SOCIOLOGIA DELLO SVILUPPO Gianfranco Bottazzi Definizione di sviluppo «un processo di cambiamento delle strutture economiche e uno straordinario potenziamento delle capacità produttive che ha consentito di avere a disposizione una quantità di beni e servizi di molto superiore a un passato anche recente, e che ha parallelamente cambiato in modo radicale le strutture e le istituzioni economiche e sociali, i modi di pensare e di essere, i modelli culturali, i comportamenti e le aspettative» (p. 4). Si tratta di una questione che investe moltissime discipline diverse, perché ha moltissimi risvolti diversi. Lo sviluppo come questione geopolitica Fino alla seconda guerra mondiale lo sviluppo non era mai stato posto "it must beera theun policy of the interno, le colonie erano territori da come problema: problema to della support free sfruttareUnited per i States bisogni mainland. people who are resisting attempted subjugation by armed Dopo laminorities IIGM contrapposizione USA-URSS 2 modelli sociali il or by outside sostegno allo sviluppo diventa una questione di egemonia politicopressures." ideologica nel quadro della guerra fredda. USA Truman doctrine, Marshall plan, timore movimenti marxisti. I piani quinquennali in URSS Each five-year plan dealt with all aspects of development: capital goods (those used to produce other goods, like factories and machinery), consumer goods (e.g. chairs, carpets, and irons), agriculture, transportation, communications, health, education, and welfare. However, the emphasis varied from plan to plan, although generally the emphasis was on power (electricity), capital goods, and agriculture. Based on a system of state ownership, the Soviet economy was managed through Gosplan (the State Planning Commission). Most information in the Soviet economy flowed from the top down. There were several mechanisms in place for producers and consumers to provide input and information that would help in the drafting of economic plans (as detailed below), but the political climate was such that few people ever provided negative input or criticism of the plan. Tra il 1928 e il 1937 la produzione siderurgica e metallurgica aumentò del 690%, la produzione di energia elettrica passò da 2,5 miliardi di kWh a 40 miliardi stakanovismo ! I piani quinquennali in URSS L’eccezionale successo produttivo del Sistema sovietico rappresentò un’arma nel confronto USA / URSS. Si formò una sorta di Soviet empire contrapposto all’impero USA: il mondo era diviso in due blocchi (più i paesi non allineati). The situation in 1953 A color-coded map of the world in 1970, showing various groups of countries Green - Non self governing possessions of US allies. Blue - US and US allies. Red - Soviet Union and other communist allies. Orange - Communist countries not aligned with the USSR. Pink - Non Communist allies of USSR Light Blue - Non NATO members of EFTA and OECD. Gray - Unknown or non aligned Il discorso di Truman del 20/1/1949 “(…) we must embark on a bold new program for making the benefits of our scientific advances and industrial progress available for the improvement and growth of underdeveloped areas. More than half the people of the world are living in conditions approaching misery. Their food is inadequate. They are victims of disease. Their economic life is primitive and stagnant. Their poverty is a handicap and a threat both to them and to more prosperous areas. il concetto di and the skill to relieve the suffering of For the first time in history, Nasce humanity possesses the knowledge these people. sottosviluppo e l’idea di politiche lo sviluppo I believe that we should make available toper peace-loving peoples the benefits of our store of technical (…) knowledge in order to help them realize their aspirations for a better life. And, in cooperation with other nations, we should foster capital investment in areas needing development. Our aim should be to help the free peoples of the world, through their own efforts, to produce more food, more clothing, more materials for housing, and more mechanical power to lighten their burdens. (…) It must be a worldwide effort for the achievement of peace, plenty, and freedom.” Altri fattori che favoriscono la «scoperta» dello sviluppo: Decolonizzazione Informazione Sensibilità Il realtà il sottosviluppo comincia molto prima … Colonialismo Fino alla metà dell’800 il livello di sviluppo economico e tecnico era piuttosto simile in tutto il mondo. La rivoluzione industriale (tecnologia) cambia completamente lo scenario: GDP (PPP) per capita. Il colonialismo ha effetti devastanti: • Distrugge le strutture economiche e produttive • Decima la popolazione • Distrugge le forme di economia e società tradizionali • Costruisce l’idea di civiltà superiori e civiltà inferiori («civilizzare, evangelizzare, portare la cultura»), interiorizzata dagli stessi colonizzati (pensiamo alla lingua) Pensiamo all’idea degli italiani brava gente, andati in Etiopia a costruire strade e scuole … GDP per capita in 1990 US dollars GDP (PPP) per capita in 1990 International Dollars 30000 25000 20000 15000 10000 5000 0 Country / Region 1 1000 1500 1600 1700 1820 1870 1913 1950 World West European average West Asia USA UK Switzerland Sweden Spain Portugal Other Latin America Other east Asia Other Norway Netherlands Mexico 444[7] 400 [7] 522 400 400 425 400 435 [7] 400 [7] 621 400 400 410 400 450 400 425 539 400 425 400 425 400 425 400 400 425 400 565 774 590 400 714 632 695 661 606 410 554 472 610 761 425 593 894 591 400 974 750 824 853 740 431 564 525 664 1,381 454 616 997 591 527 1,250 890 977 853 819 502 561 584 723 2,130 568 667 1,202 607 1,257 1,706 1,090 1,198 1,008 923 661 568 711 801 1,838 759 867 1,960 742 2,445 3,190 2,102 1,662 1,207 975 677 594 1,027 1,360 2,757 674 1,510 3,457 1,042 5,301 4,921 4,266 3,096 2,056 1,250 1,438 842 1,840 2,447 4,049 1,732 2,114 4,104 4,578 11,417 1,776 4,854 9,561 16,689 6,939 12,025 9,064 18,204 6,739 13,493 2,189 7,661 2,086 7,063 2,531 4,435 771 1,485 2,538 7,614 16,689 5,430 11,323 5,996 13,082 2,365 4,853 6,709 19,912 5,899 29,037 21,310 22,243 21,555 21,310 17,021 21,218 13,807 5,465 19,151 3,854 17,351 26,035 21,480 7,137 Latin American average 400 400 416 438 527 691 676 1,493 2,503 4,513 5,786 Japan Italy India Germany France Former USSR Finland Eastern Europe Denmark China Belgium Austria 400 425 450 450 400 400 400 400 450 425 974 600 425 1,387 2,564 673 9,561 3,648 3,485 1,488 6,939 2,111 1,527 3,912 3,502 552 2,841 2,114 4,220 1,921 3,465 890 619 1,921 3,502 619 3,881 5,271 2,841 4,253 2,120 6,943 448 5,462 3,706 12,025 11,434 11,434 10,634 10,634 400 400 400 400 450 450 425 500 1,100 550 688 727 499 453 462 738 600 875 1,250 707 616 610 472 450 444 400 450 435 425 400 1 1000 Asian average (excl. Japan) Africa 714 600 565 550 500 499 414 400 11 1500 World 457 472 USA 593 552 550 520 422 400 11 466 1600 425 Japan 600 570 550 527 421 11 572 1700 414 Italy 520 1,100 550 791 841 552 538 516 875 600 976 1,706 1,257 1,117 837 688 669 667 600 533 420 570 1,100 550 910 910 610 638 566 1,039 6003,190 2,445 1,144 1,499 993 943 867 737 1820 1870 533 530 500 576 572 422 421 India Former USSR 669 1,117 533 1,077 1,135 688 781 636 1,274 600 1,319 1,218 737 1,499 533 1,839 1,876 943 1,140 5,301 871 4,921 2,003 530 2,564 2,692 1,510 1,488 1,387 1,863 673 637 577 420 China 552 448 548 658 639 500 637 890 1913 Africa 1950 UK 1973 853 11,966 13,114 6,059 6,059 11,085 4,985 4,104 13,945 838 12,170 1,410 85311,235 838 2003 29,037 21,218 19,151 2,160 19,144 21,861 5,397 6,709 20,513 5,397 5,461 4,803 23,133 4,803 2,160 21,205 1,549 21,231 1,225 3,842 1,410 1,549 1973 2003 Scuole di pensiero (capitoli) 1. Sviluppo come crescita economica 2. Modernizzazione 3. Dipendenza 4. Nuovo ordine economico mondiale (basic needs e self-reliance) 5. Sviluppo sostenibile 6. Le alternative allo sviluppo (decrescita) Economia dello sviluppo (anni ‘50) Banalmente, originariamente la questione era fornire risorse sufficienti a garantire un livello di vita accettabile alle persone che vivevano in condizioni di miseria: per questo l’economia è stata la prima disciplina che si è occupata del problema. 1. Individuare elementi descrittivi del sottosviluppo (demografici, economici, sociali) 2. Costruire un modello di economia sottosviluppata In particolare, modello del «circolo vizioso» del sottosviluppo: dipende essenzialmente da fattori endogeni secondo uno schema circolare. Economia dello sviluppo (anni ‘50) «Circolo vizioso del sottosviluppo» Il sottosviluppo dipende da fattori endogeni secondo uno schema circolare (p. 32). Popolazione «arretrata», Risorse insufficienti Bassa produttività Redditi bassi Scarsi investimenti Scarsi capitali Scarsa domanda Scarso risparmio Le società sottosviluppate sono in uno stato stazionario ai limiti della sussistenza che si autoriproduce. Le società sviluppate invece grazie all’aumento della produttività generano ricchezza aggiuntiva. Economia dello sviluppo (anni ‘50) Critiche alla teoria del circolo vizioso 1. Le categorie economiche valide per l’occidente non è detto che valgano anche per le società del Terzo Mondo (per es. risparmio, produttività, accumulazione, etica del lavoro) 2. Che cosa aveva consentito ad alcuni paesi da uscire dal circolo vizioso? Quali fattori esogeni avevo consentito di spezzarlo? Su quali fattori quindi è necessario puntare? La dotazione di capitale 1. Investimenti esteri 2. Prestiti 3. Doni Economia dello sviluppo (anni ‘50) Ma come impiegare il capitale? Opinioni diffuse: 1. Ottimismo su uscita rapida dal sottosviluppo (Piano Marshall) 2. Le cause del sottosviluppo erano più o meno le stesse dappertutto (scarsa tecnologia, comportamenti economici irrazionali, no imprenditorialità, …) Le società sottosviluppate dovevano ripercorrere la strada seguita da quelle sviluppate 3. Crescita economica come obiettivo principale (growth invece di development), nessun problema distributivo anzi, poiché i ricchi hanno una maggiore propensione al risparmio (=investimento), un certo grado di disuguaglianza favorisce la crescita. Inoltre, trickle down e sviluppo istituzionale 4. Lo sviluppo deve essere guidato dall’agricoltura e dall’industria pesante 5. Ruolo fondamentale dei governi centrali (programmazione/pianificazione) Ma cosa significa donare presso i Kwakiutl? Significa sostanzialmente dimostrare la propria superiorità umiliando chi riceve il regalo. Significa sfidare. “(il potlàc) esclude ogni mercanteggiamento e, in generale, è costituito da un considerevole dono di ricchezze ostensibilmente offerte con il fine di umiliare, di sfidare o di obbligare un rivale. Il valore di scambio del dono risulta dal fatto che il Teorie donatario, perdualistiche cancellare l’umiliazione e raccogliere la sfida, deve soddisfare all’obbligo da lui contratto in occasione dell’accettazione, di rispondere ulteriormente con un dono più importante, cioè di Contrapposizione tra il modello sociale fondato sull’economia capitalistica (imposto dal restituire ad usura”. colonialismo) e il sistema sociale locale di tipo tradizionale “Tutto il sistema economico della costa nord-occidentale era al servizio di questa ossessione. Un capo aveva due modi per ottenere la vittoria a cui ambiva. L’uno consisteva nel gettare vergogna sul rivale donandogli molto di più di quanto lui potesse restituire con l’interesse richiesto. L’altro consisteva nella distruzione di beni. In ambedue i casi il donatore reclamava una contropartita, benché nel primo caso Elementi avversi allo sviluppo, soprattutto di tipo culturale ricerca di gratificazioni le sue ricchezze aumentassero e nel secondo diminuissero. [...] La distruzione dei beni poteva avvenire sociali e non economiche = economia di sussistenza (no surplus) in molte forme. Gare di distruzione erano grandi potlàc in cui si consumavano enormi quantità di olio di pesciPotlach candela. Se ne dava in abbondanza agli ospiti, e lo si gettava anche sul fuoco. Poiché gli ospiti sedevano vicini al focolare, il calore emanante dalle fiammate d’olio li metteva in gran disagio, e anche paesiparte sottosviluppati pochi centrisarebbe «moderni» vasti territori «tradizionali»: scarsi questoNei faceva della contesa, perché statoevergogna per loro non rimanere immobili ai contatti tra i 2 mondi. loro posti, per quanto alto il fuoco balzasse, sfiorando le travi del tetto. Anche l’anfitrione doveva far mostraLadella più assoluta indifferenza di fronte minacciata distruzione sua casa. larga disponibilità di manodopera nonalla crea incentivi allo sviluppodella economico ad[...] Se la festa superava qualsiasidialtra il capo invitato avesse mai offerta ai suoi ospiti, egli doveva lasciare la elevata intensità capitale. casa e cominciare i preparativi per una festa di restituzione più ricca ancora di quella offerta dal rivale. Se invece credeva che non eguagliasse le feste che lui aveva già date, copriva d’insulti l’ospite, che procurava di ristabilirediinpolitica qualchevolti modo il suo prestigio. Poteva, a questo scopo, mandaresidegli uomini Gli esperimenti a trasferire forza lavoro dall’agricoltura all’industria a rompere in pezzi canoe per alimentare fuoco. [...]”. rivelarono delquattro tutto fallimentari: carestie e ildipendenza Economia dello sviluppo (anni ‘50) Economia dello sviluppo (anni ‘50) A.O. Hirschman Bisogna comprendere la razionalità occulta dei comportamenti e delle istituzioni. … ergo, bisogna conoscere a fondo la realtà nella quale si va ad intervenire, e non applicare ricette generali valide universalmente. «lo sviluppo dipende non tanto dal trovare combinazioni ottimali per risorse e fattori produttivi dati, quanto dal suscitare e mobilitare per lo sviluppo risorse e capacità nascoste, disperse o malamente utilizzate» (p. 51). Teoria della modernizzazione (anni ‘60) Consapevolezza che lo sviluppo non è solo una questione economica (Myrdal) importanza dei fattori sociali e culturali, strettamente intrecciati ai fattori economici. Bisogna cambiare gli atteggiamenti e le istituzioni! (come era accaduto in Europa un secolo prima) le società tradizionali hanno caratteristiche simili e la transizione alla modernità segue una traiettoria generale i paesi sottosviluppati devono seguire lo stesso percorso di quelli sviluppati occidentalizzazione. Struttural-funzionalismo come orizzonte teorico Teoria della modernizzazione (anni ‘60) Paradigma della modernizzazione: a. Società moderne e tradizionali hanno caratteri contrapposti: ruoli ascritti vs acquisiti, particolarismo vs universalismo, ruoli diffusivi vs. specifici. Modernizzazione significa sostituire i caratteri tradizionali con quelli moderni b. Evoluzionismo: il mutamento è unidirezionale, progressivo e graduale, idea di progresso c. La modernizzazione è irreversibile e positiva: diffusione dei valori e delle istituzioni occidentali d. La modernizzazione è sequenziale (Rostow): 1. società tradizionale, 2. condizioni preliminari per il decollo, 3. decollo, 4. maturità, 5. consumo di massa tutti i paesi seguiranno lo sviluppo capitalistico Teoria della modernizzazione (anni ‘60) Paradigma della modernizzazione: e. La modernizzazione è un processo sistemico: cambiano tutti i componenti del sistema sociale (urbanizzazione, alfabetizzazione, monetizzazione, partecipazione politica, …) f. Cambiano valori, atteggiamenti e comportamenti (need for achievement, personalità mobile, empatia) g. Crescita economica e dunque industrializzazione: i cambiamenti implicano quelli sociali h. La modernizzazione produce convergenza tra le diverse società i. Modernizzazione come americanizzazione (industriale, sociale, valoriale) Teoria della modernizzazione (anni ‘60) La teoria della modernizzazione come ideologia Indubbiamente la TdM ha individuato diversi elementi centrali dello sviluppo: per esempio? Però, la TdM è stato anche un potente strumento ideologico per combattere la guerra fredda presentando il modello occidentale (americano) idealizzato come l’unico da seguire. L’aiuto allo sviluppo era un’arma per l’egemonia occidentale contro l’URSS. Teoria della modernizzazione (anni ‘60) I limiti L’ottimismo e l’automatismo della TdM si rivelarono erronei. La Teoria della dipendenza si sviluppò proprio come critica della TdM. Critiche a: La crisi della TdM fu fondamentalmente una crisi ideologica Linearità dello sviluppo si danno molteplici sentieri di sviluppo (Barrington Moore) Sviluppo come processo endogeno Sviluppo economico come condizione sufficiente per la modernizzazione le società in via di sviluppo combinavano strutture politiche moderne con tratti sociali e culturali tradizionali. Bisognava comprendere le società tradizionali nelle loro specificità lo sviluppo del Terzo Mondo non era né inevitabile né uniforme (Bendix). Dicotomia tradizione/modernità: tipi ideali non realtà (reificazione) Teoria della modernizzazione (anni ‘60) Gino Germani Le società moderne non hanno tutte gli stessi caratteri, ma condividono un nucleo che rappresenta l’insieme delle condizioni necessarie ma non sufficienti. Anche se lo sviluppo è un processo sistemico, non vi è un unico Secolarizzazione: percorso di sviluppo perché il 1. dall’azione prescrittiva all’azione processoelettiva di secolarizzazione non si uniformemente in tutti gli 2. dall’istituzionalizzazionesviluppa della tradizione all’istituzionalizzazione del mutamento (conflitti) ambiti delladelle società 3. Differenziazione e specializzazione funzioni La secolarizzazione avviene a diversi livelli: a) Psicosociale (atteggiamenti e comportamenti) b) Normativo (istituzioni, valori, norme) Teoria della dipendenza (anni ‘70) La crisi della Teoria della modernizzazione dà spinta all’affermazione della teoria della dipendenza, che si sviluppa in America Latina. L’evidenza dimostrava che il libero mercato non stava favorendo lo sviluppo dei paesi latinoamericani, ma che anzi si stavano impoverendo, in particolare a causa della specializzazione produttiva che creava dipendenza economica. CEPAL/ONU bisognava diversificare la struttura produttiva, sviluppando i settori necessari ai consumi interni. Gli incentivi all’insediamento delle multinazionali avevano dato risultati deludenti: industrializzazione limitata, profitti rimpatriati, pressioni e ingerenze politiche. Teoria della dipendenza (anni ‘70) A metà degli anni ‘60 la situazione economica, sociale e politica in America Latina era estremamente precaria: elevata inflazione, disoccupazione, forti tensioni sociali, regimi dittatoriali. L’unica soluzione che sembrava possibile era l’abbandono del modello capitalistico a favore di una soluzione socialista. Lo spunto ideologico fu opera soprattutto di intellettuali marxisti ortodossi nord-americani … e si diffuse rapidamente in America Latina. Il caso emblematico dell’Argentina Teoria della dipendenza (anni ‘70) Elementi della TdD: a) Il sottosviluppo non è uno stato originario ma il prodotto delle relazioni tra paesi occidentali e periferia (i paesi capitalistici non sono mai stati sottosviluppati b) Sviluppo e sottosviluppo sono 2 facce della stessa medaglia c) Il sottosviluppo è causato dalla sottrazione di risorse verso i paesi sviluppati d) Questo è reso possibile dalla subordinazione agli interessi dei paesi capitalisti e delle multinazionali e) Il sottosviluppo si manifesta anche nelle strutture sociali e politiche f) Il sottosviluppo si perpetua in una condizione di dipendenza Teoria della dipendenza (anni ‘70) Soluzioni alternative: 1) Bisogna uscire dalla logica capitalistica tramite una rivoluzione socialista (Frank) 2) Instaurare la democrazia coinvolgendo le masse, no rivoluzione (CEPAL) 3) Si può avere sviluppo anche in una condizione di dipendenza (Cardoso) Teoria della dipendenza (anni ‘70) La TdD si diffonde anche al di fuori dell’America Latina. S. Amin è uno dei precursori della teoria del sistema-mondo: • Il sistema capitalistico si è sviluppato grazie al dominio esercitato dai paesi centrali su quelli periferici (colonialismo). • Due tipi di capitalismo autocentrato ed extravertito • I paesi del Terzo Mondo sono condannati ad una condizione di sottosviluppo • È necessario sganciarsi dal sistema capitalistico mondiale per perseguire un modello socialista Teoria della dipendenza (anni ‘70) Limiti della TdD Empirici: • Molti paesi stavano progressivamente uscendo dal sottosviluppo • I paesi socialisti erano in gravi difficoltà (URSS, Cina, Cuba), caso estremo della Cambogia Teorici: • Teoria troppo ideologica • Nessuna considerazione dei fattori interni ai paesi sottosviluppati • Nessuna spiegazione dei meccanismi specifici della dipendenza Teoria della dipendenza (anni ‘70) La teoria del «sistema-mondo» (Wallerstein) A partire dal XVI secolo si forma un’«economia-mondo» europea (vs. mini-sistemi e imperi-mondo): «catene delle merci», singola divisione del lavoro e molteplici sistemi politici indipendenti. Il sovrappiù prodotto era appropriato dal centro, mentre la periferia si impoveriva. Nel corso del tempo il sistema si espandeva sempre più, fino all’unificazione nel XIX secolo: è il sistema-mondo capitalistico. Oltre allo sfruttamento del lavoratore da parte del capitalista, vi è lo sfruttamento della periferia da parte del centro, con la mediazione della semi-periferia La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80) Già nel corso degli anni ‘60 era diventato chiaro che l’impostazione degli aiuti allo sviluppo non aveva dato i risultati sperati: • La crescita demografica aveva assorbito la crescita economica. • Spesso agli aiuti corrispondeva una contropartita politica • Gli aiuti servivano alla guerra fredda (investimenti militari) • Gli aiuti erano pensati per favorire le multinazionali esportatrici Inoltre, è legittimo chiedersi quali sono gli effetti indesiderati degli aiuti economici ai paesi in via di sviluppo. La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80) Le vicende petrolifere degli anni ’70 colpiscono in modo particolare i PVS non produttori di petrolio: indebitatisi negli anni ‘60, vengono schiacciati dal rialzo dei tassi d’interesse nei primi anni ‘80. Sono così costretti a contrarre nuovi debiti per pagare gli interessi. È la spirale del debito WB e FMI garantiscono i debiti in cambio di riforme strutturali. Molti paesi fanno default in questi decenni. È anche il periodo dell’impegno in favore dell’Africa. La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80) I limiti ecologici dello sviluppo erano sempre più evidenti. L’interdipendenza globale era evidente. Nel 1973 i paesi non allineati proposero un Nuovo ordine economico internazionale (NOEI) unità del Terzo Mondo, potere contrattuale (crisi petrolifere) mercati più equi, maggiori trasferimenti finanziari, maggiore equilibrio politico Fine anni ’70 niente di fatto La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80) Mito terzomondista (in occidente): è in questi paesi che è possibile tornare ad uno stato di natura equilibrato e benevolo, in contrasto con la malvagità dell’occidente sviluppato. Mito che si scontra con l’evidenza delle atrocità commesse da governi locali e con l’eterogeneità sociale, politica e culturale del Terzo Mondo stesso. Lo stesso Terzo Mondo si andava differenziando, per es. NICs e Quarto Mondo. La crisi del paradigma dello sviluppo (anni ‘70-‘80) Lo sviluppo alternativo Nelle loro differenze, la TdM e la TdD condividevano una stessa visione dello sviluppo: crescita economica, sviluppo industriale, aumento dei consumi, urbanizzazione, scolarità, … Ma l’evidenza empirica era fallimentare. Già negli anni ‘70 inizia ad essere elaborata una nuova concezione dello sviluppo, basata sui basic needs e sulla self-reliance: lo sviluppo è un processo che parte dal basso, con il coinvolgimento delle popolazioni. Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80) Prima dello sviluppo economico, è necessario assicurare i bisogni essenziali della popolazione: cibo sufficiente, abbigliamento, casa, lavoro. Sconfiggere la povertà assoluta, intervenendo anche sulla distribuzione del reddito: l’eccessiva concentrazione è un ostacolo allo sviluppo. Self-reliance abbandonare gli stili di vita occidentali Sviluppo rurale (non industriale), servizi domestici, sanità, sussidi alimentari e capitale umano non solo reddito Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80) Gli interventi del FMI ostacolarono gli investimenti in welfare. Ma a partire dagli anni ‘80 vi è una forte crescita delle ONG che lavorano proprio sui basic needs. Ambiguità e rischi dell’approccio dei basic needs. Bisogni essenziali e self-reliance (anni ‘80) Dall’approccio dei basic needs si sviluppa quello della self-reliance: i pvs devono contare sulle loro capacità e risorse, anche al fine di allentare la dipendenza dall’esterno. Self-reliance significa produrre internamente ciò che è necessario per soddisfare i basic needs, e quindi rifiutare la penetrazione economica e culturale non si devono imitare i paesi sviluppati. Produrre localmente per consumare localmente, al massimo selfreliance collettiva. Enfasi su comunità e relazioni locali; anticapitalismo; antistatalismo. Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90) Già dall’inizio degli anni ‘70 emerge la questione della sostenibilità della crescita in un mondo con risorse finite The Limits to growth del Club di Roma mostrava come crescita della popolazione, della produzione agricola e industriale e dell’inquinamento avrebbero avuto conseguenze catastrofiche. Bisognava porre dei limiti alla crescita, puntare alla «crescita zero». Il libro ebbe grandissimo successo, anche se le previsioni si sono rivelate in gran parte sbagliate il merito sta nell’aver messo a fuoco la questione della sostenibilità di medio-lungo periodo della crescita. Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90) Critiche alla proposta della «crescita zero» e i paesi non ancora sviluppati? E le risorse non rinnovabili? Rapporto Brundtland (1987) sviluppo sostenibile: «quello che consente di soddisfare i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di soddisfare i loro». Varie conferenze/summit internazionali, in particolare Kyoto 1997. Uno degli sviluppi teorici più interessanti è quello della teoria dei commons Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90) Elementi dell’approccio dello sviluppo sostenibile: • la crescita deve proseguire • rispettando i limiti delle risorse e i bisogni delle generazioni future • al fine di soddisfare i bisogni umani piuttosto che criteri di utilità economica. Lo sviluppo pone quindi un problema di sostenibilità ecologica (protezione ecosistemi), economica (eco-efficienza delle risorse) e sociale (equità distributiva) spesso le tre prospettive sono in conflitto tra loro. Lo sviluppo sostenibile è la visione mainstream, pur con molte differenziazioni al suo interno: ottimisti vs. pessimisti. Lo sviluppo sostenibile (anni ‘90) Dal punto di vista dell’equità Nord/Sud, la prospettiva dello sviluppo sostenibile pone dei problemi: interessi e sensibilità sono diversi e in conflitto. La prospettiva della crescita zero penalizza i pvs: sono troppi, non hanno coscienza ambientale, sono responsabili dei danni ambientali. Concetto di spazio-ambiente: i paesi sviluppati utilizzano risorse dei pvs, compromettendo il loro sviluppo (vedi anche rifiuti): Importazione di terra – esportazione di costi ambientali. Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Due reazioni alla crisi del «paradigma dello sviluppo»: 1) Sviluppo alternativo 2) Alternative allo sviluppo A livello governativo (mondiale, locale) rimane dominante la concezione classica dello sviluppo, anche se influenzata dalle nuove prospettive. Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Sviluppo alternativo È chiaro che capitale e tecnologia non sono sufficienti. Enfasi sulla partecipazione dal basso (self-reliance) comunità come risorsa di capitale sociale. Sviluppo partecipato (bottom-up) con progetti di piccola scala: promosso dalla banca Mondiale. Parola d’ordine: empowerment avere il controllo sulla propria vita (Sen) Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Sviluppo alternativo L’enfasi sulla comunità si accompagna ad una crescente diffidenza nei confronti dei governi. Le ONG acquistano sempre più rilevanza nello sviluppo dei pvs, promuovendo progetti su piccola scala coinvolgendo le comunità locali. Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Sviluppo alternativo Commercio equo e solidale consente ai produttori locali di ottenere compensi equi e rispettosi, quindi riduzione povertà, prezzo equo. Cerca di superare le asimmetrie di mercato di cui sono vittime i produttori locali, le ONG si propongono di ristabilire condizioni di equità nello scambio Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Sviluppo alternativo Microcredito (Yunus) far uscire dalla povertà erogando piccoli crediti per avviare attività economiche. Elementi di base: Group lending gruppo di debitori legati da solidarietà reciproca Lending to women migliori clienti, attente al welfare famigliare Il microcredito si è sviluppato enormemente, anche in Italia (per es. Banca Etica) Gli approcci Mainstream economico, macro-strutturale Innovazione sviluppo bottom-up Counterpoint normativo, individuale Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Le alternative allo sviluppo Critica allo sviluppo come sola questione economica, critica ai fondamenti dell’economia accademica, critica al capitalismo movimento per la decrescita Lo sviluppo è (anche) giudizio di valore: sviluppo come libertà positiva, sostanziale (Sen) bisogna essere messi nelle condizioni di realizzare le proprie aspirazioni Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Le alternative allo sviluppo Critica dell’«ideologia» del mercato (e del FMI) (Polanyi, Sen, Stiglitz) Il protezionismo in alcuni settori consente lo sviluppo proteggendo dalla concorrenza dei paesi forti Sono noti i fallimenti del mercato Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Dopo sviluppo e decrescita Lo sviluppo va rifiutato perché ha prodotto gravi danni all’ambiente e alle popolazioni povere. Sviluppo come occidentalizzazione. Lo sviluppo non può essere sostenibile, soluzione antimodernista decrescita Le alternative allo sviluppo (anni ’90-’00) Dopo sviluppo e decrescita Il movimento della decrescita rifiuta il dogma della crescita economica le risorse naturali sono limitate, anche dal punto di vista sociale si producono disuguaglianze. È necessaria un’organizzazione della vita sociale ed economica radicalmente diversa. Conclusioni Il tema dello sviluppo appare saldamente nelle mani delle istituzioni del Washington consensus (World Bank, International Monetary Fund, G8). Revival della cd. neo-modernizzazione (anche per la scomparsa dell’URSS): stesso obiettivo ma meno meccanicamente, importanza dei fattori culturali alcune culture sono portatrici di valori avversi allo sviluppo il problema è quindi quello di diffondere valori favorevoli al progresso e allo sviluppo, cioè quelli occidentali (Huntington, Harrison). Conclusioni Anche la ricetta di J. Sachs in The End of Poverty si inserisce nel solco della neo-modernizzazione le società tradizionali devono assumere caratteri di quelle aperte (occidentali): diritti di proprietà, divisione del lavoro, mobilità, … Millennium Development Goals