Proff.sse Astone Maria Rosa Thiella Catterina Silene Tonizzo Raffaella Cenni storici La Geometria ellittica La Geometria iperbolica Le Geometrie non euclidee e la Fisica Considerazioni finali La geometria euclidea ha caratterizzato la matematica e la fisica per oltre venti secoli La sua validità era anche uno dei principi fondamentali della filosofia di Kant. L’opera di Euclide “Elementi “(circa 300 a. C.) è stata usata come ” bibbia matematica” e i cinque postulati di Euclide sono stati considerati alla base del metodo assiomatico. Prima di Talete (cira 600 a. C.) le entità geometriche erano vincolate agli oggetti materiali. La concezione astratta degli enti geometrici svincolata dagli oggetti materiali e dalla loro rappresentazione, è merito del pensiero greco sviluppatosi con Euclide. I postulati di Euclide sono stati in armonia con le comuni intuizioni fisico geometriche degli oggetti materiali. La scoperta delle geometrie non euclidee ha rivoluzionato questa armonia. Le prime 28 proposizioni del I libro di Euclide sono dimostrate senza l’uso del V postulato, quasi Euclide volesse servirsene il più tardi possibile, consapevole della difficoltà della sua evidenza. A causa di ciò sin dall’inizio si cercò di dimostrarlo a partire dagli altri quattro, con la convinzione che non fosse indipendente da questi. I primi tentativi furono rivolti a modificare la definizione di rette parallele, in modo da far apparire ovvia l’esistenza di una sola retta, passante per un punto, parallela alla retta data. Nel I sec. a.C. Posidonio definisce complanari due rette equidistanti, servendosi “gratuitamente” del fatto che il luogo dei punti equidistanti da una retta sia ancora una retta. Non fornisce dunque una definizione logicamente equivalente. Nel 1693 Wallis ricavò il V postulato ammettendo che per ogni figura ne esiste una simile e di grandezza arbitraria. In realtà egli non fece altro che sostituire il V postulato con uno logicamente equivalente. L’impossibilità di ricavare il V postulato a partire dai primi quattro portò alla conclusione che il V postulato era indipendente dagli altri assiomi.. L’opera di Saccheri rappresentò il tentativo più ingegnoso per affrontare il V postulato mediante una dimostrazione “a contrariis”: egli assunse come punto di partenza la negazione del V postulato, se tale negazione fosse risultata falsa nel corso del procedimento dimostrativo, allora il postulato (che costituisce il suo contrario) sarebbe risultato vero. Questo modo di ragionare suggerì ai matematici il modo per dimostrare non solo che il V postulato non era dimostrabile, ma anche la via per individuare le nuove geometrie non euclidee. afferma: Se una retta terminata, incontrando due altre, forma con esse, da una medesima parte, angoli interni la cui somma sia minore di due retti, quelle due rette, prolungate indefinitivamente, si incontrano dalla parte da cui stanno gli angoli la cui somma è minore di due retti. Sotto questa forma il V postulato è detto : POSTULATO DELL’INFINITA’ DELLA RETTA Il V postulato è logicamente equivalente al seguente: Fissati nel piano un punto P ed una retta r, non passante per P, esiste ed è unica la retta s passante per P e parallela alla retta prefissata r Sotto questa forma il V postulato è detto : POSTULATO DELLE PARALLELE Si definiscono “Geometrie non euclidee“ quelle geometrie che, non accettando il V postulato, lo negano proponendo in alternativa i seguenti due postulati: Postulato 5a : Non esiste alcuna retta s passante per il punto P e parallela ad una retta r prefissata. Questo postulato nega il V postulato in relazione all’esistenza della parallela ad una retta condotta per un punto. Postulato 5b : Esistono almeno due rette s’ e s’’ passanti per il punto P e parallele ad una retta prefissata r. Questo postulato nega il V postulato in relazione all’unicità della parallela ad una retta condotta per un punto. Le tre Geometrie sono state definite da Klein rispettivamente: Geometria parabolica EUCLIDE RIEMANN BOLYAI LOBACEVSKIJ Geometria ellittica Geometria iperbolica La Geometria ellittica o riemanniana si ottiene “depennando” il V postulato e ponendo al suo posto il postulato 5a. Essa sarà “non contradditoria“, ossia non porterà mai ad affermare un asserto e contemporaneamente il suo opposto, se è possibile trovare un modello che soddisfi sia ai primi quattro postulati scritti da Euclide che al postulato 5a. Per stabilire un modello bisogna scegliere gli elementi primitivi. Gli enti primitivi della Geometria di Riemann sono: Il piano di Riemann Il punto di Riemann Il retta di Riemann Esso è costituito da una qualunque superficie sferica Esso è costituito da una qualunque coppia di punti diametralmente opposti sulla superficie sferica Essa è costituita da una qualsiasi circonferenza massima In generale, si fanno corrispondere alle rette del piano le linee geodetiche di una superficie curva. Queste ultime infatti conservano la principale caratteristica delle rette e precisamente sono le linee più brevi che sulla superficie congiungono due punti dati. Sulla superficie della sfera le geodetiche sono proprio le circonferenze massime, cioè quelle circonferenze che si ottengono intersecando la superficie della sfera con piani passanti per il centro della sfera. Esempi familiari sono i meridiani e l'equatore, non lo sono i paralleli. Sulla superficie della sfera non esistono 'rette' o meglio geodetiche che non si incontrano, quindi non esistono parallele. Nella figura sono rappresentati due meridiani perpendicolari all'equatore e che si incontrano perpendicolarmente al polo Nord. Si vede che la somma degli angoli interni del triangolo curvilineo ABN è 270°. In generale la somma degli angoli interni di un triangolo di questo tipo è sempre maggiore di 180° e non è costante per tutti i triangoli. Mentre nella geometria euclidea la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre 180°, nella geometria ellittica la somma degli angoli interni del triangolo è variabile e dipende dalla grandezza del triangolo. La Geometria iperbolica o di BolyaiLobacevskij cancella il V postulato e pone al suo posto il postulato 5b. Essa sarà “non contradditoria“ se è possibile individuare un modello che soddisfi sia ai primi quattro postulati scritti da Euclide che al postulato 5b. Per stabilire un modello bisogna scegliere gli elementi primitivi. Gli enti primitivi della Geometria di Bolyai-Lobacevskij sono: Il piano di Klein Il punto di Klein Il retta di Klein Esso è costituito dalla superficie interna ad un qualunque cerchio Esso è costituito da un qualsiasi punto interno al cerchio Essa è costituita da una qualunque corda della circonferenza Un modello intuitivo, didatticamente utile per la geometria iperbolica o di Lobacevskij è un po' più complesso. In particolare, non esiste un modello che rappresenti globalmente una geometria di questo tipo. Si può prendere una superficie a forma di sella, o meglio la pseudosfera. Il triangolo curvilineo ABC su un pezzo di pseudosfera è il corrispondente di un triangolo rettilineo del piano euclideo, perché è composto da linee geodetiche. La somma degli angoli interni di questo triangolo è minore di 180° e dipende dalla grandezza del triangolo. Per il punto P, esterno alla geodetica r, passano più geodetiche (p1 e p2) che non incontrano la geodetica r e che quindi sono parallele a r. La nascita delle Geometrie non Euclidee nell’Ottocento diede una profonda svolta agli studi della Matematica, facendo crollare la convinzione che essa fosse una “scienza esatta” fondata su verità evidenti e indimostrabili. La Matematica antinomie. scoprì in sé numerose I concetti di spazio assoluto e tempo assoluto dovevano necessariamente essere rivisti. Tutte le più importanti convinzioni circa la concezione del mondo espressi da Newton, ossia la nozione di spazio e di tempo assoluti, e quella delle particelle solide elementari, sono state sconvolte, nei primi decenni del 1900, dalla teoria della relatività di Albert Einstein (18791955) e dallo sviluppo della fisica atomica. Secondo la fisica classica, da Euclide al modello meccanico di Newton dell'universo, lo spazio geometrico era concepito come caratterizzato da rette ed angoli retti e fondamentalmente uniforme in ogni suo punto. Lo spazio era assoluto, non aveva alcuna relazione con l'esterno, e rimaneva sempre eguale e perfettamente immobile, mentre tutte le variazioni che avvengono nel mondo fisico erano descritte in funzione del tempo, anche esso assoluto, e la materia era completamente inerte e senza vita. Gauss fu il primo a riconoscere con chiarezza che solo con un’indagine sperimentale sullo spazio si poteva decidere la natura geometrica che meglio può descriverlo. Egli dedusse che lo spazio fisico, almeno in regioni limitate, è euclideo oppure, se non è euclideo, la deviazione è così piccola da non poter essere rilevata con gli strumenti allora disponibili. Poincarè da parte sua affermò che era impossibile determinare sperimentalmente le caratteristiche della geometria dello spazio fisico. Egli sostenne che la scelta di una geometria oppure di un’altra ha un carattere convenzionale e propose di accettare la geometria euclidea perché più semplice ed intuitiva e di adattare poi le leggi fisiche alle proprietà empiriche riscontrate. Nel 1916 Einstein grazie alla formulazione della teoria della relatività generale contribuì fortemente allo studio del rapporto tra geometria e spazio fisico. Egli introduse una quarta variabile, il tempo, e secondo la sua teoria la struttura dello spazio era determinata da spazi gravitazionali e non dalla geometria euclidea. Seguendo il linguaggio non euclideo adottato da Einstein non era possibile parlare di contrazioni gravitazionali dei corpi solidi nello spazio fisico L’esperimento di Eddington nel 1919 fornì la prova del fatto che lo spazio fisico non era euclideo. La struttura dello spazio fisico in una regione si differenzia dalla struttura euclidea tanto più quanto più forte è il campo gravitazionale in quella regione. La teoria della relatività di Einstein è basata sull’ipotesi che i corpi materiali producono una distorsione dello spazio circostante modificandone la geometria. Tale teoria affonda le radici nella nascita delle geometrie non euclidee. Le geometrie non euclidee sono plausibili in uno spazio che non presenta le caratteristiche di omogeneità che gli assegnava Newton: esse presuppongono uno spazio curvo. Einstein spiegò i fenomeni dell’inerzia e della gravitazione facendo ricorso ad un modello geometrico quadrimensionale. Esso consiste nello spazio-tempo reso curvo dall’azione delle masse e delle energie e la sua curvatura, punto per punto, dipende dalla presenza o meno di masse. Dalla curvatura dello spazio deriva anche la questione della struttura dell’universo, che non risulterebbe chiuso ma in espansione, in accordo con le scoperte astronomiche fatte proprio in quegli stessi anni. La teoria della relatività ebbe quasi subito una clamorosa conferma grazie alla scoperta dell’incurvamento dei raggi luminosi in prossimità di corpi celesti di massa elevata. Per molti secoli si è ritenuto che la Geometria di Euclide fosse l’unica adatta a descrivere il mondo che ci circonda; su di essa Galileo e Newton fondarono la fisica classica. Bisogna giungere ai primi del 1900, con la fisica relativistica e quantistica di Einstein, la fisica delle particelle che si muovono a velocità vicina a quella della luce (300 000 km/sec), per vedere notevoli applicazioni delle geometrie non euclidee. In conclusione: Le tre geometrie rispettivamente di : Euclide Riemann Bolyai-Lobacevskij hanno ciascuna una loro validità e possibilità di applicazione in situazioni concrete del campo scientifico, sia teorico che tecnologico. Euclide Visse intorno al 300 a.C. ad Alessandria d’Egitto dove fondò una scuola di matematica. Una delle sue opere più importanti è rappresentata dagli Elementi, divisa in 13 libri. I primi sei contengono le proposizioni fondamentali della geometria piana e la teoria generale delle proporzioni fra grandezze; i libri VII, VIII, XI trattano dei numeri e delle loro proprietà; il X dà in forma geometrica una classificazione dei numeri irrazionali; gli ultimi tre studiano la geometria solida. L’opera si apre con un elenco di concetti fondamentali ai quali seguono i postulati (tra i quali enuncia il postulato delle parallele la cui negazione diede origine alle geometrie non euclidee, le proposizioni o assiomi e infine la serie dei teoremi: uno dei più famosi teoremi attribuiti allo stesso Euclide stabilisce che in ogni triangolo rettangolo, il quadrato costruito su un cateto è equivalente al rettangolo che ha per base un lato uguale all’ipotenusa del triangolo iniziale, e per altezza la proiezione del cateto sull’ipotenusa. Nelle sue opere è inoltre presente la semplice ma geniale dimostrazione dell’infinità dei numeri primi. La grandezza di Euclide non deriva tuttavia dall’originalità delle sue opere ma dalla capacità di aver organizzato tutto il sapere matematico del tempo in un’opera completa e sistematica, dotata di un’impalcatura logica e rigorosa. Torna indietro I postulati di Euclide Risulti postulato che: 1) si possa tracciare una retta da un punto qualsiasi ad ogni altro punto; 2) si possa prolungare indefinitamente una linea retta ; 3) si possa descrivere un cerchio con un centro qualsiasi e un raggio qualsiasi; 4) tutti gli angoli retti siano uguali fra di loro; 5) se una retta che interseca due altre rette forma dalla stessa parte angoli inferiori a due angoli retti, le due rette, se estese indefinitamente, si incontrano da quella parte dove gli angoli sono inferiori a due rette. Torna indietro I numeri primi sono infiniti Un numero maggiore dell'unità si dice primo se ha solo due divisori distinti: 1 e se stesso. Tra 1 e 10 ci sono 5 numeri primi; Tra 10 e 100 ce ne sono 21; Tra 9.999.900 e 10.000.000 ce ne sono 9; Tra 10.000.000 e 10.000.100 ce ne sono 3. Questa è la legge di rarefazione dei numeri primi. Secondo questa legge si può pensare che i numeri primi siano in numero finito, ma non è così, infatti, Euclide dimostrò che i numeri primi sono infiniti. Dimostrazione (metodo indiretto): Si suppone che i numeri primi siano in numero finito. Esiste allora il numero primo più grande di tutti (MAX). Se si esegue il prodotto tra MAX e tutti i numeri primi che lo precedono e si aumenta di 1 il risultato, si ottiene un nuovo numero primo N più grande di MAX: infatti dividendo N per ciascun numero primo si ottiene sempre resto 1. Questa è un’assurdità perché è in contrasto con il fatto che MAX sia il più grande numero primo. Perciò si conclude che i numeri primi sono infiniti. Torna indietro