O S S E R VAT O R I O
REGIONALE
DEL COMMERCIO
La spesa iglie
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Indagine sulla sp
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luog
famiglie nei capo
anno 200
5
ntesi
Coordinamento metodologico ed elaborazione dati
Roberto Strocco, Unioncamere Piemonte
Camera di commercio di Torino
Hanno collaborato
Sarah Bovini, Unioncamere Piemonte
Elisa Sciutto, Unioncamere Piemonte
Camera di commercio di Torino
La spesa iglie
delle fami
piemontes
anno 2005
Coordinamento editoriale
Relazioni esterne Unioncamere Piemonte
Progetto grafico
Giuseppe Errico
Impaginazione
Visual Data Snc
Stampa
L’Artistica Savigliano
Si ringraziano in particolare gli Uffici Studi e i rilevatori
delle Camere di commercio piemontesi
Finito di stampare nel mese di dicembre 2005
Indice
1
Introduzione
1.1 Obiettivi conoscitivi della ricerca
1.2 Premessa metodologica
2
Il campione oggetto dell’indagine
2.1 Le famiglie
2.2 I componenti
3
I consumi alimentari
3.1 Approfondimenti sui consumi alimentari
3.2 Il ruolo dell’autoconsumo e le spese alimentari extradomestiche
6
6
7
8
8
11
13
18
20
4.3 Altre spese per consumi non alimentari
23
23
26
31
5
Il possesso dei beni durevoli
35
6
I luoghi di acquisto
38
38
42
4
I consumi non alimentari
4.1 Le spese per l'abitazione
4.2 Le spese per trasporti e comunicazioni
6.1 Le preferenze sui luoghi di acquisto
6.2 Le ragioni di scelta dei luoghi di acquisto
7.4 Gli aquisti con pagamento rateale
45
45
47
48
49
8
I consumi complessivi: considerazioni conclusive
50
9
Allegato statistico
53
7
Altri aspetti legati ai consumi
7.1 I comportamenti d’acquisto in relazione all’inflazione percepita
7.2 Il consumo di prodotti del commercio equo e solidale
7.3 Gli acquisti di beni on line
3
_
La spesamiglie
delle fa esi
piemont
anno 2005
• Conoscere il livello e la propensione di acquisto
delle famiglie ed esplorarne gusti e preferenze,
anche in un contesto di incertezza economica, può aiutare
a realizzare corrette politiche di sviluppo concertato
ed efficaci programmi d’intervento, tesi al miglioramento
della qualità della vita di cittadini e imprese.
Partendo da questo presupposto, Unioncamere
Piemonte e Regione Piemonte hanno realizzato
per il quinto anno consecutivo l’indagine sulla spesa
delle famiglie piemontesi.
L’obiettivo è analizzare la struttura qualitativa, il livello
e l’andamento dei consumi nel tempo, sondando
le abitudini di acquisto delle famiglie piemontesi
e le loro preferenze nelle scelte di consumo. La ricerca
vuole infatti rappresentare un utile strumento per decifrare
e interpretare la società piemontese, fornendo
un’informazione dettagliata a livello regionale
e provinciale su questo importante indicatore economico.
Nell’edizione attuale è stato modificato il titolo
dell’indagine, per evidenziare maggiormente,
con la parola “spesa” al posto di “consumi”, quelli
che sono di fatto gli oneri delle famiglie piemontesi.
Il report di quest’anno ha inoltre sviluppato
ulteriormente alcune tematiche introdotte già
dalla scorsa edizione, come l’acquisto di prodotti
biologici, il commercio equo e solidale, il ricorso
all’e-commerce e ai pagamenti in forma rateale.
La rilevazione effettuata su più città, direttamente
su un campione rappresentativo di famiglie,
ha consentito di svolgere un’indagine comparata,
mettendo in luce le differenze e le diverse
caratteristiche nelle scelte di consumo delle famiglie
residenti nei vari capoluoghi di provincia: ne emerge
che anche sul fronte dei consumi, come in altri campi
economici, non esiste un unico Piemonte,
ma più realtà regionali.
Torino, dicembre 2005
Giovanni Caracciolo
Assessore Regione Piemonte
Renato Viale
Presidente Unioncamere Piemonte
5
_
1. Introduzione
1.1
Obiettivi conoscitivi della ricerca
• Per il quinto anno consecutivo, nel proseguire un percorso di ricerca avviato in forma sperimentale
e proseguito e perfezionato nelle corso delle passate quattro edizioni, Unioncamere Piemonte e Regione
Piemonte, nell’ambito delle attività promosse dall’Osservatorio regionale sul commercio, hanno realizzato
l’indagine sulla spesa delle famiglie residenti nei capoluoghi di provincia piemontesi.
Quest’anno è stato modificato il titolo del volume, evidenziando maggiormente, con la parola “spesa”
al posto di “consumi”, quelli che sono di fatto gli oneri delle famiglie piemontesi.
Una ricerca analitica su un indicatore economico così importante assume una valenza peculiare di fronte
a scelte di consumo che sono sempre più razionali, guidate dalla prudenza e necessariamente condizionate
dagli aumenti dei prezzi. Perché i consumi possano divenire elementi rivelatori della qualità della vita di un territorio,
bisogna studiarne i livelli, la struttura qualitativa e l’andamento nel tempo, con un’attività di esplorazione
che cerchi il più possibile di scendere nel dettaglio e che poi, con un metodo deduttivo, consenta di tornare
a valutazioni globali e di sintesi. In quest’ottica, la presente indagine rappresenta la fonte informativa per poter
descrivere, analizzare ed interpretare i comportamenti di spesa delle famiglie residenti nei capoluoghi
di provincia piemontesi, attraverso una rilevazione della struttura e del livello dei consumi che presta particolare
attenzione alle principali caratteristiche sociali, economiche e territoriali delle famiglie. Grazie al disegno
che la caratterizza, l’indagine consente di conoscere e seguire l’evoluzione, in senso qualitativo e quantitativo,
degli standard di vita e dei comportamenti di consumo delle principali tipologie familiari, in riferimento
ai differenti ambiti territoriali e sociali.
Nella presente edizione alcuni singoli profili di consumo sono stati analizzati più nel dettaglio, e nello scorporare
alcune voci si è cercato di evidenziare alcune peculiarità nelle propensioni di consumo locale, senza la pretesa
di fornire un’informazione completa e assoluta, ben consapevoli dei limiti di un’indagine campionaria
e della difficoltà della materia, ma con l’obiettivo di tentare anche un’interpretazione dei dati, per capire
come si muovono e si orientano i gusti e le preferenze dei consumatori piemontesi.
Oggetto della rilevazione sono le spese sostenute dalle famiglie residenti per acquistare beni e servizi;
in tale definizione rientrano anche i prodotti provenienti dal proprio orto o dalla propria azienda agricola
e direttamente consumati dalla famiglia (autoconsumo) e i fitti stimati delle abitazioni occupate dai proprietari
o godute a titolo gratuito. Ogni altra spesa effettuata dalla famiglia per scopo diverso dal consumo è esclusa
dalla rilevazione (ad esempio, l’acquisto di una casa e di terreni, il pagamento delle imposte, le spese connesse
con l’attività professionale etc.). In particolare, oltre ai dati sui componenti della famiglia, le caratteristiche
dell’abitazione, il reddito e il risparmio, sono state rilevate le spese per generi alimentari, abitazione,
arredamento, abbigliamento e calzature, sanità, trasporti e comunicazioni, tempo libero, spettacoli
ed istruzione, altri beni e servizi.
L’unità di rilevazione è la famiglia di fatto, intesa come un insieme di persone coabitanti e legate da vincoli
affettivi, di matrimonio, parentela, affinità, adozione e tutela. Sono considerate appartenenti alla famiglia,
come membri aggregati, tutte le persone che, a qualsiasi titolo, convivono abitualmente con essa.
Si ricorda che i dati rilevati da Unioncamere Piemonte vengono integrati con le informazioni raccolte presso
il campione torinese osservato dall’Ascom di Torino e da Confesercenti nell’anno in corso; queste informazioni,
ulteriormente approfondite, confluiscono nell’Osservatorio sui consumi delle famiglie torinesi,
curato dall’associazione di categoria per conto della Camera di commercio di Torino.
6
_
1.2
Premessa metodologica
• Con il supporto operativo degli uffici studi delle Camere di commercio piemontesi e, per quanto concerne
Torino, con l’attività svolta dall’Ascom e dalla Confesercenti, per realizzare questo quinto rapporto sulla spesa
delle famiglie piemontesi sono state coinvolte complessivamente 647 famiglie residenti nei capoluoghi
di provincia: 70 per Alessandria, Biella, Cuneo, Novara, Verbania e Vercelli, 67 per Asti e 160 per Torino.
La raccolta dei dati è stata affidata alle Camere di commercio, che hanno avuto il compito di selezionare
le famiglie da intervistare e di scegliere, formare, supervisionare e dare assistenza ai rilevatori secondo
le modalità ed i tempi indicati dall’Unioncamere Piemonte.
Le rilevazioni sono state effettuate in tre distinte tranches della durata di dieci giorni ciascuna (11-20 aprile,
4-13 luglio e 26 settembre-5 ottobre). I periodi di riferimento non sono stati caratterizzati da particolari eventi
che potessero distorcere i comportamenti dei consumatori e i risultati dell’indagine.
Le famiglie già intervistate gli scorsi anni e che hanno rinnovato la disponibilità sono state generalmente
mantenute nel campione; quest’ultimo è stato poi ulteriormente integrato e rivisto tra i periodi di rilevazione,
rispettando la stratificazione della popolazione e la dimensione media dei nuclei familiari residenti
nei capoluoghi di provincia.
La rilevazione è stata effettuata utilizzando due diverse tecniche di raccolta dati: l’autocompilazione di un diario,
denominato “Libretto degli acquisti”, sul quale la famiglia ha tenuto nota quotidianamente, per il solo periodo
di riferimento, delle spese effettuate per generi di largo consumo (alimentari, tabacchi, giornali etc.)
e, successivamente, un’intervista conclusiva condotta dal rilevatore, nella quale sono stati rilevati i dati relativi
alle caratteristiche socio-demografiche dei componenti della famiglia e all’abitazione, oltre a tutte le altre spese
non registrate nel diario.
Le spese indicate si riferiscono generalmente al consumo mensile, tranne che per l’acquisto di beni durevoli
o per spese eccezionali, per le quali si fa riferimento al trimestre o,in alcuni casi, agli ultimi dodici mesi;
inoltre, per alcuni beni durevoli, è stata aggiunta l’indicazione del pagamento attraverso rate mensili.
Importanti novità hanno riguardato l’inserimento di domande concernenti le spese bancarie per il conto corrente
(al netto degli interessi), l’acquisto di generi alimentari presso i coltivatori diretti nei mercati rionali e, infine,
le motivazioni dell'acquisto con pagamento rateale. È stata inoltre effettuata un’opera di accorpamento
delle classi di reddito familiare, al fine di facilitare la compilazione del rilevatore.
Si ricorda che la spesa media mensile definita nel rapporto è stata calcolata dividendo la spesa totale,
generata dall’elaborazione dei dati complessivi, per il numero delle famiglie oggetto dell’indagine.
Tutti i grafici e le tabelle presentate, compreso l’allegato statistico, sono state elaborate da Unioncamere
Piemonte su dati propri.
7
_
2. Il campione oggetto dell’indagine
2.1
Le famiglie
• L’indagine sulla spesa delle famiglie piemontesi è giunta ormai alla sua quinta edizione e, anno dopo anno,
il numero degli elementi costituenti il campione è cresciuto così da garantire un più elevato standard qualitativo
delle informazioni raccolte: se nel 2001 le famiglie intervistate erano 280, oggi, grazie ad un incremento di 367
unità, il numero è salito a 647. Di questi nuclei familiari, 160 sono localizzati nel comune di Torino ed in alcuni
comuni dell’area metropolitana, mentre i restanti sono distribuiti negli altri capoluoghi di provincia regionali
(70 ad Alessandria, Biella, Cuneo, Novara, Verbania e Vercelli, 67 ad Asti e 160 a Torino).
La presente indagine adotta come unità di rilevazione la famiglia anagrafica, definita dall’Istat come un insieme
di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela o vincoli affettivi,
aventi dimora abituale nella stessa unità abitativa. Come si riscontra dall’analisi del campione per numero
di componenti, la famiglia può essere costituita anche da una sola persona.
Per operare la stratificazione del campione si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001: si è così
provveduto ad omogeneizzare il campo d’indagine con la distribuzione effettiva della popolazione nei territori
esaminati. I dati censuari hanno messo in evidenza come, a livello nazionale, negli ultimi dieci anni,
sia aumentato il numero delle famiglie che, tuttavia, risultano sempre più piccole: il numero medio di componenti
scende, infatti, dai 2,8 del 1991 ai 2,6 del 2001. Passando alla realtà piemontese, la popolazione di riferimento,
da cui è stato estratto il campione della presente indagine, è di 1.906.843 famiglie anagrafiche,
Numerosità
campionaria 2001-2005
Campione
di 630 famiglie
700
600
500
400
300
200
100
280
350
560
630
647
2001
2002
2003
2004
2005
0
8
_
per un ammontare complessivo di 4.330.172 componenti(1). Il numero medio di componenti per famiglia
si attesta quindi a 2,3, risultato perfettamente in linea con i dati emersi dall’analisi del campione estratto.
Nel 2005 in Piemonte è sceso il numero delle famiglie composte da una sola persona: se nella rilevazione
dello scorso anno la percentuale di single sul totale era del 28%, oggi questa tipologia di nucleo familiare
scende al 27%, collocandosi al secondo posto per rappresentatività. La quota maggiore del campione continua
ad essere costituita dalla coppie con figli che, in sostanziale stabilità rispetto al 2004, rappresentano il 34%
del totale. Con una quota del 25% si collocano al terzo posto le coppie senza figli, acquistando 2 punti
percentuale rispetto allo scorso anno.
Famiglie per tipologia
di nucleo familiare
Campione di 647 famiglie
Altro
14%
Single
27%
Coppie
con figli
34%
Coppie
senza figli
25%
Già nel 2004 la dimensione media della famiglia piemontese del campione si era ridotta, passando dai 2,4
componenti del 2003 a 2,3. Nel 2005 questo dato si è mantenuto costante: il numero medio di componenti
risulta infatti pari a 2,3, sia per l’intera popolazione che per il campione considerato. Si conferma inoltre quanto
già messo in evidenza dalle scorse indagini, ossia che esiste una stretta relazione tra l’età del capofamiglia
ed il numero di componenti: sono più numerose le famiglie in cui la persona di riferimento ha un’età compresa
tra i 35 e i 44 anni (2,7 componenti per famiglia) e tra i 45 e i 54 anni (2,8), mentre appaiono più ridotte quelle
con il capofamiglia sotto i 35 anni (2 componenti per famiglia) o con più di 65 anni (1,7).
(1)
I dati si riferiscono alla popolazione residente in Piemonte risultante dalle registrazioni anagrafiche nei 1.206 comuni al 31 dicembre 2004,
diffusi a livello regionale dall’Istat il 28 luglio 2005 nel Bilancio demografico regionale, Anno 2004. I dati sono calcolati a partire
dalla popolazione legale dichiarata sulla base delle risultanze del 14° Censimento generale della popolazione effettuato il 21 ottobre 2001
(DPCM del 2 aprile 2003). Il calcolo è effettuato sulla base dei dati relativi al movimento naturale (iscrizioni per nascita e cancellazioni
per morte) e migratorio (iscrizioni e cancellazioni per trasferimento di residenza) verificatosi nei comuni nel periodo 22 ottobre-31 dicembre
2001 e negli anni 2002, 2003 e 2004.
9
_
La distribuzione delle famiglie del campione per classe di età della persona di riferimento mette in luce
che la presenza più cospicua risulta quella dei nuclei con capofamiglia tra i 45 e i 54 anni; al secondo posto,
diversamente dalla scorsa edizione, si collocano le famiglie con persona di riferimento di età compresa
tra i 35 e i 44 anni.
Per quanto riguarda, invece, la condizione professionale, appare in diminuzione la percentuale di nuclei
con capofamiglia occupato: il 62% contro il 63% dello scorso anno. Le persone non occupate in età lavorativa
e scolare (studenti, casalinghe, persone in cerca di occupazione) rappresentano, invece, il 38% del campione
analizzato. Tra le figure professionali prevale, come nelle scorse rilevazioni, quella dell’impiegato: in una famiglia
su due, la persona di riferimento, se occupata, appartiene infatti a questa categoria. Al secondo posto
si collocano i lavoratori in proprio con il 21% del totale degli occupati; seguono gli operai che, con una quota
del 18%, registrano un incremento rispetto al 2004, anno in cui costituivano il 17%.
Delle 647 famiglie oggetto dell’indagine, il 40% ha dichiarato di avere un reddito medio (compreso tra i 2.067
e i 4.132 euro mensili), il 7% un reddito alto (oltre i 4.132 euro mensili) e il 51% un reddito basso (fino a 2.066 euro
mensili). Le variazioni consistenti registrate rispetto alla scorsa edizione del rapporto sono da ricondursi al fatto che,
nel corso di quest’ultima indagine, si è deciso di accorpare le fasce di reddito, che sono quindi diventate più ampie.
Distribuzione percentuale
delle famiglie per fasce di reddito*
Campione di 647 famiglie
Non indicato
2%
Alto
7%
Basso
51%
Medio
40%
* basso fino a 2.066 euro mensili, medio da 2.067 a 4.132 euro mensili,
alto oltre 4.132 euro mensili
Disaggregando i dati a livello provinciale, si nota che a Verbania Biella, Novara e Torino si registra una quota
pari al 9% delle famiglie con reddito alto: Verbania primeggia in quanto a nuclei familiari che hanno dichiarato
un reddito compreso tra i 2.067 e 4.132 euro mensili, mentre è il capoluogo torinese a registrare la più alta
percentuale di famiglie con reddito basso (il 57% del campione provinciale).
10
_
2.2
I componenti
• Nelle 647 famiglie piemontesi intervistate per l’indagine sui consumi si contano complessivamente 1.501
persone. Anche quest’anno, la componente femminile prevale su quella maschile: il 55% del campione è infatti
costituito da donne, contro un 45% di uomini.
Dalla distribuzione per classi di età emerge come la fascia più numerosa (21% del totale) sia quella dei soggetti
sotto i 24 anni; complessivamente, i giovani under 35 costituiscono il 37% del totale, mentre risultano meno
rappresentate le classi con età superiore ai 55 anni.
Distribuzione percentuale
dei componenti per classe di età
Campione di 647 famiglie
≥ 65 anni
16%
< 24 anni
21%
55-64 anni
14%
25-34 anni
16%
45-54 anni
17%
35-44 anni
16%
Poco meno della metà dei componenti dei nuclei familiari intervistati risulta avere un’occupazione lavorativa,
mentre il 52% è costituito da soggetti in condizione non professionale: fra questi ultimi, la maggioranza
è rappresentata dai pensionati (il 44% delle persone non occupate), seguita dagli studenti con il 30%
e dalle casalinghe con una quota dell’11%. Tra i lavoratori, il nucleo predominante è costituito dagli impiegati,
che rappresentano il 53% delle persone in condizione professionale; seguono gli operai con una percentuale
del 17%, quindi i lavoratori in proprio (il 15%), gli imprenditori (il 3%) e i dirigenti (il 2%).
11
_
Distribuzione percentuale dei componenti
per condizione non professionale
Campione di 647 famiglie
Altro
9%
Disoccupati
3%
In cerca di prima occupazione
3%
Casalinghe
11%
Pensionati
44%
Studenti
30%
Distribuzione percentuale dei componenti
per professione
Campione di 647 famiglie
Non dichiarato
6%
Altre forme di lavoro indipendente
4%
Operai
17%
Imprenditori, liberi professionisti
3%
Lavoratori in proprio
11%
Dirigenti
2%
Impiegati, coadiuvanti
53%
12
_
3. I consumi alimentari
• Nell’ambito dei consumi familiari, quelli per i generi alimentari rappresentano forse la parte meno mutevole,
in cui le diverse spese sono espressione della dinamica di prezzi e qualità piuttosto che non di compressioni
o aumenti in termini quantitativi. Per i consumi alimentari è possibile scegliere, per la stessa categoria di prodotti,
tra una varietà di prezzi e di qualità abbastanza elevata: spetta al singolo consumatore, sulla base del proprio
reddito e delle proprie propensioni consumistiche, decidere il mix fra qualità e costo, agendo sia dal lato
della scelta del prodotto che da quello della catena distributiva.
All’interno della spesa alimentare si sono ricondotti argomenti di approfondimento qualitativo come i consumi
di prodotti biologici, i pasti fuori casa e l’autoconsumo, inteso come consumo di prodotti alimentari quali,
ad esempio, quelli del proprio orto o le conserve alimentari. L’autoconsumo alimentare non rientra, secondo
i principi di contabilità pubblica, nella nozione di consumo, ma si tratta di un completamento qualitativo
dell’informazione complessiva.
Peso delle spese
alimentari sui consumi totali
Campione di 647 famiglie
Spese alimentari
12,7%
Spese non alimentari
87,3%
Le spese alimentari delle famiglie piemontesi sono state rilevate essenzialmente attraverso la raccolta
degli scontrini nei tre periodi di rilevazione considerati. Come ricordato nella premessa metodologica, non compaiono
i consumi del trimestre ottobre-dicembre: questo, nel caso degli alimentari, porta ad una sottostima
della spesa, poiché non viene considerato l’ammontare delle spese alimentari per Natale e le feste di fine anno.
Nel 2005 la spesa per i consumi alimentari si è attestata a quota 307 euro, a fronte dei 359 rilevati lo scorso anno:
si tratta di una contrazione abbastanza rilevante (circa 50 euro mensili, pari, in termini percentuali, al -14,6%),
13
_
da imputarsi essenzialmente ad una ricerca più attenta dei consumatori verso prodotti alimentari di minor prezzo,
in offerta o venduti presso catene distributive considerate più economiche. Una conferma di questo
atteggiamento, segnale di una percezione di perdita progressiva della propria capacità d’acquisto, è data anche
dalle strategie promozionali del settore distributivo moderno: il maggior spazio dedicato ai prodotti alimentari in
offerta nei vari volantini promozionali e negli spot televisivi) rappresenta una strategia attenta a toccare le leve
psicologiche giuste per attirare il consumatore, il quale sembra proprio privilegiare i prodotti più economici.
La spesa per consumi alimentari medi mensili
per famiglia nei capoluoghi di provincia piemontesi (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Pane
Dolciumi
Carni
Oli
Latticini Legumi
Pesce
Frutta Bevande Totale
e cereali e drogheria e salumi
e grassi e uova e ortaggi
Alessandria
52,87
32,85
74,10
19,92
10,65
47,70
28,72
30,37
23,64
320,82
Asti
36,17
32,94
61,49
15,81
8,13
31,38
18,07
15,55
22,28
241,84
Biella
56,89
35,69
74,81
21,48
5,90
47,38
30,23
33,29
30,48
336,15
Cuneo
44,42
37,18
67,84
13,14
4,75
48,60
25,46
18,69
23,21
283,28
Novara
58,27
33,60
86,36
17,28
5,80
51,02
30,46
33,33
28,52
344,64
Torino
42,02
37,65
59,28
17,32
5,31
34,47
24,70
21,45
25,41
267,61
Verbania
56,39
58,05
112,06 28,61
9,00
55,17
29,20
24,58
52,01
425,08
Vercelli
48,53
36,62
56,16
16,78
6,03
36,68
30,73
21,89
31,01
284,45
Piemonte 2005
48,47
38,04
72,02
18,60
6,71
42,78
26,89
24,46
29,03
307,00
Piemonte 2004
52,92
53,34
83,68
19
8,15
49,49
33,2
29,85
29,84
359,47
La voce dei consumi alimentari nel suo complesso rappresenta il 12,6% dei consumi totali (considerati al netto
dell’acquisto di autovetture), con una quota in leggera diminuzione rispetto all’anno scorso. La diminuzione
della spesa per i consumi alimentari ha toccato tutte le sotto-categorie, senza alcuna eccezione.
La carne, con poco più di 72 euro mensili contro una spesa di circa 83 euro registrata nel 2004, rimane
la categoria più importante: rappresenta circa il 23% della spesa alimentare delle famiglie piemontesi, una quota
del tutto analoga rispetto a quella dello scorso anno 2004. Sono le famiglie di Verbania a spendere la cifra
maggiore per carni e salumi (112 euro mensili per famiglia), seguite dai novaresi, mentre a Torino e Vercelli
si spende meno della media regionale. Tranne Cuneo e Verbania, tutti gli altri capoluoghi di provincia fanno
registrare diminuzioni di spesa più o meno rilevanti rispetto allo scorso anno.
14
_
La composizione del paniere della spesa
(generi alimentari)
Campione di 647 famiglie
Bevande
9,5%
Frutta
8,0%
Pane, pasta
e cereali
15,8%
Legumi
e ortaggi
8,8%
5
Dolciumi e
drogheria
12,4%
Latte,
formaggi
e uova
13,9%
Oli e grassi
2,2%
Pesce
6,1%
Carni e salumi
23,5%
Al secondo posto tra i consumi alimentari si collocano pane, pasta e cereali in genere, che rappresentano
la base della cosiddetta dieta italiana, con una spesa di circa 48 euro mensili: si registra una contrazione
di 5 euro rispetto al 2004, ma la percentuale di questi prodotti è leggermente in aumento, dal 15% al 16%.
A spendere di più per pane, pasta e cereali sono i novaresi, con più di 58 euro mensili per famiglia,
mentre al fondo della classifica si posizionano gli astigiani, con un valore medio di 36 euro.
La terza categoria di consumi alimentari è rappresentata dai latticini (latte e formaggi, a cui sono stati aggiunti
anche prodotti come le uova), con una spesa mensile per nucleo familiare di 43 euro, circa 6 in meno rispetto
allo scorso anno.
È sui dolciumi e prodotti di drogheria, quali ad esempio il caffè e il the, che i piemontesi hanno operato il grosso
taglio di spesa nel 2005: dai 53 euro dello scorso anno, la spesa di questi generi si è ridotta a 38 euro mensili
per famiglia. In sette province su otto (la città di Verbania rappresenta l’eccezione in quasi tutte le categorie) si
sono registrate spese in diminuzione; cinque capoluoghi di provincia hanno dichiarato addirittura variazioni di
spesa superiori al -30%.
15
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Consumi alimentari medi mensili per famiglia
nei capoluoghi di provincia piemontesi
Campione di 647 famiglie
Alessandria
Bevande
7,4%
Pane, pasta e cereali
16,5%
Frutta
9,5%
Dolciumi
e drogheria
10,2%
Legumi
e ortaggi
9,0%
Latte, formaggi
e uova
14,9%
Oli e grassi
3,3%
Pesce
6,2%
Carni e salumi
23,1%
Bevande
9,2%
Asti
Frutta
6,4%
Legumi
e ortaggi
7,5%
Bevande
9,1%
Biella
Frutta
9,9%
Dolciumi
e drogheria
13,6%
Latte, formaggi
e uova
13,0%
Oli e grassi
3,4% Pesce
6,5%
Carni e salumi
25,4%
Dolciumi
e drogheria
10,6%
Legumi
e ortaggi
9,0%
Latte, formaggi
e uova
14,1%
Oli e grassi
1,8%
Pane, pasta
e cereali
16,9%
Pane, pasta
e cereali
15,0%
Pesce
6,4%
Carni e salumi
22,3%
Cuneo
Frutta
6,6%
Bevande
8,2%
Legumi
e ortaggi
9,0%
Pane, pasta
e cereali
15,7%
Dolciumi
e drogheria
13,1%
Latte, formaggi
e uova
17,2%
Oli e grassi
1,7%
16
_
Pesce
4,6%
Carni e salumi
23,9%
Novara
Frutta
9,7%
Bevande
8,3%
Pane, pasta
e cereali
16,9%
Dolciumi
e drogheria
9,7%
Legumi
e ortaggi
8,8%
Latte, formaggi
e uova
14,8%
Oli e grassi
1,7%
Pesce
5,0%
Carni e salumi
25,1%
Bevande
9,5%
Torino
Frutta
8,0%
Legumi
e ortaggi
9,2%
Verbania
Bevande
12,2%
Frutta
5,8%
Legumi
e ortaggi
6,9%
Pane, pasta
e cereali
13,3%
Pane, pasta
e cereali
15,7%
Dolciumi
e drogheria
14,1%
Latte, formaggi
e uova
12,9%
Oli e grassi
2,0% Pesce
6,5%
Carni e salumi
22,2%
Dolciumi
e drogheria
13,7%
Latte, formaggi
e uova
13,0%
Oli e grassi
2,1% Pesce
6,7%
Carni e salumi
26,4%
Vercelli
Frutta
7,7%
Bevande
10,9%
Pane, pasta
e cereali
17,1%
Dolciumi
e drogheria
12,9%
Legumi
e ortaggi
10,8%
Latte, formaggi
e uova
12,9%
Oli e grassi
2,1%
Pesce
5,9%
Carni e salumi
19,7%
17
_
L’allegato statistico contiene un numero considerevole di tabelle in cui viene dettagliata la spesa per consumi
alimentari, declinata a seconda dell’età del capofamiglia, della sua condizione e posizione professionale,
della sua residenza e del reddito dichiarato. Pur rimandando a tali tabelle per un’analisi approfondita di tutte queste
dinamiche di spesa, è interessante sottolineare quattro aspetti principali.
Innanzitutto, si evidenzia un’ampia forbice (quasi 55 euro) fra la spesa delle famiglie con persona di riferimento
sotto i 65 anni e quella dei nuclei con capofamiglia over 65. Anche la composizione del paniere è differente,
seppur non in modo così evidente: le famiglie più anziane tendono a spendere una quota maggiore della propria
spesa alimentare in frutta, verdura e latticini, mentre le famiglie giovani spendono di più in dolci e bevande.
Esiste anche una notevole differenza, che si aggira intorno ai 20 euro, fra la spesa alimentare dei nuclei
con capofamiglia occupato (314 euro mensili) e quella delle famiglie con a capo una persona non occupata (295 euro).
Oltre al fatto di possedere o meno un lavoro, è altresì determinante la posizione professionale: è infatti ovvio,
e i dati lo confermano, che le famiglie con a capo un imprenditore o un libero professionista spendano mensilmente
di più rispetto alle famiglie di impiegati, operai o lavoratori flessibili. Non si tratta probabilmente, come già
sottolineato in precedenza, di un maggior livello di consumo, ma di differente una scelta qualitativa e di prezzo.
Una terza osservazione riguarda le cosiddette economie di scala: anche per le famiglie, oltre che per le imprese,
la spesa pro capite per consumi alimentari scende all’aumentare della numerosità della famiglia.
Nonostante l’industria alimentare e la stessa Gdo abbiano già da tempo intrapreso una politica di prodotti
confezionati in porzioni sempre più piccole, i single si trovano ancora a spendere proporzionalmente di più,
complice anche la deperibilità dei beni alimentari.
Infine, come ci si poteva ragionevolmente aspettare, la spesa per consumi alimentari è in funzione diretta del reddito
disponibile. È utile precisare ancora una volta che si tratta del reddito familiare e non di quello medio, per cui
un reddito alto non significa automaticamente agiatezza, ma molto più facilmente situazioni familiari con entrate
multiple o con più persone che lavorano. Senza tener conto di questa precisazione, si potrebbe rilevare una
straordinaria differenza nei consumi alimentari fra redditi alti e redditi bassi, pari a circa 100 euro (si veda la tab. 2.9
dell’allegato statistico), ed argomentare quindi un’eccezionale disuguaglianza sociale; pesando invece questi dati
con la numerosità familiare (poco meno che doppia nelle famiglie con reddito alto rispetto a quelle con reddito
basso), si rileva addirittura una maggiore spesa pro capite delle famiglie con reddito basso rispetto alle altre.
3.1
Approfondimenti sui consumi alimentari
• Grazie ad un’articolazione puntuale dei questionari usati per la rilevazione, alcune voci rientranti nel capitolo
dei consumi alimentari possono essere ulteriormente scomposte all’interno della categoria merceologica.
In questo breve report si è voluto discernere tra il consumo di carni bianche e quello di carni rosse, la scelta
del caffè rispetto all’acquisto di the e tisane, la preferenza tra bevande alcoliche ed analcoliche e, infine,
tra prodotti biologici e non.
Il primo approfondimento riguarda la preferenza nell’acquisto di carne rossa rispetto a quella bianca (pollo,
tacchino, volatili in genere). Occorre premettere che non si tratta di una differenza quantitativa, ma di una
diversa spesa per l’acquisto: essendo la carne rossa leggermente più costosa rispetto a quella bianca,
ne deriva che la spesa riferita a quest’ultima tende a sottostimarne il reale utilizzo nella tavola dei piemontesi.
Ciò premesso, nella spesa delle famiglie piemontesi continua a prevalere l’acquisto di carni rosse rispetto
alle carni bianche, con una percentuale praticamente uguale a quello del 2004: il 73% della spesa in carne
riguarda bovini, suini e ovini. La carne bianca, anche grazie alle sue qualità nutritive e alla ridotta presenza
di grassi, risulta essere maggiormente utilizzata da famiglie anziane; a livello territoriale, poi, continua a prevalere
una forte spesa in carni rosse a Cuneo, provincia con una forte tradizione (e presenza) di allevamenti bovini.
Essendosi la rilevazione conclusa ad inizio ottobre, questi risultati non incorporano ancora la flessione
nel consumo di carni bianche dovuta al diffondersi dell’influenza aviaria tra la fine ottobre e l’inizio novembre:
18
_
a detta di produttori e distributori il consumo di carne di pollo, tacchino e anatra è diminuito di oltre il 40%
nel solo mese di novembre. Nel rapporto del prossimo anno sarà possibile verificare se, e quanto, l’influenza aviaria
ha modificato il comportamento di acquisto dei piemontesi in tal senso.
Il secondo approfondimento riguarda il consumo di caffè e the: pur escludendo i caffè consumati fuori casa,
tipicamente al bar, la spesa per caffè supera ancora abbondantemente quella per the e tisane. Ogni famiglia
piemontese spende mediamente 4,17 euro ogni mese per il caffè consumato in casa, contro gli 1,61 euro
destinati a the e tisane.
Per quanto riguarda poi il consumo di bevande, quest’anno si è speso di più, seppur lievemente, per quelle
alcoliche che per quelle analcoliche, con una spesa mensile per famiglia rispettivamente stimata sui 14,53 euro
e 14,48 euro. Il sorpasso è stato provocato essenzialmente sia da un aumento del consumo mensile di bevande
alcoliche, passate da 12 a 14,5, che da un rallentamento di quelle analcoliche, scese da 17 a 14,5.
Esiste, in questa tipologia, una forte correlazione con l’età del capofamiglia: le famiglie anziane spendono
per bevande alcoliche circa la metà rispetto a quelle giovani.
La spesa delle famiglie
piemontesi per i prodotti biologici
Campione di 647 famiglie
Costituiscono una parte
piccola della spesa
88,4%
Famiglie non
acquirenti di
prodotti biologici
33%
Famiglie acquirenti
di prodotti biologici
67%
Costituiscono più della
metà della spesa
1,9%
Costituiscono meno della
metà della spesa
9,7%
Infine, il quarto approfondimento riguarda la propensione all’acquisto di prodotti biologici. Come lo scorso
anno, circa 2 famiglie su 3 acquistano, più o meno regolarmente, prodotti biologici; di queste, la quasi totalità
(l’88%) destina a tale spesa una piccola quota del proprio budget. Non si è notata, rispetto al 2004, una netta
tendenza verso un maggior utilizzo del prodotto biologico, che rimane ancora un prodotto di nicchia; l’esigenza
di trasparenza e qualità del prodotto sembrerebbe essere soddisfatta anche dai distributori della Gdo,
che promuovono i prodotti della loro “filiera qualità”. I maggiori utilizzatori dei prodotti biologici rimangono
le persone anziane, che fanno maggior attenzione alla qualità del proprio cibo, e le famiglie che destinano tali
prodotti proprio all’alimentazione dei figli. I prodotti biologici più diffusi sulle tavole dei piemontesi risultano
la frutta, la verdura e i succhi di frutta, ma vengono segnalati anche acquisti di marmellate, farina, pasta, yogurt,
cereali, riso e miele.
19
_
3.2
Il ruolo dell’autoconsumo
e le spese alimentari extradomestiche
• Pur non costituendo un esborso finanziario, e quindi una spesa rilevabile, si è deciso comunque di rilevare
l’entità del fenomeno del cosiddetto autoconsumo, ossia dei beni alimentari autoprodotti, ad esempio
nel proprio orto piuttosto che in un frutteto o in un pollaio. Queste spese, ovviamente, sono minime nel campione
preso in esame, in quanto si tratta di famiglie che abitano nei capoluoghi di provincia e, quindi, in contesti
urbani, per le quali l’impatto dell’autoconsumo è sicuramente minore rispetto alle famiglie che abitano
in campagna o in montagna e che hanno una maggior disponibilità di spazio per l’autoproduzione di prodotti
alimentari. Questa voce di spesa è dunque minima, ma non nulla: in media ogni famiglia piemontese consuma
ogni mese circa 15 euro di prodotti fatti in casa.
Stima del valore dei beni consumati
mensilmente in regime di autoproduzione (autoconsumo)
Campione di 647 famiglie
35
30
25
20
Piemonte
14,62
15
10
5
16,42
24,24
18,34
30,48
4,06
10,83
7,42
10,42
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Torino
Verbania
Vercelli
0
Come già rilevato negli scorsi anni, sono le famiglie di Cuneo (30 euro) e Asti (24 euro) a ricorrere maggiormente
all’autoconsumo, mentre tra i novaresi si ha la stima più bassa, con un valore mensile di poco superiore
ai 4 euro. Se, in generale, due famiglie su tre hanno dichiarato di non aver consumato alcun bene alimentare
autoprodotto, la percentuale sale invece esponenzialmente per le famiglie cuneesi (53 famiglie su 70)
e astigiane (42 su 67): le famiglie dei capoluoghi delle due città più agricole del Piemonte hanno probabilmente
maggiori disponibilità di coltivazione e allevamento nelle cascine fuori città.
20
_
Il ricorso delle famiglie
piemontesi all'autoconsumo
Campione di 647 famiglie
Famiglie che
non consumano
in regime di
autoproduzione
64%
Alessandria 30
Asti 42
Biella 31
Famiglie che
ricorrono
all’autoconsumo
36%
Cuneo 53
Novara 12
Torino 46
Verbania 10
Vercelli 16
Un altro aspetto rilevante da valutare sono i consumi alimentari extradomestici, che nella nostra classificazione
(così come in quella Istat) sono stati considerati tra le spese per consumi del tempo libero anziché tra quelli
prettamente alimentari. Si tratta essenzialmente delle spese per l’alimentazione fuori casa, in bar, ristoranti,
pizzerie e self service., ad eccezione di quelle sostenute con ticket aziendali che, in conformità a quanto
stabilito dall’Istat, non vengono considerati consumi. Analogamente, non sono da considerarsi spese
per consumi in senso tecnico i pasti dei quali il datore di lavoro rimborsa l’intera somma.
Anche per i pasti fuori casa c’è stato un ridimensionamento notevole: dai 63 euro mensili dello scorso anno si è
passati ai 52 euro del 2005. Il taglio di queste spese ha interessato la maggior parte delle province; a spendere
di più per i consumi alimentari extradomestici sono i cuneesi, con poco più di 70 euro mensili, mentre i più
frugali fuori dalle mura domestiche si confermano i vercellesi, con poco più di 23 euro al mese.
21
_
I consumi alimentari extradomestici (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Alessandria
43,46
Asti
59,23
Biella
65,80
Cuneo
70,65
Novara
67,72
Torino
52,05
Verbania
38,52
Vercelli
23,39
0
Piemonte
52,49
10
20
30
40
50
60
70
80
Nel questionario sottoposto alle famiglie piemontesi si è rilevata anche la frequenza con cui vanno al ristorante:
solo il 5% del campione ha dichiarato di recarvisi almeno una volta alla settimana, mentre più della metà
(il 56%) ha affermato di non andarci mai o raramente. La frequenza varia, ovviamente, in funzione dell’età
(l’84% delle famiglie anziane non frequenta ristoranti, contro il 26% dei giovani), della presenza o meno di figli
e del reddito (le famiglie con redditi bassi tendono a recarvisi meno frequentemente).
22
_
4. I consumi non alimentari
• Nel 2005, la spesa media mensile sostenuta dalla famiglia piemontese per l’acquisto di beni non alimentari
ammonta a 2.114,14 euro. Questo valore non comprende l’esborso finanziario affrontato per l’acquisto
degli autoveicoli, in quanto questo bene è stato considerato come un bene di investimento e non di consumo.
Il dato così calcolato risulta analogo a quello registrato lo scorso anno, quando le famiglie piemontesi intervistate
avevano dichiarato di destinare ai consumi non alimentari 2.103,00 euro al mese. In realtà, all’interno di questa
macro-categoria si evidenziano due tendenze differenti: da un lato, tutte le spese relative alle attività di supporto
(abitare, muoversi e comunicare) hanno vissuto una sostenuta espansione nel corso del 2005, dall’altro
i consumi non alimentari meno vincolanti, quali quelli relativi al divertimento, all’abbigliamento e all’istruzione,
risultano pressoché stabili.
Da un’analisi dell’andamento dei consumi non alimentari per capoluogo di provincia piemontese si evidenzia
come siano le province orientali quelle con una spesa media maggiore. Al primo posto per esborsi legati
ai consumi non alimentari troviamo Vercelli, dove una famiglia spende mediamente 2.532,93 euro al mese contro
i 2.114,14 regionali. Seguono le famiglie della città di Novara con 2.372,99 euro e quelle di Biella con 2.270,89
euro mensili. Si spende di meno, invece, nel Piemonte del sud e in particolar modo ad Alessandria (1.873,13)
e ad Asti (1.997,22); più bassi della media anche i consumi non alimentari delle famiglie che vivono a Torino
(1.918,01 euro).
4.1
Le spese per l’abitazione
• La prima voce di bilancio della famiglia media piemontese è anche nel 2005 quella relativa all’abitazione.
Se alcune spese non alimentari, quali quelle concernenti l’abbigliamento, i divertimenti o l’istruzione, risultano
più facilmente comprimibili in periodi di tensioni economiche, su quelle attinenti direttamente alla sfera casa
la possibilità di azione è piuttosto limitata. A questa minor elasticità delle spese per l’abitazione, va aggiunto che
la casa rappresenta tradizionalmente creazione di patrimonio, quindi appare la forma di risparmio più sicura
in un contesto finanziario che non invoglia il risparmiatore medio a tentare la fortuna in borsa o a affidarsi
a fondi di investimento.
Per l’abitazione in senso stretto, ossia per l’affitto, le spese condominiali, l’assicurazione furto e incendio
e l’imposta sui rifiuti, una famiglia con un numero medio di componenti pari a 2,3 spende mensilmente 651 euro
contro i 604 dello scorso anno. La quota sui consumi complessivi è del 26,9%, in crescita rispetto al 2004,
quando il peso delle uscite per l’abitazione era del 22,5%. Per rendere questa valutazione confrontabile con i dati
rilevati dall’Istituto nazionale di statistica si è scelto di chiedere alle 647 famiglie del campione non solo qual è
l’importo mensile dell’affitto ma anche, nel caso in cui la casa sia di proprietà, a quanto ammonta il fitto figurato,
ossia quale sarebbe l’importo da sostenere per la locazione dell’abitazione se questa non fosse di proprietà.
23
_
Peso delle spese per l’abitazione
sui consumi totali
Campione di 647 famiglie
43,9%
Abitazione*
26,9%
Arredi, apparechiature
e servizi per la casa
9,8%
Combustibile ed energia
elettrica**
7,2%
* le spese per l'abitazione non comprendono le spese per gli interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria
** questa voce comprende le spese per energia elettrica, acqua, gas, kerosene,
altri combustibili per riscaldamento autonomo e riscaldamento centralizzato
Anche nel 2005 emerge come la tendenza delle famiglie piemontesi sia quella di acquistare l’abitazione:
solo il 26% del campione vive, infatti, in una casa in affitto. La percentuale di locatari raggiunge il minimo regionale
nella provincia di Biella (12,9%) e si attesta sul valore massimo a Torino, dove più di una famiglia su tre vive
in una casa presa in locazione. Le spese relative all’abitazione sono correlate alla dimensione dell’abitazione
stessa nonché alla realtà provinciale in cui è inserita. Le abitazioni di proprietà sono generalmente caratterizzate
da una metratura maggiore, proprio perché viste come un bene più definitivo, mentre spesso la casa in affitto
è solo il punto di partenza per il successivo investimento nell’acquisto di un’abitazione.
A livello provinciale, le famiglie biellesi sono quelle con la casa di dimensioni medie più elevate (117 mq) e,
non a caso, sono anche quelle che sostengo il maggior esborso medio mensile per affitto (o fitto figurato),
condominio, assicurazione e imposta sui rifiuti (733 euro). Le abitazioni più ridotte in termini dimensionali
si trovano a Torino, dove la metratura media è di 73 metri quadri. Nonostante i torinesi siano i piemontesi
con le case più piccole, non sono, tuttavia, quelli che spendono meno: con un esborso di 727 euro mensili
si collocano, infatti, al secondo posto nella graduatoria regionale, posizione raggiunta a causa del più elevato
prezzo al metro quadro degli immobili.
A livello regionale, l’11,6% delle famiglie intervistate ha dichiarato di avere una seconda casa:
questa percentuale sale a Biella (una famiglia su quattro), mentre il minor numero di multiproprietari spetta
a Novara e Cuneo, province in cui la percentuale scende al 5,7%.
All’interno delle spese classificate direttamente come “abitazione” rientrano i costi condominiali, mediamente
pari a 51,93 euro mensili, quelli per l’assicurazione della casa (21,08 euro mensili) e le uscite per l’imposta
24
_
sui rifiuti (37,60 euro mensili). Anche per queste voci di spesa esistono tipicità territoriali: per il condominio
si spende di più nelle città di Novara (72,12 euro) e Verbania (60,19 euro) e di meno in quelle di Vercelli (32,15
euro) e Asti (36,86 euro); l’imposta sui rifiuti grava maggiormente sulle famiglie di Vercelli (33,10 euro)
e Alessandria (25,22 euro), mentre occupa una piccolissima fetta del budget di cuneesi (16,48 euro) e torinesi
(16,65 euro); la necessità di assicurare l’abitazione, infine, è maggiormente sentita nel capoluogo regionale,
dove si spendono in media più di 90 euro al mese per proteggersi contro i rischi di furto e danni.
Poco meno di una famiglia piemontese su due, inoltre, deve sostenere la spesa per l’affitto del garage:
il costo medio a livello regionale è di 76,6 euro mensili e va da un massimo di 99 euro a Verbania ad un minimo
di 52 euro a Cuneo.
Nel valutare le spese per la casa, si è scelto di unire a questa prima porzione di costi anche le due voci relative
alle utenze domestiche e all’arredamento e servizi per la casa, in modo da osservare il peso complessivo che
l’abitazione, in maniera diretta o indiretta, assume sul budget familiare. Nel 2005 le utenze domestiche
esercitano un peso sul totale delle spese della famiglia pari al 7,2% e ammontano mediamente a 173,66 euro
mensili. L’importanza di questa voce è aumentata rispetto allo scorso anno, quando il totale mensile delle uscite
per bollette e riscaldamento era di 169,73 euro e il peso assunto sulle spese della famiglia era del 6,3% circa.
All’interno delle utenze figurano ogni mese circa 36,97 euro per l’energia elettrica, 51,12 euro per il gas e 18,19
euro per l’acqua; più elevato, invece, l’importo delle spese per il riscaldamento, sia centralizzato (98,73 euro)
che autonomo (59,16 euro). Complessivamente, le bollette per le utenze domestiche sono più alte a Verbania
(207,38 euro) e a Vercelli(236,96 euro), mentre si spende di meno rispetto alla media regionale a Torino (142,40
euro) e ad Asti (151,99 euro).
Disaggregando le singole utenze anche a livello provinciale, si rileva che sono gli abitanti di Verbania quelli che
utilizzano maggiormente l’energia elettrica, il gas e l’acqua; per il riscaldamento centralizzato primeggia Vercelli,
mentre Alessandria utilizza maggiormente il riscaldamento a gas o a kerosene. Il territorio più parsimonioso
in quanto a risorse dedicate all’energia elettrica è Asti (27,77 euro mensili), mentre per il gas, l’acqua
e il riscaldamento è Torino.
Le spese per l’abitazione (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Abitazione*
Utenze domestiche**
Arredi, apparecchiature
e servizi per la casa
Alessandria
586,46
165,67
130,56
Asti
595,85
151,99
235,03
Biella
732,95
184,99
213,48
Cuneo
561,44
160,18
187,50
Novara
628,25
178,98
292,75
Torino
726,92
142,40
185,27
Verbania
569,70
207,38
284,89
Vercelli
703,62
236,96
441,85
Piemonte
650,69
173,66
237,96
* le spese per l'abitazione non comprendono le spese per gli interventi di manutenzione ordinaria
e straordinaria
** questa voce comprende le spese per energia elettrica, acqua, gas, kerosene, altri combustibili per riscaldamento
autonomo e riscaldamento centralizzato
25
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Arredi, apparecchiature e servizi per la casa, con 237,96 euro mensili, ricoprono infine il 9,8% del budget
familiare, quota in crescita rispetto allo scorso anno, quando il peso esercitato sui consumi complessivi era
dell’8,4%. La diversificazione territoriale appare piuttosto significativa: a Vercelli si spendono mediamente
441,85 euro mensili, mentre ad Alessandria si raggiungono appena i 130 euro.
Le considerazioni fatte a livello generale assumono connotazioni più particolareggiate se si procede ad una
disaggregazione dei dati in base alle caratteristiche socio-anagrafiche della persona di riferimento della famiglia.
I nuclei con capofamiglia over 65 hanno tipicamente un atteggiamento più parsimonioso a causa anche
di un budget forzatamente più basso, tuttavia non possono comprimere alcune tipologie di spese che appaiono
ancora più importanti per una categoria di persone non più giovanissima: le famiglie più anziane spendono infatti
604 euro per l’abitazione in senso stretto, conto i 664 euro delle famiglie più giovani, ma, passando mediamente
più tempo in casa per via della condizione professionale della persona di riferimento (spesso pensionata),
hanno un consumo, e quindi una spesa, per riscaldamento ed utenze domestiche maggiore (178,66 euro).
Per quanto riguarda arredamento e servizi per la casa, invece, gli under 65 superano ampiamente gli over 65:
i primi spendono mensilmente 259,99 euro, mentre le famiglie più anziane si limitano a 164,97 euro mensili.
La diversificazione dei consumi appare ancora più evidente se si analizza la posizione professionale
della persona di riferimento. Per l’abitazione in senso stretto sono imprenditori e liberi professionisti a spendere
di più, anche grazie ad una dotazione reddituale decisamente più elevata: questa categoria professionale
sostiene delle spese medie mensili per affitto o fitto figurato, condominio e riscaldamento pari a 1.003,96 euro,
mentre per le stesse voci di spesa un operaio vede uscire dalla propria cassa familiare 574,29 euro al mese.
Tra queste due classi opposte si rilevano fasce di consumo intermedie che vanno dagli 869,04 euro dei dirigenti
ai 640,37 euro degli impiegati.
La spesa per combustibili e utenze domestiche, correlata in misura significativa alla dimensione della casa,
riflette in gran parte l’andamento delle spese per l’affitto. Al primo posto troviamo imprenditori e liberi
professionisti con 203,38 euro mensili mentre in coda si collocano gli impiegati con 165,74 euro mensili.
Sull’arredamento e servizi per la casa si concedono una spesa maggiore i dirigenti, che pagano oltre 680 euro
al mese, mentre abbassano la media regionale gli operai, che per questa voce del bilancio familiare registrano
uscite pari a 192,25 euro mensili; le famiglie con persona di riferimento appartenente alle altre tipologie
professionali dedicano ad arredamento e servizi per la casa un importo superiore alla media piemontese
(237,96 euro).
4.2
Le spese per trasporti e comunicazioni
• Un’altra fetta del budget della famiglia piemontese è quella relativa ai trasporti e alle comunicazioni.
Muoversi e comunicare sono sicuramente due aspetti fondamentali nella società moderna: questo è il motivo
per cui oltre il 14% delle risorse indirizzate ai consumi si concentra in questa voce di spesa. Nel considerare
tutte le tipologie di costo rientranti in questa classe, si è scelto di escludere la spesa per l’acquisto di autoveicoli,
in quanto rientrante nella sfera dei beni intermedi (investimento) e non in quella dei beni di consumo.
Al netto dell’acquisto di autoveicoli, nel 2005 la famiglia media piemontese ha sostenuto uscite mensili
pari a 343,08 euro per viaggiare e per comunicare.
Addentrandosi in un’osservazione più prettamente provinciale dei dati complessivi su trasporti e comunicazione,
si evidenzia come Vercelli sia, ancora una volta, la città in cui le famiglie spendono più risorse per muoversi
e comunicare: l’importo medio mensile per la famiglia vercellese è, infatti, di 417,22 euro.
Anche nelle altre province dell’est del Piemonte la spesa supera la media regionale, attestandosi sui 380,33 euro
a Biella, 377,28 euro a Verbania e 349,08 euro a Novara. Nel Piemonte del sud solo Alessandria (367,81)
registra un valore superiore al dato piemontese, mentre tutte le altre province, compreso il capoluogo regionale,
manifestano comportamenti di spesa più contenuti.
26
_
Peso delle spese per trasporti
e comunicazioni sui consumi totali
Campione di 647 famiglie
Trasporti e
comunicazioni*
14,2%
* al netto dell’acquisto di autoveicoli
L’osservazione della spesa delle famiglie per condizione reddituale evidenzia come al crescere del reddito
si manifesti un aumento della spesa. Le famiglie con reddito alto posseggono probabilmente un numero superiore
di autovetture appartenenti anche a segmenti alti di mercato: le spese per assicurazione e bollo sono quindi più
elevate ed influiscono in misura significativa sul totale delle uscite per trasporti e comunicazione pari, in queste
famiglie, a 548,48 euro al mese. Per i nuclei familiari con reddito medio, l’importo mensile è di 430,72 euro,
mentre i redditi bassi possono dedicare alle spese per muoversi e comunicare solo 243,07 euro al mese.
Le spese relative a trasporti e comunicazioni sono state finora accorpate perché nella società moderna
muoversi e comunicare sono due comportamenti che si integrano vicendevolmente; tuttavia, a causa
dell’importanza che assumono nel budget delle famiglie, risulta importante analizzarli singolarmente
nel dettaglio. Tra le spese di trasporto, si collocano al primo posto quelle relative all’utilizzo dei mezzi privati:
la famiglia piemontese sostiene, infatti, un costo mensile per carburanti (benzina, gasolio, etc.) pari a 96,58 euro.
Se a questo dato si aggiunge il prezzo pagato per autolavaggio, parcheggi ed autostrada, il valore sale
a 101,5 euro mensili.
A livello provinciale, l’importo più elevato corrisposto complessivamente per queste voci si riscontra a Vercelli
(153,9 euro): al secondo posto si situa Alessandria (143,7 euro), seguita da Biella con 116,7 euro.
Al di sotto del livello medio di spesa si collocano invece Asti (96,4 euro), Cuneo (91,3 euro), Novara (84,7 euro)
e Verbania (81,9 euro).
27
_
Spese mensili per carburanti e abbonamenti
ai trasporti dei capoluoghi di provincia piemontesi (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Carburanti, pedaggi e autolavaggi
180
Abbonamenti ai trasporti pubblici
160
8,2
19,5
140
34,2
120
22,9
100
12,5
27,8
22,8
34,1
80
153,9
143,7
60
116,7
96,4
91,3
40
84,7
81,9
76,0
20
0
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Torino
Verbania
Vercelli
Le famiglie che spendono meno per carburanti, autolavaggi e autostrade sono, infine, quelle residenti a Torino,
dove l’importo medio mensile è di 76,0 euro, dato può essere meglio interpretato alla luce del maggior utilizzo
dei mezzi pubblici da parte delle famiglie del capoluogo regionale.
Il consumo di carburanti e l’utilizzo dell’autovettura in genere come mezzo di spostamento ha un evidente
legame con il tipo di professione esercitata dal capofamiglia. Se, come si è già evidenziato, la spesa media
è di 1.01,5 euro, il valore registrato in famiglie in cui la persona di riferimento è un imprenditore o un dirigente
appare decisamente più elevato: i primi spendono mensilmente 177,3 euro, mentre i dirigenti riversano
in questa voce di spesa un importo mensile pari a 1.68,3 euro. Le categorie professionali con il consumo
più basso sono le altre forme di lavoro indipendente (93,8 euro) e gli impiegati, questi ultimi proprio grazie
al maggiore utilizzo del trasporto pubblico.
La seconda spesa in ordine d’importanza è quella sostenuta per il pagamento di bollo e assicurazione auto:
l’importo medio mensile calcolato sul totale delle famiglie intervistate è di 77,1 euro. Questo dato si incrementa
in misura significativa se viene calcolato non sul totale delle famiglie, ma sul numero complessivo di quelle che
hanno dichiarato di pagare bollo e assicurazione: in tal caso, la spesa media si attesta sui 93,4 euro.
Calcolando secondo questa seconda impostazione la spesa media a livello provinciale, si evince che
la provincia con costi superiori per bollo e assicurazione è Torino con 101,51 euro mensili: l’elevato importo
del capoluogo è dovuto specialmente alle maggiori spese sostenute in una grande città per l’assicurazione
della macchina, a causa della maggiore probabilità del verificarsi di incidenti dovuta al traffico intenso.
Le famiglie che pagano meno per bollo e assicurazione sono, invece, quelle di Cuneo (81,16 euro).
28
_
Spesa mensile per assicurazione e bollo auto
per fasce di reddito* (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Non indicato
Spesa media
77,01 euro
Basso
Medio
Alto
0
20
40
60
80
100
120
140
Esiste infine un forte legame tra questa tipologia di spesa e il reddito, al crescere del quale aumenta
generalmente anche il numero e la classe delle autovetture: questo è il motivo per cui le famiglie con reddito
alto spendono mensilmente 139,3 euro mentre quelle con reddito basso raggiungono appena i 70 euro.
Oltre ai costi per il trasporto privato, le famiglie piemontesi devono inserire nel proprio budget mensile anche
le spese relative al trasporto pubblico (biglietti e abbonamenti per tram, bus e taxi), voce che nel 2005 incide
per il 6,38% sul totale dei complessivo dei consumi. A questo dato vanno sommati anche gli eventuali esborsi
per treno, aereo e nave, che portano la voce complessiva di biglietti e abbonamenti a 24,3 euro.
Per queste tipologie di trasporto, a livello territoriale spiccano Biella e Torino, per le quali la spesa mensile
si aggira sui 34 euro. La provincia in cui è meno marcato il consumo di trasporto pubblico è invece Vercelli
con solo 8,2 euro al mese. Tra le posizioni professionali si va da un massimo di spesa di 35,4 euro
per gli impiegati ad un minimo di 8,3 per le altre forme di lavoro indipendente.
Al capitolo comunicazione (telefono fisso, cellulare, collegamento ad internet, etc.) la famiglia media piemontese
dedica mediamente 101,5 euro al mese. In questa categoria di spesa rientrano 45,8 euro per il telefono fisso,
41,7 per il cellulare, 6,4 euro per il collegamento ad internet e qualche altra risorsa per l’eventuale acquisto
di un nuovo apparecchio telefonico fisso o mobile.
L’utilizzo della telefonia e di internet come strumento di comunicazione è ormai propria di tutto il territorio
regionale, tuttavia esistono ancora alcune peculiarità a livello locale. Complessivamente le famiglie con le spese
per comunicazione più elevate sono quelle di Verbania, dove si raggiungono i 132,8 euro al mese.
Di poco inferiore risulta l’esborso dei vercellesi (131,7 euro), mentre la provincia meno comunicativa è Biella,
con un costo per telefonia e internet di 84,4 euro mensili. Per il telefono fisso, a Verbania escono dalla cassa
familiare 64,2 euro al mese, contro i 35,7 di Cuneo, mentre per il cellulare la spesa più elevata è stata dichiarata
dai vercellesi (53,7 euro) e quella più bassa è, anche in questo caso, propria delle famiglie di Biella (33,3 euro).
29
_
Per quanto concerne la valutazione del costo per il collegamento ad internet, l’importo mensile è di 6,4 euro contro
i 4 rilevati lo scorso anno: va tuttavia evidenziato come questo valore appaia necessariamente sottostimato
a causa della difficoltà che si incontra nello scorporarlo dalla spesa per telefonia. Le province con un maggior
utilizzo del collegamento internet appaiono Vercelli e Alessandria con una spesa rispettivamente di 9,8 e 8 euro
al mese. Tra le posizioni professionali, spiccano per l’utilizzo di internet gli imprenditori (16,4 euro), mentre fanno
da fanalino di coda le altre forme di lavoro indipendente. Il telefono fisso viene utilizzato di più dai dirigenti
(77,9 euro al mese) e meno dagli impiegati (42,1 euro); per il cellulare sono ai primi posti i dirigenti (63,9 euro)
e i lavoratori in proprio (63,3 euro).
Osservando i dati attraverso la classificazione delle famiglie in base al reddito, emerge come quelli più alti
sborsino oltre 69 euro di telefono fisso, più di 89 euro per il cellulare e 16,4 euro per il collegamento ad internet.
I redditi bassi, invece, utilizzano meno la rete (2,5 euro), fanno un uso più modesto del telefono fisso (38,5 euro)
e pagano per il cellulare un terzo (29,2 euro) rispetto ai redditi alti.
Una suddivisione delle spese di comunicazione per fascia di età del capofamiglia mette in luce come i nuclei
più anziani non utilizzino sostanzialmente il collegamento ad internet e usino relativamente poco il cellulare,
mentre quelli più giovani preferiscono proprio questi mezzi di comunicazione rispetto al telefono fisso,
che spesso nemmeno posseggono.
Spesa media mensile per telefonia
e collegamento alla rete internet (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Provincia
Telefono fisso
Telefono cellulare
Collegamento internet
Alessandria
42,1
38,9
8,0
Asti
37,3
40,0
5,9
Biella
36,6
33,3
4,7
Cuneo
35,7
40,2
3,7
Novara
47,4
39,9
6,2
Torino
43,7
38,6
6,1
Vercelli
62,2
53,7
9,8
Verbania
64,2
53,2
7,2
Totale complessivo
45,8
41,7
6,4
30
_
4.3
Altre spese per consumi non alimentari
• Casa, trasporto e comunicazione portano via una grossa fetta del bilancio familiare, tuttavia esistono ancora
altre spese rilevanti che una famiglia media deve sostenere: per completare il quadro di analisi dei consumi
totali vanno ancora considerate, infatti, le spese per “altri beni e servizi” (quota del 13,6%), vestiario e calzature
(5,5%), ricreazioni e spettacoli (4,5%), servizi sanitari e salute (3,8%), istruzione (1,2%) e tabacco (0,6%).
Peso delle altre spese
non alimentari sui consumi totali
Campione di 647 famiglie
Altri beni e servizi
13,6%
Istruzione
1,2%
Ricreazione e spettacolo
4,5%
Tabacco
0,6%
Vestiario e calzature
5,5%
Servizi sanitari, salute
3,8%
Nella categoria “altri beni e servizi” sono state inserire tutte quelle uscite di cassa relative alla cura
della persona, alle vacanze, all’assicurazione sulla vita, ai pasti fuori casa, nonché i costi relativi all’eventuale
mantenimento di un animale domestico. Queste spese ammontano complessivamente a 328,96 euro,
per una quota pari al 13,5% del totale, e risultano in contrazione rispetto allo scorso anno, quando rappresentavano
il 15% dei consumi totali per un valore pari a 348,34 euro mensili.
L’importo aumenta se si analizzano le province del nord est, che sborsano mediamente 392,64 euro contro
i 335,30 euro del Piemonte del sud e i 224,89 euro della città di Torino. A far crescere questa tipologia di spesa
nel nord est è la voce viaggi e vacanza, pari a 150 euro mensili, quella relativa alla stipulazione
dell’assicurazione sulla vita che raggiunge i 55 euro, nonché la cura degli animali domestici, per la quale
si pagano 17,70 euro contro i 13,14 della media piemontese. Scendendo ulteriormente nel dettaglio provinciale,
per questa tipologia di consumo si collocano al primo posto i novaresi (429,21 euro) e all’ultimo proprio
le famiglie del capoluogo regionale.
31
_
La spesa per “altri beni e servizi” dimostra una diversa consistenza a seconda dell’età della persona
di riferimento: gli over 65 attingono dalla cassa domestica quasi la metà rispetto agli under 65, soprattutto a causa
della minore spesa per vacanze (rispettivamente 63,41 e 63,51 euro) e per pasti fuori casa (29,43 contro 59,46
euro mensili). Ad emergere per consumo di “altri beni e servizi” è la classe d’età tra i 45 e i 54 anni con 405,24
euro al mese. Gli operai sono quelli che spendono meno (313,3 euro) e i dirigenti quelli che spendono di più
(563,26 euro); questo dato si riflette anche sul comportamento di consumo analizzato nell’ottica della classe
reddituale della famiglia: i redditi alti spendono 487,57 euro, quelli medi 435,94 e quelli bassi poco più 227 euro.
Nel 2005 la famiglia piemontese dedica all’acquisto di capi di abbigliamento e calzature il 5,5% del proprio
budget (133,47 euro). Il dato appare sostanzialmente in linea con quello registrato lo scorso anno, quando
vestiario, biancheria, accessori, calzature e prodotti di merceria rappresentavano il 5,0% del totale delle spese
familiari. Anche quest’anno è il nord est a spendere di più per l’abbigliamento: il valore più alto spetta infatti
a Vercelli con 174,52 euro e quello più basso, come lo scorso anno, si rileva presso le famiglie del capoluogo
regionale (107,18 euro mensili).
La discrezionalità e l’elasticità di questa tipologia di spesa fa sì che esistano delle profonde differenze
di comportamento a seconda dell’età, della professione e del reddito. Con 79,48 euro al mese, gli over 65
attribuiscono all’abbigliamento e alle calzature la metà dell’importanza che queste voci di spesa assumono
per le famiglie più giovani: se gli under 65 in generale spendono 149,76 euro al mese, la fascia di età più attenta
all’abbigliamento è quella tra i 45 e i 54 anni, che sborsa 167,28 euro al mese.
Sul fronte della condizione occupazionale, si rileva un netta differenza tra gli acquisti di abiti e calzature
da parte di famiglie con persona di riferimento occupata (156,80 euro) e quelle in cui il capofamiglia risulta
in condizione non professionale (96,18 euro): all’interno di questo secondo gruppo sono incluse le famiglie
pensionate, che registrano per questa voce di budget un valore ancora più basso (90,25 euro). Tra le diverse
posizioni professionali, i dirigenti con 227,77 euro e gli imprenditori e liberi professionisti con 227,28 euro sono
quelli che spendono di più per vestirsi, mentre gli operai sono quelli con il consumo più modesto (11,36 euro
al mese). Il legame con il reddito, infine, è molto stretto: le famiglie con reddito alto spendono 220,50 euro
per vestirsi, mentre si scende ai 177,25 euro per i redditi medi e agli 86 euro per quelli più bassi.
Nonostante l’incremento di alcuni costi non comprimibili, nel bilancio della famiglia piemontese c’è ancora
spazio per il divertimento e il tempo libero: la fetta di budget dedicata a questa tipologia di consumo passa
infatti dal 4,3% dello scorso anno al 4,5% del 2005. All’interno di questa categoria sono ricomprese voci
eterogenee, che vanno dall’acquisto di alcuni beni durevoli, quali ad esempio la macchina fotografica, all’utilizzo
di svariati servizi come cinema, spettacoli e attività sportive. La famiglia media piemontese nel 2005 ha
dedicato al tempo libero circa 110 euro al mese; questo valore aumenta per le famiglie di Novara (132,74 euro),
Asti (130,84 euro) e Verbania (130,00 euro), mentre scende sotto la media per tutti gli altri capoluoghi di
provincia. La spesa inferiore si registra ad Alessandria, dove si pagano solamente 77,84 euro mensili per tempo
libero e spettacoli. L’elevata discrezionalità di questa tipologia di spesa spinge le famiglie a manifestare,
a seconda delle differenti caratteristiche che le contraddistinguono, diversi comportamenti di consumo.
Gli over 65 spendono meno della metà (59,90 euro) rispetto agli under 65 (124,97 euro) e, analizzando
più nel dettaglio il consumo per fasce di età, si rileva come siano proprio le famiglie più giovani, ossia quelle
con un capofamiglia con età inferiore ai 35 anni, a divertirsi di più (140,62 euro al mese).
Nonostante la mancanza di tempo libero a causa dell’attività lavorativa, gli occupati spendono il doppio (137,13
euro) rispetto alle famiglie in condizione non professionale (66,34%). I pensionati si distinguono per la spesa più
bassa (62,80 euro) mentre, tra gli occupati, dedicano più risorse a tempo libero e spettacoli i liberi professionisti
e i dirigenti (184,30%). A causa delle disponibilità più ridotte e dell’esaurimento delle risorse disponibili in spese
relative alla casa, gli operai possono invece spendere per il tempo libero solo 96,02 euro al mese.
L’esistenza di uno stretto legame tra disponibilità finanziarie ed entità della spesa per tempo libero e spettacoli
appare confermata dall’analisi dei consumi per fasce di reddito: le famiglie più benestanti possono investire
di più nel tempo libero (173,76 euro), i redditi medi hanno a disposizione 134,43 euro, mentre quelli bassi
superano di poco gli 82 euro.
32
_
Sanità
La spesa per servizi sanitari e salute è pari al 3,8% dei consumi totali, per un importo di 92,84 euro al mese.
Il valore registrato nel 2005 appare in netta diminuzione rispetto agli anni precedenti: nel 2003 la spesa
per la salute ammontava a 103 euro al mese e nel 2004 questo valore aveva raggiunto i 107,20 euro mensili.
La diminuzione delle risorse dedicate a questo capitolo del budget familiare non è sintomo di un miglioramento
della salute media quanto piuttosto il risultato della riduzione del potere di acquisto di una fetta importante
della popolazione locale. Sul totale di questa tipologia di spesa incide pesantemente il costo degli onorari medici
(43,91 euro mensili per la famiglia media); al secondo posto si colloca la spesa per farmaci (26,27 euro),
seguita infine dal costo per l’acquisto di occhiali e lenti a contatto (22,67%).
Dal punto di vista provinciale, Novara (143,64 euro) e Verbania (108,95) sono i territori in cui le famiglie
affrontano le maggiori uscite per spese sanitarie, mentre i più contenuti sono i torinesi (71,00 euro).
Questo capitolo di spesa ha un impatto maggiore sulle famiglie più anziane che, per motivi di età, devono
ricorrere maggiormente a controlli medici e all’acquisto di farmaci (108,67 euro mensili); le famiglie under 65,
invece, spendono mediamente 88,07 euro: complessivamente, quindi, emerge un crescita direttamente
proporzionale tra classe di età della persona di riferimento e l’entità di questa voce di spesa.
Tra gli imprenditori si registrano uscite di cassa doppie (180,93 euro) rispetto al dato medio regionale; i dirigenti
spendono 125,42 euro mensili, mentre operai e lavoratori in proprio si collocano intorno alla media. Ultimi per entità
della spesa sono gli impiegati (83,28 euro) e gli occupati in altre forme di lavoro indipendente (78,29 euro).
Anche per questa voce del budget familiare appare evidente il collegamento tra reddito e capacità di spesa:
per le famiglie con reddito alto il costo è di 157,28 euro, si scende a 97,81 euro per redditi medi e si arriva
a 78,48 euro per quelli bassi.
Spese per servizi sanitari e salute
per fasce di reddito* (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
Alto
Medio
Basso
Totale
Onorari medici
58,42
47,84
37,09
43,91
Medicinali
37,81
26,01
24,94
26,27
Occhiali, lenti e altro
61,05
23,97
16,44
22,67
Totale spese sanitarie
157,28
97,81
78,48
92,84
Assicurazione vita
69,91
52,65
25,90
40,56
* basso fino a 2.066 euro mensili, medio da 2.067 a 4.132 euro mensili, alto oltre 4.132 euro mensili
Istruzione
Le famiglie piemontesi hanno dichiarato di spendere complessivamente per l’istruzione 29,76 euro al mese,
una quota pari solo all’1,2% dei consumi totali.
A livello territoriale, Verbania appare la provincia più istruita, con una spesa mensile di 54,79 euro, quasi doppia
rispetto alla media regionale. Il Piemonte del sud, con Alessandria (17,70 euro) ed Asti (19,44 euro), è invece
meno propenso ad investire in istruzione.
L’importo della spesa appare notevolmente diverso a seconda dell’età del capofamiglia: per gli over 65
l’esborso mensile scende a 10,15 euro, mentre per le famiglie con persona di riferimento under 65 la spesa
33
_
raggiunge i 35,67 euro. La classe di età con i consumi istruttivi superiori è quella tra i 45 e i 54 anni;
per le famiglie rientranti in questa categoria, infatti, il costo mensile per istruzione è di 52,92 euro.
Va inoltre sottolineato come, specialmente per questa tipologia di spesa, al crescere del numero dei componenti
della famiglia aumenti in misura significativa il costo medio mensile: si passa infatti da un minimo di 7,55 euro
per i single ad un massimo di 275,17 per le famiglie con 5 componenti o più.
Le famiglie dei dirigenti sono quelle che sostengono un esborso maggiore (56,22 euro), seguite
immediatamente dalle famiglie con capofamiglia operaio, che investono in istruzione 45,68 euro mensili;
l’importo minore è proprio degli occupati in altre forme di lavoro indipendente (22,69 euro) e dei lavoratori
in proprio (24,30 euro).
Se si considera la fascia di reddito delle famiglie, la spesa più elevata caratterizzano i redditi medi (48,16 euro),
che in questo capitolo di budget superano i redditi alti (32,75 euro).
In aumento, infine, il peso esercitato dall’acquisto di tabacco sul totale delle spese: se lo scorso anno la quota
era dello 0,4%, nel 2005è salita allo 0,6%, soprattutto a causa del forte incremento del prezzo delle sigarette.
34
_
5. Il possesso dei beni durevoli
• Gli italiani sono i più pessimisti in Europa quanto a fiducia come consumatori e nella percezione
della situazione del proprio Paese: è questo il quadro che emerge dall’osservatorio Findomestic, una ricerca
sul consumo dei beni durevoli in Italia ed in Europa. Ma se le percezioni dei cittadini italiani sono alquanto negative,
la situazione non è migliore negli altri Paesi: solo un europeo su tre si dice ottimista sul futuro. Un clima
di generale incertezza, dunque, che ha una forte influenza sui consumi in generale: gli unici che sembrano
tenere sono quelli relativi ai beni durevoli.
Sul fronte dei beni per la casa, il comparto mobili continua a crescere, facendo registrare un incremento pari a 5
punti percentuale in valore e a 3 in quantità. Crescita moderata anche per i cosiddetti elettrodomestici bianchi,
dove gli aumenti in quantità si sono assestati tra il 4% e il 5%, con i forni a microonde che svettano
con un aumento del 23%. Più composito l'andamento del mercato degli elettrodomestici cosiddetti bruni,
con alcuni settori che stanno procedendo a gonfie vele grazie a prezzi in picchiata, come i lettori dvd e i televisori
dell'ultima generazione lcd e al plasma, e altri in netta discesa, come i tv color tradizionali e i videoregistratori
a cassetta, considerati dai consumatori ormai resi obsoleti dagli schermi piatti e dai videoregistratori in digitale.
Ad eccezione del settore auto, che vede l'Italia ai primi posti in Europa per livelli di vendite, preceduta soltanto
da Spagna, Belgio e Regno Unito, in tutti gli altri comparti di spesa il confronto con gli altri Paesi dell'Unione
ci pone decisamente al di sotto della media europea. Per quanto concerne la comunicazione, gli italiani hanno
la maggiore familiarità con il telefono cellulare (con gli sms al primo posto fra i giovani); seguono internet
e la televisione satellitare, mentre la conoscenza della televisione digitale terrestre è molto modesta.
All'ultimo posto della classifica della familiarità vi è la videotelefonia, sia fissa che mobile, che sembra entrata
molto marginalmente fra i desideri degli italiani, nonostante gli sforzi pubblicitari.
Il possesso di alcuni beni durevoli
delle famiglie piemontesi
Campione di 647 famiglie
Camper
3%
Bicicletta
76%
Motocicletta o scooter
22%
Condizionatore
19%
Lavastoviglie
50%
Microonde
55%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Valore percentuale di possesso
35
_
Le tendenze in atto a livello nazionale si riproducono anche in Piemonte, dove i consumatori risultano
invogliati all’acquisto dalle frequenti promozioni effettuate per i prodotti diventati repentinamente antiquati
e dalla riduzione dei listini prezzi dei prodotti più innovativi.
Dall’indagine sulla spesa delle famiglie piemontesi emerge come il settore degli elettrodomestici bianchi
(lavastoviglie, microonde, etc) sia in crescita rispetto allo scorso anno: il 50% del campione possiede
la lavastoviglie, mentre più di una famiglia su due ha un forno a microonde.
La bicicletta si conferma un bene tradizionale per il 76% delle famiglie del campione: a Cuneo la percentuale
di famiglie che ne possiede almeno una sale al 93%, mentre a Torino, dove il traffico ne rende più difficoltoso
l’utilizzo, la percentuale scende al 56%. Gli scooter e le moto, pur avendo una diffusione minore della bicicletta,
sono possedute dal 22% delle famiglie intervistate: a Verbania si registra la concentrazione maggiore (una famiglia
su tre), mentre, ancora una volta la presenza è meno consistente nel capoluogo regionale. Risulta, infine, meno
significativa la diffusione di camper: solo il 3% delle famiglie del campione ha dichiarato di possederne uno.
Negli ultimi anni la forte diffusione di film in dvd e la diminuzione dei prezzi dei lettori digitali, determinata anche
dall’entrata sul mercato di marche minori, hanno fortemente incoraggiato i consumatori all’acquisto di questi
prodotti. A livello provinciale sono i torinesi ad avere dimostrato il maggior interesse per questa tipologia di beni
(il 59% del campione provinciale possiede, infatti, un dvd), mentre resta leggermente inferiore la richiesta
da parte dei cuneesi. Nelle famiglie piemontesi appare anche in aumento la presenza di impianti home theatre,
strettamente legati all’andamento del mercato dei dvd; nonostante la tendenza in atto, tuttavia, solo il 7%
del campione piemontese ne possiede uno.
Meno dinamico rispetto al passato appare, invece, il mercato della console da gioco: solo il 20% delle famiglie
piemontesi intervistate ha dichiarato di averne una. La diffusione è più forte nel Verbano Cusio Ossola (il 30%),
mentre in coda si trovano Cuneo e Vercelli.
Il computer è divenuto un bene a larghissima diffusione: è presente in almeno una famiglia su due.
Appare discreta la diffusione nelle case piemontesi del decoder satellitare (19%), tecnologia che spopola a Novara,
mentre risulta meno diffuso il decoder terrestre (8% del campione).
Infine, la macchina fotografica digitale ha soppiantato quasi del tutto quella tradizionale, grazie alla maggior
flessibilità di utilizzo e all’interazione con il pc, diventando così un bene di larga diffusione: il 42% del campione
dichiara di possederne almeno una, percentuale decisamente più elevata ad Asti e Verbania.
36
_
Il possesso di beni high tech
delle famiglie piemontesi
Campione di 647 famiglie
Macchina fotografica digitale
42%
Computer
57%
Decoder terrestre
8%
Decoder satellitare
19%
Playstation
20%
Home theatre
7%
53%
Dvd
2%
Fibra ottica
23%
Adsl
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
Valore percentuale di possesso
37
_
6. I luoghi di acquisto
6.1
Le preferenze sui luoghi di acquisto
• Anche in Piemonte il complesso quadro congiunturale, gli indicatori economici non particolarmente brillanti
e i timori legati alla sicurezza dei prodotti acquistati hanno reso più attento il consumatore medio, spingendolo
ad effettuare scelte distributive ben precise a seconda del tipo di prodotto che deve acquistare, del livello
qualitativo richiesto e del prezzo atteso. La famiglia consumatrice ha quindi adottato un approccio multicanale
nella scelta dei propri acquisti, optando per un mix tra piccola distribuzione tradizionale(1), grande(2) e media(3)
distribuzione e hard discount(4).
La scelta crescente tra qualità e contenimento dei prezzi e la conseguente diversificazione nella preferenza
del luogo d’acquisto, da un lato ha fatto scoprire canali distributivi come i discount, un tempo poco considerati
dalle famiglie piemontesi, e dall’altro ha ridato respiro ai negozi tradizionali che tornano ad essere percepiti
come componente integrante ed essenziale di un moderno sistema distributivo, maggiormente in grado
di soddisfare le esigenze di specifiche nicchie di mercato. In sostanza, ciascuna forma distributiva soddisfa
esigenze differenti tali per cui la media e grande distribuzione e il piccolo commercio tradizionale diventano
parti inscindibili e complementari di un medesimo sistema.
Nell’osservare il comportamento delle famiglie piemontesi, al di là precedenti considerazioni di carattere
generale, bisogna valutare l’offerta distributiva del territorio, le cui caratteristiche influenzano indubbiamente
le scelte effettuate dal consumatore medio. Il Piemonte è costituito per il 93,2% da esercizi tradizionali,
per il 6,5% da medie strutture e solo per lo 0,3% da grandi strutture.
A livello di consumi complessivi, anche nel 2005 il luogo d’acquisto prediletto dalle famiglie piemontesi è stato
il supermercato o ipermercato, che registra il 43,8% del totale delle preferenze espresse. Rispetto allo scorso
anno, la preferenza accordata alla Gdo è ulteriormente aumentata, sintomo di un forte apprezzamento, da parte
del consumatore, dei vantaggi in termini di scelta dei prodotti, flessibilità degli orari e prezzi delle merci.
Il negozio tradizionale riesce a mantenere e consolidare una quota considerevole del totale delle preferenze:
il 32,8% contro il 32,1% dello scorso anno. Il minimercato, invece, è la tipologia distributiva che evidenzia
il maggior crollo di preferenze: se lo scorso anno conquistava il 10% delle simpatie, quest’anno si limita
ad una quota del 7,8%. Tutte le altre tipologie, infine, registrano valori inferiori al 5%: rispetto al 2004,
l’hard discount viene apprezzato da una fetta maggiore delle famiglie, ma si limita ancora ad una quota
del 4,8%; il negozio in centro commerciale non riesce ad agganciare il trend di ipermercati e supermercati
e attira solo il 4,2% delle preferenze; il mercato passa dal 4,6% del 2004 al 4,5% di quest’anno, manifestando
una sostanziale stabilità; gli acquisti on-line e le vendite a domicilio incidono, infine, solo per l’1%.
Dal quadro regionale si discostano le diverse peculiarità locali: Asti (6,0%) e Torino (7,9%) superano la media
regionale (4,8%) per acquisti presso hard discount, tipologia distributiva che registra, invece, il minor successo
ad Alessandria e Biella. Tutte le province del Piemonte dell’est hanno una più accentuata propensione
per le grandi strutture: a Verbania ipermercati e supermercati registrano il 65% delle preferenze, a Biella il 55,5%,
(1)
esercizi con superficie di vendita non superiore a 250 mq
(2)
esercizi con superficie di vendita compresa tra 250 e 2.500 mq
(3)
esercizi con superficie superiore a 2.500 mq
(4)
esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa di superficie medio-grande che, attuando una politica di abbattimento dei costi di impianto,
gestione e servizio, offre in self-service una gamma limitata di prodotti, genericamente non di marca, a prezzi contenuti
38
_
I luoghi di acquisto
dei generi alimentari
Campione di 647 famiglie
Negozio tradizionale
32,8%
Negozio in centro commerciale
4,2%
Mercato
4,5%
Minimercato
7,8%
Risposta non espressa 1,3%
Acquisti on line e vendita a domicilio 1,0%
Hard discount
4,8%
Supermercato, ipermercato
43,8%
a Vercelli e Novara rispettivamente il 54,0% e 52,5%, tutti dati al disopra di quello regionale (43,8 punti
percentuale). Provano meno interesse per la Gdo, anche a causa di una presenza inferiore sul territorio
provinciale, le famiglie di Asti (32,8%) e Cuneo(34,9%). Nel 2005 il minimercato è piaciuto di meno alle famiglie
piemontesi: solo astigiani (il 20,8% delle preferenze) e torinesi (il 13,5%) hanno continuato a frequentare
in misura rilevante questa tipologia distributiva, messa invece all’ultimo posto nella graduatoria delle proprie
preferenze dai novaresi. Se il Piemonte dell’est è quello con la più alta frequentazione delle grandi strutture,
nel Piemonte del sud si rilevano le propensioni più elevate all’acquisto presso i negozi tradizionali: a Cuneo
poco meno del 40% delle famiglie acquista in piccole strutture tradizionali, fortemente presenti sul territorio
comunale. Alessandria manifesta un gradimento per il piccolo negozio pari al 37,7% e Asti raggiunge il 30.3%.
Non stupisce che Verbania, provincia con il più elevato gradimento per gli ipermercati, sia quella con il più
basso utilizzo delle piccole strutture. Per il negozio situato presso il grande centro commerciale non ci sono dati
locali di rilievo: in tutte le province il grado di propensione per queste realtà distributive si aggira intorno
alla media regionale. Il mercato rionale viene frequentato di più dai torinesi, che lo indicano al quarto posto
nelle proprie preferenze, mentre vi si recano meno spesso i vercellesi. Sono proprio questi ultimi quelli che
maggiormente ricorrono agli acquisti on line e alle vendite a domicilio.
Passando dal dettaglio territoriale a quello merceologico, emerge come le preferenze delle famiglie piemontesi
vadano in linea di massima o alla grande distribuzione o al negozio tradizionale a seconda del prodotto
che si vuole acquistare, mentre le altre realtà distributive mostrano gradimenti inferiori. Per l’acquisto di pane,
la panetteria continua a rappresentare il canale di approvvigionamento preferito dalle famiglie piemontesi (66,0%),
anche se il valore registrato è inferiore rispetto a quello dello scorso anno (70%) a causa di uno spostamento
di parte dei consumatori verso la grande distribuzione. È proprio presso ipermercati e supermercati che si comprano,
invece, pasta e biscotti (il 67,2% delle preferenze). L’acquisto di carne vede ancora al primo posto la macelleria
(con il 45% delle preferenze), ma la grande distribuzione sta acquistando terreno anche in questo campo,
concentrando il 43% delle preferenze delle famiglie piemontesi contro il 38,6% del 2004.
39
_
Prodotti alimentari:
preferenza del luogo d'acquisto
Campione di 647 famiglie
Prodotti surgelati
Prodotti in scatola
Supermercato, ipermercato
Frutta e verdura
Negozio tradizionale
Pesce
Carne
Pasta e biscotti
Pane
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Percentuale sul totale delle preferenze espresse
All’interno della categoria dei prodotti alimentari, la grande distribuzione è il punto di riferimento per il rifornimento
di pesce (il 51,2% delle preferenze), prodotti inscatola (69,9%), surgelati (68,9%) e frutta e verdura (43,7%);
per quest’ultima tipologia di prodotti appare ancora rilevante l’acquisto presso il mercato rionale (29,4%).
Per l’abbigliamento e l’arredamento il negozio tradizionale si conferma come luogo di acquisto prediletto
rispettivamente per il 74,3% e il 77,9% delle famiglie intervistate; per i prodotti per la pulizia della casa
e per la cura e l’igiene della persona si ricorre all’ipermercato, mentre per gli elettrodomestici sembra che le famiglie
piemontesi continuino a preferire il negozio tradizionale che, per questa tipologia di prodotti, garantisce
una maggiore consulenza nella fase di scelta del prodotto e una maggiore garanzia dopo l’acquisto.
40
_
Prodotti non alimentari:
preferenza del luogo d'acquisto
Campione di 647 famiglie
Supermercato, ipermercato
Negozio tradizionale
Elettrodomestici
Arredamento
Cura e igiene personale
Abbigliamento
Pulizia casa
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Percentuale sul totale delle preferenze espresse
Si conferma anche nel 2005 la relazione tra l’età della persona di riferimento della famiglia e la preferenza
espressa. Tutti i nuclei con capofamiglia sotto i 65 anni, in misura più o meno accentuata, hanno indicato
come luogo di acquisto preferito il supermercato o ipermercato. Sotto i 35 anni, il 45% predilige la grande
distribuzione organizzata, pur non disdegnando il negozio tradizionale, che raccoglie il 30,5% dei consensi.
Nella fascia d’età compresa tra i 35 e i 44 anni la propensione per ipermercati e supermercati è nettamente
prevalente (il 52,8%), mentre il negozio tradizionale viene scelto nel 29% dei casi. Le famiglie con persona
di riferimento tra i 45 e i 54 anni acquistano per il 50% in strutture della Gdo e per il 31,6% nel negozio
tradizionale, mentre tali percentuali passano rispettivamente al 40,9% e al 35% nella fascia d’età 55-64 anni.
Gli over 65, invece, si recano principalmente nel più vicino e rassicurante negozio tradizionale: a questa
tipologia viene assegnato il 38,7% dei consensi contro il 33,3% registrato dagli ipermercati e supermercati.
La preferenza per le strutture della Gdo è trasversale a tutte le tipologie professionali: la flessibilità in termini
di orario e la possibilità di trovare non solo un’ampia gamma di prodotti, ma anche una serie di servizi
complementari, rende la grande distribuzione più appetibile per le famiglie che svolgono attività lavorative
e quindi hanno tempi ristretti da dedicare agli acquisti. In particolare, sono le “altre forme di lavoro indipendente”
che manifestano la più netta predilezione (55,6%) per supermercati e ipermercati, seguiti dagli impiegati
con il 50,3% delle preferenze. Per gli operai si rileva anche un significativo apprezzamento per la convenienza
dell’hard discount (l’8,4%) e per il minimercato (l’8,5%), mentre dirigenti ed imprenditori spesso si riforniscono
nel negozio tradizionale.
Esiste, infine, un evidente legame tra la fascia reddituale delle famiglie e la scelta del luogo di acquisto. I redditi
alti frequentano poco l’hard discount (il 2,5% delle preferenze), molto gli ipermercati (il 49,4%) e, in misura
superiore alla media, i negozi tradizionali (il 34,9%) e quelli nei centri commerciali (il 5,3%). Le famiglie
con redditi medi prediligono la Gdo (il 49,2% dei consensi), ma si recano anche nel negozio tradizionale (il 32,1%).
I redditi bassi, invece, scelgono più della media l’hard discount (il 6,5%), vanno al supermercato (il 39,8%),
ma non trascurano nemmeno il minimercato (il 10,3%), il negozio tradizionale (il 33,5%) e il mercato rionale
(il 5,2%), manifestando nel complesso una maggior diversificazione nella scelta del luogo di acquisto rispetto
a quella espressa dalle altre fasce di reddito
41
_
6.2
Le ragioni di scelta dei luoghi di acquisto
• Il consumatore moderno ha ormai a disposizione un’ampia offerta distributiva, che va dal grande ipermercato
al piccolo negozio o al mercato rionale: è quindi in grado di soddisfare le differenti esigenze a seconda
del prodotto che vuole acquistare, del tempo e delle risorse che può dedicare all’acquisto e dei servizi accessori
che ritiene necessari. Queste motivazioni spingono la famiglia consumatrice a scegliere di volta in volta
un canale piuttosto che un altro proprio in base ai vantaggi e ai benefici specifici che vengono attribuiti
alle differenti tipologie distributive.
Dall’analisi dei consumi delle famiglie piemontesi è emerso come le strutture commerciali più frequentate siano,
da un lato, la grande distribuzione organizzata (ipermercati e supermercati) e, dall’altro, il negozio tradizionale;
tutte le altre tipologie distributive (mercato, minimarket, hard discount, etc.), pur rivestendo un ruolo
significativo, non hanno ancora conquistato quote importanti delle preferenze del consumatore locale.
Per questo motivo, nell’analizzare le ragioni di scelta del luogo di acquisto sarà dedicata maggior attenzione
proprio alla Gdo e al negozio tradizionale.
La motivazione principale che spinge il consumatore piemontese a recarsi presso ipermercati e supermercati per
fare i propri acquisti è riconducibile sia alla vasta gamma di prodotti diversi presenti presso queste strutture che
alla possibilità di scegliere tra prodotti appartenente alla stessa tipologia ma rientranti in fasce di prezzo differenti.
Ragioni di scelta
del super-ipermercato
Campione di 647 famiglie
Piacevolezza dell’ambiente
15,5%
Prezzi bassi
13,1%
Assortimento
maggiore
20,4%
Percheggio
17,0%
Riduzione del tempo
di acquisto
16,9%
42
_
Vicinanza
e comodità
17,1%
Al secondo posto tra le motivazioni indicate dalla famiglia piemontese figurano la vicinanza o comodità
e la possibilità di parcheggiare: le grandi strutture, pur non trovandosi spesso nelle immediate vicinanze
dell’abitazione, risultano infatti comode per effettuare la spesa in quanto offrono ai clienti la possibilità di utilizzare
parcheggi preferenziali al loro interno. In questo modo, il cliente può facilmente effettuare anche spese di grosse
dimensioni in una sola volta: l’efficienza in termini di tempo è proprio un’altra delle caratteristiche che spinge
i consumatori verso la grande distribuzione organizzata. La necessità di conciliare i ritmi lavorativi con le esigenze
della vita domestica porta la famiglia media piemontese a dare un grosso valore alla variabile temporale:
la possibilità di recarsi presso un luogo commerciale in cui è fattibile acquistare allo stesso tempo beni alimentari
e non, in orari e giorni anche non propri del commercio tradizionale, risulta sicuramente appetibile
per il consumatore. La piacevolezza dell’ambiente è la quarta motivazione indicata dagli intervistati, mentre
la convenienza in termini di prezzi è solo al quinto posto.
L’analisi delle motivazioni della scelta del luogo di acquisto mette in luce come non esistano sovrapposizioni
tra la grande distribuzione e il commercio tradizionale, perché l’una offre al consumatore ciò che l’altro, per sua natura,
non è in grado di offrire. Se, infatti, nella Gdo si cerca l’assortimento, la comodità e il parcheggio, del tutto
differenti sembrano essere i benefici attribuiti alla distribuzione tradizionale. Il negozio di quartiere, secondo
la famiglia piemontese, si distingue per la qualità dei prodotti: proprio questo è il primo motivo per cui si sceglie
di recarsi presso strutture della distribuzione tradizionale per acquistare prodotti quali pane, carne, vestiario
ed elettrodomestici. Al secondo posto viene indicato il rapporto di fiducia che si instaura tra il cliente e il negoziante:
la famiglia si reca presso il negozio di quartiere perché sa che potrà essere assistita nella fase di scelta
del prodotto e che potrà successivamente usufruire dell’assistenza diretta del rivenditore.
Ragioni di scelta
del negozio tradizionale
Campione di 647 famiglie
Socializzazione
14,3%
Qualità prodotti
24,3%
Cortesia del negoziante
22,2%
Vicinanze e comodità
15,2%
Rapporto di fiducia
24,0%
43
_
Al rapporto di fiducia segue immediatamente la cortesia del rivenditore che, in quanto conosciuto e abituale,
può più facilmente instaurare un rapporto meno impersonale con il cliente. Il negozio tradizionale risulta inoltre
comodo, poiché è situato sovente vicino all’abitazione e rappresenta un luogo di socializzazione.
Tra le altre forme distributive, il mercato rionale viene frequentato solo per acquistare alcune tipologie di prodotti
e viene scelto poiché offre la possibilità di socializzare e si trova vicino all’abitazione. Il minimercato viene scelto
per la vicinanza, mentre gli hard discount sono sinonimo di prezzi contenuti e vengono quindi frequentati
dal consumatore che vuole limitare le proprie spese continuando a comprare la stessa quantità di prodotti.
44
_
7. Altri aspetti legati ai consumi
7.1
I comportamenti d’acquisto in relazione
all’inflazione percepita
• Come per la scorsa edizione, anche quest’anno si è deciso di dedicare uno spazio all’inflazione percepita
e ai conseguenti comportamenti d’acquisto. Diversamente dall’anno scorso, però, sono state eliminate
dal questionario sottoposto al campione le domande sulla pasta e il pane, in quanto si tratta di generi
non particolarmente sensibili a variazioni, mentre sono stati inseriti nuovi quesiti riguardanti i consumi relativi a pasti
e consumazioni fuori casa e a cinema, teatro e altri spettacoli.
Secondi i dati diffusi dall’Istat nel mese di ottobre, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera
collettività (Nic) ha registrato una variazione del +0,2% rispetto a settembre 2005 e del +2,2% rispetto
allo stesso mese dell’anno precedente. La crescita mensile dei prezzi è stata determinata per circa la metà
dagli adeguamenti trimestrali delle tariffe energetiche stabiliti dall’Autorità di settore, e ulteriori spinte al rialzo sono
provenute dai rincari dei carburanti, dagli affitti e dagli aumenti stagionali relativi ai listini dell’abbigliamento
e calzature e al capitolo dell’istruzione.
Variazioni delle abitudini di acquisto in relazione all'inflazione percepita
Campione di 647 famiglie
Ha continuato
ad acquistare
come e più
di prima
per quantità
e qualità
Ha scelto
Ha limitato
Ha limitato
prodotti di
l'acquisto e
Ha cambiato
l'acquisto,
qualità inferiore, scelto prodotti il tipo di prodotto,
non diminuendo pur sempre buona,
di qualità
non modificando
la qualità
non limitando
inferiore, pur
la quantità
l'acquisto
sempre buona
Risposta
non espressa
Totale
Generi alimentari
carne
54
28
6
2
4
6
100
pesce
43
33
4
6
4
10
100
frutta e verdura
57
18
12
4
2
8
100
abbigliamento e calzature
21
39
15
16
2
7
100
pasti e consumazioni fuori casa
22
33
4
13
4
23
100
cinema, teatro e altri spettacoli
22
30
2
7
5
33
100
Generi non alimentari
45
_
I dati ufficiali continuano però, anche se in misura più attenuata, a discostarsi da quelle che sono le percezioni
del consumatore. All’effettivo problema del continuo divario tra l’inflazione rilevata e quella percepita hanno
concorso, soprattutto nel periodo del changeover e in quello immediatamente successivo, molteplici fattori:
per esempio, i beni e servizi che fanno parte del paniere Istat vengono acquistati dal singolo consumatore
con frequenze molto diversificate, da giornaliera a pluriennale, e nel periodo successivo al changeover i prodotti
consumati più spesso hanno subito rincari maggiori di quelli acquistati più di rado. Inoltre, si è osservato
un forte incremento della quota di prezzi variati, sia al rialzo sia in diminuzione. Si deve poi considerare che
l’inflazione subita dai singoli consumatori riflette l’andamento dei prezzi dei beni e servizi che compongono
il paniere personale di spesa: nella misura in cui questo differisce da quello medio dell’intera popolazione,
l’inflazione individuale può divergere da quella calcolata per l’insieme del Paese. Dunque, non necessariamente
la sensazione di impoverimento da parte di alcune categorie di consumatori è da ritenersi infondata: possono
aver svolto un ruolo rilevante la forte dinamica dei prezzi di voci non comprese nel paniere su cui si basa
l’indice dei prezzi (per esempio le abitazioni) e quella molto modesta dei redditi, in particolare per alcune classi
di lavoratori. Infine, i mezzi di informazione hanno dedicato un’attenzione eccezionale all’andamento dei prezzi
e al contrasto tra le percezioni dei consumatori e le statistiche ufficiali, pur in presenza di una sostanziale
stabilità dell’inflazione misurata.
Partendo da queste considerazioni è opportuno, però, verificare come il consumatore piemontese abbia
effettivamente modificato i suoi comportamenti d’acquisto. Per quanto riguarda i generi alimentari, si riscontra
una prevalenza di famiglie che continuano ad acquistare come e più di prima sia quantitativamente che
qualitativamente. Più nel dettaglio, se si analizzano i consumi di carne e pesce, si osserva che la metà
delle famiglie piemontesi non ha modificato le abitudini di spesa, a fronte di circa un terzo dei nuclei che ne ha
limitato l’acquisto, pur non rinunciando alla qualità. Per la frutta e la verdura valgono le considerazioni fatte
per la carne e il pesce, anche se è inferiore la percentuale di famiglie che hanno modificato le abitudini di acquisto
non a discapito della qualità.
I nuclei familiari piemontesi hanno risentito maggiormente del tasso d’inflazione nell’acquisto dei generi
non alimentari: per l’abbigliamento e le calzature ben 2/5 delle famiglie hanno scelto di limitare l’acquisto,
ma di non rinunciare alla qualità del prodotto; il 21% ha continuato, invece, ad acquistare come prima, e il 15%
ne ha limitato il consumo, scegliendo contemporaneamente prodotti di qualità inferiore. Anche per i pasti
e le consumazioni fuori casa e per il cinema, teatro e altri spettacoli il 22% delle famiglie piemontesi ha continuato
ad acquistare come e più di prima sia in quantità che in qualità, contro 1/3 di esse che ha deciso di adottare
un comportamento maggiormente parsimonioso pur non rinunciando all’aspetto qualitativo del servizio.
Per quanto riguarda la spesa per il divertimento, Torino è la città in cui si è registrata una maggiore contrazione
dei consumi, che ha caratterizzato principalmente le famiglie di impiegati cinquantenni con figli.
46
_
7.2
Il consumo di prodotti del commercio equo e solidale
• Il commercio equo e solidale si configura come un settore in continua evoluzione, che cresce a ritmi lenti
ma costanti, con associazioni che, pur rimanendo di medie dimensioni, danno vita gruppi che si inseriscono
capillarmente sul territorio. Si conferma una sponda importantissima per le piccole comunità del sud
del mondo, garantendo l’accesso al mercato per i loro prodotti e l’accesso al credito, e fungendo da surrogato
all'intervento statale per finanziamenti. Per i produttori, il commercio equo e solidale garantisce una tutela
nei confronti dell'oscillazione dei prezzi di mercato, ma anche un modello di assistenza tecnica e di crescita
territoriale accompagnata che si auto-sostiene senza supporto pubblico(1).
Per queste e altre innumerevoli ragioni, i consumatori si sentono chiamati ad agire attivamente
e consapevolmente. In Piemonte più di un terzo delle famiglie del campione ha dichiarato di consumare prodotti
del commercio equo e solidale: nello specifico, il 31% delle famiglie intervistate ha sostenuto di acquistarli
qualche volta, mentre il 3% li consuma con regolarità. A livello territoriale, le famiglie astigiane e cuneesi
sembrano le più sensibili al fenomeno: qui i consumatori di prodotti equi e solidali sono pari rispettivamente
al 55% e al 47% del campione provinciale. I nuclei familiari più giovani, con la persona di riferimento under 35
e tra i 35 e i 44 anni d’età, ed appartenenti alla tipologia della coppia con figli risultano essere i maggiori
consumatori di questi prodotti. Il 50% degli intervistati appartenenti alla fascia di reddito alta ha dichiarato
di consumare articoli del commercio equo e solidale; per contro, la percentuale scende al 27% quando
si analizzano i comportamenti di acquisto delle famiglie con reddito più contenuto. L’acquisto di tali prodotti
è una scelta frequente soprattutto tra le famiglie di dirigenti e di impiegati e tra quelle in cui il capofamiglia svolge
un’attività indipendente.
Il ricorso delle famiglie piemontesi al commercio equo e solidale,
agli acquisti on line e al credito al consumo
Campione di 647 famiglie
100%
Mai
90%
Qualche volta
80%
Spesso
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
64,0
31,4
2,6
81,8
14,7
0,8
80,5
17,3
1,2
0%
Commercio equo e solidale
(1)
Acquisti on line
Credito al consumo
ricerca "Il commercio equo e solidale: analisi e valutazione di un nuovo modello di cooperazione internazionale", a cura del Centro di
ricerche sulla cooperazione dell'Università Cattolica di Milano e dal Dipartimento di Economia politica dell'Università di Milano Bicocca
47
_
7.3
Gli acquisti di beni on line
• A seguito del grande incremento di utenti di internet, le dimensioni degli acquisti on line cominciano
a diventare rilevanti: ad oggi si può affermare che, fra i 18 milioni di navigatori complessivi, ci sono più di 3 milioni
di italiani che fanno acquisti in rete. Secondo il quinto rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione in Italia,
fra questi il 45% effettua compere on line perché è un mezzo economico e si trovano prezzi più convenienti,
il 29% perché è comodo e non ci si deve muovere, il 20% perché è veloce, ed una piccola percentuale, pari al 6%
si spinge a dire che è sicuro. Fra le motivazioni di chi usa internet ma, al contrario, non ama fare acquisti, al primo
posto viene indicata la mancanza di fiducia personale, al secondo la mancanza di necessità, ovvero non se ne
sente il bisogno, al terzo la scarsa sicurezza dei sistemi di pagamento, ed infine il non saperlo fare.
Tuttavia, è interessante che, anche senza effettuare gli acquisti direttamente on line, circa 10 milioni di utenti
consultino comunque la rete per informarsi prima di acquistare qualcosa: sono quindi in sensibile minoranza
coloro che, pur usando internet, non lo utilizzano come strumento di informazione sugli acquisti.
Analizzando più nello specifico l’andamento del fenomeno a livello regionale e provinciale, si osserva come le
famiglie piemontesi abbiano manifestato un buon grado di apertura verso questo canale: il 15% delle famiglie
intervistate ha infatti effettuato saltuariamente acquisti on line nell’ultimo anno precedente la rilevazione, mentre
l’1% ha fatto ricorso frequentemente al canale dell’e-commerce. A livello provinciale, sono apparse più
fiduciose nei confronti del commercio elettronico le famiglie di Asti e Torino; quanto alla tipologia famigliare,
internet viene scelto per gli acquisti prevalentemente dalle coppie con figli e, per quanto riguarda l’età
della persona di riferimento, dai nuclei più giovani. Impiegati, imprenditori e lavoratori in proprio sono le categorie
professionali più attente a questo sistema innovativo di vendita, che gode di maggiori preferenze tra le famiglie
con redditi medi o elevati. Per quanto riguarda la tipologia di prodotti, on line si acquistano prevalentemente
libri, cd musicali, abbigliamento e attrezzature sportive. Un nutrito gruppo di famiglie ha utilizzato internet anche
per la prenotazione di vacanze, l’acquisto di biglietti aerei o per spettacoli e per il pagamento dell’assicurazione
auto e delle ricariche telefoniche; infine, seppur in forma più sporadica, si è ricorsi all’e-commerce anche
per l’acquisto di prodotti alimentari.
48
_
7.4
Gli acquisti con pagamento rateale
• In un panorama dei consumi tendenzialmente stazionario a livello nazionale, in questi ultimi due anni
si è assistito ad una crescita sostenuta del credito al consumo. Sia la Banca d’Italia che Assofin, l’associazione
delle società di credito al consumo, hanno evidenziato un vero e proprio boom nella richiesta di denaro da parte
delle famiglie per finanziare i propri acquisti, generalmente di beni durevoli. Qualche commentatore, fondandosi
sulla cosiddetta “crisi della quarta settimana” rilevata dalla Gdo e dal sistema bancario, ha ravvisato in questo
aumento la difficoltà delle famiglie italiane a sostenere i propri consumi con un potere d’acquisto ridotto;
altri hanno invece evidenziato come si tratti solo di un recupero di posizione rispetto ad una media europea
ed americana ben più alta. Quest’ultima ipotesi si appella al fatto che i tassi sono particolarmente bassi e i risparmi
di molte famiglie sono stati investiti in acquisto di immobili.
Entrambe le letture sono corrette: c’è una parte della popolazione che attraversa un momento di crisi di liquidità
e un’altra parte che rateizza la propria spesa per motivi di convenienza e comodità, anche dietro la spinta
di promozioni commerciali della stessa catena distributiva.
Nella prima parte del 2005, il credito al consumo è cresciuto del 14,5% attraverso le forme tecniche
della cessione del quinto, i prestiti diretti e le carte revolving. Queste ultime sono delle carte di credito
che consentono la rateizzazione, e sono in forte aumento: nove milioni di carte in circolazione, con un +22,6%
delle operazioni finanziate.
In questa edizione dell’indagine sulla spesa delle famiglie piemontesi, sono state inserite nel questionario alcune
domande aggiuntive per approfondire la questione del pagamento rateale. Il 18,5% delle famiglie ha dichiarato
di utilizzare, saltuariamente o frequentemente, il pagamento rateale dei propri acquisti; si tratta della stessa
percentuale dello scorso anno, con la medesima correlazione con l’età del capofamiglia: le famiglie giovani
sono maggiormente predisposte rispetto a quelle più anziane, nelle quali acquistare a rate ha ancora connotati
psicologici negativi. Indagando le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’acquisto rateale, il campione
si è diviso quasi equamente a metà, con il 56% che ha dichiarato di aver acquistato a rate poiché altrimenti
non avrebbe potuto, contro il 44% che ha effettuato tale scelta per motivi di comodità e convenienza. Tali quote
si polarizzano in base alla variabile reddito: per le famiglie con reddito elevato, l’acquisto rateale rappresenta
prevalentemente una comodità, mentre per quelle con reddito basso è una necessità, senza la quale
non ci sarebbe l’acquisto.
49
_
8. I consumi complessivi: considerazioni conclusive
• Il 2005 non è stato un buon anno per la spesa delle famiglie piemontesi che, in una situazione di congiuntura
economica negativa e di prospettive future ancora incerte, hanno polarizzato i propri acquisti verso i beni
più strettamente indispensabili e non comprimibili. Per la prima volta negli ultimi anni, la spesa per consumi
si è ridotta di circa 40 euro, passando dai 2.462,44 euro del 2004 ai 2.421,14 di quest’anno (si tratta di valori
correnti, che incorporano anche il tasso d’inflazione).
La frenata registrata dalla spesa per consumi è dovuta a tutta una serie di circostanze negative. In primo luogo,
le famiglie percepiscono una forte perdita del proprio potere d’acquisto, anche a causa dei messaggi mediatici
relativi all’aumento dei di prezzi di benzina, utenze domestiche e servizi: la sensazione sociale di dover
affrontare una vita diventata decisamente più cara è praticamente unanime, e i comportamenti legati ai consumi
rispecchiano questa opinione. In secondo luogo, le famiglie percepiscono che l’attesa crescita del reddito
derivante dagli sgravi fiscali non è stata così rilevante come si auspicava. Un terzo fattore risiede poi nel fatto
le famiglie piemontesi hanno investito parecchie risorse finanziarie in acquisti immobiliari (il cosiddetto “boom
del mattone”) e si trovano mediamente in una crisi di liquidità maggiore che in passato. Infine, l’incertezza sul
futuro tende ad agevolare un comportamento conservativo che mira prevalentemente al risparmio, pur in presenza
di tassi molto bassi, quando non nulli o addirittura negativi in termini reali.
L’effetto della riduzione percepita del potere d’acquisto si fonde, inoltre, con un complesso fenomeno
di riordino delle priorità sui diversi prodotti e servizi, nel quale si profilano nuove esigenze e nuovi valori insiti
nei comportamenti d’acquisto.
La composizione
dei consumi complessivi 2005
Campione di 647 famiglie
Altri beni e servizi
14%
Alimentare
13%
Tabacco
1%
Istruzione
1%
Vestiario e calzature
6%
Ricreazione e spettacoli
5%
Trasporti e comunicazioni
senza acquisto auto
13%
Abitazione
26%
Servizi sanitari
e salute
4%
Arredi, apparecchiature
e servizi per la casa
10%
50
_
Combustibile ed
energia elettrica
7%
Il grafico che riporta il dettaglio delle spese per consumi effettuate dalle famiglie piemontesi sembra abbastanza
simile a quello dello scorso anno, ma in realtà presenta alcune significative differenze. La prima riguarda
la dimensione stessa della “torta”, che quest’anno è leggermente più piccola rispetto allo scorso anno
(ma è comunque superiore a quella del 2004): in valore assoluto, la spesa delle famiglie piemontesi si è ridotta
dell’1,6%. Il secondo scarto riguarda il rapporto fra le varie componenti: aumentano le spese non facilmente
comprimibili, legate alle funzioni abitative, al muoversi e al comunicare, mentre diminuiscono parallelamente
le risorse destinate a tempo libero e divertimenti, cultura e consumi alimentari. Per questi ultimi prodotti,
il consumatore sembra privilegiare un comportamento d’acquisto più attento a offerte, promozioni, sconti
e ai cosiddetti “primi prezzi”. Il prezzo rappresenta forse la leva di maggior peso nella strategia di promozione
della Grande distribuzione organizzata: secondo un recente rapporto dell’Indicod-Ecr, l’associazione delle
aziende industriali e distributive operanti nel settore dei beni di largo consumo, i prezzi dei prodotti sono risultati
costantemente in diminuzione nell’ultimo anno; tuttavia, il prezzo non viene indicato dalle famiglie come fattore
determinante nella scelta della Gdo rispetto al commercio tradizionale.
A livello territoriale, viene scalzato il primato di Biella che perdurava da tre anni: al vertice della graduatoria
di quest’anno si collocano le famiglie vercellesi, che hanno dichiarato mediamente sia spese alimentari che non
alimentari superiori a quelle delle altre città. Biella slitta al terzo posto, superata anche dalle famiglie novaresi,
che detengono la seconda posizione. In coda rimangono Torino e Cuneo che, pur occupando le ultime due
posizioni, recuperano comunque il gap rispetto alle altre città.
I consumi complessivi delle famiglie
dei capoluoghi di provincia piemontesi* (dati in euro)
Campione di 647 famiglie
3.500,00
Totale consumi non alimentari
Consumi alimentari
3.000,00
425,08
2.500,00
336,15
241,84
2.000,00
344,64
284,45
283,28
320,82
267,61
1.500,00
1.000,00
500,00
1.873,82
1.997,22
2.270,89
1.925,27
2.372,99
1.918,01
2.259,28
2.532,92
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Torino
Verbania
Vercelli
0,00
* al netto dell'acquisto di autoveicoli
51
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volume - Camere di Commercio