MANUALE AD USO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
PER LA GESTIONE CONSAPEVOLE DELLE NICS * ‐‐‐‐‐‐‐‐‐ ‐‐‐‐‐‐‐‐‐ THE PUBLIC ADMINISTRATIONS AND THE
RESPONSIBLE MANAGEMENT OF NICS * * NICS = Non‐Indigenous Crayfish Species (specie di gambero di fiume non native) SUMMARY NOTE: THE FINAL VERSION OF THE HANDBOOK WILL WE PUBLISHED IN ITALIAN AND ENGLISH GESTIONE DELLE SPECIE DI GAMBERI ALLOCTONE INVASIVE IN REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA ................. 2 Massimo Zanetti ............................................................................................................................................ 2 GESTIONE DELLE NICS (NON‐INDIGENOUS CRAYFISH SPECIES): UNA SFIDA PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI .......................................................................................................................................... 10 Alberto F. Inghilesi, Francesca Giovannelli & Laura Aquiloni ...................................................................... 10 Diffusione della peste del gambero in Friuli Venezia Giulia: impatto di Procambarus clarkii sulle popolazioni gambericole autoctone e implicazioni sanitarie del suo consumo alimentare ............................................... 23 Tobia Pretto & Amedeo Manfrin ................................................................................................................. 23 BiOACCUMULO DI INQUINANTI IN Procambarus clarkii ................................................................................. 26 Daniele Cassin & Francesco Acri .................................................................................................................. 26 METODICHE INNOVATIVE PER IL CONTENIMENTO DI Procambarus clarkii .................................................... 31 Piero Giulianini ............................................................................................................................................ 31 1 GESTIONE DELLE SPECIE DI GAMBERI ALLOCTONE INVASIVE IN
REGIONEFRIULIVENEZIAGIULIA
MassimoZanetti
Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia Via Colugna, 3 ‐ 33100 Udine email [email protected] INQUADRAMENTO NORMATIVO Le motivazioni che inducono ad affrontare il problema della invasione dei nostri ambienti da parte delle specie alloctone di gamberi sono fondamentalmente legate agli impatti che queste specie possono avere sulla conservazione delle specie presenti da sempre nei nostri corsi d’acqua, sulla salute dell’uomo e sul mantenimento degli equilibri degli ecosistemi. È quindi importante comprendere in quale contesto normativo è possibile inquadrare questa problematica. Austropotamobius pallipes e A. torrentium sono specie di gamberi d’acqua dolce presenti nel nostro territorio e tutelati dalla direttiva 92/43/CEE, nota come direttiva Habitat. Le due specie sono elencate nell’allegato II della direttiva, tra le specie che richiedono la designazione di zone speciali di conservazione. A. torrentium è anche definita specie prioritaria per la estrema localizzazione del suo areale, che in Italia è limitato ad alcuni siti della nostra regione. I gamberi d’acqua dolce presenti da sempre nei corsi d’acqua della regione sono quindi specie di interesse comunitario. La direttiva 92/43/CEE è stata recepita in Italia con DPR 357/1997, istitutivo della rete Natura 2000 e contenente, tra l’altro, anche il divieto di introduzione in natura delle specie non locali. Tale normativa impone alle Regioni di adottare le possibili misure per mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente le specie di interesse comunitario e di provvedere al monitoraggio delle loro popolazioni. In Friuli Venezia Giulia la materia è stata disciplinata con la legge regionale 7/2008 che ha stabilito le procedure per la redazione delle misure di conservazione e dei piani di gestione dei siti appartenenti alla rete Natura 2000: i Siti di importanza comunitaria (SIC), destinati a divenire Zone speciali di conservazione (ZSC) e le Zone di protezione speciale (ZPS), legate queste ultime alla tutela dell’avifauna. 2 L’articolo 8 di questa legge regionale dispone che i monitoraggi faunistici all’interno di tali siti siano realizzati dalla Regione, anche avvalendosi degli Enti regionali, tra cui l’Ente tutela pesca, e altri soggetti appositamente incaricati. Nei siti della rete Natura 2000 sono previste specifiche misure di conservazione, finalizzate ad evitare il degrado degli habitat e la perturbazione delle specie che hanno motivato l'individuazione dei siti stessi. L’articolo 10 ne disciplina l’iter di approvazione e individua anche i criteri per la redazione dei piani di gestione, atti di pianificazione ambientale ritenuti necessari per alcune aree, che prevalgono sulle disposizioni contrastanti eventualmente contenute in altri strumenti di regolamentazione e pianificazione urbanistica. Al momento della redazione del presente documento risultano approvate le misure di conservazione per i 24 Siti della regione biogeografica alpina, approvate con Delibera della Giunta regionale 2494/2011 e pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione il 28/12/2011, nonché i piani di gestione di pochissimi SIC, poco rilevanti per la conservazione dei gamberi. Sono invece in via di approvazione definitiva le Misure di conservazione dei Siti della regione biogeografica continentale. Di seguito si riportano i passaggi più rilevanti e significativi, ai fini della conservazione di gamberi, delle Misure di conservazione sinora approvate. Ai fini di una maggior comprensione, si precisa che le Misure di conservazione sono organizzate in Misure trasversali, che si applicano a in tutti i SIC, ed in Misure di conservazione per habitat, per specie vegetali e per specie animali che si applicano nei SIC in cui l’habitat o la specie sono ufficialmente segnalati. Inoltre sono raggruppate per tipologia di attività (Infrastrutture, Zootecnia e agricoltura, Caccia, Pesca, Turismo, e strutturate nelle seguenti categorie: • RE Regolamentazioni ‐ Hanno carattere cogente, la violazione comporta una sanzione, devono essere concertate ed in linea con le normative di settore vigenti • GA Gestione Attiva ‐ Linee guida, programmi d’azione o interventi diretti • IN Incentivi ‐ Attività che devono trovare copertura finanziaria all’interno di strumenti già esistenti (FEASR, FESR, FEP, LIFE) • MR Monitoraggi ‐ Obbligo di Direttiva; in attesa di linee guida ministeriali e di un programma regionale di monitoraggio • PD Programmi Divulgativi ‐ Piani di divulgazione, sensibilizzazione e formazione 3 Tra le MISURE DI CONSERVAZIONE TRASVERSALI, valide per tutti i SIC:  nella tipologia “PESCA” è prevista la misura di Gestione attiva: “Definizione di programmi di eradicazione progressiva di specie acquatiche alloctone o non naturalmente presenti nei corpi idrici naturali e in ambienti interessati da siti di riproduzione di anfibi e che mettano a rischio la conservazione di fauna e flora autoctone. Il programma di eradicazione va valutato in relazione alla possibilità di concreta reintroduzione di specie autoctone, in particolare nel caso dell’eradicazione locale della trota fario a favore della trota marmorata”  nella tipologia “INDIRIZZI GESTIONALI E DI TUTELA DELLE SPECIE E HABITAT” è prevista la misura di regolamentazione (RE): “Divieto di cattura, immissione, allevamento e detenzione di crostacei decapodi alloctoni” nonché le misure di gestione attiva (GA) : “Definizione da parte dell’ente gestore del Sito tramite Piano di gestione, Valutazione di incidenza o parere motivato di: ‐ specie alloctone e invasive e delle aree oggetto di eradicazione ‐ aree in cui, a seguito del contrasto alle specie alloctone, sia opportuno o necessario provvedere con interventi di restocking ‐ progetti/azioni di rafforzamento delle popolazioni esistenti o di reintroduzione per specie vegetali o animali di interesse conservazionistico.  nella tipologia “MONITORAGGI” sono previste le misure di monitoraggio (MR): “Monitoraggio delle specie di allegato II della Direttiva Habitat secondo modalità e criteri definiti dal Programma regionale di monitoraggio degli habitat e delle specie Natura 2000” e “Monitoraggio delle specie floristiche e faunistiche alloctone secondo modalità e criteri definiti dal Programma regionale di monitoraggio degli habitat e delle specie Natura 2000” Tra le MISURE DI CONSERVAZIONE PER SPECIE ANIMALI, per i CROSTACEI (Austropotamobius pallipes (Gambero di fiume) e Austrapotamobius torrentium (Gambero di torrente), compresi negli elenchi dell’ Allegati II e V della Direttiva 92/43/CEE, tra le misure di gestione attiva (GA) sono previsti: “Programma di conservazione ex situ (riproduzione, restocking)” e “Azioni di contrasto anche preventivo alla diffusione di gamberi alloctoni, ed eventuale ripopolamento con specie autoctone”. Secondo le Misure di conservazione per la regione biogeografica alpina, quindi, nei siti Natura 2000 interessati, è attualmente vietata la cattura, immissione, allevamento e detenzione di 4 crostacei decapodi alloctoni (tra cui P. clarkii). Sono inoltre definite linee di indirizzo per le attività di monitoraggio delle popolazioni autoctone di gamberi di fiume nonché di quelle alloctone di gamberi invasivi e per gli interventi di gestione attiva consistenti nell’eradicazione delle specie alloctone e nel rafforzamento di quelle autoctone, anche mediante restocking. Tali misure, direttamente correlate alle attività del progetto Rarity, sono al momento recepite integralmente anche nelle proposte di Piani di gestione e di Misure di conservazione della regione biogeografica continentale, attualmente in via di redazione, benché con la precisazione che tali misure si applicano alle specie di gamberi appartenenti ai generi Procambarus, Cherax, Orconectes, Pacifastacus. La tutela diretta delle specie di gamberi d’acqua dolce è stata altresì disposta con la legge forestale regionale, la n. 9/2007 che ha definito ‐con il relativo regolamento di attuazione approvato con DPreg. 07/2009‐ i gamberi appartenenti ai generi Austropotamobius e Astacus come specie di interesse regionale. Per tali specie, quindi, vigono ‐ai sensi dell’art. 59 di tale legge‐ i divieti di cattura, uccisione intenzionale, perturbazione durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo o durante l'ibernazione e lo svernamento, distruzione delle uova, danneggiamento intenzionale dei siti di riproduzione, scambio il commercio, la detenzione. Tali divieti si riferiscono a tutte le fasi del ciclo biologico delle specie animali di interesse regionale. La legge regionale 9/2007 h altresì previsto una sanzione per la violazione di tali divieti, da 25 a 500 euro, da applicarsi per ciascun esemplare e in misura triplicata per le specie prioritarie. Le normative sopraccitate sono perlopiù dirette a tutelare le specie autoctone di gamberi da comportamenti che potrebbero minacciare in modo diretto la conservazione delle loro popolazioni. È tuttavia evidente che la diffusione delle specie alloctone invasive rappresenta un fattore di minaccia indiretto sul quale è necessario intervenire per perseguire il medesimo obiettivo di conservazione delle specie locali. Anche grazie alle attività e agli approfondimenti curati nell’ambito del progetto RARITY, con la legge regionale n. 27/2012, è stato introdotto l’articolo 6 bis della legge regionale 19/1971 concernente la tutela del gambero di acqua dolce tramite la gestione del problema della diffusione delle specie alloctone invasive. Tale articolo individua l’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia quale struttura competente a promuovere ed attuare iniziative di prevenzione e di contrasto alla diffusione delle specie invasive 5 di gamberi. A tal fine l’ETP deve provvedere a predisporre un Piano d'azione in cui sono individuate: a) le specie invasive di gamberi di acqua dolce e le aree interessate dalla loro diffusione; b) le aree nelle quali si attuano interventi per contenere tali specie; c) le aree nelle quali si attuano interventi per eradicare le medesime; d) le tipologie degli interventi e i protocolli operativi per il monitoraggio delle specie invasive e per la prevenzione dei rischi correlati. Le previsioni del Piano d'azione costituiscono linee guida per la gestione della fauna ittica nelle acque interne del territorio regionale e per la sua attuazione l'Ente Tutela Pesca promuove accordi con altri enti pubblici o con soggetti privati senza fini di lucro. Al fine di rendere efficace l'azione di prevenzione e contrasto alla diffusione delle specie invasive di gamberi la norma in parola vieta la cattura a scopo di pesca sportiva e di mestiere, nonché l'immissione e il rilascio in natura di esemplari vivi appartenenti alle specie medesime. La violazione di tale divieto è punita con una sanzione amministrativa da 25 euro a 500 euro per ogni esemplare di specie invasiva. Gli esemplari oggetto della violazione sono sempre confiscati. Data la recente promulgazione di questa legge al momento non è ancora stato elaborato il Piano d’azione. ETP: LE COMPETENZE L’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia è stato istituito con legge regionale 19/1971. È un ente regionale al quale sono stati affidate le funzioni di assumere o promuovere iniziative rivolte ad assicurare la tutela e l'incremento del patrimonio ittico regionale, di concorrere nelle opere di semina e di ripopolamento ittico, di svolgere attività didattico‐divulgativa, di effettuare studi ed indagini in materia di pesca e di ittica nonché di svolgere attività di sperimentazione anche ai fini della disciplina per la immissione di specie ittiche autoctone. Tra queste vi sono certamente i gamberi d’acqua dolce, dei quali l’ETP si occupa sin dalla sua istituzione. Nel corso di questi anni l’ETP ha finanziato o partecipato a diverse esperienze di studio, allevamento e monitoraggio dei gamberi, che hanno prodotto le seguenti pubblicazioni: Giorgio De Luise, 2003 – I crostacei d’acqua dolce in Friuli Venezia Giulia. ETP editore, Udine: 1‐
31. 6 Giorgio De Luise, 2006 – I crostacei decapodi d’acqua dolce in Friuli Venezia Giulia. Recenti acquisizioni sul comportamento e sulla distribuzione nelle acque dolce della Regione. Venti anni di studi e ricerche. ETP editore, Udine: 1‐91. Giorgio De Luise, 2010 – Il gambero rosso della Louisiana. Aspetti eologici, biologici e gestionali in Friuli Venezia Giulia. ETP Editore, Udine: 1‐52. …….. Nell’ambito dello svolgimento di tali funzioni l’ETP ha presentato a bando nella call 2010 del Programma Life+ il progetto “Eradicate invasive Louisiana red swamp and preserve native white clawed crayfish in Friuli Venezia Giulia ‐ Rarity” in qualità di beneficiario coordinatore. Tale progetto si prefigge l’attuazione di iniziative di contrasto alla diffusione del gambero rosso della Louisiana, specie invasiva, e lo sviluppo di attività di tutela dei gamberi di fiume autoctoni del Friuli Venezia Giulia. La Commissione europea ha ammesso al cofinanziamento il progetto Rarity, di durata triennale dal 1° settembre 2011 al 31 agosto 2014, individuandolo con il numero "LIFE 10 NAT/IT/000239". Nell’ambito di tale progetto ETP provvede a realizzare alcune importanti attività, anche grazie alla collaborazione con un nutrito gruppo di volontari che assicurano con la loro professionalità la possibilità di intervento su vasta scala: 1. Monitoraggi In 216 stazioni distribuite su tutto il territorio regionale le popolazioni di gamberi (autoctoni e alloctoni) vengono studiate tramite metodi standardizzati che si basano sulla cattura, marcatura e ricottura mediante l’impiego di nasse a doppio inganno. I transetti vengono visitati giornalmente per una settimana a stagione al fine di raccogliere quanti più dati possibile sulle popolazioni astacicole. I gamberi catturati vengono marcati e misurati. Viene anche prelevato un piccolo campione di tessuto per le analisi genetiche. 2. catture massive Tra gli obiettivi del progetto vi è l’arresto della diffusione del gambero rosso della Louisiana. A tal fine la strategia di Rarity è basata sul contenimento numerico delle popolazioni già affrancate mediante catture massive, sterlizzazione, incentivazione della predazione naturale. Per quanto invece le nuove popolazioni sono stati messi a punti appositi protocollo di risposta 7 rapida, di cui si dirà oltre, al fine di intervenire tempestivamente nelle stazioni di nuova colonizzazione. Tutti gli esemplari catturati, salvo quelli necessari per le analisi genetiche, sono conferiti all’Istituto zooprofilattico sperimentale delle venezie per il loro smaltimento . 3. allevamento ETP ha attivato due impianti di allevamento, uno a San Vito al Tagliamento (PN) ed uno ad Amaro (UD) per la produzione in ambiente artificiale, di circa 16000 esemplari l’anno di A. pallipes che verranno utilizzati per ripopolare le acque di alcuni SIC della regione. Anche presso l’acquario di Ariis di Rivignano (UD), dell’ETP vi sono degli incubatoi artificiali per la schiusa delle uova di gambero e vi sono vasche con animali della specie nostrana e quelli di specie invasiva utilizzati per iniziative di tipo divulgativo e formativo. LA GESTIONE DELLE SPECIE INVASIVE In attesa della definizione del Piano di azione, di cui all’articolo 6 bis della legge regionale 19/1971 e utile alla gestione del problema, attualmente la gestione delle specie invasive di gamberi è affidata alle iniziative del progetto Rarity. Sono in particolare due le attività di progetto rilevanti per la gestione delle specie invasive: il monitoraggio e la catture massive. Il primo è effettuato dal personale volontario ETP sotto lo stretto coordinamento della struttura centrale. Si applicano idonei protocolli di intervento al fine di standardizzare le operazioni e rendere in questo modo confrontabili i dati raccolti in momenti e siti differenti. Tali protocolli sono disponibili nel sito web del progetto: http://www.life‐rarity.eu/images/pdf/monitoraggio/protocolli_monitoraggio.pdf, anche in versione sintetica per le uscite sul campo: http://www.life‐
rarity.eu/images/pdf/monitoraggio/guida_attivita_campo_unifi.pdf. Con questa attività è possibile tenere monitorata la porzione di territorio occupata dall’espansione delle specie invasive, capire lo stato di salute dei gamberi e raccogliere informazioni ambientali rilevanti per la gestione. La seconda è un attività tesa a mantenere la popolazioni a densità basse e controllate, per scongiurare la colonizzazione di nuovi territori e limitare gli impatti ambientali. 8 Le catture massive rappresentano un sistema di contenimento di efficacia relativa se effettuate quale unica forma di gestione delle popolazioni, soprattutto se applicate a quelle già insediate e consolidate. Diverso è il caso di nuove colonizzazioni. Nei siti di nuova occupazione, infatti è particolarmente rilevante garantirsi la possibilità di intervenire tempestivamente nel tentativo di attrarre nelle nasse, che andranno quindi innescate con alimenti particolarmente attrattivi, il maggior numero di individui possibile, nell’evidente intenzione di raggiungere l’obiettivo dell’eradicazione. A tal fine sono stati predisposti appositi protocolli di risposta rapida (http://www.life‐
rarity.eu/images/pdf/monitoraggio/Protocolli%20di%20risposta%20rapida.pdf) che consentono, ricevuta una nuova segnalazione, di verificarne l’attendibilità, di monitorare la situazione e di reagire prontamente mediante la cattura di più esemplari possibile in un arco di tempo ristretto. Affinché possano essere attivate tali procedure e l’intervento possa avere l’efficacia sperata, è quindi rilevante che presso l’ETP arrivino tempestivamente le segnalazioni di presenza di gambero rosso della Louisiana, di altre specie non autoctone di gamberi o di tracce e segni della loro possibile presenza (esuvie, chele, tane,…). A questo proposito si rileva che improvvise e consistenti morie di gamberi di fiume possono essere indice della presenza di afanomicosi o peste del gambero, una malattia veicolata da P. clarkii, e possono quindi essere considerate indice di presenza della specie alloctona. Le segnalazioni possono essere inoltrate ad ETP, complete delle informazioni essenziali per poterne accertare la attendibilità: data, luogo esatto, specie, tipologia di ritrovamento (chele, resti, animali vivi, tane..), nome e numero di telefono del segnalatore. A tal fine è possibile fare riferimento al recapito dell’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia, via Colugna 3, 33100 Udine tel. 0432.551211, fax 0432.482474, mail: [email protected]. 9 GESTIONE DELLE NICS (NON‐INDIGENOUS CRAYFISH SPECIES):
UNASFIDAPERLEPUBBLICHEAMMINISTRAZIONI
AlbertoF.Inghilesi,FrancescaGiovannelli&LauraAquiloni
Dipartimento di Biologia Università degli Studi di Firenze Via Romana, 17 ‐ 50125 Firenze email [email protected] INTRODUZIONE L’introduzione di specie alloctone invasive è un fenomeno in continuo aumento che sta causando impatti sugli ecosistemi e sulle attività economiche ed è un problema che le Pubbliche Amministrazioni (PA) si trovano sempre di più ad affrontare. Facendo riferimento alle linee guida della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), una strategia di gestione delle specie alloctone deve basarsi su un approccio gerarchico che preveda innanzitutto la prevenzione di nuove introduzioni e, successivamente, l’eradicazione delle specie introdotte o il monitoraggio e il controllo delle specie ormai diffuse. Tuttavia, sebbene la prevenzione di nuove introduzioni costituisca l’azione più valida, sia in termini economici che di efficienza dei risultati, non è sempre possibile impedire l’ingresso di nuove specie. Spesso le specie vengono rilevate quando ormai non si può più intervenire in maniera opportuna, ovvero quando la popolazione ha raggiunto numeri troppo elevati o possiede un areale di distribuzione troppo esteso. Per tale motivo una efficace strategia di gestione delle specie alloctone invasive deve puntare soprattutto a migliorare le capacità di rilevamento dei primi nuclei delle specie, in modo tale che le nuove specie vengano rapidamente individuate e sia possibile effettuare, in tempi altrettanto rapidi, una valutazione del rischio in base alla quale pianificare le azioni da intraprendere per arginare il fenomeno. Le PA, a vario livello, si trovano a fronteggiare solitamente il problema “specie alloctone”, come le Non‐Indigenous Crayfish Species (NICS) e Procambarus clarkii in particolare, a danno conclamato, nel momento in cui pervengono agli Uffici ambiente, caccia e pesca, agricoltura, autorità di bacino, protezione civile o altri, segnalazioni, da parte di personale tecnico o cittadini, di danni esercitati da queste specie. Queste segnalazioni possono essere di vario tipo, ad esempio: ‐ semplici cittadini segnalano la presenza di gamberi in piscine o stagni nei giardini privati; ‐ agricoltori o vivaisti che si occupano di piante acquatiche rilevano impatti su piante coltivate; ‐ personale tecnico rileva il collasso o arretramento di arginature a seguito di intensa attività di scavo (spesso in associazione con quella esercitata dalla nutria); ‐ biologi, pescatori o appassionati di natura segnalano la presenza di nuove specie. Dal momento che queste specie possono esercitare il loro impatto in molteplici modi, molti sono i soggetti che possono considerarsi portatori di interesse e molti sono gli Uffici delle PA che possono essere chiamati in causa. 10 TIPOLOGIE DI INTERVENTO Sulla base di quanto è stato effettuato in Italia fino ad oggi nei confronti delle NICS e, in particolare, di Procambarus clarkii, le tipologie di intervento nei confronti di queste specie possono essere ricondotte ad una delle seguenti categorie: AZIONI DI MONITORAGGIO INTERVENTI DI CONTROLLO E DI ERADICAZIONE INTERVENTI INTEGRATI ALTRE TIPOLOGIE DI INTERVENTO Per ognuna di esse riportiamo, a titolo di esempio, alcuni progetti condotti da UNIFI in collaborazione con PA locali, esplicitando il ruolo svolto da queste ultime per il raggiungimento degli obiettivi previsti. AZIONI DI MONITORAGGIO Tale Azione viene direttamente svolta dalle PA come attività ordinaria per la sorveglianza del territorio. Sono sempre le stesse PA che, nel caso rilevino direttamente la presenza di NICS o ricevano una segnalazione, possono valutare l’opportunità di contattare personale esperto per avere un quadro conoscitivo più approfondito della loro effettiva presenza/assenza, abbondanza e distribuzione, nonché degli impatti da esse esercitati. In tal caso, l’attività ordinaria delle PA viene affiancata da personale esperto (naturalisti e biologi con esperienza specifica nel settore). DISTRIBUZIONE, DIFFUSIONE ED IMPATTO SUGLI ECOSISTEMI DULCACQUICOLI DEL GAMBERO ALLOCTONO P. CLARKII. 1996‐1999. Regione Toscana Lo scopo principale del progetto è stato quello di analizzare le popolazioni in natura in varie zone della Toscana, monitorando lo status di popolazioni e la loro evoluzione nel tempo. Ruolo della PA: raccolta segnalazioni di NICS sul territorio regionale, contatto con esperti, elaborazione concertata PA‐
esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, attività di divulgazione del lavoro svolto e delle informazioni ottenute. IL GAMBERO INVASIVO P. CLARKII NEL PADULE DI FUCECCHIO: VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SULLE COMUNITÀ E POSSIBILITÀ DI CONTROLLO. 2003‐2005. Provincia di Pistoia. Il progetto ha avuto come obiettivo quello di studiare l’effetto di P. clarkii sull’ecosistema del Padule di Fucecchio in modo da: valutare l’eventuale impatto dovuto all’attività trofica sulla comunità biotica e sulle comunità microalgali; valutare l’impatto dovuto alle attività di scavo sulla vegetazione riparia; stimare dimensione e struttura di popolazione del gambero nelle aree in esame. Ruolo della PA: rilevazione di impatti sull’ecosistema del Padule in seguito alla stabilizzazione del gambero invasivo, contatto con esperti, elaborazione concertata PA‐esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, rilascio permessi per l’accesso ad aree naturali protette. 11 L’USO DI TRAPPOLE E DI PREDATORI INDIGENI PER IL CONTROLLO DEL GAMBERO INVASIVO, P. CLARKII, NEL CONSORZIO DI BONIFICA PARMIGIANA‐MOGLIA‐SECCHIA. 2007. Consorzio della Bonifica Parmigiana‐Moglia‐Secchia. L’obiettivo dell’incarico è stato quello di valutare la diffusione e la consistenza della popolazione di P. clarkii nelle zone del Consorzio di Bonifica e la presenza di impatti su flora e fauna. Ruolo della PA: rilevazione di impatti sui canali per l’attività di scavo del gambero invasivo, contatto con esperti, elaborazione concertata PA‐esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, rilascio permessi per permessi per l’uso di trappole, organizzazione di eventi per la divulgazione delle informazioni acquisite. IL MONITORAGGIO DEL GAMBERO INVASIVO PROCAMBARUS CLARKII NELLA RISERVA NATURALE MONTE RUFENO. 2010. Riserva Naturale Regionale Monte Rufeno. L’incarico era mirato a verificare l’eventuale presenza di P. clarkii presso la Troscia della Principessa (Riserva Naturale Regionale Monte Rufeno) e a dare una prima caratterizzazione della struttura di popolazione e di eventuali impatti esercitati su flora e fauna locali. Ruolo della PA: raccolte segnalazioni di presenza della specie, contatto con esperti, elaborazione concertata PA‐esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, affiancamento del personale esperto nel lavoro di campo, rilascio permessi per l’accesso ad aree naturali protette e per l’uso di nasse. INTERVENTI DI CONTROLLO E DI ERADICAZIONE Si tratta di progetti d’intervento volti a mitigare i danni causati da NICS attraverso il contenimento numerico della popolazione o l’eradicazione della specie alloctona in una data area. Sono interventi che generalmente seguono le attività di monitoraggio. Le risorse messe in atto per il loro svolgimento, in termini di durata dell’intervento e del personale coinvolto, dipendono dai risultati emersi dal monitoraggio e dalla volontà delle PA. La pianificazione degli interventi e la scelta delle tecniche da utilizzare deve comunque essere effettuata da personale esperto (biologi o naturalisti) in accordo con le esigenze delle PA. Nelle attività di campo le PA, sotto la supervisione degli esperti, svolgono un ruolo importantissimo fornendo personale proprio o afferente ad enti pubblici o ad altre categorie, come ad esempio i pescatori. PROVE DI ERADICAZIONE DI P. CLARKII IN UN’AREA SPERIMENTALE DEL BACINO IMBRIFERO DEL COGHINAS. 2009‐2010. Regione Sardegna. Lo scopo principale del progetto è stato quello di approntare e valutare la fattibilità dell’utilizzo dell’indigena anguilla europea Anguilla anguilla per il controllo numerico delle popolazioni invasive di P. clarkii in un’area sperimentale del bacino imbrifero del Coghinas. E’ stata inoltre fatta un’analisi ambientale del corso d’acqua per un eventuale futuro ripristino delle condizioni ecologiche originarie. Ruolo della PA: raccolte segnalazioni di presenza della specie, contatto con esperti, elaborazione concertata PA‐esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, rilascio permessi per l’accesso ad aree naturali protette e per l’uso di nasse. ERADICAZIONE DI Cherax destructor DAL MONUMENTO NATURALE “OASI DI NINFA”. 2011‐ Agenzia Regionale per i Parchi, Regione Lazio. L’incarico mirava all’eradicazione della popolazione del gambero australiano Cherax destructor da vasche artificiali inserite nel contesto semi‐naturale del Monumento Naturale “Oasi di Ninfa”, in terreni di privati. È stato prevista una 12 attività di monitoraggio per valutare la presenza della specie anche nei corsi d’acqua e aree umide limitrofe alle vasche. Ruolo della PA: raccolte informazioni sulla presenza della specie e sulle modalità di arrivo nell’area, contatto con esperti, contatto con privati che hanno in gestione l’area di intervento, elaborazione concertata PA‐esperti‐proprietà privata delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, rilascio permessi per l’uso di nasse, mediazione con stakeholder locali e collaborazione al lavoro di campo. PROPOSTA DI INTERVENTO PER IL CONTROLLO DEL GAMBERO INVASIVO P. clarkii NEL CONSORZIO DI BONIFICA PARMIGIANA‐MOGLIA‐
SECCHIA. 2008‐2010. Consorzio di Bonifica Parmigiana‐Moglia‐Secchia. Il progetto ha visto la sperimentazione di due tecniche innovative per il controllo P. clarkii: la tecnica di sterilizzazione dei maschi e loro rilascio in natura (SMRT) e l’utilizzo di un biocida rapidamente biodegradabile nelle tane e in tratti isolati di canali. In ambito progettuale è stato elaborato un protocollo integrato per il controllo di popolazione ed è stato attivato un corso di formazione per il personale del Consorzio. Ruolo della PA: predisposizione degli interventi di eradicazione/controllo sulla base dei risultati del monitoraggio condotto l’anno precedente, contatto con esperti, mediazione con stakeholder locali, elaborazione concertata PA‐
esperti delle attività da intraprendere, reperimento dei fondi per lo svolgimento delle azioni previste, rilascio permessi per l’uso di nasse e per lo sbarramento di tratti di canale, collaborazione al lavoro di campo con personale dell’Ente e divulgazione risultati con eventi dedicati al progetto e aperti alla cittadinanza. CONTROLLO DEL GAMBERO INVASIVO P. clarkii NEL CONSORZIO DI BONIFICA DELL’EMILIA CENTRALE. 2010‐2011. Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale. L’incarico ha previsto la produzione di uno specifico piano d’azione, frutto di tre anni di ricerche, monitoraggi e studi sul territorio del Consorzio di Bonifica dell’Emila Centrale, per individuare le azioni più efficaci per il controllo di Procambarus clarkii. E’ stato necessario prevedere l’elaborazione di un calendario annuale per lo svolgimento di tali azioni compatibilmente con l’attività ordinaria del Consorzio e la formazione del personale incaricato per lo svolgimento delle attività previste. Ruolo della PA: affiancamento del personale esperto per la stesura del Piano di Azione e per la programmazione degli interventi, valutazione della fattibilità delle attività previste, reperimento dei fondi, assegnazione del personale per lo svolgimento delle attività, mediazione con stakeholder locali e formazione del personale. INTERVENTI INTEGRATI Sono progetti molto articolati che prevedono sia attività di monitoraggio pre e/o post intervento sia azioni di controllo/eradicazione di specie alloctone e di conservazione di specie indigene. Dato che in tali progetti le specie target sono numerose è necessario il coinvolgimento di un team di esperti che affianchi il lavoro delle PA. ALT ‐ PROGETTO ATLANTE DELLE SPECIE ALLOCTONE IN TOSCANA. 2009‐2012. Regione Toscana. Il progetto mirava a produrre un quadro aggiornato della allodiversità (ovvero dell’insieme delle specie alloctone) presente in Toscana, ad individuare le aree a maggior rischio di introduzione e di invasione e a fornire suggerimenti per la prevenzione di nuove introduzioni, la designazione di interventi prioritari e la mitigazione dei danni. Ruolo della PA: individuazione del team di esperti, coordinamento del gruppo di lavoro, mediazione con stakeholder locali, reperimento fondi per la realizzazione degli interventi, affiancamento del personale esperto per l’organizzazione di convegni aperti alla cittadinanza. PASAL ‐ PROGETTO ATLANTE DELLE SPECIE ALLOCTONE DEL LAZIO. 13 2008‐2009. Agenzia Regionale per i Parchi, Regione Lazio. Il progetto ha previsto uno specifico gruppo di lavoro sui gamberi d’acqua dolce, la cui attività ha permesso di acquisire informazioni aggiornate su distribuzione ed impatti esercitati da NICS, con informazioni circa i costi sostenuti per mitigare tali impatti, l’analisi del rischio e la redazione di un apposito piano d’azione per la gestione di NICS nel Lazio. Ruolo della PA: individuazione del team di esperti, coordinamento del gruppo di lavoro, mediazione con stakeholder locali, reperimento fondi per la realizzazione degli interventi, collaborazione alla stesura del Piano di Azione e alla programmazione degli interventi, valutazione della fattibilità delle attività previste, divulgazione dei risultati ottenuti attraverso la pubblicazione di un volume e l’organizzazione/partecipazione a convegni aperti alla cittadinanza. RARITY ‐ ERADICATE INVASIVE LOUISIANA RED SWAMP AND PRESERVE NATIVE WHITE CLAWED CRAYFISH IN FRIULI VENEZIA GIULIA. LIFE+ 2010, NAT/IT/000239 2011‐ 2014. Unione Europea. Il progetto si propone di contrastare la diffusione del gambero invasivo P. clarkii e di rafforzare gli stock naturali della specie indigena, Austropotamobius pallipes complex. In particolare, per la specie invasiva è previsto un monitoraggio su scala regionale per conoscere la sua reale diffusione e intraprendere le necessarie attività di controllo/eradicazione, anche mediante l’utilizzo delle più avanzate tecniche disponibili. Per la specie nativa è, invece, prevista una caratterizzazione genetica per la scelta dei riproduttori e la produzione di giovani destinati al rilascio in natura al fine di potenziare le popolazioni naturali. Altro importante obiettivo del progetto, è l’emanazione di una normativa regionale per la salvaguardia degli ecosistemi acquatici e della salute pubblica. Ruolo della PA (Ente Tutela Pesca): collaborazione alla stesura del progetto e alla programmazione degli interventi, guida e coordinamento del team di lavoro in quanto Ente capofila del progetto, assegnazione del personale per lo svolgimento delle azioni, mediazione con stakeholder e comunità locale, promozione di una nuova normativa per il rafforzamento degli obiettivi del progetto, messa punto di impianti per la produzione di giovanili di A. pallipes, raccolta dati di campo, coordinamento con altri Enti regionali. SOS TUSCAN WETLANDS ‐ CONTROL OF INVASIVE ALIEN SPECIES TO RESTORE THREATENED HABITATS IN INLAND WETLANDS OF NORTHERN TUSCANY. LIFE+ 2011, NAT/IT/000094 2012‐ 2015. Unione Europea Il progetto ha come obiettivo generale di invertire l’attuale tendenza verso la riduzione di biodiversità e naturalità delle zone umide della Toscana settentrionale (provincie di Pistoia e Firenze), in gran parte dovuta all’impatto di alcune specie alloctone, tra cui P. clarkii. Proprio su questa specie ci si propone la riduzione significativa della densità o l’eradicazione nel Lago di Sibolla e nelle zone umide di Poggioni. Ruolo della PA (Consorzio di Bonifica): collaborazione alla stesura del progetto e alla programmazione degli interventi, guida e coordinamento del team di lavoro in quanto Ente capofila del progetto, assegnazione del personale per lo svolgimento delle azioni, mediazione con stakeholder e comunità locale, coordinamento con altri Enti regionali, attività di campo e di divulgazione. ALTRE TIPOLOGIE DI INTERVENTO Ricadono in questa categoria quei progetti che vengono attivati in risposta ad una specifica problematica ricollegata alla presenza della specie alloctona o allo sviluppo ed armonizzazione della normativa presente a livello regionale, nazionale o internazionale. VALORIZZAZIONE A SCOPO ALIMENTARE DEL GAMBERO ALLOCTONO NATURALIZZATO NEL LAGO DI MASSACIUCCOLI (P. CLARKII). 2005‐2007. Centro di Sviluppo Pesca Toscana (Ce.S.I.T.) Il progetto era ispirato dalla necessità di trasformare una specie invasiva come P. clarkii in una risorsa alimentare e ha messo in luce, da una parte, le buone qualità dietetico‐nutrizionali delle carni, dall’altra parte, problemi di accumulo 14 di microcistina e metalli pesanti nei tessuti e organi, con elevato rischio di trasferimento all’uomo e altre specie animali che si nutrono del gambero. Ruolo della PA: reperimento fondi per la realizzazione degli interventi, divulgazione risultati di progetto. L’USO DI PREDATORI INDIGENI E DI FEROMONI SESSUALI COME TECNICHE DI CONTROLLO DEL GAMBERO INVASIVO, PROCAMBARUS CLARKII. 2005‐2007. Finanziato dalla Provincia di Pistoia. Il progetto ha analizzato le potenzialità dell’uso dell’anguilla e di specifici feromoni sessuali quali nuove tecniche per il controllo di P. clarkii, entrambi metodi con basso impatto ambientale. Ruolo della PA: reperimento fondi per la realizzazione degli interventi, permessi per l’accesso ad aree naturali protette e per l’uso di nasse, divulgazione risultati di progetto. IMPASSE: ENVIRONMENTAL IMPACTS OF INVASIVE ALIEN SPECIES IN AQUACULTURE. 2006‐2008 Unione Europea, VI programma quadro. Scopo del progetto è stato quello di analizzare le attuali misure volte alla prevenzione della introduzione di specie per acquacoltura e ad elaborare raccomandazioni e consigli per la gestione volti a limitare o eliminare impatti di specie di interesse acquacolturale. Ruolo della PA: reperimento fondi per la realizzazione degli interventi, implementazione della normativa vigente in materia di acquacoltura, divulgazione risultati di progetto. ATTIVITA’ PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI Le Pubbliche Amministrazioni svolgono un ruolo molto importante nella gestione di NICS in quanto, per il ruolo istituzionale che ricoprono, rappresentano il primo efficace strumento per la tutela del territorio, hanno l’autorità e spesso anche le competenze per intervenire a vari livelli del processo di gestione. Di seguito riportiamo alcune azioni, e le loro interconnessioni, in cui possono essere coinvolte le PA in seguito al rilevamento della presenza di NICS (Figura 1). 15 Figura 1. Illustrazione delle azioni che coinvolgono a vario titolo le Pubbliche Amministrazioni a fronte di rilevazioni di NICS nel territorio di loro competenza e del modo in cui tali azioni sono fra loro interconnesse. IMPLEMENTAZIONE LEGALE E AMMINISTRATIVA Possibili responsabili dell’azione: Istituzioni (Regioni, Province), Enti, Associazioni Sviluppo di misure preventive ed implementazione degli strumenti legali ed organizzativi (ad esempio: sviluppo di piani d’azione per la gestione delle NICS). Si tratta di attività ad elevata priorità che comprendono sia obiettivi da raggiungere nel breve periodo (come nel caso del superamento delle ambiguità eventualmente presenti nella normativa vigente), sia altri perseguibili invece a medio‐lungo termine (come ad esempio lo sviluppo di piani d’azione o il coinvolgimento di Associazioni ed Enti territoriali di gestione). Queste azioni implicano in generale un ampio ed articolato coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni, anche ai fini del coordinamento di attività poste in essere da soggetti diversi a livello locale. EDUCAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE Possibili responsabili dell’azione: Regione, Province, Università, Musei di Storia Naturale, Associazioni. 16 Le attività di educazione e sensibilizzazione sono da considerarsi a priorità elevata, dal momento che la buona riuscita di un progetto che tratti il tema delle specie alloctone non può prescindere da un elevato grado di coinvolgimento e sensibilizzazione del pubblico, sia generico sia di stakeholder. Nello specifico, le attività si possono tradurre nella realizzazione e distribuzione di materiale informativo diretto a target diversi (pescatori, acquariofili, frequentatori di circoli nautici, stabilimenti per la balneazione e altre strutture ricreative, associazioni sportive, aziende agricole, negozi di giardinaggio, serre, vivai, cooperative agricole, ecc.); nello sviluppo di un’efficace comunicazione multimediale da diffondere tramite canali televisivi locali e radio; nella realizzazione di progetti specifici sul tema delle invasioni biologiche per i programmi scolastici di educazione ambientale; nello sviluppo di cartellonistica puntuale in siti di particolare interesse e fruizione del pubblico (SIC, ZPS, Parchi cittadini, ecc.). Le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero, poi, incentivare la formazione di soggetti “moltiplicatori” (insegnanti, volontari di associazioni ambientaliste, guide ambientali e giornalisti) sul problema delle invasioni biologiche, favorendo anche l’organizzazione di seminari e giornate informative, anche collaborando a tal fine con altri Enti (come le Università e i Musei di Storia Naturale) competenti. Le Pubbliche amministrazioni dovrebbero favorire il coinvolgimento della cittadinanza nelle attività di sorveglianza e monitoraggio. COSTRUZIONE COMPETENZE Possibili responsabili dell’azione: Regione, Province, Università, Musei di Storia Naturale, Associazioni. Questo tipo di azione è molto importante, sebbene il coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni nel processo formativo possa essere limitato, fatta eccezione eventualmente per quanto concerne l’aspetto amministrativo‐normativo e alcuni aspetti operativo‐gestionali legati al personale tecnico. La creazione di competenze è un aspetto su cui i progetti europei LIFE, ad esempio, puntano molto per poter garantire il proseguimento delle attività anche a progetto finito con personale, volontario o meno, adeguatamente preparato. Docenti qualificati, provenienti da università, musei, enti di ricerca, o liberi professionisti, andranno coinvolti allo scopo di formare opportunamente il personale assegnato all’espletamento di azioni in rapporto con la gestione delle NICS. Un aspetto importante in cui le Pubbliche Amministrazione possono avere un ruolo chiave è l’aspetto del networking, del coordinamento e dell’armonizzazione con le politiche di ambiti amministrativi, regioni e stati limitrofi, favorendo il trasferimento di informazioni e know‐how. Attività di questo tipo sono, in genere, considerate prioritarie da un punto di vista temporale. REALIZZAZIONE STRUMENTI 17 Possibili responsabili dell’azione: Regione, Province, altri Enti pubblici e privati In genere, uno dei problemi “pratici” che si deve fronteggiare è la gestione delle segnalazioni di specie alloctone sul territorio. Queste segnalazioni devono essere verificate da personale adeguatamente formato, devono essere archiviabili e facilmente consultabili. Per tale ragione, alcuni strumenti informatici più o meno complessi (database in Excel o Access e programmi GIS) possono essere utilmente adottati e utilizzati dalle Pubbliche Amministrazioni (soprattutto di Regioni e Province), anche sfruttando ove possibile anche la presenza di Uffici Amministrativi con sufficiente esperienza nella gestione di programmi del genere. In molti progetti recenti, come ad esempio l’ALT (Atlante delle Specie Alloctone in Toscana), è stata prevista e incentivata la costruzione di database georeferenziatoi facilmente consultabili e aggiornabili sia durante lo svolgimento del progetto sia oltre la chiusura del progetto stesso. Spesso un’esigenza del genere si palesa a seguito di attività di monitoraggio, anche se la ricerca e georeferenziazione delle segnalazioni esistenti di una specie sul territorio fa parte delle analisi preliminari all’attivazione di piani di monitoraggio o controllo. Altri strumenti importanti sono le task force di personale specificamente formato e preparato con compiti di verifica delle segnalazioni di nuove specie sul territorio. La creazione in sede progettuale o post‐progettuale di task force di questo tipo, costituite da personale direttamente afferente alle Pubbliche Amministrazioni o appositamente individuato in altre strutture (altri enti o associazioni) costituisce un valido strumento per la rapida individuazione (early detection) di nuove specie sul territorio. PREVENZIONE Possibili responsabili dell’azione: Regione, Università, Associazioni, Enti. Per evitare l’ulteriore diffusione di NICS, è necessario sviluppare misure preventive e provvedimenti volti a ridurre al minimo la probabilità di introduzioni accidentali associate a turismo, acquariofilia, semine di pesci, ecc.). Implementazioni e armonizzazioni normative sono già state citate come provvedimenti necessari per una migliore prevenzione. Tuttavia altre forme di prevenzione devono essere promosse dalle Pubbliche Amministrazioni, come ad esempio l’organizzazione di corsi di formazione professionale per autorità di dogana, guardie forestali, acquacoltori, proprietari di negozi di acquari, acquariofili, commercianti, pescatori, ecc. Sarebbe inoltre auspicabile che le PA instaurassero rapporti con soggetti responsabili di attività “sensibili” quali: allevamenti di specie ittiche, laghetti di pesca, commercio di specie esotiche, azioni di ripopolamento, parchi‐zoo e giardini zoologici, attività vivaistiche. MONITORAGGIO Il monitoraggio è una attività necessaria in qualsiasi tipo di progetto incentrato su specie alloctone, ed è buona norma che possa continuare anche dopo la scadenza del progetto per il quale è stato inizialmente pianificato. Le Pubbliche Amministrazioni devono organizzare le attività 18 di monitoraggio per poter valutare la presenza sul territorio di NICS, le densità delle popolazioni alloctone, lo stato sanitario delle specie presenti e il danno a carico degli ecosistemi, delle infrastrutture e delle attività economiche. La pianificazione di tali attività è solitamente stabilita da un piano d’azione specifico, redatto in collaborazione con Enti di ricerca e altri soggetti qualificati. Tali attività devono essere calendarizzate e definite nello specifico, per poter garantire la raccolta uniforme di dati confrontabili sia nello spazio che nel tempo. Le attività sul campo possono essere affidate a personale volontario o a tecnici e professionisti opportunamente formati, già a disposizione dell’ente o degli uffici amministrativi. Il coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni è, in questo caso, legato prevalentemente a competenze organizzative e direzionali. ERADICAZIONE/CONTROLLO Quando le misure preventive non sono più applicabili si ricorre al controllo numerico o al tentativo di eradicazione della popolazione di gamberi in una data area, entrambe attività che necessitano di una calendarizzazione e di una rigida programmazione anche in termini di protocollo da seguire. Tali attività possono essere inserite in un piano d’azione specifico. I protocolli di intervento possono avvalersi di metodi di rimozione meccanici, biologici, fisici o chimici, spesso utilizzati congiuntamente nell’ottica di un approccio integrato. Le Pubbliche Amministrazioni hanno il compito di affidare queste attività a personale adeguatamente formato, per poter garantire un corretto svolgimento delle pratiche di cattura e di smaltimento degli animali. Alcuni aspetti sono cruciali nella messa in opera di questi interventi e sono di specifica pertinenza delle Pubbliche Amministrazioni. CRITICITA’ PER LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI In base alla nostra esperienza possiamo sottolineare alcuni aspetti critici, sia dal punto di vista burocratico che operativo, in cui è possibile imbattersi durante lo svolgimento di progetti di ricerca e gestione di NICS e su cui le PA possono facilmente intervenire usando alcuni accorgimenti. DEFINIRE COMPETENZE E RESPONSABILITÀ Molto spesso, per chi viene coinvolto in progetti di gestione è difficile identificare l’ufficio o il personale di riferimento per l’attività di progetto. Circoscrivere le competenze dei vari Uffici e indicare chiaramente i referenti per le diverse attività in questi casi è già un primo passo verso la risoluzione di questioni burocratiche, riconducibili al reperimento di fondi utili per le attività di gestione ed alla rendicontazione economica dei progetti. GARANTIRE AUTORIZZAZIONI ED ACCESSO A SERVIZI In un progetto a carattere gestionale, ci può essere bisogno di richiedere un permesso per accedere ad aree protette o richiedere l’autorizzazione per la cattura ed il trasporto di animali. In questi casi, è fondamentale 19 per la buona riuscita del progetto che una PA riesca a garantire in tempi rapidi le autorizzazioni o l’accesso ai servizi richiesti, come ad esempio l’utilizzo di materiale cartografico o la stipula di precise convenzioni per prestazioni di analisi. Dall’altro lato, bisogna che i beneficiari abbiano ben chiaro il quadro normativo in cui vanno ad operare e conoscano quali autorizzazioni e quali servizi sono indispensabili per lo svolgimento del progetto. PIANIFICARE SPESE ED ACQUISTI Generalmente un progetto di gestione richiede l’acquisto di materiali ed attrezzature che deve essere preventivato per tempo in modo da assicurare il regolare svolgimento delle attività di progetto secondo la tempistica dettata dalla biologia della specie. Sui gamberi, in particolare, si può lavorare solitamente in primavera ed estate e lo slittamento, per motivi legati al non reperimento dell’attrezzatura necessaria, di una intera stagione sul cronoprogramma può ritardare o compromettere le attività sul campo di un intero anno. Inoltre, avere ben chiaro le necessità di spesa su tutta la durata di un progetto consente di ottimizzare le risorse a disposizione. NETWORKING TRA UFFICI INTERNI ED ESTERNI ALLE PA La comunicazione delle attività tra varie PA o differenti settori a loro interni è fondamentale perché spesso i risultati di tali attività possono interessare indirettamente anche altri settori diversi da quello direttamente coinvolto nel progetto. Ad esempio, nuove segnalazioni di impatti legati al gambero dovrebbero essere comunicate rapidamente anche a soggetti quali la Protezione Civile, che normalmente non è implicata direttamente in attività di progetto sul monitoraggio o controllo di questa specie, ma ha tutto l’interesse di sapere dove ci possono essere eventuali destabilizzazioni degli argini. Un altro caso che si potrebbe verificare vede la segnalazione di NICS ad un Ufficio Caccia e Pesca, quando invece è il solo Ufficio Ambiente che è direttamente coinvolto nelle attività progettuali (ad esempio per la compilazione di un database delle segnalazioni): è chiaro che una efficiente comunicazione tra Uffici della stessa PA limita la perdita di informazioni. Anche in questo caso, la conoscenza di mezzi e materiale a disposizione presso Uffici di una stessa PA e fra diverse PA garantisce l’ottimizzazione delle risorse. MEDIARE CON STAKEHOLDERS E OPINIONE PUBBLICA L’opera di mediazione che le PA devono assicurare è cruciale in un quadro in cui interessi di Associazioni ambientaliste, di pescatori o cacciatori e di altre realtà possono entrare in qualche modo in conflitto. Oltre alla sensibilizzazione dei vari stakeholders, l’attività di mediazione e di comunicazione delle PA dovrebbe riuscire a sanare qualsiasi contrasto, magari arrivando a favorire la più ampia partecipazione delle Associazioni nelle attività progettuali di monitoraggio e controllo, prima che queste attività siano calendarizzate ed abbiano inizio. Inoltre, per il successo della gestione, non deve essere trascurata la costante divulgazione dei risultati ottenuti verso il pubblico dei non addetti ai lavori. Dal punto di vista prettamente gestionale, quando si ha a che fare con la gestione di animali, che talvolta può portare anche alla loro soppressione, come nel caso di Procambarus clarkii, qualora non sia stata effettuata un’efficace sensibilizzazione dell’opinione pubblica, si potrebbe incorrere in problemi che vanno da atti di vandalismo e disturbo delle attività a denunce di vario tipo. Purtroppo, sono molti i casi in cui programmi di controllo ed eradicazione sono falliti per colpa di contrasti che sorgono a lavori iniziati tra i vari portatori di interesse. 20 DEFINIRE PROGRAMMI DI SORVEGLIANZA E MONITORAGGIO, PROTOCOLLI DI INTERVENTO E PIANI D’AZIONE È importante che sul territorio di azione venga applicata una strategia di gestione delle specie alloctone che consenta di intervenire rapidamente, in maniera efficiente e specifica, per limitare i danni causati dalle invasioni biologiche. Il protocollo di risposta rapida consente di ridurre sia i tempi di individuazione di nuove specie sia i tempi di risposta e di pianificazione degli interventi da effettuare. Agisce attraverso un sistema di azioni collegate tra di loro che includono le attività di sorveglianza e monitoraggio. Per quanto riguarda i programmi di sorveglianza, dovrebbero essere applicati nei “siti di entrata” a maggiore criticità, sotto forma di controlli di confine e di attività particolarmente collegate alla specie, come ad esempio impianti di acquacoltura, pet shop, laghetti di pesca sportiva. I programmi di monitoraggio dovrebbero essere invece programmati ed attivati in modo da consentire di ottenere le informazioni necessarie per poter realizzare tempestivamente azioni di mitigazione o di rimozione. Tali metodiche devono essere concordate con esperti. Un primo problema da risolvere è quello delle identificazioni specifiche, che spesso richiede l’intervento di esperti. A tale scopo appare necessario: 1) individuare una lista di referenti scientifici che avranno il compito di identificare le nuove specie introdotte; 2) realizzare azioni di formazione/aggiornamento del personale tecnico‐scientifico e di sorveglianza di aree protette (CFS, Polizia Provinciale, ecc.) e del personale che a vario titolo opera nelle aree meritevoli di conservazione e particolarmente sensibili alla eventuale invasione di NICS (SIC e ZPS) precedentemente indicate (ad es. personale di Consorzi di Bonifica), ma anche di altre specie di decapodi dulcacquicoli. Il team di referenti scientifici dovrebbe essere adeguatamente organizzato e coordinato in modo da garantire un'elevata operatività e rapidità. Le Pubbliche Amministrazioni hanno il compito di organizzare un networking efficiente. Per segnalazioni di nuove specie, poi, andrà prevista un’analisi del rischio che tenga conto sia delle caratteristiche dell’area dove avviene la segnalazione, sia delle caratteristiche delle specie introdotte. Informazioni sulle specie sono sempre più facili da reperire e organizzare visto il sempre maggior numero di black list e banche dati sugli impatti esercitati dalle specie alloctone invasive (per esempio, il progetto DAISIE, www.europe‐aliens.org). Una volta rilevata una nuova introduzione, è importante decidere in tempi rapidi quali misure sia necessario adottare tra eradicazione, controllo, monitoraggio o nessun intervento, e quali tecniche debbano essere applicate per la gestione del fenomeno. Tutte le informazioni disponibili ottenute nel processo di identificazione e di gestione di una nuova specie alloctona invasiva, ovvero le conoscenze relative all’ecologia e all’impatto delle nuove specie introdotte, i dati relativi alla valutazione del rischio, alle metodologie di indagine e di gestione utilizzate e agli esiti delle azioni intraprese, dovrebbero essere elaborate e fatte tempestivamente pervenire alle autorità locali e nazionali. Le informazioni e, in particolare, i dati relativi alle tecniche gestionali utilizzate e alla loro efficacia, dovranno inoltre essere diffuse e confrontate con i referenti delle amministrazioni di altre regioni in modo da incrementare il flusso di informazioni tra referenti locali e avere uno scambio di informazioni per quanto riguarda le possibilità/modalità di intervento ancora prima di essere interessati dall’invasione della nuova specie. Dovrebbe essere istituita una struttura operativa organizzata che possa agire nel territorio amministrativo, col compito di procedere nel caso di interventi puntuali di controllo e di eradicazione della specie alloctona rinvenuta. Tale struttura potrebbe comprendere personale operativo appositamente istruito o anche 21 personale tecnico‐scientifico presente nelle Amministrazioni di Province, Aree Protette, CFS ed eventuali altri soggetti. SMALTIRE LE NICS COME RIFIUTO SPECIALE Tutti i progetti di eradicazione su larga scala hanno la necessità di smaltire gli animali catturati e rimossi. Ciò comporta l’eliminazione degli animali per impedire che possano tornare in natura e il loro successivo smaltimento come rifiuti speciali secondo quanto stabilito dal decreto Ronchi (D.L. 5 1997/22) e successive modifiche. Seguendo il catalogo europeo dei rifiuti (CER) istituito dall’Unione europea (Decisione2000/532/CE), gli animali uccisi sono identificati dal codice 020102 (scarti di tessuti animali). Non esiste attualmente alcuna indicazione circa il trattamento al quale sottoporre i gamberi catturati, dal momento che la normativa esistente (Direttiva Europea 86/609/EEC, recepita con D.L. 92/116) non comprende gli invertebrati. Nella successiva modifica della normativa sopra citata (Council Directive 2010/63/UE) vengono inseriti anche i Cefalopodi mentre i Decapodi, gruppo a cui appartengono anche i gamberi, continuano a rimanere esclusi. I gamberi hanno una temperatura corporea che varia con quella ambientale in quanto non sono in grado di termoregolare per via fisiologica; se esposti al freddo riducono perciò progressivamente la loro attività metabolica. Per questo motivo possono essere uccisi in modo etico se esposti a temperature progressivamente più rigide e poi trasferiti e mantenuti in congelatore per almeno 48 ore. 22 Diffusione della peste del gambero in Friuli Venezia Giulia:
impatto di Procambarus clarkii sulle popolazioni gambericole
autoctoneeimplicazionisanitariedelsuoconsumoalimentare
TobiaPretto&AmedeoManfrin
Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie Laboratorio Nazionale di Riferimento per le malattie dei crostacei Via Leonardo da Vinci, 39 ‐ 45011 Adria (Rovigo) email [email protected], [email protected] La peste del gambero, patologia sostenuta dall’oomicete Aphanomyces astaci, rappresenta il maggior rischio per la sopravvivenza delle popolazioni del gambero di fiume. Questo patogeno, introdotto nel territorio europeo nella seconda metà dell’ottocento dal Nord America, ha determinato la riduzione e in alcuni casi la scomparsa delle specie di gamberi autoctone. Attualmente la progressiva espansione nel territorio italiano e nella regione Friuli Venezia Giulia del gambero rosso della Louisiana, specie carrier dell’oomicete, mette a rischio la sopravvivenza delle popolazioni superstiti di Austropotamobius pallipes. Il ciclo biologico è diretto, non sono presenti cioè ospiti intermedi, A. astaci si trasmette da gambero a gambero. La riproduzione avviene in modo asessuato, tramite zoospore mobili. La zoospora rappresenta lo stadio infettante di A. astaci consentendone la diffusione nell’acqua; essa è infatti attratta da molecole rilasciate dalla cuticola dei gamberi, aderisce al loro esoscheletro tramite flagelli e lo perfora grazie all’azione di enzimi. Un tubo germinativo penetra poi attraverso gli strati della cuticola e le ife vegetative, cominciano a svilupparsi, invadendo il tessuto sottocutaneo. La morte del gambero è probabilmente la conseguenza di squilibri metabolici ed osmotici indotti dall’oomicete e dalla diffusione delle ife nel tessuto nervoso. Le ife producono strutture riproduttive, dette zoo sporangi, che fuoriescono dalla cuticola prima della morte dell’ospite e rilasciano nell’ambiente acquatico zoospore biflagellate pronte ad infestare un nuovo esemplare. Nella prima fase dell’infezione i gamberi evidenziano un aumento dell’attività motoria, seguito da apatia e paralisi per alterazione del sistema nervoso. La morte sopraggiunge in genere dopo 6 giorni dal contatto con le zoospore, il decorso può tuttavia protrarsi fino a 15 giorni in ragione della dose infettante e della temperatura (aumenta con un numero ridotto di zoospore e alle basse temperature). I gamberi di fiume, animali prevalentemente notturni, se affetti da peste possono essere visibili durante il giorno in zone poco riparate: alcuni esemplari mostrano una perdita di coordinazione nei movimenti e dell’equilibrio, non tentano di sottrarsi alla cattura e si manifestano inerti se trattenuti (scarsa tonicità della muscolatura degli arti). Al culmine dell’infezione gli esemplari si rovesciano sul dorso, muovono convulsamente le appendici e non riescono a raddrizzarsi. Frequentemente la morte si manifesta in questa posizione con paralisi degli animali. Talvolta si osserva il distacco degli arti o porzioni di essi, la tendenza a grattarsi e pizzicarsi la cuticola e un aspetto biancastro lattescente della muscolatura addominale. Aree ulcerate e brunastre, per deposito di melanina nella cuticola, sono evidenti in gamberi alieni resistenti e portatori o in gamberi autoctoni con infezione subacuta (con temperatura inferiore ai 10°C) pur non essendo tali lesioni esclusive di questa malattia. 23 La trasmissione dell’infezione in natura avviene prevalentemente per via orizzontale, da gambero infetto o portatore asintomatico (Procambarus clarkii) a gamberi sensibili coabitanti nello stesso bacino; tuttavia le zoospore possono essere veicolate a distanza tra bacini idrici diversi tramite acqua contaminata o sulla superficie corporea di uccelli e mammiferi acquatici. Anche la movimentazione di specie ittiche provenienti da aree infette verso corsi d’acqua indenni può essere causa di epidemia, poiché le zoospore possono sopravvivere nel muco cutaneo e nel tratto intestinale dei pesci o essere presenti nell’acqua di trasporto. Inoltre A. astaci può essere veicolato da equipaggiamento contaminato (attrezzatura da pesca, nasse, natanti, stivali ecc.) e non adeguatamente disinfettato. La malattia, nei corsi d’acqua, si diffonde rapidamente lungo la direzione del flusso, mentre è più lenta la propagazione controcorrente. La velocità di diffusione dipende da fattori ambientali, come la temperatura dell’acqua e dalla numerosità della popolazione gambericola esposta, pertanto fenomeni di mortalità lungo un corso d’acqua possono verificarsi in un intervallo compreso tra poche settimane e mesi. Il sospetto di peste del gambero, durante l’attività di monitoraggio dei bacini idrici, si concretizza in presenza di elevata mortalità di gamberi; tuttavia, il solo riscontro di un ingente numero di crostacei deceduti, che non prenda in esame altre condizioni generali sulla fauna acquatica, non è sufficiente per emettere una diagnosi di peste. La morte di altri crostacei e invertebrati, oltre ai decapodi, e la presenza di pesci vivi, può essere indice d’inquinamento (es. insetticidi, in particolare piretroidi), mentre la mortalità concomitante di invertebrati e specie ittiche fa propendere per cause ambientali, escludendo agenti infettivi. Il prelievo di gamberi moribondi e sintomatici consente di eseguire un ampio spettro di analisi di laboratorio in grado di confermare la presenza o meno del patogeno A. astaci. È consigliabile inviare al laboratorio gli esemplari vivi in contenitori coibentati con siberine o refrigerati, avendo cura di avvolgere i gamberi in materiale inumidito (carta di giornale o foglie). Nel caso fossero presenti solo carcasse queste possono essere inviate, selezionando le meno alterate, congelate o fissate in etanolo assoluto (rapporto 1:3 gambero:fissativo). È possibile evidenziare al microscopio, negli esemplari infestati, ife sulla superficie dell’esoscheletro addominale. Da questi tessuti è possibile effettuare analisi istologiche e coltivazione in vitro oltre a metodiche bio‐molecolari estremamente sensibili in grado di rilevare la presenza del DNA dell’oomicete. Nel caso in cui una moria di gamberi sia riscontrata in un corso d’acqua è importante che gli enti competenti vengano tempestivamente informati per accertare la causa di morte, eseguire le analisi laboratoristiche più opportune e prendere i provvedimenti più consoni a limitare la diffusione della malattia. Nella figura 1 viene riportato il flusso di informazioni solitamente originato da privati cittadini, pescatori o volontari dell’Ente Tutela Pesca (in genere i primi ad osservare episodi di mortalità) che avranno cura, anche tramite l’intervento delle forze dell’ordine (ad esempio Polizia Locale e Carabinieri) o del Sindaco di contattare immediatamente l’ Ente Tutela Pesca, la Polizia Provinciale o il Corpo Forestale dello Stato. A seguire saranno informati i veterinari dell’ASL locale, la Sezione territoriale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e l’ARPA regionale che, interagendo nell’esecuzione delle specifiche analisi di propria competenza, potranno escludere le sopracitate cause ambientali (presenza di inquinanti) e confermare la presenza del patogeno, suggerendo strategie atte a ridurne la diffusione. Queste ultime possono essere sintetizzate in: impedire la movimentazione di gamberi vivi o morti, potenzialmente infetti, di acqua o attrezzature contaminate, verso aree indenni ospitanti popolazioni di gamberi autoctoni suscettibili; 24 evitare la movimentazione ed il rilascio di specie ittiche provenienti da aree soggette ad episodi di peste del gambero, nonché la cattura accidentale di Procambarus clarkii, possibile vettore di A. astaci, durante le operazioni di trasferimento di fauna ittica tra bacini diversi; informare le guardie ittiche e i pescatori sportivi sulla necessità di una corretta disinfezione delle attrezzature (guadini, nasse, stivali, natanti, ecc ...) dopo l’utilizzo in bacini dove sono siano stati accertati fenomeni di mortalità sospetta o nei quali sia presente il gambero rosso della Louisiana; prelevare le carcasse dei gamberi visibili nel corso d’acqua e portarle alla sezione IZS locale per la distruzione tramite incenerimento, ricordando di eseguire su tutta l’attrezzatura impiegata adeguate misure di disinfezione. I metodi di decontaminazione da zoospore di A. astaci si basano sul trattamento termico, l’essiccamento o la disinfezione chimica. Per inattivare le zoospore risulta efficace il riscaldamento a 60 °C per pochi minuti, il congelamento a ‐20 °C per 72 ore, la disidratazione per 48‐72 ore oppure l’utilizzo di disinfettanti quali: iodofori (500 ppm di iodio attivo per 15 minuti), efficaci dopo rimozione dei residui organici, o ipoclorito di sodio (100 ppm di cloro libero per 30 secondi), utile per strumentario e acqua contaminata. Figura 1. Flussi informativi istituzioni‐cittadinanza. 25 BiOACCUMULODIINQUINANTIINProcambarusclarkii
DanieleCassin&FrancescoAcri
Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Scienze Marine Castello, 2737/F Arsenale – Tesa 104 30122 Venezia email [email protected] Introduzione Tra le caratteristiche bio‐ecologiche del gambero Procambarus clarkii vi è la capacità di adattarsi ad habitat considerevolmente inquinati, e tollerare di conseguenza elevati livelli dei contaminanti presenti. Tra questi, metalli pesanti e tossine algali sono senz’altro da considerarsi tra i più tossici. Inoltre la capacità di bioaccumulare nell’organismo alte concentrazioni di queste sostanze, rende di fondamentale importanza prendere coscienza dei rischi legati al consumo di questo crostaceo specialmente se proveniente da aree con scarsa qualità ambientale. I metalli pesanti Il termine metallo pesante si riferisce a tutti gli elementi chimici metallici che hanno una elevata densità e che sono tossici in basse concentrazioni. I metalli pesanti vengono immessi nell’ambiente da processi naturali (eruzioni vulcaniche, erosione delle rocce ecc.) e da attività umane (processi di combustione, attività agricole, industrie minerarie, metallurgiche e chimiche) ed entrano facilmente nella catena alimentare. Elementi quali arsenico, cadmio, mercurio e piombo non svolgono alcun ruolo specifico nei processi vitali e la loro assunzione è sempre da evitare. Invece ferro, cobalto, cromo, rame, manganese, selenio e zinco sono essenziali per l’organismo a dosi molto basse, ma diventano tossici se assunti in concentrazioni sufficientemente elevate. Come inquinanti i metalli pesanti sono sostanze tossiche persistenti, cioè non vengono degradati dai processi naturali, e sono soggetti a bioaccumulo, perciò si accumulano nell’organismo in concentrazioni superiori a quelle riscontrate nell’ambiente circostante. Inoltre sono soggetti a biomagnificazione e quindi la loro concentrazione è più alta negli organismi che stanno ai vertici della catena alimentare. A causa della pericolosità per la salute dei metalli pesanti, JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) e altri organismi internazionali hanno determinato limiti massimi di assunzione con la dieta per questi elementi (Tabella 1). 26 Elemento
Dose
Periodo
Riferimento
Arsenico (PTWI)
Cadmio (PTWI)
Cromo (RDA-PMTDI)
Ferro (PMTDI)
Mercurio (PTWI)
Manganese (PMTDI)
Piombo (PTWI)
Rame (RDA-PMTDI)
Stagno (PTWI)
Zinco (PMTDI)
0,9 mg
0,42 mg
50-200 µg
48 mg
300 µg
10 mg
1,5 mg
3-30 mg
840 mg
60 mg
settimana
settimana
giorno
giorno
settimana
giorno
settimana
giorno
settimana
giorno
JEFCA
JEFCA
NAS
JEFCA
IARC
CSAU
JEFCA
JEFCA
JEFCA
JEFCA
PMTDI = Provisional Maximum Tolerable Daily Intake
PTWI = Provisional Tolerable Weekly Intake
RDA = Recommended Daily Amount
CSAU = Comitato Scientifico Alimentazione Umana - EEC
JEFCA = Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives
IARC = International Agency for Research on Cancer
NAS = National Academy of Science - USA
Tabella 1. Limiti raccomandati per l’assunzione dei metalli con la dieta (valori riferiti ad individuo di 60 kg di peso corporeo, da Costantini et al., 2004) Il regolamento (CE) N. 1881/2006, aggiornato dal Regolamento CE 629/2008, fissa i livelli massimi ammissibili negli alimenti di tre metalli pericolosi: il piombo, il mercurio e il cadmio. Nei crostacei ognuno di questi tre elementi non deve superare la concentrazione di 0,5 mg/kg peso fresco. Le microcistine Il gambero P. clarkii è in grado di accumulare nel suo organismo le tossine prodotte dal cianobatterio Microcystis aeruginosa (Fig. 1). Figura 1. Catena di bioaccumulo di microcistine in P. clarkii 27 I cianobatteri sono un tipo di alghe microscopiche che nei mesi estivi possono crescere rapidamente sino a formare masse galleggianti che prendono l’aspetto di una schiuma verdastra. Fattori predominanti per la crescita di questi microorganismi sono le temperature relativamente calde, la luce e nutrienti come il fosforo e l’azoto. Fosforo ed azoto sono generalmente presenti nei liquami di origine umana ed animale e nei fertilizzanti e raggiungono le acque superficiali con il dilavamento dei terreni e il cattivo funzionamento di depuratori e fognature. In queste condizioni, il successo nella competizione con altri microrganismi appartenenti al fitoplancton viene garantito da alcuni meccanismi di adattamento estremamente efficaci, che consentono ai cianobatteri di ridurre anche la predazione da parte dello zooplancton. Uno di questi meccanismi è la produzione di cianotossine. Quest’ultime possono essere classificate, in base al meccanismo di tossicità, in tre classi principali: epatotossine, che danneggiano il fegato, neurotossine, che agiscono sul sistema nervoso e dermatotossine, che danneggiano la pelle. Il genere Microcystis appartiene ai cianobatteri più importanti e studiati per la formazione di fioriture nei corpi idrici. All’interno di questo genere si distingue la specie cosmopolita M. aeruginosa che è presente nelle regioni temperate in acque eutrofiche ed ipertrofiche e produce tossine chiamate microcistine. Le fioriture di questo cianobatterio avvengono in tarda estate e inizio autunno generalmente in acque poco rimescolate. Le microcistine eventualmente prodotte possono danneggiare: il fegato (bersaglio primario), i polmoni e i reni; sono inoltre agenti potenzialmente cancerogeni. Da tenere in considerazione, altresì, che queste tossine non sono distrutte dalla cottura degli organismi animali in cui sono state accumulate. Delle 60 varianti di microcistine la microcistina LR è la più pericolosa: l’ingestione giornaliera non deve superare 0,04 µg/Kg di peso corporeo del consumatore e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) la sua concentrazione deve essere inferiore a 1 µg/l nelle acque destinate al consumo umano. Una visione sinottica delle principali caratteristiche tossicologiche delle microcistine è presentata nella Tabella 2. Cianotossina
Organo bersaglio e meccanismo di azione
Microcistine (MC) Fegato
dosi alte: danni ai capillari sinusoidi
ed emorragia intraepatica;
dosi basse: induzione di proliferazione
cellulare e ipertrofia epatica)
Genotossità/Cancerogenesi
Tossicità riproduttiva e dello
sviluppo
Non genotossica
MC-LR: attività di promotore
tumorale (categoria 2B
secondo la International
Agency for Research on
Cancer)
MC-LR pura: Non tossica per la
riproduzione e lo sviluppo.
Estratti: attività teratogena in rane
Tabella 2. Caratteristiche tossicologiche delle microcistine (Da Funari et al. 2011). 28 P. clarkii si ciba di microalghe, compresi i cianobatteri, e può accumulare microcistine nel suo organismo. Generalmente, l’accumulo di tossine è più elevato nell’intestino e gli individui grandi accumulano meno tossina di quelli piccoli (normalmente scartati ai fini alimentari). Non esiste una normativa che imponga limiti da non superare nelle carni di P. clarkii destinate alla vendita. Gestione pubblica A causa dell’elevata capacità di P. clarkii di accumulare sostanze pericolose, il suo consumo a fini alimentari deve avvenire solo se la sua cattura ha avuto luogo in acque di buona qualità. Per quanto riguarda i gamberi selvatici pescati in corpi d'acqua inquinati, la possibile tutela dei consumatori può avvenire: 





informando la popolazione sulla capacità di questi animali di accumulare sostanze tossiche e sulla possibilità di aumentare la sicurezza di questo alimento eliminando l’intestino prima dell’ingestione; monitorando la presenza del gambero della Louisiana nei corpi idrici; integrando le informazioni provenienti dalle reti di monitoraggio Regionali, dai Servizi Sanitari Regionali, dalle Provincie e dagli altri enti che si occupano della qualità delle acque interne con le informazioni sulla presenza in esse di P. clarkii; adottando misure di prevenzione dell’inquinamento dei corpi idrici nei quali sia presente l’animale; eseguendo interventi sui corpi idrici che ospitano i gamberi con modalità che minimizzino l’aumento del tempo di ritenzione delle acque, che favorisce i bloom di cianobatteri, o il rilascio di nutrienti e/o di inquinanti dai sedimenti; proibendo la pesca di P. clarkii nei corpi idrici che palesemente presentano segni di inquinamento e/o presenza di fioriture algali. Molto rigorosa è la recente normativa della Regione Friuli Venezia Giulia che, pur essendo stata pensata per la difesa delle specie autoctone di gamberi di acqua dolce, consente, grazie al divieto di pesca del P. clarkii in essa riportato, di garantire al meglio la salute dei cittadini. Questa normativa, consistente in una modifica della legge regionale 19/1971 istitutiva dell'Ente Tutela Pesca, è stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione, SO n. 2 del 7 gennaio 2013. Riferimenti bibliografici  Costantini S., Bodano L., Giordano R., D’Ilio S. (2004). Contaminazione ambientale da metalli pesanti connessa con attività mineraria dismessa in Sardegna. Studio preliminare. Rapporti ISTISAN 04/28. 72 pp.  Ferraresi A. & Corticelli C. (2002). Cosa sono i metalli pesanti che si “nascondono” nel cibo. Agricoltura: 17‐19.  Funari E., Scardala S., Testai E. (2008). Cianobatteri potenzialmente tossici: aspetti ecologici, metodologici e valutazione del rischio. Istituto Superiore di Sanità. Rapporti ISTISAN 08/6. 92 pp.  Litta A. I rischi per l’ambiente e la salute derivanti dall’alga rossa Plankthotrix rubescens nelle acque di superficie. Disponibile all’indirizzo: http://www.isde.it. 29  Lucentini L. e Ottavini M. (2011). Cianobatteri in acque destinate a consumo umano. Stato delle conoscenze per la valutazione del rischio. Volume 1. Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 1. 165 pp.  Lucentini L. e Ottavini M. (2011). Cianobatteri in acque destinate a consumo umano. Stato delle conoscenze per la valutazione del rischio. Volume 2. Rapporti ISTISAN 11/35 Pt. 2. 67pp.  Tricarico E., Casalone E., Fioravanti L., Gherardi F., Mastromei G., Parisi G. (2006). Accumulo di microcistina nel gambero rosso della Louisiana, Procambarus clarkii: risultati preliminari. Il Pesce 6, 97.  Tricarico E., Bertocchi S., Brusconi S., Casalone E., Gherardi F., Giorgi G., Mastromei G., Parisi G. (2008). Depuration of microcystin‐LR from the red swamp crayfish Procambarus clarkii with assessment of its food quality. Aquaculture 285: 90– 95.
30 METODICHE INNOVATIVE
Procambarusclarkii
PER
IL
CONTENIMENTO
DI
PieroGiulianini
Università di Trieste Dipartimento di Scienze della Vita Via L. Giorgieri, 5 (edificio Q) 34127 Trieste email [email protected] I metodi per il contenimento di specie invasive aliene (IAS) dovrebbero essere:
1)
2)
3)
4)
efficaci;
altamente specifici (non andare quindi a colpire specie non-bersaglio);
di basso impatto per l'ambiente;
economici.
Per il contenimento del gambero rosso della Louisiana attualmente le tecniche che sono state usate sono:
1) fisiche, come il completo prosciugamento di alcuni stagni (efficaci se condotti bene con rimozione
del fango superficiale e riempimento degli spazi tra le rocce sulle sponde con cemento, ma di alto
impatto sull'ambiente) (Girardet at al., 2012);
2) meccaniche, come il trappolaggio intensivo (efficaci per il contenimento numerico ma costose
perché devono essere ripetute di anno in anno);
3) biocidi, sostanze chimiche (o microorganismi) che uccidono le specie dannose, il piretro naturale si è
dimostrato efficace (Gherardi et al., 2012) ma la specificità è bassa e sono colpite anche specie non
bersaglio;
4) autocidi, metodi che si basano sulla biologia della specie, altamente specifiche, a basso impatto
ambientale (per adesso con costi elelvati che vanno comunque confrontati con quelli dei metodi
meccanici).
L'Università di Trieste si sta concentrando su 2 autocidi innovativi basati su 2 aspetti della biologia
riproduttiva del gambero rosso:
1) esche feromonali per l'allestimento di esche specie-specifiche per il trappolaggio di maschi maturi in
stagione riproduttiva. In breve stiamo producendo delle librerie di espressione che ci permettono di
produrre grandi quantità di piccoli peptidi rilasciati dalle femmine in stagione riproduttiva per attrarre i
maschi. Queste molecole saranno saggiate per la loro attrattività su maschi maturi e quelle
selezionate serviranno a produrre esche per il trappolaggio.
2) esche ormonate contenenti un ormone del gambero rosso (ormone gonado-inibitorio) che blocca la
maturazione delle gonadi. Stiamo producendo gli ormoni con sintesi chimica e mettendo a punto un
sistema di somministrazione orale che permetta l'assorbimento di queste molecole attraverso il
canale digerente. 31 Conservazione del gambero di fiume autoctono, Austropotamobius pallipes Il gambero di fiume A. pallipes ha subito negli ultimi decenni una forte diminuzione nel numero di individui nell'ambito di tutto il suo areale di appartenenza, tanto da venire inserita nelle lista rossa dell'IUCN come specie a rischio di estinzione. Le cause che hanno portato alla drastica diminuzione delle popolazioni in FVG sono molteplici e sono in buona parte minacce ancora presenti: il deterioramento e la frammentazione dell'habitat in cui vive, la diffusione della peste del gambero causata dal fungo Aphanomyces astacii, la competizione con specie di gamberi alloctone come il gambero della Lousiana, Procambarus clarkii. L'Università di Trieste si occupa della caratterizzazione genetica di A. pallipes in FVG. Esse permettono di stabilire la posizione tassonomica a livello di specie e sottospecie e di verificare
o avanzare ipotesi sull’origine autoctona delle popolazioni. Viene così limitato il rischio di
commettere errori gestionali, come per esempio quello di incrociare una sottospecie endemica con
altre sottospecie filogeneticamente lontane, o di introdurre esemplari di diversa origine provocando
l’inquinamento del pool genico di popolazioni autoctone.
Infatti il gambero di fiume nel territorio italiano non può essere considerato un'unità conservazionistica unica. Esso è in realtà un complesso di specie distinto in: A. pallipes propriamente detto e A italicus. A. pallipes è confinato nelle regioni nord occidentali, A italicus è distribuita lungo l’intera penisola. Il taxon A. italicus appare costituito a sua volta da quattro sotto‐
specie, A. i. italicus nell’appennino tosco‐emiliano, A. i. carsicus nelle regioni nord‐orientali, A. i. carinthiacus nelle regioni centrali e nord occidentali e A. italicus meridionalis nelle regioni centro‐
meridionali. Questa situazione di incertezza tassonomica ha reso indispensabile lo studio filogenetico e filogeografico per indagare la distribuzione delle varie sottospecie nel territorio regionale per una corretta politica gestionale nel ripopolamento in modo da preservare eventuali endemismi e peculiarità delle popolazioni locali. I risultati finora ottenuti ci permettono di individuare 2 sottospecie in FVG: A. i. carsicus unicamente nella zona del torrente Rosandra e A. i. meridionalis nel resto della regione. 32 
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MANUALE AD USO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI PER