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Rivista Madonna dello Splendore n° 29 del 22 Aprile 2010
Nel mistero delle reliquie il vero San Flaviano
di Ludovico Raimondi
Giulianova (Te) n°29 del 22 Aprile 2010
Il riconoscimento della festa di San Flaviano patrono di Giulianova,
che ha avuto un preludio nella cerimonia di intronizzazione del santo il 1°
agosto 2009, ripristina una ricorrenza che, surclassata dal più eclatante
“22 aprile” in onore della Madonna dello Splendore, i giuliesi non
sentivano più loro da anni. Sembra un’eternità da quando il defunto
arciprete di Giulianova, sac. Alberto Di Pietro, nel suo libretto Breve
profilo della vita di San Flaviano (Coop. Tipogr. Ars et Labor, Teramo,
1952) riferiva che, a seguito della riapertura del restaurato Duomo,
coincidente con l’enciclica di Papa Pio XII rievocativa della figura del
santo Patrono, Giulianova aveva dovuto “rinviare la celebrazione del XV
centenario del martirio di S. Flaviano (449) perché nel 1949 la chiesa era
ancora in ristrutturazione ma commemorò la glorificazione del Santo
avvenuta nel Concilio di Calcedonia (451)”, e pertanto “il 21 settembre
1952 la ridente cittadina adriatica concluderà con grandi manifestazioni
la sua celebrazione”. Nel corso degli anni, anche a mia personale
memoria, la spinta celebrativa in onore di san Flaviano si è sopita finché
l’anno scorso, sono certo per scopi non diversi da quello di un sincero e
devozionale orgoglio, si è costituito un comitato il quale, con il patrocinio
del vescovo di Teramo-Atri, mons. Michele Seccia, e del Comune di
Giulianova, si è proposto di ridare slancio alle celebrazioni in onore del Santo protettore nel giorno del 24
novembre.
La plaudita iniziativa non può non rilanciare l’interrogativo che il prof. Mario Montebello pose nel n. 10
della rivista de “La Madonna dello Splendore” (vedi anchewww.giulianovaweb.it) e nel breve saggio Il
culto di San Flaviano a Giulianova, pubblicato su Il Cerchio Inconchiuso, a cura di Sandro Galantini
(Tipolitografia Poligrafica snc per le Edizioni Demian, S. Atto di Teramo, 1995): il Patrono di Giulianova è
davvero il patriarca di Costantinopoli, martire del “latrocinio efesino” del 449, oppure è un vescovo locale,
confessore e non martire?
Mi è sembrato intrigante intrufolarmi in questo dilemma che sa di arcano. La riflessione ruota attorno
al mistero ed alla leggenda della traslazione delle reliquie di S. Flaviano.
Il sac. Pasquale Pirulli, parroco della Cattedrale di Conversano, nel suo studio storicocristologico Flaviano Patriarca di Costantinopoli Patrono di Conversano(Quaderni dell’Istituto di Scienze
Religiose. Diocesi di Conversano-Monopoli, Conversano, 1997), sposa la credenza sulla provenienza
orientale del Santo: “Ci sono spinosi problemi per collegare la memoria di S. Flaviano a quella dei santi
venerati in altre chiese locali.
Tuttavia, la diffusione del culto verso il patriarca di Costantinopoli, che la tradizione qualifica “vescovo
e martire”, nella regione degli Abruzzi è originata dal “presunto e tradizionale” trasporto delle sue reliquie
avvenuto a cura di S. Lucenzio d’Ascoli, vescovo dei Piceni e legato del papa Leone I al concilio di
Calcedonia.
Il corpo del Santo vescovo di Costantinopoli sarebbe giunto in occidente su una nave messa a
disposizione dall’Imperatrice Pulcheria e sarebbe venerato nella città di Castrum Novum che nell’anno
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897 prese il nome di Castel S. Flaviano, in onore del suo Patrono.
Da questa località, distrutta dai Turchi nell’anno 1460, sarebbe stato
trasferito nella nuova città di Giulianova, fondata dal Conte Giulio Antonio
Acquaviva, che era feudatario di Conversano. A Sulpicio Acquaviva, Vescovo
di Conversano dal 1482 al 1494, fratello del conte precedentemente citato, si
deve il dono della insigne reliquia del braccio di S. Flaviano alla Cattedrale di
Conversano”. Il versante opposto è percorso nelle Marche. Nel saggio San
Flaviano protettore di Recanati e il suo culto (Tip. Simboli, Recanati), del
1939, a Clemente Benedettucci D.O., confutando leMemorie istorico-critiche
delle gloriose gesta di S. Flaviano Martire, Arcivescovo e martire di
Costantinopoli, Protettore del Clero e Città di Recanati e Giulia, raccolte dal
padre lettore Stanislao Melchiorri, minore osservante, professore di sacra
Teologia dommatica nel seminario-collegio di Recanati (Tipografia
arcivescovile del Bartolini, Fermo, 1837) viene “di dubitare che
primitivamente il San Flaviano, nostro Protettore, non fosse il Patriarca di
Costantinopoli, ma un Vescovo locale della nostra Regione (le Marche;
ndr)”. Egli si rifà a vari scritti e documenti (da Reggia Picena di Pompeo
Compagnoni alla prefazione a Mille Santi nell’arte di Corrado Ricci), per
sostenere: “una verità: il Vescovato di S. Flaviano Martire nel terzo secolo in Ricina (nome antico di
Recanati)”. Di sicuro il culto di S. Flaviano si diffuse molto, fino alla provincia di Ascoli. “Nell’Abruzzo,
confinante con il Piceno, si parla di culto di S. Flaviano in vari luoghi: Chieti, Teramo, Aquila e nell’antica
città di Castro, a cui succedette il Castello di S. Flaviano, poi Giulianova. Ma per questo culto - asserisce
Benedettucci - la storia è assai confusa. Il Vogel nel De Ecclesiis Recanatensi et Lauretana (I, 75) dice
che un S. Flaviano sarebbe stato vescovo di quel luogo ed ivi sepolto: e cita documenti dei secoli XI e
XII”. Solo la “posteritas” avrebbe cavato fuori l’idea che il corpo di S. Flaviano di Castro sia quello del
patriarca di Costantinopoli. Il codice del Martirologio di Usuardo, conservato in Parigi, di un secolo dopo,
“dice espressamente che il San Flaviano della Diocesi Aprutina è un Vescovo Confessore, non martire, e il
suo dies natalis è al 24 novembre, laddove quello di Costantinopoli è al 18 febbraio”.
Lapide sepolcrale del beato Bartolomeo Apostolino dove è scolpita l’immagine
di San Flaviano protettore di Recanati (1474).
Bendettucci rimpalla a Vogel la summa:
- che un San Flaviano sia stato vescovo nell’antica città di Castro sia stato non martire ma confessore;
- che ivi sia stato il suo episcopio (esercizio episcopale, o residenza vescovile);
- che ivi sia stato il sepolcro del suo corpo;
-che l’episcopio sia poi passato alla Chiesa teramanae il corpo alla nuova città di Giulianova.
Dell’orazione di De Laudibus Sancti Flaviani di Antonio Bonfini, tenuta il 24 novembre 1483 a Recanati,
il Benedettucci ricorda che “proprio nel 1470 era stata edificata la città di Giulianova da Giuliantonio
Acquaviva, abbandonandosi il vecchio Castel San Flaviano (dove era la tomba del Santo) … Qualche anno
dopo lo stesso Giulianotonio costruì nella Piazza di Giulianova il sontuoso tempio, ove fece trasportare il
corpo del Santo e dovè rinverdirsi e giganteggiare, allora, la leggenda, sorta dopo il XIII sec., del corpo
del Patriarca Costantinopoliano sbarcato a Castro”.
Il Vogel ci mette ancora lo zampino: anche in Chieti, oltre a Giulianova, si pretende “di possedere un
corpo di San Flaviano, anche lui Confessore ma non Martire. È quanto afferma il Lanzoni, che non ha
notizia tuttavia di un San Flaviano in Castro”.
Per un dotto amico di Benedettucci “a Chieti trovasi in venerazione l’urna contenente le ossa del corpo
di San Flaviano, Vescovo e confessore del IV secolo, ossa che formerebbero il corpo intero, benché non
composte a scheletro. Se ne faceva la Festa liturgica nel 24 novembre fino alla riforma del calendario nel
1900”.
Un reliquario non manca nemmeno a Recanati. Stando al commentario del Vogel “possederebbe due
braccia e una parte non piccola del cranio. Un braccio con la parte del cranio - scrive sempre
Benedettucci - sarebbe pervenuto a noi per donazione nel 1796, mentre l’altro braccio (in realtà sarebbe
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un frammento lungo 10 - 15 centimetri di osso) venerato in Recanati da lunghissimo tempo, proverrebbe
a noi da origine non bene accertata, forse da Gregorio XII, dal 1413 al 1417”.
Per padre Marini la provenienza è anteriore per circa tre secoli e parla della “pergamena di traslazione
di S. Flaviano alla città di Castro, più tardi Giulianova, accaduta ben prima del 1040”.
Nel libro del dott. Giovanni Panelli Memorie degli uomini illustri e chiari in medicina del Piceno o sia
della Marca di Ancona (Ascoli, 1757)”, viene ricordato che padre Antonio Appiani gesuita (Ascoli 1639 Roma 1700), narrava che “l’Imperatrice Galla Placidia aveva portato seco il corpo del Martire S. Flaviano
da Costantinopoli in Italia, a richiesta del celebre Vescovo di Ascoli, Lucenzio” e aggiunge che “nelle
epoche posteriori, il duca di Atri Giulio Acquaviva la trasferì nell’ultimo decennio del sec. XIV in una Terra
da se nominata Giulia”.
Benedettucci riporta i versi dell’Appiani in cui si dice che “sulla tomba di S. Flaviano a Giulianova
vedevasi tuttora a suo tempo una iscrizione ivi posta l’anno 1004”. Vogel bolla i versi come “merce
ciccarelliana”, cioè del falsario Ciccarelli. Interessanti le precisazioni conclusive del prelato recanatese.
Parlando del nostro storico e canonico Niccolò Palma, a detta del quale le parole “Induperatrix Galla non
indicavano Galla Placidia, ma una nave greca che sarebbe approdata con il carico alle spiagge di Castro”,
Benedettucci confuta: “La nota cronologica riguardante Galla Placidia, imperatrice, non corrisponderebbe
alla verità storica. Quell’avvenimento del trasporto non avrebbe potuto essere dell’anno 451, perché Galla
Placidia fu imperatrice nell’anno 472, e il Vescovo di Ascoli, Lucenzio, che avrebbe ricevuto la salma di S.
Flaviano allo sbarco, ebbe il vescovato di quella Diocesi fra il 459 e il 480”.
Benedettucci insiste: “Galla Placidia fu imperatrice per soli pochi mesi. Non poté avere il tempo né
l’animo di fare il viaggio dall’Oriente in Italia, nei trambusti i quali sboccarono alla uccisione del marito,
l’imperatore Oliario. Il Viaggio in Italia con la salma di S. Flaviano, e, quel che è peggio, con il titolo
d’imperatrice, è un fatto storicamente impossibile. Nel 451 vi fu una traslazione del corpo di S. Flaviano,
storicamente vera, e che fu fatta da un’altra imperatrice, la Pulcheria. Fu la traslazione solennissima dal
luogo dove S. Flaviano era morto in esilio due anni prima, per trasportarlo alla Basilica degli Apostoli in
Costantinopoli nella tomba dei Patriarchi. Questa vera traslazione - per il Bendettucci - escluderebbe di
per se’ l’altra”. Benedettucci chiarisce ancora: “La vera Galla Placidia, non imperatrice morì nel 450 in
Roma dopo essere stata lungamente in Ravenna”. Ed a proposito delle reliquie del Santo protettore, “mi
pare il luogo opportuno - chiosa Benedettucci - per riferire le gravi parole di Tillemont nel Vol. XV, pag.
586, della reputatissima operaMemoires pour servir à l’histoire ecclesiastique des six premiers
siècles (Venise, 1732), riportate anche dal Melchiorri nel suo libro su S. Flaviano: “Si pretende possedersi
- dice il Tillemont - uno dei bracci nella Cattedrale di Recanati nella Marca di Ancona, e il resto del corpo a
Giulianova, Città dell’Abruzzo (ulteriore); e se ne fa la festa in queste due chiese il 24 Novembre.
San Flaviano martire: patriarca di Costantinopoli e
protettore di Conversano.
Ma quantunque le lezioni recenti di queste Chiese parlino di S. Flaviano di Costantinopoli, nondimeno
vi è molta verosimiglianza che è qualche Santo di quelle parti là, soprattutto se è vero che la sua
venerazione vi sia antichissima, come si pretende. Un manoscritto di più di quattrocento anni segna allo
stesso giorno 24 Novembre un S. Flaviano, Vescovo e Confessore nell’Abruzzo”.
Interviene Benedettucci: “Le parole di Tillemont, che vanno all’anno circa 1332, ci porterebbero a
ritenere che le nostre reliquie appartengono al Santo Vescovo e Confessore (non martire) Abruzzese, sia
esso di Castro, sia di Chieti, sia anche di Teramo. Noi - dice Benedettucci - potremmo ripetere il criterio
della verosimiglianza per l’origine del culto di S. Flaviano in Recanati, ritenendo più verosimile che esso
sia un Vescovo locale, appunto il Vescovo di Ricina”. Riesce quantomeno strano, tuttavia, che
nell’impervia ricostruzione della vicenda sulle (fin troppo) distribuite reliquie di S. Flaviano, il versante
marchigiano-abruzzese non accenni al braccio posseduto da Conversano.
Un mistero nel mistero.
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