COMUNE DI ANZOLA Lunedì, 29 settembre 2014 COMUNE DI ANZOLA Lunedì, 29 settembre 2014 Politica locale 29/09/2014 Il Resto del Carlino (ed. Imola) Pagina 3 DEL PRETE FEDERICO «Choccante: il vincitore esce molto indebolito» 1 Pubblica amministrazione 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 2 VALERIA UVA Debiti Pa, i sindaci pagano a singhiozzo 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 14 4 «CON CBILL LA BOLLETTA DIVENTA DIGITALE» 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 14 6 Non solo contanti per le bollette 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 32 8 Anche le tariffe per il «bollino» sono diverse da città... 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 32 MARIA CHIARA VOCI Sulle caldaie controlli senza standard 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 34 GIANNI TROVATI Bilancio consolidato al 30 settembre per tutti 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 34 ARTURO BIANCO Fondi decentrati, tagli «flessibili» per il turn over 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 34 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 34 MARINO LONGONI [email protected] Tasi, assurde complicazioni PAGINE A CURA DI MARIA CHIARA FURLÒ Processo amministrativo, condannare alle spese non serve 29/09/2014 Italia Oggi Sette Pagina 206 P.a. lenta, indennizzo solo se c' è stato un danno 16 19 Più tempo per gli sconti sul Patto 29/09/2014 Italia Oggi Sette Pagina 202 14 18 Incarichi gratuiti e rimborsi tassati 29/09/2014 Italia Oggi Sette Pagina 1 10 12 Appalti, caos sanzioni sugli errori delle imprese 29/09/2014 Il Sole 24 Ore Pagina 34 2 MARIA DOMANICO 21 23 27 29 settembre 2014 Pagina 3 Il Resto del Carlino (ed. Imola) Politica locale «Choccante: il vincitore esce molto indebolito» UNâ??AFFLUENZA «choccante». Un candidato, Stefano Bonaccini, «che esce molto indebolito». Un partito, il Pd emilianoromagnolo, «che farebbe bene a riflettere profondamente». Eâ?? lâ??analisi di queste primarie regionali di Paolo Pombeni, politologo e docente di Scienze politiche allâ??Alma Mater. Professore, come giudica il dato dellâ??affluenza? «Choccante, al di sotto di qualsiasi previsione». Lâ?? EmiliaRomagna si era sempre distinta per la voglia di partecipazione popolare. «Eâ?? vero e questo sorprende ancora di più. Ma il Pd dovrebbe riflettere sul perché non è più in grado di mobilitare vasti strati di opinione pubblica». Dunque è il partito ad aver sbagliato? «Eâ?? troppo concentrato sul militante tradizionale, che ormai è una minoranza assoluta. Basterebbe imparare da Renzi, che ha fatto la sua piccola rivoluzione portando a votare gente fuori dalle liturgie di partito». In teoria i candidati erano due renziani. «Ma essere fedeli a uno schieramento, come fosse una corrente interna, non significa capire la novità che Renzi ha introdotto nella politica. Eâ?? una lezione a disposizione di tutti: però servono personalità forti e carismatiche, le giuste parole dâ??ordine e magari qualche artificio per costruirsi dei nemici». E lâ??inchiesta sulle spese pazze? «Sarebbe un errore spiegarla così. Si parlava di fatti marginali che non credo abbiano avuto un effetto su questo blocco di partecipazione». Con ieri anche il mito delle primarie torna sulla terra? «Il Pd deve decidersi: o sono una semplice mobilitazione dei militanti e allora assomigliano alle votazioni degli organismi dei vecchi partiti, diventando come quelle di ieri, oppure un modo per coinvolgere un elettorato più ampio». Torniamo alla lezione di Renzi, insomma. «Il premier ha usato tecniche di mobilitazione diverse, invece il Pd non ha riflettuto a sufficienza, anche perché una competizione più aperta fa ovviamente paura». Come esce Stefano Bonaccini da questo voto? «Molto più debole di prima. Aveva lâ??appoggio di una marea di sindaci e amministratori e questi risultati dovrebbero far riflettere sia Bonaccini, sia chi ha fatto la corsa agli endorsement. E poi ci si aspettava una forza pesante di questo Pd e invece rischiamo di avere un presidente debole proprio in un periodo in cui il peso delle Regioni a Roma sarà fondamentale. Dovrà innanzitutto recuperare questo gap inatteso». Federico Del Prete. DEL PRETE FEDERICO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 1 29 settembre 2014 Pagina 2 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione La lunga crisi. Debiti Pa, i sindaci pagano a singhiozzo Ancora da versare alle imprese 1,7 miliardi sugli otto assegnati agli enti locali per saldare le vecchie fatture. Valeria Uva C' è un «tesoretto» da un miliardo e 700 milioni di euro destinato a saldare le imprese in arretrato, ma fermo nei cassetti. In parte perché alcuni enti locali si sono decisi a chiedere anticipazioni di liquidità per pagare i debiti solo negli ultimi mesi, in parte (ma la cifra non è quantificabile) perché si tratta di fondi che i Comuni hanno in realtà già pagato, ma che scontano problemi nella rendicontazione. Il risultato è che a oggi, secondo i dati diffusi dal ministero dell' Economia il 23 settembre, almeno il 21% delle risorse erogate ai Comuni non risulta ancora pagato ai privati (in linea, con la media nazionale del 19%). Dei 57 miliardi stanziati per l' operazione "sblocca debiti" ai Comuni sono già andati 8,2 miliardi, attraverso il canale dell' allentamento del patto d i stabilità e quello delle anticipazioni di liquidità erogate in quattro tranche (si veda la cartina a fianco). Ne risultano, però, pagati solo 6,5 miliardi, con un buco di 1,7 miliardi. Una liquidità preziosa per i fornitori in attesa da anni. E che invece arriva con il contagocce. I flussi di cassa Sul fronte dell' allentamento del patto di stabilità 2013 mancano all' appello 524 milioni; il resto è rappresentato dalle anticipazioni di liquidità, veri e propri prestiti ricevuti da Cdp su cui i Comuni, peraltro, stanno già versando interessi. Che gli enti locali abbiano rallentato i flussi di cassa lo scrive anche il Mef nel comunicato stampa che fa il punto sull' operazione: «Negli ultimi mesi si legge le somme messe a disposizione degli enti vengono richieste e assorbite più lentamente, presumibilmente perché la quota maggiore di debito patologico è stata rimossa grazie ai primi finanziamenti». L' Economia cita il caso della terza tranche di finanziamento ai Comuni che «è stata da questi assorbita solo parzialmente: 1,3 su 1,8 miliardi disponibili». L' arretrato maggiore (circa 900 milioni) si riscontra nella ultima tranche erogata soltanto a partire da questa estate. Non stupisce, quindi, che in questo caso solo il 31% dei Comuni sia già riuscito a esaurire anche queste risorse. Ma colpisce, invece, un altro dato: esistono 89 Comuni con debiti 2013 che hanno «chiesto aiuto» allo Stato solo con questa tranche e solo nell' estate scorsa. Enti anche grandi (Catania da sola ha chiesto quasi 200 milioni, Catanzaro 18 oltre agli otto del Patto di stabilità). Particolarmente critica la situazione nella città etnea che dichiara un tempo medio di pagamenti delle imprese nel 2013 di ben 469 giorni. Tra i Comuni capoluogo più indebitati risulta in affanno anche Reggio Calabria: è pari al 53% lo stato di avanzamento rendicontato. Il Comune attraversa una gravissima crisi di liquidità. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 2 29 settembre 2014 Pagina 2 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione La rendicontazione Alcune lentezze non sono riconducibili agli enti locali. Per Valle d' Aosta e Trentino Alto Adige, ad esempio, due aree formalmente a zero nei pagamenti, il nodo è tecnico: la rendicontazione fatta su base regionale non specifica le spese sostenute da ogni ente. Conferma l' assessore al bilancio di Aosta, Carlo Marzi: «I tre milioni che avevamo chiesto sono stati tutti utilizzati». Non sempre, però, la registrazione sulla piattaforma della Ragioneria per il monitoraggio del Patto va a buon fine. Ma il problema è più ampio. Parte di quel 20% di enti in affanno potrebbe in realtà aver già saldato ed essere "vittima" di un ritardo nel caricamento dei dati (soprattutto per l' ultima tranche). È il caso, ad esempio, di Torino, che secondo il Mef sarebbe al 90% mentre al «Sole 24 Ore» dichiara un adempimento totale, concluso negli ultimi giorni. O di Salerno, che vanta un 100% di pagamenti (contro il 65% "ufficiale"): «Abbiamo saldato tutto e rendicontato il 21 agosto spiega l' assessore al Bilancio, Alfonso Buonaiuto e con l' ultima tranche non abbiamo più debiti arretrati al 2013». Poi c' è Nuoro, che per il Mef risulterebbe ancora a zero. «E invece abbiamo già speso tutti gli spazi finanziari ricevuti e abbiamo rendicontato ad aprile scorso» dichiara l' assessore al bilancio, Salvatore Daga. Come Nuoro sono oltre 600 i Comuni, grandi e piccoli, che nell' ultimo aggiornamento risultano a zero. In controtendenza, infine, ci sono anche i superadempienti: una manciata di enti che risultano aver pagato più del 100% di quanto ricevuto. Ma il mistero è più facile da svelare: qualche Comune è riuscito a dedicare all' operazione "sbloccadebiti" anche risorse proprie oltre a quelle assegnate dello Stato. © RIPRODUZIONE RISERVATA. VALERIA UVA Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 3 29 settembre 2014 Pagina 14 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione intervista della settimana. «CON CBILL LA BOLLETTA DIVENTA DIGITALE» Archiviare, gestire e pagare bollette e bollettini dall' home banking, in multicanalità. Addio quindi alle code agli sportelli e più spazio alla moneta elettronica. Sì, perché tutto si farà su internet. In completa mobilità. È l' obiettivo di Cbill, il servizio realizzato dagli istituti finanziari che fanno parte del consorzio Cbi. In Italia vengono emessi ogni anno 630 milioni di bollettini postali, ma di questi solo il 3% è intermediato dai canali bancari. Una percentuale che, per effetto di Cbill, potrebbe aumentare in misura esponenziale. Ma cosa cambia rispetto al servizio di pagamento dei bollettini già offerto da alcuni istituti di credito? «L' innovazione consiste nell' operatività multibanca spiega Liliana Fratini Passi, direttore generale del Consorzio Cbi . Gli attuali servizi di home banking consentono ai clienti di pagare online solo le bollette delle aziende e delle pubbliche amministrazioni che hanno sottoscritto specifici accordi con il singolo istituto di credito. Con Cbill, invece, sarà sufficiente che l' azienda o l' amministrazione fatturatrice abbia adottato il servizio per consentire a chiunque disponga di un conto online di consultare e pagare le bollette attraverso tutti i canali messi a disposizione dalla banca; quindi pc, tablet, smartphone e Atm». Quante sono le banche che hanno aderito al servizio? Più di 400 banche, che rappresentano il 62% degli istituti consorziati. Tra i grandi fatturatori pubblici e privati che hanno già aderito, invece, ci sono Enel Energia, Enel Servizio Elettrico, l' Azienda Usl 8 Arezzo e il Consorzio della Bonifica Renana; ma nelle prossime settimane è prevista l' adesione di altre aziende e pubbliche amministrazioni centrali e locali che emettono bollettini di pagamento a fronte di prestazioni e servizi. È possibile stilare un primo bilancio? Finora abbiamo registrato 47mila operazioni, per un controvalore di 4 milioni . È un numero esiguo rispetto alle sue potenzialità, ma bisogna considerare che ancora non è partita alcuna campagna informativa e che le banche stanno completando la fase di adesione. I numeri, quindi, sono destinati a crescere, soprattutto considerando l' imminente ingresso di altri fatturatori, tra aziende private e pubblica amministrazione. Ma perché un' impresa dovrebbe aderire a Cbill? Perché i fatturatori potranno godere di diversi vantaggi. Il primo è che attraverso una sola contrattualizzazione potranno ricevere pagamenti da tutti i clienti delle banche italiane. Inoltre, con gli Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 4 29 settembre 2014 Pagina 14 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione aggiornamenti online degli avvenuti pagamenti che forniamo su base giornaliera, le imprese potranno migliorare anche la qualità del credito, soprattutto in termini di procedure amministrative. Avete già fatto delle stime di crescita? Per ora no. Molto dipenderà anche da quello che la pubblica amministrazione metterà in campo. E bisogna dire che il governo sta dando una grande spinta in tal senso. Comunque auspico una crescita media annua in termini di Cagr (tasso di crescita annuale composto, ovvero la media geometrica dei tassi di crescita annuali, ndr) almeno del 6%. Quali i vantaggi per le famiglie? La multicanalità e interoperabilità tra banche, imprese e pubblica amministrazione, può significare per milioni di famiglie un risparmio di tempo e denaro. Per esempio, non sarà più necessario recarsi fisicamente allo sportello per pagare un bollettino. E se vogliamo guardare anche alla politiche di sostenibilità, Cbill sta puntando alla completa digitalizzazione delle bollette, con l' eliminazione della spedizione del documento cartaceo. Questo vuol dire risparmiare 12.600 tonnellate di carta per 630 milioni di bollettini stampati e inviati ogni anno in Italia. Inoltre, le banche potranno offrire una serie di funzionalità aggiuntive. Qualche esempio? Nella sezione home banking, per esempio, gli istituti di credito potranno rendere disponibile una sorta di cassetto delle scadenze. L' utente potrà così archiviare in un' unica stanza virtuale i bollettini già pagati e quelli che ancora dovrà pagare, per i quali potrà attivare anche un servizio di alert. Quali saranno i costi per il pagamento delle bollette? Dipenderà dal singolo istituto di credito, che fisserà i costi anche in funzione dei servizi aggiuntivi che potrà offrire. E su questo fronte ci sarà molta competizione. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 5 29 settembre 2014 Pagina 14 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione tendenze. Non solo contanti per le bollette Nelle ricevitorie e in Posta oggi si può pagare con le carte di credito dei circuiti Visa e MasterCard. Gaia Giorgio Fedi a Pagare le bollette con le carte di credito. Se in passato gli unici strumenti di pagamento ammessi negli uffici postali erano contante e bancomat, oggi si può pagare anche con le carte dei circuiti Visa e Mastercard (nonché con la prepagata Postepay). Non solo: le carte potranno anche essere usate presso altri esercenti convenzionati, come le tabaccherie convenzionate con Banca ITB, le ricevitorie Sisal e Lottomatica e gli operatori della grande distribuzione aderenti. Al di là del canale fisico, ci sono dei sistemi per pagare i bollettini con la carta di credito sullo smartphone (come la app Bollettino di Poste) o i canali dell' home banking. Ma si tratta di strumenti usati da utenti evoluti, quindi non troppo affezionati al contante; mentre l' ingresso delle carte di credito nell' ambiente analogico per eccellenza, cioè l' ufficio postale, è un salto culturale sul quale gli addetti ai lavori stanno scommettendo per dare una spallata all' utilizzo delle banconote.«Oltre a utilizzare le carte per pagare i bollettini in home banking, oggi si potrà usare questo strumento anche per il pagamento nei luoghi fisici, dove l' uso del contante è molto elevato», spiega Davide Steffanini, direttore generale Visa Europe in Italia. «In questo momento in Italia si pagano oltre 600 milioni di bollettini all' anno, di cui un buon 90% viene evaso in contanti. La possibilità di catturare anche solo una parte di quei bollettini rappresenta già un volume interessante, considerato che il bollettino medio supera i 100 euro». A questi numeri poi vanno aggiunti anche i pagamenti degli F23 e gli F24 e dei bollettini Mav (tasse scolastiche e universitarie, spese condominiali, eccetera). Finora, sostiene Steffanini, il fatto che non fosse possibile utilizzare le carte di credito per pagare questi bollettini ha creato un ostacolo per la progressiva diminuzione dell' uso del contante auspicata da molti. «L' utente ha diversi vantaggi dall' inclusione delle carte tra gli strumenti di pagamento per le bollette», commenta il manager di Visa. «Innanzitutto la comodità di non essere costretto ad avere del denaro con sé, prosegue Steffanini o a dover fare una sosta obbligata alla postazione Atm per prelevare prima di andare in Posta. Inoltre, rispetto al pagamento con il bancomat, l' utilizzo della carta di credito offre anche uno strumento per dilazionare il pagamento al mese successivo. O addirittura, per le carte rateali, di rateizzarlo»: una prospettiva particolarmente interessante quando ci si ritrovi a pagare bollettini di importi ingenti. E senza un particolare aggravio di costo: «Abbiamo concordato un livello di commissioni per cui per l' utente Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 6 29 settembre 2014 Pagina 14 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione pagare con carta di credito costa quanto pagare con il contante», aggiunge Steffanini. I benefici non si fermano all' utente: anche il sistema, sul lungo periodo, può trarre vantaggio dalla reciproca apertura tra il mondo delle bollette e il mondo delle carte di credito. «Questa iniziativa rappresenta un' opportunità di business immediata, legata alla possibilità di spostare i pagamenti dal cash alla carta interviene Gianluca Iannelli, direttore marketing di MasterCard ma anche una sfida di lungo termine per la lotta al contante». Il pagamento delle bollette relative alle utenze, delle spese condominiali e delle tasse scolastiche è un' attività così frequente nella vita dei cittadini, e tuttora monopolizzato dall' uso delle banconote, che l' auspicio è che l' apertura sulle carte di credito consenta di abituare gli italiani a usare il denaro di plastica. «Per noi è particolarmente importante che si educhino le persone all' uso delle carte», afferma Iannelli. E sui bollettini il vantaggio del denaro di plastica emerge in maniera evidente «perché alla maggiore comodità non corrisponde un aggravio di costi rispetto all' uso delle banconote, perché non ci sono commissioni ad hoc legati all' uso di carte. Inoltre, l' utente inizia a utilizzare la carta in un ambiente che gli è più familiare rispetto ad altri». L' iniziativa sui bollettini non è «che un primo passo nella direzione della lotta al contante, sulla quale ci stiamo allineando al percorso che sta portando avanti l' Italia», asserisce Iannelli. E i prossimi passi? «La nostra strategia consiste nell' allargare l' utilizzo delle carte di credito su tutti i canali ancora fortemente orientati al contante. Quindi stiamo lavorando per arrivare a consentire l' uso di questo strumento non solo per le bollette, ma estenderne l' operatività alla pubblica amministrazione, alla sanità, all' Aci, a tutto il mondo dei tributi. È una grande opportunità di mutamento culturale», aggiunge. «Stiamo inoltre lavorando per rendere tutti i Pos contactless, perché abbiamo visto che è una strategia che funziona», conclude. © RIPRODUZIONE RISERVATA [email protected]. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 7 29 settembre 2014 Pagina 32 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione I costi. Il prezzo può variare per la seconda casa o in base alla periodicità. Anche le tariffe per il «bollino» sono diverse da città a città Il quadro frammentato di norme si traduce in un puzzle di tariffe diverse a carico dei cittadini, che, in materia di ispezione del rendimento energetico degli impianti, devono far fronte a due tipologie di "oneri" differenti. Il primo chiamato anche «bollino», scatta nel momento in cui l' utente, rispettando la legge, chiama un tecnico per far verificare i propri impianti e trasmette all' ente p r e p o s t o l ' autodichiarazione al termine della procedura. Il secondo corrisponde all' equivalente di una tariffa per il servizio, che è dovuta se, a fronte di un accertamento, solitamente effettuato a campione dall' ente preposto ai controlli, emerge che l' impianto è sprovvisto di autocertificazione o addirittura non è autocertificabile. Il compito di stabilire importi e modalità di erogazione di bollini e tariffe per le ispezioni sugli impianti è stato lasciato, dallo Stato, agli enti locali. Il risultato è uno spaccato di prezzi rilevato attraverso un puntuale censimento diretto da etraining per il Sole 24 Ore estremamente eterogeneo. Non solo fra una Regione e l' altra, ma anche all' interno di uno stesso territorio regionale o provinciale. Gli importi In Piemonte, ad esempio, o nelle Province autonome per depositare l' autodichiarazione nulla è dovuto (oltre la spesa da sostenere per pagare il lavoro della ditta o del tecnico che effettua il controllo). In Puglia, per una caldaia sotto i 35 kW, si arriva a spendere anche 25 euro a biennio: solo per comunicare che l' ispezione è stata effettuata. Ben più alte, ma ugualmente discordanti, le cifre per le ispezioni onerose: si va dai 40 euro della Puglia per gli impianti sotto i 35 kW ai 200 del Lazio o dell' Abruzzo. In genere il costo sale insieme alla taglia dell' impianto. Cifre difformi anche in una stessa Regione. Prendiamo l' Emilia Romagna. A Ferrara è previsto un bollino unico per tutte le potenze a cadenza biennale di importo pari a 5 euro. Viceversa a Parma e Ravenna si arriva a tariffe biennali pari a 140 euro, per impianti sopra i 600 kW. Così anche per le ispezioni: a Modena la massima tariffa è pari a 145 euro mentre a Ravenna e Forlì si arriva a 600 euro. Ma il paradosso si raggiunge in Provincia di Roma: qui su uno stesso territorio vigono dieci tariffe diverse per il bollino e l' ispezione a seconda di dieci fasce di potenza degli impianti predeterminate. Sanremo e Castellammare di Stabia hanno fissato importi diversi per le caldaie installate in una prima o in una seconda casa o per quelle di un' attività commerciale. Il Comune o la Provincia di Lecce così come quella di PesaroUrbino hanno imposto una somma anche Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 8 29 settembre 2014 Pagina 32 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione per comunicare la messa a norma dell' impianto in seguito a un' ispezione per irregolarità. Una cifra che normalmente, in altri territori, è inclusa nella lauta "ammenda" che già scatta in sede di verifica. La Provincia di Brindisi, al contrario, applica una sanzione se l' autodichiarazione non è trasmessa in modo corretto mentre la Provincia di Lecce ha previsto un bollino ad hoc in caso di dismissione di impianto. Ma forse il caso più eclatante è quello della Provincia di Savona che chiede, peraltro con cadenza annuale, un bollino persino per gli split domestici. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 9 29 settembre 2014 Pagina 32 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Impianti. Gli enti locali scelgono le apparecchiature da ispezionare, le società a cui affidare il servizio e persino i modelli da compilare. Sulle caldaie controlli senza standard Alle regole europee, statali e regionali si aggiungono le indicazioni di Comuni e Province. PAGINA A CURA DI Maria Chiara Voci Non bastano le norme europee, quelle statali e quelle regionali: sui controlli per gli impianti termici, di fatto, sono Province e Comuni a "dettare" legge, sia sotto il profilo della frequenza che sotto quello delle tariffe. Con il risultato di un faidate senza limiti. C' è chi, come Civitanova Marche, ha affidato i controlli, anziché a un' agenzia per l' energia, al centro di ecologia e climatologia dell' Osservatorio geofisico sperimentale. Chi ha stabilito, come Sanremo e Castellammare di Stabia, importi diversi per il bollino, a seconda che si tratti di una prima o una seconda casa. Chi preleva la tariffa delle verifiche, come Scandicci o Sesto Fiorentino, dalla bolletta del gas e senza attendere l' effettivo controllo e l' invio dell' autodichiarazione. Lo spaccato emerge da un monitoraggio realizzato per il Sole 24 Ore del lunedì, dalla società di consulenza e formazione tecnico normativa «Etraining». Ciò che emerge è allarmante: nonostante il controllo delle caldaie a gas naturale (cioè il 95% degli impianti installati nelle case e negli uffici d' Italia) sia regolato da una norma comunitaria (Direttiva 2010/31/UE) e da una legge nazionale (Dlgs 192/2005 attuato dal recente Dpr 74/2013), nei fatti le regole sono differenti, città per città. Le Regioni Tolta l' Unione europea e lo Stato, le Regioni sarebbero le uniche secondo la clausola di cedevolezza del titolo V della Costituzione ad avere facoltà di varare norme, per recepire senza stravolgimenti le leggi nazionali e comunitarie adattandole al contesto locale. Tuttavia solo quattro di loro (Lombardia, Umbria, Emilia Romagna e Veneto) hanno recepito la direttiva 2010/31/Ue. Nove governi regionali e province autonome sono ancora ferme alla Direttiva precedente 2002/91/CE, mentre in otto territori nulla è mai stato approvato. In compenso, a scendere in campo ci hanno pensato le Province o addirittura i Comuni: questi enti, sopra i 40mila abitanti, dovrebbero avere l' unico compito di organizzare i controlli, non di scrivere leggi. Tanto più che spesso le regole varate risultano in contrasto con quanto deciso da Roma e da Bruxelles. Ma procediamo per esempi. La direttiva europea prescrive controlli obbligatori per le caldaie sopra i 20 kW in caso di riscaldamento e i 12kW in caso di condizionamento. Già di suo, il Dpr 74/2013 ha allargato in Italia la platea degli Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 10 29 settembre 2014 Pagina 32 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione impianti soggetti a verifiche, fissando per il riscaldamento l' obbligo sopra i 10 kW. Ma ancora più in là si è spinta la Lombardia, dove le ispezioni scattano sopra i 5 kW. Che, di fatto, significa far partire ispezioni su 3,5 milioni di impianti, altrove esonerati. Altro caso. Secondo la recente norma di attuazione Dm 10 febbraio 2014 (la cui entrata in vigore è stata prorogata al 15 ottobre) caldaie e impianti di climatizzazione dovranno essere dotati di un libretto e, se soggetti a controlli, di un rapporto di verifica, stilati secondo un preciso modello, uguale per tutti. Nella pratica non è così. In Lombardia e in Veneto, infatti, la modulistica da utilizzare è differente. L' Europa e lo Stato prevedono, poi, controlli sia per gli impianti invernali che estivi. Tuttavia, in Provincia di Matera, ad esempio, il regolamento, modificato dopo l' entrata in vigore del Dpr 74/2013, contiene un' interpretazione "fantasiosa": sono infatti esclusi dall' accertamento gli impianti di condizionamento. Al contrario, vanno a rapporto le caldaie per uso sanitario superiori ai 10 kW (cioè la quasi totalità), nonostante queste siano esplicitamente escluse a livello nazionale. Chi esegue i controlli In genere, il compito spetta ad agenzie per l' energia o società in house. Ma non mancano eccezioni. La Provincia e il Comune di Isernia hanno affidato l' attività, senza alcuna gara, a una società misto pubblicoprivata che vede all' interno della compagine anche tecnici manutentori (cioè coloro il cui operato dovrebbe essere oggetto di verifica). Il Comune di Fasano che non arriva a 40mila abitanti ha affidato i controlli ad una società privata, dimenticandosi che il compito spetterebbe alla Provincia di Brindisi. Quest' ultima, a sua volta, ha provveduto a dare l' incarico a un proprio ente. Risultato: in due sono sullo stesso bacino. Estremo e finale paradosso: quando si parla di controlli d' impianto in Italia ci si riferisce a verifiche attuate per il solo rendimento energetico. Giocoforza i tecnici dell' ente locale che entrano nelle case, finiscono con il riscontrare e correggere eventuali problemi anche sul fronte della sicurezza. Compito che però non sarebbe loro richiesto, visto che su questo fronte si è ancora in attesa della pubblicazione di un decreto, previsto già da dicembre 2007. Non è mai arrivato. © RIPRODUZIONE RISERVATA. MARIA CHIARA VOCI Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 11 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Gare. Dichiarazioni. Appalti, caos sanzioni sugli errori delle imprese Alberto Barbiero Le stazioni appaltanti non possono più escludere le imprese da una gara per una dichiarazione sostitutiva mancante o irregolare, ma devono sanzionarle e chiedere la regolarizzazione, con un procedimento che presenta vari problemi. Le nuove norme introdotte nel Codice appalti dalla legge 114/2014 mirano a garantire la massima partecipazione, evitando che la dimenticanza di una dichiarazione, magari per semplice distrazione di chi ha preparato l' istanza, comporti l' esclusione dalla gara. Nel Dlgs 163/2006 è stato quindi introdotto all' articolo 38 il comma 2bis, il quale prevede che la mancanza, l' incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive relative al possesso dei requisiti generali obbliga il concorrente al pagamento, in favore della stazione appaltante, di una sanzione pecuniaria, che deve essere stabilita dall' amministrazione aggiudicatrice nel bando. Il range della sanzione è individuato tra l' uno per mille e l' uno per cento del valore della gara (quindi con riferimento alla base d' asta), ma con un massimale di 50mila euro. La prima criticità rilevante deriva proprio dall' applicazione della sanzione, in quanto la disposizione individua fattispecie differenti di violazioni delle regole di gara: la mancanza, l' incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive, per cui necessiterebbe, in base al principio della gradualità, un' articolazione in base alla diversa gravità delle infrazioni. Nei primi bandi di gara emanati con la nuova norma, tuttavia, la scelta effettuata da molte stazioni appaltanti si è concretizzata nella definizione di una sanzione unica. La norma richiede inoltre che il versamento della sanzione sia garantito dalla cauzione provvisoria, quindi con possibilità di escussione parziale solo quando il concorrente non paghi. Tuttavia molte Pa hanno scelto di prevedere nel bando anche un' integrazione supplementare del valore della garanzia provvisoria, corrispondente alla sanzione, determinando un maggior onere per le imprese. Il nuovo comma 2bis prevede che la stazione appaltante richieda al concorrente di rendere la dichiarazione mancante, di completarla o di regolarizzarla, dando un termine massimo di 10 giorni. Solo se l' operatore non provvede, l' amministrazione potrà escluderlo. La regolarizzazione, peraltro, non è correlata al pagamento della sanzione, quindi le imprese che abbiano reso o completato le dichiarazioni insufficienti sono ammessi alla gara, indipendentemente dall' assolvimento della sanzione. Problemi altrettanto rilevanti sono determinate dal nuovo articolo 46, comma 1ter del Codice appalti, introdotto anch' esso dalla legge 114, il quale prevede che le disposizioni del comma 2bis si applicano Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 12 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara. Proprio il riferimento agli elementi che devono essere prodotti in gara induce a ritenere che questi non siano riferiti tanto al contenuto delle dichiarazioni sostitutive, quanto ai documenti che devono essere presentati in gara. Questa lettura ha portato molte Pa a disciplinare nel bando la sottoposizione alla sanzione e alla regolarizzazione anche di situazioni come la mancata presentazione della cauzione provvisoria o dell' attestazione di pagamento del contributo gare, che sono invece obblighi per la partecipazione alla gara. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 13 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Contabilità. In arrivo un correttivo all' armonizzazione per uniformare le scadenze. Bilancio consolidato al 30 settembre per tutti Gianni Trovati Le scadenze per il bilancio consolidato, che la riforma della contabilità chiede agli enti locali, sarà riallineati al 31 settembre, cancellando il termine del 31 luglio fissata dall' ultimo decreto legislativo "correttivo" approvato dal Governo a inizio agosto (Dlgs 126/2014, nella parte in cui ha modificato l' articolo 151 del testo unico degli enti locali). La modifica, che potrebbe arrivare c o n l a l e g g e d i stabilità, serve appunto a riordinare un groviglio di date che si era parecchio intricato dopo l' ultimo intervento. Con la riforma della contabilità, al preventivo e al rendiconto si affianca anche il bilancio consolidato, chiamato a dare evidenza dei risultati del "gruppo" ente locale rappresentato dal Comune e dalle sue principali realtà partecipate. Per questo nuovo strumento era stata indicata la data del 30 settembre. A stabilirla era l' articolo 18, comma 1 lettera c) del Dlgs 118/2011, vale a dire il primo provvedimento attuativo dell'«armonizzazione» contabile negli enti territoriali, e la stessa data ritorna nell' allegato 4/4, quello che riporta il principio contabile sul consolidato. Tutto chiaro, quindi, fino all' intervento del decreto "correttivo" di agosto, che ha ritoccato una serie di regole della nuova contabilità ma è inciampato sul calendario, fissando la nuova scadenza per il consolidato al 31 luglio senza cancellare le altre norme che prevedono il 30 settembre. Di qui l' esigenza di un' altra correzione, che probabilmente sarà scritta nella legge di stabilità e riporterà il termine al 30 settembre. È questa, infatti, la data che sembra più logica nel tentativo di avviare una reale applicazione del nuovo bilancio, che impone agli enti locali di raccogliere dagli organismi partecipati (esclusi quelli considerati «irrilevanti» dai nuovi parametri) i dati necessari al consolidamento;una sfida che rimane comunque difficile se si guarda alla ricchissima storia recente delle proroghe a pioggia per i preventivi. Non solo: gli orientamenti che emergono dalla Ragioneria generale sembrano garantire una certa dose di flessibilità anche alle scadenze per le centinaia di enti locali già impegnati nella sperimentazione della riforma. Anche per loro, infatti, l' evoluzione della normativa che indica il termine a regime a fine settembre permette di applicare la stessa scadenza in modo generalizzato, superando le regole diverse previste per gli "sperimentatori" di quest' anno. In prima battuta, la girandola delle date riguarderà proprio queste amministrazioni. Gli altri, infatti, dopo i correttivi portati dal Dlgs 126/2014 potranno rinviare l' adozione del consolidato al 2016, mentre un anno in più di tempo è concesso ai Comuni che contano meno di 5mila abitanti. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 14 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione GIANNI TROVATI Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 15 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Personale. Possibili più criteri di calcolo. Fondi decentrati, tagli «flessibili» per il turn over Arturo Bianco Nella costituzione del fondo per le risorse decentrate del 2014 Regioni ed enti locali devono verificare il puntuale rispetto dei vincoli dettati dai contratti nazionali, disponendo l' eventuale recupero. A tal fine possono utilizzare i nuovi strumenti previsti dal D 16/2014. Lo ricorda la circolare con cui i ministri di Economia, Affari regionali e Pa hanno ufficializzato il documento approvato dalla Conferenza Unificata lo scorso luglio sull' applicazione della "sanatoria" dei contratti decentrati illegittimi. La costituzione del fondo del 2014 è un adempimento assai rilevante: la legge di stabilità ne ha fatto la base (analogamente a quanto i contratti nazionali hanno disposto per i fondi del 1999 e poi del 2004) su cui determinare gli importi degli anni successivi. La maggioranza degli enti sta procedendo solo ora alla costituzione del fondo in quanto, erroneamente, si subordina l' operazione all' approvazione dei preventivi. Il che non è previsto da alcuna legge o contratto, ed è inopportuno poiché determina ritardi nell' avvio della contrattazione decentrata. L' attenzione deve essere dedicata al rispetto dei vincoli dettati dai contratto nazionale per l' incremento dei fondi, sempre nel tetto del 2010. L' ente deve avere rispettato il patto e i vincoli alla spesa del personale. Inoltre, per incrementare il fondo, entro il tetto dell' 1,2% del monte salari 1997, deve assumere una specifica deliberazione, da motivare in relazione a risparmi conseguiti o al miglioramento dei servizi, e acquisire l' attestazione dell' organismo di valutazione. Per incrementarlo in relazione all' attivazione di nuovi servizi o al loro miglioramento occorre adottare una deliberazione nella fase iniziale dell' anno, in cui si dimostri la finalizzazione dell' incremento al miglioramento delle attività. L' aumento deve essere quantificato con criteri oggettivi, di regola non va ripetuto nel corso degli anni e va erogato dopo il conseguimento dell' obiettivo. Altro errore da evitare, che depaupera il fondo, è la mancata inclusione delle risorse utilizzate per l' adeguamento ai miglioramenti contrattuali degli importi delle progressioni orizzontali dei dipendenti cessati. Sulla base delle indicazioni contenute nella circolare non c' è un unico criterio da utilizzare per la quantificazione dei tagli al fondo a seguito della diminuzione del personale. Di conseguenza, non maturano responsabilità se non si utilizza quello della media aritmetica del personale in servizio scelto dalla Ragioneria dello Stato, preferendo quello delle diminuzioni effettive suggerito dalla Corte dei conti della Lombardia e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni. Si deve infine sottolineare la condizione di pesante incertezza che grava sull' applicazione della "sanatoria", che sta portando i singoli enti a cercare soluzioni in ordine sparso o a restare fermi: Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 16 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione conseguenza pressoché obbligata della mancanza di indicazioni applicative univoche. Proprio il rischio che si voleva evitare delegando la soluzione dei dubbi alla Conferenza Unificata. © RIPRODUZIONE RISERVATA. ARTURO BIANCO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 17 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Partecipate. Le nomine dopo il Dl Pa. Incarichi gratuiti e rimborsi tassati Domenico Luddeni L' articolo 16 del decreto di riforma della Pa impone ai dipendenti delle amministrazioni nominati in società partecipate di riversare i compensi all' ente di appartenenza, fatto salvo il diritto al rimborso delle spese documentate. Il trattamento fiscale dei rimborsi spese nell' ambito del reddito di lavoro dipendente è regolato dall' articolo 51, comma 5, del Tuir, che stabilisce che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente i rimborsi spese relativi a trasferte effettuate fuori dal territorio del Comune in cui si trova la sede di lavoro del dipendente nei limiti previsti dall' articolo stesso. Quando la trasferta si realizza nel territorio del Comune, si applica l' ultimo periodo del comma 5, che fa rientrare queste somme nel reddito. Anche la prassi, con la risoluzione n. 10/816 del 27 giugno 1975, ha ribadito che «nessuna esclusione dall' imposizione è consentita per le eventuali somme corrisposte dal datore di lavoro ai propri dipendenti a titolo di rimborso delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometriche, per l' attività lavorativa esplicata nell' ambito del Comune in cui si trova la sede di lavoro» precisando che nel caso di attività svolta nel Comune sede di lavoro, le somme sono considerate integrazioni della retribuzione e assoggettate ad Irpef cumulandole con la retribuzione. Di conseguenza la nomina conferita dall' amministrazione per un incarico da svolgersi nel Comune sede di lavoro del dipendente comporterà degli oneri per quest' ultimo, in quanto oltre a dover riversare il compenso erogato dalla partecipata, egli riceverà un rimborso spese inferiore a quanto effettivamente speso, posto che le spese diverse da quelle di trasporto documentate dal vettore, vitto e alloggio tipicamente, si cumulano con la retribuzione e subiscono le vigenti ritenute previdenziali ed erariali, tanto più elevate quanto maggiore è l' aliquota marginale del dipendente. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 18 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore Pubblica amministrazione Investimenti. Franchigia rigida ma esclusione utilizzabile fino a fine anno. Più tempo per gli sconti sul Patto Maurizio Delfino La querelle tra Economia e Comuni sull' utilizzo degli spazi sul Patto d i stabilità in conto capitale del primo semestre 2014 concessi dalla legge di stabilità ha visto un primo responso nell' articolo 4, comma 7 del Dl 133/2014, che ha accolto la tesi ministeriale dando più tempo, fino al 31 dicembre 2014, agli enti locali per adeguarsi. L' arco temporale entro cui assorbire gli spazi Patto concessi, fermo restando il pagato del primo semestre 2014, passa dal primo semestre all' intero anno, ma comunque con le regole fissate dall' interpretazione ministeriale, secondo cui la franchigia relativa al pagato a titolo II (come da articolo 1, comma 535 della legge 147/2014, che ha introdotto il comma 9 bis all' articolo 31 legge 183/2011) si applica s o l o s e l ' ente locale ha pagato in conto capitale, competenza e residui, almeno il doppio della franchigia stessa. Le istruzioni della Ragioneria generale dello Stato, portano a indicare, in sede di certificazione, nella cella S16 i pagamenti in conto capitale, residui e competenza, effettuati nel primo semestre 2014 nei limiti degli spazi ottenuti. Nella cella PagCap vanno indicati gli ulteriori pagamenti in conto capitale (rispetto a quelli oggetto di esclusione indicati in S16) effettuati utilizzando i maggiori spazi finanziari derivanti dall' esclusione del comma 9bis. Questi pagamenti indicati in PagCap, precisa la Rgs, non costituiscono un' ulteriore esclusione dal saldo finanziario, ma vanno indicati solo per verificare la corretta applicazione della norma. Secondo la norma, sostiene la Ragioneria, l' ente deve dimostrare che i maggiori spazi siano stati utilizzati solo per pagamenti in conto capitale. In altri termini, secondo l' originaria formulazione, se il Comune ha ricevuto spazio Patto per 40, ma ha complessivamente pagato nel primo semestre in conto capitale 50, può decurtare solo 10 dal Patto. Se ha complessivamente pagato 30 decurta zero; se ha pagato 60 decurta 20, se ha pagato 90 decurta 40. Adesso il Dl 133/2014 modifica l' articolo 31, comma 9bis, della legge 183/2011 in due punti. Al primo periodo, dopo le parole «i pagamenti in conto capitale sostenuti» è inserito «nel primo semestre»; al terzo periodo, le parole «derivanti dal periodo» sono sostituite da «derivanti dall' esclusione di cui al periodo» e le parole «nel primo semestre dell' anno» sono sostituite da «entro l' anno». Per il 2014 nel saldo finanziario non sono considerati (per un importo non superiore allo spazio) i pagamenti in conto capitale sostenuti nel primo semestre dagli enti, che utilizzano i maggiori spazi finanziari solo per pagamenti in conto capitale da sostenere entro il 2014. Quindi è rilevante, per l' esclusione, il solo pagato in conto capitale nel primo semestre, nei limiti della franchigia ottenuta. La condizione è che entro fine anno sia pagato complessivamente a titolo II almeno il doppio. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 19 29 settembre 2014 Pagina 34 Il Sole 24 Ore < Segue Pubblica amministrazione Ne consegue, riprendendo l' esempio, che se lo spazio assegnato è 40 e l' ente nel primo semestre 2014 ha pagato solo 50 (quindi con beneficio di soli 10), avrà tempo fino al 31 dicembre prossimo per pagare almeno 80 e ottenere così il beneficio assegnato di 40. Ma se l' ente ne primo semestre ha pagato 30 ed entro fine anno pagherà 80, potrà comunque decurtare solo 30 non i 40 attesi, in quanto rileva sempre il pagato del primo semestre; nel secondo semestre è possibile solo recuperare la condizione necessaria al beneficio. Non tutti gli enti però potranno permettersi questo per esigenze di copertura finanziaria, di rispetto del saldo complessivo patto stesso e di tempi. In altri termini non tutti hanno fatture da liquidare su investimenti già fatti e di conseguenza pur avendo pagato un importo pari alla franchigia non avranno i benefici attesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 20 29 settembre 2014 Pagina 1 Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione Tasi, assurde complicazioni Delibere comunali di 600 pagine, scritte a penna, con equazioni complesse, con detrazioni «per disabilità superiori al 100%» o aliquote più alte di quelle di legge. Si chiama Iuc, imposta unica comunale, ma non si capisce perché: si tratta infatti di tre tributi ben distinti. La Tasi, imposta sui servizi indivisibili, la Tari, tassa sui rifiuti e l' Imu, imposta sugli immobili. Tre imposte completamente diverse per presupposto, modalità di calcolo, soggetti passivi. Unite solo dalla confusione che ripetuti interventi normativi sono riusciti a creare. Adesso è la volta del primo acconto Tasi per la maggior parte dei comuni italiani, cioè tutti quelli che non sono riusciti ad approvare le delibere entro il 31 maggio, ma le hanno approvate entro il 10 settembre e pubblicate entro il 18 settembre. Mai come in questa occasione i cittadini italiani dovranno subire i perversi effetti di una politica fiscale orientata da demagogia e pressapochismo e un' attribuzione di poteri regolamentari agli enti locali che hanno creato, a danno dei contribuenti, una vera e propria galleria degli orrori. Tanto per cominciare è il contribuente, o un professionista da lui delegato (e pagato), che deve preoccuparsi di capire i meccanismi dell' imposta ed effettuare i calcoli per la sua quantificazione: i pochi comuni che hanno cercato di inviare un bollettino precompilato, si sono trovati sommersi dalle proteste dei contribuenti che hanno riscontrato valanghe di errori. La prima cosa da fare è trovare la delibera del comune (o dei comuni) nel quale è ubicato l' immobile. Ci si può collegare al sito http://www.finanze.it/export/finanze/index.htm e digitare il nome del comune. La delibera potrebbe non essere presente (e allora, probabilmente, significa che l' acconto del 16 ottobre non è dovuto e si pagherà in unica rata entro il 16 dicembre). Ma il contribuente potrebbe anche avere la brutta sorpresa di trovarsi di fronte a più delibere. In questo caso non basterà leggere l' ultima in ordine di tempo. Bisogna leggerle tutte, perché dopo la prima delibera (e il primo regolamento), il comune spesso ha introdotto modifiche che vanno integrate con il primo testo. In alcuni casi si tratta di 500/600 pagine. In altri casi, come per esempio nelle delibere del comune di Palermo, alcune modifiche sono fatte a penna, con una grafia incomprensibile. In questi casi non resta che telefonare in municipio per avere l' interpretazione autentica, sperando che dall' altra parte qualcuno risponda. Altre volte le delibere comunali sono incomprensibili, o palesemente errate. Per esempio il comune di Flero ha previsto, per calcolare la detrazione sull' abitazione principale una Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 21 29 settembre 2014 Pagina 1 < Segue Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione formula che prevede frazioni, parentesi tonde, quadre e graffe. Anche l' equazione prevista dal comune di Ferrara richiede un certo impegno per essere risolta. Ripabottoni ha invece previsto una detrazione di 200 euro a favore dei nuclei famigliari in cui sia presente un soggetto con «disabilità superiore al 100%». Ad Agropoli è prevista l' aliquota dell' 1,5 per mille per le unità immobiliari «in uso a familiari», lasciando nell' incertezza il grado di parentela. Bologna fissa ben 24 diverse misure della detrazione da applicarsi all' abitazione principale. Ci sono poi moltissime delibere formulate in modo ambiguo: per esempio a Milano non si capisce se la detrazione per figli a carico sia limitata ai redditi più bassi o sia indipendente dal reddito dichiarato. O comuni che hanno fissato aliquote più alte rispetto a quelle previse dalla legge. E che dire della riduzione del 50% dell' imposta prevista nel comune di San Marco dei Cavoti a favore di chi adotta un cane randagio? Anche sulle scadenze si è esercitata la fantasia perversa degli enti locali, costringendo così chi non vuole sbagliare a una attenta lettura delle delibere anche per verificare questioni che dovrebbero essere già risolte in via legislativa. Quanto tempo dovranno perdere i cittadini italiani e i loro consulenti per stare dietro a questo delirio normativo? Non è accettabile, in un paese civile, un' imposta che ha un costo di adempimento superiore al gettito realizzato. O forse l' Italia non è più un paese civile. P.S. ItaliaOggi ha cercato di offrire un servizio utile ai suoi lettori rendendo disponibile sul proprio sito (www.italiaoggi.it) il programma di calcolo della Tasi realizzato da Anutel: un software che tiene conto di tutte le delibere comunali già depositate e che cerca di condurre l' utente al risultato finale, calcolo dell' imposta e stampa del modello F24, nel modo più semplice e pratico possibile. All' interno di questo numero di ItaliaOggi7 viene inoltre pubblicato un inserto estraibile con una Guida alla Tasi che dovrebbe risolver la maggior parte dei dubbi dei lettori. Buona lettura. © Riproduzione riservata. MARINO LONGONI [email protected] Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 22 29 settembre 2014 Pagina 202 Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione Gli avvocati bocciano la modifica introdotta dal governo per accelerare i giudizi. Processo amministrativo, condannare alle spese non serve Il processo amministrativo funziona ed è efficiente così com' è, sia nei modi che nei tempi. È quanto sostengono gli avvocati amministrativisti, nonostante il «decreto semplificazioni» (dl n.90 del 24 giugno 2014 convertito nella legge n. 114 dello scorso 11 agosto) agli articoli 4042 abbia dato il via a misure che portano a una ulteriore «velocizzazione dei giudizi amministrativi». Il tutto da realizzare attraverso l' invio telematico di comunicazioni e notifiche, insieme al disincentivo delle liti temerarie, punite con un aumento delle spese di giudizio pari al 10% del valore della controversia. Secondo le intenzioni del governo, il provvedimento servirà a risolvere il problema dei tempi lunghi dei procedimenti amministrativi che avrebbero scoraggiato gli investimenti, soprattutto quelli esteri verso l' Italia. I legali intervistati da Affari Legali non sono d' accordo, secondo loro di queste norme non si sentiva un reale bisogno. In molti sottolineano come la maggior parte delle controversie in tema di appalti sia ad oggi decisa, in primo grado, in un arco temporale che va dai quattro ai sei mesi dalla notifica del ricorso. Secondo Tiziana Fiorella di Roedl & Partner, chi lavora in questo settore del diritto non sentiva un reale bisogno di nuove norme: «Del resto l' accelerazione è limitata al contenzioso sugli appalti e non si estende al processo amministrativo in generale, che è già piuttosto celere, soprattutto se confrontato con il processo civile e quello penale». Dello stesso parere è anche Alessandro Botto partner di Legance Avvocati Associati e già componente del Consiglio di Stato, capo di gabinetto del ministro della Funzione pubblica e di quello del Commercio con l' estero, segretario generale dell' Agcom e componente dell' Avcp: «Probabilmente non ce n' era bisogno, tenuto conto che la norma vigente già consentiva un' adeguata condanna per lite temeraria della parte soccombente. Si rischia ora di creare confusione e sovrapposizione di sanzioni. L' esperienza insegna che è meglio infliggere sanzioni, anche di minore entità, ma certe nei loro presupposti e nella loro applicazione». Questi interventi sul processo amministrativo, anche se riferiti alla sola materia degli appalti, non colgono nel segno, secondo Filippo Satta, fondatore dell' omonimo studio legale. «Non si può fare di ogni erba un fascio: ci sono cause semplici e cause difficili, difficilissime, in cui ad esempio può ravvisarsi un contrasto tra la norma italiana e quella comunitaria. Il caso tipico è quello Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 23 29 settembre 2014 Pagina 202 < Segue Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione delle cause di esclusione previste dall' art. 38 del codice degli appalti. Porre termini fissi per la pubblicazione di una sentenza non mi sembra corretto. In alcuni casi è certamente possibile, in altri, certamente no». Per l' amministrativista non si deve poi dimenticare «che il numero di giudizi depositati presso il giudice amministrativo è elevato. Di fronte al solo Tar Lazio si parla di 10.000 nuovi ricorsi all' anno. Se si applicasse rigorosamente la norma dell' art. 42 che introduce il nuovo comma 6 bis dell' art. 120 cod. proc. amm. la gestione di tutti questi ricorsi, specie di quelli con esigenze cautelari serie, diverrebbe difficilissima. E poi non solo gli appalti hanno carattere di urgenza». Sulla soccombenza, Satta è molto contrario: «l' idea che il soccombente debba essere punito è da deplorare. Certo si vedono ogni tanto ricorsi che 'gridano vendetta'. Ma proprio per questi esiste la figura della lite temeraria, che è cosa molto diversa dalla punizione del soccombente. Comunque, questa norma sembra in chiaro contrasto con la cosiddetta 'direttiva ricorsi' dell' Ue». Le novità introdotte con il Dl 90/2014 vanno nella direzione di consentire un più facile accesso alla giustizia da parte di chi ritenga di poter ottenere una decisione favorevole, mirando ad eliminare, di fatto, una significativa porzione di contenzioso su casi la cui previsione di esito favorevole risulta ex ante incerta. Per Antonella Terranova, socio di De Berti Jacchia Franchini Forlani con questa chiave di lettura vanno valutate la possibile condanna per lite temeraria e l' obbligo di prestazione di cauzione in caso di provvedimenti di sospensione degli atti di gara impugnati in materia di appalti, a fronte di un' accelerazione di taluni procedimenti (rito appalti) e dell' implementazione definitiva di un efficiente sistema di processo telematico. In particolare, sottolinea l' avvocato «il rito appalti ha subito un' ulteriore spinta verso la velocizzazione dell' adozione delle pronunce, attraverso l' introduzione di una tempistica davvero accelerata e premiante, lo si ripete, per coloro che otterranno una pronuncia satisfattiva, peraltro in forma semplificata». Con riferimento poi alla introduzione di una sanzione ad hoc per il caso «di decisione fondata su ragioni manifeste», Mauro Pisapia, partner dello Studio Lombardi Molinari Segni rileva come, si tratti di duplicazione «di dubbia legittimità della condanna per lite temeraria già prevista nel codice del processo amministrativo (cfr. in particolare l' art. 26 che, al primo comma, richiama espressamente la previsione di cui all' art. 96 del c.p.c. in tema di risarcimento danni su istanza di parte per «responsabilità aggravata», e al secondo comma, contempla pure la condanna d' ufficio per condotta in mala fede della parte soccombente)», e sulla previsione della possibilità di condanna fino all' 1% del valore della commessa pubblica a carico della parte soccombente osserva che «stante la scarsa propensione del giudice amministrativo a disporre la condanna alle spese allorché la parte soccombente sia rappresentata dalla pubblica amministrazione, tale novità normativa rischia di risultare eccessivamente penalizzante per il privato ricorrente, e ciò sia che si trovi ad essere condannato a pagare questo nuovo balzello processuale in caso di rigetto del ricorso, sia che, pur vincendo la causa, non trovi adeguato ristoro a seguito della ritrosa applicazione della norma nei confronti della pa soccombente». Per Damiano Lipani name partner dello studio Lipani, le nuove norme lasciano presagire gravi difficoltà applicative, senza garantire risultati che siano veramente «ulteriori» rispetto a quelli già raggiunti e fa alcuni esempi: «Innazitutto, la previsione, sempre e comunque, di mere sentenze semplificate non tiene conto della complessità e della articolazione dei contenziosi in materia di appalti, rischiando di pregiudicare l' approfondimento istruttorio e la completezza del corredo motivatorio; c' è poi una contrazione dell' istruttoria in soli trenta giorni, che egualmente non tiene conto dell' accennata ricorrente complessità delle fattispecie che caratterizzano la materia. Inoltre c' è la subordinazione dell' efficacia della misura cautelare alla prestazione di una cauzione, che collide con il diritto di difesa e con il sistema dello stand still di matrice comunitaria». La vera svolta del contenzioso amministrativo in materia di appalti sarebbe secondo Lipani nella Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 24 29 settembre 2014 Pagina 202 < Segue Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione modifica delle norme sostanziali, anziché di quelle processuali: «si pensi all' art. 38 del Codice appalti (relativo alle dichiarazioni 'di moralità' che amministratori e procuratori delle società che partecipano alle gare pubbli che devono rendere) e alla numerosità delle controversie, molto spesso strumentali, che ha originato». È sulle disposizioni «sensibili» del Codice appalti che si deve lavorare in modo serio per scongiurare il contenzioso non certo su un processo già effica ce e funzionante e, comunque, di sicuro non in modo da comprimere ulteriormente il diritto di difesa». A queste novità si accompagna anche l' aumento del contributo unificato che solleva dubbi e perplessità come sottolinea l' avvocato Terranova, «anche in considerazione della pendenza di un rinvio pregiudiziale della Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige Sezione di Trento, con ordinanza 29.01.2014 n.23, che ha rimesso alla Corte di Giustizia la question e della compatibilità dei precedenti aumenti con le direttive europee in materia di appalti pubblici». Secondo Lipani l' unico neo del processo amministrativo era, ed è tuttora, «l' onere, davvero eccessivo, ai limiti dell' incostituzionalità, come rilevato anche da una parte della magistratura amministrativa ed infatti sottoposto al giudizio della Corte di Giustizia Europea, previsto per l' accesso alla giustizia: quel contributo unificato da migliaia di euro, che lungi dal deflazionare il contenzioso si è tradotto in motivo di ulteriore sperequazione tra imprese più forti e strutturate ed imprese mediopiccole. Peraltro, sembra evidente che il vero obiettivo dell' imposizione di un onere così rilevante è sì ridurre il contenzioso, ma al solo fine di non dover corredare gli uffici giudiziari di dotazioni, in ter mini di organizzazione e di personale, invece assolutamente necessarie per amministrare la giustizia». Affari Legali ha chiesto ai professionisti del settore non troppo convinti dell' effettivo bisogno di questa norma dove e come sarebbe stato più utile intervenire. L' opinione di Tiziana Fiorella è che «sarebbe forse stato opportuno intervenire a monte, sulle regole del procedimento amministrativo, sulle esigenze di snellezza e concentrazione, sulla preparazione degli operatori della P.a. che le regole le applicano, sull' emanazione di norme chiare, efficaci, di applicazione e d interpretazione univoche, che diano certezza al diritto nel momento della sua applicazione concreta. Solo così è possibile ridurre il contenzioso, limitando concretamente i motivi per ricorrere alla giustizia amministrativa». Secondo Filippo Satta uno snodo cruciale per migliorare l' efficienza del processo amministrativo sarebbe l' accorpamento dei ricorsi, in modo da avere udienze 'tematiche'. «Questo richiederebbe naturalmente anche un coordinamento delle informazioni ai partecipanti alla gara (ed agli esclusi da essa) in modo da fissare un termine unico per i ricorsi contro le fasi preliminari ed un altro per il merito» spiega l' avvocato. Per gli avvocati amministrativisti non c' è stata nessuna rivoluzione del settore con l' introduzione di queste norme. Per Doris Mansueto dello studio Macchi di Cellere Gangemi la vera rivoluzione del processo amministrativo deve ancora essere attuata e non può che passare attraverso l' introduzione di norme che diano certezza circa i tempi di definizione del processo ordinario, ovvero «che consentano alle parti del giudizio di sapere quali sono i tempi necessari per ottenere una sentenza su tutti i procedimenti che non sono soggetti al rito accelerato. Resta il fatto che qualunque intervento volto ad accelerare la definizione dei processi amministrativi non può risolvere da solo il problema della carenza degli investimenti in Italia ove si consideri che il vero problema del diritto amministrativo è dato dall' esistenza di troppe norme, spesso poco chiare e non coordinate, e dalla eccessiva lentezza degli iter burocratici». Secondo Botto, invece, non c' è bisogno di una vera rivoluzione, ma di limitati e puntuali aggiustamenti. «Se confrontiamo le statistiche sulla durata dei giudizi», spiega l' avvocato, «ci accorgiamo subito che il processo amministrativo è l' unico che funziona in tempi ragionevoli e che dà risposte adeguate al sistema. Probabilmente ciò è frutto anche della «genesi pretoria» del processo amministrativo, inventato dalla stessa giurisprudenza, e quindi particolarmente duttile rispetto alle esigenze operative e idoneo ad adattarsi alla realtà che cambia nel tempo. Oggi tutto questo è un po' meno vero, tenuto conto Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 25 29 settembre 2014 Pagina 202 < Segue Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione che dal 2010 le regole del processo amministrativo sono state codifi cate, ma il continuo lavorio della giurisprudenza amministrativa si sente comunque in senso benefico». Per Tommaso Paparo, name partner dello studio legale Pietrosanti Paparo & Associati Regula Network, «le modifiche introdotte non hanno una reale portata innovativa o propulsiva verso una maggiore efficacia della giustizia amministrativa, soprattutto in materia di contratti pubblici: sono semmai espressione dell' esigenza invasiva di redigere una disposizione di legge per ogni possibile e/o auspicabile precetto. Un eccesso di produzione normativa che va a sostituirsi e sovrapporsi all' elaborazione giurisprudenziale o ai normali atti di organizzazione ed indirizzo degli organi di governo della magistratura amministrativa. Basti pensare, ad esempio, che il d.lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo) tra i principi generali già prevede quanto ora previsto dalla novella introdotta: in particolare, all' art. 2 , comma 2, che "Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazione della ragionevole durata del processo." ed all' art. 3, comma 2, che "Il gi udice e le parti redigono gli atti in maniera chiara e sintetica"». Inoltre, prosegue Paparo, «l' art. 39 (norma di c.d. "Rinvio esterno") prevede espressamente che "Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.". Basterebbe applicare quindi il cpc, anche per la fase istruttoria, piuttosto che dover sempre scomodare il legislatore. Stessa considerazione per le comunicazioni elettroniche a mezzo pec». Insomma, conclude Paparo, «il d.l. 90 non ha una reale portata innovativa; meglio sarebbe dare corretta e completa attuazione di quanto è già scritto o tracciato. Assume piuttosto un sapore dirigistico che svilisce la sensibilità e la valutazione equitativa del giudice che di norma entra nelle pieghe dei casi concreti assumendo il peso della decisione, anche in ordine alle conseguenze della soccombenza». Le novità sul processo amministrativo di recente introdotte servono o no? La risposta è si, ma non bastano. Per Francesco Sciaudone fondatore e partner di Grimaldi Studio Legale oltre che Professore all' Universitas Mercatorum bisognerà infatti intervenire in modo organico sul processo amministrativo in particolare sul settore dei contratti pubblici, per modernizzarlo in modo da adeguarlo a quanto dovrà essere fatto con il recepimento delle nuove direttive europee su appalti e concessioni (facendo ovviamente attenzione a rispettare anche la cd. Direttiva ricorsi). In particolare, la fase cautelare se è vero che non deve diventare lo strumento per intralciare la realizzazione degli interventi pubblici deve però riacquistare la dignità di un vero e proprio giudizio, con udienze vere e non virtuali come spesso accade per il 'ruolo' impressionante che sono chiamati a gestire i giudici, con la possibilità quindi di un reale confronto tra giudici e avvocati, che consenta di aiutare la risoluzione delle controversie». PAGINE A CURA DI MARIA CHIARA FURLÒ Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 26 29 settembre 2014 Pagina 206 Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione Lo ha affermato il tribunale amministrativo regionale per la campania. P.a. lenta, indennizzo solo se c' è stato un danno È necessario dimostrare che la situazione d' incertezza ingenerata dall' inosservanza del termine di durata del procedimento da parte della pubblica amministrazione abbia prodotto un danno, patrimoniale o non patrimoniale. Lo hanno sottolineato i giudici della V sezione del Tar per la Campania, con sentenza n. 4988 dello scorso 19 settembre. Secondo un recente orientamento giurisprudenziale «la risarcibilità del cosiddetto danno da ritardo "puro", vale a dire del pregiudizio derivante dal solo fatto dell' inerzia dell' amministrazione e a prescindere dalla spettanza del "bene della vita", oggetto del procedimento (ovvero a prescindere dalla conclusione della procedura concorsuale e dall' effettivo inquadramento quali vincitori), implica l' allegazione e prova di tutti gli elementi costitutivi della responsabilità, compresa l' esistenza del danno, che non è in re ipsa (Tar Toscana, Firenze, sez. I, 22 gennaio 2014, n. 138)». Già il Consiglio di stato con una recente sentenza ebbe modo di osservare che «se è vero che l' art. 2bis della legge n. 241/1990 rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle pubbliche amministrazioni, stabilendo che esse e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell' inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, tuttavia, la richiesta di accertamento del danno da ritardo ovvero del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento legittimo e favorevole, se, da un lato, deve essere ricondotta al danno da lesione di interessi legittimi pretensivi per l' ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall' altro, in ossequio al principio dell' atipicità dell' illecito civile, costituisce una fattispecie «sui generis», di natura del tutto specifica e peculiare, che deve essere ricondotta nell' alveo dell' art. 2043 c.c. per l' identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità. Di conseguenza l' ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono, in linea di principio, presumersi «iuris tantum», in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell' adozione del provvedimento amministrativo, ma il danneggiato deve, ex art. 2697 c.c., provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della relativa domanda e, in particolare, sia dei presupposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suo ammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia di quello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneggiante) (Cons. di st. , sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63)» Ciò significa che, «l' art. Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 Continua > 27 29 settembre 2014 Pagina 206 < Segue Italia Oggi Sette Pubblica amministrazione 2bis, comma 1, legge 7 agosto 1990, n. 241, nel prevedere il danno per l' inosservanza del termine di conclusione del procedimento, non collega, però, l' ipotesi risarcitoria al mero superamento del termine procedimentale (senza che sia intervenuta l' emanazione del provvedimento finale), ma pone l' inosservanza del termine normativamente previsto come presupposto causale del danno ingiusto eventualmente cagionato «in conseguenza» dell' inosservanza dolosa o colposa di detto termine» (Cons. di st., sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2543). In pratica, osservano i giudici amministrativi campani, la sola violazione del termine di durata del procedimento, di per sé, non dimostra l' imputabilità del ritardo, potendo la particolare complessità delle attività prescritte o il sopraggiungere di evenienza non imputabili all' amministrazione escludere la sussistenza della colpa. MARIA DOMANICO Riproduzione autorizzata licenza Ars Promopress 20132016 28