CAMERA DEI DEPUTATI XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO) AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELL’ISFOL DR. SERGIO TREVISANATO Roma, 8 ottobre 2009 1 Certificazione degli apprendimenti, validazione e trasparenza delle qualifiche nella prospettiva europea L’ISFOL è impegnato, su incarico del Ministero del Lavoro, della salute e politiche sociali e del Ministero dell’Istruzione, università e ricerca a seguire gli sviluppi dei processi europei (processo di bologna, processo di bruges-copenhagen) relativi alla tematica del lifelong learning, nei suoi diversi aspetti e dimensioni operative. In particolare partecipa dal 1998 ad oggi alla messa a punto di gran parte delle iniziative della commissione europea che forniscono gli input politico-istituzionali che oggi il nostro paese è chiamato a soddisfare. In particolare l’Isfol lavora da tempo ad inquadrare ed approfondire la questione della certificabilità delle competenze comunque acquisite con studi, ricerche, sperimentazioni e ricognizioni sulle pratiche internazionali dalle quali si rileva chiaramente come, soprattutto nella attuale congiuntura economica, demografica e sociale, poter contare su un sistema formativo integrato e di livello europeo nonché poter accertare e validare “a valle” competenze apprese con l’esperienza (oltre che incidere positivamente sui numeri dei reingressi in formazione avvicinando gli obiettivi di Lisbona ancora oggi lontani) potrebbe anche aiutare a dinamizzare alcuni meccanismi rigidi di accesso o mobilità nel mercato del lavoro ovvero, ad esempio, aprire nuove strade a molti lavoratori o aziende in crisi occupazionale, abbattere ostacoli per l’accesso dei cittadini italiani ad alcune professioni e per la mobilità europea e internazionale per studio o per lavoro, fornire basi più affidabili per un accesso di qualità di lavoratori provenienti da altri paesi europei o extraeuropei al mercato del lavoro italiano. Dal dicembre 2008, il Ministero del Lavoro in accordo con il Ministero dell’Istruzione, ha individuato l’ISFOL a svolgere il compito di National Coordination Point relativamente all’EQF. L’adesione (volontaria) all’EQF da parte dei diversi paesi europei renderà effettiva, tra il 2010 e il 2012, la correlabilità e reciproca leggibilità di tutti i titoli e le certificazioni rilasciate nei diversi Paesi UE. Se quindi negli ultimi anni l’Italia, tramite i Ministeri competenti e con il supporto dell’Isfol, ha partecipato attivamente al dibattito e al percorso di elaborazione e lancio delle iniziative comunitarie legate all’EQF, in questa fase dovranno essere messe a punto le necessarie iniziative di coordinamento interistituzionale che assicureranno l’adesione dell’Italia all’EQF entro il 2010, tramite la collocazione di tutti i propri titoli ai citati 8 livelli. Inoltre l’Isfol ha supportato in questi anni le Istituzioni nazionali anche nell’avviare alcune iniziative di respiro nazionale fra le quali: il lavoro del Tavolo tecnico per la costruzione del "Sistema nazionale di standard minimi professionali, di riconoscimento e certificazione delle competenze e di standard formativi" avviato dal Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali a partire dal 2006. Il Tavolo per gli Standard, essenziale al fine di permettere al nostro Paese di aderire al sistema EQF, ha coinvolto soggetti istituzionali (MLSPS, MIUR, Regioni e Province Autonome, Coordinamento delle Regioni, UPI e ANCI) e delle Parti sociali e nel 2008 ha condiviso l’impostazione metodologica del sistema di standard e il lavoro 2 sul piano tecnico sta procedendo alla mappatura e descrizione degli elementi in cui sono articolati gli standard professionali. nell’Istruzione e Formazione Tecnica Superiore sono stati definiti standard delle figure e delle competenze che consentono già oggi il riconoscimento di crediti da esperienza per l’accesso ai percorsi nonché una fruizione personalizzata nella messa a punto del Libretto Formativo del Cittadino che è stato oggetto del Decreto Interministeriale (Ministero del Lavoro e Ministero dell’Istruzione) del 10 ottobre 2005:”Approvazione del modello di libretto formativo del cittadino, ai sensi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 2, comma 1, lettera i)” e sottoposto a sperimentazione tra il 2006 e il 2008 a tutt’oggi rappresenta quale strumento istruttorio e documentale che può intendersi preventivo alla certificazione dell’apprendimento da esperienza) oltre al supporto alle iniziative nazionali l’ISFOL svolge un monitoraggio qualitativo delle numerose pratiche istituzionali o sperimentali attivate nelle Regioni e Provincie Autonome con l’obiettivo di rendere praticabile la certificazione delle competenze comunque acquisite e il riconoscimento dei crediti secondo le logiche europee del lifelong learning. In conclusione si può sostenere che si rilevano numerosi segnali che indicano l’opportunità di lavorare alla realizzazione di standard e dispositivi nazionali per la certificazione delle competenze e che tali dispositivi saranno sempre più legati ad una pluralità di funzioni e fabbisogni sociali emergenti che riguardano sia il lifelong learning (riconoscimento di crediti), sia la fluidificazione e ottimizzazione di alcune dinamiche del mercato del lavoro a livello nazionale ed europeo (certificazione e validazione delle competenze). In particolare la fattibilità di un sistema organico di certificazione a livello nazionale, sistema che rappresenta la strada ottimale per trasformare questa opportunità in diritto esercitabile dai cittadini come indicato dall’UE, è legata alla presenza di alcuni requisiti di sistema che a grandi linee sembrano essere: un insieme di referenziali o standard professionali che descrivano in modo formalizzato ed esaustivo i settori, le figure e le competenze professionali e che servano da base per i processi di certificazione dell’esperienza; la declinazione delle competenze collegate ai diversi titoli e qualifiche rilasciate dai sistemi educativi e formativi in “risultati di apprendimento” (o learning outcomes secondo le indicazioni dell’UE riguardo al quadro EQF) meglio se posti in coerenza con gli standard professionali sopraindicati all’interno di un quadro unico; modelli e procedure specifiche e condivise di certificazione delle competenze (articolate in tipologie sufficienti a coprire le diverse esigenze degli utenti); una struttura organizzativa di sostegno che individui i soggetti deputati a regolare e attuare la procedura di validazione ai diversi livelli e nel rispetto dei diversi ruoli (istituzioni, imprese, servizi sul territorio, figure professionali competenti); Questi requisiti di sistema e questa struttura di processo in fasi rappresentano di fatto la sintesi della maggioranza delle pratiche nazionali ed Europee e costituisce il punto di 3 arrivo di un lungo dibattito di natura tecnica ed istituzionale realizzatosi con il coinvolgimento di numerosi soggetti pubblici e privati. E’ auspicabile che sulla base di tale raggiunta condivisione, questo tipo di attività possa entrare a far parte stabilmente dell’insieme dei servizi per l’apprendimento permanente ed il sostegno all’occupabilità nel quadro di azione previsto dal Fondo Sociale Europeo come già avviene in diverse realtà regionali e che pertanto l’opportunità di veder riconosciuti i propri apprendimenti ovunque e comunque acquisiti si trasformi in diritto concreto ed esercitabile per la maggioranza dei cittadini italiani ed europei contribuendo a transitare la collettività verso una nuova concezione anche culturale di welfare e workfare più legata alla positiva valorizzazione delle risorse piuttosto che, come accaduto in passato, alla affermazione di condizioni di carenza e svantaggio. Formazione Continua Si riscontra in tutto l’articolato della proposta di legge l’assenza di indicazioni sull’importante ruolo che il legislatore ha assegnato alle parti sociali nella promozione e attuazione degli interventi di formazione continua a favore dei lavoratori. Si ricorda che le parti sociali da un lato gestiscono, attraverso i Fondi paritetici interprofessionali, circa il 60% di risorse che derivano dal gettito annuale dello 0,30%; dall’altro sono chiamate, a livello nazionale e territoriale, a dare il proprio contributo alla programmazione delle risorse e degli interventi di formazione continua. Inoltre, le parti sociali possono promuovere la formazione continua anche attraverso la contrattazione collettiva, nazionale e decentrata. Infatti, l’introduzione nei contratti delle tipologie di lavoratori cui destinare prioritariamente gli interventi formativi: precari, donne, lavoratori anziani, ecc; di un monte ore specificamente dedicato alla formazione continua; di elementi di flessibilizzazione dell’orario di lavoro per permettere ai lavoratori di partecipare ad attività formative; di modalità di organizzazione del lavoro che consentono ai lavoratori non soltanto di assumere maggiore responsabilità e autonomia, ma anche di sviluppare nel lavoro le proprie competenze e conoscenze, sono tutti elementi che possono contribuire ad ampliare la platea dei destinatari della formazione continua. Con la contrattazione, le parti sociali possono anche creare le condizioni affinché i lavoratori trovino nella formazione un’effettiva opportunità di crescita professionale, infatti mediante la riforma dei sistemi di classificazione del personale che alcuni contratti hanno realizzato, le competenze dei lavoratori, sviluppate anche attraverso la partecipazione ad attività formative, sono state inserite tra gli aspetti di cui tenere conto nella valutazione sugli avanzamenti di carriera. Note su specifici articoli Dal punto di vista finanziario il disegno di legge introduce tre nuovi istituti: il bonus per la formazione professionale, riservato ai soli soggetti in cerca di prima occupazione, con esclusione dei lavoratori occupati o disoccupati (art.7); la deducibilità fiscale delle spese sostenute per l’iscrizione, le frequenza o la fruizione di corsi, servizi, attività di formazione professionale continua (art. 8, primo comma); 4 altre misure di sostegno agli individui, per favorire la partecipazione alla formazione professionale continua, differenziate a seconda della condizione economica, sociale e lavorativa (art 8, terzo comma). In primo luogo il bonus per la formazione professionale dovrebbe essere finanziato attraverso il Fondo di cui all’articolo 25 della legge 845/78 e successive modificazioni. Questo Fondo è alimentato attraverso il contributo dello 0,30% della massa salariale lorda che le imprese versano all’INPS con la denuncia contributiva (modello DM10 – assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria). Nel corso dell’ultimo decennio il Fondo in questione è stato oggetto di continue attenzioni da parte del legislatore. Da esso si attinge per il cofinanziamento nazionale dell FSE. Ad esso attingono i Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua (per inciso e in linea teorica, se tutte le imprese aderissero ai Fondi Paritetici, il contributo dello 0,30 si indirizzerebbe interamente a questo scopo). A questo stesso Fondo attinge il Ministero del Lavoro (e, per suo tramite, le Regioni) per finanziare le attività formative per gli occupati previsti dalla legge 236/93, che attualmente rappresenta l’unico canale nazionale di finanziamento delle formazione continua. Sempre allo stesso Fondo attingono i recentissimi provvedimenti anticrisi varati dal Governo ed in particolare per il finanziamento dei cosidetti ammortizzatori sociali in deroga. Una stima per eccesso quantifica l’intero contributo dello 0,30 in circa 1.000 milioni di euro l’anno, dei quali più la metà è già indirizzato ai Fondi Paritetici Interprofessionali. Le ipotesi di finanziamento del bonus così come definite dal Disegno di legge 1079 appaiono appaiono difficilmente realizzabili anche considerando: il numero dei possibili percettori (tutte le persone in cerca di prima occupazione); il carattere strutturale dell’istituto; la dinamicità del contributo dello 0,30 che dipende dall’andamento dell’occupazione e dalle dinamiche contrattuali; dalla prevedibile ulteriore espansione dei Fondi Paritetici. In secondo luogo per gli ultimi due istituti citati (la deducibilità fiscale e le altre misure di sostegno) non sembra essere indicata la relativa copertura finanziaria. In relazione a quanto previsto dall’art. 12 (Piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua) si forniscono le seguenti osservazioni: Il comma 1 e il comma 2 descrivono il funzionamento generale del “Piano triennale di azione nazionale per la formazione professionale continua” e prevedono modalità di raccordo tra i diversi soggetti dei sistemi istituzionali di istruzione e di formazione e tra questi e gli altri contesti. • Si osserva che nel testo non si fa esplicito riferimento al ruolo delle Parti sociali. Si suggerisce, a questo proposito, di prevedere una forma di consultazione con le Parti sociali, sia in relazione alla definizione degli obiettivi del sistema nazionale di formazione continua sia dei piani di attività regionali sia, infine, al raccordo tra i soggetti dei sistemi istituzionali di istruzione e di formazione. Il comma 4 prevede misure per l'osservazione continua dei livelli delle competenze dei cittadini e per il monitoraggio e per la valutazione di sistema, affidando le attività di osservazione e di monitoraggio, ove di competenza dello Stato, all'ISFOL (oltre che all’INVALSI). 5 Sempre al comma 4, si prevede la predisposizione di uno specifico rapporto annuale al Governo da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Dal punto di vista giuridico il Disegno di legge non introduce un diritto alla formazione professionale continua concretamente esigibile dai soggetti, ma un diritto condizionato dalla preventiva costruzione di un sistema integrato e funzionante (attualmente in fase appena embrionale) a cui dovranno contribuire un numero elevato di attori istituzionali, economici e sociali. Lo stesso fatto che il “diritto è disciplinato dalle Regioni in relazione alle esigenze delle rispettive aree territoriali e in base alla potestà normativa delle istituzioni regionali” non consentirebbe di ipotizzare un’esigibilità uniforme su tutto il territorio nazionale. Il Disegno di legge si limita ad impegnare l’amministrazione centrale nella definizione delle precondizioni strutturali di un sistema che (ove costituito) consenta l’esercizio del diritto (standard professionali, formativi, di riconoscimento e certificazione, criteri e parametri per l’accreditamento) ma non definisce nella sua completezza quanto previsto dal articolo 117 , secondo comma, lettera m) della Costituzione, che riserva alla determinazione dell’autorità centrale i “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” e neppure pone condizioni di esigibilità. Nell’esperienza francese, l’introduzione del diritto individuale alla formazione e al congedo lavorativo (necessario per renderlo operante, almeno per gli occupati) avviene attraverso la legge che definisce le condizioni di esigibilità e precisi oneri comportamentali a carico dei soggetti coinvolti (in primis, delle imprese). Dal punto di vista delle sistematizzazione e dell’integrazione tra le norme dell’ordinamento, il Disegno di legge appare carente nella misura in cui non integra le sue disposizioni con quelle previste dalla legge 53/00 relative al congedo temporaneo dal lavoro per attività di aggiornamento e riqualificazione. Nel caso in specie il Disegno di legge dovrebbe dedicare una sua parte all’aggiornamento di quelle norme altrimenti la disciplina generale dei congedi resterebbe invariata rendendo difficoltosa l’applicazione delle nuove norme che si intende introdurre. L’esistenza dei Fondi Paritetici Interprofessionali ha modificato alla radice il sistema nazionale di Formazione professionale continua, assorbendo anche gran parte delle disponibilità finanziarie, dell’impegno dei soggetti dell’offerta sui territori e dell’interesse e del coinvolgimento delle imprese . Inoltre, il Disegno di legge comprende tra i soggetti passibili di accreditamento anche le imprese stesse. Tra di esse ci saranno senz’altro le grandi e le medie (quasi tutte già aderenti ai Fondi Paritetici), dotate delle caratteristiche per ottenere l’accreditamento. Ancora, dal primo gennaio 2009 anche i lavoratori delle aziende pubbliche versano il contributo dello 0,30 e potranno aderire ai Fondi Paritetici (già si è costituito il Fondo per i Pubblici Servizi). Infine dal gennaio del 2008 anche l’intero comparto agricolo è entrato a far parte di tale sistema (anch’esso con uno suo Fondo Paritetico ad hoc. A fronte di tutto ciò il Disegno di legge non menziona i Fondi Paritetici e ciò sembra in contraddizione con 6 l’intento di varare una normativa organica in materia di formazione professionale continua. Non si menziona l’Osservatorio Nazionale per la Formazione Continua. Si tratta di un organismo importante che raccoglie simultaneamente il Ministero del Lavoro le Regioni e le Parti Sociali promotrici dei Fondi Paritetici. Una normativa organica sulla formazione professionale continua deve invece rilanciare quest’organismo (per il quale è già prevista dalla legge l’assistenza tecnica dell’Isfol) potenziarlo e sfruttare le sue potenzialità “sistemiche”. Le attività svolte dall’ISFOL che hanno stretta attinenza con i contenuti della proposta di legge n. 1079 Si fa presente che l’ISFOL già realizza da anni, e sulla base di mandati istituzionali, sia attività di monitoraggio e valutazione sia di osservazione dei fenomeni. In particolare per conto del Ministero del Lavoro Elaborazione del Rapporto annuale al Parlamento sulla Formazione Continua in Italia (giunto alla nona edizione, è in preparazione la decima relativa all’anno 2009). Il Rapporto raccoglie i risultati delle ricerche e delle indagini condotte dall’Isfol in materia di formazione continua ed è l’unica fonte istituzionale dove sono presentati annualmente i dati relativi alle attività formative finanziate dai Fondi Paritetici Interprofessionali per la Formazione Continua. Monitoraggio degli interventi di formazione continua finanziati dai Fondi Paritetici Interprofessionali. I Fondi Paritetici inviano con cadenza semestrale al Ministero del Lavoro le informazioni concernenti le caratteristiche dei Piani formativi da loro finanziati, le caratteristiche dei singoli progetti/iniziative comprese nei Piani stessi, le caratteristiche anagrafiche e professionali dei lavoratori coinvolti, le caratteristiche delle imprese presso le quali sono collocati i lavoratori (le informazioni sui lavoratori sulle imprese hanno carattere anonimo). I dati sono elaborati dall’Isfol e sono raccolti e ordinati all’interno del Rapporto annuale al Parlamento sulla Formazione Continua in Italia. A partire dal gennaio 2010 i dati saranno raccolti in Report a cadenza semestrale. Oltre ai Report semestrali sarà possibile produrre approfondimenti su temi specifici di interesse. I 17 Fondi Paritetici Interprofessionali attualmente esistenti gestiscono circa 500 milioni euro l’anno. Ad essi aderiscono circa il 50% del totale delle imprese private con dipendenti (ciò corrisponde a più del 60% dei lavoratori dipendenti delle imprese private del Paese). In buona sostanza di tratta di un fenomeno che copre la maggior parte delle iniziative intraprese in Italia in tema formazione professionali continua; Monitoraggio della distribuzione territoriale delle imprese ( dei lavoratori in forza presso di esse) aderenti a Fondi Paritetici Interprofessionali, attraverso il trattamento e l’elaborazione dei dati INPS. Le elaborazioni (è possibile un dettaglio regionale, provinciale e comunale) convergono all’interno del Rapporto annuale al Parlamento sulla 7 Formazione Continua in Italia (anche attraverso elaborazioni dei tipo cartografico); Consulenza tecnico – scientifica al Ministero del Lavoro per la definizione degli strumenti giuridici e amministrativi per il governo dei fenomeni relativi alla formazione professionale continua. Attività affidate all’Isfol direttamente dalla normativa di settore Assistenza tecnica all’Osservatorio Nazionale per la Formazione Continua. L’Osservatorio nazionale, introdotto nell’ordinamento dalle stesse norme istitutive dei Fondi Paritetici Interprofessionali e composto dai rappresentati delle parti Sociali promotrici dei Fondi Paritetici, dai rappresentati dalle Regioni e dal Ministero del Lavoro, doveva produrre Linee Guida utili per orientare le attività dei Fondi. L’organismo si è riunito di rado e con discontinuità ma potrebbe ancora rappresentare, in considerazione della sua composizione, una sede strategica per definire i percorsi di integrazione, quanto mai indispensabili, tra Regioni e Fondi nei loro compiti di finanziatori delle iniziative di formazione professionale continua. 8 Formazione Iniziale e Permanente L’Isfol realizza un quadro conoscitivo della domanda e dell’offerta delle principali filiere del sistema educativo e formativo del nostro Paese, attraverso due principali direttrici di lavoro. La prima si riferisce alla acquisizione sistematica dei dati sulla partecipazione ai percorsi formativi e sulle caratteristiche dell’offerta; la seconda alla realizzazione di indagini qualitative e quantitative volte ad approfondire i fenomeni emergenti e finalizzate ad offrire elementi di supporto alle policy formative. In particolare, l’Isfol: supporta gli adempimenti normativi relativi alle principali leggi sulle politiche educative e formative (ad esempio L. 845/1978, Decreto 76/2005, apprendistato, IFTS, ecc.) attraverso analisi periodiche (monitoraggi) dell’offerta e della partecipazione, realizzando Rapporti di ricerca destinati alle sedi istituzionali (Parlamento, Ministero del Lavoro e Ministero dell’Istruzione, Comitati Istituzionali, ecc.); ricostruisce, a partire dalle specificità territoriali, il quadro delle attività formative che si svolgono su tutto il territorio nazionale, offrendo il panorama delle azioni a finanziamento pubblico; supporta, attraverso specifiche indagini, il processo di programmazione territoriale, anche offrendo i risultati dell’analisi della domanda di formazione espressa dai destinatari degli interventi formativi nonché dal tessuto produttivo; svolge approfondimenti su temi di particolare rilievo in relazione alle politiche nazionali ed europee, quali la lotta al precoce abbandono dei percorsi formativi, la costruzione dei sistemi informativi sull’utenza (anagrafi) e per l’utenza (orientamento), indagini ad hoc sugli esiti occupazionali dei percorsi formativi e sulla transizione dai processi formativi all’inserimento occupazionale dei giovani. Sui temi specifici dell’apprendimento degli adulti, l’Isfol ha svolto analisi sulla domanda (indagine su ampi campioni di popolazione 25-64enne) e sull’offerta messa a disposizione dalle Regioni e dalle autonomie locali, evidenziando i principali snodi connessi all’implementazione di un sistema di lifelong learning (orientamento, certificazione, coordinamento dell’offerta, conciliazione tra i tempi di formazione e di lavoro, ecc.). 9 Accreditamento L’ISFOL ha evidenziato ormai da alcuni anni come la costruzione dei dispositivi di accreditamento regionali di prima generazione, per le condizioni organizzative in cui versano le amministrazioni regionali e per alcune specifiche configurazioni regolamentari connesse all’impiego del Fondo Sociale Europeo, è stata segnata principalmente da una logica di accertamento burocratico degli adempimenti formali, in base all’esigenza, quasi esclusiva, di ottimizzare alcuni adempimenti connessi alla concessione di finanziamenti e all’assolvimento di alcuni passaggi necessari in termini legislativi (logistica, situazione economica, ecc.). Si è evidenziato anche mediante un’ analisi dell’offerta formativa accreditata come questa fosse caratterizzata da un aumento di soggetti polifunzionali, provenienti da settori diversi da quello formativo, e come vi fosse parallelamente una forte diversificazione dell’offerta con una conseguente diminuzione, meno evidente nel Nord del paese dove la qualità del sistema di formazione professionale presenta standard più elevati, degli Enti di Formazione cosiddetti storici (ex . legge 40). Per tali ragioni mediante un gruppo tecnico che ha visto la partecipazione di regioni, amministrazioni centrali, e l’Assistenza tecnica dell’ISFOL e Tecnostruttura è stato definito nel marzo 2008 un nuovo sistema di accreditamento incentrato sulla qualità dei servizi e sull’accertamento dei risultati degli interventi formativi (“Accreditamento per la qualità dei servizi” Accordo Stato regioni Marzo 2008, Pubblicato su Gazzetta Ufficiale n.18 del 23 gennaio 2009”) . Nel nuovo Modello nazionale gli elementi centrali dei dispositivi di accreditamento, tendono a divenire i risultati conseguiti in termini di esiti formativi e occupazionali. In questo quadro si tratta, quindi, di passare da un sistema di accreditamento tradizionalmente orientato all’accertamento di elementi oggettivamente rilevabili riguardanti il contesto strutturale, economico e gestionale del soggetto formativo, ad un dispositivo in grado di valutare il processo didattico e gli esiti formativi ed occupazionali degli interventi. 10