Una goccia preziosa più dell'oro... è oro blu! La materia vivente iniziò nell’acqua la sua avventura nel nostro pianeta; nel liquido vive l’uomo nella sua formazione iniziale; l’acqua costituisce la quasi totalità della materia vivente. Fra tutte le risorse naturali, l'acqua è la più importante: senza acqua non c'è vita. Fin dall’antichità, l’uomo ha riconosciuto nell’acqua una risorsa fondamentale ed è insostituibile per lui e per tutti gli organismi viventi. Nella maggior parte degli impieghi, infatti, l'acqua non è sostituibile. PROPRIETÀ DELL’ACQUA H2O L'acqua chimicamente è un composto che ha come formula H2O, cioè è costituita da due atomi di idrogeno (H) e uno di ossigeno (O). L'acqua è un ottimo solvente e forma numerose soluzioni acquose. Infatti, l'acqua in natura non si trova quasi mai allo stato puro, perché è in grado di sciogliere un gran numero di sostanze (soluti). L'acqua fisicamente è incomprimibile (cioè ha volume proprio), assume la forma del recipiente che la contiene e mantiene la superficie piana e orizzontale. Quando solidifica aumenta il proprio volume (quest'ultimo aspetto è importante perché il ghiaccio, avendo volume maggiore dell'acqua, può galleggiare, formando uno strato isolante sopra fiumi e laghi che vi consente la vita anche in pieno inverno). L'acqua ha, inoltre, un suo peso ed esercita quindi una pressione sul fondo e sulle pareti dei recipienti che la contengono: è la pressione idrostatica e dipende dal livello dell'acqua. GLI STATI DELL'ACQUA E LE SUE TRASFORMAZIONI Il nostro pianeta è l’unico, nel sistema solare, a possedere l’acqua negli stati solido, liquido e gassoso. Le fotografie della Terra scattate dallo spazio ne mostrano il volto azzurro, con le immense distese oceaniche, il percorso sinuoso dei fiumi, i vortici delle nubi e le distese dei ghiacci polari che, insieme, costituiscono l’idrosfera. L’idrosfera è la parte del pianeta composta, quindi, dall’acqua nei suoi tre stati: liquido, solido (ghiaccio) e gassoso (vapore acqueo). IL CICLO DELL’ ACQUA L'acqua da molto, molto tempo si trova sulla nostra terra: negli oceani, nei mari, nei fiumi, nei laghi, nei ghiacciai e nei nevai. La sua quantità si mantiene costante grazie al ciclo dell'acqua. L'acqua dei mari, dei fiumi, dei laghi, del terreno, delle piante evaporano con il CALORE. Il VAPORE sale e, a contatto con aria fredda, si condensa e forma le NUVOLE. Se incontrano aria ancora più fredda, le goccioline che formano le nuvole si uniscono tra loro, diventano più pesanti, e cadono sotto forma di pioggia, neve e grandine. Una parte di queste precipitazioni si infiltrano nel terreno, parte dell'acqua viene presa dalle radici delle piante, altra scorre sotterranea. Una parte forma i GHIACCIAI, NEVAI, che danno l'acqua ai TORRENTI, FIUMI, LAGHI e il MARE. Così il ciclo dell'acqua ricomincia. L’ACQUA VIENE DALLE SORGENTI…. Una sorgente costituisce in genere una fonte di approvvigionamento idrico che si può utilizzare per le diverse esigenze delle attività umane, senza che si alteri il delicato equilibrio idrologico della falda acquifera che la alimenta e questo perché si tratta di acque che vengono naturalmente a giorno, cioè che non sono estratte artificialmente dal suolo. L'esistenza di una sorgente e il suo regime di funzionamento sono determinati dalle condizioni geologiche e morfologiche dell'acquifero e delle formazioni geologiche che spazialmente lo delimitano nei dintorni della sorgente stessa. L'accurata conoscenza di tali condizioni è indispensabile per la valutazione circa le possibilità di captazione delle acque della sorgente, della realizzazione delle opere atte a consentire tale captazione, per la gestione di tali acque e per la loro protezione da fenomeni di inquinamento e deterioramento della risorsa idrica. LE FALDE ACQUIFERE Falda è una parola di origine tedesca che vuol dire piega; le falde acquifere sono dunque un “deposito” di acqua tra le pieghe della terra, o meglio tra gli strati del suolo. Parte dell’acqua meteorica e fluviale penetra nel sottosuolo infiltrandosi, molto lentamente, attraverso gli strati permeabili del terreno (di solito sabbie o ghiaie) e scorrendo fino a quando non incontrano uno strato impermeabile; il deposito sotterraneo così formatosi costituisce la falda acquifera. L’acqua contenuta nella falda può risalire spontaneamente in superficie per effetto della pressione, in tal caso si parla di risorgive o fontanili, oppure può essere raggiunta e captata mediante l’escavazione di pozzi. Nel caso ci si trovi in presenza di una falda freatica (cioè non in pressione), per far risalire l’acqua in superficie è necessario l’utilizzo di pompe; se l’acqua risale spontaneamente per effetto di una differenza di pressione attraverso il terreno o lungo il pozzo si parla invece di falda artesiana. L' ACQUA NELLE NOSTRE CASE Ma da dove arriva tutta l' acqua che utilizziamo nelle nostre case? E dove va a finire? Nella maggior parte dei paesi del mondo l' acqua si raccoglie ancora dai pozzi o dai torrenti, ma nelle nostre case arriva direttamente grazie agli ACQUEDOTTI. 1. L'acqua viene prelevata direttamente dalla sorgente, oppure dai fiumi o dalle FALDE SOTTERRANEE e raccolta in grandi vasche. 2. Nelle vasche viene filtrata per eliminare le impurità; passa attraverso strati di sabbia e ghiaia che funziona come setacci e che trattengono anche le particelle più piccole. 3. Per eliminare tutti i germi nocivi, all' acqua filtrata viene aggiunto il cloro, una sostanza altamente disinfettante. L'acqua, pulita e disinfettata, raggiunge le nostre case attraverso lunghe tubature sotterranee 4. L'acqua pulita esce dal rubinetto e quella usata scende nel buco di scarico, poi va nelle condutture e fine nelle fognature sotterranee. ACQUEDOTTI L’acquedotto è formato da: pozzi, che prendono l’acqua dal sottosuolo (dalle falde acquifere) e la portano in superficie; da eventuali impianti di potabilizzazione o depurazione, che rimuovono le sostanze responsabili di inquinamento o di alterazioni della qualità; da serbatoi, che garantiscono la giusta pressione e contengono riserve di acqua; dalla rete di distribuzione, attraverso cui l’acqua giunge ai consumatori. Ancora oggi possiamo osservare in Italia i resti di molti acquedotti di epoca romana, grandi opere di ingegneria idraulica. Nell’antica Roma una delle più alte cariche dello Stato era il curator aquarum, che controllava l’approvvigionamento idrico della città e la gestione degli acquedotti. In corrispondenza degli strati permeabili della falda, la colonna presenta delle aperture, chiamate filtri, che, attraverso piccoli fori, lasciano passare l’acqua della falda nel pozzo, filtrando la sabbia o gli altri materiali presenti nel sottosuolo. L’acqua prelevata viene, quindi, sollevata attraverso una pompa sommersa che si trova all’interno della colonna e spinta verso il serbatoio o, se è necessario un trattamento, nell’impianto di potabilizzazione. La quantità di acqua prelevata da un pozzo, si misura in litri al secondo e viene detta “portata del pozzo”. Acquedotti di Roma Gli undici acquedotti di epoca romana che dal 312 a.C. vennero costruiti portarono alla città una disponibilità d'acqua pro capite pari a circa il doppio di quella attuale, distribuita tra le case private (ma solo per pochi privilegiati), le numerosissime fontane pubbliche (circa 1.300), le fontane monumentali (15), le piscine (circa 900) e le terme pubbliche (11), nonché i bacini utilizzati per gli spettacoli come le naumachie (2) e i laghi artificiali (3).La sorveglianza, la manutenzione e la distribuzione delle acque venne affidata, per due secoli e mezzo, alla cura un po' disorganizzata di imprenditori privati, che dovevano rendere conto del loro operato a magistrati che avevano altri compiti principali. Solo con Agrippa, intorno al 30 a.C., venne creato un apposito servizio, poi perfezionato ed istituzionalizzato da Augusto, che si occupava dell’approvvigionamento idrico cittadino e quindi del controllo e manutenzione di tutti gli acquedotti.Furono gli Ostrogoti di Vitige, nell’assedio del 537, a decretare la fine della storia degli acquedotti antichi; vennero tagliati per impedire l’approvvigionamento della città, e d’altra parte Belisario, il generale difensore di Roma, ne chiuse gli sbocchi per evitare che gli Ostrogoti li usassero come via di accesso. Qualcuno fu poi rimesso parzialmente in funzione, ma dal IX secolo il crollo demografico e la penuria di risorse tecniche ed economiche fecero sì che nessuno si occupasse più della manutenzione, i condotti non furono più utilizzabili ed i romani tornarono ad attingere acqua dal fiume, dai pozzi e dalle sorgenti, come alle origini. LE FOGNATURE Per fognatura (o sistema di drenaggio urbano o impianto di fognatura) si intende il complesso di canalizzazioni[1], generalmente sotterranee, per raccogliere e smaltire lontano da insediamenti civili e/o produttivi le acque superficiali (meteoriche, di lavaggio, ecc.) e quelle reflue provenienti dalle attività umane in generale. Le canalizzazioni, in generale, funzionano a pelo libero; in tratti particolari, in funzione dell'altimetria dell'abitato da servire, il loro funzionamento può essere in pressione (condotte prementi in partenza da stazioni di pompaggio, attraversamenti, sifoni, ecc.). Cenni storici sulle fognature Le prime testimonianze storiche di fognature risalgono ad un periodo compreso tra il 2500 e il 2000 a.C. circa e sono state trovate a Mohenjo-daro, nell'attuale Pakistan. Dai resti si è pouta ricostruire la fisionomia della città che, sotto il livello stradale, presentava una vasta rete di canali in mattoni in grado di convogliare le acque reflue provenienti dalle abitazioni. Anche la città di Ninive, capitale del regno assiro tra l'VIII e il VI secolo a.C. era fornita di una rete fognaria. Le fognature antiche più efficienti furono però quelle di Roma. La prima cloaca romana di cui sia abbia notizia risale al VII secolo a.C. e fu progettata per bonificare gli acquitrini che occupavano le vallate alla base dei colli dell'Urbe, e far defluire verso il Tevere i liquami del Foro Romano, di Campo Marzio e del Foro Boario. La realizzazione più importante fu però la cloaca massima, la cui costruzione fu avviata nel VI secolo a.C. sotto il leggendario re di Roma di origine etrusca Tarquinio Prisco. Con la cloaca massima (inizialmente era un canale a cielo aperto ma successivamente fu coperto per consentire l'espansione del centro cittadino), di cui si possono vedere alcuni tratti e lo sbocco presso i resti del Ponte Rotto, i romani ci hanno tramandato uno dei più importanti esempio di ingegneria idraulico - sanitaria. Con la caduta dell'impero, non vennero più costruite nuove fogne e spesso quelle esistenti furono abbandonate. Solo molto più tardi, nel XVII secolo, si sentì nuovamente l'esigenza di costruire fognature a seguito della forte urbanizzazione di città come Parigi e, dal XIX secolo, Londra. SCARSITA’ DELL’ACQUA L’aumento demografico e lo sviluppo economico hanno portato ad un sempre più massiccio consumo d’acqua. I consumi civili sono cresciuti in modo costante nei secoli e sono triplicati negli ultimi 50 anni. Due millenni fa un romano usava circa 15 litri d’acqua al giorno per bere, mangiare e lavarsi. Un italiano a metà ottocento ne richiedeva circa 50 litri, mentre intorno al 1930 il consumo era salito a quasi 300 litri. Oggi al cittadino medio di un paese industrializzato come l’Italia necessitano di 600 litri d’acqua al giorno. Nella società di oggi perciò raggiungere una fonte d’acqua è un compito assai semplice e immediato. Nei tempi passati però non era così. Nelle nostre città è sufficiente aprire un rubinetto per fare scorrere abbondante acqua pulita, pronta per ogni necessità. Essa è così a portata di mano che non viene spontaneo considerarne i limiti. In altre parti del mondo, in diversi contesti sociali, culturali o geografici, la disponibilità d’acqua è assai più limitata e il suo approvvigionamento rappresenta un’attività insostituibile, che richiede un notevole dispendio di tempo ed energie. L’enorme quantità d’acqua a nostra disposizione e l’abitudine a servircene senza troppi complimenti ci hanno ormai fatto dimenticare che l’acqua occupa un posto di primissimo piano nella nostra vita. Con distrazione ci accingiamo a lavare i denti lasciando inutilmente aperto il rubinetto, a lavare l’auto con la preziosa acqua potabile, a scaricare eccessivi volumi d’acqua con i nostri scarichi dei WC, ad osservare indifferenti lo stillicidio dei nostri lavandini, che è stato ufficialmente stimato essere in media di due litri di acqua a testa al giorno! Nelle nostre città i numerosi comfort di cui siamo dotati ci hanno fatto completamente dimenticare come questi privilegi siano acquisizioni molto recenti. Fino a pochi decenni fa, infatti, non era frequente poter disporre liberamente dell’acqua nella propria casa, con un semplice rubinetto o utilizzare elettrodomestici per lavare i panni e stoviglie. Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità 1 miliardo e 100 milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non ha accesso ad acqua sicura (potabile e sana) e 2 miliardi e 400 milioni, ossia il 40% della popolazione del pianeta, non dispongono di impianti igienici adeguati. COME SI INQUINA L’ACQUA L’acqua proveniente dagli scarichi industriali è carica di residui, di prodotti chimici e di metalli tossici come piombo, arsenico, zinco, rame, stagno, cadmio, cobalto e naturalmente mercurio. L’inquinamento da mercurio risale almeno al tempo degli antichi romani e l’avvelenamento da mercurio dei pesci è un fenomeno ormai riscontrato in tutto il mondo, dall’Amazzonia (dove viene liberato nel processo di estrazione dell’oro dalle miniere) al Giappone, dove, negli anni cinquanta, un’intera cittadina di pescatori fu devastata dal mercurio emesso da uno stabilimento locale. I processi industriali inquinanti sono molto diffusi e, ancora una volta, i paesi del Sud ne subiscono le maggiori conseguenze. La presenza di legislazioni più permissive in materia di tutela ambientale, infatti, permette alle industrie transnazionali di realizzare processi particolarmente inquinanti abbassando i costi. Nel Nord invece i processi tecnologici industriali sono mediamente più moderni e meno inquinanti, soprattutto a seguito dell’introduzione di normative più severe. Tuttavia, malgrado tecnologie progressivamente più pulite vengano sviluppate e adottate nei paesi industrializzati, esse non vengono trasferite ai paesi sottosviluppati né tanto meno adottate dalle imprese che vi operano. Gli effetti ecologici più gravi però sono quelli che intervengono a livello degli interi ecosistemi marini, provocando la morte di pesci e piante e la distruzione delle alghe, componente essenziale della rete alimentare marina . Nonostante l’uso sempre più sconsiderato sia all’origine dei numerosi problemi, ambientali e sociali, cui abbiamo accennato, nei paesi occidentali si continua a considerare l’acqua una risorsa talmente scontata che viene sprecata e sporcata a livelli catastrofici, anche se sarebbe difficile immaginare una società industrializzata che riesca a ridurre considerevolmente le acque di scarico. Probabilmente gran parte di questa nostra superficialità nell’uso dell’acqua deriva dall’evidenza, divenuta percezione e senso comune, della sua impressionante capacità di autodepurarsi. Ma da che cosa deriva questa sua capacità? Detto in altre parole: chi lava l’acqua? La risposta non è univoca come vedremo perché l’acqua un po’ si lava da sé e un po’ viene ripulita da qualcun altro. La filtrazione attraverso i suoli e le rocce, gli assorbimenti delle piante, l’evaporazione: questi sono alcuni dei meccanismi che aiutano l’acqua a ripulirsi lasciando dietro di sé le grandi quantità di sostanze che vi abbiamo riversato, pronte per reimmettersi nel ciclo della materia, e che, seppur nocive o sgradevoli per noi, magari si riveleranno utili per qualcun altro. Moderate quantità di rifiuti organici, residui vegetali, escrementi e anche il petrolio grezzo possono essere biodegradati dai batteri, cioè consumati, metabolizzati e convogliati infine nei cicli biogeochimici degli elementi. É così che molti componenti dei nostri scarichi domestici persistono nell’ambiente al massimo per qualche settimana. Anche il petrolio è biodegradabile e se riversato in mare si deposita sul fondo dove viene lentamente decomposto da alcuni microrganismi. Alcuni ceppi di batteri, infatti, riescono a prosperare nutrendosi di petrolio, ed è per questo che una delle strategie di decontaminazione delle aree interessate dagli incidenti alle petroliere è quella di disseminare l’area di questi microrganismi, con l’aggiunta di qualche nutriente per stimolarne la crescita. RIFLESSIONI FINALI Abbiamo scelto questo argomento attraverso le votazioni . Le opzioni erano: buco nell' ozono, effetto serra e la depurazione dell'acqua. Alla fine la maggior parte dei bambini, ha votato la depurazione dell'acqua. Prima di iniziare le ricerche abbiamo realizzato sul quaderno uno schema di progettazione; cosi’ poi abbiamo iniziato le ricerche. Ci siamo divisi in gruppi : alcuni gruppi hanno cercato le notizie, altri gruppi hanno cercato immagini, mentre altri hanno disegnato. La maestra ci ha dato le indicazioni per continuare il nostro super lavoro! Alla fine la maestra ci ha salvato sulla pennetta le nostre elaborazioni che abbiamo svolto assieme, a gruppi, cosi' potremmo rivederle sulla L.I.M.!!!!!