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Partner del progetto
“Oltre la parità:
pari opportunità e conciliazione”
A.S.L.
della Provincia di Varese
Comune di Samarate
Comune di Cardano al Campo
Comune di Gallarate
Comune di Gorla Maggiore
Comune di Lonate Pozzolo
Comune di Marnate
Colori compositi
L ’Albero di Antonia
circolo arci
Presidenza
Pari Opportunità
Norme e leggi
di parità
e conciliazione
ll rapporto tra pari opportunità, conciliazione dei tempi e politiche del lavoro è
molto stretto.
In un ormai famoso incontro, che si è tenuto a Lisbona nel 2000, il Consiglio
Europeo ha infatti avviato una strategia che mira a fare dell’Unione Europea
“l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo” e
che ha individuato tra gli obiettivi concreti, da realizzare entro il 2010, il raggiungimento di un tasso di occupazione femminile pari al 60%.
Un risultato così importante non può però essere ottenuto facendo leva solo
sulle politiche del lavoro. Non possiamo pensare infatti all’occupazione femminile senza prendere in considerazione il tema della “conciliazione”, concetto
complesso con cui vengono sintetizzate tutte le “facilitazioni” che consentono
la “combinazione” fra il lavoro e le responsabilità di cura, intese sia come strumenti legislativi, che come servizi alla persona (dagli asili nido ai servizi per gli
anziani) e azioni di supporto attivate nei diversi ambienti di lavoro.
Questa pubblicazione raccoglie i principali strumenti legislativi che perseguono
l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini in ambito famigliare, lavorativo, della
cittadinanza, della salute e della sicurezza personale e sociale e che favoriscono
il tema della conciliazione.
E’ stata realizzata nell’ambito del progetto “Oltre la parità: pari opportunità e
conciliazione” che ci ha visto collaborare con una ricca rete di partner: l’Ufficio della Consigliera di Parità, la Consulta Femminile Provinciale, l’ASL della
provincia di Varese, i Comuni di Cardano al Campo, Gallarate, Gorla Maggiore,
Lonate Pozzolo, Marnate, Samarate, Saronno e Varese e l’associazione l’Albero
di Antonia.
Con questo progetto abbiamo voluto sensibilizzare i ragazzi e le ragazze, gli
uomini e le donne sulle tematiche relative alle pari opportunità, alla conciliazione e alla condivisione, mettendo in luce gli stereotipi di genere più comuni e
accrescendo così la consapevolezza del principio di parità in ambito lavorativo
e non solo.
Conoscere il quadro legislativo è il primo passo affinché ogni cittadino, uomo o
donna che sia, prenda coscienza dei propri diritti e degli strumenti per tutelarli e
possa partecipare attivamente e consapevolmente alla vita sociale.
Mi auguro che questa guida rappresenti un ulteriore contributo in questa direzione.
L’Assessore al Lavoro e Politiche Giovanili
Alessandro Fagioli
Varese, settembre 2008
Sommario
Presentazione
1
PARITA’ e PARI OPPORTUNITA’
Norme sulla parità di trattamento tra uomini e donne
in materia di lavoro (L. 903/1977)
Azioni Positive (L. 125/1991)
Disciplina dell’attività delle Consigliere e dei Consiglieri di Parità
in materia di Azioni Positive (D.L. 196/2000)
Azioni Positive per l’imprenditoria femminile (L. 215/1992)
Codice delle pari opportunità tra uomo e donna
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LAVORO
Per chi cerca lavoro: le modalità d’accesso al lavoro
Il contratto di lavoro subordinato
Il lavoro “parasubordinato”
Il lavoro autonomo
I tirocini formativi e di orientamento
Le molestie sessuali sui luoghi di lavoro
(Racc. Europea 92/131 del 29/11/91)
Indirizzi regionali per l’elaborazione di codici di condotta contro le molestie
sessuali nei luoghi di lavoro della Regione Lombardia
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DIRITTO DI FAMIGLIA
La riforma del diritto di famiglia (L. 151/1975)
Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio (L. 898/1970 e L. 74/1987)
Separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli
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VIOLENZA SESSUALE
Norme contro la violenza sessuale (L. 66/1996)
Misure contro la violenza nelle relazioni familiari (L. 154/2001)
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MATERNITÀ, PATERNITÀ E POLITICHE DI CONCILIAZIONE
Tutela delle lavoratrici madri e diritti alla maternità e alla paternità
(L. 1204/1971 e 53/2000)
- Lavoro dipendente
Maternità: valore sociale
- Lavoro autonomo (L. 546/1987)
- Libera professione (L. 379/1990)
- Lavoro parasubordinato (D.M. 27/1998, Circ. INPS 47/1999, 138/2002,
D.M. 4/4/2002)
- Lavoro domestico (L. 1204/1971)
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- Lavoro discontinuo (L. 448/1998, D.M. 452/2000 e Circ 143/2001)
- Inoccupate, casalinghe, studentesse (L. 448/1998 e L. 388/2000)
Politiche di conciliazione (L. 104/1992 e L. 53/2000)
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LA TUTELA E IL SOSTEGNO SOCIALE
Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria
della gravidanza (L. 194/1978)
Consultorio pubblico (L.R. 44/1976)
La tutela della partoriente e la tutela del bambino in ospedale
(L.R. 16/1987)
Norme per la tutela della salute nelle abitazioni e istituzione dell’assicurazione
contro gli infortuni domestici (L. 493/1999)
SOSTEGNI ALLA FAMIGLIA
Asili nido
- Piano quinquennale per l’istituzione di asili nido comunali con il concorso
dello stato (L. 1044/1971)
- Leggi Finanziarie (L. 488/2001 e L. 289/2002)
Politiche regionali per la famiglia (L.R. 23/1999)
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DONNE IMMIGRATE
I diritti e le tutele delle donne immigrate
(L. 91/1992, D.lgs. 286/1998, L. 189/2002)
SINTESI LEGISLATIVA
Dall’unità d’Italia alla fine del 1800
Dal 1900 al 1920
Periodo fascista
Alla fine della seconda guerra mondiale
Dagli anni 50 ad oggi
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PARITÀ E PARI OPPORTUNITÀ
NORME SULLA
PARITÀ DI
TRATTAMENTO
TRA UOMINI
E DONNE IN
MATERIA DI
LAVORO
Legge n. 903
del 9 dicembre
1977
Con l’approvazione di questa legge si compie un salto
di qualità culturale, si passa dal concetto di tutela per la
donna lavoratrice al principio del diritto di parità nel campo del lavoro.
Vengono introdotte norme più avanzate in materia di maternità e i primi elementi di condivisione nella cura dei
figli fra i genitori, rendendo meno rigidi i ruoli familiari
tradizionali.
Nel marzo 2000 è entrata in vigore la legge 53 sui “congedi parentali” che ha recepito i nuovi diritti di paternità
in materia di assenza facoltativa dal lavoro.
I punti fondamentali della legge sono:
• eliminazione delle discriminazioni di sesso nell’accesso al lavoro, attraverso l’unificazione delle liste di
collocamento;
• divieto di accertamento dello stato matrimoniale, di
gravidanza, vita affettiva e personale nei meccanismi di
preselezione e divieto di inserzioni di offerte di lavoro a
mezzo stampa che indichino come requisito l’appartenenza all’uno o all’altro sesso;
• parità di retribuzione per donne e uomini a parità di
mansioni svolte, superamento delle ghettizzazioni nei
settori produttivi, nelle categorie, nelle qualifiche in cui
le donne sono confinate e diritto di progressione delle
carriere;
• divieto al lavoro notturno (dalle ore 24 alle ore 6) dal
momento in cui viene accertato lo stato di gravidanza
fino ad un anno di età del bambino;
• assegni familiari, aggiunte di famiglia e maggiorazioni
delle pensioni per i familiari a carico possono essere
corrisposti in alternativa alla donna lavoratrice o pensionata, con gli stessi criteri validi per il lavoratore o il
pensionato. Nel caso di richiesta di questi emolumenti
da entrambi i genitori, gli stessi vengono corrisposti al
genitore con cui il figlio convive;
• estensione al padre lavoratore del diritto all’astensione obbligatoria di 3 mesi dopo il parto in caso di morte,
Norme e leggi di parità e conciliazione
5
di grave infermità della madre o in caso di affidamento
esclusivo del padre;
• estensione al padre lavoratore del diritto di riposo
giornaliero retribuito per l’accudimento del bambino
fino a un anno di vita:
a) nel caso in cui i figlio è affidato solo al padre;
b) in alternativa alla madre dipendente che non se ne
avvale;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
• estensione dei diritti in caso di adozione o affidamento preadottivo, durante il primo anno di entrata del
bambino nella famiglia adottiva, semprechè il bambino
abbia un’età inferiore a 6 anni. In particolare:
a) 3 mesi di assenza obbligatoria retribuita all’80% o
al 100%;
b) 1 ora o 2 di riposo al giorno retribuito – in base
all’orario giornaliero di lavoro – per accudire il bambino;
c) 6 mesi di astensione facoltativa retribuita al 30%.
Nel caso di violazione delle disposizioni previste dalla
legge, la lavoratrice o il lavoratore interessati, o per loro
delega i sindacati, possono ricorrere al pretore del luogo.
Le discriminazioni dovute al fatto di essere donna erano già
vietate dalla Costituzione e dalla legge di parità del 1956.
La legge 125/1991 “Azioni per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” assume la differenza di genere
come un valore, una risorsa e fa un decisivo passo in avanti
per rendere visibile e valorizzare la presenza e il lavoro
delle donne nella società, nel lavoro e nella famiglia.
La legge prevede misure concrete chiamate “AZIONI POSITIVE” per realizzare effettivamente pari opportunità nella scelta e nel percorso di lavoro tra donne e uomini e per
rimuovere le discriminazioni, soprattutto quelle nascoste.
Le AZIONI POSITIVE sono progetti mirati, rivolti alle donne con l’obiettivo di promuovere:
• l’occupazione femminile;
• la libertà di scelta nel campo della formazione professionale e dei percorsi scolastici, per permettere più
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Parità e pari opportunità
AZIONI
POSITIVE
Legge n. 125
del 26 aprile 1991
Legge n 53
dell’8 marzo 2000
libertà ed opportunità nelle scelte del lavoro;
• la formazione e riqualificazione delle donne che già
lavorano, per aumentarne la presenza nei lavori, nelle
professioni e nei ruoli di direzione, in cui è ancora prevalente la figura maschile;
• l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali,
una migliore ripartizione del lavoro familiare tra donne
e uomini, modificando anche l’organizzazione sociale
e degli orari.
I progetti di “Azione Positiva” possono essere proposti dai
datori di lavoro pubblici e privati, le cooperative e i loro
consorzi, i centri di formazione professionale accreditati,
le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, le associazioni. Non possono essere presentati progetti da parte
di enti pubblici, sia come soggetto proponente che come
soggetto partner di una rete qualora essi non abbiano approvato il piano triennale di azioni positive.
Le “Azioni Positive” sono approvate dal Comitato Nazionale di Parità e vengono finanziate da un apposito fondo
nazionale e dal fondo sociale Europeo e vengono presentati entro ottobre di ogni anno.
Un altro punto fondamentale di questa legge riguarda la
denuncia di discriminazione con l’onere della prova.
Tutte le lavoratrici, donne che ritengono di essere state discriminate, in quanto donne, nell’accesso al lavoro, nella
carriera, nel salario, etc. possono, tramite il Sindacato, la/il
Consigliera/e di Parità o il Giudice, denunciare la discriminazione subita.
È compito del datore di lavoro dimostrare la non esistenza
della discriminazione. Se la discriminazione è provata, il
datore di lavoro è tenuto a eliminarla riconoscendo i diritti
della lavoratrice.
Sempre la 125/91 stabilisce che gli uffici di collocamento, gli assessorati alla formazione, le imprese pubbliche e
private sono obbligate periodicamente a raccogliere dati
sulla qualità della formazione professionale, sull’accesso
al lavoro, sull’occupazione, sulla composizione delle qualifiche, etc. divisi per sesso e a inviarli ai/alle Consiglieri/e
di Parità Regionali per il controllo di eventuali discriminazioni di genere nei singoli campi. Tutte le discriminazioni
di genere accertate, dovranno essere rimosse.
Per la rimozione degli ostacoli che costituiscono discrimi-
Norme e leggi di parità e conciliazione
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nazione nei confronti delle donne, vengono istituiti degli
organismi di controllo, vigilanza e promozione quali:
• Il Comitato Nazionale di Parità;
• La consigliera Nazionale di Parità;
• La consigliera Regionale di Parità;
• La consigliera Provinciale di Parità;
Il Comitato di Parità. In tutti i luoghi di lavoro pubblici e
privati si possono costituire Comitati di Parità con il compito di accertare eventuali discriminazioni, rimuoverle e
fare progetti per promuovere la carriera professionale delle
donne.
Le imprese e i soggetti che non rispettano questa Legge
subiscono sanzioni pecuniarie e perdono tutti gli incentivi
di carattere fiscale e di sostegno all’occupazione.
Questa Legge - frutto della mobilitazione delle donne è un importante strumento, un’opportunità per un futuro
con meno discriminazioni.
A livello nazionale, regionale e provinciale sono nominati una Consigliera o un Consigliere di Parità effettiva/o e
una/un supplente.
Le Consigliere e i Consiglieri di Parità sono pubblici funzionari e svolgono funzione di promozione e controllo
dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità
e non discriminazioni per donne e uomini nel lavoro.
Devono possedere competenze specifiche in materia di
lavoro femminile, di parità e pari opportunità e sono nominati dal Ministro del Lavoro di concerto con il Ministro
delle Pari Opportunità.
Compiti e funzioni delle Consigliere e dei Consiglieri di
Parità effettiva/o e supplente sono:
promuovere le cosiddette “Azioni Positive”, vale a dire
tutti i progetti finalizzati a rimuovere le discriminazioni
tra uomini e donne;
assistere, attraverso consulenze specializzate, chi è in cerca di occupazione, ma anche chi già lavora, per garantire
il rispetto delle pari opportunità e per rimuovere eventuali
discriminazioni subite sul lavoro;
sostenere e promuovere le politiche del lavoro, comprese
quelle che riguardano la formazione;
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Parità e pari opportunità
DISCIPLINA
DELL’ATTIVITÀ
DELLE
CONSIGLIERE
E DEI
CONSIGLIERI
DI PARITÀ
IN MATERIA
DI AZIONI
POSITIVE
Decreto
legislativo n. 196
del 23 maggio
2000
promuovere politiche di pari opportunità presso realtà lavorative pubbliche e private;
vigilare che sia rispettato il principio di non discriminazione tra uomini e donne sul luogo di lavoro;
promuovere e sostenere eventuali azioni in giudizio (sia
individuali che collettive) nel caso in cui venga accertata
la discriminazione basata sul sesso;
realizzare attività di informazione e formazione culturale
sui problemi delle pari opportunità e sulle varie forme di
discriminazione.
È istituito un fondo nazionale per supportare iniziative e
progetti definiti dalle Consigliere e dai Consiglieri di Parità
finalizzati allo sviluppo degli obiettivi sopra descritti.
Il fondo è ripartito tra le Consigliere e i Consiglieri di Parità nazionali, regionali e provinciali.
Entro marzo di ogni anno le Consigliere e i Consiglieri
di Parità devono presentare il piano di attività per l’anno
in corso e consuntivo dell’attività svolta nell’anno precedente.
In provincia di Varese le Consigliere di Parità effettiva e
supplente operano presso la sede dell’Assessorato al Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione. Per consulenze, informazioni, interventi antidiscriminatori, etc. ricevono il venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e negli altri giorni
su appuntamento. Il servizio è gratuito.
Tutte le donne e i soggetti che ritengono di subire discriminazioni di genere nell’accesso al lavoro, nei luoghi di
lavoro, possono chiedere l’intervento delle Consigliere di
Parità effettiva e supplente.
AZIONI
POSITIVE
PER
L’IMPRENDITORIA
FEMMINILE
Legge n. 215
del 25 febbraio
1992
Le donne, protagoniste delle trasformazioni economiche,
sociali e culturali, spesso, anche se in possesso di capacità e competenze, restavano e restano escluse dalla guida
delle imprese e dalle attività economiche.
Con questa legge si è voluto superare questa discriminazione per promuovere l’uguaglianza sostanziale, le pari
opportunità, economiche e imprenditoriali, e per definire
“Azioni Dirette” rivolte alle donne per:
• favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria
Norme e leggi di parità e conciliazione
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femminile, anche in forma cooperativa e associata nei
tre macrosettori: agricoltura, manifatturiero e assimilati,
commercio turismo e servizi;
• promuovere la formazione imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici;
• agevolare l’accesso al credito per le imprese a prevalente conduzione femminile e sviluppare la capacità
gestionale delle imprese familiari da parte delle donne.
Il contributo concesso dalla legge 215 dipende, oltre che
dall’investimento, anche dalla Regione in cui si realizza
il programma, dalla suddivisione delle spese tra le diverse
tipologie e dal momento di effettuazione. Le agevolazioni
consistono in contributi in conto capitale.
Condizione per accedere ai contributi o incentivi:
• le società cooperative e le società di persona costituite in misura non inferiore al 60% da donne;
• le società di capitale le cui quote di partecipazione e
gli organi di amministrazione siano costituite per almeno 2/3 da donne;
• le imprese individuali gestite da donne operanti in tutti i settori economici e produttivi;
• le imprese, i consorzi, le associazioni, gli enti, le società di promozione imprenditoriale, i centri di formazione, gli ordini professionali che promuovono corsi di
formazione imprenditoriale o servizi di consulenza tecnica, manageriale, riservati per una quota non inferiore
al 70% a donne.
Le agevolazioni si possono cumulare, si perdono se non
si rispetta il progetto, il quale è sottoposto a verifica dal
Comitato Nazionale per l’imprenditoria femminile.
Con la riforma del titolo quinto della Costituzione, che
ha avviato il processo di federalismo istituzionale, questa
materia è stata trasferita alle Regioni, le quali annualmente stabiliscono le modalità per accedere ai finanziamenti
attraverso l’emanazione di un bando con relativi criteri
attuativi.
Le domande devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell’azienda e vanno spedite alla Regione di
competenza con raccomandata a/r. Per finanziamento a
tasso agevolato, una copia va spedita anche all’Istituto di
credito abilitato.
Per dare informazioni ed accompagnare le donne che in-
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Parità e pari opportunità
tendono presentare progetti di imprenditoria femminile
ed accedere ai finanziamenti, la Camera di Commercio
di Varese ha attivato il servizio Punto Nuova Impresa. Il
servizio è gratuito.
CODICE
DELLE PARI
OPPORTUNITA’
TRA UOMO E
DONNA
Legge n. 198
del 11 aprile 2006
La legislazione di parità nel nostro paese è estremamente
ricca e articolata e coinvolge tutti gli aspetti della vita:
temi del lavoro a quelli della famiglia, sociali e politici.
Questo decreto legislativo raggruppa le molteplici leggi in
materia di parità.
I punti principali della legge sono:
• Disposizioni per la promozione delle pari opportunità
tra uomo e donna;
• Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti eticosociali;
• Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici;
• Pari opportunità nell’esercizio dell’attività d’impresa;
• Pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti civili
e politici.
Norme e leggi di parità e conciliazione
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Oltre la parità: pari opportunità e conciliazione
LAVORO
PER CHI CERCA
LAVORO:
LE MODALITA’
D’ACCESSO AL
LAVORO
Al momento dell’assunzione va chiarito quale tipo di contratto ci viene offerto. Il rapporto di lavoro subordinato
inizia con la sottoscrizione della lettera di assunzione
nella quale viene indicata l’identità delle parti, il luogo
di lavoro, la data di inizio del rapporto di lavoro, l’indicazione della durata del contratto, cioè se si tratta di contratto a tempo determinato o indeterminato, la durata del
periodo di prova, se previsto, l’inquadramento, il livello e
la qualifica, oppure la descrizione sommaria del lavoro,
l’importo iniziale della retribuzione, il periodo di pagamento, la durata delle ferie retribuite, l’orario di lavoro
e i termini di preavviso in caso di recesso. La lettera di
assunzione sottoscritta deve essere consegnata al lavoratore/alla lavoratrice.
IL CONTRATTO
DI LAVORO
SUBORDINATO
Il contratto di lavoro subordinato è un contratto con il
quale un lavoratore /una lavoratrice si impegna a svolgere
una determinata attività lavorativa alle dipendenze e sotto
la direzione del datore di lavoro, ed il datore di lavoro si
impegna principalmente a retribuire il lavoratore /la lavoratrice per il lavoro svolto e a versare i contributi previdenziali e assistenziali.
Il contratto di lavoro subordinato può essere:
• a tempo indeterminato quando non è previsto alcun
termine alla durata del contratto
• a tempo determinato quando è introdotto nel contratto un termine alla sua durata
• a tempo pieno quando l’orario di lavoro fissato nel
contratto è quello “normale”, intendendosi per tale
l’orario di 40 ore settimanali o altro minor orario fissato
dalla contrattazione collettiva
• a tempo parziale quando l’orario di lavoro è inferiore
all’orario normale come sopra definito.
Sono contratti di lavoro subordinato anche:
• il contratto di apprendistato,
Norme e leggi di parità e conciliazione
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• il contratto di inserimento,
• il contratto di formazione e lavoro,
• il contratto di lavoro ripartito,
• il contratto di lavoro intermittente.
Il contratto a tempo indeterminato
Sono tutte le forme di contratto dove non è indicata la
data di scadenza del rapporto di lavoro.
Il contratto a tempo determinato
In questa tipologia rientrano quei contratti in cui viene
specificato l’inizio e la fine del rapporto di lavoro. Si ha
diritto a ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e
ogni altro beneficio che spetta a chi lavora a tempo indeterminato.
La durata del contratto a termine, di norma, non può essere superiore ai 3 anni. Se la durata iniziale è inferiore ai
3 anni, con il consenso del lavoratore /della lavoratrice, il
contratto può essere prorogato una sola volta e per svolgere la stessa attività lavorativa.
Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del
termine prestabilito per un periodo di 10 giorni, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una maggiorazione
del 20% della retribuzione per ogni giorno di lavoro in
più fino al decimo giorno e del 40% per ciascun giorno
ulteriore.
Il contratto a tempo determinato si considera trasformato
a tempo indeterminato se:
• dopo un contratto a termine inferiore a 6 mesi si viene
riassunte entro 10 giorni;
• dopo un contratto a termine superiore a 6 mesi si viene riassunte entro 20 giorni;
• dopo la scadenza il contratto continua oltre il ventesimo giorno per contratti sotto i 6 mesi;
• dopo la scadenza il contratto continua oltre il trentesimo giorno per contratti sopra i 6 mesi;
14
Lavoro
Decreto
Legislativo
6 settembre 2001,
n. 368
Legge
24 dicembre 2007,
n. 247
Decreto
Legislativo
25 febbraio 2000,
n. 61
di attuazione
della direttiva
97/81/CE
Decreto
Legislativo
26 febbraio 2001,
n. 100
Decreto
Legislativo
10 settembre 2003,
n. 276,
artt. 46 e 85,
comma 2
Circolare
Ministero del
Lavoro e delle
Politiche Sociali n.
9/2004
Legge 24
dicembre 2007,
n. 247
Il part-time
Il contratto di lavoro a tempo parziale è un accordo fra le
parti che prevede lo svolgimento di un’attività lavorativa
subordinata con orario ridotto rispetto a quello ordinario
stabilito dai contratti collettivi di lavoro. Il part-time può
essere orizzontale (orario giornaliero ridotto), verticale
(tempo pieno ma solo alcuni giorni della settimana o del
mese o alcuni periodi dell’anno), misto (alcune giornate
lavorative a orario ridotto e alcuni periodi a orario normale). Tutti gli istituti contrattuali sono proporzionalmente
rapportati all’orario effettuato, unica eccezione è la corresponsione degli assegni per il nucleo familiare (a carico
dell’INPS) che è prevista per intero purché il rapporto sia
di almeno 24 ore settimanali.
Il decreto legislativo 276/2003 ha introdotto una maggiore flessibilità all’utilizzo del part time attraverso il lavoro
“supplementare” che è stato recepito dalla contrattazione
collettiva. Il lavoro supplementare è quello corrispondente alle prestazioni lavorative oltre l’orario di lavoro concordato fra le parti entro il limite del normale orario di
lavoro a tempo pieno. Il lavoro supplementare può essere
imposto dal datore di lavoro e il rifiuto può comportare
l’applicazione di sanzioni disciplinari. Se invece il lavoro “supplementare” non è regolamentato dalla contrattazione collettiva occorre il consenso del lavoratore / della
lavoratrice e l’eventuale rifiuto non costituisce rilevanza
disciplinare.
Infine:
• Una lavoratrice part-time ha diritto a rimanere iscritta
al Centro per l’Impiego anche se assunta a tempo indeterminato se ha un reddito annuale non superiore a €
8.000.
• Si può essere assunte part-time anche in più aziende
contemporaneamente.
• Il datore di lavoro può cambiare unilateralmente la
collocazione temporale della prestazione con preavviso
di quarantotto ore.
• Il datore di lavoro può richiedere prestazioni di lavoro
supplementare solo in caso di part time orizzontale. I
contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stabiliscono il numero massimo di ore supplementari effet-
Norme e leggi di parità e conciliazione
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tuabili e le motivazioni.
• Gli straordinari sono consentiti solo nel part time verticale o misto e sono regolati allo stesso modo dei rapporti di lavoro a tempo pieno. La maggiorazione prevista è comunque quasi sempre inferiore rispetto a quella
del tempo pieno.
L’apprendistato
Il contratto di apprendistato, prevede momenti di formazione esterni/interni all’azienda. Il contratto deve essere
stipulato per iscritto e deve contenere l’indicazione della
prestazione oggetto del contratto e della qualifica da acquisire. L’apprendista deve essere accompagnato nella sua
attività formativa da un tutor aziendale con formazione
e competenze adeguate. La formazione dell’apprendista
dovrà essere registrata in un apposito libretto formativo.
Il numero complessivo di apprendisti assunti da un datore di lavoro non può superare il 100% delle maestranze
specializzate e qualificate presenti in azienda; ove non
ne abbia alle proprie dipendenze, ovvero ne abbia meno
di tre, può tuttavia assumerne tre. L’apprendistato può
essere distinto in:
• Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di
istruzione e formazione – giovani adolescenti che abbiano compiuto il sedicesimo anno d’età –; può avere
una durata non superiore ai tre anni. Gli apprendisti in
questa fascia d’età sono tenuti a frequentare corsi di almeno 240 ore annue. In attesa della regolamentazione
prevista dall’art. 48 del D. Lgs n. 276/2003 si applica la
disciplina prevista dalla L. n.25/1955, come modificata
ed integrata dalla L. n. 56/1987 e dalla L. n. 196/1997.
• Apprendistato professionalizzante rivolto ai soggetti
di età compresa tra i 18/29 anni, la durata del contratto
non può essere inferiore ai 2 anni e superiore ai sei. La
durata del contratto di apprendistato professionalizzante è stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale o regionale. Il contratto di
apprendistato professionalizzante deve contenere l’indicazione della prestazione lavorativa da svolgere, del
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Lavoro
Codice civile art.
2130 - 2134
Legge n. 25 del
19 gennaio 1955
Legge n. 56 del
28 febbraio 1987
Legge n. 196,
art. 16, del
24 giugno 1997
Decreto
legislativo n. 276,
art. 47 – 53 del
10 settembre 2003
Circolare n. 40,
Ministero del
Lavoro e delle
Politiche Sociali,
del 14 ottobre 2004
Circolare n. 30,
Ministero del
Lavoro e delle
Politiche Sociali,
del 15 luglio 2005
piano formativo individuale e della qualifica che potrà
acquisire l’apprendista in base agli esiti della formazione formale aziendale o extra aziendale (che deve essere
almeno di 120 ore annue).
• Apprendistato per l’acquisizione di un diploma o
per percorsi di alta formazione rivolto ai soggetti di età
compresa tra i 18/29 anni, per questa tipologia la durata
del contratto è rimessa alle Regioni in accordo con le
associazioni territoriali del datore di lavoro, le Università e le istituzioni formative.
Il datore di lavoro non può recedere dal contratto senza
giusta causa o giustificato motivo.
L’inquadramento dell’apprendista non può essere inferiore a due livelli rispetto a quello spettante e le/gli apprendiste/i non vengono computati ai fini dell’applicazione di
particolari istituti normativi e contrattuali.
I contratti di lavoro di appartenenza stabiliscono durata,
modalità e retribuzioni spettanti.
Alla fine dell’apprendistato l’assunzione non è automatica essendo un contratto a tempo determinato.
Decreto Legislativo
10 settembre 2003,
n. 276,
artt. da 20 a 28
Decreto
23 dicembre 2003
del Ministero
del Lavoro e delle
Politiche Sociali
Decreto
10 marzo 2004
del Ministero del
Lavoro e delle
Politiche Sociali
Il contratto di somministrazione – ex interinale
Il contratto di somministrazione consiste in un accordo
commerciale concluso fra due soggetti, uno denominato
“utilizzatore” e l’altro “somministratore” (Agenzie per il
lavoro). Grazie a questo accordo, il somministratore (che
deve possedere la prescritta autorizzazione per la fornitura professionale di manodopera) assume i lavoratori e li
mette a disposizione dell’utilizzatore per esigenze professionali di carattere continuativo o limitato nel tempo.
L’impresa utilizzatrice stipula un contratto direttamente
con la società somministratrice dove devono essere chiariti: il numero di lavoratori richiesti, le ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo per cui sono
richiesti, l’indicazione di eventuali rischi per la salute e relative contromisure di prevenzione adottate, la data di inizio e la durata del rapporto con l’utilizzatore. La mancanza
in forma scritta di questi elementi rende nullo il contratto e
definisce i lavoratori come dipendenti a tutti gli effetti dell’azienda utilizzatrice. Nel contratto vanno altresì indicate
Norme e leggi di parità e conciliazione
17
le mansioni da svolgere, il luogo, l’orario, l’inquadramento
e il trattamento economico e normativo delle prestazioni.
La durata del rapporto con l’utilizzatore è definita dal contratto; la dipendenza del lavoratore dal somministratore può
essere a tempo determinato o a tempo indeterminato.
Nel caso di contratto di somministrazione a tempo indeterminato, il lavoratore avrà diritto a percepire un’indennità mensile di disponibilità per i periodi in cui non viene
inviato presso imprese utilizzatrici, ma rimane in attesa di
assegnazione. La misura dell’indennità mensile non può
essere inferiore a € 350. I lavoratori dipendenti del somministratore hanno diritto allo stesso trattamento economico
e normativo applicato ai dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte.
Circolare
Ministeriale
24 giugno 2004,
n. 25
Il contratto d’inserimento
Decreto
Legislativo
10 settembre
2003,
n. 276, art. 54 - 59
Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato finalizzato ad inserire o reinserire determinate categorie di lavoratori nel mercato del
lavoro. Per raggiungere tale obiettivo viene elaborato un
progetto individuale mirato ad adeguare le competenze
professionali del lavoratore / della lavoratrice al contesto
lavorativo in cui viene inserito. Il progetto di inserimento
prevede almeno 16 ore di formazione teorica su prevenzione antinfortunistica, disciplina del rapporto di lavoro
e organizzazione aziendale. Questo contratto può essere
stipulato con le seguenti categorie di persone:
• soggetti di età tra i 18 e i 29 anni (senza incentivi);
• disoccupati di lunga durata da 29 fino ai 32 anni;
• disoccupati con più di 50 anni;
• lavoratori che desiderino riprendere un’attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno 2 anni
• donne disoccupate in aree in cui il tasso di occupazione femminile è inferiore del 20% di quello maschile
o il tasso di disoccupazione femminile è superiore del
10% di quello maschile
• persone riconosciute affette, rispetto la normativa vigente, con grave handicap fisico, mentale o psichico.
I datori di lavoro che possono assumere con contratto di
lavoro di inserimento sono:
18
Lavoro
Circolare
Ministeriale
22 febbraio 2005,
n. 7
Circolare
Ministeriale
21 luglio 2004,
n. 31
Decreto
Legislativo
6 ottobre 2004,
n. 251
Legge
14 maggio 2005,
n. 80, art. 1 bis
• gli enti pubblici economici, imprese e loro consorzi
• i gruppi di imprese
• le associazioni professionali, socio-culturali, sportive
• le fondazioni
• gli enti di ricerca, pubblici e privati
• le organizzazioni e associazioni di categoria.
Il datore di lavoro non è obbligato ad assumere al termine
del contratto, ma qualora intendesse stipulare nuovi contratti di inserimento deve aver mantenuto in servizio, nei
precedenti 18 mesi, il 60% dei contratti d’inserimento in
scadenza.
Il contratto di lavoro deve essere stipulato in forma scritta
(altrimenti è nullo) e deve indicare il progetto individuale
di inserimento. Non può durare meno di 9 mesi e più di 18
(con proroga fino a 36 per portatori di handicap). Nel calcolare i tempi di durata del contratto non si devono conteggiare i periodi di astensione per maternità, servizio civile.
L’inquadramento non può essere inferiore di più di due livelli rispetto alla categoria spettante.
Le percentuali di lavoratrici/tori in contratto d’inserimento
possono essere stabilite dai contratti collettivi. Le lavoratrici con questo tipo di contratto non sono incluse nell’applicazione di particolari istituti normativi e contrattuali.
Legge
24 dicembre 2007,
n. 247
Decreto
10 marzo 2004
del Min. del Lav. e
delle Pol.Soc.
Decreto Legisl.
6 ottobre 2004,
n. 251, art. 10
Decreto
23 ottobre 2004
del Min. del Lav. e
delle Pol.Soc.
Il lavoro intermittente ( Lavoro a chiamata o Job on call)
Questo contratto di lavoro è soprattutto applicato nel
settore del turismo e dello spettacolo, deve essere stipulato in forma scritta, prevede che una lavoratrice /
un lavoratore si ponga a disposizione di un datore di
lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa su
chiamata per esigenze individuate dai contratti collettivi. Il lavoratore riceve quindi una retribuzione per le
ore di lavoro effettivamente svolte e un importo definito
indennità “di disponibilità”, ove prevista, per le ore non
lavorate.
Il lavoratore è così tenuto a prestare la propria opera
ogni volta che il datore di lavoro lo richiede e a rimanere a disposizione per il periodo stabilito, fino alla
successiva chiamata. In attesa dei contratti collettivi, il
contratto di lavoro intermittente può essere comunque
Norme e leggi di parità e conciliazione
19
stipulato con disoccupati con meno di 25 anni o più di
45 anni.
E’ vietato nei casi di:
• sostituzione di lavoratrici/ori in sciopero;
• nelle aziende in Cig;
• nelle aziende con licenziamenti collettivi nei 6 mesi
precedenti che abbiano riguardato lavoratori con le
stesse mansioni;
• nelle aziende inadempienti verso la normativa sulla
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Decreto
30 dicembre 2004
del Min. del Lav.
e delle Pol. Soc.
di concerto con il
Min. Econ. e Fin.
Il lavoro ripartito (Job sharing)
Circolare del
Ministero del
Lavoro 7
aprile 1998,
n. 43 Decreto
Legislativo 10
settembre 2003,
n. 276, artt.
da 41 a 45
Due lavoratrici/tori assumono in solido, un obbligo lavorativo subordinato con il datore di lavoro. Le/i lavoratori/trici hanno la facoltà di modificare la distribuzione
dell’orario di lavoro (comunicandolo al datore di lavoro
settimanalmente). Eventuali sostituzioni da terzi vanno
concordate con il datore di lavoro.
Le dimissioni o il licenziamento di una/o delle/i lavoratrici/ori coobbligate/i comporta, salvo intese diverse, l’estinzione dell’intero contratto.
La regolamentazione del lavoro ripartito è demandata ai
contratti collettivi nazionali (in assenza vale la normativa
sul lavoro subordinato part-time).
Alle lavoratrici/lavoratori spetta il diritto di assemblea.
Il lavoro di pubblica utilità
Sono opportunità di lavoro attivate presso Enti Pubblici
(ministeri, enti locali, etc.) che propongono alle persone
titolari di trattamento di CIGS, indennità di mobilità e altro
trattamento speciale di disoccupazione, un lavoro di pubblica utilità, percependo un sussidio corrisposto dall’Inps
di € 413,17 con la possibilità di un eventuale importo
integrativo da parte dell’ente promotore. Gli enti che promuovono i lavori di pubblica utilità emettono un bando,
che viene esposto presso i Centri per l’Impiego, nel quale
sono indicati i requisiti (titoli di studio o attestati di qualifica) necessari per essere inserite in questa attività.
20
Lavoro
Circ. Ministeriale
3 febbraio 2005,
n. 4
Legge 14 maggio
2005, n. 80, art.
1 bis
La partecipazione ai lavori di pubblica utilità non determina l’instaurarsi di un rapporto di lavoro subordinato, né
la cancellazione dalle liste di collocamento.
Tutte le lavoratrici e i lavoratori iscritte/i alle liste di mobilità, non possono rifiutare l’eventuale chiamata ad un
lavoro di pubblica utilità, pena la cancellazione dalle liste
di mobilità
IL LAVORO
“PARASUBORDINATO”
Rientrano in questa categoria quelle tipologie di contratti
che non prevedono un rapporto di lavoro dipendente nonostante si instauri tra la lavoratrice e il datore di lavoro
una forma di collaborazione svolta sotto l’indirizzo e nell’interesse di quest’ultimo.
Sono comunque prestazioni lavorative regolate da un contratto stipulato tra le parti senza richiedere l’iscrizione ad
albi professionali né l’apertura di una partita IVA.
Gli elementi essenziali sono:
• raggiungimento di un risultato da parte del/della lavoratrore/lavoratrice;
• realizzazione con propria organizzazione;
• esistenza del rischio professionale.
Elementi non presenti sono:
• potere direttivo del datore di lavoro;
• osservanza di un orario di lavoro;
• applicazione del potere disciplinare.
Le forme più usate di attività di lavoro “parasubordinato”
sono il lavoro a progetto (collaborazione coordinata e
continuativa) e la collaborazione saltuaria e occasionale.
Decreto
Legislativo
10 settembre 2003,
n. 276,
art. da 61 a 69
Lavoro a progetto
Circolare
Ministero del
Lavoro e delle
Politiche Sociali
n. 1/2004
Gli elementi che contraddistinguono questo tipo di rapporto (art. 409 c.p.c.) sono la prevalenza del lavoro personale, la struttura utilizzata, la continuità di impegno per
il committente e la coordinazione funzionale con l’organizzazione aziendale nei limiti dell’autonomia professionale del/della lavoratore/lavoratrice. Il rapporto di lavoro
a progetto deve essere riconducibile a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso. Al lavorato-
Norme e leggi di parità e conciliazione
21
re /alla lavoratrice è applicata una ritenuta d’acconto per
fasce di reddito, pari a quella della lavoro dipendente, e
inoltre si versa un contributo INPS.
Si possono instaurare rapporti di lavoro con più committenti.
Decreto
Legislativo
6 ottobre 2004,
n. 251
Prestazione occasionale
Decreto
Legislativo
10 settembre 2003,
n. 276,
artt. da 70 a 74
Ha carattere della saltuarietà e non deve essere di durata
superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo
stesso committente.
Il compenso per lo svolgimento della prestazione non
deve essere superiore a 5.000 euro. Il lavoratore/la lavoratrice autonomo/a occasionale con compensi fino a €
5.000 nell’anno solare non è obbligato ad iscriversi alla
gestione separata.
Il lavoratore/la lavoratrice autonomo/a occasionale con
compensi superiori a €5.000 nell’anno solare è obbligato
ad iscriversi alla gestione separata.
Decreto
Legislativo
6 ottobre 2004,
n. 251
Legge
14 maggio 2005,
n. 80, art. 1 bis
Associazione in partecipazione
All’interno del lavoro autonomo rientra l’associazione in
partecipazione. Si tratta di un contratto (art. 2549 c.c.)
con cui l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili (dell’impresa o di uno o più affari) in
cambio di un determinato apporto di capitale oppure di
una parasubordinata prestazione lavorativa. L’associato
partecipa indirettamente alla gestione e direttamente al
rischio d’impresa e quindi anche alle perdite. Negli ultimi
tempi questa forma contrattuale si è impropriamente diffusa nel settore del commercio. In molti negozi, anziché
assumere le commesse con un contratto di lavoro dipendente, preferiscono farlo in questo modo.
All’interno di questa tipologia rientrano le attività svolte
in modo individuale o sotto forma di società. E’ necessario aprire la partita IVA, tenere le scritture contabili e per
22
Lavoro
IL LAVORO
“AUTONOMO”
alcune figure professionali l’iscrizione agli albi. Esempi
di lavoro autonomo sono i liberi professionisti, i piccoli
commercianti, gli artigiani e gli imprenditori.
I TIROCINI
FORMATIVI E DI
ORIENTAMENTO
Il tirocinio non è un contratto di lavoro, ma uno strumento
per facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro. Per realizzare un momento di alternanza tra studio e lavoro e agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza del
lavoro, o dopo periodi di lunga disoccupazione è possibile utilizzare questo strumento. Gli imprenditori pubblici
e privati possono stipulare convenzioni con i Centri per
l’Impiego, le scuole, i centri di formazione professionale
e le università. La durata dei tirocini non supera i 12 mesi,
mentre per i portatori di handicap il limite è 24 mesi.
Le persone disoccupate possono rivolgersi ai Centri per
l’Impiego, dichiarare il proprio interesse per questo percorso ed essere orientati presso un’azienda disponibile ad
accogliere il tirocinante. Con l’individuazione dell’azienda viene definito con essa un progetto di tirocinio, che
formalizza l’impegno formativo dei soggetti coinvolti, gli
obiettivi prefissati e le modalità di raggiungimento degli
stessi, e stipulata la convenzione. L’azienda si impegna ad
individuare un tutor che affianchi il tirocinante, ad assicurarlo presso l’INAIL e la responsabilità civile, a comunicare e a far rispettare le norme in materia di igiene e di
sicurezza sul lavoro.
LE MOLESTIE
SESSUALI SUI
LUOGHI DI
LAVORO
Ancora oggi sul lavoro si può essere vittime di molestie
sessuali. L’Unione Europea definisce “molestia sessuale
ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale, o qualsiasi altro tipo di comportamento basato sul
sesso indesiderato e che sia percepibile, secondo ragionevolezza, come offensivo alla dignità ed alla libertà della persona che ne è oggetto, ovvero che sia suscettibile
di creare un clima di intimidazione e di umiliazione nei
confronti della persona”.
La raccomandazione invitava gli Stati membri dell’Unione
a legiferare in materia e a definire codici di comportamen-
Raccomandazione
Europea
n. 92/131 del
27 novembre 1991
Norme e leggi di parità e conciliazione
23
to per prevenire le molestie sessuali nei luoghi di lavoro.
Molte categorie del settore pubblico e privato hanno recepito la direttiva definendo nei contratti codici di comportamento, mentre lo Stato, malgrado la presentazione
di numerosi disegni di legge, non ha ancora legiferato in
materia.
Oggi per difendersi legalmente da questo abuso si può
ricorrere alla Consigliera di Parità in base alla legge n.
125 del 1991 facendo rientrare le molestie sessuali tra le
discriminazioni sul lavoro in ragione del sesso. La Consigliera di Parità provinciale, in quanto pubblico funzionario, può svolgere un primo accertamento dei fatti e fare
rapporto all’autorità giudiziaria se si riscontrano gli estremi del reato.
L’art. 2087 del Codice civile attribuisce al datore di lavoro la responsabilità di adottare ogni misura necessaria
per tutelare l’integrità fisica, la personalità e la morale dei
dipendenti.
Se si subiscono molestie sessuali non bisogna vergognarsi, tacere o isolarsi e tanto meno licenziarsi, ma utilizzare
tutti gli strumenti a disposizione, denunciando il fatto e
pretendere di poter lavorare in un ambiente sereno e rispettoso della propria persona.
La Regione Lombardia in conformità a quanto disposto
dalla UE riafferma che ogni atto, a connotazione sessuale,
che oggettivamente pregiudichi la libertà e la dignità delle
persone che lavorano, costituisce discriminazione ai sensi
della legge del 10 aprile 1991, n. 125, articolo 4 – 1° e
2° comma.
Sono comprese, nei comportamenti discriminatori, le
molestie sessuali intese quali comportamenti indesiderati
a connotazione sessuale o qualunque altro tipo di comportamento basato sul sesso che offende la dignità delle
donne e degli uomini.
Rientrano fra questi, con aspetti di particolare gravità, i
comportamenti che, esplicitamente o implicitamente, siano accompagnati da minacce o ricatti da parte del datore
di lavoro o dei superiori gerarchici, in relazione all’occupazione, alle qualifiche, alle promozioni, ai trasferimen-
24
Lavoro
INDIRIZZI
REGIONALI PER
L’ELABORAZIONE
DI CODICI DI
CONDOTTA
CONTRO LE
MOLESTIE
SESSUALI NEI
LUOGHI DI
LAVORO DELLA
REGIONE
LOMBARDIA
ti, ai licenziamenti, alle condizioni di lavoro comunque
configurate. Sono equiparate ai comportamenti sopra indicati, tutte le situazioni in cui il rifiuto e l’accettazione
da parte di una persona di tali comportamenti, vengano
utilizzati, esplicitamente o implicitamente, per determinare una decisione inerente l’accesso al lavoro, alla formazione professionale, all’assunzione, al mantenimento
del posto di lavoro, alla promozione, alla retribuzione o a
qualsiasi altro elemento riguardante il rapporto di lavoro.
La Regione Lombardia sollecita i datori di lavoro pubblici
e privati, sentite le organizzazioni sindacali e i comitati
pari opportunità, a elaborare dei codici di condotta contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro.
I destinatari sono invitati a nominare figure di riferimento con idonee competenze e capacità professionali, da
individuarsi, sentiti i comitati pari opportunità, anche tra
organismi di tutela già istituiti o tra figure esterne ai luoghi
di lavoro ed alla gerarchia aziendale.
Tali figure potranno intervenire liberamente per cogliere
segnalazioni, per dare consigli e pareri su comportamenti da tenere per realizzare, in via generale, tutto quanto
necessario a favorire l’eliminazione del fenomeno, nel rispetto del principio di riservatezza ed imparzialità.
Qualora sia ritenuto opportuno, in relazione alle caratteristiche aziendali e all’ampiezza del fenomeno delle
molestie, si sollecita l’introduzione di procedure aziendali, formali e/o informali, volte a prevenire una eventuale
fase contenziosa della questione. Tali procedure dovranno
avere carattere di riservatezza e di sollecitudine; dovranno inoltre garantire un’adeguata assistenza alle parti, fermo restando i principi della libera iniziativa giudiziaria e
della irrilevanza degli elementi di prova raccolti agli effetti
dell’eventuale successivo processo disciplinare (che dovrà
comunque svolgersi a norma di legge e/o regolamento).
Dovranno anche essere previste norme protettive per chi
ha denunciato le molestie e per chi ha testimoniato a favore del/della denunciante, nonché norme sanzionatorie
di eventuali comportamenti ritorsivi nei loro confronti.
I destinatari sono invitati, una volta stesi i rispettivi regolamenti, a portarli a conoscenza dei dipendenti con idonee
forme di diffusione.
Sono invitati altresì a promuovere momenti di sensibiliz-
Norme e leggi di parità e conciliazione
25
zazione ed informazione rivolti a dipendenti e dirigenti, al
fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali e di
favorire un ambiente dignitoso nei luoghi di lavoro.
26
Lavoro
DIRITTO DI FAMIGLIA
LA RIFORMA
DEL DIRITTO DI
FAMIGLIA
Legge n. 151 del
19 maggio 1975
Questa legge, tra le più avanzate d’Europa, è stato il risultato di una lunga e tenace azione delle donne, che sono
riuscite così ad ottenere la modifica del codice di famiglia
fermo alle norme dell’ottocento. La legge modifica radicalmente la concezione del ruolo subalterno delle donne
nella famiglia, riconoscendo a tutti e due i coniugi pari
diritti, pari responsabilità, pari libertà e pari dignità.
Sintesi dei punti più importanti:
1. Parità tra i coniugi
Per contrarre matrimonio è necessario essere maggiorenni
(18 anni) salvo alcuni casi gravi in cui la legge ammette
il matrimonio a 16 anni con decreto del Tribunale per i
Minorenni.
Con il matrimonio marito e moglie acquistano gli stessi
diritti e assumono gli stessi doveri.
Ambedue i coniugi contribuiscono con le loro capacità ai
bisogni della famiglia.
Di comune accordo uomo e donna concordano l’indirizzo della vita familiare e concordano la residenza.
Il domicilio di ciascuno dei coniugi può anche essere luogo diverso dalla residenza familiare in base alla sede principale dei propri affari e interessi.
La moglie conserva il suo cognome ed aggiunge quello
del marito, così pure conserva la sua nazionalità se sposa
uno straniero.
In caso di disaccordo su queste norme può intervenire il
Pretore.
2. Rapporti tra genitori e figli
Entrambi i genitori esercitano la potestà sui figli in misura
uguale e devono tenere conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli stessi.
Norme e leggi di parità e conciliazione
27
Il giudice può togliere la potestà ai genitori solo se vi è
violazione o trascuratezza dei doveri, ma anche per eccesso o abuso di potestà.
I figli maggiorenni che convivono con la famiglia sono
tenuti, per legge, a contribuire al mantenimento della famiglia in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito.
Viene stabilita la piena parità tra i figli nati nel matrimonio
e fuori dal matrimonio. I genitori effettivi del bambino possono riconoscerlo come proprio anche se non sono sposati
o se sono sposati con altri, assumendo così tutti i doveri e i
diritti che hanno nei confronti dei figli legittimi.
3. Regime patrimoniale
Per capire meglio i nuovi concetti introdotti è necessario
ricordare che fino al 1975 esisteva l’istituto della “dote”,
qualcosa che la donna o chi per essa, doveva portare per
compensare il peso che il marito si assumeva sposandola.
Viene introdotta la comunione dei beni, per cui tutti i beni
che vengono acquisiti dalla famiglia sono considerati di
ambedue i coniugi in pari diritto, tenendo conto anche
del lavoro domestico quale contributo reale al benessere
di tutti.
Sono esclusi dalla comunione i beni personali di cui i coniugi erano proprietari prima del matrimonio e quelli acquisiti dopo il matrimonio per donazione o eredità, i beni
strettamente personali e quelli che servono per l’esercizio
della professione di uno dei coniugi.
La comunione dei beni si scioglie per interdizione, per cattiva amministrazione, per mancanza di collaborazione nel
contribuire al bene comune da parte di uno dei coniugi,
oppure per separazione, divorzio o annullamento del matrimonio.
4. Eredità
Le modifiche più rilevanti, in materia di eredità, riguardano la piena equiparazione fra figli nati nel matrimonio e
nati fuori dal matrimonio.
28
Diritto di famiglia
L’articolo 185 recita: “al padre e alla madre succedono i
figli legittimi e naturali in parti uguali”.
Il/la genitore/coniuge viene incluso a pieno diritto fra gli
eredi.
L’articolo 189 garantisce al coniuge, in caso di concorso
con i figli legittimi o naturali, la metà dell’eredità, se vi è
un solo figlio, un terzo se i figli sono più di uno.
5. Separazione
La separazione tra i coniugi può essere giudiziale (art. 706
cod. proc. civ.) o consensuale (art. 711 cod. proc. civ.).
Nel primo caso si apre un vero e proprio procedimento
giudiziario in cui ogni parte mirerà a dimostrare il fondamento delle proprie richieste; nel secondo invece le parti
stabiliscono di comune accordo le condizioni che regoleranno gli aspetti della loro separazione (assegnazione
casa coniugale, affidamento dei figli, assegno di mantenimento, ecc.) e il Tribunale, in una sola udienza, omologherà tale accordo ove non contrario alla legge.
Se nella separazione giudiziale l’assistenza legale è obbligatoria, nel caso di separazione consensuale, è consentita
la separazione senza difensori. Sono disponibili presso le
Cancellerie del Tribunale di competenza dei moduli fac
simile che permettono ai coniugi di comparire direttamente davanti al Presidente del Tribunale.
Ciò è utile in casi di per sé semplici, per il resto una consulenza legale è sempre consigliabile.
Si ricorda, tuttavia, che tutti i provvedimenti riguardanti la
famiglia sono validi sino a che la situazione di fatto che li
ha determinati resti immutata. Essi infatti sono modificabili in ogni tempo se ricorrono giustificati motivi o mutano
le circostanze. Il procedimento si attiva su istanza di parte
ed è necessaria l’assistenza del difensore.
Anche in materia di separazione, ove ricorrano i presupposti di legge, si può accedere al Gratuito Patrocinio
rivolgendosi all’Ordine degli Avvocati della propria città che dispone dell’elenco degli avvocati iscritti alle apposite liste. Il limite di reddito fissato dalla legge è di €
9.723,84 risultante dall’ultima dichiarazione (cfr. art. 76
d.p.r. 115/2002).
Norme e leggi di parità e conciliazione
29
Sono 3 i concetti nuovi introdotti da questa legge.
• Si può ottenere la separazione quando si verificano cause indipendenti dalla volontà di uno o di ambedue i coniugi tali da rendere intollerabile la convivenza.
• Al giudice è richiesto di non imputare colpe, ma di verificare una situazione obiettiva: quella della intollerabilità.
• In caso di separazione il giudice stabilisce l’affidamento
dei figli “con esclusivo riferimento all’interesse morale e
materiale di essi”.
Il divorzio può essere giudiziale o congiunto a seconda
che le parti trovino o meno un accordo rispetto a quanto
già stabilito in sede di separazione. L’assistenza legale è in
entrambi i casi obbligatoria.
Ai sensi dell’art. 19 della L. 74 del 1987, in sede di separazione e divorzio, ove le parti siano d’accordo, si può
procedere nel medesimo atto di separazione o divorzio
a cessioni di quote di proprietà immobiliare (es. casa coniugale in comproprietà tra i coniugi) in regime di totale
esenzione da imposte e tasse.
Lo scioglimento del matrimonio può essere domandato
da uno dei due coniugi nei seguenti casi:
• quando l’altro coniuge è stato condannato per fatti avvenuti anche prima del matrimonio:
a) all’ergastolo o a pena superiore ai 15 anni di reclusione;
b) a qualsiasi pena detentiva per reati di incesto o per
istigazione o sfruttamento della prostituzione di un discendente anche adottivo;
c) a qualsiasi pena detentiva per omicidio o tentato
omicidio a danni di uno dei familiari;
• quando l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale
di mente da uno dei delitti sopraddetti;
• quando sono trascorsi tre anni dalla separazione giudiziale o consensuale o di fatto;
• quando il matrimonio non è stato consumato. In questo caso il ricorso, corredato da una documentazione
della situazione matrimoniale, va inoltrato al presidente
30
Diritto di famiglia
DISCIPLINA
DEI CASI DI
SCIOGLIMENTO
DEL
MATRIMONIO
Legge n. 898 del
1 dicembre 1970
Legge n. 74 del
6 Marzo 1987
Legge n.54 del
8 febbraio 2006
del Tribunale della zona di residenza di uno dei due
coniugi;
• quando l’altro coniuge cittadino straniero ha ottenuto
all’estero l’annullamento del matrimonio o ha contratto,
sempre all’estero, nuove nozze.
Dopo un tentativo di conciliazione (obbligatorio), il
presidente nomina il giudice istruttore e fissa la data di
udienza entro un termine non superiore a un anno. In
tale data il Tribunale, accertata l’esistenza di uno dei casi
previsti per lo scioglimento del matrimonio, pronunzia la
sentenza e dispone:
• l’obbligo di un contributo finanziario a favore del
coniuge meno abbiente, tenendo conto della capacità
reddituale dell’altro coniuge (il diritto al contributo cessa se il coniuge avente diritto passa a nuove nozze).
• l’obbligo di tutti e due i coniugi di educare, mantenere, istruire i figli nati o adottati durante il matrimonio
– l’obbligo rimane anche in caso di nuove nozze di uno
o di tutti e due i genitori.
L’importo economico con adeguamento automatico agli
indici di svalutazione monetaria per il mantenimento dei
figli è da versare al coniuge a cui vengono affidati.
Nell’interesse dei minori e in relazione all’età degli stessi,
il Tribunale decide a quale dei genitori affidare i figli, inoltre può decidere l’affidamento congiunto o alternato.
La sentenza di scioglimento del matrimonio diventa definitiva solo dopo che si è trovato l’accordo economico.
Se dopo la sentenza di divorzio sopravvengono giustificati motivi, il Tribunale, su istanza di parte, può modificare la disposizione di affidamento dei figli e i contributi
economici.
È bene sapere che se si hanno redditi molto bassi o si è
privi di redditi e si ha bisogno di assistenza legale, si ha
diritto al patrocinio gratuito che va richiesto presso il Tribunale in cui si presenta istanza di divorzio.
È importante rivolgersi ad una Associazione di donne o ai
consultori familiari che danno informazioni e assistenza
in merito a questi problemi.
Norme e leggi di parità e conciliazione
31
Con questa legge viene modificato l’articolo 155 del codice civile il quale modificato recita che “in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha diritto
di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con
ciascuno di essi (…)”.
Questa legge perciò stabilisce che:
• prioritariamente il giudice valuta la possibilità dell’affidamento congiunto del minore ad entrambi i genitori;
• il ruolo paterno deve essere rivalutato attraverso la
condivisione delle responsabilità e la “bigenitorialità”;
• madre e padre hanno gli stessi diritti/doveri per tutto ciò che concerne il futuro del minore, dalla cura all’educazione, istruzione e formazione tenendo conto
dei suoi desideri,delle capacità ed inclinazioni;
• l’affidamento deve essere esclusivo ad uno solo dei
genitori qualora il giudice ritenga che l’affidamento anche all’altro genitore sia contrario all’interesse del minore;
• l’affidamento esclusivo può essere disposto dal giudice, anche su richiesta di ciascun genitore; la richiesta
può essere proposta in qualsiasi momento.
In merito all’affidamento condiviso va inoltre rilevato che :
• l’affidamento ad uno solo dei genitori costituisce l’eccezione alla regola generale ed è consentita solo se l’affidamento condiviso sia contrario all’interesse del minore. La contrarietà deve essere accertata in concreto.
• ciascuno dei genitori è tenuto a mantenere i figli in
misura proporzionale ai propri redditi e il Legislatore ha
fissato i criteri cui attenersi nella determinazione concreta: le attuali esigenze del figlio, il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i
genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore,
le risorse economiche di entrambi i genitori, la valenza
economica dei compiti domestici e di cura assunti da
ciascun genitore.
• qualora il giudice ne ravvisi l’opportunità e vi sia il
consenso delle parti, i provvedimenti potranno essere
rinviati all’esito di un percorso di mediazione familiare.
• la normativa è estesa anche ai figli naturali.
32
Diritto di famiglia
SEPARAZIONE
DEI GENITORI E
AFFIDAMENTO
CONDIVISO DEI
FIGLI
Legge n. 54 del
8 febbraio 2006
VIOLENZA SESSUALE
NORME
CONTRO LA
VIOLENZA
SESSUALE
Legge n. 66 del
15 febbraio 1996
Lungo e sofferto è stato il cammino delle donne per affermare il diritto alla sessualità libera e condivisa e l’intangibilità del proprio corpo.
Finalmente una legge di civiltà e dignità che rende giustizia alle donne, poiché stabilisce che la violenza sessuale,
carnale e atti di libidine violenta, non sono più delitti contro la morale ma delitti contro la persona.
L’entrata in vigore della legge ha dato coraggio a tante
donne di denunciare le violenze subite. Per combattere il
fenomeno, in Italia si sono costituite Associazioni di donne che assistono legalmente e psicologicamente le vittime
della violenza.
Che cosa prevede la legge:
• vengono abrogati gli articoli 530, 539, 541, 542 e 543
del Codice Penale perché riferiti a delitti contro la morale;
• nel Codice Penale viene inserito il delitto contro la persona (abrogando delitti contro la morale) e le norme contro la violenza sessuale.
Dopo l’articolo 609 del Codice Penale si inseriscono 9
articoli che prevedono:
1.tutti gli atti sessuali non condivisi, cioè imposti con
violenza, minaccia, inganno o abusi di autorità, abusando di condizioni di inferiorità fisica e psichica, sono
considerati violenza sessuale contro la persona, perciò
punibili con la reclusione da 5 a 10 anni;
2.la pena è aumentata da 6 a 12 anni se compiuti: nei
confronti di minorenni con meno di 14 anni, con uso
di armi o sostanze alcoliche, stupefacenti, etc. lesive
alla salute della persona offesa, su persona sottoposta a
limitazione della libertà personale, nei confronti di minorenni sotto i 16 anni se il colpevole è ascendente, genitore (anche adottivo) o tutore. Se il fatto è commesso
nei confronti di un minore sotto i 10 anni la pena viene
elevata da 7 a 14 anni di reclusione;
3.tutti gli atti sessuali anche condivisi compiuti con minore di 14 anni sono puniti da 5 a 10 anni di reclusione.
Riconoscendo la sessualità ai minori, sono consentiti
Norme e leggi di parità e conciliazione
33
rapporti sessuali tra minori entrambi consenzienti solo
se c’è una differenza di età tra i due non superiore a 3
anni e se il più giovane ha almeno 13 anni compiuti;
4.chi fa assistere minori con meno di 14 anni ad atti sessuali è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni;
5.il colpevole di violenze o atti sessuali su minorenni
non può invocare come scusante l’ignoranza dell’età
della persona offesa;
6.i delitti di violenza sessuale sono punibili su querela (denuncia) della persona che ha subito violenza. La
querela è irrevocabile. Si procede d’ufficio nei casi in
cui il reato è compiuto su persone con meno di 14 anni,
dal genitore, anche adottivo, da un tutore o da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, o se il
fatto è connesso con altri delitti;
7.le violenze sessuali di gruppo sono punite da 6 a 12
anni;
8.le condanne per violenza sessuale comportano: la
perdita della patria potestà, l’interdizione perpetua alla
tutela e curatela. Inoltre i rei di violenza sessuale saranno soggetti ad accertamenti per l’individuazione di
patologie sessualmente trasmissibili.
9.della violenza sessuale esercitata su un minore di 14
anni, deve essere informato il Tribunale dei minori. Ai
minori, oltre che l’assistenza affettiva e psicologica della famiglia, deve essere garantita l’assistenza dei servizi minorili per tutta la fase del procedimento penale,
inoltre il Giudice può stabilire, se lo ritiene necessario
o opportuno, che l’udienza del minore possa svolgersi
anche in luogo diverso dal Tribunale.
Tutti i processi per violenza sessuale in cui sono coinvolti
minori si devono svolgere a porte chiuse, in tutti gli altri
casi solo se esplicitamente richiesto dalla parte offesa.
In tutta la fase istruttoria e processuale deve essere garantita la dignità e la personalità della persona che ha subito
violenza, non sono perciò ammesse indagini, domande
sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa.
È fatto divieto divulgare, anche attraverso mezzi di comunicazione, le generalità o le immagini della persona che
ha subito violenza senza il suo consenso, la trasgressione
è punita con l’arresto da 3 a 6 mesi.
34
Violenza sessuale
Infine si può accedere al Gratuito Patrocinio rivolgendosi
all’Ordine degli Avvocati della propria città che dispone
dell’elenco degli avvocati iscritti alle apposite liste.
Il limite di reddito fissato dalla legge è di € 9.723,84
risultante dall’ultima dichiarazione (cfr. art. 76 d.p.r.
115/2002).
MISURE
CONTRO LA
VIOLENZA
NELLE
RELAZIONI
FAMILIARI
Legge n. 154 del
4 aprile 2001
Con questa legge le vittime possono denunciare il maltrattatore anche attraverso il Codice di procedura civile,
semprechè gli atti compiuti dal maltrattante non siano
perseguibili d’ufficio per via penale.
Per via civile le procedure sono più veloci e semplificate.
La legge prevede che:
• in situazioni di accertato maltrattamento, il giudice
prescriva all’imputato di lasciare immediatamente la
casa familiare e di non accedervi senza la sua autorizzazione;
• se sussistono esigenze di tutelare l’incolumità della
persona maltrattata o dei suoi prossimi congiunti, il giudice ordini al maltrattante di non avvicinarsi ai luoghi in
cui vive o che frequenta abitualmente la vittima;
• il giudice possa ingiungere al maltrattante il versamento di un assegno periodico qualora i conviventi
rimangano privi di sussistenza per effetto del suo allontanamento;
• l’ammontare dell’assegno venga fissato dal giudice, il
quale può ordinare che l’assegno sia versato direttamente alla vittima detraendolo dalla retribuzione spettante
all’imputato. L’ordine di allontanamento e di pagamento ha immediata esecutività;
• il giudice possa disporre, a sostegno delle vittime, se
necessario, l’intervento dei servizi sociali, di associazioni che aiutano e sostengono donne e minori maltrattati,
o di un centro di mediazione familiare;
• il periodo di allontanamento dalla famiglia del maltrattante non possa essere superiore a 6 mesi, può essere
prorogato soltanto se dovessero sussistere gravi motivi;
• in situazioni di violenza, abusi o maltrattamenti, la
denuncia possa essere fatta direttamente dalla vittima,
la quale presenta istanza presso il tribunale del luogo di
Norme e leggi di parità e conciliazione
35
domicilio e residenza della stessa;
• il Presidente del tribunale che ha ricevuto l’istanza,
nomini il giudice, il quale, nel caso di urgenza, assunte
sommarie informazioni, può adottare l’ordine di protezione fissando l’udienza delle parti entro un termine di
15 giorni e, se assunto il provvedimento di allontanamento, notifica la decisione entro un termine non superiore a 8 giorni;
• il maltrattante possa ricorrere contro la decisione del
giudice. Il ricorso non sospende l’esecutività dell’ordine
di protezione, ovvero dell’allontanamento, che resta valido fino ad eventuale diversa ordinanza della Camera
di consiglio del tribunale;
Le norme di questa legge si applicano anche nei confronti
di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente.
In presenza di richiesta di separazione e di scioglimento
del matrimonio non può essere richiesta l’applicazione di
questa legge.
Le donne che subiscono violenze, abusi o maltrattamenti
fisici o morali, che vogliono avvalersi di questa legge, possono rivolgersi ai Consultori familiari o alle associazioni
femminili del territorio per essere aiutate e assistite.
36
Violenza sessuale
MATERNITA’, PATERNITA’ E POLITICHE DI
CONCILIAZIONE
TUTELA DELLE
LAVORATRICI
MADRI E
DIRITTI ALLA
MATERNITÀ E
ALLA PATERNITÀ
LAVORO
DIPENDENTE
Legge n. 1204 del
30 dicembre 1971
Legge n. 53 del
8 marzo 2000
Decreto Legislativo
n. 151 del
26 marzo 2001
(Testo Unico)
La prima legge sui diritti e le tutele delle lavoratrici madri
è la n. 860, varata nell’agosto del 1950, legge importante
che definisce per la prima volta le assenze per maternità,
le ore di allattamento, gli asili nido e il divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del bambino.
La legge 1204/1971 ‘Tutela delle lavoratrici madri’ amplia
ed estende questi diritti, introduce il concetto del diritto
del bambino a essere accudito e introduce i primi elementi di condivisione genitoriale nell’accudimento dei figli.
Fino ad arrivare nel 2000 a una grande conquista sociale:
la legge n. 53 dell’ 8 marzo ‘Disposizioni per il sostegno
della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla
formazione e per il coordinamento dei tempi delle città’
che in parte modifica alcuni articoli della legge 1204/71.
La 53/2000 è una legge frutto del lavoro di tanti anni sui
temi della parità tra uomo e donna e che nasce dall’esperienza delle donne che quotidianamente faticano per conciliare i tempi di vita e di cura e i tempi di lavoro.
Una novità importante introdotta è che vengono estesi anche ai padri parte dei diritti fino ad allora riconosciuti solo
alle madri.
Che cosa vietano le leggi:
• le lavoratrici madri non possono essere licenziate dall’inizio della gestazione sino al compimento di un anno
di età del bambino;
• i lavoratori padri che usufruiscono del congedo di paternità non possono essere licenziati entro il compimento di
un anno d’età del bambino;
• le mamme lavoratrici durante la gravidanza non possono essere adibite a lavori pesanti, pericolosi e insalubri.
Norme e leggi di parità e conciliazione
37
Il congedo di maternità
La lavoratrice è obbligata ad astenersi dall’attività lavorativa 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto. Dietro consenso
del medico specialista, l’astensione obbligatoria può essere effettuata 1 mese prima e 4 mesi dopo il parto.
In presennza di: 1) forme morbose preesistenti che la gravidanza potrebbe aggravare, 2) condizioni di lavoro o
ambientali pregiudizievoli alla salute della donna e del
bambino, 3) impossibilità a spostare la lavoratrice ad altre mansioni, si può chiedere all’Ispettorato del Lavoro la
maternità anticipata.
Se il parto avviene prima della data presunta, i giorni non
goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione post-parto.
Il padre può utilizzare il congedo di paternità nei primi
tre mesi dalla nascita del figlio per morte o per grave infermità della madre o in caso di affido esclusivo.
In caso di adozione, entrambi i genitori possono usufruire, alternandosi, del congedo di maternità per 5 mesi,
a partire dall’entrata del/la bambino/a in famiglia e alle
stesse condizioni economiche di un/a figlio/a naturale.
Per le adozioni internazionali il congedo di maternità
può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia,
previa certificazione della durata della permanenza all’estero del/la lavoratore/trice da parte dell’ente autorizzato a curare la procedura di adozione. In caso di affido,
entrambe i genitori possono usufruire, alternandosi, di 3
mesi di congedo di maternità dal momento dell’ingresso della/del figlia/o in famiglia (il limite di età è di 18
anni).
Retribuzione
Durante tutto il periodo dell’assenza obbligatoria la lavoratrice madre (o il lavoratore padre) ha diritto all’80%
della retribuzione o al 100% in base al contratto di lavoro della categoria di appartenenza.
La domanda compilata deve essere consegnata al proprio
datore di lavoro e all’Inps su apposito modulo reperibile
presso le Sedi Inps e sul sito www.inps.it, accompagnato
dal certificato medico di gravidanza.
38
Materinità, paternità e politiche di conciliazione
I riposi giornalieri
La lavoratrice madre ha diritto, durante il primo anno di
vita del bambino, a due periodi di riposo, anche cumulabili, della durata di un’ora ciascuno, se l’orario di lavoro
è pari o superiore a sei ore giornaliere. Spetta un unico riposo di un’ora se l’orario di lavoro è inferiore alle sei ore. I
periodi di riposo sono ridotti a mezz’ora ciascuno quando
la lavoratrice usufruisca degli asili nido, o di altre strutture
idonee, istituiti dal datore di lavoro nell’unità produttiva
o nelle immediate vicinanza di essa. I periodi di riposo
devono essere concordati con il datore di lavoro e sono
interamente retribuiti come normale orario di lavoro.
Anche il papà ne può usufruire quando:
• la madre lavoratrice non ne usufruisce attraverso una
specifica rinuncia;
• la madre è una lavoratrice autonoma o libera professionista;
• il figlio è affidato a lui, per morte o grave malattia della
madre
Per i genitori adottivi valgono i riposi giornalieri entro 1
anno dall’effettivo ingresso in famiglia.
In caso di parto plurimo (o di più figlie/i adottate/i o affidate/i) le ore di riposo giornaliero vengono raddoppiate
e le ore aggiuntive possono essere utilizzate anche dal
padre.
I congedi parentali
È usufruibile dai lavoratori con contratto a tempo indeterminato dopo i mesi di astensione obbligatoria ed entro i
primi 8 anni di vita del bambino.
Se il congedo parentale o assenza facoltativa viene effettuato da uno solo dei genitori la madre ha diritto a 6 mesi
di aspettativa continui o frazionati, il padre a 7 mesi di
aspettativa continui o frazionati.
Se entrambe i genitori usufruiscono dell’assenza facoltativa, il periodo massimo è di 10 mesi, che diventano 11
mesi se il padre utilizza, anche in modo frazionato, almeno 3 mesi.
Il diritto di astensione facoltativa spetta a uno dei genitori
anche se l’altro non ne ha diritto (ad esempio non lavora).
Norme e leggi di parità e conciliazione
39
In presenza di un solo genitore l’aspettativa è di 10 mesi.
In caso di parto plurimo ogni genitore, per ciascun figlio,
ha diritto al periodo di congedo previsto.
Il congedo parentale viene riconosciuto anche ai genitori
adottivi o affidatari entro i primi 8 anni dall’ingresso del
minore in famiglia, indipendentemente dall’età del minore o all’atto dell’adozione.
Ai/lle lavoratori/trici parasubordinati e alle sole lavoratrici autonome è riconosciuta la possibilità di usufruire del
congedo parentale per un totale di 3 mesi entro il primo
anno di età del bambino.
Retribuzione
Il trattamento economico durante il congedo parentale è
pari al 30% della retribuzione per un massimo complessivo per entrambi i genitori di 6 mesi e fino ai 3 anni di vita
del/la figlio/a.
I periodi di congedo presi oltre i 6 mesi complessivi (e
fino agli 8 anni di vita del/la figlio/a), vengono retribuiti
solo nel caso in cui il reddito individuale del genitore interessato non superi l’importo di 2,5 volte il trattamento
minimo della pensione (nell’anno 2008, ad esempio, il
tetto di reddito è di € 14.401,4).
L’anzianità di servizio viene calcolata regolarmente, i periodi di congedo sono coperti da contribuzione figurativa.
Non c’è maturazione di ferie o di tredicesima e quattordicesima.
Gli ulteriori periodi di astensione oltre i 6 mesi o usufruiti
tra i 3 e gli 8 anni di età del/la bambino/a da un genitore
con reddito alto, non vengono retribuiti ma sono coperti
da contribuzione figurativa ridotta. Può essere inoltre richiesta l’anticipazione del T.F.R.
Per i genitori adottivi e affidatari i 6 mesi di indennità al
30% vengono retribuiti per un periodo massimo complessivo di 6 mesi tra i due genitori entro i 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia.
I genitori che intendono chiedere il congedo parentale devono presentare all’Inps e al datore di lavoro la domanda
di congedo con preavviso non inferiore a 15 giorni (il modulo è disponibile presso le Sedi Inps e sul sito ww.inps.it,
nella sezione moduli).
40
Materinità, paternità e politiche di conciliazione
La malattia del/la bambino/a
I genitori hanno diritto ad assentarsi dal lavoro ogni volta
che il/la figlio/a si ammala entro i 3 anni di età, dietro
presentazione di certificato medico.
Dai 3 agli 8 anni, invece, ciascun genitore ha 5 giorni
all’anno da usufruire per la malattia di ogni figlio.
I congedi per malattia non vengono retribuiti: c’è contribuzione figurativa (utile per raggiungere il diritto alla
pensione e per aumentarne l’importo) fino al terzo anno
di vita, dai 3 fino agli 8 anni si ha diritto ad una contribuzione ridotta.
Il ricovero ospedaliero del bambino interrompe le ferie.
MATERNITÀ
VALORE
SOCIALE
Tenendo conto delle specifiche peculiarità, parte dei diritti
e delle tutele di maternità previsti per le lavoratrici madri
dipendenti, si sono estesi a tutte le donne che svolgono:
lavori autonomi, libere professioni, lavori parasubordinati
ed interinale.
Da ultimo anche alle casalinghe, alle studentesse ed alle
disoccupate, affermando così il riconoscimento sociale
della maternità che va garantita, protetta e sostenuta come
previsto dall’art. 37 della Costituzione Italiana.
LAVORO
AUTONOMO
Le lavoratrici autonome, le artigiane, le esercenti attività
commerciali, le coltivatrici dirette, le mezzadre e le colone, hanno diritto:
• all’astensione facoltativa 2 mesi prima del parto e 3
mesi dopo la nascita della/l figlia/o; a un’indennità di maternità pari all’80% della retribuzione minima giornaliera
per i 5 mesi di astensione facoltativa (anche se non vi è
un’effettiva assenza dal lavoro). La retribuzione minima
giornaliera è definita su valori medi in base alla categoria
di appartenenza;
• alla copertura sul piano previdenziale/pensionistico, per
mezzo della contribuzione obbligatoria, durante l’eventuale astensione facoltativa;
• a 3 mesi di congedo parentale entro il primo anno di età
Legge n. 546 del
29 dicembre 1987
(abrogata)
Legge n. 53 dell’ 8
marzo 2000
Decreto Legislativo
n. 151 del
26 marzo 2001
Norme e leggi di parità e conciliazione
41
della/l bambina/o, con un’indennità pari al 30% della retribuzione minima giornaliera. Il trattamento economico è
subordinato all’effettiva astensione dall’attività lavorativa;
• in caso di adozione, a un’indennità giornaliera dell’80%
per i 5 mesi successivi all’ingresso in famiglia del bambino minorenne;
• in caso di affidamento, a un’indennità giornaliera
dell’80% per i 3 mesi successivi all’ingresso in famiglia
del bambino minorenne.
Per accedere a questi diritti si deve versare un contributo
annuo al Fondo Inps pari a € 7,49 e presentare domanda
documentata all’Inps entro un anno dall’evento.
Notai, avvocati, farmacisti, veterinari, medici, geometri,
commercialisti, ragionieri, psicologi, architetti, consulenti
del lavoro (iscritti all’albo o alla cassa) hanno diritto:
• all’astensione facoltativa 2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto;
• a un’indennità pari all’80% di 5/12 del reddito percepito nel secondo anno precedente quello del parto;
• a un’indennità di una mensilità in caso di aborto spontaneo o terapeutico dopo il terzo mese di gravidanza;
• in caso di adozione o affidamento, a percepire 3 mesi
d’indennità (all’80%) dalla data d’ingresso della/l bambina/o di età non superiore a 6 anni. Per adozioni straniere
fino ai 18 anni di età.
Si accede a questi diritti presentando domanda documentata alla propria Cassa di appartenenza dal sesto mese di
gravidanza e non oltre 180 giorni dalla nascita del figlio.
LIBERA
PROFESSIONE
Rientrano in questa categoria coloro che sono iscritte/i
alla gestione separata INPS: rapporti di lavoro “a progetto”, contratti di collaborazione coordinata e continuativa
(che continua ad esistere per gli enti pubblici) o rapporti
di lavoro a prestazione professionale.
• Viene riconosciuto il diritto all’astensione obbligatoria
dal lavoro per 2 mesi pre e 3 mesi post parto.
• In questi 5 mesi di astensione obbligatoria le lavoratrici
iscritte al fondo INPS gestione separata hanno diritto ad
LAVORO
PARASUBORDINATO
42
Materinità, paternità e politiche di conciliazione
Legge n. 379 del
11 dicembre 1990
Legge n. 53 del
8 marzo 2000
Decreto Legislativo
n. 151 del
26 marzo 2001
Decreto
Ministeriale
27 maggio 1998
(abrogato)
Circolare INPS
n. 47 del
1 marzo 1999
Legge n. 53 del
8 marzo 2000
Decreto
Legislativo
n. 151 del
26 marzo 2001
Decreto
Ministeriale
4 aprile 2002
Circolare INPS
n. 138 del
29 luglio 2002
LAVORO
DOMESTICO
Legge n. 1204 del
30 dicembre 1971
Legge n. 53 del
8 marzo 2000
Decreto Legisl.
n. 151 del
26 marzo 2001
(Testo Unico)
LAVORO
DISCONTINUO
Legge n. 488 del
23 dicembre 1999,
art. 49
Dec. Min. n. 452 del
21 dicembre 2000
una retribuzione pari all’80% del loro compenso, anche
in caso di aborto spontaneo o terapeutico dopo il terzo
mese di gravidanza a condizione che abbiano versato tre
mesi di contributi entro le 52 settimane precedenti la maternità.
• Viene riconosciuta la possibilità di usufruire di un congedo parentale di 3 mesi (retribuito al 30%) entro il primo
anno di vita del bambino.
• L’individuazione del compenso spettante si ottiene
calcolando la retribuzione complessiva percepita nei 12
mesi precedenti l’inizio dell’interruzione obbligatoria al
lavoro.
• Il diritto a una indennità pari all’80% della retribuzione
spetta anche in caso di adozione o affidamento per i 3
mesi successivi all’effettivo ingresso della/l bambina/o in
famiglia.
• Sussiste il diritto all’indennità di paternità in caso di impossibilità della madre ad avvalersi del congedo.
Le lavoratrici domestiche hanno diritto al congedo di maternità anticipato e al congedo di maternità ma non al
congedo parentale, ai riposi giornalieri e ai congedi per la
malattia della/l figlia/o.
L’astensione obbligatoria è di 5 mesi: 2 prima e 3 dopo
il parto. Durante questo periodo di assenza la lavoratrice
ha diritto ha un’indennità di maternità pari a 1/6 della
media delle retribuzioni settimanali relative alle settimane
comprese nei 24 mesi precedenti l’inizio dell’astensione
obbligatoria.
Per ogni figlio/a o per ogni minore adottato/a o in
affidamento, le donne residenti, cittadine italiane
o comunitarie o extracomunitarie in possesso della
carta di soggiorno, che possono far valere almeno 3
mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai
9 mesi precedenti l’ingresso in famiglia della/l bambina/o, possono richiedere un assegno di maternità,
a carico dello stato, di circa 1.700 euro, rivalutabili
Norme e leggi di parità e conciliazione
43
ogni anno.
In alcune situazioni l’assegno è riconoscibile anche
al padre o adottante o affidatario.
Dec. Legisl. n. 151
del 26 marzo 2001
(Testo Unico)
Circolare n. 143
del 16 luglio 2001
Le donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o
extracomunitarie in possesso della carta di soggiorno e
con un reddito familiare annuale non superiore al valore
ISE di circa 31.223,51 euro (anno 2008) per una famiglia
composta da 3 persone, possono richiedere un assegno di
maternità di circa € 300 mensili per 5 mesi dalla nascita o
dall’ingresso in famiglia della/l bambina/o.
Il requisito del reddito economico viene riparametrato
secondo le diverse composizioni familiari e rivalutato annualmente.
Le lavoratrici che, per ragioni contingenti, godono di indennità di maternità di importo inferiore hanno diritto ad
un assegno mensile che copra la differenza tra indennità
percepita e € 300 mensili dell’assegno di maternità.
La prestazione è concessa a domanda dell’interessata,
previa documentazione attestante la situazione economica del Comune di residenza, il quale anticiperà gli importi
che verranno successivamente rimborsati dallo Stato.
Una delle principali leggi che intervengono a sostegno delle donne sul problema della conciliazione è la 53/2000.
La finalità di questa legge, infatti, è quella di promuovere
un equilibrio tra i tempi di lavoro, di cura, di formazione
e di relazioni. Oltre a disciplinare tutte le tematiche legate
alla maternità, definisce:
• i congedi per assistenza familiare;
• i permessi per figli con handicap grave;
• i congedi per la formazione continua;
• interventi a sostegno della flessibilità di orario;
• il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città
e la promozione dell’uso del tempo per fini di solidarietà
sociale.
44
Materinità, paternità e politiche di conciliazione
INOCCUPATE,
CASALINGHE,
STUDENTESSE
Legge n. 488 del
23 dicembre 1999,
artt. 49 e 66
Legge n. 388 del
23 dicembre 2000,
art. 80
Decreto Legislativo
n. 151 del
26 marzo 2001
(Testo Unico)
POLITICHE DI
CONCILIAZIONE
Legge 104 del
5 febbraio 1992
Legge regione
Lombardia n. 23 del
6 dicembre 1999
Legge n. 53 del
8 marzo 2000
Legge regione
Lombardia n. 28 del
28 ottobre 2004
Congedi per assistenza familiare
I/le lavoratori/trici hanno diritto a:
• 3 giorni lavorativi all’anno di congedo retribuito per
decessi o grave infermità del coniuge convivente e di parenti;
• richiedere per gravi e documentati motivi familiari (malattia del coniuge o dei genitori) un congedo non retribuito, continuativo o frazionato, per un massimo di 2 anni,
senza copertura previdenziale, ma con possibilità di riscatto o versamento volontario.
Permessi per figli con handicap grave
Nel 1992, con il varo della legge 104/92, l’Italia fu uno
dei primi paesi in Europa a intervenire legislativamente
nel settore delle norme che, recependo le indicazioni dell’OMS, favoriscono l’integrazione sociale e definiscono
i diritti delle persone con handicap. In seguito, la legge
53/2000 ha esteso la sfera delle misure di tutela previste
all’art. 33 e il Testo Unico ha provveduto a sistematizzare
e armonizzare l’intera normativa sui riposi e i permessi
per i genitori di figli con handicap grave.
La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre
anche adottivi o affidatari di minori con handicap in situazione di gravità, hanno diritto:
• al prolungamento del periodo di congedo parentale fino
a 3 anni di età del bambino;
• in alternativa, a un permesso giornaliero retribuito di 2
ore (con orario di lavoro superiore alle 6 ore) fino al compimento del terzo anno di età del bambino.
Congedi per la formazione
Si amplia la possibilità di congedo per periodi di formazione professionale e continua. La durata massima dei
congedi non retribuiti è di 11 mesi nell’arco della vita
lavorativa.
Per richiederli è necessario avere 5 anni di anzianità di
servizio presso la stessa azienda. È prevista la conservazione del posto ed il congedo non è cumulabile con ferie,
malattia o altri congedi.
Norme e leggi di parità e conciliazione
45
I contratti collettivi di riferimento definiscono criteri e modalità per garantire l’uso del diritto.
Interventi a sostegno della flessibilità d’orario
La legge 53/00 prevede incentivi a favore delle imprese
che intendono intraprendere azioni positive attraverso una
diversa organizzazione degli orari di lavoro per favorire la
conciliazione degli impegni lavorativi e familiari.
Le azioni che vengono finanziate sono:
• introduzione di forme di flessibilità degli orari di lavoro
quali part-time reversibile, orario flessibile in entrata ed
uscita, Banca delle ore, telelavoro e lavoro a domicilio,
turni agevolati e orario concentrato. Viene data priorità ad
usufruirne ai genitori con figli sino a 12 anni (fino a 15 se
in adozione/affidamento);
• programmi di formazione per il reinserimento al lavoro
dopo i congedi;
• progetti per la sostituzione temporanea di titolari d’impresa o lavoratori autonomi che utilizzano i congedi;
• programmi per la sostituzione, il reinserimento, l’articolazione della prestazione lavorativa e la formazione dei
lavoratori con figli minori e disabili a carico, ovvero, con
anziani non autosufficienti a carico.
Il 50% dei finanziamenti è erogato a progetti di imprese
con meno di 50 dipendenti.
I progetti devono essere definiti e sottoscritti tra le parti
sociali e vanno presentati al Comitato Nazionale di Parità
a febbraio – giugno – ottobre di ogni anno.
Tempi delle città e uso del tempo per fini di solidarietà
sociale
Le regioni, qualora non abbiano già provveduto, dovranno legiferare le norme quadro per il coordinamento da
parte dei comuni di orari commerciali, orari dei servizi e
degli uffici pubblici.
I comuni dovranno definire un piano territoriale degli
orari e dovranno dotarsi di responsabili di tempi e orari.
Per i comuni sotto i 30.000 abitanti sono previste forme
consortili.
Il piano territoriale degli orari deve tener conto degli ef-
46
Materinità, paternità e politiche di conciliazione
fetti sul traffico, sull’inquinamento, la qualità della vita
cittadina, gli orari di lavoro pubblico e privato, gli orari di
apertura al pubblico dei servizi pubblici e privati.
Per la definizione del piano è istituito un tavolo di concertazione.
Viene istituito un Fondo per l’armonizzazione dei tempi
delle città.
Banche del tempo
La legge n. 53 del 2000 e la legge regionale n. 23 del
1999, prevedono che i comuni favoriscano e sostengano
la costituzione di “Associazioni banche del tempo” per
incentivare i cittadini, singoli o associati, a scambiarsi
parte del proprio tempo per servizi di vicinato, pratiche
amministrative, uso dei servizi, con reciproca solidarietà
ed interesse
Norme e leggi di parità e conciliazione
47
48
Oltre la parità: pari opportunità e conciliazione
LA TUTELA E IL SOSTEGNO SOCIALE
NORME PER LA
TUTELA
SOCIALE
DELLA
MATERNITÀ E
SULL’
INTERRUZIONE
VOLONTARIA
DELLA
GRAVIDANZA
Legge n. 194
del 22 maggio
1978
Questa legge è in vigore a pieno diritto dal maggio 1978
e dal 16 maggio 1981, il referendum popolare ne ha proclamato la validità.
Essa è direttamente collegata alla legge istitutiva dei consultori familiari pubblici ed all’abolizione dell’art. 553 del
Codice Penale che vietava la propaganda e la diffusione
degli anticoncezionali.
La legge 194 prevede l’informazione e la conoscenza in
materia di controllo delle nascite affinché la procreazione
sia libera e responsabile, e riconosce alle donne il diritto a
decidere per l’interruzione volontaria della gravidanza.
I servizi socio sanitari devono dare tutte le informazioni e
i sostegni affinché l’aborto non venga considerato mezzo
per la limitazione delle nascite.
La legge si prefigge di sconfiggere l’aborto clandestino,
pratica ancora presente, con grave danno alla salute ed
alla dignità della donna.
Norme alle quali si deve attenere la donna che ha deciso
di interrompere la gravidanza:
• si può legalmente abortire entro 12 settimane di gestazione, quando la maternità ed il parto comportino un
serio pericolo per la salute fisica e psichica della donna
in relazione al suo stato di salute o alle sue condizioni
economiche, sociali o familiari, o alle circostanze in cui
è avvenuto il concepimento; oppure ci siano previsioni di
anomalie o malformazioni del concepito.
• In uno di questi casi la donna può rivolgersi:
- al consultorio;
- al medico di fiducia;
- al Presidio Ospedaliero della sua zona.
Il consultorio e la struttura socio sanitaria hanno il compito di dare alla donna tutto l’appoggio per tentare di rimuovere le cause di ordine sociale ed economico che la
spingono a tale decisione, se la donna è consenziente può
essere sentito anche il partner.
Il medico, dopo gli accertamenti che ritiene necessari, è
tenuto a dare tutte le informazioni sui consultori e sui luo-
Norme e leggi di parità e conciliazione
49
ghi a cui la donna può rivolgersi per l’intervento, rilascia
un certificato che attesta lo stato di gravidanza e la richiesta di interruzione e lo fa controfirmare alla donna. Se non
esiste urgenza è prevista, per legge, un’attesa di 7 giorni
per l’intervento.
Trascorso tale termine la donna può presentarsi per ottenere l’interruzione di gravidanza presso una delle sedi
autorizzate (ospedali o cliniche private accreditate).
Solo in caso di urgenza reale attestata dal medico, l’intervento può essere praticato senza l’attesa dei sette giorni.
• Al di là delle 12 settimane l’aborto è previsto solo:
- quando la gravidanza o il parto comportino un grave
pericolo per la vita della donna;
- quando siano accertate anomalie o malformazioni del
feto che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
La legge prevede “l’obiezione di coscienza” per i medici
e il personale paramedico che ne abbia fatto richiesta al
medico provinciale in tempo utile. Garantisce comunque
la possibilità di trovare medici non obiettori all’interno dei
consultori e degli ospedali autorizzati all’intervento.
L’accertamento, la cura e la degenza relativi all’interruzione della gravidanza attuati nelle istituzioni sanitarie sono
a carico dell’assistenza sanitaria nazionale.
La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le
procedure previste da questa legge è fatta personalmente
dalla donna.
Per le minorenni è necessario l’assenso dei genitori, in
caso contrario il giudice tutelare può autorizzare l’intervento.
Il medico che esegue l’intervento è tenuto a dare alla donna tutte le informazioni e le indicazioni per la prevenzione di altre gravidanze non desiderate.
L’aborto clandestino è punito con la reclusione fino a tre
anni per chi pratica l’intervento e con multa fino a € 51,65
per la donna.
In Lombardia il 6 settembre 1976 viene approvata la legge
n. 44 dal titolo “Istituzione del servizio per l’educazione
50
La tutela e il sostegno sociale
CONSULTORIO
PUBBLICO
Legge Regione
Lombardia n. 44 del
6 settembre 1976
sessuale, per la procreazione libera e consapevole, per
l’assistenza alla maternità, all’infanzia, alla famiglia”.
Entra così in funzione un servizio dalla concezione completamente nuova, il Consultorio a supporto delle donne
e della famiglia, viene riconosciuta la sfera sessuale come
componente essenziale nel rapporto di coppia.
Per le donne in particolare, questa legge è una conquista
importante. Considerando la maternità “libera e consapevole” si riconosce alle donne il diritto ad una propria sessualità e, quando la maternità viene scelta, si garantisce
loro un’assistenza sino al momento del parto.
Il Consultorio deve garantire le seguenti prestazioni:
• l’educazione sessuale del singolo, della coppia e della
comunità;
• la diffusione delle conoscenze scientifiche e delle informazioni riguardanti tutti i metodi idonei a promuovere e
a prevenire la gravidanza;
• l’assistenza alla gravidanza con controlli medici ed
eventuale individuazione delle gravidanze a rischio (prevenendo futuri handicap). Se richiesti possono essere organizzati gruppi per la preparazione psicoprofilattica al
parto e per trattare argomenti di interesse comune, dallo
sviluppo psicofisico del bambino, alla propria sessualità,
alla menopausa.
Il Consultorio deve, inoltre, farsi carico:
• della diffusione delle conoscenze riguardanti le malattie ereditarie, familiari e congenite e, attraverso esami di
laboratorio, individuare l’eventuale rischio genetico nel
singolo e nella coppia (talassemia, emofilia, etc.);
• delle informazioni riguardanti i criteri e i mezzi atti ad
assicurare l’armonico sviluppo del neonato e del bambino
nella prima infanzia (sino a tre anni);
• dell’assistenza nei casi di interruzione spontanea della
gravidanza e nei casi di interruzione ammessi dalla legge.
Nel Consultorio operano le seguenti figure professionali:
• Assistente sociale
• Psicologo o specializzato in psicologia
• Medico specialista in ostetricia e ginecologia
• Medico specialista in pediatria
Norme e leggi di parità e conciliazione
51
• Ostetrica
• Assistente sanitaria visitatrice.
Una “novità” significativa di questa legge è data anche
dalla possibilità da parte degli utenti (attraverso loro rappresentanti) di partecipare alla programmazione, all’organizzazione e alla gestione del Consultorio.
Per questo è importante che ogni donna che si rivolge al
Consultorio conosca i suoi diritti e possa dunque pretendere ciò che è stabilito dalla legge.
Tutte le ASL devono garantire il servizio consultoriale e
la sua operatività gestionale deve essere collocata nel distretto di base.
Questa è una delle poche leggi di iniziativa popolare. E’
infatti stata elaborata e presentata direttamente dalle donne, sostenuta con molte migliaia di firme, recepita e votata integralmente dal Consiglio Regionale Lombardo senza
l’intermediazione dei partiti.
Obiettivi centrali della legge:
1.far vivere la maternità fin dall’inizio della gravidanza
come un evento naturale e non clinico;
2.assicurare il sostegno di aiuto psicologico, socio – assistenziale e sanitario necessario a garantire una gravidanza serena e sicura e di preparazione al parto;
3.‘umanizzare’ il parto e offrire alla donna la possibilità
di scegliere le modalità del parto e il luogo in cui deve
avvenire: ospedale, casa di maternità, proprio domicilio;
4.assicurare al bambino da 0 a 14 anni, durante gli
eventuali periodi di ospedalizzazione, la continuità dei
rapporti familiari, affettivi e sociali per impedire blocchi
psicologici o cognitivi.
Per garantire questi obiettivi, i servizi rivolti alle donne in
gravidanza e ai bambini sono organizzati in forma dipartimentale e operano per i seguenti risultati:
…per le donne in gravidanza/mamme…
• il consultorio, la struttura ospedaliera e il servizio ter-
52
La tutela e il sostegno sociale
LA TUTELA
DELLA
PARTORIENTE
E LA TUTELA
DEL
BAMBINO IN
OSPEDALE
Legge Regione
Lombardia
n. 16 del
8 maggio 1987
ritoriale extraospedaliero devono operare in raccordo al
fine di mantenere la stessa équipe di operatori per l’assistenza della donna dalla gravidanza al parto;
• l’istituzione di una cartella ostetrico pediatrica in cui
annotare tutti i dati relativi alla gravidanza, che deve essere messa a disposizione della donna e degli operatori che
l’assistono durante il parto;
• l’assistenza sanitaria delle gravidanze fisiologiche;
• l’organizzazione di corsi di preparazione al parto per
la donna e la coppia per fornire e favorire: le conoscenze
relative all’evento gravidanza – parto – nascita, i luoghi
dove partorire, le tecniche e le modalità per garantire travaglio e parto in condizioni psico – fisiche ottimali, lo
sviluppo delle relazioni con altre donne per uno scambio
delle esperienze vissute nelle fasi di gravidanza e parto;
• il garantire alla donna uno spazio singolo a cui possa
accedere la persona con la quale la partoriente desidera
condividere l’evento;
• il garantire alla donna, dopo il parto e per tutto il periodo della degenza e su sua richiesta, di tenere accanto a sé
nelle ore diurne (6 – 24) il neonato e permettere le visite
dei familiari senza limitazione di orari;
• durante e dopo la degenza promuovere incontri formativi alle puerpere su: allattamento, cura, igiene e contraccezione;
• in caso di nascita pretermine o di patologia neonatale grave, garantire la presenza dei genitori nei reparti di
terapia intensiva, le visite senza restrizioni e la programmazione di incontri tra genitori e l’équipe che segue il
neonato per fornire tutte le informazioni sulla patologia
del neonato ed il suo evolversi.
…per le/i bambine/i…
• indipendentemente dalla patologia, deve essere assicurato nel reparto pediatrico il ricovero ospedaliero del
bambino da 0 a 14 anni;
• deve essere garantita ai genitori l’informazione continua e costante sul decorso della malattia e le terapie intraprese. I genitori possono assistere alle visite mediche,
non possono essere fatte terapie sperimentali senza il consenso dei genitori;
Norme e leggi di parità e conciliazione
53
• deve essere ridotta la permanenza del bambino in ospedale, in tutti i casi in cui è possibile, con servizi alternativi
in day – hospital;
• al bambino, in caso di lunga degenza, devono essere
garantiti e favoriti incontri con fratelli e amici, affinché
mantenga rapporti di relazione e socializzazione e nel reparto pediatrico devono essere allestiti locali che permettano di svolgere attività ludica e scolastica.
Il valore della legge, che non ha riferimenti in altri paesi
europei, è importante perché: riconosce e tutela il valore
sociale ed economico del lavoro domestico, incentiva la
sicurezza dell’ambiente “casa di abitazione”, assume la
prevenzione come priorità, istituisce una assicurazione
obbligatoria.
Nello specifico la legge:
• prevede un’azione di informazione ed educazione per
prevenire cause di nocività e infortuni e un coordinamento territoriale dei programmi di intervento dei servizi per
la sicurezza ambientale, da parte del Servizio Sanitario
Locale;
• intende per lavoro domestico, l’insieme delle prestazioni di cura alle persone e della casa di abitazione, svolte
senza vincolo subordinato e a titolo gratuito riconoscendone il valore sociale ed economico;
• istituisce un’assicurazione obbligatoria antinfortunistica per tutte/i coloro che svolgano attività domestiche in
via esclusiva e senza altre forme obbligatorie di previdenza. L’assicurazione obbligatoria interessa le persone di età
compresa tra i 18 e i 65 anni e copre infortuni domestici
che causano invalidità non inferiori al 27% con esclusione
degli infortuni mortali. Il costo dell’assicurazione è fissato
in € 12,91 annui esenti da ulteriori oneri e per 5 anni non
si applicano penalità in caso di mancato pagamento. Per
i soggetti con reddito individuale inferiore a € 4.648,11
lordi annui (€ 9.296,22 per nucleo familiare) il costo è a
carico dello Stato. I Comuni, attraverso l’anagrafe, l’Amministrazione finanziaria dello Stato e l’Inail avranno il
compito di individuare le persone soggette all’Assicurazione obbligatoria.
54
La tutela e il sostegno sociale
NORME PER LA
TUTELA DELLA
SALUTE NELLE
ABITAZIONI E
ISTITUZIONE
DELL’
ASSICURAZIONE
CONTRO GLI
INFORTUNI
DOMESTICI
Legge n. 493 del
3 dicembre 1999
SOSTEGNI ALLA FAMIGLIA
ASILI NIDO
PIANO
QUINQUIENNALE
PER
L’ISTITUZIONE
DI ASILI NIDO
COMUNALI
CON IL
CONCORSO
DELLO STATO
Legge n. 1044 del
6 dicembre 1971
L’ obiettivo della legge è stato quello di realizzare un servizio a supporto delle famiglie e soprattutto delle donne,
onde favorirne la permanenza nel mondo del lavoro anche dopo la nascita dei figli e di affermare il diritto del
bambino alla socializzazione e allo sviluppo armonico
della sua personalità.
Nel rispetto della legge, ogni regione con proprie deliberazioni, ha fissato criteri per il finanziamento, la costituzione, la gestione ed il controllo degli asili nido, tenendo
conto che:
• la scelta del luogo di costruzione ed il funzionamento
deve rispondere alle esigenze dell’utenza;
• devono essere gestiti con la partecipazione dell’utenza
e dei rappresentanti degli organi sociali del territorio;
• devono essere dotati di personale qualificato sufficiente
e idoneo a garantire l’assistenza alla salute fisica e psicologica del bambino;
• essere costruiti e organizzati in modo da garantire l’armonico sviluppo del bambino.
I comuni concorrono al finanziamento, alla costruzione,
alla gestione ed al controllo degli asili nido e determinano
i criteri di accesso e l’ammontare delle rette.
LEGGI
FINANZIARIE
Legge n. 448 del
28 dicembre 2001
(Finanziaria 2002)
Legge n. 289 del
27 dicembre 2002
(Finanziaria 2003)
Con le leggi Finanziarie del 2002 e del 2003 sono stati istituiti dei fondi per la realizzazione e la gestione di
asili nido o micro-nidi nei luoghi di lavoro in cui venisse
stabilita una quota di posti riservata alle/ai figlie/i delle/i
dipendenti.
Dal 2002 al 2004 sono stati emanati dei bandi sia regionali che nazionali per l’assegnazione dei fondi alle aziende/comuni che fossero stati interessati a richiedere lo stanziamento.
Per ottenere il finanziamento gli asili realizzati o gestiti
nel territorio della Regione Lombardia dovevano rispet-
Norme e leggi di parità e conciliazione
55
tare i requisiti minimi stabiliti dagli standard gestionali e
strutturali decisi dal Piano Socio-assistenziale della Lombardia 88/90.
Gli obiettivi di questa legge sono:
• favorire la formazione e lo sviluppo delle famiglie, rimuovendone gli eventuali ostacoli di ordine economico,
lavorativo e abitativo;
• sostenere il valore sociale della maternità e paternità,
consentire la procreazione libera e consapevole, rimuovendo eventuali ostacoli di ordine economico e situazioni
di infertilità, promuovere la corresponsabilità dei genitori
nella crescita dei figli;
• aiutare le donne socialmente ed economicamente in alternativa all’interruzione della gravidanza, tutelare il benessere dei componenti del nucleo familiare e l’equilibrio
psicofisico di ciascun soggetto;
• garantire la libertà di scelta della famiglia nell’uso dell’offerta di servizi tra il privato e il pubblico e la sussidiarietà tra famiglia e istituzioni pubbliche;
• sviluppare l’intervento dei consultori familiari pubblici
e privati nel sostenere l’aiuto alle famiglie: nella procreazione, nella crescita dei figli, nella stabilità armonica delle relazioni familiari;
• promuovere e sostenere reti primarie di solidarietà: l’associazionismo, la cooperazione, l’auto-organizzazione
tra le famiglie per la cura di bambini, adolescenti, anziani
e disabili;
• riorganizzare i servizi sociali per sostenere famiglie in
situazioni di disagio;
• promuovere iniziative di tutela, assistenza e consulenza
ai minori in situazione di disagio e alle vittime che subiscono violenza, abusi, maltrattamenti, e iniziative di sostegno a madre e bambino, vittime di violenze familiari.
Agevolazioni per la casa
La legge prevede agevolazioni finanziarie e di accesso
alla prima casa con i seguenti interventi:
• prestiti d’onore quinquennali al tasso di interesse del
56
Sostegni alla famiglia
POLITICHE
REGIONALI PER
LA FAMIGLIA
Legge regionale
n. 23 del
6 dicembre 1999
2% fino ad un massimo di € 36.000 per giovani coppie
che contraggono matrimonio, il cui reddito annuo non
deve superare € 40.000;
• contributi per un massimo di € 51.000 per l’acquisto
della prima casa al tasso di interesse del 2% restituibili in
dieci anni a giovani coppie, alle gestanti sole, al genitore
solo con figli minori a carico e nuclei familiari con tre figli
il cui reddito complessivo annuale non superi € 41.000;
Sia per i prestiti d’onore che per i contributi per l’acquisto
della prima casa, sono stati costituiti fondi regionali il cui
ammontare viene definito annualmente. Criteri e modalità
di accesso sono stabiliti dalla Regione, le domande vanno
presentate in regione o nelle sedi decentrate presenti in
tutte le province.
Servizi alle famiglie
Nella legge si prevede inoltre:
• il potenziamento dei servizi socio-educativi rivolti ai
minori in situazioni di disagio;
• le auto-organizzazioni familiari per la creazione di nidi
famiglia per la cura del bambino da 0 a 3 anni;
• lo sviluppo di una rete di asili nido, anche privati, convenzionati;
• il sostegno e la creazione di nidi aziendali, previa convenzione;
• il sostegno e la promozione di banche del tempo;
• il sostegno a donne che subiscono violenza e maltrattamenti;
• la creazione di spazi di aggregazione educativa ricreativa a disposizione dei minori;
• lo sviluppo e il sostegno delle associazioni familiari per
l’autogestione dei servizi.
Annualmente la regione definisce l’ammontare delle risorse economiche a sostegno dello sviluppo dei servizi di
cui sopra; definisce le priorità su cui presentare progetti
di servizi finanziabili, i criteri e le modalità di presentazione degli stessi e il tetto massimo di finanziamento per
progetto.
I progetti possono essere presentati da: Associazioni familiari, Associazioni private convenzionate da enti pubblici,
Associazioni di donne, Associazioni di volontariato, Coo-
Norme e leggi di parità e conciliazione
57
perative di servizi profit e no-profit, Banche del tempo.
L’apertura del bando di presentazione dei progetti viene
comunicata dalle ASL provinciali su mandato della Regione. I progetti vanno presentati alle ASL provinciali, una
commissione valuta la congruenza dei progetti e, se accolti, vengono finanziati.
58
Sostegni alla famiglia
DONNE IMMIGRATE
I DIRITTI E LE
TUTELE DELLE
DONNE
IMMIGRATE
Legge n. 91 del
5 febbraio 1992
Testo Unico
Immigrazione
(Decreto legislativo)
n. 286 del
25 luglio 1998
coordinato con le
modifiche
introdotte dalla
L. 189/2002
DPR n. 394 del
31 agosto 1999
coordinato con le
modifiche
introdotte dal DPR
n. 334 del
18 ottobre 2004
Le donne immigrate che, per ragioni di lavoro, di studio o
ricongiungimento familiare, vivono nel nostro paese sono
molte.
Questi brevi cenni nascono dall’esigenza di fornire alle
stesse informazioni utili su: maternità, lavoro, ricongiungimenti familiari e protezioni sociali.
Maternità
Alle immigrate madri o in stato di gravidanza, se sono lavoratrici dipendenti con regolare rapporto di lavoro, sono
riconosciuti tutti i diritti previsti dalle leggi 1204/1971
“Tutela delle lavoratrici madri” e 53/2000 “Disposizioni
per il sostegno della maternità, della paternità, per il diritto alla cura, alla formazione e per il coordinamento dei
tempi delle città” (vedi capitolo “Maternità, paternità e
politiche di conciliazione” del presente opuscolo).
Se lavoratrici autonome, hanno diritto a quanto previsto
dalle leggi 546/1987 e 53/2000, e dal decreto legislativo
n. 151/2001 (vedi capitolo “Maternità, paternità e politiche di conciliazione” del presente opuscolo).
Se collaboratrici domestiche, hanno diritto solo al congedo di maternità (5 mesi di astensione obbligatoria) e hanno diritto all’assegno di maternità solo se hanno versato
6 mesi di contributi settimanali nell’anno precedente o
un anno di contributi nel biennio antecedente l’inizio del
periodo di astensione obbligatoria. Durante la maternità,
purchè intervenuta durante il rapporto di lavoro, la lavoratrice non può essere licenziata. La lavoratrice può essere
licenziata non appena rientra dai tre mesi di congedo obbligatorio di maternità.
Se non lavorano hanno diritto all’assegno di maternità
solo se sono in possesso della carta di soggiorno.
L’assegno di maternità va richiesto presso il comune di
residenza.
Le immigrate irregolari in stato di gravidanza non possono
essere espulse e hanno diritto gratuitamente alle cure am-
Norme e leggi di parità e conciliazione
59
bulatoriali e ospedaliere durante la gravidanza e il parto
presso una struttura del servizio sanitario nazionale e potranno avere un permesso di soggiorno fino al sesto mese
di vita del bambino per cure mediche.
Lavoro
Le immigrate con regolare permesso di soggiorno e con
regolare rapporto di lavoro subordinato hanno diritto all’applicazione integrale del contratto collettivo nazionale
di lavoro in base al settore e alla categoria di appartenenza e usufruiscono delle leggi di parità e pari opportunità
(legge 903/1977 e 125/1991) e degli stessi servizi garantiti
alle cittadine italiane. Possono convertire il permesso da
lavoro subordinato in lavoro autonomo nonché svolgere
attività lavorativa come socie lavoratrici di cooperativa.
Qualora le lavoratrici immigrate in possesso di permesso
di soggiorno per lavoro subordinato, perdano il posto di
lavoro, anche per dimissioni, potranno iscriversi nell’elenco anagrafico presso i Centri per l’impiego per il periodo
di residua validità del permesso di soggiorno e comunque
per un periodo non inferiore a 6 mesi e hanno diritto all’indennità di disoccupazione o l’indennità di mobilità se
hanno maturato i requisiti.
Possono essere inserite nell’elenco anagrafico presso i
Centri per l’impiego anche le immigrate in possesso di
permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione e
svolgere attività lavorative subordinate per un tempo non
superiore a 20 ore settimanali o 1040 ore nell’arco dell’anno. Le immigrate con regolare permesso di soggiorno
e iscritte nell’elenco anagrafico godono degli stessi diritti
delle cittadine italiane in materia di avviamento al lavoro
compreso l’avviamento nella Pubblica Amministrazione.
Ricongiungimento familiare
Le immigrate in possesso della carta di soggiorno, di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo
o di un permesso di soggiorno della durata non inferiore
a un anno per lavoro subordinato o autonomo, per studio,
per asilo politico, per motivi religiosi, per motivi umanitari, per protezione sussidiaria e per motivi familiari posso-
60
Donne immigrate
no chiedere il ricongiungimento con i propri familiari.
Il ricongiungimento può essere richiesto per:
• il marito;
• i figli minori anche del coniuge o nati fuori dal matrimonio non coniugati a condizione che l’altro genitore,
qualora esistente, abbia dato il proprio consenso;
• figli maggiorenni a carico qualora permanentemente
non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute;
• genitori a carico che non dispongano di un adeguato
sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.
Per ottenere il ricongiungimento familiare occorre dimostrare di avere:
• un alloggio, in regola con i parametri della legge regionale sull’edilizia pubblica ovvero fornito dei requisiti igienico sanitari accertati dall’ASL competente per
territorio;
• un reddito annuo il cui minimo viene calcolato in
base al numero dei familiari per cui si chiede il ricongiungimento. Per l’anno 2008 non deve essere inferiore
a € 5.142,67 per il ricongiungimento di un familiare,
€ 10.285,34 per il ricongiungimento di 2/3 familiari, €
15.428,01 per il ricongiungimento di 4 o più familiari;
I familiari a cui è stato concesso il ricongiungimento, devono essere in possesso del visto di ingresso che viene rilasciato dal consolato italiano del paese di origine.
I familiari delle immigrate a cui è stato concesso il ricongiungimento, entro 8 giorni dall’arrivo devono richiedere
il permesso di soggiorno per motivi familiari. Il permesso
di soggiorno per motivi familiari consente di svolgere lavoro subordinato o autonomo, iscriversi ai Centri per l’impiego, accedere all’assistenza sanitaria e frequentare corsi di
formazione professionale o altri indirizzi scolastici.
I figli minori devono essere iscritti nel permesso di soggiorno della madre o del padre sino a 14 anni, dopo i 14 anni
sarà loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi
familiari. Al compimento di 18 anni avranno un permesso
di soggiorno professionale per lavoro, studio o altro.
Norme e leggi di parità e conciliazione
61
Assistenza sanitaria
Le immigrate con regolare permesso di soggiorno per lavoro subordinato, autonomo, asilo politico, per motivi
umanitari, per motivi familiari, etc. devono essere iscritte
obbligatoriamente al servizio sanitario nazionale e godono della stessa assistenza sanitaria, per sé e i familiari a
carico, garantita ai cittadini italiani.
Le immigrate con permesso di soggiorno per motivi di
studio possono versare al servizio sanitario nazionale un
contributo annuale che dà il diritto di usufruire delle prestazioni sanitarie per sé e i familiari a carico.
Le iscrizioni al servizio sanitario nazionale devono essere
effettuate presso l’azienda sanitaria locale.
Le immigrate irregolari possono usufruire delle cure ambulatoriali o ospedaliere, per malattie e infortuni, e dei
programmi di medicina preventiva rivolti agli stranieri
temporaneamente presenti e hanno diritto, nel caso di
gravidanza, a un permesso di soggiorno per cure mediche
che avrà validità fino a sei mesi dalla data del parto.
Protezione sociale
Alle immigrate, sottoposte con ricatto o violenza allo
sfruttamento sessuale, che intendono sottrarsi da tale condizione, viene concesso un permesso di soggiorno per
motivi di protezione sociale e vengono inserite in un programma di assistenza ed integrazione sociale.
Il permesso di soggiorno ha durata di 6 mesi, può essere
rinnovato per un anno e consente di svolgere lavoro subordinato, accedere ai servizi sanitari e ai corsi di formazione, nonché l’iscrizione alle liste di collocamento.
Carta di soggiorno
La carta di soggiorno, che ai sensi del decreto legislativo
n.3 dell’8 gennaio 2007 è stata sostituita dal permesso di
soggiorno CE per soggiorni di lungo periodo, è un permesso di durata illimitata e può essere richiesta dalle immigrate in possesso di permesso di soggiorno da almeno 5 anni
in corso di validità. Alle immigrate che hanno un/a figlio/
a o un marito italiano o dell’Unione Europea residente in
62
Donne immigrate
Italia e con il quale convivono è invece rilasciata la “carta
di soggiorno di familiari di un cittadino dell’Unione” che
ha validità di cinque anni dalla data del rilascio.
Norme e leggi di parità e conciliazione
63
64
Oltre la parità: pari opportunità e conciliazione
SINTESI LEGISLATIVA
DALL’UNITA’
D’ITALIA ALLA
FINE DEL 1800
Legge n. 4167/1877 permette alle donne di essere testimoni negli atti pubblici e privati.
Legge n. 295/ 1893 riconosce alle donne il diritto di essere elette come probiviri nelle controversie di lavoro.
Regio decreto n. 164 / 1898 approva il testo unico della
legge comunale e provinciale che rifiuta il voto amministrativo agli analfabeti, agli interdetti, agli inabilitati, ai
condannati all’ergastolo, ai mendicanti e alle donne.
DAL 1900
AL 1920
Legge n. 242 / 1902 affronta il lavoro delle donne e dei
fanciulli e prevede il divieto del lavoro sotterraneo, 12 ore
come orario massimo lavorativo, divieto di lavoro notturno per le minorenni infine le puerpere non potevano
essere adibite al lavoro se non dopo 4 settimane dopo il
parto (per le quattro settimane non era prevista la tutela
salariale).
Regio decreto agosto 1905 permette alle donne di insegnare alle scuole medie.
Legge n. 416 / 1907 vieta il lavoro notturno per le donne
e i fanciulli, ma permette la possibilità di deroga per il
lavoro delle donne adulte.
Legge n. 520 1910 istituisce la Cassa di maternità con
sede a Roma.
Regio decreto 148 / 1915 approva la legge comunale e
provinciale che vieta l’iscrizione delle donne nelle liste
elettorali amministrative e la loro eleggibilità.
Legge n. 1176 / 1919 abolisce l’autorizzazione maritale
e ammette le donne a esercitare tutte le professioni, ad
eccezione di quelle che implicano poteri giurisdizionali
Norme e leggi di parità e conciliazione
65
o l’esercizio di diritti e di potestà politiche o l’esercizio
della difesa militare.
1919
La Camera dei deputati approva, alla fine della legislatura,
la legge sull’estensione del voto amministrativo e politico
alle donne. Il provvedimento resta bloccato al Senato.
Regi decreti n. 3158 e n. 3184 del 1923 introducono l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria e l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la
vecchiaia dai 65 anni.
Regio decreto n. 1054 / 1923 sancisce il divieto per le
donne ad essere dirigenti scolastici.
Legge n. 2125 / 1924 prevede il voto amministrativo ad
alcune categorie di donne (madri o vedove di caduti in
guerra). Le elezioni amministrative saranno abolite nel
1925 per l’instaurazione del regime podestarile.
Legge n. 2277 / 1925 istituisce l’OMNI (Opera Nazionale
Maternità Infanzia).
1927
Il salario femminile è fissato al 50% di quello maschile.
Legge n. 847 / 1929 introduce il matrimonio cattolico
concordatario.
1930
Viene promulgato il codice penale che configura il delitto
per causa d’onore.
Regio decreto legge n. 1554 / 1933 autorizza le amministrazioni statali a escludere o a porre dei limiti all’ammissione delle donne nei concorsi pubblici.
Regio decreto n. 383 / 1934 approva il testo unico della
legge comunale e provinciale che esclude le donne dagli
uffici di podestà e da altre cariche ( dai bandi di concorso
66
Sintesi legislativa
PERIODO
FASCISTA
della pubblica amministrazione ).
Legge n. 653 / 1934 tutela la lavoratrice madre e vieta
l’utilizzo della manodopera femminile in mansioni pesanti o insalubri.
Legge 1347 / 34 Tutela la lavoratrice madre e la sua maternità, istituisce il congedo di maternità obbligatorio coperto da sussidio e obbligo per le aziende con più di 50
dipendenti di disporre di camere per l’allattamento.
Decreto legge n. 1514 / 38 stabilisce che l’assunzione
delle donne negli uffici pubblici sia limitata al 10% degli
organici o meno.
1938
Vengono emanate le leggi sulla difesa della razza che fra
l’altro vietano i matrimoni con appartenenti a razze non
ariane .
Regio decreto n. 989 / 39 stabilisce una tipologia di mansioni per il personale femminile nell’impiego pubblico e
privato.
ALLA FINE
DELLA
SECONDA
GUERRA
MONDIALE
A partire dal secondo dopoguerra il principio della parità
trova conferma nella maggior parte dei testi fondamentali
dei diritti umani.
Il DLL (decreto legislativo luogotenenziale) n. 23 / 1945
riconosce alle donne il diritto di voto.
2 giugno 1946 si tiene il referendum istituzionale; l’89%
delle donne si reca a votare per il referendum e per l’Assemblea Costituente. Le donne elette sono 21 su 556 rappresentanti.
22 dicembre 1947 la Costituzione della Repubblica Italiana è approvata dall’Assemblea Costituente ed entra in
vigore il 1 gennaio 1948.
Norme e leggi di parità e conciliazione
67
ART. 3
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali
davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali o sociali.”
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
ART. 37
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le
condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento
della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla
madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro
salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla
parità di retribuzione.”
ART. 51
“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. (…)”
Il secondo comma dell’art. 51 è stato introdotto nel febbraio del 2003; questa modifica importante va riempita
con atti legislativi specifici tendenti al superamento dell’anomala sottorappresentanza delle donne nelle istituzioni e nei luoghi importanti delle decisioni.
Parigi , 10 dicembre 1948
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo a cura dell’assemblea Generale dell’ONU
ART. 1
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e
68
Sintesi legislativa
diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono
agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
ART. 2
“1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà
enunciate dalla presente Dichiarazione, senza distinzione
alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua,
di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di atra
condizione.
2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o
del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”
ART. 23
“Ogni individuo ha diritto, senza discriminazione, ad
eguale retribuzione per uguale lavoro”.
DAGLI ANNI
CINQUANTA AD
OGGI
Legge 860 / 1950 (legge Noce) sulla tutela fisica e economica della lavoratrice madre. Questa legge viene approvata dopo una lungo dibattito in Parlamento e nel paese,
relatrice Maria Federici.
Legge 986 / 1950 proibisce il licenziamento delle lavoratrici madri, gestanti e puerpere.
Legge 741 / 1956 recepisce la Convenzione OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro, è un organismo
tripartito con la rappresentanza di governi, lavoratori e
datori) n. 100 del 1951 sulla parità di remunerazione tra
uomini e donne.
Legge 1441 / 1956 ammette le donne nelle giurie popolari delle Corti d’Assise e come componenti dei Tribunali
per minorenni.
1957 I trattati di Roma pongono le basi dell’Unione Europea, attraverso la realizzazione della integrazione economica da perseguire con le cosiddette quattro libertà (di
Norme e leggi di parità e conciliazione
69
circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle
persone) e la definizione delle prime istituzioni comunitarie. Le disposizioni sociali sono residuali, ma comunque
funzionali all’integrazione economica. Definiscono alcuni
obiettivi generali, quali il miglioramento delle condizioni
di vita e di lavoro e pongono poche disposizioni vincolanti: la libertà di circolazione dei lavoratori nei paesi della comunità, l’uguaglianza di remunerazione tra donne e
uomini, la creazione di un Fondo Sociale Europeo.
ART. 119
“Ciascuno Stato Membro assicura durante la prima tappa,
e in seguito mantiene, l’applicazione del principio della
parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e
quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.
Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente
articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo, e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro
al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo. La
parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul
sesso, implica:
a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro
pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di
misura;
b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a
tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale.”
Legge 75 / 1958 (legge Merlin) abolisce la regolamentazione della prostituzione
Legge 66 / 1963 ammette le donne a tutti i pubblici uffici
(compresa la magistratura) e a tutte le professioni (escluse
Polizia, Guardia di Finanza e Forze Armate).
Legge 7 / 1963 vieta il licenziamento per matrimonio e
rende nulle le cause di nubilato presenti nei contratti collettivi, individuali e nei regolamenti.
Legge 389 / 1963 istituisce la pensione volontaria per le
casalinghe.
70
Sintesi legislativa
Legge 898 / 1970 sullo scioglimento del matrimonio.
Legge 300 / 1970, conosciuta come Statuto dei lavoratori,
anche se non si rivolge esplicitamente alle donne, vieta
esplicitamente negli articoli 15 e 16 ogni atto o patto discriminatorio, sia esso individuale o collettivo.
Legge 1044 / 1971 per l’assistenza all’infanzia prevede
l’istituzione di asili-nido pubblici.
Legge 1204 / 1971 di riforma della legge sulla lavoratrice
madre (assicura un’efficace protezione fisica alle gestanti
e contiene la salvaguardia del posto di lavoro).
Legge 151 / 1975 di riforma del diritto di famiglia pone la
parità dei coniugi (viene sostituita la “patria potestà” con
la “potestà parentale”).
Legge 405 / 1975 istituisce i Consultori familiari.
Legge 698 / 1975 scioglimento delle funzioni dell’ONMI.
DIRETTIVA 75/117/CEE Introduce il concetto di uguale
retribuzione per lavoro di uguale valore, viene così superato il riferimento di “stesso lavoro”. Vengono definiti
criteri comuni nei sistemi di classificazione tra lavoratori
e lavoratrici.
DIRETTIVA 76/207/CEE Affronta il principio di parità di
trattamento tra uomini e donne per quanto concerne l’accesso al lavoro, la formazione, la promozione professionale e le condizioni di lavoro.
Legge Regione Lombardia n.44 del 6 settembre 1976
Istituzione del servizio per l’educazione sessuale e per la
procreazione libera e consapevole, per l’assistenza alla
maternità, all’infanzia , alla famiglia che prevede l’istituzione del consultorio a supporto delle donne e della
famiglia.
Legge 903 / 1977 parità di trattamento fra uomini e donne
in materia di lavoro, è presentata dalla Ministro del lavoro
Norme e leggi di parità e conciliazione
71
pro-tempore Tina Anselmi. In questa legge viene sancito
il divieto di discriminazione nell’accesso al lavoro, nella
formazione professionale, nelle retribuzioni, nell’attribuzione delle qualifiche e delle carriere professionali. Inoltre viene preclusa qualsiasi discriminazione basata sullo
stato matrimoniale, di famiglia, di gravidanza o attuato
mediante meccanismi di preselezione.
Legge 194 / 1978 tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza.
DIRETTIVA 79/7/CEE Riguarda la graduale attuazione
del principio di parità di trattamento tra uomini e donne
in materia di sicurezza sociale. Stabilisce l’eliminazione
delle discriminazioni per quanto riguarda i regimi relativi
a malattia, invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro, malattie professionali e disoccupazione.
Legge 121 / 1981 relativa all’ammissione delle donne nella nuova polizia di Stato.
Legge 442 / 1981 abroga la rilevanza penale della causa
d’onore come attenuante nei delitti.
RACCOMANDAZIONE 84/635/CEE Promuove le azioni
positive a favore delle donne. La filosofia di questa raccomandazione è stata recepita in Italia dalla legge 125/91
sulle azioni positive.
DIRETTIVA 86/378/CEE Introduce il principio di parità
di trattamento tra uomini e donne nel settore dei regimi
professionali di sicurezza sociale.
DIRETTIVA 86/613/CEE Applica il principio di parità tra
uomini e donne che esercitano un’attività autonoma,
comprese quelle del settore agricolo, nonché sulla tutela
della maternità.
Legge 546 / 1987 estende l’indennità giornaliera di gravidanza e puerperio alle lavoratrici autonome, coltivatrici
dirette, mezzadre, colone, artigiane ed esercenti attività
commerciali (attuando la direttiva CEE 86/613 dell’11 di-
72
Sintesi legislativa
cembre 1986 che recita “parità di trattamento tra uomini
e donne che esercitano un’attività autonoma e tutela della
maternità”).
DPR 268 / 1987 contempla la costituzione dei Comitati P.
O. all’interno della Pubblica Amministrazione.
Legge Regione Lombardia n.16 dell’8 maggio 1987 è una
legge di iniziativa popolare presentata ed elaborata dalle
donne per la tutela della partoriente e la tutela del bambino in ospedale.
Legge 400 / 88 sull’ordinamento della Presidenza del
Consiglio conferma la Commissione pari opportunità
come struttura di supporto della Presidenza sulle questioni femminili.
Legge 25 / 89 eleva a quaranta anni la data di partecipazione ai concorsi pubblici, come sollecitato dalla Commissione nazionale di parità per consentire anche alle
donne che non abbiano potuto dedicarsi ad attività lavorativa in età giovanile, perché impegnate in incombenze
familiari, di inserirsi nel mondo del lavoro.
Delibera 6 ottobre 89 del Consiglio della magistratura militare che consente alle donne l’accesso alla magistratura
militare.
Legge 979/90 sull’indennità di maternità per le libere
professioniste (sempre in attuazione della direttiva CEE
86/613).
Legge 379/90 sulla tutela della maternità per le libere professioniste.
Legge 164/90 norma la Commissione nazionale per la
parità e le pari opportunità tra uomo e donna presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri
Legge 125/1991 sulle Azioni positive per la realizzazione
delle pari opportunità nel campo del lavoro e introduce la
figura della Consigliera di Parità (viene introdotta la pro-
Norme e leggi di parità e conciliazione
73
blematica delle discriminazioni indirette).
Legge 166/91 sul trattamento economico delle lavoratrici
madri dipendenti da amministrazioni pubbliche.
Legge 215/92 sulle Azioni positive in favore della imprenditoria femminile.
DIRETTIVA 92/85/CEE Persegue il miglioramento della
sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.
Legge Regione Lombardia n.16 del 2 maggio 1992 e successive modifiche Istituisce la Commissione Regionale
per la realizzazione di Pari Opportunità tra uomo e donna, nominata dal Consiglio Regionale.
1993 TRATTATO DI MAASTRICHT Viene ribadito il principio di parità salariale tra lavoratori e lavoratrici. Prevede
la possibilità di azioni positive limitate alla parità di retribuzione.
Art 119
1.Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione dei
principio di parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un medesimo lavoro.
2.Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi dei presente
articolo, il salario o stipendio normale di base o minimo e
tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente,
in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore
in relazione al posto che quest’ultimo occupa. La parità
di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso,
implica:
a. che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro
pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di
misura;
b. che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a
tempo sia uguale per lo stesso posto di lavoro.
3. Il presente articolo non osta a che ciascuno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi
specifici intesi a facilitare l’esercizio di un’attività professionale da parte delle donne, ovvero a prevenire o com-
74
Sintesi legislativa
pensare svantaggi nella loro carriera professionale.
Legge 81 / 1993 in cui viene sancito l’obbligo per gli
enti comunali e provinciali di stabilire norme per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e
negli organismi collegiali, nonché negli enti, aziende
e istituzioni da essi dipendenti.
Legge 277 / 1993 per la Camera basata su collegi uninominali maggioritari per il 75% e una quota proporzionale del 25% che prevede l’alternanza fra uomini e
donne nelle liste.
Legge 236/93, art. 6 sul vincolo, nei licenziamenti
collettivi, di non effettuare espulsioni di lavoratrici in
misura percentuale superiore a quella del personale
femminile occupato nell’impresa delle medesime dimensioni e con interventi a favore delle lavoratrici madri durante la mobilità.
Decreto legislativo n. 29 / 1993, sulla parità e pari
opportunità sia per l’accesso al lavoro sia per il trattamento sul lavoro relativamente alla gestione delle
risorse umane (art.7) e sulla istituzione delle quote di
donne nelle commissioni di concorso, sulla pari dignità di uomini e di donne sul lavoro e sulla partecipazione delle dipendenti delle Pubbliche amministrazioni
ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale (art. 61).
Legge 332 / 1995, art.5 modifica l’art. 275, 4°c del
codice di procedura penale, prevedendo il divieto di
custodia cautelare in carcere di donne incinte o madri
fino al compimento del terzo anno d’età del figlio.
Legge 66 / 1996 sulla violenza sessuale. Essa classifica come reato contro la persona il reato di violenza
sessuale (che include sia la violenza carnale vera e
propria che gli atti di libidine violenti, di solito perpetrati nei confronti dei minori) così mutando la qualificazione della normativa precedente che lo definiva
reato contro la morale. In tal modo viene restituita di-
Norme e leggi di parità e conciliazione
75
gnità alla vittima, finalmente considerata “persona”, mentre si è cercato di punire il reato in modo tale (con pena
gradabile tra i tre e i cinque anni) che non fosse possibile
il patteggiamento, di modo che lo stupratore non restasse
sostanzialmente impunito.
Legge 52 / 1996 la normativa europea in tema di parità di
trattamento tra uomini e donne.
DL 645 / 96 recepisce la direttiva 92/85/CEE sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle
lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento solo per
quanto riguarda la parte relativa alla salute.
DIRETTIVA 96/34/CE Affronta il tema dei congedi parentali. E’ frutto del primo accordo sindacale europeo tra la
Confederazione Europea dei Sindacati (Ces), gli imprenditori privati (Unice) e gli imprenditori pubblici (Ceep).
RACCOMANDAZIONE 96/694/CE Affronta il tema della partecipazione delle donne e degli uomini al processo
decisionale.
Mozione n. 151 Approvata dal Consiglio della Regione
Lombardia nella seduta del 5 marzo 1996 Indirizzi regionali per l’elaborazione di codici di condotta contro le
molestie sessuali nei luoghi di lavoro della Lombardia– a
partire dalle pubbliche amministrazioni.
Direttiva del 7 marzo 1997 del presidente del Consiglio
dei ministri On. Romano Prodi, in favore di azioni volte a
promuovere l’attribuzione di poteri e responsabilità delle
donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e qualità
sociale a donne e uomini.
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 405
/ 1997 di istituzione ed organizzazione del Dipartimento
per le Pari Opportunità nell’ambito della Presidenza del
Consiglio.
Decreto del Ministro dell’Agricoltura istituisce l’Osservatorio nazionale per l’imprenditoria femminile ed il lavoro
76
Sintesi legislativa
in agricoltura.
Decreto del Ministro delle Pari Opportunità istituisce la
Commissione per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile e l’osservatorio per l’imprenditorialità femminile.
Legge 285 / 1997 sulla promozione di diritti ed opportunità per l’infanzia e l’adolescenza. Prevede servizi per
l’infanzia e sostegno della relazione genitori/figli.
1997 TRATTATO DI AMSTERDAM L’occupazione viene
considerata un interesse comune da perseguire attraverso
l’individuazione di obiettivi comuni, monitorati nel tempo attraverso l’introduzione di un Comitato consuntivo di
Coordinamento.
Il principio di parità si estende alla razza, all’origine etnica, all’handicap, all’età, alla tendenza sessuale.
Il trattato introduce il concetto di mainstreaming delle
pari opportunità (ogni politica dovrebbe misurare la propria efficacia sulla possibilità di divenire uno strumento
effettivo di riforma dello stato sociale).
Introduce giuridicamente le azioni positive.
DIRETTIVA 97/80/CE introduce l’inversione dell’onere
di prova; l’onere della prova nei casi di discriminazione
basata sul sesso ricade sulla parte convenuta, nel caso in
cui chi si ritiene leso abbia prodotto elementi di fatti dinanzi ad un organo competente.
DIRETTIVA 97/81/CE la direttiva recepisce l’accordo siglato dalle parti sociali Ces, Unice e Ceep sul tema del
part time. Propone di facilitare il part time su base volontaria, eliminando gli ostacoli al suo sviluppo, migliorandone la qualità ed evitando discriminazioni per chi lavora
a tempo parziale.
Legge 25 / 1999 l’art. 17 questa legge, al fine di adeguare la legge italiana alla sentenza della Corte di Giustizia
delle Comunità europee 4 dicembre 1997, abroga il divieto del lavoro notturno per le lavoratrici tessili (per le
Norme e leggi di parità e conciliazione
77
altre lavoratrici il divieto non operava già in precedenza),
escludendo però comunque dalla prestazione di lavoro
notturno le donne in stato di gravidanza fino ai tre anni di
età del minore, ovvero le lavoratrici con disabili a carico.
Legge 157 / 1999 in materia di rimborso delle spese elettorali. L’art. 3, comma 1 mira a favorire la partecipazione attiva delle donne nella vita politica, disponendo che
“ogni partito o movimento politico destina una quota pari
ad almeno il 5% dei rimborsi ricevuti per consultazioni
elettorali ad iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica”.
Legge 380 / 1999 riguarda l’istituzione del servizio militare volontario femminile e l’accesso delle donne a tutti
i ruoli, compresi quelli operativi e consente il raggiungimento dei più alti livelli di carriera in termini di assoluta
parità rispetto agli uomini.
Legge Regione Lombardia n.23 del 6 dicembre 1999 sostiene il valore sociale della maternità e paternità, sostiene
lo sviluppo dei consultori e promuove le reti di solidarietà
per la cura dei bambini, adolescenti, anziani e disabili.
Legge 53/00 prevede disposizioni per il sostegno della
maternità e della paternità (congedi parentali), per il diritto di cura e per il coordinamento dei tempi delle città.
Dl 196/00 disciplina l’attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e fornisce disposizioni in materia di azioni positive. Precedentemente tale materia era disciplinata
dalla legge 125/91, art. 10.
6 dicembre 2000
CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UNIONE
EUROPEA
ART. 1 DIGNITA’ UMANA
La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata
e tutelata.
78
Sintesi legislativa
ART. 21 NON DICRIMINAZIONE
E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in
particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convenzioni personali, le opinioni
politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una
minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
Nell’ambito dell’applicazione del trattato che istituisce
la Comunità Europea e del trattato sull’unione Europea
è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei
trattati stessi.
ART. 23 PARITA’ TRA UOMINI E DONNE
La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti
i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e
retribuzione.
Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a
favore del sesso sottorappresentato.
DIRETTIVA 2000/78/CE stabilisce un quadro generale
contro le discriminazioni fondate sulla religione/convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali. La direttiva chiarisce che l’atto di discriminazione non si caratterizza per l’intenzione di nuocere ma per la disparità di
un determinato comportamento.
DIRETTIVA 2002/73/CE La direttiva stabilisce che le molestie e le molestie sessuali costituiscono una forma di discriminazione basata sul sesso. Invito alla costituzione di
organismi di parità e alla definizione di piani annuali per
la parità sul luogo di lavoro. La molestia, viene definita
come una situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona
avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità della persona e creare un clima intimidatorio, ostile, degradante,
umiliante e offensivo.
20 febbraio 2003 il Parlamento Italiano approva la modifica dell’art. 51 della Costituzione. Al primo comma del-
Norme e leggi di parità e conciliazione
79
l’art. 51 viene aggiunto il seguente periodo: “A tale fine la
Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini”.
Legge n. 30 del 14 febbraio 2003 introduce nuove tipologie di contratti di lavoro e modifica l’applicazione del
part time.
D.lgs 9 luglio 2003, n. 215, ”attuazione della direttiva
2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”.
D.lgs 9 luglio 2003, n. 216, “attuazione della direttiva
2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.
D.lgs 31 luglio 2003, n. 226, art. 6, comma 2 e art. 7,
comma 1, “Trasformazione della Commissione Nazionale
per la Parità in Commissione per le Pari Opportunità tra
uomo e donna, a norma dell’articolo 13 della legge 6 luglio 2002, n. 137”.
D.M. 19 maggio 2004, n. 275, “Regolamento recante norme per l’organizzazione e il funzionamento della Commissione per le Pari opportunità tra uomo e donna”.
DIRETTIVA 2004/113/CE attua il principio della parità
di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda
l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura. Per beni si
dovrebbero intendere quelli disciplinati dalle disposizioni
del trattato che istituisce la Comunità Europea riguardanti
la libera circolazione delle merci, per servizi si dovrebbero intendere quelli disciplinati dall’art. 50 di tale trattato.
DIRETTIVA 2006/54/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del
principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e
impiego.
DIRETTIVA 2006/113/CE riguarda l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento
80
Sintesi legislativa
fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.
Decreto legislativo 198 /2006 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna” riordina tutta la legislazione sul
tema delle pari opportunità.
Provv. del Min. Lavoro e delle Politiche Sociali del 30
maggio 2006 (G.U. n. 160 del 12 luglio 2006), “Programma-obiettivo per la promozione della presenza femminile
nei livelli e nei ruoli di responsabilità all’interno delle organizzazioni, per il consolidamento di imprese femminili,
per la creazione di progetti integrati di rete”.
Legge 8 febbraio 2006, n. 54, “Disposizioni in materia
di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei
figli”.
Legge 296 del 27 dicembre 2006 comma 788 introduce
il congedo parentale per le lavoratrici e i lavoratori assunti con contratto atipico in relazione al parto, nonché nei
casi di adozione, affidamento.
Decreto legislativo 196 /2007 Attuazione della direttiva
2004/113/CE attua il principio della parità di trattamento
tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e
servizi e la loro fornitura.
2007 modifica art. 11
(L’UGUAGLIANZA FRA UOMINI E DONNE. PARI OPPORTUNITÀ) STATUTO DELLA REGIONE LOMBARDIA
1. La Regione riconosce, valorizza e garantisce le pari opportunità tra uomini e donne in ogni campo, adottando
programmi, leggi, azioni positive e iniziative atte a garantire e promuovere la democrazia paritaria nella vita sociale, culturale, economica e politica.
2. Al fine di conseguire l’equilibrio della rappresentanza
di donne e uomini negli organi elettivi, la legge regionale
stabilisce condizioni di parità per l’accesso alle liste nelle
consultazioni elettorali, ai sensi degli articoli 51 e 117,
comma settimo, della Costituzione.
3. La Regione promuove il riequilibrio tra entrambi i generi negli organi di governo della Regione e degli enti ed
Norme e leggi di parità e conciliazione
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aziende dipendenti e nelle società a partecipazione regionale per le quali siano previste nomine e designazioni di
competenza degli organi regionali.
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Oltre la parità: pari opportunità e conciliazione
sviluppocopertina 27-10-2008 11:52 Pagina 1
C
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Partner del progetto
“Oltre la parità:
pari opportunità e conciliazione”
A.S.L.
della Provincia di Varese
Comune di Samarate
Comune di Cardano al Campo
Comune di Gallarate
Comune di Gorla Maggiore
Comune di Lonate Pozzolo
Comune di Marnate
Colori compositi
L ’Albero di Antonia
circolo arci
Presidenza
Pari Opportunità
Norme e leggi
di parità
e conciliazione
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Norme e leggi di parità e conciliazione