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Giugno 2012
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Distribuito con:
Corriere della Sera (Sette)
In collaborazione con:
O.Ma.R.
Malattie Rare
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Europa e malattie rare:
dove stiamo andando
La rete nazionale delle
malattie rare, i passi
principali dal 2001 ad oggi:
quadro di riferimento
Farmaci orfani:
una risorsa da tutelare
foto: istockphoto
La diagnosi: arriva troppo
tardi, ma in molti casi si
potrebbe fare alla nascita
QUESTO SUPPLEMENTO E STATO REALIZZATO DA BOX MEDIA ITALIA. RCS NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL SUO CONTENUTO / WWW.BOXMEDIAITALIA.COM
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Malattie Rare
Giugno 2012
Pag. 2
Direttore Stampa
e Redazione
Box Media
Distribuzione
Corriere della Sera
(Sette)
Responsabile Edizione
Elisa Santoro
Diffusione
Nazionale
Layout
Giandomenico Pozzi
Stampa
RDS Webprinting
Sommario
Collaboratori
Paola Arosio
Giornalista specializzata nei settori
sanità e salute. Direttore
responsabile di Frammenti, rivista
dei farmacisti e manager del
Servizio sanitario nazionale,
e di Health Community, periodico
per i professionisti del settore
sanitario
Editoriale
I nuovi orizzonti della ricerca
pag. 3
Poliposi e prevenzione secondaria
del cancro del colon
pag. 4
Emofilia: durata
e qualità della vita oggi
pag. 5
Fibrosi polmonare idiopatica:
uno sguardo al femminile
pag. 5
Il Morbo di Addison sotto la lente
pag. 6
Cause, prevenzione
e terapia tradizionale
pag. 6
Epidemiologia, diagnosi
e nuove terapie
pag. 6
La parola ai pazienti
pag. 7
UNA COMETA
PER USCIRE DALL'OMBRA
Paola Arosio
Sara soffre di retinite pigmentosa. Ha trentadue anni e sa
che presto il flebile lumicino
che le consente di osservare il
mondo si spegnerà del tutto e
lei sprofonderà nel buio, probabilmente diventando del tut-
La rete nazionale delle malattie rare,
i passi principali dal 2001 ad oggi:
quadro di riferimento
pag. 8
Ricerca nel campo dei farmaci orfani pag. 8
Farmaci orfani, una risorsa
da tutelare
O.MA.R.
Quotidiano on line gratuito
dedicato al mondo
delle malattie rare
www.osservatoriomalattierare.it
pag. 9
La diagnosi: arriva troppo tardi,
ma in molti casi si potrebbe
fare alla nascita
pag. 10
Malattie autoinfiammatorie
di origine reumatologica
pag. 10
Osservatorio Malattie Rare
pag. 11
La Còrea di Huntington
pag. 11
to cieca. Laura invece è affetta
da fibrosi cistica. Ha il fiato corto, non riesce a correre, tossisce di continuo. Poi c'è Michele, diciassette anni, che ha dovuto fare i conti con la fenilchetonuria. È biondissimo, ha
gli occhi azzurri, a causa di una
carenza di melanina. Gli piace
ancora giocare con i soldatini,
mentre i suoi coetanei hanno
in mente solo il calcio e le ragazze. Ride, fatica a esprimersi
e, quando si vergogna, chiude
gli occhi convinto di diventare
invisibile. Storie di malattie rare. Storie di sofferenza, di dolore. Di fatica, di disabilità, ma
anche di coraggio e di lotta.
In alcuni casi, di speranza. Come quando si capisce che non
tutto è perduto, che qualcosa
si può ancora fare. Secondo
gli esperti, ad oggi queste patologie sono 7-8 mila: la maggior parte ha una base genetica, altre dipendono da infezioni o da cause degenerative,
altre ancora sono tumori. Quasi tutte sono gravi, con un impatto devastante sulla vita di
chi ne è colpito.
Vari i problemi aperti su questo fronte, che necessitano di
adeguate soluzioni in tempi
brevi. Il primo: il ritardo diagnostico. In molti casi, la diagnosi arriva dopo anni - talvolta decenni - dall'esordio dei
sintomi; una sorta di periodo
"sospeso" in cui il paziente è
portatore di domande urgenti
cui non viene data risposta. Il
secondo: le difficoltà di accesso alle terapie. I farmaci preposti a curare le malattie rare
sono stati battezzati come "orfani" perché le aziende farmaceutiche sono generalmente
restie a sviluppare queste molecole, poiché gli ingenti capitali investiti in ricerca e sviluppo
di norma non vengono recuperati. E anche quando qualche innovazione fa capolino in
questo settore, le cose non sono così semplici. Perché normativa e burocrazia spesso
fanno in modo che l'accesso
alle cure diventi un vero e proprio percorso a ostacoli, che
finisce con il penalizzare il cittadino-paziente. Il terzo: la
scarsità di informazione. Di
questi temi si parla poco. Troppo poco. Perché non fanno
notizia, perché non sono certo
di quelli che riempiono le prime pagine dei giornali. Eppure
una maggiore conoscenza farebbe bene a tutti: ai medici,
ai pazienti, ai familiari. Che
spesso brancolano nel buio, alla ricerca di una cometa che
possa guidare i loro incerti passi. Noi, nel nostro piccolo, abbiamo cercato di invertire la
tendenza, contribuendo a far
sì che queste malattie possano
uscire dall'ombra. Chissà che
anche il lumicino di Sara non
resti acceso. n
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Primo piano
EUROPA E MALATTIE RARE:
DOVE STIAMO ANDANDO
Prof. Bruno Dallapiccola
Direttore scientifico
dell'Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù di Roma
e coordinatore di Orphanet Italia
Il Consiglio d’Europa ha invitato i Paesi
membri a predisporre e adottare entro
il 2013 piani o strategie nazionali per
le malattie rare, basati sulle raccomandazioni del progetto EUROPLAN, coordinato dal Centro Nazionale Malattie
Rare dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’Europa raccomanda inoltre tutta una
serie di azioni volte a ottimizzare l’iniziativa: la codifica e la rintracciabilità
delle malattie rare nei sistemi informativi
sanitari e il loro riconoscimento nei sistemi di assistenza e rimborso; l’individuazione dei centri di competenza a livello nazionale e la loro partecipazione
alle reti europee; sostenere le migliori
pratiche di diagnosi e assistenza medica;
la formazione degli operatori, la condivisione di orientamenti sui test diagnostici e di screening, la consultazione
dei pazienti sulle politiche relative alle
malattie rare e il loro accesso alle informazioni aggiornate; le attività svolte
dalle associazioni dei pazienti, compresa
la sensibilizzazione, la formazione e lo
scambio di informazioni; la ricerca; la
sostenibilità a lungo termine delle infrastrutture create nel campo dell’assistenza, della ricerca e dell’informazione.
Per facilitare il raggiungimento di questi
obiettivi, la Commissione Europea ha
istituito EUCERD (European Union Committee of Experts on Rare Diseases), un
Comitato internazionale di esperti sulle
malattie rare, che collabora con le autorità europee competenti in materia
di sanità pubblica e ricerca, con i Paesi
membri e con gli altri portatori di interesse, nell’elaborazione e nell’attuazione
delle azioni comunitarie. Le attività di
EUCERD si concretizzano nella produzione di documenti che forniscono linee-guida per le azioni di indirizzo allo
sviluppo dei piani nazionali. Tra di essi,
sono particolarmente rilevanti quelli che
hanno definito i criteri per l’identificazione dei centri di competenza e per la
costruzione delle reti europee dei centri
di referenza. A queste attività si affiancano quelle svolte da Orphanet, il più
importante database a livello mondiale
per le malattie rare, ospitato in Italia
dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù,
che fornisce informazioni su oltre 3.000
malattie, compresa la loro prevalenza,
l’età media all’esordio e al momento
della morte, i segni clinici e le loro frequenze, i servizi specialistici, i centri di
competenza, i laboratori e i test diagnostici, i progetti di ricerca e le sperimentazioni cliniche, i registri dei pazienti
e delle mutazioni genetiche, le associazioni dei pazienti, i farmaci orfani.
Molte delle informazioni contenute nel
database sono estratte ed elaborate
sotto forma di documenti, che illustrano
specifiche attività e gli strumenti disponibili a livello europeo.
Un quadro complessivo dello stato dell’arte delle malattie rare negli stati membri viene pubblicato annualmente a cura
di EUCERD. I dati relativi all’Italia dimostrano che il nostro Paese è molto attivo
in questo settore, con una serie di eccellenze nel campo diagnostico-assistenziale e della ricerca, che vanta risultati
importanti, a fronte delle limitate risorse,
con una forte presenza del volontariato
e l’azione trainante delle associazioni.
In una prospettiva europea è necessario
che questo impegno sia coordinato a livello sopraregionale, per aumentare l’efficacia degli interventi e razionalizzare
le risorse. Un obiettivo strategico, che
dovrà essere fatto proprio dal piano nazionale delle malattie rare. n
MALATTIE DI FABRY E DI GAUCHER:
I VANTAGGI DEL TRATTAMENTO DOMICILIARE
La malattia di Fabry e la malattia di Gaucher sono due rare
patologie genetiche dovute all'assenza o alla ridotta attività
di due diversi enzimi presenti
nei lisosomi, veri e propri “centri di riciclo” della cellula. Si
tratta, in entrambi i casi, di patologie da accumulo lisosomiale che colpiscono sia i maschi
che le femmine con una frequenza che va da un caso su
117.000 a un caso su 100.000
nati vivi rispettivamente. Sia la
malattia di Fabry che la malattia di Gaucher causano limitazioni della funzionalità di diversi organi e apparati e conseguenti gravi ripercussioni sulla qualità di vita dei soggetti
colpiti.
Per entrambe le malattie è di-
sponibile una terapia che deve
essere protratta per tutta la vita del paziente. «I pazienti affetti da queste malattie ricevono la terapia enzimatica sostitutiva per via endovenosa
con una infusione ogni 14
giorni - spiega Bruno Bembi,
direttore del Centro di coordinamento per le malattie rare
della Regione Friuli Venezia
Giulia - che viene di norma effettuata in un ambulatorio
ospedaliero o nel distretto sanitario».
Ma oggi c'è anche un'altra
possibilità, molto comoda per
il paziente: effettuare il trattamento a casa propria, nel momento preferito e senza necessità di spostamenti. «Nel
caso di malattie che presenta-
no un decorso cronico, progressivo e degenerativo, riveste
particolare importanza la possibilità di spostare la terapia
dall’ospedale al domicilio conferma Bembi -, tanto più
che il trattamento domiciliare
è facile da attuare: in sostanza,
gli infermieri preposti si recano
a casa del paziente, posizionano la flebo e poi la rimuovono al termine dell'infusione». In particolare, il primo
servizio di terapia domiciliare,
Fabry@home, offerto gratui-
tamente da Shire dal 2008, ha
permesso a molti malati di essere curati a casa da personale
altamente specializzato e in
stretta collaborazione con il
centro clinico di riferimento.
Questo ha consentito di personalizzare il trattamento, eliminando gli inconvenienti in termini di tempo e di trasporto e
garantendo nel contempo
un’aderenza al trattamento del
98%. Dall’anno scorso, mediante il programma Gaucher@home, gli stessi vantaggi
vengono offerti anche ai pazienti affetti dalla malattia di
Gaucher. «La nostra azienda sottolinea Francesco Scopesi,
direttore generale di Shire Human Genetic Therapies - è fortemente impegnata nell'ambito
delle malattie rare con un unico
scopo: permettere alle persone
affette da gravi patologie rare
di condurre una vita migliore.
Per questo Shire considera la
realizzazione dei servizi Fabry@home e Gaucher@home
come il raggiungimento di un
grande traguardo, non solo per
i pazienti e i loro familiari, ma
anche per la comunità scientifica interessata». n
To be as brave as the people we help.
Il nostro impegno
nelle malattie genetiche rare.
Per ulteriori informazioni
www.shire.com
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Malattie Rare
Giugno 2012
Pag. 4
I NUOVI ORIZZONTI DELLA RICERCA
La ricerca sui tumori avanza a grandi passi. E apre
nuove prospettive di cura per i malati. Tra le nuove
frontiere, la personalizzazione e la target therapy, su
cui si stanno concentrando le più recenti sfide degli
scienziati.
In prima linea su questi temi è Nerviano Medical Sciences, maxi-polo di ricerca oncologica alle porte di Milano, in cui lavorano oltre 500 persone, di cui 170 ricercatori specializzati, e il cui azionista è attualmente
Regione Lombardia.
La vicepresidenza, con delega alla direzione scientifica
dell’istituto, è stata affidata a Carlo Maria Croce, Direttore dell'Istituto di Genetica dell'Ohio State University (OSU) e dello Human Cancer Genetics Program
dell'OSU Comprehensive Cancer Center, microRNA,
negli Stati Uniti, uno dei più apprezzati scienziati italiani
nel mondo, attualmente impegnato nello studio del
ruolo dei microRna nello sviluppo dei tumori.
«Ciò che si sta mettendo in atto in tutti i principali
centri che si occupano di salute è un approccio personalizzato alla terapia, che curi il malato in base alle
specifiche alterazioni genetiche presentate - spiega il
professore. Si tratta di un cambiamento epocale che
ha caratterizzato la medicina moderna, destinato a
riscuotere ampi consensi in futuro. Ci si aspetta che
dallo studio delle patologie rare e dalla dissezione molecolare delle malattie non rare si riesca a curare il
maggior numero possibile di malattie».
A Nerviano, nello specifico, l’obiettivo è quello di utilizzare la medicina molecolare per identificare le alterazioni coinvolte nello sviluppo dei tumori, in modo
da sviluppare poi farmaci specifici per determinati oncogeni, che codificano per enzimi coinvolti nella neoplasia. In tal modo, il farmaco è in grado di colpire e
uccidere solo le cellule che presentano specifiche alterazioni genetiche.
«La tendenza attuale - chiarisce Croce - è quella di
andare dall’impiego di farmaci adoperati su un ampio
numero di pazienti a farmaci più efficaci, il cui impiego
è però circoscritto a una frazione di malati.
L’impatto di questi ultimi medicinali sulla porzione di
pazienti trattati sarà rilevante». Fondamentale, soprattutto nel caso di tumori rari, come quello della cistifellea o come la leucemia promielocitica delle cellule
T, la rete di patologia, che «consente ai vari centri, sia
nazionali che europei, di collaborare tra loro al fine
di realizzare studi clinici su un’ampia casistica».
Quanto al futuro, Croce è ottimista, nonostante l’attuale crisi economica che ha ulteriormente ridotto i
già esigui finanziamenti destinati alla ricerca. «I risultati
degli ultimi anni sono stati eccezionali - sostiene -, il
progresso sta continuando in maniera accelerata. Ciò
che è necessario, sia in Italia che in Europa che negli
Stati Uniti, è il supporto alla ricerca, sia clinica che di
base. Una contrazione degli investimenti avrebbe un
effetto negativo sullo sviluppo di nuovi farmaci e sullo
studio della patogenesi delle varie malattie». n
POLIPOSI E PREVENZIONE SECONDARIA DEL CANCRO DEL COLON
Prof. Pier Alberto Testoni
Cattedra di Gastroenterologia,
Università Vita-Salute
San Raffaele, Milano
I polipi sono lesioni rilevate o
piatte della mucosa che interessano la superficie dell’intestino, costituite da cellule che
hanno uno sviluppo anomalo
e crescono progressivamente
nel lume intestinale. Queste lesioni sono presenti più frequentemente dopo i 50 anni di età,
sono localizzate per lo più a livello del colon e del retto, e vi
può essere una familiarità. I tipi
più frequenti di polipi sono
quelli iperplastici (infiammatori)
e neoplastici (adenomi); questi
ultimi, se non vengono asportati, crescono e possono evol-
vere in un adenocarcinoma
maligno, soprattutto nel colon
ascendente e nel retto, per cui
vengono definiti lesioni precancerose. L’unica arma in nostro possesso per prevenire il
cancro del colon è quindi l’individuazione e l’asportazione
dei polipi prima che questi diventino lesioni maligne. Ecco
perché è importante la preven-
zione secondaria, che viene oggi effettuata mediante la colonscopia ed i programmi di
screening regionali che ricercano il sangue occulto nelle feci
e sottopongono a colonscopia
i soggetti risultati positivi al
test; lo screening viene proposto alla popolazione dopo i 50
anni di età, ogni due anni, ed
ha significativamente ridotto
l’incidenza del cancro del colon
nella popolazione.
Nei casi in cui la colonscopia
non può essere effettuata, il
colon può essere indagato con
la videocapsula. La colonscopia
permette in un solo tempo di
individuare ed asportare i polipi, anche se molto voluminosi
o degenerati in un carcinoma
in fase iniziale. Gli interventi
utilizzati sono diversi, dalla polipectomia alla mucosectomia
ed alla più complessa dissezione sottomucosa, in base alla tipologia, volume e grado di infiltrazione del polipo. Oggi anche polipi voluminosi che fino
a qualche anno fa richiedevano
un intervento chirurgico con
asportazione di un tratto di colon possono essere asportati
per via endoscopica, lasciando
integro il colon.
Tuttavia, polipi piccoli o piatti
possono non essere visti alla
colonscopia, per cui la protezione verso il tumore non è totale.
Un’altra forma di prevenzione
secondaria che ha dato risultati
incoraggianti e potrebbe essere
attuata nei soggetti con rischio
elevato di polipi è la prevenzione farmacologica, o chemoprevenzione. E’ stato infatti dimostrato che l’aspirina ed i farmaci
antiinfiammatori non steroidei
(FANS) sono in grado di ridurre
del 30% lo sviluppo dei polipi;
questi farmaci hanno però effetti collaterali rilevanti se presi
continuativamente, per cui il
loro uso a scopo preventivo
non si è mai diffuso nella pratica clinica.
I fitoestrogeni (flavonoidi e lignani) al contrario non presentano effetti collaterali e studi
iniziali ne hanno documentato
un’efficacia analoga a quella
degli antiinfiammatori, per cui
vi sono motivate aspettative
su questa forma di chemoprevenzione, che potrebbe in un
futuro non troppo lontano essere usata come complemento
alla prevenzione secondaria
con colonscopia nei pazienti
ad elevato rischio di sviluppo
di polipi. n
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Focus
EMOFILIA: DURATA E QUALITÀ DELLA VITA OGGI
Prof. Massimo Morfini
Direttore dell'Agency for
Hemophilia & Regional Reference
Center for Inherited Bleeding
Disorders (direttore dell'agenzia
per l'Emofilia)
Azienda Ospedaliero-Universitaria
Careggi
Un tempo essere affetti da
emofilia significava avere
aspettative di vita ridotte e andare incontro a gravi sofferenze, sia per le emorragie, spontanee o dovute a traumi, che
per le conseguenze di queste,
altamente invalidanti, sulle articolazioni. L’uso di derivati del
sangue poco sicuri dal punto
di vista virale, ma necessari per
le terapie, esponeva inoltre al
rischio di infezioni anche gravi,
come HIV o Epatite.
“Negli ultimi 25 anni da quando cioè sono stati applicati i
metodi virucidici alla produzione dei concentrati di fattori
della coagulazione da plasma
umano, le aspettative di vita
e le condizioni cliniche degli
emofilici sono nettamente migliorate. I concentrati da biotecnologia, detti anche farmaci
ricombinanti, hanno subito numerosi miglioramenti, soprattutto in termini di stabilizzanti
e di qualità dei processi produttivi.
Oggi anche i concentrati da
biotecnologia, come i derivati
del sangue, sono sottoposti a
metodi di inattivazione virale,
per assicurare una completa sicurezza, cioè l’inattivazione di
eventuali virus animali infettanti le culture cellulari.
La disponibilità di concentrati
plasmatici sicuri e di concentrati da biotecnologia ha reso
più intensa la terapia sostitutiva dell’emofilia favorendo
una minore incidenza della temibile comorbidità caratteristica della malattia: l’artropatia
emofilica. Molti piccoli pazienti
adesso sono trattati in maniera
preventiva mediante la somministrazione regolare 2 o 3 volte
a settimana di adeguate dosi
di fatt.VIII o IX. I risultati della
profilassi primaria sono eclatanti: molti pazienti hanno potuto usufruire di uno sviluppo
muscolo-scheletrico del tutto
normale. Anche per loro è stato possibile praticare alcuni
sport, almeno quelli non traumatizzanti.
La profilassi secondaria, quella
cioè istaurata nell’adolescenza
o nell’età adulta quando le articolazioni sono già stata danneggiate dalle emorragie, determina una netta riduzione
degli episodi emorragici e un
evidente miglioramento della
qualità della vita. Rimane ancora non completamente risolto il problema della formazione
di anticorpi: più alto nell’emo-
filia A che nel tipo B.
Non è ancora stato definito
esattamente se tale rischio sia
minore con la somministrazione di concentrati da plasma
umano, che contengono anche il fattore von Willebrand,
in grado di ridurne la immunogenicità.
Tuttavia, anche per i pazienti
che hanno sviluppato l’inibitore, la disponibilità del Complesso protrombinico attivato o del
Fatt.VII attivato ricombinante
ha permesso un buon trattamento degli episodi emorragici
e la possibilità di effettuare interventi chirurgici in precedenza proibitivi per l’elevato rischio
emorragico”. n
Fibrosi polmonare idiopatica: uno sguardo al femminile
Una malattia che toglie il respiro.
E che colpisce, oltre agli uomini,
anche tante donne. Costrette,
magari, ad abbandonare il posto
di lavoro, ad abdicare al ruolo di
madri e di care giver, a rinunciare
alla vita sociale. Obbligate a essere accudite, anziché ad accudire. Si tratta della fibrosi polmonare idiopatica, una forma di polmonite interstiziale nella quale le
piccole sacche d'aria dei polmoni,
gli alveoli, vengono gradualmente sostituite da tessuto fibroticocicatriziale.
Una patologia rara, progressiva,
idiopatica, ovvero di origine igno-
ta. «È difficile far accettare alle
donne una diagnosi tanto grave
e invalidante - spiega Paola Rottoli, responsabile dell'Unità operativa complessa di Malattie respiratorie e trapianto polmonare dell'Azienda Ospedaliera
Universitaria Senese, responsabile del Centro
di riferimento regionale
per le interstiziopatie
polmonari e coordinatrice regionale per le malattie rare
del polmone. Alcune si sentono
negare la propria femminilità, il
ruolo di donne e la possibilità di
essere ancora di aspetto gradevole. Nonostante la malattia prevalga negli uomini, ci sono anche
molte donne che ne sono affette.
Soprattutto nei casi di
fibrosi familiare, il genere femminile non viene risparmiato».
Non a caso, la ricerca
nel centro toscano si
focalizza anche su questo particolare tipo di
fibrosi, senza tralasciare
la ricerca di biomarcatori delle fasi accelerate di malattia, studi di
proteomica, ricerche sulla necessità di ossigeno sotto sforzo. Pur-
troppo, la malattia ha prognosi
infausta: il tasso di sopravvivenza
a cinque anni dalla diagnosi è pari al 20%, con un tempo medio
di sopravvivenza compreso tra i
2 e i 5 anni. Per fortuna, a fronte
di queste difficoltà, oggi per i malati c’è una nuova speranza terapeutica: il pirferidone, un farmaco per uso orale, indicato per
il trattamento di adulti con una
diagnosi di fibrosi polmonare
idiopatica di entità da lieve a moderata.
La molecola, approvata dall’Agenzia europea del farmaco
(Ema) il 28 febbraio del 2011, in
Italia viene fornita ai centri di riferimento ospedalieri da maggio
del 2011, grazie a una procedura
speciale di uso compassionevole,
chiamata Named patient programme (NPP).
Attualmente sono state attivate
22 strutture in 12 regioni, con
una copertura da nord a sud, incluse le isole, di tutto il territorio
nazionale. «Finalmente per la fibrosi polmonare idiopatica qualcosa si sta muovendo - commenta Rottoli -. Lo scenario di domani
sarà più roseo rispetto a quello
di ieri. Sia per gli uomini, che per
le donne». n
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Pag. 6
Dossier
IL MORBO DI ADDISON SOTTO LA LENTE
Prof. Ezio Ghigo
Presidente della Società italiana
di endocrinologia (Sie)
La malattia di Addison è determinata dalla compromissione
della funzione secretoria delle
ghiandole surrenali che abitano
l'addome e si collocano sopra
l'apice superiore renale. Esse
producono numerosi ormoni, il
più noto dei quali è il cortisolo,
necessario per la vita. Un altro
ormone prodotto è l'aldosterone, un cortisonico che si occupa
nello specifico di regolare il trattenimento di acqua e sali. In
questa patologia si crea una di-
struzione ghiandolare che compromette la produzione di questi
due ormoni, cui conseguono disturbi rilevanti. Si tratta di una
malattia rara, ma che annovera
comunque numerosi casi.
CHI È ADDISON
La malattia prende il nome da
Thomas Addison, medico inglese
(Longbenton 1793 - Brighton
1860), professore di materia medica e poi di medicina, che per
primo identificò e descrisse la
patologia nel 1849; il suo contributo ha costituito una significativa premessa all'avvento dell'endocrinologia.
I suoi lavori sono stati riuniti sotto il titolo A collection of the published writings.
IMPATTO DELLA MALATTIA
La patologia è grave, si sviluppa
lentamente nel tempo e non diventa immediatamente incompatibile con la vita. In casi molto
CAUSE, PREVENZIONE E TERAPIA TRADIZIONALE
Corrado Betterle,
Professore di Immunologia Clinica
all'Università di Padova e Specialista
in Endocrinologia e in Medicina
Interna. Unità Operativa
di Endocrinologia dell'Azienda
Ospedaliera Universitaria di Padova
Le cause del morbo di Addison sono
varie. La principale, presente nell'8590% dei casi, è oggi nei Paesi industrializzati quella autoimmune, caratterizzata da una autoaggressione da
parte del sistema immunitario nei con-
La predizione della malattia è
possibile nella forma autoimmune,
dato che gli anticorpi
possono comparire anche
dieci anni prima
dello sviluppo della malattia
fronti della corteccia del surrene. In
questo caso, i soggetti nascono con
una predisposizione genetica a perdere
la tolleranza verso organi del proprio
corpo, uno dei quali è proprio il surrene. La seconda causa, assai meno fre-
quente (circa il 10%), è quella tubercolare, in cui i pazienti colpiti molti anni
prima dalla tubercolosi sviluppano nel
tempo un'insufficienza bilaterale del
surrene. Altre cause, però rare (1-2%
dei casi), sono le infezioni virali, i tumori, le malattie infiltrative, le patologie
genetiche, le malattie vascolari, l’asportazione chirurgica dei surreni.
Per acclarare le cause, il primo esame
da effettuare è un prelievo di sangue
che consente di dosare gli autoanticorpi
contro il surrene o contro la 21-idrossilasi. In caso di esito positivo siamo
EPIDEMIOLOGIA, DIAGNOSI E NUOVE TERAPIE
Alberto Falorni,
Ricercatore Universitario
di Endocrinologia al Dipartimento
di Medicina Interna dell'Università
di Perugia
La frequenza del morbo di Addison nella popolazione generale
varia da 120 a 140 casi per milione di abitanti, ovvero circa una
persona ogni 7500. Si tratta di
dati generati in Italia e nel Nord
Europa, soprattutto Norvegia. In
Europa la malattia è considerata
ufficialmente rara, mentre in Italia
la patologia di per sé non è considerata tale, ma lo diventa se associata ad altre malattie autoimmuni. Nei due terzi dei casi il
morbo di Addison è infatti associato a patologie autoimmuni, come malattie della tiroide (presenti
nel 40-50% dei pazienti), diabete
di tipo 1 (15-20%), insufficienza ovarica
(15-20%), ma anche gastrite cronica, vitiligine, morbo celiaco.
120/140
una persona ogni
7-8 mila
I SINTOMI
Tra i sintomi della
malattia si annoverano profonda stanchezza, dimagrimento
correlato a perdita di appetito, ipotensione (abbassamento della pressione arteriosa),
scurimento della pelle, che risulta
abbronzata, e delle mucose (come gengive, labbra, lingua), delle
pliche palmari e delle cicatrici di
nuova formazione (per questo un
tempo la malattia veniva anche
definita "morbo bronzino"), irregolarità delle mestruazioni, desi-
derio di cibi salati. In fase avanzata compaiono anche vomito e
dolori addominali. I segni di laboratorio sono invece riduzione
del sodio, aumento del potassio,
alterazioni del calcio.
LA DIAGNOSI
Trattandosi di una malattia rara,
casi per milione
La frequenza
del morbo di Addison
nella popolazione
generale varia
da 120 a 140 casi
per milione di
abitanti, ovvero una
persona
ogni 7-8 mila.
la diagnosi non è facile: per questo talvolta si incorre in un ritardo
diagnostico che è molto pericoloso per questi pazienti. In particolare, la sintomatologia può
essere erroneamente attribuita
ad altre patologie, come gastroenteriti oppure sindrome ansioso-depressiva. Per la diagnosi è
innanzitutto fondamentale considerare il morbo di Addison come possibile causa di questi disturbi, ed eseguire poi un prelievo di sangue al mattino a digiuno
per il dosaggio di due ormoni:
cortisolo e ACTH. In presenza di
malattia, si riduce il primo (inferiore a 5 microgrammi per decilitro) e aumenta il secondo (supera i 100 picogrammi per millilitro).
Un altro modo per acclarare la
diagnosi quando si ha un forte
sospetto clinico e l'ACTH è aumentato ma il cortisolo è ancora
superiore a 5 è effettuare un test
di stimolazione, iniettando per
via endovenosa l'ACTH sintetico
in modo da stimolare il cortisolo.
Se il valore di quest'ultimo è inferiore a 20 microgrammi per decilitro dopo mezz'ora - un'ora dal
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dare incontro a un rischio di
morte rapida.
rari, le ghiandole surrenali
possono smettere improvvisamente di funzionare, ad esempio per cause emorragiche: si verifica così uno stato di emergenza, dal momento che si può an-
LA FUNZIONE DELL'ACTH
La malattia si caratterizza per
una iperpigmentazione cutanea, determinata dal
fatto che quando la
funzione surrenalica viene meno, il "governatore" della funzione dei surreni che
risiede nell'ipofisi e si
certi che la causa del morbo di Addison
è un’aggressione autoimmune. In caso
di esito negativo, si può procedere con
una TAC del surrene ed con ulteriori
indagini per definire la possibile altra
causa.
PREDIZIONE E PREVENZIONE
La predizione della malattia è possibile
nella forma autoimmune, dato che gli
autoanticorpi sopra menzionati possono comparire nel sangue anche molti
anni prima dello sviluppo della malattia.
In caso di positività di tale esame del
sangue, il soggetto viene considerato
a rischio futuro del morbo di Addison
e la malattia potrebbe manifestarsi nel
corso degli anni, in caso di negatività
chiama Acth (ormone adrenocorticotropo) aumenta per cercare di stimolare una funzionalità che non riesce più a rispondere adeguatamente.
Proprio tale incremento è il segnale che i surreni non funzionano. L'Acth ha però anche la
caratteristica di pigmentare la
cute, perciò i pazienti che hanno
i surreni primitivamente lesionati
nel tempo diventano abbronzati,
apparendo, a un occhio non
esperto, perfino in salute.
IL TRATTAMENTO
TRA PASSATO E FUTURO
La terapia consiste nel somministrare al paziente per via orale o
per via iniettiva gli ormoni che il
surrene non produce. In passato,
tra Ottocento e Novecento, chi
soffriva di queste patologie moriva, per mancanza di ormoni di
sintesi; nel tempo la medicina e
la farmacologia endocrina sono
riuscite a sintetizzare il cortisone
e tanti analoghi del cortisolo rendendo possibile la somministra-
invece la patologia non si svilupperà
mai. Stabilita la positività, il paziente
viene monitorato con continuità presso
il centro di riferimento, che annualmente lo sottopone alla valutazione funzionale del surrene in modo da verificare un eventuale inizio di malattia.
I test di valutazione ormonale includono l’ACTH, il cortisolo palsmatico o
salivare, la reninemia, che in caso di alterazione sono indicatori di progressione verso la malattia. L'utilità del riscontro di tali autoanticorpi nei soggetti sani è dunque quella di poter effettuare una diagnosi precoce in coloro che stanno progredendo verso la malattia, per iniziare tempestivamente la cura appro-
test significa che si è in presenza
di insufficienza del surrene.
La parola ai pazienti
LE TERAPIE INNOVATIVE
Importanti innovazioni riguardano la terapia con idrocortisone.
I preparati ad oggi disponibili,
che hanno una durata di azione
di 6-7 ore, non consentono di riprodurre fedelmente l'andamento del cortisolo durante la giornata. In concreto, causano alti e
bassi nei livelli di questo ormone,
che provocano una riduzione
della qualità della vita, oltre a
possibili effetti negativi a lungo
termine. I nuovi preparati, che
consistono in idrocortisone a rilascio modificato, hanno l'obiettivo di riprodurre piu’ fedelmente
rispetto ai prodotti a rilascio immediato la normale variazione
durante il giorno della concentrazione del cortisolo nel sangue.
Uno di questi farmaci e’ stato
di recente approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco. n
Michela Mutti
presidente dell'Associazione Italiana
Pazienti Addison (Aipad)
L'Associazione Italiana Pazienti Addison
(Aipad) è nata nell’autunno del 2003 su
iniziativa di alcuni malati. Ha attualmente
due sedi: Mestre (Venezia) e Usmate Velate
(Monza Brianza).
I suoi obiettivi sono vari: raggiungere, informare e sostenere il maggior numero
possibile di pazienti; diffondere le conoscenze circa la malattia ai medici di famiglia
e all’opinione pubblica; informare gli specialisti e i medici di pronto soccorso in modo da cercare di velocizzare la diagnosi,
supportare i pazienti nella gestione quotidiana della malattia, per quanto riguarda
reperimento dei farmaci, esenzioni, domanda di invalidità.
Per raggiungere tali scopi, vengono periodicamente organizzati incontri con medici
di medicina generale, infermieri e specialisti
in endocrinologia e immunologia clinica.
Queste riunioni, aperte ai pazienti e ai loro
familiari, sono gratuite. Inoltre, all’interno
del sito dell'associazione (www.morbodiaddison.org) vi è un forum aperto a tutti,
in cui i pazienti si possono confrontare,
scambiare informazioni e supportare a vicenda.
È stato anche pubblicato e
diffuso vario materiale informativo. In particolare, il manuale Vivere con il morbo di
Addison, scritto dal professor
Corrado Betterle di Padova,
il referente scientifico di Aipad. Più recentemente è stato pubblicato con il patrocinio della SIE un piccolo libretto in dieci lingue, SOS Addison crisis , finalizzato alla
gestione delle emergenze, utile per chi
viaggia e per i pazienti stranieri in Italia.
L’Aipad collabora da anni con le altre associazioni europee e internazionali di pa-
zione dall'esterno degli ormoni
che i pazienti non sono più in grado di produrre. Ci si è poi accorti
che le funzioni naturali sono le
migliori, perciò è importante somministrare una terapia che sia il
più possibile simile agli ormoni del
corpo umano. Studi recenti hanno
consentito la formulazione di cortisolo rilasciato con dinamiche somiglianti a quelle fisiologiche: un
vantaggio e una importante opportunità terapeutica per la salute
dei pazienti. n
priata spesso salvavita. Inoltre, per
quanto riguarda il futuro, il tentativo è
quello di modificare la storia naturale
dei pazienti impedendo l'evoluzione
verso la malattia clinica.
LA TERAPIA TRADIZIONALE
Il paziente affetto da morbo di Addison presenta un'insufficienza
della corteccia del surrene, che
di conseguenza non produce
più il cortisone e l’aldosterone, due ormoni fondamentali per il benessere
dell'organismo e per la vita stessa
della persona. Per sopravvivere quindi
il paziente deve sostituire il cortisone
e l’aldosterone mancanti. n
zienti con morbo di Addison. In Italia è
inoltre attiva la collaborazione con Società
italiana di endocrinologia (Sie), Associazione medici endocrinologi (Ame), Associazione nazionale infermieri endocrinologia (Anied).
Le aspettative per il futuro riguardano principalmente il problema della diagnosi, che con una sempre maggiore informazione dovrebbe essere formulata più velocemente,
migliorando la qualità di vita dei
pazienti. Importante è anche
agevolare la procedura di invalidità per i malati che, a livello
nazionale, non ottengono sempre il giusto riconoscimento. Infine, per proseguire l'attività, è fondamentale il 5 per mille.
Ci si augura davvero che venga mantenuto senza decurtazioni nei prossimi anni,
in quanto rappresenta la principale fonte
di sostentamento. n
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Malattie Rare
Giugno 2012
Pag. 8
Primo piano
LA RETE NAZIONALE DELLE MALATTIE RARE, I PASSI PRINCIPALI DAL 2001 AD OGGI:
QUADRO DI RIFERIMENTO
Ilaria Vacca
redattrice di Osservatorio
Malattie Rare
Le malattie rare colpiscono in Italia quasi 2 milioni di persone: sono oltre 7.000 diverse patologie,
ognuna interessa al massimo lo
0,05% della popolazione, quasi
l’80% dei casi sono infantili. Prese
singolarmente interessano pochi
ma nell’insieme rappresentano
un problema rilevante, tanto che
l’Italia già nel 2001 si è data una
legge quadro: il D.M 279. E’ qui
che viene identificata la lista delle
patologie esenti da ticket, istituita
la Rete nazionale per la prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia e il Registro Nazionale. La
modifica del titolo V della Costituzione, entrata in vigore poco
dopo la 279, dando alla Regioni
delle competenze in materia, ne
ha un po’ complicato l’applicazione: dalle decisioni e risorse delle singole regioni derivano oggi
trattamenti non uniformi.
LE PATOLOGIE ESENTI
L’allegato A della 279/2011 individuava una lista di malattie –
poco più di 500 - esenti da ticket. Il decreto prevedeva che
ogni tre anni la lista fosse rivista
e aggiornata,ciò non è mai avvenuto e costituisce oggi un problema. Nel 2008 l’ex ministro
Turco fece preparare una lista di
109 malattie rare da inserire, ma
non copertura finanziaria.
LA RETE
Dal 2001 ad oggi le Regioni han-
no individuato i Centri di riferimento regionali e la rete dei presidi, consultabile sia nel portale
del Centro Nazionale delle Malattie Rare dell’ISS (CNMR) che
su Orpha.net. C’è dunque stata
una prima organizzazione al sistema, certamente utile; si discute oggi di come questo potrebbe
essere ottimizzato. Sul modello
da adottare non vi è ancora piena condivisione e questo è uno
dei punti che dovranno essere
affrontati dal prossimo Piano Nazionale per le Malattie Rare
(PNMR)
I REGISTRI
DELLE MALATTIE RARE
L’avvio dei Registri è stato complesso, bisognava trovare la piena collaborazione delle Regioni,
costruire un sistema uniforme di
gestione e raccolta dei dati e lavorare concretamente, con delle
risorse, ai registri. Negli ultimi anni i frutti si stanno vedendo, alcune regioni hanno registri soddisfacenti, ne sono nati di interregionali e anche quello nazionale si sta arricchendo: nel 2011
ha censito in Italia 485 diverse
patologie. Si tratta di uno strumento fondamentale sia per capire meglio le singole malattie
sia per allocare le risorse a disposizione.
LE ASSOCIAZIONI PAZIENTI
Le associazioni pazienti pur non
avendo ancora un vero e proprio
ruolo decisionale nelle politiche
sanitarie sono state fin dall’inizio
attori fondamentali. La difficoltà
per i malati rari ad incontrare altri
nella stessa situazione, la poca
conoscenza di queste patologie
e delle procedure ad esse legate
ha reso le associazioni un punto
di riferimento fondamentale per
la difesa dei diritti dei pazienti e
la promozione di azioni di sostegno. A livello europeo la principale organizzazione è Eurordis:
sua è la gestione delle iniziative
annuali per la ‘giornata delle malattie rare’ e tante campagne di
sensibilizzazione. In Italia operano anche Uniamo FIRM onlus,
nata nel 1999, la federazione di
associazioni che rappresenta l’Italia in Eurordis, e la più recente
Consulta Nazionale delle Malattie Rare (CNdMR), anche questo
un organismo che ha decine di
associazioni federate. n
RICERCA NEL CAMPO DEI FARMACI ORFANI
Da sempre Kedrion collabora per diffondere e migliorare gli standard terapeutici
internazionali e per questo considera fondamentale la sua divisione Ricerca e Sviluppo. Un impegno particolare è dedicato alla ricerca di farmaci plasmaderivati
specifici per patologie rare legate a gravi
deficit congeniti e per le quali non esiste
ancora alcun farmaco autorizzato. Tra
queste la Ipoprotrombinemia, causata
dalla carenza di Fattore II e la Congiuntivite Lignea, una rara forma di congiuntivite cronica che può portare alla cecità,
associata al deficit di Plasminogeno. Nel
2006 Kedrion, in collaborazione con una
struttura ospedaliera italiana di rilievo,
sviluppa e mette a disposizione un prodotto “per uso compassionevole” per la
cura di questa particolare congiuntivite
ed ottiene la designazione di farmaco
orfano nel 2007.
Sulla base dei risultati preliminari ottenuti
presso due centri italiani, Kedrion si è
impegnata a portare avanti lo sviluppo
clinico del prodotto al fine di mettere a
disposizione quanto prima il farmaco per
tutti i pazienti che ne hanno necessità,
secondo quanto previsto dalle normative.
Lo studio clinico, che sarà condotto in
centri dislocati in Italia e negli Stati Uniti,
partirà dopo l’estate e si prevede che si
concluderà intorno alla metà del 2014.
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Da sapere
FARMACI ORFANI, UNA RISORSA DA TUTELARE
I farmaci orfani sono in pericolo. E, insieme a loro, anche tutti i pazienti affetti
da malattie rare. L’allarme riguarda l'articolo 17 della Legge di stabilizzazione
finanziaria (cosiddetto decreto Salva Italia) del 15 luglio 2011, che mette a carico delle aziende farmaceutiche il 35%
del ripiano dell’eventuale eccedenza rispetto al budget di spesa per i farmaci
ospedalieri in fascia H.
Una misura che pone a rischio il futuro
accesso alle terapie, dal momento che
il tetto, definito in origine dalla legge finanziaria del 2008, è insufficiente rispetto alle necessità. Un esempio è quello
di azacitidina, un farmaco orfano innovativo in grado di offrire un significativo
vantaggio di sopravvivenza ai pazienti
affetti da sindromi mielodisplastiche ad
alto rischio, al momento senza alternative terapeutiche.
Nel 2010 la molecola ha fatturato circa
19 milioni di euro; se fosse stato in vigore il decreto, l'azienda produttrice
avrebbe dovuto restituire il 17,5% circa
del fatturato.
Una diminuzione significativa dei profitti,
con possibili ripercussioni, anche sui livelli occupazionali. A fronte della normativa, per limitare l’impatto negativo,
le aziende potrebbero essere costrette
a interrompere la fornitura di farmaco
al raggiungimento del budget assegnato
dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa)
e, in futuro, a non registrare i propri farmaci in Italia, obbligando medici e pazienti a importare i medicinali dall'estero.
«È doveroso mantenere alta l'attenzione
sul tema delle malattie rare – dichiara
Paola Binetti, membro della 12esima
commissione Affari sociali – anche considerando che, dal punto di vista terapeutico, la gestione di queste patologie
è condizionata dall’accesso ai farmaci
orfani. I tagli lineari sono sommamente
ingiusti, occorre mettere in atto specifiche misure legislative, fiscali, economiche, normative affinché i pazienti vengano tutelati.
Giustizia significa trattare condizioni diseguali in maniera differente, in modo
da garantire un elevato grado di civiltà
al Paese. Per questo occorrono interventi
effettivi, in grado di assicurare soluzioni
ai pazienti. In quest'ottica i farmaci orfani, considerato che rispondono a un
bisogno di salute pubblica, dovrebbero
avere degli incentivi anche a livello na-
zionale, in aggiunta a quelli già esistenti
a livello europeo, in modo da stimolarne
ulteriormente lo sviluppo».
In Italia, dove si stima che le persone af-
fette da malattie rare siano circa due milioni, i farmaci orfani disponibili, rimborsati dal Servizio sanitario nazionale e utilizzati in ambito ospedaliero, sono 31
(dato di giugno 2011) e complessivamente hanno costituito una spesa, nel
periodo giugno 2010 - maggio 2011 di
325,2 milioni di euro. n
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Malattie Rare
Giugno 2012
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Da sapere
LA DIAGNOSI
ARRIVA TROPPO TARDI, MA IN MOLTI CASI SI POTREBBE FARE ALLA NASCITA
Ilaria Vacca
redattrice di Osservatorio
Malattie Rare
Secondo i dati diffusi da Eurordis almeno il 25% delle malattie rare viene diagnosticata in
ritardo e il 40% dei pazienti ha
ricevuto almeno una diagnosi
errata nella vita. Eppure alcune
malattie possono essere individuate già prima della nascita,
o appena dopo il parto.
LA DIAGNOSI PRENATALE
La diagnosi prenatale è l’insieme delle indagini che permettono di monitorare lo stato di
salute e di benessere del feto
durante la gravidanza con una
serie di test. Le Linee Guida sulla Gravidanza Fisiologica, redat-
te dal Ministero della Salute nel
2011, specificano che non tutti
i test prenatali sono obbligatori. Alcuni controlli, specie
quelli invasivi, vanno effettuati solo in seguito alla valutazione attenta dei singoli
casi. Fondamentale è in tal
senso la consulenza genetica,
che può aiutare i genitori a capire se e in che misura la propria storia personale e familiare
possa mettere a rischio la gravidanza. Solo in seguito la coppia potrà accedere ad analisi
mirate, senza sottoporre il nascituro a rischi inutili.
LO SCREENING NEONATALE
Dal 1992 in Italia è obbligatorio
lo screening neonatale per 3
malattie rare: fenilchetonuria,
4 Lo screening allargato a tutta la popo-
lazione neonatale è di assoluto vantaggio in termini di rapporto costo-beneficio.
Si stima che con lo screening allargato
possa essere identificato 1 nuovo neonato affetto ogni 1500 nuovi nati.
4 Un solo neonato affetto da deficit
metabolico di MCAD con validità
permanente può costare alla Sanità
Pubblica fino a 350.000 euro all'anno.
ipotiroidismo congenito e fibrosi
cistica, da effettuarsi nei primi
giorni dopo la nascita, con un
piccolissimo prelievo di sangue.
Si tratta di esami non invasivi
che segnalano la possibilità della malattia ed indirizzano ad indagini più specifiche, permettendo il trattamento terapeutico
tempestivo e la prevenzione di
danni irreversibili. Lo screening
può essere effettuato anche per
altre malattie, in particolare ma non solo - quelle che hanno
origine da un difetto del metabolismo. Si parla in questo caso
di screening allargato, attualmente non obbligatorio.
LO SCREENING ALLARGATO
Questo potrebbe teoricamente
riguardare molte malattie rare
MALATTIE AUTOINFIAMMATORIE
DI ORIGINE REUMATOLOGICA
metaboliche ereditarie. Già oggi se ne possono individuare
più di 50 ma il test viene effettuato solo da pochissime regioni. L’opportunità di allargare lo
screening è al centro di un ampio dibattito etico, che discute
se sia opportuno diagnosticare
malattie che insorgeranno solo
in età adulta o che non possono essere curate.
IL DIBATTITO ETICO
“Che lo screening allargato a
tutta la popolazione neonatale
sia un assoluto vantaggio in termini di rapporto costo-beneficio, nel 2012 non può più essere fonte di dubbio. - Spiega
il Dott. Giancarlo La Marca della
Clinica di Neurologia Pediatrica
del Meyer di Firenze - Si stima
CAPS
Criopyrin
Associated Periodic
Syndrome
Un farmaco già approvato per le CAPS presenta importanti prospettive
per l’artrite idiopatica giovanile sistemica e le TRAPS
Prof. Alberto Martini
Direttore Dipartimento
di Pediatria Università di Genova II
Pediatria, Reumatologia,
IRCCS G. Gaslini, Genova
Le CAPS sono febbri periodiche rare, di
origine genetica che colpiscono una persona su un milione, pari a circa 6.500
pazienti in tutto il mondo.
Con l’acronimo CAPS (Criopyrin-Associated Periodic Syndrome) si identificano
la sindrome autoinfiammatoria familiare
indotta da freddo, la sindrome di Muckle-Wells, la sindrome CINCA/NOMID,
che sono causate dall’alterazione della
produzione di criopirina.
A causa della mutazione genetica alla
base delle CAPS, l’organismo del paziente è indotto ad attivare una risposta
infiammatoria incontrollata; è come se
fosse in un perenne stato d’infiammazione e basta l’esposizione a tempera-
ture un po’ più basse per fare scatenare
i sintomi che, nelle forme lievi, includono
quasi sempre febbre, rash cutanei, infiammazioni agli occhi e che si ripropongono ad intervalli variabili per tutta
la vita.
Come per molte malattie genetiche
l’esordio dei sintomi avviene in età pediatrica, nelle forme più gravi fin dalla
nascita. L’impatto sulla vita del bambino
diventa rilevante specie in età scolare.
Anche nella forma più lieve delle CAPS
vengono limitate le normali attività di
un bimbo, come per esempio la possibilità di giocare all’aperto. Nelle forme
più gravi, la presenza di febbri o cefalee
ricorrenti e persistenti, possono creare
difficoltà al piccolo paziente, limitando
le occasioni di socializzazione. In alcuni
casi, la cefalea severa può anche compromettere il sonno notturno.
L’identificazione del ruolo giocato dall’interleuchina 1 nello stato di infiam-
mazione cronica di questi pazienti, ha
portato alla definizione di una molecola
che legandosi a questa proteina ne regola la produzione. Canakinumab, approvato in Italia dal 2011 per tutte e
tre le forme di CAPS, interviene in modo
mirato sull'interleuchina 1β e agisce, in
sostanza, come una sorta di “inibitore”
che blocca le manifestazioni della patologia in modo rapido e duraturo; oltre
a neutralizzare la citochina, proteina che
promuove il processo infiammatorio, il
trattamento ne riduce anche la produzione, per cui la quantità di interleuchina
1β nell’organismo del paziente con
CAPS viene riportata entro i parametri
di normalità.
Recentemente questa stessa molecola
si è dimostrata efficace anche contro
l’artrite idiopatica giovanile sistemica,
la forma più complessa delle artriti idiopatiche giovanili, ottenendo in uno Studio ad hoc la remissione completa nel
TRAPS
Tumor necrosis factor
receptor associated
periodic syndrome
ARTRITE
IDIOPATICA
GIOVANILE
SISTEMICA
30 per cento
della popolazione trattata e nel
60 per cento dei
pazienti che hanno avuto una risposta positiva alla terapia
E un ulteriore Studio che ha coinvolto i
pazienti affetti da sindrome periodica
associata al recettore del fattore di necrosi tumorale (TRAPS), ha evidenziato
come, grazie all’uso di questa molecola,
il 95% dei pazienti abbia ottenuto dopo
quindici giorni di trattamento una significativa riduzione dei sintomi legati alla
rara sindrome febbrile periodica. Sulla
base di questi incoraggianti risultati e
del profilo di sicurezza e tollerabilità, il
farmaco verrà presentato alle autorità
regolatorie entro il 2012 per l’artrite
idiopatica giovanile sistemica e a seguire
anche per le TRAPS. n
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che con lo screening allargato
possa essere identificato 1 nuovo neonato affetto ogni 1500
nuovi nati. Un solo neonato affetto da deficit metabolico di
MCAD non diagnosticato allo
screening, ma la cui diagnosi
viene fatta dopo la manifestazione clinica della malattia e
che sopravvive con invalidità
permanente, può costare alla
Sanità Pubblica fino a 350.000
euro all'anno, con i quali può
essere effettuato lo screening
di una intera regione italiana.
Personalmente non ho dubbi
che questa forma di medicina
preventiva debba obbligatoria-
mente essere estesa a tutti i
neonati italiani con una decisione imposta dal governo centrale.
Tuttavia se questo non fosse
possibile, e se ogni regione decidesse di creare un centro per
lo screening allargato, la cosa
più importante sarebbe comunque che ogni neonato italiano
potesse usufruire del servizio
evitando che ci siano bimbi fortunati e bimbi non. Come si
spiega ad una mamma che se
suo figlio fosse nato in una regione diversa da quelle in cui
si effettua lo screening allargato
sarebbe vivo e sano?"n
OSSERVATORIO MALATTIE RARE
Disseminare informazione corretta e comprensibile sul tema delle malattie rare, sensibilizzare
sull’argomento e far emergere tanto le problematiche aperte quanto i progressi, le buone
prassi e le eccellenze.
E’ questa la sfida del quotidiano on line O.Ma.R
– Osservatorio Malattie Rare (www.osservatoriomalattierare.i) fondato nel settembre 2010.
L’idea di partenza era rendere disponibili e facilmente comprensibili, alla portata di un pubblico ampio, le ultime novità scientifiche nell’ambito delle malattie rare.
La risposta, tanto dei pazienti che dei medici,
è andata oltre le migliori aspettative. In poco
tempo O.Ma.R si è dimostrato una fonte di
informazioni affidabili anche per i media, dalle
agenzie di stampa alle trasmissioni radio televisive e non di rado dalle sue notizie sono
nate interrogazioni parlamentari e regionali.
Le tematiche si sono allargate; oltre alle notizie
scientifiche si trattano ora anche politiche
sociali e sanitarie, questo grazie all’aiuto offerto
che Nomos Centro Studi Parlamentari (www.nomoscsp.eu).
Attualmente, grazie a queste sinergie, Osservatorio Malattie Rare pubblica circa 40 notizie
a settimana, invia la propria newsletter ad
oltre 20 mila contatti e ha mediamente 30.000
accessi al mese.
Se oggi è possibile offrire informazioni sempre
aggiornate e risposte veloci alla maggior parte
delle domande dei pazienti, aiutare le associazioni nella loro comunicazione e offrire ai
grandi media un database di notizie fruibili, il
merito va anche al coraggio di aziende che
hanno compreso l’importanza di sostenere la
corretta informazione in maniera non vincolante.
E’ anche grazie a loro se oggi Osservatorio
Malattie Rare può essere al fianco dei pazienti
e al tempo stesso dare lavoro a un numero
crescente di persone, giornalisti e non solo:
un risultato non trascurabile in questo momento
di crisi economica. n
LA CÒREA DI HUNTINGTON
Ferdinando Squitieri
direttore dell'Unità di Neurogenetica
all'Ircss Istituto Neurologico
Mediterraneo Neuromed di Pozzilli
Isernia
La Còrea di Huntington è una malattia
neurodegenerativa ereditaria rara, che
presenta una progressione invalidante.
Ha una causa genetica conosciuta, identificabile con un test molecolare e riconoscibile attraverso la sintomatologia.
In particolare, i sintomi sono disturbi del
comportamento (cambiamenti di personalità, rigidità di pensiero, alterazioni
dell'affettività); disturbi del movimento,
caratterizzati dalla cosiddetta Còrea, un
movimento involontario incontrollabile
degli arti o del tronco, che pregiudica
la coordinazione; declino intellettivo fino
alla demenza.
La malattia si sviluppa intorno ai quarant'anni circa e viene trasmessa con un
criterio autosomico dominante, ovvero
un individuo trasmette alla prole la patologia indipendentemente dal sesso e
i figli hanno il 50% di probabilità di ereditarla. La Còrea di Huntington ha una
frequenza di circa 10 persone per
100mila abitanti, quindi si stima che in
Italia vi siano circa 6mila individui ammalati e altri 20mila a rischio di malattia.
LA DIAGNOSI
La diagnosi basata sui sintomi viene formulata dal neurologo. Purtroppo la malattia può essere confusa con altre patologie più note, come la schizofrenia
o la malattia di Alzheimer. In caso di sintomatologia dubbia, il test genetico è
lo strumento che consente di porre una
diagnosi certa.
La malattia può anche essere diagnosticata prima che i sintomi si manifestino
attraverso un test presintomatico sul
Dna, che evidenzia la predisposizione
genetica di andare incontro alla patologia.
LA TERAPIA
Negli ultimi anni si dispone di trattamenti sintomatici efficaci, che possono
migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Occorre curare il disturbo del comportamento con le varie molecole presenti
oggi sul mercato, mentre bisogna essere
molto cauti nell'agire sui disturbi del
movimento perché i farmaci potrebbero
in questo caso ulteriormente pregiudicare il benessere dei malati a causa degli
effetti collaterali. È anche possibile intervenire con terapie sperimentali innovative: oggi i pazienti si possono inserire
all'interno delle sperimentazioni attraverso l'organizzazione di network internazionali.
Anche l'Istituto Neuromed è incluso nella rete che consente ai pazienti di testare
i nuovi trattamenti farmacologici. Inoltre,
in questa struttura i familiari del malato
possono beneficiare del contatto con
associazioni di famiglie, dato che l'istituto stesso è sede dell'Associazione italiana Còrea di Huntington (numero verde 800076693, lunedì e giovedì dalle
9.30 alle 14). n
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Innovazione e responsabilità, al servizio del paziente
Leader mondiale nell’area della salute,
Novartis è fortemente impegnata nella ricerca
e nello sviluppo di farmaci e soluzioni d’avanguardia per curare le malattie, ridurre il carico
delle sofferenze e migliorare la qualità di vita
delle persone. Con l’obiettivo prioritario di
soddisfare i bisogni dei pazienti, rispettando
le attese e i diritti di tutti i suoi interlocutori,
Novartis si adopera per gestire le proprie
attività in modo sostenibile dal punto di vista
sociale, ambientale ed economico. Attraverso
il suo costante orientamento all’innovazione e
il suo approccio responsabile alle esigenze
della salute, Novartis è un punto di riferimento affidabile per milioni di persone, in
Italia e nel mondo.
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