato dalla Commissione Europea (Luglio 2001)
 Scopo: riformare il modo in cui l’Ue usa i poteri che
le sono stati dati dai suoi cittadini
 Perché? Per compensare il deficit democratico che
caratterizza il funzionamento delle sue istituzioni, e
che le rende distanti dai cittadini
 Fallimento metodo intergovernativo di integrazione:
2000: rifiuto danese dell’Euro
2001: rifiuto danese del Trattato di Nizza
2005: rifiuto francese Convenzione
I principi politici per realizzare la
Governance Europea
Il libro bianco ne enuncia 5:
 Apertura (Openness)
 Partecipazione (Participation)
 Affidabilità (Accountability)
 Efficacia (Effectiveness)
 Coerenza (Coherence)
Apertura e partecipazione
 Accesso alla documentazione Ue
 Sviluppo di siti web dell’Ue
 Promozione da parte degli SM di
dibattiti sull’Ue
 Coinvolgimento nella definizione
delle politiche (dialogo e
cooperazione con i governi regionali
e locali)
L’Ue e la Politica di Coesione
 1986 coesione socio-economica (AUE):
obiettivo politico tradotto in una politica
ridistributiva amministrata a livello della EC
 1988: Riforma Fondi Strutturali
(partenariato, sussidiarietà,concentrazione,
addizionalità) Fondo di Coesione
 1993: CoR (TEU) (dall’“Europa delle Rs” ad
una “geometria variabile”)
 2003: Principio di Coesione Territoriale
(Bozza Convenzione)
Diverse strutture di
cooperazione territoriale
(1)l modello intergovernativo;
(2) il modello della governance multilivello, versione ridotta;
(3) il modello della governance multilivello, versione estesa
EU
EU
MSA
MSA
MSB
RB
RA
1
EU
MSB
RA
MSA
RB
2
RA
MSA+B
RA+B
3
MSB
RB
Il principio del Partenariato
 1988: tutte le fasi devono essere seguite in stretta
collaborazione tra la Commissione e le autorità
rileventi al livello nazionale, regionale o locale
(partenariato verticale)
 1994-1999: inclusione dei partner economico-sociali
(partenariato orizzontale)
 2000-2006: richiesta di un partenariato più ampio ed
efficace in rispetto dei principi di eguaglianza di
opportunità e sviluppo sostenibile
Un caso di studio: I Patti Territoriali In Sardegna
(Bottazzi, Zurru, Pruna, 2005)
La Nuova Programmazione in Italia (influenza
Ue)
I Patti Territoriali (7 in Sardegna)




le
le
le
la
aspettative
condizioni di partenza
difficoltà normative
leadership regionale
Riferimenti Bibliografici
G.BOTTAZZI, L.PRUNA, M.ZURRU (2005) Dall’alto o dal
basso, Franco Angeli, Milano.
C.CASULA (2002) Come cambia la governance, Quaderni di
Dipartimento (DRES), Università di Cagliari, Cagliari.
C.TRIGILIA (1998), Sociologia Economica, Il Mulino,
Bologna, vol.II, Cap.2
COMMISSIONE EUROPEA (1999) SSSE: Schema di Sviluppo
dello Spazio Europeo, Approvato dal Consiglio informale dei
ministri responsabili dell'assetto del territorio- Potsdam,
maggio 1999 <http://ec.europa.eu/regional_policy>
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