Modello di organizzazione, gestione e controllo ex. d.lgs. 231/2001 Approvato dal Consiglio di Amministrazione del 14 novembre 2014 1 PARTE GENERALE Storico delle modifiche Revisione corrente: 14 novembre 2014 Versione Prima Versione Causale Data 14 novembre 2014 2 INDICE CAPITOLO 1 - DESCRIZIONE DEL QUADRO NORMATIVO.............................................4 1.1 Introduzione...........................................................................................................4 1.2 Natura della responsabilità ....................................................................................5 1.3 Autori del reato: soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione ...............................................................................................................5 1.4 Fattispecie di reato ................................................................................................6 1.5 Apparato sanzionatorio..........................................................................................9 1.6 Tentativo..............................................................................................................10 1.7 Vicende modificative dell’ente .............................................................................11 1.8 Reati commessi all’estero....................................................................................13 CAPITOLO 2 - DESCRIZIONE DELLA REALTÀ AZIENDALE – ELEMENTI DEL MODELLO DI GOVERNANCE E DELL’ASSETTO ORGANIZZATIVO GENERALE DELLA SOCIETÀ ...........................................................................................................................14 2.1 EcorNaturaSì S.p.A. ............................................................................................14 2.2 Modello di governance di EcorNaturaSì S.p.A.....................................................15 2.3 Modello di Organizzazione di EcorNaturaSì S.p.A. .............................................17 2.4 Il Manuale di Autocontrollo per l’igiene e la sicurezza degli alimenti (HACCP) di EcorNaturaSì S.p.A.............................................................................................18 CAPITOLO 3 - MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO E METODOLOGIA SEGUITA PER LA SUA PREDISPOSIZIONE........................................20 3.1 Premessa ............................................................................................................20 3.2 Il modello di organizzazione, gestione e controllo di EcorNaturaSì S.p.A. ..........20 CAPITOLO 4 – L’ORGANISMO DI VIGILANZA AI SENSI DEL D.LGS. N. 231/2001 .......23 4.1 Funzione dell’Organismo di Vigilanza..................................................................23 4.2 Funzioni e poteri ..................................................................................................23 4.3 Obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo di Vigilanza – Flussi informativi............................................................................................................26 4.3.1 Raccolta e conservazione delle informazioni.......................................................27 4.3.2 Reporting dell’Organismo di Vigilanza verso gli organi societari .........................27 CAPITOLO 5 - SISTEMA DISCIPLINARE .........................................................................29 5.1 Funzione del sistema disciplinare........................................................................29 5.2 Sanzioni e misure disciplinari ..............................................................................30 5.2.1 Sanzioni nei confronti dei Dipendenti ..................................................................30 5.2.2 Sanzioni nei confronti dei Dirigenti ......................................................................32 5.2.3 Sanzioni nei confronti degli Amministratori..........................................................33 5.2.4 Sanzioni nei confronti di collaboratori e soggetti esterni operanti su mandato della Società ................................................................................................................33 CAPITOLO 6 - PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE .......................................34 6.1 Premessa ............................................................................................................34 6.2 Dipendenti ...........................................................................................................35 6.3 Componenti degli organi sociali e soggetti con funzioni di rappresentanza della Società ................................................................................................................35 6.4 Organismo di Vigilanza........................................................................................36 6.5 Altri destinatari.....................................................................................................36 CAPITOLO 7 - ADOZIONE DEL MODELLO – CRITERI DI VIGILANZA, DI AGGIORNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DEL MODELLO ...........................................37 7.1 Verifiche e controlli sul Modello ...........................................................................37 7.2 Aggiornamento ed adeguamento ........................................................................37 3 CAPITOLO 1 - DESCRIZIONE DEL QUADRO NORMATIVO 1.1 Introduzione Con il decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (di seguito, il “d.lgs. n. 231/2001” o il “Decreto”), in attuazione della delega conferita al Governo con l’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 3001 è stata dettata la disciplina della “responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”. In particolare, tale disciplina si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Il d.lgs. n. 231/2001 trova la sua genesi primaria in alcune convenzioni internazionali e comunitarie ratificate dall’Italia che impongono di prevedere forme di responsabilità degli enti collettivi per talune fattispecie di reato. Secondo la disciplina introdotta dal Decreto, infatti, le società possono essere ritenute “responsabili” per alcuni reati commessi o tentati, anche nell’interesse o a vantaggio delle società stesse, da esponenti dei vertici aziendali (i c.d. soggetti “in posizione apicale” o semplicemente “apicali”) e da coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi (art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 231/2001)2. La responsabilità amministrativa delle società è autonoma rispetto alla responsabilità penale della persona fisica che ha commesso il reato e si affianca a quest’ultima. Tale ampliamento di responsabilità mira sostanzialmente a coinvolgere nella punizione di determinati reati il patrimonio delle società e, in ultima analisi, gli interessi economici dei soci, i quali, fino all’entrata in vigore del Decreto in esame, non pativano conseguenze dirette dalla realizzazione di reati commessi, nell’interesse o a vantaggio della propria società, da amministratori e/o dipendenti3. Il d.lgs. n. 231/2001 innova l’ordinamento giuridico italiano in quanto alle società sono ora applicabili, in via diretta ed autonoma, sanzioni di natura sia pecuniaria che interdittiva in relazione a reati ascritti a soggetti funzionalmente legati alla società ai sensi dell’art. 5 del decreto. La responsabilità amministrativa della società è, tuttavia, esclusa se la società ha, tra l’altro, adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione dei reati, modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati stessi; tali modelli possono essere adottati sulla base di codici di comportamento (linee guida) elaborati dalle 1 Il d.lgs. n. 231/2001 è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 giugno 2001, n. 140, la Legge 300/2000 sulla Gazzetta Ufficiale del 25 ottobre 2000, n. 250. 2 Art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 231/2001: “Responsabilità dell’ente – L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)”. 3 Così l’introduzione delle Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001 di Confindustria, diffuse in data 7 marzo 2002, integrate in data 3 ottobre 2002 con appendice relativa ai c.d. reati societari (introdotti nel d.lgs. n. 231/2001 con il d.lgs. n. 61/2002) e aggiornate, al 31 marzo 2008 e a marzo 2014. 4 associazioni rappresentative delle società, fra le quali Confindustria, e comunicati al Ministero della Giustizia. La responsabilità amministrativa della società è, in ogni caso, esclusa se i soggetti apicali e/o i loro sottoposti hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. 1.2 Natura della responsabilità Con riferimento alla natura della responsabilità amministrativa ex d.lgs. n. 231/2001, la Relazione illustrativa al decreto sottolinea la “nascita di un tertium genus che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dell’efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia”. Il d.lgs. n. 231/2001 ha, infatti, introdotto nel nostro ordinamento una forma di responsabilità delle società di tipo “amministrativo” – in ossequio al dettato dell’art. 27, comma primo, della nostra Costituzione4 – ma con numerosi punti di contatto con una responsabilità di tipo “penale”. In tal senso si vedano – tra i più significativi – gli artt. 2, 8 e 34 del d.lgs. n. 231/2001 ove il primo riafferma il principio di legalità tipico del diritto penale; il secondo afferma l’autonomia della responsabilità dell’ente rispetto all’accertamento della responsabilità della persona fisica autrice della condotta criminosa; il terzo prevede la circostanza che tale responsabilità, dipendente dalla commissione di un reato, venga accertata nell’ambito di un procedimento penale e sia, pertanto, assistita dalle garanzie proprie del processo penale. Si consideri, inoltre, il carattere afflittivo delle sanzioni applicabili alla società. 1.3 Autori del reato: soggetti in posizione apicale e soggetti sottoposti all’altrui direzione Come sopra anticipato, secondo il d.lgs. n. 231/2001, la società è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: – da “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente stesso” (i sopra definiti soggetti “in posizione apicale” o “apicali”; art. 5, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 231/2001); – da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti apicali (i c.d. soggetti sottoposti all’altrui direzione; art. 5, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 231/2001). È opportuno, altresì, ribadire che la società non risponde, per espressa previsione legislativa (art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 231/2001), se le persone su indicate hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi5. 4 Art. 27 comma 1 della Costituzione della Repubblica Italiana: “La responsabilità penale è personale”. La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001, nella parte relativa all’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, afferma: “Il secondo comma dell’articolo 5 dello schema mutua dalla lett. e) della delega la clausola di chiusura ed esclude la responsabilità dell’ente quando le persone fisiche (siano esse soggetti apicali o sottoposti) abbiano agito nell’interesse 5 5 1.4 Fattispecie di reato In base al d.lgs. n. 231/2001, l’ente può essere ritenuto responsabile soltanto per i reati espressamente richiamati dagli artt. 24 - 25-duodecies del d.lgs. n. 231/2001, se commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai soggetti qualificati ex art. 5, comma 1, del Decreto stesso o nel caso di specifiche previsioni legali che al Decreto facciano rinvio, come nel caso dell’art. 10 della legge n. 146/2006. Le fattispecie possono essere comprese, per comodità espositiva, nelle seguenti categorie: − delitti contro la Pubblica Amministrazione. Si tratta del primo gruppo di reati originariamente individuato dal d.lgs. n. 231/2001 (artt. 24 e 25)6; − delitti contro la fede pubblica, quali falsità in monete, carte di pubblico credito e valori di bollo, previsti dall’art. 25-bis del Decreto e introdotti dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, recante “Disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’Euro”7; − reati societari. Il d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, nell’ambito della riforma del diritto societario, ha previsto l’estensione del regime di responsabilità amministrativa degli enti anche a determinati reati societari (quali false comunicazioni sociali, illecita influenza sull’assemblea, richiamati dall’art. 25-ter d.lgs. n. 231/2001) 8; esclusivo proprio o di terzi. La norma stigmatizza il caso di “rottura” dello schema di immedesimazione organica; si riferisce cioè alle ipotesi in cui il reato della persona fisica non sia in alcun modo riconducibile all’ente perché non realizzato neppure in parte nell’interesse di questo. E si noti che, ove risulti per tal via la manifesta estraneità della persona morale, il giudice non dovrà neanche verificare se la persona morale abbia per caso tratto un vantaggio (la previsione opera dunque in deroga al primo comma).” 6 Si tratta dei seguenti reati: malversazione a danno dello Stato o dell’Unione Europea (art. 316-bis c.p.), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.), truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640 comma 2, n. 1 c.p.), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), frode informatica in danno dello Stato e di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.), concussione (art. 317 c.p.), corruzione per l’esercizio della funzione e corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (artt. 318, 319 e 319-bis c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.), delitti del corruttore (art. 321 c.p.), istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e degli Stati esteri (art. 322-bis c.p.). 7 L’art. 25-bis è stato introdotto nel d.lgs. n. 231/2001 dall’art. 6 del D.L. 350/2001, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della L. 409/2001. Si tratta dei reati di falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (art. 453 c.p.), alterazione di monete (art. 454 c.p.), spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (art. 455 c.p.), spendita di monete falsificate ricevute in buona fede (art. 457 c.p.), falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati (art. 459 c.p.), contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (art. 460 c.p.), fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461 c.p.), uso di valori di bollo contraffatti o alterati (art. 464 c.p.). La legge 23 luglio, n. 99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” all’art. 15 comma 7, ha modificato l’art. 25-bis che punisce ora anche la contraffazione e l’alterazione di marchi o segni distintivi (art. 473 c.p.) nonché l’introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.). 8 L’art 25-ter è stato introdotto nel d. lgs. 231/2001 dall’art. 3 del d. lgs. 61/2002. Si tratta dei reati di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c. così come modificato dall’art 30 della legge 28 dicembre 2005, n. 262) e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622 c.c., così come modificato dal secondo comma dell’art. 30 della legge 28 dicembre 2005, n. 262), falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (art. 2624 c.c.; l’art. 35 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 ha premesso all’art 175 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte V, titolo I, capo III, l’art. 174-bis e 174-ter), impedito controllo (art. 2625, comma secondo, c.c.), formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.), indebita restituzione dei conferimenti (art. 2626 c.c.), illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.), illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.), operazioni in pregiudizio dei creditori 6 − delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (richiamati dall’art. 25-quater d.lgs. n. 231/2001, introdotto dall’art. 3 della legge 14 gennaio 2003, n. 7). Si tratta dei “delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali”, nonché dei delitti, diversi da quelli sopra indicati, “che siano comunque stati posti in essere in violazione di quanto previsto dall’articolo 2 della Convenzione Internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999”)9; − abusi di mercato, richiamati dall’art. 25-sexies del Decreto, come introdotto dall’art. 9 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (“Legge Comunitaria 2004”)10; − delitti contro la personalità individuale, previsti dall’art. 25-quinquies, introdotto nel Decreto dall’art. 5 della legge 11 agosto 2003, n. 228, quali la prostituzione minorile, la pornografia minorile, la tratta di persone e la riduzione e mantenimento in schiavitù11; − reati transnazionali. L’art. 10 della legge 16 marzo 2006 n. 146 prevede la responsabilità amministrativa della società anche con riferimento ai reati specificati dalla stessa legge che presentino la caratteristica della transnazionalità12; (art. 2629 c.c.), omessa comunicazione del conflitto di interesse (art. 2629-bis c.c.), introdotto dall’art. 31, primo comma, della legge n. 262 del 2005, che ha integrato la lettera r) dell’art. 25-ter del d.lgs. 231/2001), indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.), corruzione fra privati (art. 2635 c.c.), illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.), aggiotaggio (art. 2637 c.c.), ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.), nelle disposizioni di nuova formulazione. Il decreto legislativo, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, nella seduta del 22 gennaio 2010 e in attesa di pubblicazione in G.U., che attua la direttiva 2006/43/CE relativa alla revisione legale dei conti, nell'abrogare l'art 2624 c.c. e modificare l'art 2625 c.c., non effettua il coordinamento con l'art 25-ter del d.lgs. 231. 9 L’art 25-quater è stato introdotto nel d.lgs. n. 231/2001 dall’art. 3 della legge 14 gennaio 2003, n. 7. Si tratta dei “delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali”, nonché dei delitti, diversi da quelli sopra indicati, “che siano comunque stati posti in essere in violazione di quanto previsto dall’articolo 2 della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999”. Tale Convenzione, punisce chiunque, illegalmente e dolosamente, fornisce o raccoglie fondi sapendo che gli stessi saranno, anche parzialmente, utilizzati per compiere: (i) atti diretti a causare la morte - o gravi lesioni - di civili, quando l’azione sia finalizzata ad intimidire una popolazione, o coartare un governo o un’organizzazione internazionale; (ii) atti costituenti reato ai sensi delle convenzioni in materia di: sicurezza del volo e della navigazione, tutela del materiale nucleare, protezione di agenti diplomatici, repressione di attentati mediante uso di esplosivi. La categoria dei “delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali” è menzionata dal Legislatore in modo generico, senza indicare le norme specifiche la cui violazione comporterebbe l’applicazione del presente articolo. Si possono, in ogni caso, individuare quali principali reati presupposti l’art. 270-bis c.p. (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico) il quale punisce chi promuove, costituisce organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti violenti con finalità terroristiche od eversive, e l’art. 270-ter c.p. (Assistenza agli associati) il quale punisce chi dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano alle associazioni con finalità terroristiche od eversive. 10 La norma prevede che la società possa essere chiamata a rispondere dei reati di abuso di informazioni privilegiate (art. 184 TUF) e manipolazione del mercato (art. 185 TUF). In base all’art. 187-quinquies del TUF, l’ente può essere, altresì, ritenuto responsabile del pagamento di una somma pari all’importo della sanzione amministrativa pecuniaria irrogata per gli illeciti amministrativi di abuso di informazioni privilegiate (art. 187-bis TUF) e di manipolazione del mercato (art. 187-ter TUF), se commessi, nel suo interesse o a suo vantaggio, da persone riconducibili alle categorie dei “soggetti apicali” e dei “soggetti sottoposti all’altrui direzione o vigilanza”. 11 L’art. 25-quinquies è stato introdotto nel d.lgs. n. 231/2001 dall’art. 5 della legge 11 agosto 2003, n. 228. Si tratta dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (art. 600 c.p.), tratta di persone (art. 601 c.p.), acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.), reati connessi alla prostituzione minorile e allo sfruttamento della stessa (art. 600bis c.p.), alla pornografia minorile e allo sfruttamento della stessa (art. 600-ter c.p.), detenzione di materiale pornografico prodotto mediante lo sfruttamento sessuale dei minori (art. 600-quater c.p.), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art. 600-quinquies c.p.). 12 I reati indicati dall’art. 10 della legge 16 marzo 2006 n. 146 (associazione per delinquere, associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, fattispecie di immigrazione clandestina, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria, favoreggiamento personale) sono considerati 7 − delitti contro la vita e l’incolumità individuale. L’art. 25-quater.1 del Decreto prevede tra i delitti con riferimento ai quali è riconducibile la responsabilità amministrativa della società le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili; − reati in materia di salute e sicurezza. L’art. 25-septies13 prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai delitti di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale (Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime), commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro; − reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. L’art. 25-octies14 del Decreto stabilisce l'estensione della responsabilità dell'ente anche con riferimento ai reati previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale; − delitti informatici e trattamento illecito dei dati. L’art. 24-bis del Decreto prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai delitti di cui agli articoli 615ter, 617-quater, 617-quinquies, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale; − delitti di criminalità organizzata. L’art. 24-ter del Decreto stabilisce l'estensione della responsabilità dell'ente anche con riferimento ai reati previsti dagli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale e dei delitti previsti all’articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; − delitti contro l’industria e il commercio. L’art. 25-bis del Decreto prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai delitti di cui agli articoli 513, 513-bis, 514, 515, 516, 517, 517-ter e 517-quater del codice penale; − delitti in materia di violazione del diritto d’autore. L’art. 25-nonies del Decreto prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai delitti di cui agli articoli 171, primo comma, lettera a-bis), e terzo comma, 171-bis, 171-ter e 171-septies, 171-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633; − induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria (art. 377-bis c.p.), richiamato dall’art.25-novies del Decreto15; − reati in materia ambientale. L’art.25-undecies del Decreto prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai reati di cui agli articoli 727-bis e 733-bis del codice penale, alcuni articoli previsti dal d. lgs. n. 152/2006 (Testo Unico in materia Ambientale), alcuni articoli della legge n. 150/1992 a protezione di specie animali e vegetali in via di estinzione e di animali pericolosi, l’art. 3, co. 6, della legge n. 549/1993 transnazionali quando l’illecito sia stato commesso in più di uno Stato, ovvero, se commesso in uno Stato, una parte sostanziale della preparazione e pianificazione dell’illecito sia avvenuta in altro Stato, ovvero ancora se, commesso in uno Stato, in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati. In questo caso, non sono state inserite ulteriori disposizioni nel corpo del d.lgs. n. 231/2001. La responsabilità deriva da un’autonoma previsione contenuta nel predetto art. 10 della legge n. 146/2006, il quale stabilisce le specifiche sanzioni amministrative applicabili ai reati sopra elencati, disponendo – in via di richiamo - nell’ultimo comma che “agli illeciti amministrativi previsti dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231”. Il d.lgs. n. 231/2007 ha abrogato le norme contenute nella legge n. 146/2006 con riferimento agli articoli 648bis e 648-ter del codice penale (riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), divenuti sanzionabili, ai fini del d.lgs. n. 231/2001, indipendentemente dalla caratteristica della transnazionalità. 13 Articolo aggiunto dall'art. 9, L. 3 agosto 2007, n. 123. 14 L'art. 63, comma 3, del d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 2007 n. 290, S.O. n. 268, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE del 26 ottobre 2005 e concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché della direttiva n. 2006/70/CE, che ne reca le misure di esecuzione, ha introdotto il nuovo articolo nel decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, il quale prevede, appunto, la responsabilità amministrativa dell’ente anche nel caso di reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. 15 L’art. 25-novies è stato aggiunto dall’art.4 della legge 116/09. 8 sulla tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente e alcuni articoli del d. lgs. n. 202/2007 sull’inquinamento provocato dalle navi; − reati per l’impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L’art. 25duodecies del Decreto prevede la responsabilità amministrativa della società in relazione ai reati dell’art. 2, c.1 del d. lgs. 16 luglio 2012, n. 109 nel caso in cui si utilizzino dei lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o addirittura scaduto. Le categorie sopra elencate sono destinate ad aumentare ancora, a breve, anche per la tendenza legislativa ad ampliare l’ambito di operatività del Decreto, anche in adeguamento ad obblighi di natura internazionale e comunitaria. 1.5 Apparato sanzionatorio Gli artt. 9-23 del d.lgs. n. 231/2001 prevedono a carico della società, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, le seguenti sanzioni: – sanzione pecuniaria (e sequestro conservativo in sede cautelare); – sanzioni interdittive (applicabili anche quale misura cautelare) di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni (con la precisazione che, ai sensi dell’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 231/2001, “Le sanzioni interdittive hanno ad oggetto la specifica attività alla quale si riferisce l’illecito dell’ente”) che, a loro volta, possono consistere in: – interdizione dall’esercizio dell’attività; – sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; – divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; – esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli concessi; – divieto di pubblicizzare beni o servizi; – confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare); – pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva). La sanzione pecuniaria è determinata dal giudice penale attraverso un sistema basato su “quote” in numero non inferiore a cento e non superiore a mille e di importo variabile fra un minimo di Euro 258,22 ad un massimo di Euro 1549,37. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina: – il numero delle quote, tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità della società nonché dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti; – l’importo della singola quota, sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali della società. Le sanzioni interdittive si applicano in relazione ai soli reati per i quali siano espressamente previste (e cioè dei reati contro la pubblica amministrazione, di taluni reati contro la fede pubblica - quali la falsità in monete - dei delitti in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, dei delitti contro la personalità individuale, delle pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, dei reati transnazionali, dei reati in materia di salute e sicurezza nonché dei reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, dei delitti informatici e trattamento illecito dei 9 dati, dei delitti di criminalità organizzata, dei delitti contro l’industria e il commercio, dei delitti in materia di violazione del diritto di autore, di taluni reati ambientali, induzione indebita a dare o promettere utilità) e purché ricorra almeno una delle seguenti condizioni: • la società ha tratto dalla consumazione del reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in tale ultimo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative; • in caso di reiterazione degli illeciti16. Il giudice determina il tipo e la durata della sanzione interdittiva tenendo conto dell’idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso e, se necessario, può applicarle congiuntamente (art. 14, comma 1 e comma 3, d.lgs. n. 231/2001). Le sanzioni dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e del divieto di pubblicizzare beni o servizi possono essere applicate - nei casi più gravi - in via definitiva17. Si segnala, inoltre, la possibile prosecuzione dell’attività della società (in luogo dell’irrogazione della sanzione) da parte di un commissario nominato dal giudice ai sensi e alle condizioni di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 231/200118. 1.6 Tentativo Nelle ipotesi di commissione, nelle forme del tentativo, dei delitti sanzionati sulla base del d.lgs. n. 231/2001, le sanzioni pecuniarie (in termini di importo) e le sanzioni interdittive (in termini di durata) sono ridotte da un terzo alla metà. 16 Art. 13, comma 1, lettere a) e b) d.lgs. n. 231/2001. A tale proposito, Si veda anche l’art. 20 d.lgs. n. 231/2001, ai sensi del quale “Si ha reiterazione quando l’ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva.” 17 Si veda, a tale proposito, l’art. 16 d.lgs. n. 231/2001, secondo cui: “1. Può essere disposta l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività se l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed é già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall’esercizio dell’attività. 2. Il giudice può applicare all’ente, in via definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando è già stato condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni. 3. Se l’ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali é prevista la sua responsabilità é sempre disposta l’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività e non si applicano le disposizioni previste dall’articolo 17”. 18 Si veda l’art. 15 del d.lgs. n. 231/2001: “Commissario giudiziale – Se sussistono i presupposti per l’applicazione di una sanzione interdittiva che determina l’interruzione dell’attività dell’ente, il giudice, in luogo dell’applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell’attività dell’ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l’ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività; b) l’interruzione dell’attività dell’ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione. Con la sentenza che dispone la prosecuzione dell’attività, il giudice indica i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l’illecito da parte dell’ente. Nell’ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura l’adozione e l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione del giudice. Il profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività viene confiscato. La prosecuzione dell’attività da parte del commissario non può essere disposta quando l’interruzione dell’attività consegue all’applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva”. 10 E’ esclusa l’irrogazione di sanzioni nei casi in cui l’ente impedisca volontariamente il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento (art. 26 d.lgs. n. 231/2001). 1.7 Vicende modificative dell’ente Il d.lgs. n. 231/2001 disciplina il regime della responsabilità patrimoniale dell’ente anche in relazione alle vicende modificative dello stesso quali la trasformazione, la fusione, la scissione e la cessione d’azienda. Secondo l’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 231/2001, risponde dell’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria l’ente con il suo patrimonio o con il fondo comune, laddove la nozione di patrimonio deve essere riferita alle società e agli enti con personalità giuridica, mentre la nozione di “fondo comune” concerne le associazioni non riconosciute19. Gli artt. 28-33 del d.lgs. n. 231/2001 regolano l’incidenza sulla responsabilità dell’ente delle vicende modificative connesse a operazioni di trasformazione, fusione, scissione e cessione di azienda. Il Legislatore ha tenuto conto di due esigenze contrapposte: – da un lato, evitare che tali operazioni possano costituire uno strumento per eludere agevolmente la responsabilità amministrativa dell’ente; – dall’altro, non penalizzare interventi di riorganizzazione privi di intenti elusivi. La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 afferma “Il criterio di massima al riguardo seguito è stato quello di regolare la sorte delle sanzioni pecuniarie conformemente ai principi dettati dal codice civile in ordine alla generalità degli altri debiti dell’ente originario, mantenendo, per converso, il collegamento delle sanzioni interdittive con il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato”. In caso di trasformazione, l’art. 28 del d.lgs. n. 231/2001 prevede (in coerenza con la natura di tale istituto che implica un semplice mutamento del tipo di società, senza determinare l’estinzione del soggetto giuridico originario) che resta ferma la responsabilità dell’ente per i reati commessi anteriormente alla data in cui la trasformazione ha avuto effetto. In caso di fusione, l’ente che risulta dalla fusione (anche per incorporazione) risponde dei reati di cui erano responsabili gli enti partecipanti alla fusione (art. 29 del d.lgs. n. 231/2001). L’art. 30 del d.lgs. n. 231/2001 prevede che, nel caso di scissione parziale, la società scissa rimane responsabile per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto. Gli enti beneficiari della scissione (sia totale che parziale) sono solidalmente obbligati al pagamento delle sanzioni pecuniarie dovute dall’ente scisso per i reati commessi 19 La disposizione in esame rende esplicita la volontà del Legislatore di individuare una responsabilità dell’ente autonoma rispetto non solo a quella dell’autore del reato (si veda, a tale proposito, l’art. 8 del d.lgs. n. 231/2001) ma anche rispetto ai singoli membri della compagine sociale. L’art. 8 “Autonomia della responsabilità dell’ente” del d.lgs. n. 231/2001 prevede “1. la responsabilità dell’ente sussiste anche quando: a) l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile; b) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia. 2. Salvo che la legge disponga diversamente, non si procede nei confronti dell’ente quando è concessa amnistia per un reato in relazione al quale è prevista la sua responsabilità e l’imputato ha rinunciato alla sua applicazione. 3. L’ente può rinunciare all’amnistia.” 11 anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, nel limite del valore effettivo del patrimonio netto trasferito al singolo ente. Tale limite non si applica alle società beneficiarie, alle quali risulta devoluto, anche solo in parte, il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il reato. Le sanzioni interdittive relative ai reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell’ambito del quale il reato è stato commesso. L’art. 31 del Decreto prevede disposizioni comuni alla fusione e alla scissione, concernenti la determinazione delle sanzioni nell’eventualità che tali operazioni straordinarie siano intervenute prima della conclusione del giudizio. Viene chiarito, in particolare, il principio per cui il giudice deve commisurare la sanzione pecuniaria, secondo i criteri previsti dall’art. 11, comma 220, del Decreto, facendo riferimento in ogni caso alle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente originariamente responsabile, e non a quelle dell’ente cui dovrebbe imputarsi la sanzione a seguito della fusione o della scissione. In caso di sanzione interdittiva, l’ente che risulterà responsabile a seguito della fusione o della scissione potrà chiedere al giudice la conversione della sanzione interdittiva in sanzione pecuniaria, a patto che: (i) la colpa organizzativa che abbia reso possibile la commissione del reato sia stata eliminata, e (ii) l’ente abbia provveduto a risarcire il danno e messo a disposizione (per la confisca) la parte di profitto eventualmente conseguito. L’art. 32 del d.lgs. n. 231/2001 consente al giudice di tener conto delle condanne già inflitte nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell’ente scisso al fine di configurare la reiterazione, a norma dell’art. 20 del d.lgs. n. 231/2001, in rapporto agli illeciti dell’ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione, relativi a reati successivamente commessi21. Per le fattispecie della cessione e del conferimento di azienda è prevista una disciplina unitaria (art. 33 del d.lgs. n. 231/2001)22; il cessionario, 20 Art. 11 del d.lgs. n. 231/2001: “Criteri di commisurazione della sanzione pecuniaria - 1. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell’ente nonché dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. 2. L’importo della quota è fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente allo scopo di assicurare l’efficacia della sanzione.(…)”. 21 Art. 32 d.lgs. n. 231/2001: “Rilevanza della fusione o della scissione ai fini della reiterazione - 1. Nei casi di responsabilità dell’ente risultante dalla fusione o beneficiario della scissione per reati commessi successivamente alla data dalla quale la fusione o la scissione ha avuto effetto, il giudice può ritenere la reiterazione, a norma dell’articolo 20, anche in rapporto a condanne pronunciate nei confronti degli enti partecipanti alla fusione o dell’ente scisso per reati commessi anteriormente a tale data. 2. A tale fine, il giudice tiene conto della natura delle violazioni e dell’attività nell’ambito della quale sono state commesse nonché delle caratteristiche della fusione o della scissione. 3. Rispetto agli enti beneficiari della scissione, la reiterazione può essere ritenuta, a norma dei commi 1 e 2, solo se ad essi è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell’ambito del quale è stato commesso il reato per cui è stata pronunciata condanna nei confronti dell’ente scisso”. La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 chiarisce che “La reiterazione, in tal caso, non opera peraltro automaticamente, ma forma oggetto di valutazione discrezionale da parte del giudice, in rapporto alle concrete circostanze. Nei confronti degli enti beneficiari della scissione, essa può essere inoltre ravvisata solo quando si tratti di ente cui è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nel cui ambito è stato commesso il precedente reato”. 22 Art. 33 del d.lgs. n. 231/2001: “ Cessione di azienda. - 1. Nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell’ente cedente e nei limiti del valore dell’azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria. 2. L’obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza. 3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di conferimento di azienda”. Sul punto la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 chiarisce: “Si intende come anche tali operazioni siano suscettive di prestarsi a manovre elusive della responsabilità: e, pur tuttavia, maggiormente pregnanti 12 nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il reato, è solidalmente obbligato al pagamento della sanzione pecuniaria comminata al cedente, con le seguenti limitazioni: - è fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente; - la responsabilità del cessionario è limitata al valore dell’azienda ceduta e alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali era, comunque, a conoscenza. Al contrario, le sanzioni interdittive inflitte al cedente non si estendono al cessionario. 1.8 Reati commessi all’estero Secondo l’art. 4 del d.lgs. n. 231/2001, l’ente può essere chiamato a rispondere in Italia in relazione a reati - contemplati dallo stesso d.lgs. n. 231/2001 - commessi all’estero23. La Relazione illustrativa al d.lgs. n. 231/2001 sottolinea la necessità di non lasciare sfornita di sanzione una situazione criminologica di frequente verificazione, anche al fine di evitare facili elusioni dell’intero impianto normativo in oggetto. I presupposti su cui si fonda la responsabilità dell’ente per reati commessi all’estero sono: (i) il reato deve essere commesso da un soggetto funzionalmente legato all’ente, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 231/2001; (ii) l’ente deve avere la propria sede principale nel territorio dello Stato italiano; (iii) l’ente può rispondere solo nei casi e alle condizioni previste dagli artt. 7, 8, 9, 10 c.p. (nei casi in cui la legge prevede che il colpevole - persona fisica - sia punito a richiesta del Ministro della Giustizia, si procede contro l’ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti dell’ente stesso)24 e, anche in ossequio al principio di risultano, rispetto ad esse, le contrapposte esigenze di tutela dell’affidamento e della sicurezza del traffico giuridico, essendosi al cospetto di ipotesi di successione a titolo particolare che lasciano inalterata l’identità (e la responsabilità) del cedente o del conferente”. 23 L’art. 4 del d.lgs. n. 231/2001 prevede quanto segue: “1. Nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del codice penale, gli enti aventi nel territorio dello Stato la sede principale rispondono anche in relazione ai reati commessi all’estero, purché nei loro confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. 2. Nei casi in cui la legge prevede che il colpevole sia punito a richiesta del Ministro della giustizia, si procede contro l’ente solo se la richiesta è formulata anche nei confronti di quest’ultimo.” 24 Art. 7 c.p.: “Reati commessi all’estero - E’ punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:1) delitti contro la personalità dello Stato italiano; 2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; 3) delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano; 4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni; 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana”. Art. 8 c.p.: “Delitto politico commesso all’estero - Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel numero 1 dell’articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia. Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela. Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. E’ altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.” Art. 9 c.p.: “Delitto comune del cittadino all’estero - Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato. Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia ovvero a istanza o a querela della persona offesa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che l’estradizione di lui non sia stata concessa, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha 13 legalità di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 231/2001, solo a fronte dei reati per i quali la sua responsabilità sia prevista da una disposizione legislativa ad hoc; (iv) sussistendo i casi e le condizioni di cui ai predetti articoli del codice penale, nei confronti dell’ente non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto. CAPITOLO 2 - DESCRIZIONE DELLA REALTÀ AZIENDALE – ELEMENTI DEL MODELLO DI GOVERNANCE E DELL’ASSETTO ORGANIZZATIVO GENERALE DELLA SOCIETÀ 2.1 EcorNaturaSì S.p.A. EcorNaturaSì è una società di capitali (SpA) che si occupa di promuovere e valorizzare prodotti alimentari da agricoltura biologica e biodinamica e altri prodotti non alimentari rispettosi dei consumatori e dell’ambiente. La Società ha sede legale a Verona in via De Besi 20/c, dove sono presenti gli uffici commerciali, di sviluppo e servizi per la rete vendita NaturaSì e CuoreBio, gli acquisti, il marketing e l’assicurazione qualità. La sede operativa è invece sita a San Vendemiano (TV), dove è presente il controllo qualità e la base logistica per la commercializzazione all’ingrosso dei prodotti, distinguibili nelle seguenti macro-categorie: • prodotti ortofrutticoli • prodotti frigo-conservati • prodotti confezionati alimentari • prodotti non food. La Società ha come oggetto sociale25: – la produzione ed il commercio di prodotti biologici e non biologici, inerenti l’alimentazione umana ed animale, della carne proveniente da allevamenti biologici, del pane e prodotti in genere di panetteria, dei prodotti per la cosmesi, per l’erboristeria, per la cartoleria e libreria, per l’abbigliamento, di articoli casalinghi, nonché il deposito di merci presso i propri magazzini per la successiva distribuzione; – attività di logistica in genere, custodia, gestione e trasporto anche per conto terzi dei prodotti indicati al precedente punto; – servizio di organizzazione logistica, commerciale, marketing compresa la gestione e l’elaborazione di dati contabili e commerciali in genere per conto dei punti di vendita clienti e/o affiliati; commesso il delitto.” Art. 10 c.p.: “Delitto comune dello straniero all’estero – Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa. Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che: 1) si trovi nel territorio dello Stato; 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena dell’ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo di tre anni; 3) l’estradizione di lui non sia stata concessa, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene” . 25 Art. 4 dello Statuto di EcorNaturaSì S.p.A. 14 – – – – – – – 2.2 promozione di manifestazioni pubblicitarie, di concorsi a premio anche per conto dei punti di vendita clienti e/o affiliati; cedere a terzi con contratti di franchising o altre forme ritenute più opportune dall’Organo Amministrativo i propri marchi, insegne, disegni, know-how, brevetti, strutture operative, conoscenze commerciali; provvedere alla selezione e formazione del personale onde permettere di sviluppare una rete commerciale di vendita di beni di largo consumo; esercitare l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande; organizzare manifestazioni commerciali e/o con finalità sportive, culturali e sociali destinate a promuovere l’attività della società e/o dei prodotti dalla stessa commercializzati; fungere da agenzia per la fornitura di servizi per la gestione di punti di promozione vendita di proprietà di terzi, che operino nel settore dell’alimentazione biologica e del prodotto naturale; compiere tutte le operazioni commerciali (anche di import-export), finanziarie, mobiliari e immobiliari, contrarre mutui anche ipotecari, stipulare contratti di locazione finanziaria passivi, nonché in genere qualsiasi operazione necessaria o utile per il raggiungimento degli scopi sociali. Modello di governance di EcorNaturaSì S.p.A. L’amministrazione della Società spetta al Consigli di Amministrazione, composto da sette membri. Gli amministratori, che possono essere non soci, sono nominati dall’assemblea ordinaria dei soci, durano in carica per tre esercizi (a meno di diversa indicazione in sede di nomina) e possono essere rieletti26. Il Consiglio di Amministrazione ha tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, esclusi quelli che la legge riserva espressamente all’assemblea dei soci. Il Consiglio di Amministrazione può delegare, nei limiti di legge, le proprie attribuzioni a singoli amministratori o ad un comitato esecutivo, determinandone i poteri, e può nominare direttori generali, direttori e procuratori per determinati atti o categorie di atti. Gli organi delegati riferiscono al Consiglio di Amministrazione almeno ogni sei mesi sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla Società o dalle sue controllate e sulle operazioni con parti correlate alla società o ai suoi azionisti27. Il Consiglio di Amministrazione elegge fra i suoi membri, con il voto favorevole di almeno 4 componenti, un presidente (se questi non è nominato dai soci in sede di costituzione del CdA), un vicepresidente che lo sostituisca in caso di impedimento ed un segretario, anche esterno28. La rappresentanza della Società di fronte ai terzi ed in giudizio è attribuita al Presidente del Consiglio di Amministrazione e, ove nominato, al Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione. 26 Art. 17 dello Statuto di EcorNaturaSì S.p.A. Art. 19 dello Statuto di EcorNaturaSì S.p.A. 28 Art. 18 dello Statuto di EcorNaturaSì S.p.A. 27 15 Il Consiglio di Amministrazione può inoltre conferire la rappresentanza della Società ai consiglieri, direttori generali, direttori e procuratori sopra indicati29. Il Collegio Sindacale si compone di tre membri effettivi e di due supplenti, nominati dall’assemblea, la quale attribuisce inoltre ad un sindaco effettivo la qualifica di Presidente. Il Collegio Sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla Società e sul suo corretto funzionamento. La revisione legale dei conti sulla Società è esercitata da una Società di Revisione iscritta nell’apposito registro, la quale opera secondo le disposizioni di legge. 29 Art. 20 dello Statuto di EcorNaturaSì S.p.A. 16 2.3 Modello di Organizzazione di EcorNaturaSì S.p.A. Il Consiglio di Amministrazione della Società è composto da sette membri, tra cui il Presidente, il quale ricopre anche la carica di Amministratore Delegato. Rispondono direttamente all’Amministratore Delegato: • Direttore Generale • Direttore Sviluppo Il ruolo di Direttore Sviluppo è ricoperta ad interim dallo stesso Amministratore Delegato, cui fanno capo due Responsabili Sviluppo di area (Responsabile Sviluppo Area Centro Nord – Est e Responsabile Sviluppo Area Sud – Nord Ovest) Rispondono direttamente al Direttore Generale: • Direttore Commerciale (ruolo ricoperto ad interim dal Direttore Generale) • Direttore Assicurazione Qualità • Responsabile Risorse Umane Sedi e Segreteria Generale Il Direttore Finanziario riporta al Consigliere Delegato Area Amministrazione e Finanza; Rispondono direttamente al Direttore Finanziario: • Responsabile Servizio Legale • Responsabile Amministrazione e Finanza • Responsabile Controllo di Gestione • Responsabile Controllo di Gestione Negozi • Responsabile Amministrazione del Personale Rispondono direttamente al Direttore Commerciale: • Direttore Servizi Cuorebio nuove aperture e Ufficio Tecnico • Direttore Progetto NaturaSì • Direttore Vendite • Direttore Acquisti • Direttore Marketing e Relazioni Esterne Al Consigliere Delegato Area Logistica, che ricopre anche il ruolo di Direttore Acquisti, Ortofrutta e Materie Prime, rispondono direttamente: • Direttore Area Logistica • Direttore Sistemi Informativi • Responsabile Acquisti Produzioni Agricole, Ortofrutta e Materie Prime • Responsabile Acquisti Ortofrutta • Responsabile Servizio Cucina Rispondono direttamente al Direttore Area Logistica: • Responsabile processi di sviluppo IT logistica • Responsabile Segreteria Logistica ed Acquisti oggettistica • Responsabile Approvvigionamento, Acquisto Materie Prime • Responsabile Magazzini • Responsabile Trasporti e Spedizioni • Responsabile manutenzione strutture e attrezzature 17 Rispondono direttamente al Direttore Sistemi Informativi: • Responsabile Sistemi Informativi Negozi • Responsabile Servizi Informativi Sede 2.4 Il Manuale di Autocontrollo per l’igiene e la sicurezza degli alimenti (HACCP) di EcorNaturaSì S.p.A. Nell’ambito delle attività finalizzate al rispetto della normativa vigente in materia di igiene e sicurezza degli alimenti, EcorNaturaSì S.p.A. si è dotata di un Manuale di Autocontrollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) che è stato realizzato tenendo conto delle norme di legge applicabili e del know-how ricavabile da diverse pubblicazioni scientifiche, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: - - D.L. n° 283 del 30.04.62 "Disciplina igienica dell a produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande". Dir.CEE 397 del 14.06.89 "Controllo ufficiale dei prodotti alimentari". DL 109 del 27.1.92 “Attuazione della direttiva 89/935/CEE e 89/396/CEE concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari.” Circ. M.S. n° 21 del 28.07.95 "Disposizioni riguar danti le linee guida per l’elaborazione dei manuali volontari di corretta prassi igienica in materia di derrate alimentari". HACCP in Microbiological Safety and Quality, International Commission on Microbiology Specifications for Foods (ICMSF), Blackwell Scientific Publications, 1988. Codex Alimentarius Commission (1993) Codex Guidelines for the application of the Hazard Analysis Critical Control Point system, Joint FAO/WHO Codex Committee on Food Hygiene, WHO/FNU/FOS/93.3 Annex II. Regolamento CE n° 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare; stabilisce i requisiti generali di sicurezza alimentare, i principi della rintracciabilità (art.18) , e i termini di attuazione nei Paesi membri dell’UE. Decreto della Giunta della Regione Veneto n. 438 del 24/11/04 in merito a “Igiene e sanità del personale addetto alla produzione e vendita delle sostanze alimentari”. Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari. Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici. Decreto Regione Veneto n. 158 del 31-8-2010 Linee guida applicative dei Reg CE 852 e 853/2004. Regolamento (CE) 1169/2011 in materia di informazioni sugli alimenti al consumatore. Delibera Regione Veneto n. 2898 del 28-12-12 modalità per la formazione, l’addestramento e l’aggiornamento degli operatori del settore alimentare, in sostituzione del libretto sanitario. Decreto Regione Veneto n. 117 del 13-2-13 Adempimenti in materia di formazione, addestramento e aggiornamento del personale delle imprese alimentari. L.R. 41/2003, art. 1. Rettifiche ed integrazioni. International Food Standard IFS Versione 5. Development and use of Microbiological Criteria for Food – Institute of Food Science and Technology (UK) 1999. 18 - Food & Drink - Good Manufacturing Practice: A Guide to its Responsible Management (5th Edition) 2007. Il Manuale di Autocontrollo HACCP di EcorNaturaSì contiene la descrizione di tutte le misure messe in atto dall’azienda per garantire la Sicurezza Igienica Sanitaria in tutte le fasi della propria attività che comprendono l’acquisizione, il ricevimento, lo stoccaggio, il prelievo e la spedizione di tutti i prodotti inseriti a listino. Il Manuale può essere suddiviso in 2 sezioni: una che costituisce il Piano HACCP vero e proprio (redatto secondo le linee guida del Codex Alimentarius), l’altra che descrive le modalità con cui vengono applicate le Corrette Prassi Igieniche (GMP). Il Manuale contiene inoltre le Misure concrete adottate dall’azienda per garantire il rispetto delle misure precauzionali atte a ridurre i rischi di contaminazione dei prodotti Bio da parte di prodotti o sostanze non biologiche. Il Manuale di Autocontrollo HACCP di EcorNaturaSì S.p.A. è parte integrante del Sistema di Controllo Interno della Società e costituisce un presidio alla commissione dei reati ex D. lgs. 231/2001, con particolare riferimenti a quelli richiamati dall’articolo 25 - bis 1 “Delitti contro l’industria ed il commercio”. I protocolli di controllo specifici per la previsione di tali reati sono contenuti all’interno della Parte Speciale F – “Falsità in segni e strumenti di riconoscimento e delitti contro l’industria ed il commercio”. 19 CAPITOLO 3 - MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO E METODOLOGIA SEGUITA PER LA SUA PREDISPOSIZIONE 3.1 Premessa L’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001, oltre a rappresentare un motivo di esenzione dalla responsabilità della Società con riferimento alla commissione delle tipologie di reato incluse nel Decreto, è un atto di responsabilità sociale da parte della Società dal quale scaturiscono benefici per tutti gli stakeholder, manager, dipendenti, creditori e tutti gli altri soggetti i cui interessi sono legati alle sorti dell’impresa. L’introduzione di un sistema di controllo dell’agire imprenditoriale, unitamente alla fissazione e divulgazione di principi etici, migliorando i già elevati standard di comportamento adottati dalla Società assolvono una funzione normativa in quanto regolano comportamenti e decisioni di coloro che quotidianamente sono chiamati ad operare in favore della Società in conformità ai suddetti principi etici e standard di comportamento. La Società ha, quindi, inteso avviare una serie di attività (di seguito, il “Progetto”) volte a rendere il proprio modello organizzativo conforme ai requisiti previsti dal d.lgs. n. 231/2001 e coerente sia con i principi già radicati nella propria cultura di governance sia con le indicazioni contenute nelle Linee Guida di Confindustria. 3.2 Il modello di organizzazione, gestione e controllo di EcorNaturaSì S.p.A. La costruzione da parte della Società di un proprio modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. n. 231/2001 (di seguito, il “Modello”) ha comportato, dunque, un’attività di assessment del modello organizzativo esistente al fine di renderlo coerente con i principi di controllo introdotti con il d.lgs. n. 231/2001 e, conseguentemente, idoneo a prevenire la commissione dei reati richiamati dal decreto stesso. Il d.lgs. n. 231/2001, infatti, attribuisce, unitamente al verificarsi delle altre circostanze previste dagli artt. 6 e 7 del decreto, un valore scriminante all’adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo nella misura in cui questi ultimi risultino idonei a prevenire, con ragionevole certezza, la commissione, o la tentata commissione, dei reati richiamati dal decreto. In particolare, ai sensi del comma 2 dell’art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 un modello di organizzazione e gestione deve rispondere alle seguenti esigenze: – individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; – prevedere specifici protocolli di controllo diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire; – individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; – prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli; 20 – introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Società ha inteso predisporre un Modello che, sulla scorta delle indicazioni fornite dalle Linee Guida di Confindustria, tenesse conto della propria peculiare realtà aziendale, in coerenza con il proprio sistema di governance ed in grado di valorizzare i controlli e gli organismi esistenti. L’adozione del Modello, ai sensi del citato Decreto, non costituisce un obbligo. La Società ha, comunque, ritenuto tale adozione conforme alle proprie politiche aziendali al fine di: – istituire e/o rafforzare controlli che consentano alla Società di prevenire o di reagire tempestivamente per impedire la commissione dei reati da parte dei soggetti apicali e delle persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza dei primi che comportino la responsabilità amministrativa della Società; – sensibilizzare, con le medesime finalità, tutti i soggetti che collaborano, a vario titolo, con la Società (collaboratori esterni, fornitori, ecc.), richiedendo loro, nei limiti delle attività svolte nell’interesse della Società, di adeguarsi a condotte tali da non comportare il rischio di commissione dei reati; – garantire la propria integrità, adottando gli adempimenti espressamente previsti dall’art. 6 del Decreto; – migliorare l’efficacia e la trasparenza nella gestione delle attività aziendali; – determinare una piena consapevolezza nel potenziale autore del reato di commettere un illecito (la cui commissione è fortemente condannata e contraria agli interessi della Società anche quando apparentemente potrebbe trarne un vantaggio). Il Modello, pertanto, rappresenta un insieme coerente di principi, procedure e disposizioni che: i) incidono sul funzionamento interno della Società e sulle modalità con le quali la stessa si rapporta con l’esterno e ii) regolano la diligente gestione di un sistema di controllo delle attività sensibili, finalizzato a prevenire la commissione, o la tentata commissione, dei reati richiamati dal d.lgs. n. 231/2001. Il Modello, così come approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società, comprende i seguenti elementi costitutivi: – processo di individuazione delle attività aziendali nel cui ambito possono essere commessi i reati richiamati dal d.lgs. n. 231/2001; – previsione di protocolli (o standard) di controllo in relazione alle attività sensibili individuate; – processo di individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati; – organismo di vigilanza; – flussi informativi da e verso l’organismo di vigilanza e specifici obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza; – sistema disciplinare atto a sanzionare la violazione delle disposizioni contenute nel Modello; – piano di formazione e comunicazione al personale dipendente e ad altri soggetti che interagiscono con la Società; – criteri di aggiornamento e adeguamento del Modello; – Codice Etico. I sopra citati elementi costitutivi sono rappresentati nei seguenti documenti: 21 – – Modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/01 (costituito dal presente documento); Codice Etico. Il documento “Modello di organizzazione, gestione e controllo ex d.lgs. 231/01” contiene: (i) nella Parte Generale, una descrizione relativa: • al quadro normativo di riferimento; • alla realtà aziendale, sistema di governance e assetto organizzativo della Società; • alle caratteristiche dell’organismo di vigilanza della Società, con specificazione di poteri, compiti e flussi informativi che lo riguardano; • alla funzione del sistema disciplinare e al relativo apparato sanzionatorio; • al piano di formazione e comunicazione da adottare al fine di garantire la conoscenza delle misure e delle disposizioni del Modello; • ai criteri di aggiornamento e adeguamento del Modello. (ii) nella Parte Speciale, una descrizione relativa: • alle fattispecie di reato richiamate dal d.lgs. n. 231/2001 che la Società ha stabilito di prendere in considerazione in ragione delle caratteristiche della propria attività; • ai processi/attività sensibili e relativi standard di controllo. Il documento prevede quale parte integrante del Modello e elemento essenziale del sistema di controllo il Codice Etico, approvato con delibera del Consiglio di Amministrazione. Il Codice Etico raccoglie i principi etici e i valori che formano la cultura aziendale e che devono ispirare condotte e comportamenti di coloro che operano nell’interesse della Società sia all’interno sia all’esterno dell’organizzazione aziendale, al fine di prevenire la commissione dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti. L'approvazione del Codice Etico crea un corpus normativo interno coerente e efficace, con lo scopo di prevenire comportamenti scorretti o non in linea con le direttive della Società e si integra completamente con il Modello di EcorNaturaSì. 22 CAPITOLO 4 – L’ORGANISMO DI VIGILANZA AI SENSI DEL D.LGS. N. 231/2001 4.1 Funzione dell’Organismo di Vigilanza In base alle previsioni del D. lgs. n. 231/2001 – art. 6, comma 1, lett. a) e b) – l’ente può essere esonerato dalla responsabilità conseguente alla commissione di reati da parte dei soggetti qualificati ex art. 5 del D. lgs. n. 231/2001, se l’organo dirigente ha, fra l’altro, affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello (adottato e efficacemente attuato) e di curarne l’aggiornamento30 ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (di seguito “Organismo di Vigilanza” o “OdV”). Il compito di vigilare continuativamente sulla diffusa ed efficace attuazione del Modello, sull’osservanza del medesimo da parte dei destinatari, nonché di proporne l’aggiornamento al fine di migliorarne l’efficienza di prevenzione dei reati e degli illeciti, è affidato a tale organismo istituito dalla Società al proprio interno. L’affidamento dei suddetti compiti ad un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, unitamente al corretto ed efficace svolgimento degli stessi, rappresenta, quindi, presupposto indispensabile per l’esonero dalla responsabilità prevista dal D. lgs. n. 231/2001. Il D. lgs. n. 231/2001 non fornisce indicazioni circa la composizione dell’Organismo di Vigilanza. EcorNaturaSì, tenuto conto delle modifiche introdotte al D. lgs. n. 231/2001 dalla Legge di Stabilità 2012 in tema di OdV31, ha optato per una soluzione che prevede l’affidamento delle funzioni dell’Organismo di Vigilanza al Collegio Sindacale.32 4.2 Funzioni e poteri L’Organismo di Vigilanza dispone di autonomi poteri di iniziativa, intervento e controllo, che si estendono a tutti i settori e funzioni della Società, poteri che devono essere 30 31 32 La Relazione illustrativa al D. lgs. n. 231/2001 afferma, a tale proposito: “L’ente (…) dovrà inoltre vigilare sulla effettiva operatività dei modelli, e quindi sulla osservanza degli stessi: a tal fine, per garantire la massima effettività del sistema, è disposto che la società si avvalga di una struttura che deve essere costituita al suo interno (onde evitare facili manovre volte a precostituire una patente di legittimità all’operato della società attraverso il ricorso ad organismi compiacenti, e soprattutto per fondare una vera e propria colpa dell’ente), dotata di poteri autonomi e specificamente preposta a questi compiti (…) di particolare importanza è la previsione di un onere di informazione nei confronti del citato organo interno di controllo, funzionale a garantire la sua stessa capacità operativa (…)”. La Legge 12.11.2011 n. 183 – Legge di Stabilità 2012 – pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 14.11.2011, ha introdotto nel corpo dell’art. 6 del D. lgs. n. 231/2001 il seguente comma “4-bis. Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1°, lettera b)” “La legge n. 183 del 2011 (cd. Legge di stabilità per il 2012), inserendo un nuovo comma 4-bis nell’articolo 6, ha rimesso alla discrezionalità delle società di capitali la scelta di affidare al Collegio Sindacale le funzioni di Organismo di vigilanza. Pertanto, l’impresa ha la facoltà di optare per questa forma di organizzazione del sistema di controllo interno ai fini del decreto 231, tenendo sempre nella dovuta considerazione l’obiettivo di garantire le esigenze di efficienza ed efficacia complessiva del sistema di controllo interno”. Confindustria, Linee Guida cit., pag. 63. 23 esercitati al fine di svolgere efficacemente e tempestivamente le funzioni previste nel Modello e dalle norme di attuazione del medesimo per assicurare un’effettiva ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello secondo quanto stabilito dall’art. 6 del D. lgs. n. 231/2001. Le attività poste in essere dall’Organismo di Vigilanza non possono essere sindacate da alcun altro organo o funzione della Società. L’attività di verifica e di controllo svolta dall’Organismo è, infatti, strettamente funzionale agli obiettivi di efficace attuazione del Modello e non può surrogare o sostituire le funzioni di controllo istituzionali della Società. È facoltà dell’Organismo nominare un Segretario, scegliendolo anche al di fuori dei propri componenti. In particolare, all’Organismo di Vigilanza sono affidati, per l’espletamento e l’esercizio delle proprie funzioni, i seguenti compiti e poteri33: − disciplinare il proprio funzionamento anche attraverso l’introduzione di un regolamento delle proprie attività che preveda: la calendarizzazione delle attività, la determinazione delle cadenze temporali dei controlli, l’individuazione dei criteri e delle procedure di analisi, la disciplina dei flussi informativi provenienti dalle strutture aziendali (Regolamento dell’OdV); − vigilare sul funzionamento del Modello sia rispetto alla prevenzione della commissione dei reati richiamati dal D. lgs. n. 231/2001 nonché evidenziandone l’eventuale realizzazione; − verificare il rispetto del Modello, delle regole di comportamento, dei protocolli di prevenzione e delle procedure previste dal Modello e rilevare gli eventuali scostamenti comportamentali che dovessero emergere dall’analisi dei flussi informativi e dalle segnalazioni alle quali sono tenuti i responsabili delle varie funzioni e procedere secondo quanto disposto nel Modello; − svolgere periodica attività ispettiva e di controllo, di carattere continuativo e a sorpresa, in considerazione dei vari settori di intervento o delle tipologie di attività e dei loro punti critici al fine di verificare l’efficienza e l’efficacia del Modello. Nello svolgimento di tale attività, l’Organismo può: − accedere liberamente presso qualsiasi Direzione e Unità della Società – senza necessità di alcun consenso preventivo – per richiedere ed acquisire informazioni, documentazione e dati, ritenuti necessari per lo svolgimento dei compiti previsti dal D. lgs. n. 231/2001, da tutto il personale dipendente e 33 Le attività che l’Organismo è chiamato ad assolvere, anche sulla base delle indicazioni contenute gli artt. 6 e 7 del D. lgs. n. 231/2001, possono così schematizzarsi: vigilanza sull’effettività del Modello, che si sostanzia nella verifica della coerenza tra i comportamenti concreti ed il Modello istituito; disamina in merito all’adeguatezza del Modello, ossia della sua reale (e non meramente formale) capacità di prevenire, in linea di massima, i comportamenti non voluti; analisi circa il mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del Modello; cura del necessario aggiornamento in senso dinamico del Modello, nell’ipotesi in cui le analisi operate rendano necessario effettuare correzioni ed adeguamenti. Tale cura, di norma, si realizza in due momenti distinti ed integrati: presentazione di proposte di adeguamento del Modello verso gli organi/funzioni aziendali in grado di dare loro concreta attuazione nel tessuto aziendale. A seconda della tipologia e della portata degli interventi, le proposte saranno dirette verso le funzioni di Personale ed Organizzazione, Amministrazione, ecc., o, in taluni casi di particolare rilevanza, verso il Consiglio di Amministrazione; follow-up, ossia verifica dell’attuazione e dell’effettiva funzionalità delle soluzioni proposte “Linee Guida Confindustria, cit., pag. 56. 24 − − − − − − − − − dirigente. Nel caso in cui venga opposto un motivato diniego all’accesso agli atti, l’Organismo redige, qualora non concordi con la motivazione opposta, un rapporto da trasmettere all’Organo Amministrativo; − richiedere informazioni rilevanti o l’esibizione di documenti, anche informatici, pertinenti alle attività di rischio, agli amministratori, ai sindaci, alle società di revisione, ai collaboratori, ai consulenti ed in generale a tutti i soggetti tenuti all’osservanza del Modello. L’obbligo di questi ultimi di ottemperare alla richiesta dell’Organismo deve essere inserito nei singoli contratti; sviluppare e promuovere il costante aggiornamento del Modello, inclusa l’identificazione, la mappatura e la classificazione delle attività sensibili formulando, ove necessario, all’Organo Amministrativo le proposte per eventuali aggiornamenti e adeguamenti da realizzarsi mediante le modifiche e/o le integrazioni che si dovessero rendere necessarie; curare i rapporti e assicurare i flussi informativi di competenza con le Unità Organizzative aziendali e verso gli organi sociali; promuovere iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, dei contenuti del D. lgs. n. 231/2001, degli impatti della normativa sull’attività dell’azienda e sulle norme comportamentali nonché iniziative per la formazione del personale e la sensibilizzazione dello stesso all’osservanza del Modello, instaurando anche dei controlli sulla frequenza; verificare la predisposizione di un efficace sistema di comunicazione interna per consentire la trasmissione di notizie rilevanti ai fini del D. lgs. n. 231/2001 garantendo la tutela e riservatezza del segnalante; assicurare la conoscenza delle condotte che devono essere segnalate e delle modalità di effettuazione delle segnalazioni; fornire a tutti i dipendenti ed i membri degli organi sociali chiarimenti in merito al significato ed alla applicazione delle previsioni contenute nel Modello e alla corretta interpretazione/applicazione del presente Modello, degli standard di controllo, delle relative procedure di attuazione e del Codice Etico; formulare e sottoporre all’approvazione dell’organo dirigente la previsione di spesa necessaria al corretto svolgimento dei compiti assegnati, con assoluta indipendenza. Tale previsione di spesa, che dovrà garantire il pieno e corretto svolgimento della propria attività, deve essere approvata dall’Organo Amministrativo. L’Organismo può autonomamente impegnare risorse che eccedono i propri poteri di spesa, qualora l’impiego di tali risorse sia necessario per fronteggiare situazioni eccezionali e urgenti. In questi casi l’Organismo deve informare successivamente l’Organo Amministrativo; segnalare tempestivamente all’organo dirigente, per gli opportuni provvedimenti, le violazioni accertate del Modello che possano comportare l’insorgere di una responsabilità in capo alla Società e proporre le eventuali sanzioni di cui al capitolo 5 del presente Modello; verificare e valutare l’idoneità del sistema disciplinare ai sensi e per gli effetti del D. lgs. n. 231/2001. Nello svolgimento della propria attività l’OdV può avvalersi delle funzioni presenti in Società in virtù delle relative competenze. All’OdV non competono poteri di gestione o poteri decisionali relativi allo svolgimento delle attività della Società, poteri organizzativi o di modifica della struttura aziendale, né poteri sanzionatori. 25 4.3 Obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo di Vigilanza – Flussi informativi L’Organismo di Vigilanza deve essere tempestivamente informato, mediante apposito sistema di comunicazione in merito a quegli atti, comportamenti od eventi che possono determinare una violazione del Modello o che, più in generale, sono rilevanti ai fini del d.lgs. n. 231/2001. L’obbligo di informazione su eventuali comportamenti contrari alle disposizioni contenute nel Modello rientrano nel più ampio dovere di diligenza ed obbligo di fedeltà del prestatore di lavoro. Le funzioni aziendali che operano nell’ambito delle attività sensibili devono trasmettere all’Organismo di Vigilanza le informazioni concernenti: i) le risultanze periodiche dell’attività di controllo svolta dalle stesse in attuazione del Modello, anche su richiesta (report riepilogativi dell’attività svolta, ecc.); ii) eventuali anomalie o atipicità riscontrate nell’ambito delle informazioni disponibili. Le informazioni possono riguardare, a titolo meramente esemplificativo: − operazioni che ricadono nelle attività sensibili (ad esempio: informativa periodica contenente l’indicazione dei contenziosi in corso, di quelli chiusi e di quelli da avviare; report periodici sulle eccezioni riguardanti le modalità di definizione dei prezzi e di selezione dei fornitori, dei distributori e dei Soci presso i quali si acquisiscono i prodotti; comunicazioni della Società di Revisione a cui sia stato affidato l’esercizio del controllo contabile; comunicazioni di qualsiasi incarico conferito alla Società di Revisione o a società ad essa collegate, diverso da quello concernente la revisione del bilancio; ecc.); − provvedimenti e/o notizie provenienti da organi di polizia giudiziaria, o da qualsiasi altra autorità, dai quali si evinca lo svolgimento di indagini, anche nei confronti di ignoti, per i reati contemplati dal d.lgs. n. 231/2001 e che possano coinvolgere la Società; − richieste di assistenza legale inoltrate dai dipendenti in caso di avvio di procedimento giudiziario nei loro confronti ed in relazione ai reati di cui al d.lgs. n. 231/2001, salvo espresso divieto dell’autorità giudiziaria; − rapporti preparati dai responsabili di altre funzioni aziendali nell’ambito della loro attività di controllo e dai quali potrebbero emergere fatti, atti, eventi od omissioni con profili critici rispetto all’osservanza delle norme e previsioni del Modello; − notizie relative ai procedimenti disciplinari svolti e alle eventuali sanzioni irrogate (ivi compresi i provvedimenti assunti verso i dipendenti) ovvero dei provvedimenti di archiviazione di tali procedimenti con le relative motivazioni; − ogni altra informazione che, sebbene non ricompresa nell’elenco che precede, risulti rilevante ai fini di una corretta e completa attività di vigilanza ed aggiornamento del Modello. Per quanto concerne consulenti, collaboratori esterni, ecc., è contrattualmente previsto un obbligo di informativa immediata a loro carico nel caso in cui gli stessi ricevano, direttamente o indirettamente, da un dipendente/rappresentante della Società una richiesta di comportamenti che potrebbero determinare una violazione del Modello. Valgono, in proposito, le seguenti prescrizioni di carattere generale: − devono essere raccolte eventuali segnalazioni relative: i) alla commissione, o al ragionevole pericolo di commissione, di reati richiamati dal d.lgs. n. 231/2001; ii) a 26 − − − − − comportamenti non in linea con le norme di comportamento emanate dalla Società; iii) a comportamenti che, in ogni caso, possono determinare una violazione del Modello; il dipendente che venga a conoscenza di una violazione, tentativo o sospetto di violazione del Modello, può contattare il proprio diretto superiore gerarchico ovvero, qualora la segnalazione non dia esito o il dipendente si senta a disagio nel rivolgersi al suo diretto superiore per effettuare la segnalazione, riferire direttamente all’Organismo di Vigilanza; i consulenti, i collaboratori esterni, per quanto riguarda i rapporti e le attività svolte nei confronti della Società, possono effettuare direttamente all’Organismo di Vigilanza l’eventuale segnalazione delle situazioni in cui ricevano, direttamente o indirettamente, da un dipendente/rappresentante della Società una richiesta di comportamenti che potrebbero determinare una violazione del Modello; al fine di raccogliere in modo efficace le segnalazioni sopra descritte, l’Organismo di Vigilanza provvederà tempestivamente e capillarmente a comunicare, a tutti i soggetti interessati, i modi e le forme di effettuazione delle stesse; l’Organismo di Vigilanza valuta discrezionalmente e sotto la sua responsabilità le segnalazioni ricevute e i casi in cui è necessario attivarsi; le determinazioni in ordine all’esito dell’accertamento devono essere motivate per iscritto. Il corretto adempimento dell’obbligo di informazione da parte del prestatore di lavoro non può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari34. La Società adotta misure idonee ed efficaci affinché sia sempre garantita la riservatezza circa l’identità di chi trasmette all’Organismo informazioni utili per identificare comportamenti difformi da quanto previsto dal Modello, dalle procedure stabilite per la sua attuazione e dalle procedure stabilite dal sistema di controllo interno, fatti salvi gli obblighi di legge e la tutela dei diritti della Società o delle persone accusate erroneamente e/o in mala fede. 4.3.1 Raccolta e conservazione delle informazioni Ogni informazione, segnalazione, report, relazione previsti nel Modello sono conservati dall’Organismo di Vigilanza in un apposito archivio (informatico o cartaceo) per un periodo di almeno 10 anni. 4.3.2 Reporting dell’Organismo di Vigilanza verso gli organi societari L’Organismo di Vigilanza riferisce in merito all’attuazione del Modello, all’emersione di eventuali aspetti critici, alla necessità di interventi modificativi. Sono previste distinte linee di reporting dall’Organismo di Vigilanza: 34 “Si precisa, infine, che la regolamentazione delle modalità di adempimento all’obbligo di informazione non intende incentivare il fenomeno del riporto di rumor interni (whistleblowing), ma piuttosto realizzare quel sistema di reporting di fatti e/o comportamenti reali che non segue la linea gerarchica e che consente al personale di riferire casi di violazione di norme all’interno dell’ente, senza timore di ritorsioni. In questo senso, l’Organismo di vigilanza assume anche le caratteristiche dell’Ethic Officer, privo però dei poteri disciplinari che sarà opportuno allocare in un apposito comitato ovvero, nei casi più delicati, in capo al Consiglio di Amministrazione., cit., nella versione aggiornata a marzo 2014. 27 − su base continuativa, riporta al Consiglio di Amministrazione, nella persona del Presidente e/o a soggetti delegati; − su base periodica almeno semestrale, presenta una relazione al Consiglio di Amministrazione. Gli incontri con gli organi societari e con il Presidente/soggetti delegati cui l’Organismo di Vigilanza riferisce devono essere documentati. L’Organismo di Vigilanza cura l’archiviazione della relativa documentazione. L’Organismo di Vigilanza predispone: i) con cadenza semestrale, una relazione informativa, relativa all’attività svolta, da presentare al Consiglio di Amministrazione; ii) con cadenza annuale, una relazione riepilogativa dell’attività svolta nell’anno in corso ed un piano delle attività previste per l’anno successivo, da presentare al Consiglio di Amministrazione; iii) immediatamente, una comunicazione relativa al verificarsi di situazioni straordinarie (ad esempio: significative violazioni dei principi contenuti nel Modello, innovazioni legislative in materia di responsabilità amministrativa degli enti, significative modificazioni dell’assetto organizzativo della Società, ecc.) e, in caso di segnalazioni ricevute che rivestono carattere d’urgenza, da presentare al Presidente/soggetti delegati. Le relazioni periodiche predisposte dall’Organismo sono redatte anche al fine di consentire al Consiglio di Amministrazione le valutazioni necessarie per apportare eventuali aggiornamenti al Modello e devono quanto meno contenere: − eventuali problematiche sorte riguardo alle modalità di attuazione delle procedure previste dal Modello o adottate in attuazione o alla luce del Modello; − il resoconto delle segnalazioni ricevute da soggetti interni ed esterni in ordine al Modello; − le procedure disciplinari e le sanzioni eventualmente applicate dalla Società, con riferimento esclusivo alle attività a rischio; − una valutazione complessiva sul funzionamento del Modello con eventuali indicazioni per integrazioni, correzioni o modifiche. 28 CAPITOLO 5 - SISTEMA DISCIPLINARE 5.1 Funzione del sistema disciplinare L’art. 6, comma 2, lett. e) e l’art. 7, comma 4, lett. b) del d.lgs. n. 231/2001 indicano, quale condizione per un’efficace attuazione del modello di organizzazione, gestione e controllo, l’introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello stesso. Pertanto, la definizione di un adeguato sistema disciplinare costituisce un presupposto essenziale della valenza scriminante del modello rispetto alla responsabilità amministrativa degli enti. L’adozione di provvedimenti disciplinari in ipotesi di violazioni alle disposizioni contenute nel Modello prescinde dalla commissione di un reato e dallo svolgimento e dall’esito del procedimento penale eventualmente instaurato dall’autorità giudiziaria35. L’osservanza delle prescrizioni contenute nel Modello adottato dalla Società deve considerarsi parte essenziale delle obbligazioni contrattuali dei “Destinatari” di seguito definiti. La violazione delle norme degli stessi lede il rapporto di fiducia instaurato con la Società e può portare ad azioni disciplinari, legali o penali. Nei casi giudicati più gravi, la violazione può comportare la risoluzione del rapporto di lavoro, se posta in essere da un dipendente, ovvero all’interruzione del rapporto, se posta in essere da un soggetto terzo. Per tale motivo è richiesto che ciascun Destinatario conosca le norme contenute nel Modello della Società, oltre le norme di riferimento che regolano l’attività svolta nell’ambito della propria funzione. Il presente sistema sanzionatorio, adottato ai sensi dell’art. 6, comma secondo, lett. e) d.lgs. n. 231/2001 deve ritenersi complementare e non alternativo al sistema disciplinare stabilito dallo stesso C.C.N.L. vigente ed applicabile alle diverse categorie di dipendenti in forza alla Società. L’irrogazione di sanzioni disciplinari a fronte di violazioni del Modello prescinde dall’eventuale instaurazione di un procedimento penale per la commissione di uno dei reati previsti dal Decreto. Il sistema sanzionatorio e le sue applicazioni vengono costantemente monitorati dall’Organismo di Vigilanza. 35 Infatti, come previsto dalla nuova versione delle Linee Guida di Confindustria, “L’inosservanza delle misure previste dal modello organizzativo deve attivare il meccanismo sanzionatorio previsto da quest’ultimo, a prescindere dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale per il reato eventualmente commesso. Anzi, un modello potrà dirsi attuato in modo efficace solo quando azionerà l’apparato disciplinare per contrastare comportamenti prodromici al reato. Infatti, un sistema disciplinare volto a sanzionare comportamenti già di per sé costituenti reato finirebbe per duplicare inutilmente le sanzioni poste dall’ordinamento statale (pena per la persona fisica e sanzione ex decreto 231 per l’ente). Invece, ha senso prevedere un apparato disciplinare se questo opera come presidio interno all’impresa, che si aggiunge e previene l’applicazione di sanzioni “esterne” da parte dello Stato. Come anticipato, il sistema disciplinare completa e rende effettivo il modello organizzativo, il cui fine è evitare che vengano commessi reati, non reprimerli quando siano già stati commessi. Al contempo, la decisione di applicare una sanzione, soprattutto se espulsiva, senza attendere il giudizio penale, comporta un rigoroso accertamento dei fatti, ferma restando la possibilità di ricorrere all’istituto della sospensione cautelare quando tale accertamento sia particolarmente complesso.”. Confindustria, Linee guida, cit., nella versione aggiornata a marzo 2014. 29 Nessun procedimento disciplinare potrà essere archiviato, né alcuna sanzione disciplinare potrà essere irrogata, per violazione del Modello, senza preventiva informazione e parere dell’Organismo di Vigilanza. 5.2 Sanzioni e misure disciplinari 5.2.1 Sanzioni nei confronti dei Dipendenti L’osservanza delle disposizioni e delle regole comportamentali previste dal Modello costituisce adempimento da parte dei dipendenti degli obblighi previsti dall’art. 2104, 2° comma c.c., obblighi dei quali il contenuto del medesimo Modello rappresenta parte sostanziale ed integrante. La violazione delle singole disposizioni e regole comportamentali di cui al Modello da parte dei dipendenti, costituisce sempre illecito disciplinare. Le misure indicate nel Modello, il cui mancato rispetto si intende sanzionare, sono comunicate mediante circolare interna a tutti i dipendenti, affisse in luogo accessibile a tutti e vincolanti per tutti i dipendenti della Società. I provvedimenti disciplinari sono irrogabili nei confronti dei lavoratori dipendenti in conformità a quanto previsto dall’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. “Statuto dei Lavoratori”) ed eventuali normative speciali applicabili. Si precisa che i dipendenti che non rivestono qualifica dirigenziale sono soggetti al CCNL per i dipendenti da aziende del Terziario, della Distribuzione e dei Servizi. Per i dipendenti di livello non dirigenziale, tali provvedimenti sono quelli previsti dalle norme disciplinari del CCNL sopra indicato applicabile. In base a quanto previsto dall’art. 215 del CCNL, le sanzioni disciplinari applicabili, a secondo della gravità delle infrazioni, sono: 1) biasimo inflitto verbalmente per le mancanze lievi; 2) biasimo inflitto per iscritto nei casi di recidiva delle infrazioni di cui al precedente punto 1; 3) multa in misura non eccedente l’importo di 4 ore della normale retribuzione; 4) sospensione dalla retribuzione e dal servizio per un periodo massimo di 10 giorni; 5) licenziamento disciplinare senza preavviso e con le altre conseguenze di ragione e di legge. Alla notizia di una violazione del Modello corrisponde l’avvio della procedura di accertamento delle mancanze in conformità al CCNL applicabile, nei confronti del dipendente interessato dalla procedura. Pertanto: - ad ogni notizia di violazione del Modello è dato impulso alla procedura di accertamento; nel caso in cui, a seguito della procedura, sia accertata la violazione del Modello, è irrogata la sanzione disciplinare prevista dal CCNL applicabile; 30 - la sanzione irrogata è proporzionata alla gravità della violazione. Più in particolare, sul presupposto dell’accertamento della violazione, ad istanza dell’Organismo di Vigilanza, e sentito il superiore gerarchico dell’autore della condotta censurata, il Datore di Lavoro, individua - analizzate le motivazioni del dipendente - la sanzione disciplinare applicabile in base al CCNL di riferimento. Dopo aver applicato la sanzione disciplinare, il Datore di Lavoro comunica l’irrogazione di tale sanzione all’Organismo di Vigilanza. L’Organismo di Vigilanza e il Datore dell’applicazione delle sanzioni disciplinari. di Lavoro provvedono al monitoraggio Sono rispettati tutti gli adempimenti di legge e di contratto relativi all’irrogazione della sanzione disciplinare, nonché le procedure, disposizioni e garanzie previste dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori e dal CCNL applicabile in materia di provvedimenti disciplinari. In conformità a quanto stabilito dalla normativa rilevante, e in ossequio ai principi di tipicità delle violazioni e di tipicità delle sanzioni, EcorNaturaSì S.p.A. intende portare a conoscenza dei propri Dipendenti le disposizioni e le regole comportamentali contenute nel Modello, la cui violazione costituisce illecito disciplinare, nonché le misure sanzionatorie applicabili, tenuto conto della gravità delle infrazioni. Fermi restando gli obblighi in capo alla Società derivanti dallo Statuto dei Lavoratori, i comportamenti che costituiscono violazione del Modello, corredate dalle relative sanzioni, sono i seguenti: 1. Incorre nel provvedimento di biasimo verbale il lavoratore che violi una delle procedure interne previste dal Modello (ad esempio, ove non osservi le procedure prescritte, ometta di dare comunicazione all'Organismo di Vigilanza delle informazioni prescritte, ometta di svolgere controlli, ecc.), o adotti, nell’espletamento di attività nelle aree sensibili, un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello stesso. Tali comportamenti costituiscono una mancata osservanza delle disposizioni impartite dalla Società. 2. Incorre nel provvedimento di biasimo scritto il lavoratore che sia recidivo nel violare le procedure previste dal Modello o nell’adottare, nell’espletamento di attività nelle aree sensibili, un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello. Tali comportamenti costituiscono una ripetuta mancata osservanza delle disposizioni impartite dalla Società. 3. Incorre nel provvedimento della multa, secondo quanto indicato dal CCNL sopra citato, il lavoratore che nel violare le procedure interne previste dal Modello, ovvero adottando nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello, esponga l’integrità dei beni aziendali ad una situazione di oggettivo pericolo. Tali comportamenti, posti in essere con la mancata osservanza delle disposizioni impartite dalla Società, determinano una situazione di pericolo per l’integrità dei beni della Società e/o costituiscono atti contrari agli interessi della stessa. 4. Incorre nel provvedimento della sospensione dalla retribuzione e dal servizio, secondo quanto indicato nel CCNL, il lavoratore che nel violare le procedure interne previste dal Modello, o adottando nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello, arrechi danno alla Società compiendo atti contrari all’interesse della stessa, ovvero il lavoratore che sia recidivo oltre la terza volta 31 nell’anno solare nelle mancanze di cui ai punti 1, 2 e 3. Tali comportamenti, posti in essere per la mancata osservanza delle disposizioni impartite dalla Società, determinano un danno ai beni della Società e/o costituiscono atti contrari agli interessi della stessa. 5. Incorre nel provvedimento del licenziamento, secondo quanto indicato nel CCNL, il lavoratore che nel violare le procedure interne previste dal Modello, adotti, nell’espletamento di attività nelle aree sensibili un comportamento palesemente in violazione alle prescrizioni del Modello e tale da determinare la concreta applicazione a carico di EcorNaturaSì S.p.A. di misure previste dal decreto, dovendosi ravvisare in tale comportamento il compimento di “atti tali da far venire meno radicalmente la fiducia della Società nei suoi confronti”, ovvero la determinazione di un grave pregiudizio per la Società. Il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sopra richiamate, saranno applicate anche tenendo conto: - - dell’intenzionalità del comportamento o del grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento; del comportamento complessivo del lavoratore con particolare riguardo alla sussistenza o meno di precedenti disciplinari del medesimo, nei limiti consentiti dalla legge; delle mansioni del lavoratore; della posizione funzionale delle persone coinvolte nei fatti costituenti la mancanza; delle altre particolari circostanze che accompagnano l’illecito disciplinare. E’ fatta salva la prerogativa di EcorNaturaSì S.p.A. di chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione del Modello da parte di un dipendente. Il risarcimento dei danni eventualmente richiesto sarà commisurato: - al livello di responsabilità ed autonomia del dipendente autore dell’illecito disciplinare; all’eventuale esistenza di precedenti disciplinari a carico dello stesso; al grado di intenzionalità del suo comportamento; alla gravità degli effetti del medesimo, con ciò intendendosi il livello di rischio cui la Società ragionevolmente ritiene di essere stata esposta - ai sensi e per gli effetti del d.lgs. 231/2001 - a seguito della condotta censurata. 5.2.2 Sanzioni nei confronti dei Dirigenti Il rapporto dirigenziale si caratterizza per la natura eminentemente fiduciaria. Il comportamento del Dirigente oltre a riflettersi all’interno della Società, costituendo modello ed esempio per tutti coloro che vi operano, si ripercuote anche sull’immagine esterna della medesima. Pertanto, il rispetto da parte dei dirigenti della Società delle prescrizioni del Codice Etico, del Modello e delle relative procedure di attuazione costituisce elemento essenziale del rapporto di lavoro dirigenziale. Nei confronti dei Dirigenti che abbiano commesso una violazione del Codice Etico, del Modello o delle procedure stabilite in attuazione del medesimo, la funzione titolare del potere disciplinare avvia i procedimenti di competenza per effettuare le relative contestazioni e applicare le misure sanzionatorie più idonee, in conformità con quanto 32 previsto dal CCNL Dirigenti del Terziario e, ove necessario, con l’osservanza delle procedure di cui all’art. 7 della Legge 30 maggio 1970, n. 300. Le sanzioni devono essere applicate nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità del fatto e della colpa o dell’eventuale dolo. Tra l’altro, con la contestazione può essere disposta cautelativamente la revoca delle eventuali procure affidate al soggetto interessato, fino alla eventuale risoluzione del rapporto in presenza di violazioni così gravi da far venir meno il rapporto fiduciario con la Società. 5.2.3 Sanzioni nei confronti degli Amministratori Nel caso di violazioni delle disposizioni contenute nel Modello da parte di uno o più Amministratori, sarà data informazione al Consiglio di Amministrazione affinché siano presi gli opportuni provvedimenti in conformità alla normativa ovvero alle prescrizioni adottate dalla Società. Si ricorda che a norma dell’art. 2392 c.c. gli amministratori sono responsabili verso la società per non aver adempiuto ai doveri imposti dalla legge con la dovuta diligenza. Pertanto in relazione al danno cagionato da specifici eventi pregiudizievoli strettamente riconducibili al mancato esercizio della dovuta diligenza, potrà correlarsi l’esercizio di un’azione di responsabilità sociale ex art. 2393 c.c. e seguenti a giudizio dell’Assemblea. Al fine di garantire il pieno esercizio del diritto di difesa deve essere previsto un termine entro il quale l’interessato possa far pervenire giustificazioni e/o scritti difensivi e possa essere ascoltato. 5.2.4 Sanzioni nei confronti di collaboratori e soggetti esterni operanti su mandato della Società Per quanto concerne i collaboratori o i soggetti esterni che operano su mandato della Società, preliminarmente vengono determinate le misure sanzionatorie e le modalità di applicazione per le violazioni del Codice Etico, del Modello e delle relative procedure attuative. Tali misure potranno prevedere, per le violazioni di maggiore gravità, e comunque quando le stesse siano tali da ledere la fiducia della Società nei confronti del soggetto responsabile della violazioni, la risoluzione del rapporto. Qualora si verifichi una violazione da parte di questi soggetti, l’OdV informa, con relazione scritta, il Presidente e/o il Direttore Generale. 33 CAPITOLO 6 - PIANO DI FORMAZIONE E COMUNICAZIONE 6.1 Premessa La Società, al fine di dare efficace attuazione al Modello, intende assicurare una corretta divulgazione dei contenuti e dei principi dello stesso all’interno ed all’esterno della propria organizzazione. In particolare, obiettivo della Società è quello di comunicare i contenuti e i principi del Modello non solo ai propri dipendenti ma anche ai soggetti che, pur non rivestendo la qualifica formale di dipendente, operano – anche occasionalmente – per il conseguimento degli obiettivi della Società in forza di rapporti contrattuali. Sono, infatti destinatari del Modello sia le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione nella Società, sia le persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti (ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 231/2001), ma, anche, più in generale, tutti coloro che operano per il conseguimento dello scopo e degli obiettivi della Società. Fra i destinatari del Modello sono, quindi, annoverati i componenti degli organi sociali, i soggetti coinvolti nelle funzioni dell'Organismo di Vigilanza, i dipendenti, i collaboratori e i consulenti esterni. La Società, infatti, intende: – determinare, in tutti coloro che operano in suo nome e per suo conto nelle “aree sensibili”, la consapevolezza di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni ivi riportate, in un illecito passibile di sanzioni; – informare tutti coloro che operano a qualsiasi titolo in suo nome, per suo conto o comunque nel suo interesse che la violazione delle prescrizioni contenute nel Modello comporterà l’applicazione di apposite sanzioni ovvero la risoluzione del rapporto contrattuale; – ribadire che la Società non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità, in quanto tali comportamenti (anche nel caso in cui la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio) sono comunque contrari ai principi etici cui la Società intende attenersi. L’attività di comunicazione e formazione è diversificata a seconda dei destinatari cui essa si rivolge, ma è, in ogni caso, improntata a principi di completezza, chiarezza, accessibilità e continuità al fine di consentire ai diversi destinatari la piena consapevolezza di quelle disposizioni aziendali che sono tenuti a rispettare e delle norme etiche che devono ispirare i loro comportamenti. – Tali soggetti destinatari sono tenuti a rispettare puntualmente tutte le disposizioni del Modello, anche in adempimento dei doveri di lealtà, correttezza e diligenza che scaturiscono dai rapporti giuridici instaurati dalla Società. L’attività di comunicazione e formazione è supervisionata dall’Organismo di Vigilanza, cui sono assegnati, tra gli altri, i compiti di “promuovere e definire le iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello, nonché per la formazione del personale e la sensibilizzazione dello stesso all’osservanza dei principi contenuti nel Modello” e di “promuovere e elaborare interventi di comunicazione e formazione sui 34 contenuti del d.lgs. n. 231/2001, sugli impatti della normativa sull’attività dell’azienda e sulle norme comportamentali”. 6.2 Dipendenti Ogni dipendente è tenuto a: i) acquisire consapevolezza dei principi e contenuti del Modello e del Codice Etico; ii) conoscere le modalità operative con le quali deve essere realizzata la propria attività; iii) contribuire attivamente, in relazione al proprio ruolo e alle proprie responsabilità, all’efficace attuazione del Modello, segnalando eventuali carenze riscontrate nello stesso. Al fine di garantire un’efficace e razionale attività di comunicazione, la Società promuove la conoscenza dei contenuti e dei principi del Modello e delle procedure di implementazione all’interno dell’organizzazione agli stessi applicabili, con grado di approfondimento diversificato a seconda della posizione e del ruolo ricoperto. Ai dipendenti e ai nuovi assunti viene consegnata copia del Modello e del Codice Etico o viene garantita la possibilità di consultarli direttamente sull’Intranet aziendale in un’area dedicata; ed è fatta loro sottoscrivere dichiarazione di conoscenza ed osservanza dei principi del Modello e del Codice Etico ivi descritti. In ogni caso, per i dipendenti che non hanno accesso alla rete Intranet, tale documentazione dovrà essere messa a loro disposizione con mezzi alternativi quali ad esempio l’allegazione al cedolino paga o con l’affissione nelle bacheche aziendali. La comunicazione e la formazione sui principi e contenuti del Modello e del Codice Etico sono garantite dai responsabili delle singole funzioni che, secondo quanto indicato e pianificato dall’Organismo di Vigilanza, identificano la migliore modalità di fruizione di tali servizi. Le iniziative di formazione possono svolgersi anche a distanza mediante l’utilizzo di sistemi informatici (es.: video conferenza, e-learning, staff meeting). A conclusione dell’evento formativo, i partecipanti dovranno compilare un questionario, attestando, così, l’avvenuta ricezione e frequentazione del corso. La compilazione e l’invio del questionario varrà quale dichiarazione di conoscenza ed osservanza dei contenuti del Modello. Idonei strumenti di comunicazione saranno adottati per aggiornare i destinatari del presente paragrafo circa le eventuali modifiche apportate al Modello, nonché ogni rilevante cambiamento procedurale, normativo o organizzativo. 6.3 Componenti degli organi sociali rappresentanza della Società e soggetti con funzioni di Ai componenti degli organi sociali e ai soggetti con funzioni di rappresentanza della Società è resa disponibile copia cartacea del Modello al momento dell’accettazione della carica loro conferita e sarà fatta loro sottoscrivere dichiarazione di osservanza dei principi del Modello stesso e del Codice Etico. 35 Idonei strumenti di comunicazione e formazione saranno adottati per aggiornarli circa le eventuali modifiche apportate al Modello, nonché ogni rilevante cambiamento procedurale, normativo o organizzativo. 6.4 Organismo di Vigilanza Una formazione o informazione specifica (ad esempio in ordine a eventuali cambiamenti organizzativi e/o di business della Società) è destinata ai membri dell’Organismo di Vigilanza e/o ai soggetti di cui esso si avvale nello svolgimento delle proprie funzioni. 6.5 Altri destinatari L’attività di comunicazione dei contenuti e dei principi del Modello dovrà essere indirizzata anche ai soggetti terzi che intrattengano con la Società rapporti di collaborazione contrattualmente regolati (ad esempio: consulenti e altri collaboratori autonomi) con particolare riferimento a quelli che operano nell’ambito di attività ritenute sensibili ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. A tal fine, la Società fornirà ai soggetti terzi un estratto dei Principi di riferimento del Modello e del Codice Etico e valuterà l’opportunità di organizzare sessioni formative ad hoc nel caso lo reputi necessario. Le iniziative di formazione possono svolgersi anche a distanza mediante l’utilizzo di sistemi informatici (es.: video conferenza, e-learning). 36 CAPITOLO 7 - ADOZIONE DEL MODELLO – CRITERI DI VIGILANZA, DI AGGIORNAMENTO E DI ADEGUAMENTO DEL MODELLO 7.1 Verifiche e controlli sul Modello L’Organismo di Vigilanza deve stilare con cadenza annuale un programma di vigilanza attraverso il quale pianifica, in linea di massima, le proprie attività, prevedendo un calendario delle attività da svolgere nel corso dell’anno, la determinazione delle cadenze temporali dei controlli, l’individuazione dei criteri e delle procedure di analisi, la possibilità di effettuare verifiche e controlli non programmati. Nello svolgimento della propria attività, l’Organismo di Vigilanza può avvalersi sia del supporto di funzioni e strutture interne alla Società con specifiche competenze nei settori aziendali di volta in volta sottoposti a controllo sia, con riferimento all’esecuzione delle operazioni tecniche necessarie per lo svolgimento della funzione di controllo, di consulenti esterni. In tal caso, i consulenti dovranno sempre riferire i risultati del loro operato all’Organismo di Vigilanza.36 All’Organismo di Vigilanza sono riconosciuti, nel corso delle verifiche ed ispezioni, i più ampi poteri al fine di svolgere efficacemente i compiti affidatigli.37 7.2 Aggiornamento ed adeguamento Il Consiglio di Amministrazione delibera in merito all’aggiornamento del Modello e del suo adeguamento in relazione a modifiche e/o integrazioni che si dovessero rendere necessarie in conseguenza di: i) significative violazioni delle prescrizioni del Modello; ii) modificazioni dell’assetto interno della Società e/o delle modalità di svolgimento delle attività d’impresa; iii) modifiche normative; iv) risultanze dei controlli. Una volta approvate, le modifiche e le istruzioni per la loro immediata applicazione sono comunicate all’Organismo di Vigilanza, che provvederà, senza indugio, a rendere le stesse modifiche operative e a curare la corretta comunicazione dei contenuti all’interno e all’esterno della Società. L’Organismo di Vigilanza conserva, in ogni caso, precisi compiti e poteri in merito alla cura, sviluppo e promozione del costante aggiornamento del Modello. A tal fine, formula osservazioni e proposte, attinenti l’organizzazione ed il sistema di controllo, alle strutture aziendali a ciò preposte o, in casi di particolare rilevanza, al Consiglio di Amministrazione. In particolare, al fine di garantire che le variazioni del Modello siano operate con la necessaria tempestività ed efficacia, senza al contempo incorrere in difetti di 36 “Nel Modello organizzativo dovrebbe inoltre essere specificato che: (…) l’OdV può avvalersi, sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità, dell’ausilio di tutte le strutture della società, ovvero di consulenti esterni”, Confindustria, Linee guida, cit., nella versione definitiva aggiornata a marzo 2014. 37 Si veda in proposito il paragrafo 4.4 del presente Modello. 37 coordinamento tra i processi operativi, le prescrizioni contenute nel Modello e la diffusione delle stesse, il Consiglio di Amministrazione ha ritenuto di delegare al Presidente e/o al Direttore Generale il compito di apportare con cadenza periodica, ove risulti necessario, le modifiche al Modello che attengano ad aspetti di carattere descrittivo. Si precisa che con l'espressione “aspetti di carattere descrittivo” si fa riferimento ad elementi ed informazioni che derivano da atti deliberati dal Consiglio di Amministrazione (come, ad esempio la ridefinizione dell’organigramma) o da funzioni aziendali munite di specifica delega (es. nuove procedure aziendali). Rimane, in ogni caso, di esclusiva competenza del Consiglio di Amministrazione la delibera di aggiornamenti e/o di adeguamenti del Modello dovuti ai seguenti fattori: – intervento di modifiche normative in tema di responsabilità amministrativa degli enti; – identificazione di nuove attività sensibili, o variazione di quelle precedentemente identificate, anche eventualmente connesse all’avvio di nuove attività d’impresa; – formulazione di osservazioni da parte del Ministero della Giustizia sulle Linee Guida a norma dell’art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 e degli artt. 5 e ss. del D.M. 26 giugno 2003, n. 201; – commissione dei reati richiamati dal d.lgs. n. 231/2001 da parte dei destinatari delle previsioni del Modello o, più in generale, di significative violazioni del Modello; – riscontro di carenze e/o lacune nelle previsioni del Modello a seguito di verifiche sull’efficacia del medesimo. Il Modello sarà, in ogni caso, sottoposto a procedimento di revisione periodica con cadenza triennale da disporsi mediante delibera del Consiglio di Amministrazione. 38