LA CRISI DELLA COSCIENZA EUROPEA (1685-1715) Un passaggio epocale Paul Hazard e La crisi della coscienza europea (1935) Paul Hazard (1878-1944) Storico delle idee e delle letterature comparate, allievo di Gustave Lanson, si forma alla scuola positivistica ma poi si avvicina allo spiritualismo di Bergson. Studia in Italia a Firenze e Roma, prima della guerra Volontario nella guerra del 1914-18 Dal 1919 professore di Letterature comparate alla Sorbona e dal 1925 professore al Collège de France Studioso della cultura italiana, è ostile alla Germania per scelta culturale Negli USA nel 1928-29 e nel 1938-39 simpatizza per Roosvelt Vede la minaccia nazista e richiama l’Europa a reagire Conservatore, anticomunista, ma sincero democratico, scopre l’impegno politico negli anni ’30, contemporaneamente all’illuminismo (prima aveva guardato con simpatia a Mussolini e Sturzo). 1935: pubblica la Crise de la conscience européenne come riflessione indiretta sul Novecento. 1946: esce postumo La pensée européenne au XVIII siècle. “Crisi della coscienza europea” come categoria storiografica P. Hazard inventa una categoria di periodizzazione che verrà subito recepita dagli storici dell’illuminismo. Crisi della coscienza europea Come epoca di passaggio dal barocco all’Illuminismo Come svolta epocale nella cultura dell’Europa moderna Come sintesi positiva delle tensioni accumulate nei due secoli precedenti Tre capitali: Parigi, Londra, Amsterdam Tre autori: Locke (1632-1704), Spinoza (1632-1677), Bayle (1647-1706) Due modelli contrapposti Negli ultimi anni del regno di Luigi XIV e nei primi anni del regno di Guglielmo III d’Orange la Francia da un lato, l’Inghilterra e l’Olanda dall’altro rappresentano due modelli contrapposti di civiltà. L’uno fondato sull’assolutismo e il principio di autorità L’altro sul parlamentarismo e il principio di libertà Nell’arco di pochi decenni emergono le tre grandi “critiche” all’autorità: 1. 2. 3. Degli Antichi (filosofia e scienza) Della Chiesa (e della Bibbia) Del potere politico (scienza politica) Una modificazione epocale della coscienza europea Da una civiltà fondata sui DOVERI (assolutismo)… … a una civiltà fondata sui DIRITTI (contrattualismo) Un triplice cambiamento Da una civiltà basata sui doveri ad una civiltà basata sui diritti Da una cultura basata sulle certezze ad una cultura basata sul dubbio Da una scienza basata sull’ autorità ad una scienza basata sulla prova “Pirronismo” (scetticismo) 1. 2. Di fronte alla triplice critica delle autorità… …due sono le vie d’uscita: LA FEDE SENZA INTERROGATIVI UNA NUOVA FONDAZIONE DEI SAPERI: Empirismo Erudizione storica Scienze sociali Philosophie Scienze naturali Sei diverse matrici culturali Almeno sei diverse matrici concorrono ad alimentare la svolta culturale di fine secolo I. La tradizione libertina: la religione come impostura Per i libertini seicenteschi tutte le religioni sono frutto dell’ impostura. Essi negano: La natura divina di Cristo Inferno e Purgatorio L’immortalità dell’anima Essi affermano: La libertà di pensiero La pluralità dei mondi L’individualità dell’esperienza I. La tradizione libertina: il deismo Negatori delle religioni organizzate e dei dogmi, i deisti affermano l’esistenza di Dio solo come Grande architetto dell’universo. Alla religione rivelata del cristianesimo contrappongono la religione naturale come principio di umanità comune a tutte le religioni del mondo (amore per il prossimo, fratellanza, armonia naturale, ecc.) II. L’eredità della rivoluzione inglese: la tolleranza 1689: Londra, il Toleration Act per tutte le confessioni protestanti, consolida la Chiesa anglicana latitudinaria (Low Church) Ma lascia spazio anche a: • Radicalismo protestante di matrice anabattista • Freethinking (libero pensiero) III. I “refugiés” ugonotti in Olanda: un concentrato di teste pensanti e critiche 1685: revoca dell’editto di Nantes Migliaia di esuli ugonotti francesi i rifugiano in Olanda: Benjamin Furly (1636-1714) Pierre Bayle (1647-1706) Jean Leclerc (1657-1736) Prosper Marchand (1678-1756) Jean Rousset de Missy (1686-1762) IV. Il razionalismo calvinista: fede e ragione conciliate Frutto della crisi della “internazionale protestante”; Concilia la fede (in un cristianesimo senza misteri) con la ricerca scientifica (sperimentalismo newtoniano). Es.: Bayle, Newton, Toland, Bekker VI. Il circuito internazionale massonico: un veicolo di diffusione del pensiero critico Già negli anni 1690 erano presenti in Olanda gruppi intellettuali di Liberi Muratori 1710: all’Aja nascono i “Cavalieri del Giubilo” con J. Toland e ugonotti rifugiati 1717: nasce la Massoneria inglese (Grande Oriente di Londra) 1720: nasce la prima loggia massonica continentale (Grande Loggia di Rotterdam) Fondamenti del pensiero massonico Deismo (fede nel Grande Architetto dell’Universo) Tolleranza religiosa Liberalismo politico Scienza newtoniana Meritocrazia Dalla Riforma protestante all’Illuminismo: le conquiste della modernità MODERNITA’ RIFORMA Libertà di coscienza tolleranza ILLUMINISMO laicità patto dubbio Modernità come progetto incompiuto LIBERTA’ DI COSCIENZA L’uomo come soggetto autonomo, dominatore della natura e costruttore della storia TOLLERANZA Nella sfera religiosa e in quella politica LAICITA’ Dio è altrove rispetto al mondo PATTO Base del contratto sociale: patto fra eguali di fronte alla Legge DUBBIO Fondamento di qualsiasi atteggiamento critico Baruch Spinoza (1632-1677) Baruch Spinoza (1632-1677) nasce ad Amsterdam da una famiglia di commercianti ebrei di origine portoghese. Studia presso la scuola della comunità ebraico-portoghese della sua città dove apprende la lingua ebraica e le sacre Scritture. Nel 1650 lascia la scuola per aiutare il padre nel commercio. Nel 1656, sospettato di eterodossia, viene espulso dalla Sinagoga di Amsterdam, messo al bando e fatto anche oggetto di un attentato intimidatorio. Nel contempo i suoi scritti sono proibiti come irreligiosi. Nel 1660, ormai isolato dalla comunità ebraica, lascia Amsterdam e si trasferisce a Rijnsburg, presso Leida, dove apre una bottega di ottico. Qui riunisce un circolo di amici liberi pensatori e incomincia a lavorare alla grande opera filosofica che si concretizzerà nell’Etica. Baruch Spinoza (1632-1677) Negli stessi anni egli inizia una corrispondenza con il segretario della Royal Society di Londra, Oldenburg, con il quale resterà in rapporti amichevoli per quindici anni. Nel 1663 pubblica i Principia philosophiae Cartesianae, quindi si trasferisce a Voorburg, presso L'Aja, dove continua a vivere facendo l'ottico e godendo di un piccolo vitalizio concessogli dal Gran Pensionario della repubblica Jan de Witt. Nel 1665 inizia a lavorare al Tractatus theologicus-politicus che sarà pubblicato anonimo nel 1670, suscitando scandalo nel mondo della cultura e attirandosi la condanna degli ortodossi di tutte le religioni. Nel 1673 rifiuta una cattedra di filosofia ad Heidelberg offertagli dall'Elettore Palatino. Nel 1674 le Corti d'Olanda condannano ufficialmente il Tractatus. Muore all'Aja il 21 febbraio 1677, intento alla composizione del Tractatus politicus. Le sue opere postume escono nel novembre dello stesso anno. Il Tractatus teologicus-politicus di Spinoza 1. 2. 3. Il Tractatus teologicus-politicus di Spinoza è una delle opera più sconvolgenti fra quelle uscite nella seconda metà del Seicento ed una delle più influenti nel determinare una svolta nella storiografia e nella riflessione storica europea. In quest’opera, infatti, Spinoza fonda una nuova disciplina, la critica biblica, sulla base di alcuni principi semplici e chiari: il valore delle sacre Scritture è tutto teologico e non scientifico; la fede è distinta dalla filosofia; teologia e ragione sono indipendenti l'una dall'altra, né l'una deve adattarsi all'altra. Secondo lo studioso olandese i Profeti possedevano una singolare immaginazione e forza evocativa, ma non un elevato intelletto; infatti adattavano le loro parole alle opinioni preconcette del volgo (che essi stessi condividevano). L'insegnamento della Scrittura va dunque sempre distinto dal linguaggio usato volta a volta. La Scrittura non insegna se non cose semplicissime e non insegna della divina natura nulla più di quanto gli uomini comuni del tempo potessero comprendere in base alle loro conoscenze. La Scrittura, dunque, non aggiunge nulla all'umana conoscenza e contiene pochissimi argomenti di carattere speculativo. L'autorità della Scrittura si fonda pertanto solo su certezze morali e non su verità scientifiche. Il Tractatus teologicus-politicus di Spinoza La grande novità metodologica introdotta da Spinoza è l’applicazione del metodo critico e razionale anche alla Sacra Scrittura, senza alcuna remora di carattere dogmatico o religioso. Dall’esame critico del testo egli desume alcune verità che mettevano in discussione secoli di magistero ecclesiastico. Innanzitutto il Pentateuco, i libri di Giosuè, dei Giudici, di Ruth, di Samuele e dei Re non risultano essere testi originali, ma frutto dell'opera di rielaborazione di un unico storico posteriore, Esdra, copista e scrittore del V sec. a. C.. Le contraddizioni e gli anacronismi contenuti nel Pentateuco dimostrano infatti che il suo autore non può essere stato Mosè, ma un autore posteriore, mentre il libro di Mosè, molto più breve, è andato perduto. Tutti i libri dell'Antico Testamento sono dunque frammentari e le storie non seguono un ordine cronologico. Sono chiaramente frutto di una collazione posteriore di testi perduti, tradotti da lingue diverse e scritti da mani diverse, come dimostrano le numerose contraddizioni e varianti. Per quanto riguarda i Nuovo Testamento, Spinoza distingue i Profeti dagli Apostoli: i primi parlano o scrivono in seguito alla rivelazione (la parola di Dio), i secondi in base alla loro conoscenza. I primi esprimono "comandi" secondo uno stile asseverativo, i secondi "ammonizioni" secondo uno stile argomentativo. Infatti sia i Vangeli che le Lettere degli Apostoli divergono su punti sostanziali, in quanto "gli apostoli convenivano nella medesima religione, ma non erano d'accordo circa i fondamenti di essa". Inoltre essi adattarono la loro predicazione alla mentalità e alla cultura dei loro interlocutori (Ebrei, Greci, Romani). Esemplare à la disputa sulle fonti della dottrina della grazia: Paolo (Ep. Rom., 3.27-28) sostiene la giustificazione per sola fede; Giacomo (Ep. 2.24) sostiene la giustificazione per opere e fede. Il diritto naturale è antecedente (e indipendente) dal diritto divino. Il diritto divino entra in vigore solo dopo il patto tra gli uomini e Dio, con il quale gli uomini rinunciano alla propria naturale libertà. Richard Simon (1638-1702) Una delle prime e più interessanti risposte all’opera di Spinoza viene da un ecclesiastico francese, Richard Simon, professore di filosofia al collegio di Juilly. Simon, figlio di un semplice fabbro, aveva studiato presso gli Oratoriani prima di entrare nell'ordine diretto dal cardinale Berulle. Da autodidatta aveva affrontato lo studio delle lingue classiche, del siriaco e dell'ebraico, divenendo uno dei massimi conoscitori della civiltà e della religione ebraica. Per questa ragione era entrato in contatto con rabbini e studiosi del Talmud ed in particolare con Jona Salvador. Nel 1670, inoltre, aveva difeso pubblicamente un ebreo di Metz, Raphael Levi, accusato di omicidio rituale e condannato a morte. Scontrandosi con le autorità ecclesiastiche cattoliche, si era di conseguenza impegnato per la riabilitazione degli ebrei attirando su di sé il sospetto di filogiudaismo. Dopo la pubblicazione, nel 1670, del Tractatus spinoziano – da lui letteralmente divorato in pochi giorni - Simon si era trovato nella drammatica situazione rappresentata dall'impossibile conciliazione tra religione e scienza. Accogliendo la sfida di Spinoza, egli decide quindi di tentare una risposta all’olandese immergendosi nello studio della Bibbia per sette lunghi anni e pubblicando infine, nel 1678, la Histoire critique du Vieux Testament, con la quale egli intendeva conciliare scienza e religione, stabilendo un'interpretazione critica della Bibbia, senza tuttavia contestarne la natura di testo rivelato. L'Histoire critique è divisa in tre libri: il primo è dedicato al testo ebraico dell'Antico Testamento, di cui Simon prende in esame le correzioni, concordando con Spinoza nel negare l'attribuzione a Mosè del Pentateuco; il secondo è dedicato alle differenti versioni antiche e moderne della Bibbia; il terzo contiene le indicazioni per tradurre correttamente le Scritture, insieme ad un'analisi dei diversi commentatori. Con ciò Simon si proponeva di rafforzare la fede, non certo di negarla, ma l'impatto con il mondo cattolico sarebbe stato dirompente. Nonostante le precauzioni prese dal suo autore, il libro viene immediatamente proibito in Francia e colpito da un arrêté, richiesto personalmente dal cardinale Bossuet a Colbert, che aveva definito l’opera “un amas d’impiétée”. Nel 1683 l’opera sarà quindi messa all’Indice, dopo che Simon era stato espulso dall'Oratoire e costretto a ritirarsi a Bolleville dove morirà nel 1712, non prima di aver dato alla luce altre quattro opere critiche, tre delle quali pubblicate clandestinamente in Olanda: 1) l’ Histoire de l'origine et du progrés des revenus ecclèsiastiques (Amsterdam 1684), esemplata sul Trattato delle materie beneficiarie di Paolo Sarpi, nella quale egli riprende, radicalizzandoli e approfondendoli, i principali motivi della polemica gallicana; 2) l’ Histoire critique du texte du Nouveau Testament (Rotterdam 1689) ; 3) l’ Histoire critique des versions du Nouveau Testament (Amsterdam 169) ; 4) il Nouveau Testament de N.S. Jèsus-Christ traduit sur l'ancienne édition latine avec des remarques (Trévoux 1702). Pierre-Daniel Huet (1630-1721), La seconda risposta alla sfida di Spinoza viene da Pierre-Daniel Huet (1630-1721), nato da padre protestante, ma educato dai Gesuiti e formatosi a Parigi a contatto con i circoli libertini e con scienziati inglesi e olandesi. Allievo dell'ebraista protestante Samuel Bochart, grazie a lui compie un viaggio ad Amsterdam dove conosce il rabbino Manassé ben Israel - che era stato uno dei maestri di Spinoza - e dove concepisce l'idea di scrivere una opera sulla Sacra Scrittura. Studioso di greco e di ebraico si dedica quindi all'esegesi biblica, schierandosi in difesa dell'ortodossia cattolica. Nel 1670 legge il Tractatus spinoziano e decide che la sua opera dovrà essere dedicata a confutare le tesi dell’olandese. Nello stesso anno viene chiamato a corte e nominato da Luigi XIV sottoprecettore del Delfino, accanto a Bossuet; nel 1674 è accolto all'Académie française e nel 1676 prende gli ordini, divenendo due anni dopo abate di Aulnay. Nel 1679, finalmente, pubblica il frutto dei suoi studi biblici con il titolo di Demonstratio evangelica, con l’intento esplicito di confutare del Tractatus spinoziano. Come Richard Simon, anche Daniel Huet propone una grande opera di esegesi biblica allo scopo di confutare non il metodo, ma le conclusioni di Spinoza, accogliendo le novità dell'analisi storica, ammettendo la corruzione in molti punti del testo bilico, ma rimanendo saldamente ancorato alla tradizione patristica e all’ortodossia cattolica. Diversamente da Simon, la sua opera viene accolta positivamente dalle autorità ecclesiastiche e gli frutta nel 1685 la nomina a vescovo di Avranches, carica dalla quale si dimette nel 1699 per tornare a Parigi, ospite della casa dei Gesuiti, e dedicarsi esclusivamente agli studi di esegesi biblica. Avversario del razionalismo cartesiano e convinto che conciliare ragione e fede fosse un'impresa vana, Huet si oppone soprattutto a Spinoza, ma, conquistato dal metodo dei suoi avversari, finisce per mettere in dubbio tutto, ragione e scienza: solo così, infatti, sarebbe stato possibile finalmente sottomettere il pensiero umano alla fede, alla rivelazione e all'autorità della chiesa cattolica. Le conclusioni ultime del suo pensiero, approdato, seppure per vie assai tortuose, allo scetticismo, saranno consegnate al manoscritto De la faiblesse de l'esprit humain, pubblicato solo nel 1723, due anni dopo la sua morte. I «bella diplomatica»: dalla diplomazia alla «diplomatica» Con la nascita degli Stati territoriali e delle grandi monarchie europee della prima età moderna, alla guerra guerreggiata si affianca e, poco a poco, si sostituisce, la cosiddetta “guerra diplomatica” (lat. bella diplomatica), basata sulla lettura ed interpretazione degli antichi diplomi medievali a favore di uno o dell’altro contendente. La critica diplomatica, in realtà, nasce in tribunale in occasione dei dibattiti giudiziari o di controversie politiche, quando il nodo del litigio è costituito da un documento. I conflitti di carattere giurisdizionale vengono così istituzionalizzati ed affidati a personale specializzato, alla loro risoluzione si dedicano infatti stuoli di cancellieri, giuristi, storici, diplomatisti e paleografi, impegnati a provare la veridicità o la falsità degli antichi diplomi, utilizzando le armi della neonata ars critica. Per le sue finalità la diplomatica si sviluppa quindi come disciplina eminentemente politica e addirittura come scienza di Stato, utilizzata dai principi allo scopo di sostenere o confermare le proprie rivendicazioni territoriali e giurisdizionali. In realtà – come abbiamo visto - la diplomatica come disciplina era nata in ambito ecclesiastico, nel quadro delle dispute fra ordini religiosi sviluppatesi nella seconda metà del Seicento. «Bella diplomatica» e Ordini religiosi: Bollandisti contro Maurini Nel 1675 il gesuita fiammingo Daniel van Papenbroeck, della Congregazione dei Bollandisti, impegnato da alcuni anni nella redazione della grande raccolta erudita degli Acta Sanctorum (Anversa, 1643-1794), pubblica una dissertazione sul “discernimento del vero dal falso nelle antiche pergamene”, nella quale nega decisamente che il papiro sia stato utilizzato in Occidente come supporto di scrittura dopo la messa in circolazione della pergamena, fra il V e il VII secolo. Di conseguenza i diplomi reali merovingi dei secoli VII e VIII, redatti su papiro, conservati nell’abbazia benedettina di Saint Denis, non sarebbero stati altro che falsi posteriori. La sfida è diretta, evidentemente, contro i Benedettini della Congregazione di Saint-Maur, custodi degli archivi reali di Saint Denis e concorrenti dei Bollandisti nella redazione di una grande raccolta erudita di vite di santi: gli Acta Sanctorum O. S. B. (1668-1701). A raccogliere la sfida di Papenbroeck è il benedettino Jean Mabillon della Congregazione di Saint-Maur, con la pubblicazione del trattato De re diplomatica, pubblicato a Parigi nel 1681 e dedicato, non a caso. A Jean-Baptiste Colbert, ministro delle finanze di Luigi XIV e primo committente delle ricerche archivistiche condotte in tutt’Europa negli ultimi decenni del Seicento da Mabillon e dai suoi eruditi confratelli. Le grandi raccolte di erudizione ecclesiastica di fine Seicento Le più importanti raccolte erudite seicentesche sono quella dei Bollandisti (Gesuiti) fiamminghi e quella dei Maurini (Benedettini) francesi. Bollandisti: Il primo progetto viene concepito inizialmente ad Utrecht fra il 1607 e il 1615, per iniziativa del gesuita Herbert Rosweyde (1569-1629), ma resta inattuato; sarà realizzato, sotto il titolo di Acta Sanctorum, ad Anversa a partire dal 1643 sulla base dei materiali raccolti da Rosweyde, sotto la direzione di padre John Bolland (1596-1665) e dopo di lui di Godefroid Henskens e di Daniel van Papenbroeck. Si tratta di una raccolta di testi originali delle vite dei santi ordinata secondo il calendario; sarà interrotta solo dalla Rivoluzione francese nel 1792, ma ripresa a Bruxelles nel 1837. Maurini: La seconda raccolta è quella nata all'interno della Congregazione benedettina riformata di St. Maur, costituita nel 1618 da dom Grégoire Tarrisse sotto la protezione di Richelieu ed insediata dal 1631 nell'abbazia parigina di St. Germain-des-Près. Lo scopo immediato è rispondere ai Bollandisti con una raccolta più completa e dall'impianto più critico. Dedita essenzialmente agli studi di erudizione ecclesiastica, svolgerà ricerche diplomatiche anche per conto della monarchia. Nel 1670 la Congregazione conta 105 studiosi. Il direttore degli studi è dom Jean-Luc d'Achery (1609-1685), bibliotecario di St. Germain dal 1637, curatore appassionato di una collezione di documenti medievali inediti relativi all'Ordine benedettino, lo Spicilegium (1655-1677), raccolti in tutti i monasteri di Francia, pubblicati in 13 volumi. E' lo stesso d’Achery, nel 1648, ad avviare la grande raccolta degli Acta Sanctorum Ordinis Sancti Benedicti in saeculorum classes distribuita (1668-1701), poi completata in 9 voll. da Jean Mabillon (1632-1707). L’opera dei Maurini La grande raccolta degli Acta Sanctorum Ordinis Sancti Benedicti in saeculorum classes distribuita è una grande raccolta di vite di santi, ordinate cronologicamente - e non più secondo il calendario - a partire dal VI secolo (I secolo benedettino) fino al XII secolo. Sulla base del materiale documentario raccolto nel corso di vent'anni dalla congregazione di St. Maur diretta da Luc d'Achery, si incominciano a contestare (cosa che avena iniziato a fare Baronio) i falsi santi e le tradizioni prive di fondamento storico: "non minor hac in collectione fuit veritatis quam antiquitatis cura". Non si accettano tutte le tradizioni, ma si distingue il vero dal falso sulla base dei documenti; si contestano i falsi santi e le tradizioni prive di fondamento storico. Altre opere prodotte dal laboratorio dei Maurini sono l’ Histoire littéraire de la Congrégation de Saint-Maur; il Monasticon Gallicanum , a cura di Michel Germain; la Gallia Christiana , a cura di Denis de Sainte-Marthe (1715-716); le edizioni delle opere di S.Bernardo (1667); S.Anselmo (1675); Cassiodoro (1679); S.Agostino (1681-1700); S.Ambrogio (1686-1690); S. Anastasio e S.Crisostomo (1689); Gregorio Magno (1705); S.Ireneo (1720); S.Cirillo (1720); S.Basilio (1721-1730); S.Cipriano (1726); Origene (1733-59); S.Giustino (1742); S.Gregorio di Nissa(1778).