Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 2003 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale I II Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Prefazione del Prof. F. Romano Presidente dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione L’INRAN è impegnato da molti anni nello sviluppo di strumenti per la realizzazione di un Sistema Informativo Nutrizionale integrato a livello nazionale. E già nel 1994 veniva pubblicato il volume “SIN - Sistema Informativo Nutrizionale”(1), che poneva le basi concettuali di un tale sistema. Con questo manuale si fa un ulteriore, e sostanziale, passo avanti proponendo strumenti e metodologie in grado di rendere il SIN parte attiva del Sistema Sanitario Nazionale. La sua realizzazione è il frutto del lavoro di un gruppo multidisciplinare di ricercatori INRAN che hanno partecipato come Unità Operativa Tecnico-Scientifica al progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico degenerative” svoltosi negli anni 2000-2002. Tale progetto, finanziato dal Ministero della Salute, è stato l’occasione per realizzare e sperimentare strumenti preziosi per l’attività di sorveglianza nutrizionale sul territorio. Questo è stato possibile grazie al qualificato livello di partecipazione delle Unità Operative Regionali interessate, e, in particolare, grazie al Coordinamento Nazionale della Regione Puglia che ha svolto il ruolo di capofila. Il progetto, che coinvolgeva inizialmente tre Unità Operative Regionali (Puglia, Emilia Romagna e Lombardia), è stato esteso ad altre tre Regioni (Calabria, Campania e Toscana) che ne hanno fatto richiesta in corso d’opera. Si è così evidenziata l’importanza per gli operatori territoriali di trovare momenti di collaborazione e confronto in un contesto progettuale di respiro nazionale. Sono convinto che questo manuale possa rappresentare un primo, e fondamentale, snodo intorno al quale articolare una attenzione diffusa delle esperienze e professionalità presenti nel Paese e spero vivamente che l’attività iniziata con le Regioni coinvolte nel progetto possa proseguire e svilupparsi ulteriormente allargandosi alle altre realtà regionali. (1) Ferro-Luzzi A., Leclercq C., Martino L. & Berardi D. (1994) SIN – Sistema Informativo Nutrizionale. Monografie dei Quaderni della Nutrizione. Roma: INRAN III Manuale di Sorveglianza Nutrizionale IV Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Prefazione della Dott.ssa M. Caroli Coordinatore Nazionale del Progetto Ministeriale Questo manuale non è solo un prodotto del Progetto Ministeriale “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronicodegenerative”: è molto di più. Il documento rappresenta, infatti, per gli elementi procedurali ed esemplificativi che offre, la base tecnico-scientifica comune su cui si è snodato il percorso compiuto dalle Unità Operative delle sei Regioni d’Italia che, nella cornice organica del progetto nazionale, hanno coerentemente sviluppato un programma di interventi coordinati. Ed è esattamente questa duplice chiave di lettura che mi sembra giusto proporre: di riferimento scientifico, formativo-informativo, integrato da elementi di esperienze maturate dall’interazione fra le competenze dell’INRAN, istituzione di ricerca, l’Università, istituzione di ricerca e formazione e quelle delle Unità Operative Regionali che rispondono principalmente ad una mission di prevenzione e promozione della salute. Il valore aggiunto di uno strumento come questo è quello di fornire un supporto trasversale e calibrato; si rivolge infatti ad un target di utenze multidisciplinari e differenziate sul piano del know-how, per lo sviluppo flessibile di strategie e programmi di intervento, partendo da un livello qualitativamente standardizzato e condiviso di conoscenze. Si tratta insomma di un prezioso strumento di orientamento culturale, di revisione della letteratura scientifica e di “nutrimento” (consentitemi l’assonanza con la tematica) intelligente per sostenere ed orientare al massimo livello di appropriatezza gli interventi sanitari in materia di sorveglianza nutrizionale, abbattendo gli elementi di disomogeneità legati alla disuguaglianza delle conoscenze. Su queste basi ed in questa prospettiva i professionisti della sanità e le diverse Istituzioni, a cominciare dalle Aziende Sanitarie Locali, potranno rimodulare e riadattare i percorsi pilota proposti dal manuale, sviluppando strategie di intervento aderenti al profilo e al bisogno del proprio territorio. L’efficacia di questo manuale non può che fondarsi infatti sulla consapevolezza che non si tratta di una raccolta di percorsi rigidi da riprodurre acriticamente, ma piuttosto di un patrimonio cognitivo comune che dovrà coniugarsi, nel governo del territorio, con una organica visione strategica e con buon impianto organizzativo, che veda la partecipazione di tutti i protagonisti per un orientamento delle politiche e degli interventi operativi coerente con criteri di efficacia ed efficienza. Solo attraverso una appropriata allocazione delle risorse e la valorizzazione delle potenzialità inespresse a livello del territorio i principi enunciati dal manuale possono essere fruiti nel loro significato più pieno, che è quello di condurre verso obiettivi concreti. Le idee guida, le indicazioni metodologiche, le opinioni e le raccomandazioni di esperti fornite dal manuale devono essere necessariamente tradotte nei percorsi di studio e nelle scelte di intervento più appropriate rispetto alla fisionomia del contesto locale, attraverso la piena integrazione della dimensione formativa, gestionale, etica ed economica accanto a quella dell’appropriatezza scientifica. E’ questa, a mio giudizio, la valenza più significativa del manuale e delle esperienze V Manuale di Sorveglianza Nutrizionale condotte in coerenza con i suoi contenuti dalle Unità Operative Regionali nell’ambito del progetto ministeriale che sono orgogliosa di aver coordinato cercando di porre la massima attenzione alla valorizzazione delle competenze e del patrimonio caratteristico delle Unità Operative protagoniste, ma anche delle sinergie tra le stesse. Su queste basi mi auguro che il percorso che tutti insieme abbiamo compiuto non sia solo un esercizio di messa a fuoco di temi e problemi in un’ottica estemporanea e “cristallizzata”, ma possa aprire una visione prospettica e la motivazione a fare di più nel futuro, sia per le Unità Operative che hanno partecipato al progetto, sia per tutte le AASSLL del territorio italiano. VI Manuale di Sorveglianza Nutrizionale AUTORI: Noemi Bevilacqua Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Francesco Branca Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Giulia Cairella Dipartimento di Prevenzione - ASL Roma B Laura Censi Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Dina D’Addesa Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Amleto D’Amicis Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Catherine Leclercq Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Laura Rossi Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Anna Saba Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Stefania Sette Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione Garden Tabacchi Specialista in Scienza dell’Alimentazione; Istituto di Fisiologia e Nutrizione Umana, Università di Palermo Aida Turrini Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione VII Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Il presente manuale rappresenta uno dei prodotti del progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico degenerative” che è stato finanziato, promosso e supportato dal Ministero della Salute nell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzati 1% Sanità. VIII Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Unità Operative del progetto ministeriale “Sorveglianza nutrizionale basata su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative” UO “Regione Puglia” Margherita Caroli (Coordinatore Nazionale del Progetto), UO di Igiene della Nutrizione Dipartimento di Prevenzione AUSL Brindisi 1 Carlo Di Cillo (Coordinatore Amministrativo Nazionale del Progetto), Coordinatore Assessorato alla Sanità Regione Puglia Fulvio Moramarco (Responsabile UVAR AUSL BR1) Vito Martucci (Direttore Dipartimento di Prevenzione AUSL BR1) Gruppo di Lavoro: Rosanna Anaclerio, Laura Argentieri, Teresa Colonna, Elvira D’Amuri, Maria Anna Tomaselli. UO “Regione Emilia Romagna” Coordinamento Metropolitano dei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle quattro Aziende USL della Provincia di Bologna Responsabile Scientifico: Gabriele Cavazza Coordinatore Scientifico e delle Attività: Augusta Albertini Gruppo di Ricerca - Dipartimento di Sanità Pubblica: G. Barbieri, N. Collina, M. Colonna, E. Dalle Donne, S. De Giorgi, F. Francia, A. Gerosa, E. Guberti, G. Laffi, F. Mezzetti, P. Pandolfi, G. Peroni, L. Quadri, I. Stefanelli, S. Turchi Collaboratori – Area Materno Infantile: Sarti; L. Ferri, M. G. Milani, R. Ricci, P. De Vescovi, G. Santini, M. T Bartolini, M. B. Mattei; M. Bertini, L. Ferranti, M. Santonicola, P. Baietti, G. Ferranti, L. Ricci, B. Colaiuda, D. Rubini, M. Mazzocchi, M. Casari, A. Degli Esposti, A. Papasodero, M. Vivarelli, L. Sponghi, M. Gabrielli, L. Moschella, A. Baldini, S. Festi, P. Lenzi, E. Valenti, C. De Maria, A. Faraldi Collaboratori – Università degli Studi di Bologna: G. Cavrini, M. Nicolucci Facoltà di Scienze Statistiche; Azienda Ospedaliera Policlinico S. Orsola-Malpighi Endocrinologia Pediatrica: A. Balsamo, M. Gennari Collaboratori - Consulenti: T. Beccari, Dietista; F. Celenza, Biologa. UO “Regione Lombardia” UO Prevenzione Direzione Generale Sanità Regione Lombardia: Vittorio Carreri (Dirigente UO e Responsabile Scientifico progetto); Maurizio Salamana Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione ASL Provincia di Lodi: Maria Grazia Silvestri (Responsabile SIAN e coordinatore fasi operative del progetto); Martina di Prampero; Viviana Lisci; Elena Armondi; Franco Binelli; Maurizio Credali Osservatorio Epidemiologico ASL Provincia di Lodi: Salvatore Mannino Dipartimento di Prevenzione ASL Provincia di Lodi: Carlo Rozzoni (Responsabile Dipartimento); E. Ariano (Responsabile Settore Sanitario). UO “Regione Toscana” Mariano Giacchi, CREPS - Sezione Sanità Pubblica del Dipartimento FMSeSP Università di Siena (Responsabile scientifico dell’UO) IX Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Emanuela Balocchini (Responsabile U.O.C. Igiene Pubblica della Regione Toscana); A. M. Giannoni (Responsabile P.O. Promozione ed Educazione alla Salute della Regione Toscana) Gruppo di Ricerca: Giacomo Lazzeri (Coordinatore attività sul campo), Stefania Rossi (Responsabile statistico), Barbara Bianconi, Angela Ciliberti, Simone Cocco, Maria Giovanna D’Amato, Chiara Guidoni, Margherita Gulino, Michele Martiello, Alessio Zani (CREPS - Università di Siena); Maria Rita Caciolli, Cristina Fagotti (Dipartimento Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà della Regione Toscana) Gruppo operativo territoriale dell’UO “Regione Toscana”: ASL Arezzo: Fulvio Armellini (Responsabile UO/U.F.IAN), Chiara Cinughi de’ Pazzi, Patrizia Baldaccini, Rossella Leonardi; ASL Empoli: Maria Giannotti (Responsabile UO/U.F.IAN), Claudio Baglioni, Francesca Chiaverini, Roberto Giannini, Cristiana Procuranti, Elena Corsinovi; ASL Firenze: Patrizia Giannelli, Tiziana De Marco, Brunella Librandi, Alessandra Maggi, Rina Brunetti, Angela Ghelmi, Ilia Di Marco, Claudia Russo, Roberto Vigevani; ASL Grosseto: Franca Narduzzi (Responsabile UO/U.F.IAN), Rosalba Lorenzoni, Rita Cancelli; ASL Livorno: Maria Grazia Rastelli, Mauro Fiorini (Responsabile UO/U.F.IAN), Marinella Frasca, Giuliano Baldacci, Antonia Amici, Paola Fatighenti; ASL Lucca: Fausto Morgantini, Alessandro Scacchiotti, Bianca Maria Mulini; ASL Massa: Patrizia Carignani (Responsabile UO/U.F.IAN), Manuela Terreni, Maria Giuseppina Galli, Paola Antonioli ASL Pisa: Eleonora Virgone (Responsabile UO/U.F.IAN), Margherita Brunetti , Elena Griesi, Cristina Verdiani, Mariacristina Baldocchi; ASL Pistoia: Paola Picciolli (Responsabile UO/U.F.IAN zona Pistoia), Monica Tognarelli (Responsabile UO/U.F.IAN zona Valdinievole), Alda Isola, Franca Moretti, Elena Tomassetto, Stefania Vezzosi; ASL Prato: Giuseppe Vannucchi (Responsabile UO/U.F.IAN), Riccardo Innocenti, Domenico Mariani, Roberta Gestri, Patrizia Medea; ASL Siena: Simonetta Sancasciani (Responsabile UO./U.F.IAN), Alessandra Bagnoli, Antonella Bellugi, Alfea Pinzuti; ASL Viareggio: Giovanna Camarlinghi (Responsabile UO/U.F.IAN), Piero Cibeca, Paola Gridelli, Gianna Innocenti. UO “Regione Campania” ASL Napoli 4 Francesco Tancredi (Direttore Sanitario ASL Napoli 4) Silvestre Principato (Direttore Dipartimento di Prevenzione e del SIAN, ASL Napoli 4) Pierluigi Pecoraro (Responsabile Scientifico e Operativo, SIAN, ASL Napoli 4) Pasquale A.M. Miranda (Referente Servizio Materno Infantile ASL Napoli 4) Bruna Guida (Referente Dip. Neuroscienze Area di Dietetica e Nutrizione, Università di Napoli Federico II) Gruppo di Lavoro: Grazia Formisano, Maiello Annunziata, Nunziata Giuseppe Pietro, Anna Maria Santomassimo (Responsabili UO Materno Infantile ASL Napoli 4). X Manuale di Sorveglianza Nutrizionale UO “Regione Calabria” Marina La Rocca (Responsabile scientifico e tecnico UO - Dirigente medico UO Igiene Pubblica - Settore Igiene Alimenti e Nutrizione) Gruppo di Lavoro: Attilio Cirillo (Dirigente medico Unità Distrettuale Materno-Infantile), Annalisa Spinelli (Dirigente medico responsabile UO Educazione Sanitaria). UO INRAN Gruppo di Coordinamento: Francesco Branca, Amleto D’Amicis, Catherine Leclercq (Responsabile Scientifico dell’UO) Laura Rossi (Responsabile Operativo dell’UO) Gruppo di Ricerca: Laura Censi, Dina D’Addesa, Anna Saba, Aida Turrini. XI Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Ringraziamenti Al termine di questo lavoro, gli autori sentono il piacere e il dovere di ringraziare tutti coloro che hanno contribuito in modo diverso alla sua realizzazione. Si è già detto che il manuale è il risultato di un lavoro multidisciplinare che ha visto il coinvolgimento attivo di molti ricercatori. Il testo finale è stato rielaborato e impreziosito dei consigli e dei suggerimenti delle professionalità operanti nelle Unità Operative Regionali che più direttamente hanno lavorato a contatto con l’Unità Operativa Tecnica. Un sentito ringraziamento va infine fatto alle colleghe dell’INRAN Raffaela Piccinelli, Cinzia Le Donne e Deborah Martone che sono state un prezioso supporto nelle ultime fasi di stesura del testo e che hanno contribuito a renderlo più gradevole nella lettura. Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 1. I PRINCIPI DELLA SORVEGLIANZA NUTRIZIONALE • La sorveglianza nutrizionale è definita come quell’insieme combinato di azioni finalizzate a documentare la presenza e la distribuzione in una popolazione di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, per stabilirne le cause, individuarne le tendenze nel tempo, nello spazio e negli strati sociali, predirne le modifiche, mettere a fuoco le priorità e consentire un preciso orientamento delle misure correttive e preventive. • La sorveglianza nutrizionale deve essere considerata come un strumento di promozione della salute in campo nutrizionale mentre gli interventi di promozione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali. • Non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, la sua impostazione varia a seconda dei mezzi a disposizione, dei problemi di salute pubblica specifici del Paese, dello stato delle conoscenze scientifiche e degli scopi prefissati dal committente. • Le priorità di un sistema di sorveglianza si basano sulle informazioni fornite da indicatori epidemiologici e socio-sanitari della popolazione; considerazioni ulteriori devono essere effettuate in relazione al grado di prevenibilità delle malattie. • Si stima che nell’anno 2000 le malattie croniche a componente alimentare siano state responsabili per il 60% della mortalità generale e che contribuiscano per il 43% al carico globale di malattie croniche; le patologie croniche che rientrano nel dominio di un sistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continua vigilanza della loro distribuzione e della loro incidenza, attraverso la raccolta sistematica, il consolidamento e la valutazione dei tassi di mortalità e morbosità e di altri dati rilevanti, sono strumenti potenti per la attuazione di strategie preventive e correttive. 1.1 La sorveglianza La sorveglianza, nel suo significato più ampio, è definita come un sistema coordinato di attività mirate alla raccolta sistematica e continuativa di dati e alla loro rapida analisi finalizzata ad un obiettivo specifico. Nel caso della Sorveglianza Nutrizionale, questo obiettivo consiste, secondo la definizione dell’OMS, nel “documentare la presenza e distribuzione in una popolazione di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, allo scopo di stabilirne le cause, di individuarne le tendenze nel tempo, nello spazio e negli strati sociali, di predirne le modifiche, di mettere a fuoco le priorità e di consentire un preciso orientamento delle misure correttive e preventive” (Ferro-Luzzi & Leclercq, 1993; Kelly, 1988; World Health Organization Study Group, 1976). Il concetto di sorveglianza, applicato in passato alla notifica delle malattie, è stato allargato anche alla nutrizione a partire dal 1974, quando in occasione della World Food 1 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Conference è stato introdotto per la prima volta il termine Sorveglianza Nutrizionale. Fu inizialmente concepita nell’ottica delle problematiche dei Paesi in Via di Sviluppo e fu quindi diretta soprattutto al controllo delle forme primarie di malnutrizione da carenza. Più recentemente la sorveglianza nutrizionale è stata rivolta anche alla prevenzione dei problemi propri dei Paesi Occidentali, nei quali le manifestazioni patologiche derivano da eccessi e squilibri alimentari piuttosto che da carenze. La sorveglianza si avvale degli strumenti forniti dall’epidemiologia per descrivere ed analizzare i rapporti tra patologie e fattori eziologici nella popolazione. I risultati degli studi epidemiologici forniscono una parte delle informazioni che concorrono all’identificazione di indicatori, la cui valutazione consente la programmazione di interventi di politica nutrizionale. Un piano di sorveglianza nutrizionale è, dunque, guidato da ragioni pratiche, in quanto parte dall’esigenza di comprendere i problemi sanitari della popolazione correlati all’alimentazione, per intraprendere azioni correttive o preventive. Caratteristiche peculiari di un sistema di sorveglianza sono la sistematicità e la regolarità nel tempo delle informazioni raccolte senza comunque escludere che si utilizzino risultati ottenuti da singoli studi epidemiologici per completare la base informativa. L’elemento chiave su cui poggia l’architettura di un sistema di sorveglianza è costituito dal concetto di “indicatore”, da intendersi come la scala che misura le variazioni del fenomeno. L’indicatore può essere una variabile, un insieme di variabili un rapporto tra variabili, ecc. Al concetto di indicatore si collega quello di “livello soglia per l’intervento”. Tale livello, definisce la soglia del valore superata la quale si ritiene utile intervenire; il limite è fissato in modo soggettivo in relazione alla gravità attesa del problema sanitario considerato e alla propensione o meno a favorire l’intervento. Un sistema di sorveglianza deve essere in grado di identificare e descrivere i problemi di sanità pubblica, stimare il carico di morbosità e soddisfare le esigenze di un programma di prevenzione. 1.2 Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia L’epidemiologia consente fondamentalmente la descrizione della presenza di un fenomeno nella popolazione (epidemiologia descrittiva), e permette di associare un fattore eziologico ad una determinata patologia (epidemiologia analitica); ma, a differenza della sorveglianza, l’informazione non viene generata ed analizzata con regolarità, in quanto i dati possono non essere raccolti in maniera sistematica e continua nel tempo. I dati che vengono raccolti in un sistema di sorveglianza possono anche essere gli stessi che vengono raccolti in uno studio epidemiologico; è l’uso che se ne fa che è sostanzialmente differente. Infatti, dal punto di vista metodologico, la sorveglianza può essere compresa tra gli studi di epidemiologia descrittiva, finalizzati allo sviluppo di politiche sanitarie. Inoltre, il processo decisionale sviluppato da un piano di sorveglianza, rende la sorveglianza stessa lo strumento di cui si avvalgono gli artefici della politica nutrizionale. Le informazioni raccolte da uno studio epidemiologico possono essere un utile complemento, per cui a volte una combinazione dei due tipi di approccio , sorveglianza ed epidemiologia, può rivelarsi utile (Kuczmarsky et al., 1994; Branca, 1999). Come già accennato, l’obiettivo finale della sorveglianza è quello di intervenire per I principi della sorveglianza nutrizionale 2 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale prevenire le patologie a componente nutrizionale: le risorse impiegate hanno ragione di essere se portano a un miglioramento della salute della popolazione e a un risparmio in termini di costi sociali delle malattie. Un sistema di sorveglianza, partendo da informazioni scientifiche basate su prove di efficacia, deve produrre indicazioni pratiche. La sorveglianza nutrizionale deve essere considerata come un mezzo di promozione della salute in campo nutrizionale mentre gli interventi di promozione della salute sono la diretta conseguenza di politiche nutrizionali. 1.3 Le politiche nutrizionali Nella Conferenza Internazionale sulla Nutrizione del 1992 è stata ribadita l’importanza della pianificazione delle politiche nutrizionali per la riduzione delle patologie correlate all’alimentazione che presentano un forte impatto sulla popolazione in termini di mortalità e morbosità. Le prime indicazioni su come sviluppare politiche nutrizionali nel contesto europeo sono state fornite da Helsing (Helsing, 1991): innanzitutto, è importante che le attività nutrizionali siano coordinate da un organo centrale in grado di attribuire specifici ruoli ai soggetti coinvolti nelle politiche stesse. I prerequisiti necessari sono la creazione di un sistema informativo che fornisca indicatori utili a valutare lo stato di nutrizione e di salute nonché la definizione di valori soglia specifici. Mettere in atto una politica nutrizionale significa conoscere e soddisfare i bisogni, percepiti e non, della popolazione in ambito nutrizionale. Significa, quindi, identificare priorità e promuovere azioni, orientandosi verso politiche agrarie, industriali, legislative e sanitarie che inducano scelte alimentari, stili di vita e ambienti favorevoli per la promozione della salute. La realizzazione di politiche nutrizionali prevede l’attuazione di iniziative dirette ai consumatori. Tali iniziative comprendono la formazione di professionisti nei settori della salute e dell’educazione; gli interventi educativi sulla popolazione; l’etichettatura nutrizionale; la regolamentazione della fortificazione degli alimenti e la legislazione sulla sicurezza alimentare. Non esistono, comunque, regole precise per sviluppare e migliorare le politiche nutrizionali, in quanto esse devono riflettere le diverse esigenze di ciascun paese. La promozione della salute, dal punto di vista nutrizionale, viene compresa tra gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale 1999-2001: in base a tale documento l’alimentazione della popolazione italiana deve tendenzialmente adeguarsi agli standard nutrizionali ottimali raccomandati dagli organismi scientifici; nel più recente Piano Sanitario Nazionale 2002-2004 viene ulteriormente ribadito che l’incidenza di numerose patologie è legata agli stili di vita, tra cui rientrano l’alimentazione e l’attività fisica. Ulteriori precisazioni sugli interventi da privilegiare per realizzare le politiche nutrizionali sono disponibili nei vari Piani Sanitari Regionali, nei documenti di indirizzo, nelle linee guida e nelle proposte metodologiche, forniti dalle Istituzioni, dalle Società Scientifiche ecc. 1.4 I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della sorveglianza La realizzazione di politiche nutrizionali richiede necessariamente il coinvolgimento di una molteplicità di attori: gli operatori sanitari e le istituzioni preposte alla tutela della salute, l’industria e l’agricoltura, gli organi e gli strumenti della comunicazione, la comunità europea ed internazionale. 3 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Diverse sono le istituzioni pubbliche coinvolte nelle politiche nutrizionali. Il Ministero della Salute (già Ministero della Sanità) è l’organo centrale del Servizio Sanitario Nazionale preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materia sanitaria (mediante i Piani Sanitari Nazionali), alla definizione degli obiettivi da raggiungere per il miglioramento dello stato di salute della popolazione e alla determinazione dei livelli di assistenza da assicurare a tutti i cittadini, in condizioni di uniformità sull’intero territorio nazionale. All’interno del Ministero della Salute è presente la Direzione Generale della Sanità Pubblica Veterinaria, degli Alimenti e della Nutrizione che provvede alle attività ed agli interventi di spettanza statale, anche derivanti da obblighi comunitari, in materia di sicurezza alimentare e nutrizionale. Il Ministero della Salute, inoltre, si avvale di un proprio organismo scientifico, l’Istituto Superiore di Sanità, per quanto attiene gli aspetti igienico-sanitari, tossicologici ed epidemiologici connessi alla qualità degli alimenti (intesi come prodotti finiti, materie prime, ingredienti, ecc.). Il sistema sanitario ha proprie articolazioni a livello periferico: in particolare, sono impegnati sul fronte del controllo qualitativo degli alimenti gli Uffici di Sanità Marittima e Aerea, nonché gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, principalmente per quanto concerne gli alimenti di origine animale, con le loro articolazioni regionali. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MiPAF – già Ministero dell’Agricoltura) preposto alla funzione di indirizzo e programmazione in materia di qualità dei prodotti derivanti dall’attività agricola (coltivazione e zootecnia), ha condotto fin dagli anni ’60 iniziative per il miglioramento dello stato nutrizionale della popolazione. Il MiPAF, si avvale, come organo scientifico, dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), con il quale mette in atto le proprie iniziative in ambito nutrizionale. L’INRAN ospita anche un centro collaborativo della Organizzazione Mondiale della Sanità per le politiche nutrizionali nei Paesi in Via di Sviluppo. Un ruolo non secondario, per la realizzazione delle politiche nutrizionali, deve essere riconosciuto anche al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca sia per quanto riguarda gli aspetti di ricerca scientifica, sia per quanto riguarda l’attività di formazione (Università) degli operatori che, a diversi livelli, intervengono nell’attuazione delle politiche nutrizionali, ma anche per la pianificazione di programmi didattici nell’ambito scolastico. Non va, inoltre dimenticato, che la collaborazione dell’istituzione scolastica (uffici Scolastici, Dirigenti, corpo docente) è fondamentale per un buon risultato delle politiche nutrizionali, dal momento che le scuole, soprattutto quelle di primo grado, sono l’ambito principale per l’attivazione dei programmi di sorveglianza nutrizionale in quanto l’impostazione di corretti stili alimentari è più efficace se viene impostata sin dai primi anni di vita. Un ruolo fondamentale nel conseguimento degli obiettivi di salute definiti dai piani nazionali viene riconosciuto dalla legislazione alle Regioni; tale ruolo è stato ancor più enfatizzato a seguito dell’approvazione della Legge Costituzionale 3/2001, che ha attribuito alle Regioni autonomia legislativa in materia sanitaria, e quindi anche in materia di stato di salute della popolazione, per il quale le politiche nutrizionali sono fondamentali. Altrettanto importante è il ruolo delle Regioni nella programmazione e nella definizione di obiettivi di qualità delle produzioni agricole e della loro valorizzazione, sia sotto l’aspetto economico-produttivo sia sotto quello qualitativo ai fini alimentari. Infine, esiste un’articolazione del sistema sanitario a livello locale: le Aziende Sanitarie Locali, che hanno compiti istituzionali precisi che interessano la sfera nutrizionale. I principi della sorveglianza nutrizionale 4 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Infatti, i Decreti Legislativi 502/92 e 517/93 individuano nel Dipartimento di Prevenzione la struttura unica di riferimento deputata a svolgere la funzione preventiva e nel Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN), il servizio che assolve compiti specifici per la garanzia della sicurezza e qualità nel settore alimentare e nutrizionale. Il DM 185 del 16/10/1998 “Approvazione linee-guida concernenti l’organizzazione del Servizio di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) nell’ambito del Dipartimento di Prevenzione delle Aziende Sanitarie Locali”, identifica per l’area funzionale Igiene della Nutrizione, le seguenti articolazioni: • Sorveglianza nutrizionale • Educazione alimentare • Nutrizione collettiva • Dietetica preventiva La realizzazione di tali attività mira a garantire la promozione della salute in campo nutrizionale, ponendosi lo scopo ambizioso di modificare lo stile di vita della collettività. Non deve essere, inoltre, trascurato il ruolo che varie istituzioni svolgono nella raccolta di dati utili alle politiche nutrizionali, quali ad esempio l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) o altre analoghe con ruolo di “osservatorio” a livello nazionale o regionale. Dovendo, infine rispondere alla domanda “a chi giova?” è fondamentale il ruolo della popolazione utente (bambini, famiglie, educatori, ecc.) senza la cui collaborazione ogni programmazione sarebbe vanificata. Il testo dell’Accordo Stato-Regioni, recepito dal Dpcm del 20 Novembre 2001, identifica i Livelli Essenziali di Assistenza (G.U. n.33 dell’8 Febbraio 2002) con cui lo Stato stabilisce il ventaglio delle prestazioni che la Sanità pubblica si impegna a garantire a tutti i cittadini; nel capitolo dell’Assistenza Sanitaria Collettiva in ambiente di vita e di lavoro, tra le funzioni di prevenzione collettiva, sono comprese la sorveglianza e la prevenzione nutrizionale. Ciò sta evidentemente a significare che la promozione della salute in campo nutrizionale rientra tra i livelli essenziali di assistenza sanitaria da garantire a tutti i cittadini. 1.5 Progettazione di un sistema di sorveglianza Lo schema riportato nella figura 1.5.1 mette in evidenza come il bisogno di dati, che possono essere prodotti con i sistemi di sorveglianza nutrizionale e con la ricerca in ambito nutrizionale, sia importante per indirizzare le politiche nutrizionali e mettere a punto gli interventi correttivi. Il bisogno di dati chiude il ciclo sorveglianza-interventi di cui deve essere valutata l’efficacia e l’impatto sulla salute pubblica. Il disegno di un sistema di sorveglianza richiede l’attuazione di alcune tappe, non necessariamente sequenziali ma interattive e soggette a continui aggiustamenti (Martino & Ferro-Luzzi, 1997; Ferro-Luzzi & Leclercq, 1991). 5 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Figura 1.5.1 – Ciclo sorveglianza-interventi nella realizzazione delle politiche nutrizionali Il primo passo da compiere consiste nell’accertare l’esistenza di un problema di sanità pubblica per la popolazione considerata, valutando le dimensioni e quindi la gravità del problema sanitario legato all’alimentazione. A tale scopo possono essere utilizzati i dati statistici di morbosità e mortalità relativi alla patologia in esame. Alcune patologie a componente nutrizionale hanno infatti raggiunto dimensioni tali da influire notevolmente sulla mortalità della popolazione. La mortalità prematura è un indicatore rilevante dell’impatto di una patologia sulla popolazione poiché identifica l’insieme dei decessi che si possono prevenire e che hanno un maggiore costo sociale. La mortalità da sola, comunque, non è sufficiente a rappresentare l’andamento di una malattia nella popolazione, soprattutto per quelle patologie a bassa letalità o che presentano un aumento del tasso di sopravvivenza. Pertanto, per meglio definire il quadro sanitario delle malattie a componente nutrizionale è necessario far riferimento anche ai dati di morbosità. Per esprimere in modo sintetico e standardizzato il livello di morbosità di una popolazione è utile fare riferimento ai tassi di prevalenza e di incidenza, il cui calcolo risulta problematico quando non si hanno registrazioni sistematiche dei casi come invece accade per le malattie a dichiarazione obbligatoria. Il tasso di ricovero, la durata media della degenza e l’occupazione dei posti letto, relativi ai DRG (Diagnosis Related Group) di pertinenza di patologie a componente nutrizionale sono gli indicatori di ospedalizzazione utilizzati per valutare il livello di morbosità; tali indicatori vanno interpretati tenendo conto anche del contesto sociale ed assistenziale sviluppato per il trattamento della specifica patologia. I Paesi Industrializzati, negli ultimi decenni sono stati caratterizzati dal diffondersi di patologie cronico-degenerative, che rappresentano il risultato dell’interazione tra ambiente, genetica e stile di vita. Si stima che nell’anno 2000 queste malattie a componente alimentare siano state responsabili per il 60% della mortalità generale e che contribuiscano per il 43% al carico globale di malattie croniche I principi della sorveglianza nutrizionale 6 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale nel mondo (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm). Come già detto, nella patogenesi di queste malattie intervengono più fattori e risulta difficile riconoscere e stabilire un collegamento netto con un solo determinante responsabile. In queste patologie l’alimentazione ha sicuramente un ruolo importante sia come fattore di rischio sia come fattore protettivo. Le malattie a componente nutrizionale che rientrano nel dominio di un sistema di sorveglianza nutrizionale sono svariate; la continua vigilanza della loro distribuzione e delle loro tendenze di incidenza, attraverso la raccolta sistematica, il consolidamento e la valutazione di rapporti di mortalità e morbosità e di altri dati rilevanti, sono uno strumento potente per la attuazione di strategie preventive e correttive. La prevalenza delle malattie è solo un aspetto del loro impatto sulla società. Vi sono molti altri aspetti che devono essere presi in considerazione per poter valutare l’effetto sulla salute pubblica di certe patologie. La filosofia del Global Burden of Disease è quella di misurare l’impatto delle patologie non solo in termini di prevalenza ma anche in termini di durata della patologia, del suo effetto sulla mortalità generale, in termini di disabilità e di inabilità al lavoro. In questo senso alcuni fattori di rischio possono anche non essere una causa diretta di malattia ma possono avere delle conseguenze sociali rilevanti. Per tener conto di tutti questi aspetti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Banca Mondiale in collaborazione con la Harvard School of Public Health (Murray & Lopez, 1996) hanno messo a punto un indice applicabile a livello di popolazione che tenga conto di tutti questi fattori, il Disability Adjusted Life Years (DALYs) che è una misura degli anni di vita vissuti al netto della disabilità e che comprende anche gli anni di vita lavorativi persi. Questo indice viene utilizzato per la stima del carico globale di malattie in differenti regioni del mondo. La lista delle malattie per le quali si conosce o si sospetta un ascendente, quanto meno parziale, da parte dell’alimentazione è lunga e, spesso, diversa a seconda degli autori. Nella lista entrano certamente le cardiopatie ischemiche, le malattie cerebrovascolari, alcuni tumori, il diabete mellito di tipo 2, l’osteoporosi, alcune forme di anemia, l’obesità, il gozzo, la carie dentaria, la calcolosi renale. La tappa successiva consiste nel valutare i costi sociali della malattia per definire le priorità dell’intervento di sanità pubblica. Infatti, in particolare quando le risorse del servizio sanitario sono limitate, è importante decidere per quale patologia rispetto alle altre è necessario un intervento prioritario. I costi socio-sanitari delle patologie possono essere valutati come: • costi diretti, rappresentati dai costi per la cura della malattia, che comprendono le degenze in ospedale, i farmaci, le visite ambulatoriali e domiciliari, le visite specialistiche, le analisi di laboratorio, ecc. Indicatori dei costi diretti possono essere i dati di dimissione ospedaliera, per causa di ricovero. • costi indiretti, la cui valutazione pone dei problemi concettuali, in quanto si dovrebbe considerare la sofferenza individuale, il cambiamento della qualità di vita, ecc.; pertanto per la stima di questi costi si ricorre alla perdita di attività lavorativa, dovuta sia all’assenteismo per malattia che ai decessi prematuri, e che viene calcolata come anni di vita produttiva persi (Years of Productive Life Lost, YPLL), dati dalla differenza tra l’età alla morte ed i 65 anni, negli individui morti in età adulta ma prima di 65 anni. In Italia non sono disponibili valutazioni complete e dettagliate dei costi diretti, ma la rilevazione della morbosità ospedaliera può utilmente consentire una stima dell’impatto 7 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale delle varie malattie sui costi diretti. A partire dal 1995 il modello di rilevazione dei livelli di ospedalizzazione dell’ISTAT è stato sostituito con la Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO). La nuova rilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gli istituti di cura pubblici e privati (per il tramite delle regioni) per ogni paziente dimesso (compresi i deceduti). La SDO, che costituisce uno stralcio della cartella clinica, contiene informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo di nascita, luogo di residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosi alla dimissione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital). Come in altri Paesi industrializzati, in Italia, le due principali cause di morte sono le malattie circolatorie seguite dai tumori. La Relazione sullo Stato Sanitario del Paese riporta che nel 1996, su 100 persone che sono morte in Italia, circa 43 sono decedute in seguito ad una patologia del sistema circolatorio. Nell’ambito del gruppo delle malattie del sistema circolatorio, la maggior parte dei decessi è risultata causata da patologie con fattore di rischio dietetico, con il 31% dei casi riconducibili ad affezioni ischemiche del cuore e il 28% dei casi di natura cerebrovascolare (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT, 2000). La seconda principale causa di morte è costituita dai tumori, a cui nel 1996 è da attribuire poco più del 28% dei decessi. Seguono, con contributi al di sotto del dieci per cento, le altre cause. I tumori, con il 27% di morti prima dei 65 anni, hanno un impatto più elevato sulle morti premature rispetto alle malattie cardiovascolari (10% di morti prima dei 65 anni). Dal calcolo degli anni di vita lavorativa persi in Italia per alcune malattie con fattore di rischio dietetico, appare che i tumori rappresentano la causa di morte che più contribuisce all’YPLL con il 26% rispetto al 15% per le malattie circolatorie. Tra le malattie circolatorie, il contributo delle cardiopatie ischemiche all’YPLL è doppio rispetto alle malattie cerebrovascolari. In termini di costi diretti, la maggior quota di dimissioni dai reparti di assistenza nell’anno 1997 è stata rilevata per le malattie dell’apparato cardiocircolatorio (15%) per le quali si è avuta una degenza media di 9 giornate. I tumori sono stati la diagnosi principale alla dimissione in un numero inferiore di casi (10%) benché, per queste patologie, la degenza media sia stata più lunga (10 giornate). Per i ricoveri in day hospital, il maggior numero di schede di dimissione ospedaliera si riferisce ai tumori (15%); questa pratica di ricovero è stata attuata per le malattie cardiovascolari nel 7% dei casi (ISTAT, 2000). Considerando che una giornata di ricovero ospedaliero costa in media circa 500 Euro e tenendo conto del numero di ricoveri effettuati e delle degenza media osservata, si stima che i costi ospedalieri per le malattie cardiovascolari e i tumori siano stati pari a circa 11.000 milioni di Euro nel 1997 (Elaborazioni INRAN su dati ISTAT, 2000). Non occorre ricordare che i costi ospedalieri rappresentano solo una parte delle spese sanitarie totali. Più complesso è il ragionamento che va fatto nel caso di malattie come l’obesità che non rappresentano una causa diretta di morte. Infatti in questo caso va considerata anche la stima dei costi per il trattamento delle complicanze che può talvolta superare i costi per il trattamento della patologia primaria. Il primo metodo per la stima dei costi dell’obesità è stato messo a punto (e successivamente ripreso da altri autori) da Colditz nel 1992 negli Stati Uniti (Wolf & Colditz, 1996). Esso consiste nell’individuare innanzitutto le patologie principalmente correlate all’obesità; in seguito, partendo dall’assunzione che una proporzione dei casi è diagnosticata tra gli obesi e una quota di essi è imputata direttamente all’obesità, si stima la proporzione dei casi di ciascuna malattia imputabile all’o- I principi della sorveglianza nutrizionale 8 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale besità e i costi aggregati per la relativa cura. Globalmente, nei paesi industrializzati i costi sociali della obesità sono circa il 2-5% della spesa sanitaria nazionale. Circa l’80% dei costi attribuibili all’obesità è determinata dal trattamento delle malattie cardiovascolari (26%), dell’ipertensione arteriosa (32%) e del diabete mellito di tipo 2 (20%) (Bjorntorp & Van Itallie, 1994). La definizione delle priorità d’intervento si basa anche sul grado di prevenibilità di una malattia attraverso la modificazione di uno o più fattori di rischio dietetico. A questo scopo è necessario quantificare la relazione tra il fattore alimentare e l’incidenza della malattia, valutando il rischio attribuibile alla dieta per mezzo di studi epidemiologici sperimentali, di comparazione tra diverse popolazioni o mediante l’estrapolazione di esperimenti con interventi di manipolazione dietetica. L’evidenza scientifica su cui si basa l’ipotesi della relazione dieta-patologia, è diversa per le varie malattie. In realtà quando si tratta di malattie cronico-degenerative, aventi un quadro eziologico multifattoriale e non riconducibili ad un unico determinante, sussistono complicate interazioni tra genetica, comportamento ed ambiente, per cui il fattore dietetico può pesare in maniera diversa in relazione al grado di esposizione agli altri fattori; inoltre si può avere un lungo periodo di latenza tra esposizione al fattore nutrizionale e manifestazione della malattia. L’identificazione di un fattore di rischio o di protezione deve essere basata sulla relazione dimostrata da studi di intervento come gli studi randomizzati controllati (Randomised Controlled Trials - RCT) svolti su popolazioni con caratteristiche analoghe a quelle della popolazioni in cui viene effettuata la raccomandazione. Un rapporto redatto da una commissione di esperti e promosso congiuntamente dall’OMS e dalla FAO evidenzia i fatto-ri di rischio e di protezione per patologie croniche a componente nutrizionale, nonché gli obiettivi in grado di modificare il rischio attribuibile legato all’esposizione ad uno specifico fattore (Tabelle 1.5.1-1.5.6). Il rapporto è al momento in fase di stesura (la versione definitiva sarà pubblicata entro il 2003) pur essendo stato reso disponibile nella sua versione preliminare in formato elettronico (www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm). I criteri utilizzati per descrivere la forza dell’evidenza sono i seguenti: Convincente (+++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che mostrano una associazione consistente tra l’esposizione e la patologia; le informazioni sono derivate da RCT di sufficiente durata e di buona qualità. Probabile (++): l’evidenza è basata su studi epidemiologici che evidenziano l’associazione tra l’esposizione e la patologia, ma con dati contraddittori; le informazioni provengono da studi clinici non randomizzati o studi controllati di buona qualità, ma di insufficiente durata o con insufficiente numerosità dei soggetti. Possibile (+): le informazioni provengono da studi epidemiologici del tipo caso-controllo o studi descrittivi. Non sono disponibili RCT né studi controllati di buona qualità. Sono necessari RCT per supportare l’associazione evidenziata. Insufficiente (0): l’evidenza è basata sul risultato di pochi studi che mostrano risultati suggestivi, ma in ogni modo insufficienti per stabilire un’associazione tra l’esposizione e la patologia. 9 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.1 (A) - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulle MALATTIE CARDIOVASCOLARI Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm I principi della sorveglianza nutrizionale 10 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.1 (B) Nota: Nel rapporto EURODIET (2001) (Eurodiet Core Report, 2001) la raccomandazione relativa alla attività fisica viene espressa come LAF ≥ 1.75 che corrisponde ad un esercizio fisico moderato di circa 90 min/die in un soggetto sedentario. Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm 11 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.2 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sui TUMORI Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm I principi della sorveglianza nutrizionale 12 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.3 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OBESITA’ Nota: Soggetti che svolgono una intensa attività fisica, con regimi alimentari ad elevato contenuto di frutta, verdura legumi e cereali integrali possono assumere un quantitativo di lipidi fino a 35% senza rischio di avere un incremento ponderale (Eurodiet Core Report, 2001). Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm 13 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.4 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sul DIABETE DI TIPO 2 Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm I principi della sorveglianza nutrizionale 14 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.5 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sulla CARIE DENTALE Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm 15 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 1.5.6 - Effetti dei comportamenti e degli stili di vita sull’OSTEOPOROSI Nota: Il livello di evidenza contrassegnato con * é riferito ad individui di età superiore a 50 anni Fonte: modificato da www.who.int/hpr/nutrition/ExpertConsultationGE.htm I principi della sorveglianza nutrizionale 16 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 1.6 Scelta degli indicatori L’elemento chiave del sistema informativo è costituito dagli indicatori. Gli indicatori devono avere la caratteristica di essere sufficientemente sensibili per potere rilevare fedelmente cambiamenti, tendenze, andamenti spaziali e temporali (Eylenbosch & Noah, 1988). Si riconoscono quattro tipi di indicatori: di rischio dietetico, di rischio non dietetico, di stato pre-clinico, di esito. La loro analisi permette di ottenere informazioni sulla situazione attuale e sulle tendenze dei consumi alimentari, sullo stato nutrizionale del paese e sulle relazioni esistenti tra fattori di rischio alimentare e patologie. Indicatori di rischio dietetico: definiscono la composizione della dieta e le caratteristiche dei consumi alimentari a livello di popolazione. Consentono di determinare i sottogruppi di popolazione che presentano, rispetto ad alcuni fattori alimentari (o ad alcuni nutrienti) valori di consumo (livelli di assunzione) tali da esporli al rischio di contrarre una specifica malattia. E’ quindi importante individuare i fattori alimentari da prendere in considerazione e quindi stabilire gli intervalli accettabili di consumo. Indicatori di rischio non dietetico: descrivono lo stile di vita ed i parametri ambientali che influenzano le condizioni di salute a loro volta correlate anche con fattori nutrizionali. Per esempio: il fumo di sigaretta e l’attività fisica. Indicatori di stato pre-clinico: sono parametri di natura biochimica il cui incremento al di sopra dei valori soglia evidenzia un aumentato rischio per specifiche patologie. Producono informazioni relative all’impatto del rischio dietetico sulla popolazione e permettono di stimare la prevalenza di soggetti a rischio. Indicatori di esito: sono derivati dalle statistiche di morbosità e mortalità delle malattie correlate all’alimentazione. Sono utili nella descrizione dello stato di salute della popolazione, in quanto permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattia e di valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischio dietetico. Permettono di stimare il numero di individui colpiti da una malattia e consentono di valutare le conseguenze finali in termini di salute pubblica delle situazioni di rischio dietetico. In relazione alla gravità del problema sanitario considerato viene fissato un “livello soglia per l’intervento”, ovvero quel valore superato il quale si ritiene utile intraprendere degli interventi correttivi (World Health Organization Study Group, 1976). 1.7 Modalità di raccolta dati Le generalità di un sistema di raccolta dati sono relative alla creazione di un flusso di informazioni sulle abitudini alimentari, sulla prevalenza dei problemi legati all’alimentazione, sulla loro distribuzione sul territorio nazionale e sulla loro evoluzione nel tempo. Si è già detto che questi dati devono servire a orientare degli eventuali interventi correttivi e/o preventivi e a documentare l’impatto sulla popolazione di una politica alimentare e nutrizionale coerente ed adeguata alle reali necessità del paese. Non esiste un sistema unico per la raccolta dati e a seconda delle necessità e delle risorse si può ricorrere alla raccolta di dati primari, ossia di dati rilevati con delle indagini ad hoc, oppure si possono utilizzare i dati secondari ovvero dati già esistenti che istituzioni pubbliche e/o private rilevano per altri scopi. Di dati primari e secondari si parlerà più in dettaglio nel secondo e nel terzo capitolo del presente manuale. In questo paragrafo verrà invece fatta una rassegna dei vari sistemi di raccolta dati in Italia e in altre parti del mondo 17 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 1.7.1 Esperienza italiana La messa in opera di un sistema di Sorveglianza Nutrizionale su base nazionale era uno degli impegni presi dall’Italia in occasione della Conferenza Internazionale sulla Nutrizione organizzata dalla FAO/OMS nel dicembre del 1992. L’INRAN, su incarico del Ministero della Sanità (ora Ministero della Salute) nel periodo 1992-1994, ha messo a punto i presupposti concettuali di un modello teorico di Sorveglianza Nutrizionale basato esclusivamente sui dati secondari. Il sistema elaborato (Sistema Informativo Nutrizionale - SIN) si poneva i seguenti obiettivi: • monitorare su tutto il territorio le principali patologie correlate all’alimentazione, rilevando gli indicatori descrittivi ed analitici della situazione, come consumi alimentari, stato di nutrizione, mortalità, morbosità, costi diretti ed indiretti; • disegnare un quadro che integri la situazione nazionale con quella delle varie realtà locali, fornendo le indicazioni operative utilizzabili per l’attuazione di progetti di sorveglianza a livello regionale. Tale progetto di sistema informativo nutrizionale integrato su tutto il territorio nazionale, trova la sua naturale evoluzione nel sistema pilota finanziato dal Ministero della Salute, attualmente in corso “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basati su dati locali per la prevenzione di malattie cronico-degenerative”. Di questo progetto si tratterà più in dettaglio nel capitolo 5 del presente testo. Qui basti ricordare che rispetto al SIN, questa iniziativa si caratterizza per avere in sè un forte coinvolgimento degli Enti territoriali (AASSLL) che, con la consulenza tecnico-scientifica dell’INRAN, si sono occupati della raccolta di dati primari e secondari. Il Ministero della Salute ha predisposto nel 2001 l’attuazione di un “Progetto Obiettivo per l’Alimentazione e la Nutrizione”, che prevede una prima parte che ha lo scopo di fornire un quadro completo delle problematiche alimentari e nutrizionali a livello nazionale. La seconda parte del progetto propone gli obiettivi per il miglioramento dello stato di nutrizione della popolazione e dell’igiene degli alimenti, obiettivi che verranno usati come base per predisporre interventi nella popolazione e per valutarne successivamente l’impatto. Dati primari sono stati e sono attualmente raccolti nel contesto di progetti di ricerca finalizzati allo studio del rapporto alimentazione/salute. Tuttavia, a causa della mancanza di continuità spazio-temporale non possono essere utilizzati per produrre quegli indicatori che qualificano appunto un sistema di sorveglianza, anche se l’intento informativo è di questo tipo. Tra gli studi che appartengono a questo filone e nell’ambito dei quali sono stati raccolti dati primari, ricordiamo quello condotto per stimare l’assunzione di sodio e la proporzione dello stesso derivante dalla quota “discrezionale” (Leclercq & Ferro-Luzzi, 1991); uno studio che ha esaminato l’associazione tra il consumo di prodotti vegetali e lo stato vitaminico della popolazione (Maiani & D’Amicis, 1997); e i due studi condotti dalI’INRAN negli anni 80’ e negli anni 90’ per tracciare i profili dei consumi alimentari degli italiani (Cialfa et al., 1991; Turrini et al., 2001). L’Assessorato Politiche per la Qualità della Vita della regione Lazio nel 1998/99 ha coordinato il progetto regionale: “L’Igiene della Nutrizione nei SIAN della Regione Lazio: formazione degli operatori e monitoraggio dello stato nutrizionale in età evolutiva”. Tale progetto, avviato nel Gennaio 1999, ha permesso la formazione in ambito nutrizionale degli operatori dei SIAN delle AASSLL del Lazio. L’attività congiunta delle AASSLL del Lazio, coordinata scientificamente dall’INRAN, ha consentito l’attivazione del monitoraggio dello stato nutrizionale dei bambini di terza elementare della regione sulla base di un protocollo comune, la produzione di dati omogenei, di elevata qualità scientifica, la loro I principi della sorveglianza nutrizionale 18 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale elaborazione in indicatori dello stato nutrizionale e la realizzazione di una banca dati regionale, con modalità ripetibili in successivi anni scolastici. Nel secondo anno di attività (1999-2000) la quasi totalità delle AASSLL del Lazio ha esteso il monitoraggio a circa l’80% degli alunni di terza elementare del proprio territorio. Per ogni ASL, è stato formato il personale che ha effettuato l’informatizzazione a livello locale dei dati raccolti, tramite un software comune, appositamente predisposto. Le informazioni derivate dai dati raccolti a livello nazionale devono essere rappresentative delle realtà locali. Lo svolgimento delle attività di sorveglianza a livello locale deve necessariamente tenere conto della realtà presente, delle esperienze disponibili, delle risorse umane e strumentali. Allo stato attuale il panorama in Italia è estremamente eterogeneo: un primo censimento su attività di sorveglianza nutrizionale è stato effettuato dal Corso di Perfezionamento “Igiene degli Alimenti e della Nutrizione: Alimentazione e Rischio Biologico” dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ed ha interessato tutte le AASSLL di 8 regioni, situate nel Nord, Centro e Sud Italia. E’ stato evidenziato che le attività di sorveglianza nutrizionale sono meno frequenti (in media nel 30% delle AASSLL censite) rispetto ad attività di educazione alimentare o progetti di lavoro sulla ristorazione collettiva, e nella maggioranza dei casi non sono continuative nel tempo; i migliori risultati si riscontrano nelle realtà in cui è presente un coordinamento regionale particolarmente sensibile alle problematiche nutrizionali (Tarsitani & Cairella, 2002). 1.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale Come già detto, non esiste un modello unificato di sorveglianza nutrizionale, tanto meno valido a livello internazionale; la sua impostazione varia a secondo dei mezzi a disposizione, dei problemi di salute pubblica specifici del Paese, dello stato delle conoscenze scientifiche e degli scopi prefissati dal committente (Leclercq et al., 1995). Ad un estremo si colloca il modello di monitoraggio degli Stati Uniti che si basa su una indagine primaria effettuata su campioni rappresentativi della popolazione e relativa all’insieme delle problematiche nutrizionali. Tale rilevazione, condotta a livello individuale, include anche misurazioni di parametri biochimici con finalità, oltre che di sorveglianza, anche di ricerca epidemiologica. Gli Stati Uniti sono stati i primi, negli anni ’30, ad avere condotto attività di sorveglianza nutrizionale, e sono tuttora in corso o in pianificazione circa 45 sistemi basati sulla raccolta di dati primari, come condizioni di salute della popolazione, uso dei servizi sanitari, consumi alimentari e stato nutrizionale. Nel 1990 è stato istituito il National Nutrition Monitoring and Related Research Program (NNMRR) (Kuczmarsky et al., 1994) un piano federale costituito da un’interconnessione di attività federali e statali, che forniscono informazioni sullo stato nutrizionale della popolazione statunitense, sulle condizioni che influenzano lo stato nutrizionale degli individui e sulle relazioni tra dieta e salute. Inoltre è stato elaborato un Ten-Year Comprehensive Plan, che rappresenta la base per pianificare e coordinare le attività, i cui obiettivi consistono nella raccolta continuativa e coordinata di dati e nel miglioramento della loro qualità, al fine di stabilire un programma adeguato di politica nutrizionale, sia a livello nazionale che a livello locale. Tutti i dati vengono pubblicati periodicamente, per essere sempre a disposizione di chi opera nel settore. Le curve standard di riferimento per altezza e peso in età evolutiva sono basate sui dati prelevati dal NNMRR, anche se attualmente vengono revisionati utilizzando i dati di un altro programma, il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES), che consiste nella raccolta di dati anamnestici, di esami fisici e biochimici, e nella somministrazione e valutazione di questionari. Un altro sistema 19 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale nazionale di raccolta dati è il Nationwide Food Consumption Survey (NFCS), che si occupa dei consumi delle famiglie e degli individui. Sono stati poi realizzati altri programmi dal National Center of Disease Control and Prevention (CDC), che prestano maggiore attenzione a gruppi di popolazione ad elevato rischio di esposizione: sono il PedNSS (Pediatric Nutritional Surveillance System), un sistema sviluppato nel 1972 dal CDC, che si occupa di monitorare la situazione sui bambini; ancora, il Behavioral Risk Factor Surveillance System (BRFSS), che opera dal 1984 nella sorveglianza dei fattori di rischio per la salute legati al comportamento e fornisce inoltre dati sulle tendenze dell’obesità (con tutte le limitazioni delle misure di altezza e peso poiché si tratta di dati dichiarati), dell’attività fisica e del consumo di frutta e verdura; il Youth Risk Behavior Surveillance System (YRBSS) che rileva dal 1990 i fattori di rischio comportamentali tra giovani di età compresa tra 9 e 12 anni, attraverso valutazioni condotte nelle scuole da agenzie per l’educazione e la salute. Va infine menzionato il Pregnancy Nutrition Surveillance System (PNSS), utile ad identificare e ridurre i rischi per la salute delle donne in gravidanza. Anche la Commissione Europea ha recepito l’importanza di attuare strategie di sorveglianza nutrizionale e le azioni intraprese sono illustrate in un lavoro recente (Brussaard et al., 2001) nel quale vengono descritte le motivazioni che hanno condotto all’istituzione del gruppo di lavoro su European Food Consumption Survey Method (EFCOSUM). La Direzione Generale per la Salute del Consumatore (DG SANCO F/3) ha avviato la attività “Health Monitoring Programme”1 il cui obiettivo è la costituzione di una rete telematica EUPHIN (European Union Public Health Information Network) che raccoglierà i risultati su tre fronti: miglioramento dell’informazione per lo sviluppo della salute pubblica, capacità di far rapidamente fronte alle minacce per la salute, sviluppo di interventi di promozione della salute (EUPHIN Management Summary (2001) (www.europa.eu.int/comm/dgs/health_consumer/library/tenders/call26_1_en.pdf). La rete telematica contiene diverse banche dati tra cui l’Health Information and Exchange System of Member States (HIEMS) studiato per rispondere alle domande relative alle questioni di salute. Questa banca dati contiene indicatori riguardanti i fattori demografici e socioeconomici, lo stato di salute, i determinanti della salute e i sistemi sanitari (ECHI 2001: Design for a set of European Community Health Indicators www.europa.eu.int). Il monitoraggio della dieta per periodi prolungati di tempo è essenziale per pianificare interventi adeguati e per valutarne l’efficacia. Tuttavia, il gruppo di lavoro SCOOP (Scientific Co-operation task 7.1.1. - 1997 Scientific considerations for the development of measures on the addition of vitamins and minerals to foodstuffs) ha anche messo in evidenza che nonostante tutti i Paesi Membri raccolgano dati di consumo alimentare i risultati non sono facilmente comparabili. Per ovviare a questo problema sono state intraprese diverse iniziative, come il progetto DAFNE (DAta Food Networking) che utilizza i dati delle indagini sui consumi delle famiglie (Trichopoulou & Naska, 2001), le azioni concertate FLAIR-Eurofoods-Enfant, poi proseguita nel COST99, e progetti multi-centrici come l’EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition; (Riboli, 1992). Ognuna di queste esperienze ha fornito elementi per la progettazione di un sistema comune di monitoraggio dei consumi alimentari (Brussaard et al., 2001). 1. Decision No, 1400/97/EC of the European Parlament and of the Council of 30 June 1997 adopting a programme of Community action on health monitoring within the framework for action in the field of public health (1997 to 2001) (89/622/EEC) http://europa.eu.int/comm/health/ph/programmes/monitor/monitdir.htm. I principi della sorveglianza nutrizionale 20 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Altri studi su alimentazione e salute sono stati realizzati in specifici gruppi di popolazione come il progetto multicentrico Survey Europe on Nutrition in the Elderly: a Concerted Action (SENECA) che ha coinvolto 12 Paesi europei dal 1983 al 1994 (de Groot et al., 1991; van ‘t Hof et al., 1991), svolto in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale per la Sanità e l’Università delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda la situazione nei vari Paesi in Europa, sono stati condotti e sono ancora in corso studi di sorveglianza nutrizionale basati sia su dati primari che su dati secondari. In Irlanda esiste un centro che si occupa specificatamente di sorveglianza nutrizionale il “National Nutrition Surveillance Centre” affiliato al Department of Health Promotion, National University of Ireland, Galway. L’iniziativa è stata promossa dal Department of Health and Children nel 1992 con cui collaborano membri delle Unità di Health Promotion, e di Food Sciences. Mandato specifico della struttura è quello di fornire informazioni, di raccogliere dati e di indirizzare le politiche nazionali in tema di nutrizione e salute. Vengono raccolti dati sulle produzioni e sui consumi alimentari, sulla attitudine dei consumatori nei riguardi delle tematiche alimentari e indicatori dello stato di nutrizione e di salute della popolazione. Periodicamente viene prodotto un rapporto tecnico-scientifico che viene opportunamente diffuso (www.nuigalway.ie/hpr/nnsc.htm). Tra i primi, la Gran Bretagna nel 1991 ha affrontato il problema della valutazione dello stato di salute della popolazione nel documento “The Health of the Nation”. Inoltre, allo studio “Dietary and Nutritional Survey of British Adults” (Gregory et al., 1995) sono seguite altre attività, condotte dal Ministero dell’Agricoltura e della Sanità. Allo stato attuale il “Dietary and Nutritional Survey of British Population” raccoglie periodicamente dati sulle abitudini alimentari e sullo stato di nutrizione, effettuando anche valutazioni biochimiche, in quattro sottogruppi di popolazione di differente età. Nei Paesi Bassi nel 1987-88 è stato istituito il primo “Dutch National Food Consumption Survey”, programma ripetuto ogni cinque anni, il cui obiettivo è stato quello di valutare le abitudini alimentari e lo stato nutrizionale della popolazione, di identificare i gruppi a rischio e studiare l’impatto dei diversi stili di vita e dei fattori socio-demografici sull’apporto nutrizionale (Hulshof, 1993). In Spagna, in particolare, in Catalogna è stata intrapresa una simile iniziativa a partire dal 1986, per stimare lo stato nutrizionale della popolazione attraverso la valutazione dei consumi e la misurazione di parametri biochimici e antropometrici. In Svezia l’unico studio di sorveglianza nutrizionale è stato condotto nel 1989 con lo scopo di valutare i consumi alimentari della popolazione, tuttavia la responsabilità di monitorare l’apporto alimentare e nutrizionale è affidata al National Food Administration. Il Parlamento della Danimarca ha approvato un piano di sorveglianza sui consumi alimentari nazionali, sebbene un piano di monitoraggio nutrizionale per i nutrienti e i contaminanti sia stato già incorporato nel Food Monitoring System dal 1983. I due principali progetti di sorveglianza sono stati effettuati dalla National Food Agency of Denmark nel 1985 e nel 1995. Altri piani di sorveglianza nutrizionale che utilizzano dati primari sono condotti in Belgio, Francia e Ungheria. Studi di monitoraggio che coinvolgono Paesi in diversi continenti sono promossi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia attraverso l’implementazione di un sistema informativo come il Geographical Information System (GIS) che contiene evidenze e informazioni per le politiche sanitarie (WHO, www3.who.int/whosis/menu.cfm?path=statistics,gis&language=english), sia 21 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale promuovendo studi internazionali come il progetto MONICA (www.ktl.fi/monica), che ha l’obiettivo di valutare i trend delle malattie cardiovascolari e per questo utilizza statistiche sanitarie, valutandone e documentandone la qualità. 1.8 Indicazioni per la costruzione di un sistema italiano In Italia, in particolare, le principali malattie correlate all’alimentazione che rappresentano un rilevante problema di sanità pubblica, in termini di mortalità, morbosità e di costi sanitari, sono le malattie cardiovascolari e i tumori. Dell’impatto delle malattie del sistema circolatorio e dei tumori sul Sistema Sanitario Nazionale si è già ampiamente trattato nel precedente paragrafo. In questa sede basti ricordare che tra il 1990 e il 1994 la mortalità per malattie del sistema circolatorio (soprattutto cardiopatie coronariche e accidenti cerebrovascolari) è andata diminuendo, sia tra gli uomini che tra le donne. Il rischio di cardiopatie ischemiche, in particolare, secondo tre studi effettuati tra il 1978 e il 1987 è diminuito del 14% per gli uomini e del 18% per le donne, e ciò è stato più evidente al Centro-Nord che al Sud. La spiegazione di questa diminuzione si può ricondurre alla riduzione dei fattori di rischio come pressione arteriosa (nei due sessi, ma soprattutto nelle donne), indice di massa corporea (solo nelle donne) e abitudine al fumo (solo negli uomini). La seconda principale causa di morte in Italia è costituita dai tumori, a cui, nel 1996 è da attribuire poco più del 28% dei decessi. I dati disponibili sui tumori sono dati ISTAT del 1997, per quanto riguarda la mortalità, e dati dei Registri tumori italiani relativi al periodo 1988-1992 pubblicati nel 1998 (Zanetti, 1998). Il maggior numero assoluto di decessi è attribuibile ai tumori del polmone; seguono quelli del colon-retto, dello stomaco e della mammella. Secondo la stima di Doll e Peto elaborata per gli Stati Uniti (Doll & Peto, 1981), un terzo delle morti per tumore è attribuibile ad errate abitudini alimentari, corrispondenti in Italia a circa 50-60.000 decessi all’anno. Più precisamente, all’alimentazione possono essere attribuiti il 30-40% dei tumori per gli uomini e circa il 60% per le donne. Alcuni nutrienti infatti, nella loro forma nativa o per effetto delle trasformazioni dei processi tecnologici, sono responsabili della iniziazione e della promozione di alcuni tipi di tumore. Altri rappresentano, invece, dei fattori protettivi nei confronti di alcuni tipi di tumore. Il Codice Europeo contro il cancro (Europe Against Cancer, 1993) destina all’alimentazione tre raccomandazioni su sei indicando specificamente di moderare il consumo di alcolici, aumentare il consumo di frutta, verdura e cereali ad elevato contenuto di fibra ed evitare il sovrappeso limitando il consumo di alimenti ad elevata densità energetica. I tassi di mortalità per tumore hanno raggiunto il loro massimo a metà degli anni ’80 ma, un recente rapporto sul sistema sanitario e la salute della popolazione italiana (Ministero della Salute, 2000) riporta che negli ultimi anni e nelle generazioni più giovani, si osserva, per la prima volta nel nostro secolo, una diminuzione della mortalità per tumori. Questa tendenza è stata osservata sia negli uomini che nelle donne e in maggior misura al Nord e al Centro. Guardando le proiezioni per il 2005 si prospetta un andamento simile, con una continua diminuzione al Nord e al Centro mentre si ritiene che potrebbe essere possibile un lento aumento al Sud. Queste statistiche indicano che il maggior potenziale guadagno nella lotta contro i tumori può essere ottenuto nelle regioni meridionali, dove è meno diffusa la rete assistenziale oncologica. La scarsa diffusione dei registri tumori in tali regioni rende tuttavia difficile una corretta formulazione degli obiettivi e la valutazione degli interventi necessari. Risulta, quindi, prioritario attivare e incentivare le attività di almeno tre registri tumori nell’area meridionale e consolidare l’attività dei registri esistenti e operanti nel territorio nazionale. Sono disponibili molti dati sull’obesità che evidenziano come la sua prevalenza sia in I principi della sorveglianza nutrizionale 22 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale aumento in gran parte dei paesi sviluppati, e in particolare la sua diffusione in età evolutiva sta diventando sempre più allarmante. Negli Stati Uniti oltre un quarto dei bambini è obeso. In Italia, benché al momento manchi una valutazione nazionale della prevalenza di obesità in età evolutiva, si stima che dal 10% al 32% dei bambini in età scolare risulti essere obeso (Istituto Auxologico Italiano, 2000; Istituto Auxologico Italiano, 2001). Complessivamente si osserva una prevalenza più alta nei maschi rispetto alle femmine e nelle aree meridionali del paese rispetto alle aree settentrionali. Il dato è preoccupante: un bambino su sette risulta essere obeso e l’obesità in età pediatrica è un fattore di rischio per l’obesità da adulti. L’obesità in età adulta non è l’unica possibile conseguenza dell’obesità infantile; si devono considerare anche delle complicanze immediate: già nell’età infantile, infatti, si possono rilevare rischi di tipo organico, come ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete di tipo 2, situazioni di disagio sociale dovute al comportamento discriminatorio da parte di coetanei e di adulti, che porta allo sviluppo di una bassa autostima nell’età adolescenziale. I dati più recenti sull’obesità dell’adulto sono stati forniti dall’Indagine Multiscopo ISTAT sulle “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” del periodo Settembre-Dicembre 1999 (Ministero della Salute, 2000), con la quale è stato evidenziato che: • 53,8% di adulti sono normopeso, in misura uguale per uomini e donne; • 33,4% di adulti sono in sovrappeso, prevalentemente uomini (42% contro il 25,7% delle donne); • 9,1% di adulti sono obesi, uomini e donne in misura uguale, più al Sud (11,4%) che al Nord-Ovest (7,5%); • 3,6% di adulti sono sottopeso, prevalentemente donne giovani (86%). Nonostante l’Italia si collochi negli ultimi posti nella classifica europea dell’obesità, negli ultimi anni l’incremento dell’obesità e del sovrappeso verificatosi è attribuibile non tanto ad una maggiore assunzione di energia, che, al contrario, risulta diminuita, quanto ad una maggiore sedentarietà dovuta principalmente al tipo di attività lavorativa e alla scarsa attività fisica durante il tempo libero (Astrup, 2001). L’obesità e il sovrappeso, inoltre, sono inversamente correlati allo stato socio-economico, in particolare tra le donne. L’osteoporosi è un’altra malattia per la quale l’alimentazione e lo stile di vita sono determinanti importanti. Questa patologia pur non essendo mortale contribuisce significativamente alla spesa pubblica, infatti la degenza per le fratture causate da questa patologia è generalmente lunga, soprattutto considerando le fratture dell’anca e della colonna vertebrale, responsabili rispettivamente del 57% e del 17% dei costi ospedalieri per fratture patologiche. Le fratture si verificano principalmente nelle donne dopo la menopausa e negli anziani in genere, e per il 20% portano al decesso entro 6 mesi dal trauma, anche se spesso la causa di morte riportata sui certificati è differente. Inoltre, il numero di dimessi con diagnosi di osteoporosi è fortemente sottostimato, trattandosi di una patologia di difficile individuazione e spesso associata a complicanze più evidenti che costituiscono il motivo della ospedalizzazione. Il motivo principale che induce a considerare l’osteoporosi una malattia altamente prioritaria sono le proiezioni nel tempo della situazione attuale; infatti, si assiste da una parte a un aumento dell’incidenza di fratture patologiche, e dall’altra le proiezioni demografiche indicano un forte incremento nei prossimi 20 anni della popolazione anziana e, in particolare, di quella femminile (Gennari, 2001). Il diabete di tipo 2 è strettamente associato all’alimentazione, e secondo alcuni autori, la componente attribuibile alla dieta è di circa l’80%. L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio. Il rapporto tra obesità e diabete risulta più evidente se oltre 23 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale all’Indice di Massa Corporea si considera la distribuzione del tessuto adiposo; infatti, il rischio di diabete aumenta progressivamente con l’aumentare della circonferenza della vita. La rilevazione della prevalenza del diabete di tipo 2 è piuttosto complessa, in quanto la malattia nei primi anni è spesso asintomatica e la diagnosi viene in genere posta nel corso di accertamenti per altre patologie o in occasione di ricoveri per complicanze già in atto, soprattutto eventi coronarici o altre vasculopatie. La prevalenza del diabete di tipo 2, stimata da rilevazioni incrociate sul consumo di farmaci, dimissioni ospedaliere e centri di diabetologia, viene comunque stimata intorno al 2,7-3%. Indagini di popolazione condotte su ampia scala e basate sulla curva da carico del glucosio, forniscono percentuali più elevate, tra il 6% e l’11%. Negli anni a venire si prevede un ulteriore progresso a carattere epidemico mondiale, del diabete mellito. Incrementi consistenti sono previsti anche per i Paesi Industrializzati dell’Area Occidentale ma il maggior contributo verrà pagato dai Paesi in Via di Sviluppo, dove per il più facile accesso alle fonti alimentari e la contemporanea riduzione del dispendio energetico è facile prevedere per i prossimi decenni un rilevante incremento della prevalenza del diabete mellito. L’impatto sociale del diabete di tipo 2 è globalmente elevato. Relativamente alle complicanze, studi condotti sulla popolazione italiana, hanno evidenziato una prevalenza di retinopatia compresa tra 14-35% e di nefropatia diabetica del 10% circa; inoltre il 30-40% dei diabetici presenta polineuropatia distale simmetrica. L’incidenza di patologie cardiovascolari è superiore di 2-6 volte nella popolazione diabetica. La morbosità e la mortalità per cardiopatia ischemica sono due volte maggiori nei maschi e 4 volte maggiori nelle femmine rispetto alla popolazione non diabetica (Brunetti, 2000). L’ipertensione rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardio-cerebrovascolari. Dall’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare, nell’ambito di uno studio collaborativo fra Istituto Superiore di Sanità e Associazione medici cardiologi ospedalieri (www.cuore.iss.it), è stata condotta nel 1998 una indagine trasversale su un campione di popolazione di età 35-74 anni. I dati sono stati raccolti con metodologie standardizzate da operatori sanitari opportunamente addestrati e, durante le operazioni di screening, sottoposti al controllo di qualità per la rilevazione delle misurazioni. Circa il 31% dei soggetti esaminati risultava iperteso (pressione arteriosa sistolica e diastolica uguale o maggiore di 160 o 95 mmHg rispettivamente) con una prevalenza leggermente più alta nei maschi (33%) rispetto alle femmine (29%). Non si osserva un pattern definito di prevalenza dell’ipertensione per area geografica (Ministero della Salute, 2000). Nella indagine sullo Stato di Salute condotta dall’ISTAT il 10% degli uomini e il 13% delle donne dichiara di essere iperteso; nella fascia di età uguale o superiore a 65 anni dichiarano di essere ipertesi il 31% degli uomini e il 39% delle donne. Questi dati raccolti tramite intervista forniscono ovviamente una prevalenza di ipertensione arteriosa più bassa rispetto a quella raccolta tramite misurazione diretta nell’ambito dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare. A partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino agli anni ’70 si è verificato un aumento dei livelli di colesterolo ematico, in seguito non vi sono stati cambiamenti significativi. La già menzionata indagine collaborativa dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (www.cuore.iss.it) ha raccolto tra gli altri anche dati di colesterolemia. La ipercolesterolemia è stata definita con valori di colesterolo ematico uguale o superiore a 240 mg/dl; sono stati definiti borderline i soggetti con colesterolemia compresa fra 200 e 240 mg/dl. In base a questi risultati è stata trovata una prevalenza di ipercolesterolemia del 24% con prevalenze più elevate nelle femmine (26%) rispetto ai maschi (22%). Più di un terzo (36%) della popolazione esaminata è a rischio di sviluppare ipercolesterolemia avendo dei valori borderline. In questo caso le differenze tra i due sessi sono meno marcate (38% nei maschi e 36% nelle femmine). I principi della sorveglianza nutrizionale 24 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale In Italia come in altri Paesi del mondo industrializzato sono tuttora presenti malattie attribuibili a carenze di nutrienti essenziali. A causa della bassa assunzione di iodio, il gozzo è un reale problema di salute pubblica in Italia. Molti studi condotti tra il 1978 e il 1991 hanno mostrato che la prevalenza di gozzo in Italia nei bambini in età scolare (6-14 anni) varia tra il 14 e il 73% con percentuali più alte nelle regioni centrali e meridionali (Aghini Lombardi et al., 1993). Va notato comunque che negli studi sono stati utilizzati strumenti di diversa sensibilità e specificità. Nella maggior parte dei casi, il gozzo consiste in una tumefazione limitata e reversibile della tiroide. La strategia nutrizionale è ben definita: il metodo più semplice ed economico è la profilassi iodica che consiste nel sostituire con sale iodato o iodurato il sale comune. Nei Paesi dove è stata attuata, la profilassi iodica ha dimostrato la sua efficacia eradicando la malattia entro pochi anni dalla supplementazione. I disturbi da carenza di iodio sono ancora presenti in molti paesi europei. Attualmente solo in Finlandia, Svezia e Regno Unito sono state attuate strategie nutrizionali per garantire un adeguato apporto di iodio, mentre in Francia, Germania ed Italia, l’assenza di piani di prevenzione e la mancata profilassi iodica ha come conseguenza un’elevata prevalenza dei disturbi da carenza di iodio (Vitti et al., 2001). La carenza di ferro è frequente e largamente diffusa tra diversi gruppi della popolazione italiana. Tra i più esposti si trovano bambini, adolescenti, donne in gravidanza e anziani. In un recente studio multicentrico è stata valutata la prevalenza di carenza di ferro nelle ragazze (11-15 anni) e nelle donne (20-23 anni) in sei Nazioni Europee (Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Olanda e Polonia). La coorte italiana era composta da 750 ragazze di scuola secondaria superiore e da 375 donne selezionate casualmente nella popolazione calabrese. Basse riserve di ferro sono state riscontrate nel 12% delle ragazze e nell’8% delle donne (van de Vijver et al., 1999). Nei gruppi vulnerabili di popolazione quali bambini e adolescenti, si stima che in una limitata percentuale di casi (2%), la carenza di ferro è tale da provocare anemia. E’ necessario sottolineare, comunque, che la carenza di ferro ha un impatto negativo sulla capacità di resistenza dell’organismo alle infezioni, sulla capacità lavorativa e/o di apprendimento, indipendentemente dalla comparsa di vera e propria anemia. La prevalenza di anemia ferropriva non sembra, dunque molto elevata benché le classi socio-economiche più disagiate possano richiedere una attenzione particolare. L’anemia può essere anche di origine non nutrizionale, conseguente a infezioni o patologie croniche infiammatorie che compromettono l’assorbimento del ferro. Per concludere la panoramica delle malattie legate all’alimentazione va menzionata la carie dentaria che è una malattia dovuta all’azione di batteri appartenenti alla famiglia degli Streptococchi, ed è associata ad una serie di comportamenti legati all’igiene orale e all’assunzione di cibi ad elevato potere cariogeno (principalmente gli zuccheri fermentescibili). In Italia la carie ha un’alta prevalenza, con forte incidenza tra i bambini. Lo studio ASSILT e uno studio randomizzato su bambini in età scolare hanno esaminato questo fenomeno tramite la valutazione dei dmft (numero totale di denti cariati, mancanti e otturati), e la media è risultata inferiore a 1 all’età di 6 anni, varia da 4 a 6 all’età di 13 anni ed aumenta a 13 negli adulti (15-64 anni). L’obiettivo da raggiungere dovrebbe essere, secondo l’OMS, un valore di dmft inferiore a 3 all’età di 12 anni. La prevenzione, oltre ad una corretta igiene orale, consiste nella riduzione del consumo di zuccheri fermentescibili e nell’attuazione di profilassi con fluoro. In Italia la prevalenza della carie nei bambini di 12 anni di età è del 63%, un valore, comunque, inferiore rispetto alle altre nazioni europee industrializzate (Sheiham, 2001). Le allergie e le altre intolleranze alimentari interessano, in genere, limitati gruppi di 25 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale popolazione. Negli ultimi anni l’incremento dell’incidenza delle allergie alimentari è stato attribuito all’aumentata stimolazione del sistema immunitario per effetto delle campagne di vaccinazione, che hanno determinato forti fenomeni di ipersensibilità. Bisogna fare una distinzione tra intolleranza ed allergia in senso stretto: generalmente un’intolleranza alimentare non coinvolge il sistema immunitario e la sintomatologia è piuttosto varia e generalizzata, comprendendo sintomi che vanno dal mal di testa alla nausea; in un fenomeno allergico, invece, si ha l’intervento del sistema immunitario, con sintomi più specifici, che di solito consistono in orticaria, gonfiore, fino a portare, nel caso estremo, a shock anafilattico. La principale allergia alimentare è quella alle proteine del latte vaccino, molto comune nei bambini, ma che con il tempo può essere reversibile; le allergie ai pesci, crostacei e alla frutta secca sono anch’esse abbastanza diffuse, e di solito permangono anche in età adulta. Tra le intolleranze, le più comuni sono quella al lattosio, al glutine (che in realtà ha una patogenesi più complessa e, se non curata, può portare a quadri sintomatologici più gravi) e ad alcuni additivi alimentari (per esempio solfiti). L’intolleranza al lattosio presenta un’elevata incidenza negli adulti; tale ampia diffusione può essere spiegata almeno in parte con la tendenza a prescrivere con eccessiva facilità latti modificati a bambini che presentano una sintomatologia aspecifica riconducibile a fenomeni di scarsa digeribilità del latte, portando in tal modo ad una definitiva inattivazione dell’enzima lattasi. Oltre al valore nutrizionale degli alimenti è importante anche lo studio del comportamento alimentare; rientrano in questa area sindromi come anoressia, bulimia e altri disturbi del comportamento alimentare (DCA) non altrimenti specificati. La prevenzione, la diagnosi ed il trattamento di queste situazioni richiedono il coinvolgimento di specialisti dell’area psicologico-psichiatrica e di altre figure professionali, secondo un modello di intervento disciplinare integrato. Negli ultimi anni i DCA hanno subito un notevole incremento soprattutto tra gli adolescenti e le giovani donne di tutte le classi sociali, tanto da provocare un allarme sociale. I rischi vitali sono elevati e sono dovuti al sommarsi di vari fattori fisici e psichici. Il Ministero della Salute ha deciso di procedere all’ulteriore approfondimento degli aspetti scientifici, sanitari e sociali del problema attraverso l’elaborazione di un progetto obiettivo che ha lo scopo di definire percorsi terapeutici efficaci, tutelare la salute mentale e affrontare il problema del disagio giovanile, del quale i DCA rappresentano un allarmante aspetto (Ministero della Sanità, 1997). Un altro aspetto da considerare riguarda le malattie a trasmissione alimentare, la cui incidenza globale è spesso difficile da stabilire in quanto una parte consistente degli episodi non viene segnalata. I fattori che hanno portato ad una compromissione della sicurezza alimentare negli ultimi anni sono diversi: i modificati sistemi di approvvigionamento degli alimenti, l’aumento della popolazione esposta, il cambiamento dei comportamenti sociali, le mutate condizioni ambientali, che hanno determinato modifiche di alcune nicchie ecologiche. La sorveglianza routinaria dei focolai epidemici di malattie trasmesse da alimenti permette di stimare il ruolo sostenuto dalle diverse tipologie di alimenti nel veicolare gli agenti responsabili di malattia. Gli agenti eziologici responsabili delle malattie a trasmissione alimentare includono batteri (Clostridium Botulinum, Salmonella Enteritidis, Escherichia 159, Salmonella Typhi), virus (virus dell’epatite A), parassiti (Tenia) e prioni (come quello responsabile dell’encefalite spongiforme bovina). I dati disponibili in Italia derivano dal sistema di notifica obbligatorio per i casi di malattie infettive, che richiede una segnalazione individuale per ogni caso diagnosticato e una notifica per i focolai epidemici (Salmaso & Tozzi, 2001). Durante il periodo 19911995 sono stati notificati 3.090 focolai epidemici di infezioni: tossinfezioni ed intossicazioni di origine alimentare che hanno coinvolto 26.235 soggetti. I focolai il cui agente I principi della sorveglianza nutrizionale 26 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale eziologico è stato identificato sono stati il 79,1%. I dati riferibili a focolai rappresentano solo una piccola parte delle malattie a trasmissione alimentare: i casi sporadici infatti sono molto più comuni di quelli manifestatisi come focolai. Le Salmonelle hanno causato sia il maggior numero di focolai (72%) che di casi sporadici (55,3%); la Salmonella D è il sierogruppo più rappresentato (66,2%). L’alimento più frequentemente responsabile è l’uovo e le preparazioni che lo contengono (in particolare maionese e tiramisù); i focolai hanno coinvolto soprattutto gruppi familiari (67,8%), mentre fra i servizi di ristorazione collettiva sono stati interessati i ristoranti nell’8,7% degli episodi (Prete et al., 1996). Il botulismo è una malattia relativamente rara tra quelle trasmesse da alimenti ma purtroppo spesso letale. L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il numero più elevato di casi di botulismo, molti dei quali si verificano nelle regioni meridionali e sono dovuti principalmente alla produzione domestica di conserve (Salmaso & Tozzi, 2001). Secondo il bollettino epidemiologico del Ministero della Salute nell’anno 1999 dei 21 casi di botulismo segnalati a livello nazionale 11 erano dislocati al sud e nelle isole (www.sanita.it/malinf/BollEpid). In Italia non esiste ancora un sistema integrato di sorveglianza di laboratorio per le infezioni da Campylobacter, tuttavia, i risultati di diversi studi effettuati ad hoc e di alcuni studi multicentrici, evidenziano come anche nel nostro Paese le infezioni da Campylobacter giocano un ruolo di primaria importanza nello scenario delle malattie a trasmissione alimentare (Luzzi, 2001). Per quanto riguarda le infezioni da Escherichia coli tra il 1988 il 1997 il sistema di sorveglianza ha identificato oltre 200 casi, con incidenza media di 0,2-0,3 per 100.000 abitanti nella fascia d’età 0-15 anni. Questa incidenza risulta comunque bassa rispetto ad altri paesi dell’Europa centrale (Caprioli et al., 1992; Caprioli et al., 1997; Gianvinti et al., 1994). Anche la listeriosi è una malattia soggetta a notifica in vari paesi europei, tra cui l’Italia. I dati relativi all’incidenza della malattia nel periodo compreso tra il 1993 e il 1999 mostrano che, nel nostro paese, la malattia è piuttosto rara (30-40 casi l’anno), anche se è assai probabile che la malattia sia sottostimata (Gianfranceschi & Aureli, 2001). 27 I principi della sorveglianza nutrizionale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia Aghini Lombardi F, Antonangeli I, Vitti P & Pinchera A (1993): Status of iodine nutrition in Italy. In: Iodine Deficiency in Europe. A continuing concern., eds. Delange F, Dunn JT, Glinoer D, 403-408. New York: Plenum Press. Astrup A (2001): Healthy lifestyles in Europe: prevention of obesity and type II diabetes by diet and physical activity. Public Health Nutr. 4, (2B), 499-515. Bjorntop P & Van Itallie TB (1994): The cost of obesity. Pharmaeconomist. 5, (1), 1-79. Branca F (1999): La sorveglianza nutrizionale. In: Argomenti di igiene della nutrizione, eds. Cairella G, Leclercq C, Tarsitani G, Roma: Futura Grafica. 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Un’alternativa più economica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è quella dei sistemi di sorveglianza basati sui siti sentinella. In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e poco efficiente prendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare il sistema di sorveglianza è necessario scegliere nell’ambito della popolazione in esame un campione rappresentativo e significativo. L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizionale di individui e popolazioni. E’ molto importante in ogni caso fissare dei limiti per l’interpretazione degli indici antropometrici e, in età evolutiva, disporre di una popolazione di riferimento per confrontare il gruppo di bambini studiati. La misura dei consumi alimentari permette di tracciare il profilo dietetico della popolazione. Per questa rilevazione possono essere utilizzate metodologie diverse a seconda degli obiettivi della ricerca stessa. I metodi che maggiormente si adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionale sono il diario alimentare, il recall delle 24 ore ed il questionario di frequenza. I consumi alimentari permettono di stimare i livelli di ingestione dei vari nutrienti che vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Gli indicatori di rischio dietetico permettono di valutare l’adeguatezza della dieta. Ovviamente esistono dei requisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati di composizione degli alimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta di stimare la prevalenza di carenze in nutrienti. 2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale, comportamenti alimentari Affinché il sistema informativo di un piano di sorveglianza nutrizionale risulti il più possibile razionale e completo è necessario operare una scelta dei dati da raccogliere; i dati devono essere coerenti con gli obiettivi del progetto e fornire le indicazioni necessarie per tracciare il profilo nutrizionale della popolazione. Se le informazioni relative alla popolazione in esame non sono sufficienti, occorre pianificare uno studio sul campo e raccogliere dati primari. La raccolta sistematica di dati primari è un esercizio complesso e costoso e richiede la realizzazione di indagini realizzate ad hoc. La sorveglianza basata su dati primari è un lusso che possono permettersi solo pochi Paesi al mondo. I dati primari devono fornire informazioni su: • condizioni socio-economiche (livello di reddito, professione), culturali e ambientali della popolazione; • stato nutrizionale della popolazione, rilevato per mezzo di misure antropometriche o di valutazioni biochimiche; • modelli di dieta (espressi in alimenti, nutrienti e altre componenti degli alimenti); • determinanti delle scelte alimentari. 31 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 2.2 Metodologie d’indagine Lo stato di nutrizione di una popolazione può essere rilevato effettuando su campioni rappresentativi della popolazione: • misure antropometriche; • valutazioni biochimiche; • valutazioni sui consumi alimentari. Un’alternativa più economica, che ugualmente prevede la raccolta di dati primari, è quella dei sistemi di sorveglianza non rappresentativi della popolazione, ma basati sui siti sentinella. Questi siti sono individuati, secondo criteri di convenienza, negli ospedali, o nei distretti di Aziende Sanitarie Locali. E’ possibile concentrare le risorse a disposizione e il personale esperto nei siti sentinella. Il problema principale nell’utilizzazione dei dati raccolti con questo sistema è che non possono essere estrapolati all’intera popolazione. Tuttavia, i siti sentinella sono pensati per segnalare situazioni di rischio, per valutare l’affidabilità di sistemi di raccolta di dati o per analizzare la distribuzione di una data patologia per gruppi di età, classi sociali o altre variabili. 2.3 Campionamento In uno studio basato sulla raccolta di dati primari, risulta impossibile e poco efficiente prendere in considerazione tutta la popolazione. Per ottimizzare il sistema di sorveglianza è necessario scegliere nell’ambito della popolazione in esame un campione rappresentativo e significativo. Vanno inoltre individuati i gruppi di popolazione maggiormente esposti ad un determinato fattore di rischio per la patologia. Nel campionamento devono essere considerate: • variabili biologiche: età, sesso, razza, stato di salute, fattori genetici; • variabili ambientali: regioni geografiche, zone ecologiche (mare, montagna, collina, ecc...); • variabili socio-economiche e culturali: reddito, professione, stato civile, abitudini alimentari, livello culturale. La scelta deve essere effettuata non solo sulla base di informazioni relative ad un determinato momento nel tempo, ma anche sulla base di analisi delle tendenze storiche, per identificare quei gruppi nei quali si prospetta un trend positivo. In linea generale, occorre l’adozione di un metodo probabilistico che garantisca, a priori, a tutti i componenti della popolazione di poter essere inclusi nel campione. Di seguito vengono riportati i principali metodi di campionamento: • campionamento casuale semplice: se la popolazione è omogenea si può procedere ad una randomizzazione utilizzando la tavola dei numeri casuali; • campionamento casuale stratificato: se la popolazione non è omogenea si procede prima ad una stratificazione per determinate variabili (età, sesso, ecc...), quindi si esegue il campionamento casuale per ogni strato. In questo modo da ogni sottogruppo viene estratto un campione randomizzato di entità proporzionale alla percentuale di quel sottogruppo nella popolazione totale; • campionamento a cluster: il metodo consiste nel dividere la popolazione in gruppi (ad es. tutti gli abitanti di un edificio tutte le classi di una scuola, tutti i reparti di un ospedale, ecc...) che diventano le unità dalle quali ne verrà randomizzata una quota da includere nello studio; • campionamento sistematico: gli individui vengono elencati in una lista e si stabilisce un passo di campionamento in base alle dimensioni della popolazione. Ad esempio si Dati primari 32 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale può decidere di selezionare un individuo ogni 5, ovviamente il primo sarà scelto in modo casuale. In questo caso bisogna fare attenzione che nella lista non ci sia una ripetibilità costante, in quanto si selezionerebbe lo stesso tipo di individui; ad es. se si tratta di una lista di famiglie con un numero uguale di figli, il prelievo con un ritmo di due o tre componenti campionerebbe sempre un genitore o un figlio. I differenti aspetti del campionamento verranno ulteriormente approfonditi in relazione ai dati secondari e una trattazione specifica verrà fatta anche per spiegare la metodologia di campionamento utilizzata per la raccolta di dati primari nel progetto pilota di sorveglianza. 2.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici Un sistema di sorveglianza deve disporre di tecniche e strumenti adeguati per la raccolta dei dati e di personale specializzato in grado di utilizzarli, per cui è necessario che gli operatori siano opportunamente “addestrati” prima di cominciare la raccolta dei dati. L’antropometria è uno strumento potente per la definizione dello stato nutrizionale di individui e popolazioni, a patto che le misure siano prese con la dovuta precisione e accuratezza. Anche la strumentazione che si utilizza non è una strumentazione complessa, ma a dispetto della apparente semplicità con cui queste misure si possono rilevare, bisogna seguire dei protocolli di raccolta dati sufficientemente rigorosi per garantire la comparabilità dei dati raccolti. Come verrà più in dettaglio esplicitato in altre parti del presente manuale, i punti di repere e le modalità di rilevamento delle misure antropometriche devono essere quelli raccomandati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, 1995). In questa sede è opportuno sottolineare che per uno studio di sorveglianza nutrizionale la scelta delle misure da effettuare dovrebbe essere dettata da considerazioni pratiche di semplicità, in modo da garantire la raccolta di pochi e semplici parametri che siano rilevati in modo sufficientemente preciso e che siano in grado di fornire indicazioni sullo stato nutrizionale della popolazione. In questo senso peso e statura sono misure antropometriche che si prestano bene ad essere incluse in un sistema di sorveglianza, mentre altre rilevazioni quali lo spessore delle pliche cutanee, vista la difficoltà di avere delle misure replicabili, possono rappresentare un elemento di criticità del sistema. 2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto Negli studi epidemiologici la valutazione dello stato nutrizionale è comunemente eseguita sulla base di semplici misure antropometriche. Negli studi su larga scala, in genere, sono utilizzate le misure del peso e della statura, assumendo che, per una determinata statura, le variazioni del peso corporeo siano attribuibili, in gran parte, a variazioni nel contenuto di grasso corporeo. Tali misure sono combinate tra loro in vari tipi di rapporto, al fine di “mettere in relazione” il peso con la statura e costituire gli indici dello stato nutrizionale. I requisiti fondamentali per questi indici sono una bassa correlazione con la statura ed un’elevata correlazione con il peso ed il grasso corporeo. Va notato, tuttavia, che questi, indici che mettono in relazione il peso e la statura non permettono di distinguere variazioni del peso dovute alla massa muscolare, alla massa ossea, al contenuto di acqua, o all’ accumulo di grasso (Norgan & Ferro-Luzzi, 1982). Inoltre va precisato che i termini “obesità” e “sovrappeso” sono spesso utilizzati come sinonimi, ma rappresentano due diverse condizioni: il termine “obesità” indica un eccesso di tessuto adiposo che andrebbe misurato o valutato con le opportune tecniche, mentre il termine “sovrap- 33 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale peso” indica semplicemente un eccesso di peso per una determinata statura (Troiano & Flegal, 1999). Nonostante i loro limiti, gli indici che mettono in relazione il peso e la statura possono essere utilizzati in vari contesti come “indicatori del grado di adiposità”. L’Indice di Massa Corporea (IMC, kg/m2), o indice di Quetelet, calcolato dividendo il peso espresso in kg per il quadrato della statura espressa in metri, è l’indice ponderale più utilizzato nell’adulto (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998) come espressione del peso “aggiustato” per la statura, e come indice di adiposità, in quanto è quello maggiormente correlato con il grasso corporeo e, allo stesso tempo, quello meno correlato con la statura (Benn, 1971; Billewicz et al., 1962; Garn & Pesick, 1982; Keys et al., 1972; Lee et al., 1981; Micozzi et al., 1986; Norgan & Ferro-Luzzi, 1982; Revicki & Israel, 1986; Ross et al., 1988; Troiano & Flegal, 1999; Wormsley & Durnin, 1977). Tuttavia, l’IMC è comunque influenzato dalla statura, specialmente ai due estremi della distribuzione (Lee et al., 1981; Freeman et al., 1995). La capacità predittiva dell’IMC nei confronti del grasso a livello individuale spiega soltanto circa il 50% della varianza del contenuto di grasso espresso come percentuale del peso corporeo (Norgan, 1990). Quindi individui con uno stesso IMC possono avere una diversa quantità di grasso corporeo. Ad esempio gli atleti possono avere un IMC elevato, ma l’eccesso di peso in questo caso è dovuto alla massa muscolare e non ad un eccesso di grasso corporeo. Invece, a livello di gruppo tale indice è risultato fortemente correlato con il grasso, con un errore standard del 3-6% del peso corporeo (Wormsley & Durnin, 1977). Nonostante i suoi limiti, l’IMC rappresenta un indice semplice da calcolare, ampiamente utilizzato, specialmente negli studi su larga scala, per valutare il rischio di malattia. La relazione tra IMC e le principali cause di malattia e mortalità è stata diffusamente studiata ed è risultata a forma di “U”, in quanto sia l’eccessiva magrezza che l’eccesso di peso possono essere causa di rischio per la salute (Rissanen et al., 1989; Rissanen et al., 1991; Waaler, 1984; World Health Organization, 1995). Pertanto nell’adulto, lo stato nutrizionale determinato mediante l’IMC è valutato utilizzando un approccio epidemiologico, cioè sulla base del rischio di malattia e di mortalità associato ai valori dell’IMC. Quindi i valori soglia dell’IMC per la definizione dello stato nutrizionale sono stati ricavati, dall’inflessione delle curve di correlazione tra l’IMC ed i tassi di mortalità e di morbosità. I valori internazionalmente accettati sono quelli proposti dall’OMS (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998) (Tabella 2.4.1.1) e sono unificati per sesso ed età. Va, tuttavia, sottolineato che tali valori soglia andrebbero applicati con cautela nell’anziano, in quanto l’IMC può avere un differente significato negli individui più anziani rispetto ai giovani, a causa della riduzione della statura con l’età (World Health Organization, 1995). La statura può diminuire con l’avanzare dell’età di 1-2 cm per decade, o più rapidamente nelle età più avanzate, soprattutto a causa della compressione delle vertebre, delle modifiche nella forma e nell’altezza dei dischi vertebrali, della perdita del tono muscolare o delle modifiche nella postura (Rossman, 1977; Svanborg et al., 1991). L’IMC varia ampiamente tra le popolazioni di anziani e dipende da vari fattori, tra cui le modificazioni biologiche correlate con l’età, lo stato di salute, lo stile di vita ed i fattori socioeconomici (World Health Organization, 1995). Inoltre, va considerata la grande variabilità inter-individuale nelle variazioni della composizione corporea e dell’IMC dovute anche alla variabilità inter-individuale nel processo di invecchiamento. Nelle popolazioni europee è stato osservato che tale indice, come il peso, tende ad aumentare nella mezza età e a stabilizzarsi prima negli uomini che nelle donne. Per entrambi i sessi l’IMC inizia a diminuire dopo i 70-75 anni (Rossman, 1977; Waaler, 1984; Waaler, 1988). Se la statura non varia, una diminuzione dell’IMC riflette la diminuzione nel peso corporeo; se tuttavia anche la statura diminuisce, come avviene in età avanzata, allora la diminuzione nell’IMC Dati primari 34 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale risulta inferiore a quella che si avrebbe per un’analoga diminuzione del peso in gruppi di età in cui la statura si mantiene stabile. Anche la relazione tra IMC, massa grassa e massa cellulare varia con l’età. Con l’avanzare dell’età si verificano significative modifiche nella massa magra (in senso qualitativo perché varia la sua composizione e in senso quantitativo perché diminuisce la massa cellulare) e nella distribuzione del grasso. Si osserva una progressiva ridistribuzione del grasso: il tessuto adiposo sottocutaneo tende a diminuire e quello intra-addominale ad aumentare (Chumlea & Baumgartner, 1989; Rossman, 1977). Per gli individui al di sopra dei 65 anni di età non è ancora chiaro il rischio per la salute dovuto all’eccesso di peso. Sembra, infatti, che ad età più avanzate un moderato sovrappeso sia associato ad un minore rischio di mortalità (Andres, 1985). Oltre gli 80 anni di età la magrezza e la perdita di massa magra possono rappresentare un problema più importante rispetto all’eccesso di peso (World Health Organization, 1995). Infatti, una cospicua perdita di massa magra può ridurre la massa cellulare al di sotto di un livello minimo necessario per il mantenimento delle funzioni fisiologiche. Tabella 2.4.1.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC per la valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto (*) Il sottopeso comporta un basso rischio di insorgenza di patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, obesità, diabete ecc, ma può essere correlato ad altre situazioni cliniche, quali anoressia, malassorbimenti, ecc. Fonte: World Health Organization, 1998 2.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva L’IMC è risultato altamente correlato con il contenuto di grasso corporeo (Deurenberg et al., 1991; Dietz & Robinson, 1998) e con il rischio di malattia (Gidding et al., 1995; Higgings et al., 1980; Must & Strauss, 1999; Power et al., 1997) e di mortalità a lungo termine (Must et al., 1992) anche nei bambini e negli adolescenti. Tuttavia l’IMC non sembra un buon indicatore di adiposità nei bambini più magri (Bray et al., 2001). Malgrado i suoi limiti, tale indice è stato recentemente accettato a livello internazionale come indice di adiposità anche in età evolutiva, in quanto considerato appropriato per una definizione “pratica” del sovrappeso in questa fascia di età (Barlow & Dietz, 1998; Bellizzi & Dietz, 1999; Himes & Dietz, 1994). In età evolutiva, i normali processi di crescita e di sviluppo determinano variazioni nella composizione corporea alle varie età. Pertanto, durante l’infanzia e l’adolescenza la 35 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale relazione tra il peso per una data statura ed il grado di adiposità dipende soprattutto dall’età e dal sesso. Di conseguenza, anche i valori soglia degli indici utilizzati per la definizione dello stato nutrizionale in età evolutiva sono età e sesso specifici. Tali valori sono determinati applicando un approccio statistico, che implica la scelta arbitraria di un valore soglia di un indicatore, da una popolazione di riferimento (Flegal, 1993), in quanto l’applicazione di un approccio epidemiologico in questa fascia di età comporta delle difficoltà metodologiche ed, allo stato attuale, i dati per supportare una definizione dello stato nutrizionale basata sugli esiti, come per l’adulto, sono scarsi e di difficile interpretazione. Ciò è causa della mancanza di accordo sulla definizione dello stato nutrizionale in età evolutiva. Attualmente, pochi studi hanno valutato il rischio per la salute associato ad un eccesso di grasso corporeo in tale fascia di età (Dwyer & Blizzard, 1996; Washino et al., 1999; Williams et al., 1992). Mentre la prevalenza dell’obesità in età pediatrica tende ad aumentare rapidamente, specie nei paesi industrializzati (World Health Organization, 1998), con importanti conseguenze per la sanità pubblica, in quanto, l’obesità in età infantile, aumenta la probabilità che l’obesità e le patologie ad essa correlate persistano anche in età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al., 1994; Rolland Cachera et al., 1987; World Health Organization, 1998), allo stato attuale la conoscenza delle dimensioni del fenomeno, che è fondamentale per sviluppare degli adeguati piani di prevenzione, è ostacolata dalla mancanza di una definizione univoca del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva (Bellizzi & Dietz, 1999). L’esame della letteratura evidenzia, pertanto, l’utilizzo di: 1. diversi indicatori; 2. diversi criteri per i valori soglia; 3. diverse popolazioni di riferimento. La valutazione dello stato nutrizionale in età infantile dipende dalla definizione adottata: l’uso di diversi valori di riferimento, indicatori e valori soglia fornisce risultati diversi. Come indici per definire lo stato nutrizionale sono utilizzati soprattutto il peso-per-statura (che permette di confrontare il peso di un individuo con la distribuzione in centili del peso di un gruppo individui di riferimento con la stessa statura, ma non necessariamente della stessa età) e l’IMC-per-età (che permette di confrontare l’IMC di un individuo con la distribuzione in centili dell’IMC di un gruppo individui di riferimento della stessa età, ma non necessariamente con la stessa statura). Esistono tre “scuole di pensiero” per la scelta dei centili, denominate per convenienza “scuola europea”, “scuola americana” e “dell’OMS” (Cole, 1994). In Europa in genere sono utilizzati il 3°, il 10°, il 25°, il 50°, il 75°, il 90° ed il 97° centile. L’NCHS americano utilizza il 5° percentile invece del 3°, l’85° invece del 90° ed il 95° centile invece del 97° centile; nella versione più recente delle curve di riferimento NCHS (Kuczmarski et al., 2000), sono stati aggiunti anche il 3° ed il 97° centile. I valori soglia per la definizione del sovrappeso e dell’obesità corrispondono ai valori dei centili più alti: i più comuni sono rispettivamente l’85° o il 90° ed il 95° o il 97°. E’ anche utilizzata la definizione di obesità per un eccesso di peso superiore del 20% rispetto al 50° centile del peso-per-statura. I valori soglia per la definizione del sottopeso sono il 3° o il 5° percentile. L’OMS non usa i centili, ma lo z-score, che esprime il valore dell’indice come numero di deviazioni standard al di sopra o al di sotto del valore medio o della mediana: la definizione di sovrappeso corrisponde ad un valore dell’indicatore maggiore di + 2 zscore, rispetto alla mediana della popolazione di riferimento, mentre quella di sottopeso ad un valore dell’indicatore minore di - 2 z-score (World Health Organization, 1995). Anche la terminologia utilizzata nella valutazione dello stato nutrizionale in età infantile non è uniforme: è stato raccomandato che i soggetti con IMC, o peso-per-statura, compreso tra l’85° ed il 95° percentile siano definiti “a rischio di sovrappeso”, mentre siano classificati “in sovrappeso”, quelli con IMC o peso-per-statura superiore al 95° percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz, 1994). Tuttavia, a volte valori dell’IMC superiori all’85° percentile sono considerati indicativi di sovrappeso e quelli superiori al 95° indicativi di obesità. Dati primari 36 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale L’OMS aveva raccomandato in età infantile l’uso dell’indice peso-per-statura e la popolazione di riferimento americana dell’NCHS (Dibley et al., 1987a; Dibley et al., 1987b; World Health Organization, 1986; World Health Organization, 1995). Tali dati di riferimento sono stati recentemente revisionati e sono state pubblicate le nuove curve di crescita (Kuczmarski et al., 2000), che, come già detto, includono anche il 3° ed il 97° percentile, oltre il 5° ed il 95°. Inoltre, sono state elaborate le tabelle con i valori dell’IMCper-età, valide tra i 2 ed i 20 anni, in sostituzione delle tabelle NCHS del peso-per-statura del 1977 (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977), il cui uso era limitato ai bambini in età prepubere (fino a 11,5 anni ed una statura inferiore ai 145 cm per i maschi, e fino a 10 anni ed una statura inferiore a 137 cm per le femmine). L’indice pesoper-statura è stato inserito in alternativa all’IMC-per-età, per consentire una maggiore flessibilità nel passaggio alle nuove tabelle di riferimento (Flegal et al., 2002); tuttavia il suo utilizzo è stato criticato (Cole, 1979; Cole, 1985; Flegal et al., 2002). Questi dati di riferimento sono basati su indagini nazionali eseguite negli Stati Uniti e sono destinati ad essere utilizzati per bambini ed adolescenti degli USA (Flegal et al., 2001). Tali valori possono essere applicati per identificare i bambini e gli adolescenti con IMC ai limiti superiori della distribuzione, considerando “in sovrappeso” quelli con IMC maggiore o uguale al valore corrispondente al 95° percentile; “a rischio di sovrappeso” quelli con IMC compreso tra i valori dell’85° e del 95° percentile (Barlow & Dietz, 1998; Himes & Dietz, 1994). Un’applicazione analoga dei valori di riferimento dell’IMC-per-età ai limiti inferiori della distribuzione può essere utilizzata per valutare il “rischio di sottopeso” od il “sottopeso”, anche se, al riguardo, per il momento non esistono specifiche raccomandazioni da parte di esperti (Kuczmarski et al., 2000). La Consensus Conference Italiana sull’Obesità del 1991 (Crepaldi et al., 1991a; Crepaldi et al., 1991) aveva suggerito l’utilizzo dei valori di riferimento del peso-perstatura americani dell’NCHS (Hamill et al., 1976; Hamill et al., 1979; Hamill et al., 1977), o di quelli inglesi (Tanner, 1965). Un comitato di esperti dell’OMS (de Onis & Habitcht, 1996), aveva provvisoriamente raccomandato per gli adolescenti, l’uso delle tabelle di riferimento americane dei valori dell’IMC specifici per sesso e per età di Must et al. (Must et al., 1991). L’European Childhood Obesity Group (Poskitt, 1995) aveva indicato l’utilizzo dei valori di riferimento francesi dell’IMC specifici per sesso ed età (Rolland-Cachera, et al.,1991). In Italia la maggior parte dei pediatri ha utilizzato in passato ed usa ancora le tabelle di riferimento inglesi (Tanner, et al.1966; Tanner & Whitehouse, 1976) relative al peso ed alla statura, oppure quelle francesi (Rolland-Cachera et al., 1991) relative all’IMC, mentre alcuni centri utilizzano dati di riferimento locali (Falorni et al., 1998; Luciano et al., 1997; Merola et al., 1998; Nicoletti, 1992; Schwarzemberg et al., 1998; Zoppi et al., 1996), sviluppati nella propria città o regione. Inoltre, sono state pubblicate di recente delle nuove tabelle di riferimento italiane per la statura, il peso e l’IMC (Cacciari et al., 2002) per l’età evolutiva (6-20 anni di età), distinte per il Nord-Centro e per il Sud Italia. L’OMS ha sottolineato la necessità di utilizzare un sistema di classificazione unificato dello stato nutrizionale in età evolutiva (World Health Organization, 1998). Per questo, l’International Obesity Task Force (IOTF) (Cole et al., 2000) ha proposto una definizione di sovrappeso ed obesità basata su dati di riferimento internazionali e su un nuovo criterio, che definisce i valori soglia dell’IMC specifici per sesso ed età in modo che siano collegati a quelli dell’IMC dell’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia e di mortalità. Le curve di riferimento sono state elaborate a partire dai dati dell’IMC provenienti da studi trasversali sull’accrescimento, rappresentativi a livello nazionale di sei paesi (Brasile, Gran Bretagna, Hong Kong, Olanda, Singapore e Stati Uniti), con ampie 37 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale differenze nella prevalenza dell’obesità, per un totale di più di 192000 soggetti, di età compresa tra 0-25 anni di età. I paesi inclusi nell’elaborazione delle curve di riferimento sono quelli che al momento rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: la rappresentatività nazionale (più di 10000 soggetti per ciascuno studio), un intervallo di età minimo compreso tra 6 e 18 anni ed il controllo di qualità, per ridurre al minimo gli errori di misura. Per ogni serie di dati sono stati identificati separatamente i percentili che, all’età di 18 anni, intersecano rispettivamente il valore di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2 riferimento; questi sono stati poi combinati e sono stati definiti i valori soglia internazionali per il sovrappeso e l’obesità, specifici per sesso ed età (Figura 2.4.2.1 e Tabella 2.4.2.1), rappresentativi dei paesi di riferimento, ma indipendenti dal livello di obesità di ciascuno di essi (Cole et al., 2000). Tale approccio è ancora basato su una definizione statistica del sovrappeso e dell’obesità, ma rappresenta un tentativo di collegare i valori soglia per l’età evolutiva ai fattori di rischio dell’adulto. Tuttavia, sebbene la terminologia utilizzata sia la stessa, le conseguenze sulla salute per i bambini con un IMC al di sopra dei valori soglia possono essere diverse da quelle dell’adulto (Cole et al., 2000) Bisogna inoltre puntualizzare che i valori soglia per il sottopeso non sono stati ancora pubblicati. Potrebbe essere applicato lo stesso tipo di approccio utilizzato per derivare i valori soglia per il sovrappeso e l’obesità. Tuttavia, il valore soglia per il sottopeso nell’adulto pari a 18.5 kg/m2 (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998) corrisponde al 12° centile delle curve di riferimento inglesi di Cole e collaboratori (Cole, 1990), pari ad una prevalenza inaccettabilmente alta di bambini sottopeso (Cole et al., 2000). Un’alternativa potrebbe essere il valore soglia a 18 anni pari a 17.0 kg/m2, che corrisponde al 2° centile delle curve di riferimento inglesi di Cole et al. (Cole, 1990) (Cole et al., 2000). Mentre i centili che corrispondono ai valori soglia per il sovrappeso e l’obesità sono risultati associati con il rischio di malattia in età evolutiva (Freedman et al., 1999), non sono ancora stati studiati gli effetti sulla salute di un IMC al di sotto dei valori soglia per il sottopeso in età evolutiva, che devono ancora essere validati come marcatori del rischio di malattia (Cole et al., 2000). Inoltre, i valori soglia dell’IMC per il sottopeso potrebbero essere inadatti nei più giovani (Taylor et al., 2002), in quanto, come già detto, l’IMC non sembra un buon indicatore di adiposità nei bambini magri (Bray et al., 2001). In conclusione, definire lo stato nutrizionale in età evolutiva sulla base di un approccio epidemiologico è ancora problematico e viene, perciò utilizzato l’approccio statistico. Ciò ha determinato l’assenza di un accordo internazionale sull’uso degli indicatori dello stato nutrizionale, dei valori soglia e dei dati di riferimento. Nessuno dei vari metodi che sono stati proposti è necessariamente quello corretto, ma ciascuno ha i suoi vantaggi ed i suoi limiti e dovrebbe, perciò, essere utilizzato con cautela. Tuttavia, è essenziale il raggiungimento di un consenso sulla definizione di obesità in età evolutiva, per valutarne la prevalenza, seguire il suo andamento nel tempo e consentire confronti nazionali ed internazionali, al fine di pianificare gli opportuni interventi di prevenzione di tale condizione (World Health Organization, 1998). A tale proposito l’International Obesity Task Force (IOTF) ha proposto un metodo internazionale (Cole et al., 2000), che ha sicuramente ancora dei limiti. Sono necessarie ulteriori giustificazioni per lo sviluppo di valori soglia a partire da dati tanto eterogenei e sono necessari ulteriori studi relativi alle conseguenze sullo stato di salute per valori dell’IMC superiori ai valori soglia e per valutare se debbano essere considerate differenze etniche (Inoue et al., 2000; Wang & Wang, 2002; Wang et al., 2000). Resta ancora comunque irrisolto il problema della definizione del sottopeso. Tuttavia, tale metodo, pur essendo ancora basato su un approccio statistico, presenta diversi vantaggi: è basato su valori di riferimento internazionali dell’IMC età e sesso specifici, dai 2 ai 18 anni di età, derivati da una combinazione di dati provenienti da sei diversi paesi e collegati con i valori soglia del sovrappeso e dell’obesità adottati Dati primari 38 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale per l’adulto, stabiliti sulla base dei fattori di rischio di malattia e di mortalità. Il suo utilizzo, inoltre, consente una continuità nei valori soglia per il sovrappeso e l’obesità raccomandati dall’età evolutiva fino all’età adulta. Figura 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per la definizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva di Cole et al., 2000, che intersecano i valori dell’IMC di 25 kg/m2 e di 30 kg/m2 a 18 anni. Fonte: Cole et al., 2000 modificato 39 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 2.4.2.1 - Valori soglia internazionali dell’IMC età e sesso specifici per la definizione del sovrappeso e dell’obesità in età evolutiva Fonte: Cole et al., 2000 Dati primari 40 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari Per valutare i consumi alimentari è necessario raccogliere i dati primari attraverso indagini di popolazione mirate. Tali indagini sono eseguite utilizzando metodologie di rilevamento dei consumi che possono essere raggruppate in tre categorie (D’Amicis, 1999) (Figura 2.5.1): a. tendenti a valutare la dieta attuale (pesata, diario alimentare, recall, ecc.) b. tendenti a valutare la dieta passata (storia dietetica) c. tendenti a valutare la dieta abituale (frequenza di consumo) Ciascun metodo ha i suoi vantaggi e svantaggi, può essere più o meno complesso, avere un diverso grado di precisione e richiedere una maggiore o minore collaborazione da parte del soggetto in esame (Ferro-Luzzi & Norgan, 1991; Bingham, 1987) (Figura 2.5.2). D’altro canto, la valutazione dei consumi alimentari della popolazione è estremamente complessa e può essere studiata in diversi modi, sia per stimare l’assunzione di costituenti chimici (come nutrienti essenziali, componenti non nutritivi degli alimenti e contaminanti) che per valutare il consumo di alimenti e gruppi di alimenti. Figura 2.5.1 - Riferimento temporale alle misure della dieta Tempo Dieta pregressa Dieta attuale a Dieta attuale (pesata, diario alimentare, recall, ecc.) b Dieta pregressa (storica dietetica c Dieta abituale (frequenza di consumo) Fonte: modificata da D’Amicis 1999 41 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Figura 2.5.2 - Relazione tra accettabilità e precisione nelle tecniche di rilevamento dei consumi alimentari Fonte: modificata da Ferro-Luzzi & Norgan, 1991 La scelta tra le diverse metodiche di rilevamento dei consumi alimentari è determinata dallo scopo dello studio (precisione e accuratezza necessaria), dalle caratteristiche della popolazione e dalle disponibilità economiche, di tempo, di personale e di mezzi. Inoltre, non esistono questionari standard, ma, in base alla metodica scelta e quindi in base all’obiettivo della ricerca stessa, il tipo di formulario va ideato, costruito e validato di volta in volta con studi pilota. I metodi che maggiormente si adattano agli scopi della sorveglianza nutrizionale sono il diario alimentare, il recall delle 24h e la frequenza di consumo. Generalmente il diario alimentare per pesata è considerato il metodo migliore per stimare i consumi, ma richiede un considerevole impegno da parte del soggetto e i risultati possono non essere rappresentativi se i soggetti modificano le loro abitudini alimentari durante il periodo dell’indagine. Anche la storia dietetica può fornire informazioni molto dettagliate, tuttavia il ricordo spesso risulta essere impreciso ed approssimato (Bingham, 1987). In anni recenti è stata, infine, studiata la possibilità di ricavare una stima dell’assunzione abituale di alimenti a partire da rilevazioni ripetute su brevi periodi (24h- recall). Le diverse procedure proposte sono state confrontate nel lavoro di Hoffmann e collaboratori (Hoffmann et al., 2002). 2.5.1 Metodologia Il diario alimentare Questa tecnica, messa a punto da diversi autori, come riportato in un lavoro che raccoglie varie esperienze (Buzzard, 1998), consiste in una dettagliata lista di tutti gli alimenti consumati da un individuo in uno o più giorni. Gli alimenti consumati sono Dati primari 42 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale registrati dal soggetto (o dall’osservatore, soprattutto nel caso della registrazione per pesata precisa) al momento stesso del consumo, in modo da evitare possibili dimenticanze; per questa ragione è consigliato l’uso di formulari che abbiano un formato piccolo, in modo da poter essere portato in tasca e permettere che la registrazione del consumo di un alimento avvenga contemporaneamente al consumo stesso. I soggetti saranno istruiti in anticipo sul come tenere un accurato e completo diario alimentare; inoltre saranno anche informati sia sull’obiettivo dell’indagine stessa che sull’importanza che hanno a tale scopo le informazioni alimentari. Si usano questionari costruiti ad hoc per l’indagine con le istruzioni di compilazione allegate che aiutino il soggetto a registrare nel dettaglio richiesto i propri consumi alimentari. La quantità degli alimenti consumati viene determinata o mediante il peso dell’alimento o usando l’espressione in misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, porzioni, ecc...). Il diario alimentare va attentamente controllato giornalmente da un osservatore dopo la compilazione per assicurare l’adeguato livello di dettaglio richiesto nella descrizione dell’alimento e delle eventuali preparazioni alimentari (ricette) e chiarire eventuali informazioni dubbie. I limiti di questa tecnica sono essenzialmente dovuti all’alta collaborazione richiesta al soggetto coinvolto nell’indagine ed alla variabilità dei consumi alimentari nel tempo, con differenze a volte notevoli fra stagioni e giorni della settimana. Per questa ragione, lì dove è possibile, si consiglia la registrazione dei consumi relativi a più giorni, consecutivi e non. Recall Il recall è un metodo abbastanza semplice, diretto, poco costoso, utilizzabile in soggetti di differenti livelli socio-culturali e consente di stimare in modo affidabile i consumi abituali di gruppi di individui. E’ il metodo ideale per operare su campioni numerosi, in quanto richiede solo da 30 a 60 minuti ad intervista ed un impiego di personale limitato che però deve essere addestrato (ogni rilevatore può effettuare da 6 a 10 interviste al giorno; D’Amicis, 1999). Tale tecnica può garantire buoni risultati medi su larghi campioni ma è indubbiamente meno affidabile quando si vogliono valutare i consumi alimentari di singoli individui a causa di variazioni giornaliere a volte molto ampie. Al fine di prendere in considerazione la variabilità individuale della dieta (variazioni giornaliere, stagionali, festività), il recall può essere ripetuto nel tempo. L’intervistatore, coadiuvato da supporti visivi (modelli di alimenti, tazze, bicchieri, cucchiai, fotografie di piatti pronti, ecc.) chiede al soggetto di descrivere con precisione la giornata e tutto ciò che ha consumato nelle 24 ore precedenti per risalire alla quantità consumata di ogni alimento o bevanda. Inoltre si prendono informazioni sulla preparazione delle pietanze per risalire alla composizione e alla quantità dei vari ingredienti (Figura 2.5.1.1). Tale tecnica, per la sua spiccata componente soggettiva, può presentare limitazioni, introdurre errori sistematici e - se non rigorosamente applicata - comportare una grave diminuzione dell’attendibilità dei risultati. L’accuratezza dell’indagine dipende dall’abilità del rilevatore a far ricordare al soggetto ciò che ha mangiato e, ancor più, a stimare la grandezza delle porzioni. In letteratura esistono svariati studi, effettuati in diverse condizioni e su diversi gruppi di popolazione, con lo scopo di validare il metodo del recall (Bingham, 1987; Buzzard, 1998). Complessivamente, il recall tende a sottostimare i consumi alimentari di circa il 10%; le differenze tra l’assunzione energetica rilevata mediante indagini effettuate tramite il recall e quelle rilevate mediante tecniche più precise o comunque simultanee al consumo (in cui il fattore memoria non interferisce con 43 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale il consumo) variano da 0 al 19% e sono considerevolmente diverse tra gli individui (Karvetti & Knuts, 1985; Carter et al., 1981). Le differenze sono maggiori per i micronutrienti (Bingham, 1987; Turconi, 1993). In generale, i soggetti che consumano poco rispetto alla media tendono a sovrastimare i propri consumi, mentre quelli che mangiano di più tendono a sottostimarli. Tale fenomeno è stato denominato “flat slope syndrome” ed è riportata da molti autori (Buzzard, 1998). Considerando i consumi espressi come alimenti, esiste un’alta variabilità di errore. Alcuni studi evidenziano che le differenze percentuali di consumo di alimenti in alcuni casi sono molto elevate, in quanto i soggetti tendono: a ricordare alimenti che non hanno ingerito o viceversa ad omettere alimenti consumati. Nel primo caso il range varia da un massimo del 29% delle occasioni di consumo per lo zucchero ad un minimo del 3% per il pane; mentre nel caso dell’omissione di alimenti le differenze percentuali più elevate si riscontrano per i vegetali cotti, 50% di volte; uova 43%, dolciumi 34% e quelle più basse per il pesce e patate 5% (Karvetti & Knuts, 1985). Figura 2.5.1.1 - Esempio di questionario utilizzato per tecnica recall Fonte: Sette, 1999 Frequenza di consumo Con questa tecnica si valuta la frequenza di consumo di determinati alimenti, riferita ad un determinato periodo di tempo (settimana, mese, anno) per classificare gli individui di una popolazione, consumatori di determinati alimenti e/o nutrienti. Questo metodo è molto utilizzato in studi epidemiologici. Dati primari 44 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale E’ molto importante la costruzione del questionario di frequenza di consumo. Particolare attenzione deve essere focalizzata sulla scelta degli alimenti e sulla tipologia di frequenza richiesta. Per questa ragione il questionario di frequenza deve essere costruito, mediante una opportuna analisi statistica, a partire da una base di dati rilevata con precisione su un campione simile a quello che si vuole studiare (Willett, 1988). Il questionario, quindi, è composto da: a) una lista di alimenti, scelti in base all’obiettivo della ricerca, con numerosità adeguata, escludendo gli alimenti di scarso consumo che non permetterebbero di classificare i soggetti in base ai consumi stessi; tutto ciò, al fine di rendere il questionario più gestibile e preciso. b) una sezione con le risposte relative alle frequenze di consumo, nelle quali i soggetti indicano quanto spesso un determinato alimento viene consumato Come si vede nell’esempio riportato in Figura 2.5.1.2, ogni riga corrisponde ad un singolo alimento (es. pane bianco) o ad un gruppo di alimenti che hanno simile composizione chimica (es. crackers, grissini, ecc.). Queste righe sono raggruppate in categorie di alimenti (es. Cereali; Latte e derivati; Frutta; Ortaggi; ecc.; (Teufel, 1997). Al soggetto viene chiesto di valutare (per autocompilazione o mediante un’intervista) per ogni riga-alimento o la frequenza media di consumo (come assunzione abituale) o quella relativa ad uno specifico periodo (es. durante l’ultimo mese o anno). Figura 2.5.1.2 - Esempio di questionario per frequenza di consumo Fonte: Sette, 1999 45 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Il metodo della frequenza di consumo, che valuta la frequenza degli alimenti consumati, spesso è integrato con domande per stimare le quantità consumate dei vari cibi, facendo riferimento a modelli o porzioni medie (tazza, bicchiere, rosetta, fetta di pane, ecc...). Nella figura 2.5.1.3 è riportato un esempio di codifica delle unità di misure casalinghe con relativa descrizione. La frequenza di consumo è un buon metodo che consente di caratterizzare sottogruppi all’interno di una popolazione omogenea. Tale metodica è ampiamente utilizzata per studi epidemiologici che mettono in relazione la dieta con la prevalenza di malattie cronico-degenerative (cancro, malattie cardiovascolari) in quanto permette di valutare i consumi abituali, retrospettivi e relativi a lunghi periodi (anno, mese, ecc.) (Willett, 1988). Molti autori hanno sviluppato questionari abbreviati (con un minor numero di alimenti), in grado di classificare i soggetti secondo il loro consumo alimentare, nel modo più efficiente ed economico, riproducendo al meglio la variabilità di consumo. Data la specificità della dieta italiana i questionari sviluppati in altri Paesi non possono essere trasferiti come tali alla nostra realtà, ma è stato tuttavia possibile elaborare e validare questionari di frequenza abbreviati idonei e mirati alla realtà italiana (Trevisan et al., 1992) (Ferraroni, 1993). La costruzione del questionario ridotto deve essere progettata inserendo quegli alimenti che maggiormente contribuiscono all’apporto del nutriente che si vuole indagare e alla sua variabilità inter-individuale. Figura 2.5.1.3 - Unità di misura casalinghe Fonte: Sette, 1999 Dati primari 46 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 2.5.2 Fonti di errore Caratteristiche dell’intervistatore Sia per il recall che per la frequenza di consumo non è da sottovalutare l’importanza dell’abilità dell’intervistatore, che deve avere molta esperienza e buon livello di addestramento. L’intervistatore deve mettere a proprio agio il soggetto e spiegare chiaramente gli scopi dell’intervista: deve aiutare a ricordare i consumi con domande semplici e precise; deve aiutare a precisare le quantità fornendo modelli ed esempi (fotografie, bicchieri, ecc.) e deve avere una chiara idea della grandezza delle porzioni mediamente consumate. Inoltre deve conoscere le abitudini, i menù locali e le ricette più comuni. Non deve influenzare o dare l’impressione di dubitare delle risposte. Deve posticipare ogni commento al termine dell’intervista o del periodo di studio per non interferire con l’indagine. Il ruolo dell’intervistatore è importantissimo ai fini della buona riuscita dell’indagine e della qualità dei dati, infatti deve essere abile ad individuare possibili imprecisioni e/o errori con discrezione, utilizzando anche domande incrociate “trabocchetto” per ottenere la corretta informazione sul consumo degli alimenti. Da alcuni studi è emerso che il soggetto intervistato da differenti intervistatori può dare risposte diverse (Bingham, 1987); è pertanto indispensabile, prima della fase esecutiva di una indagine alimentare, standardizzare la procedura dell’intervista ed effettuare prove di ripetibilità del metodo sui soggetti. Età e sesso dei soggetti L’età dei soggetti in studio è un fattore molto importante da tenere in considerazione ai fini della scelta del metodo da utilizzarsi per l’indagine stessa. Sia per gli anziani che per i bambini sono stati effettuati numerosi studi di convalida per misurare le capacità di ricordo. Non sempre i risultati sono concordanti, anche se il ricordo dei bambini si ritiene sia meno accurato e talvolta inventato. L’anziano si sa, è meno abile, rispetto all’adulto, nella capacità di ricordare, anche in questo caso i risultati di studi di validazione sono differenti. Nella valutazione dei propri consumi sembra che gli anziani tendano a sovrastimare i piccoli consumi, mentre grandi quantità di alimenti tendono a essere sottostimate. Esiste una differenza nell’accuratezza delle risposte legata al sesso. Tradizionalmente è evidente che le donne sono più coinvolte, rispetto agli uomini, nell’acquisto degli alimenti e nella preparazione dei pasti, rendendo quindi più facile anche l’identificazione delle dimensioni e dei pesi delle porzioni. Non tutti i dati comunque confermano l’ipotesi che le donne registrino più accuratamente i loro consumi. Durata dell’indagine e dimensione del campione La variazione giornaliera dei consumi alimentari è molto grande e l’ampiezza varia in relazione al nutriente in esame. Misure di consumi alimentari basate su un singolo giorno o su un piccolo campione di individui mediante il diario alimentare o il recall delle 24h possono dare una stima discreta del valore medio per il gruppo di popolazione, ma la deviazione standard ottenuta è più elevata di quella risultante nel lungo periodo. Di conseguenza, misure di associazione in studi epidemiologici, come coefficienti di regressione e correlazione danno risposte molto deboli, tanto da non essere rilevati e compromettere la validità del risultato (Willett, 1988). Un singolo giorno dà una stima non corretta della reale assunzione di alimenti o nutrienti di un individuo, ma può essere migliorata usando un valore medio derivante dalla registrazione dei consumi di più giorni ripetuti sulla stessa persona. Il numero di giorni 47 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale necessari per ottenere un buon risultato dipende sia dal grado di precisione desiderata che dalla variabilità dell’alimento o nutriente. Inoltre, la dimensione del campione e la durata dell’indagine sono due parametri interdipendenti per valutare il consumo medio di popolazione: per esempio, un singolo giorno di registrazione può essere sufficiente se la misura del campione (numero degli individui) è sufficientemente grande per determinare ad esempio l’assunzione media dei grassi totali in definiti sottogruppi di popolazione (Buzzard, 1998). Se lo scopo richiede la stima della distribuzione delle assunzioni individuali all’interno del gruppo, è necessario raccogliere più di un giorno per individuo; ad es. nel caso della determinazione di gruppi di soggetti a rischio per una assunzione non adeguata di un dato nutriente (Leclercq, 1999). Più il periodo dell’indagine è lungo, più la distribuzione degli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali. Comunque, come risulta dai dati di letteratura, per ottenere un buon risultato a livello individuale, 7 giorni sono sufficienti per stimare i consumi di energia e macronutrienti, ma almeno 14 giorni sono necessari per vitamine, minerali e fibra. La variabilità giornaliera è del 4-45% per l’energia e del 9-52% per le proteine (Turconi, 1993). Le variazioni da una settimana all’altra sono minori di quelle da un giorno all’altro; studi in letteratura mettono in evidenza anche differenze stagionali. La variabilità è più alta per apporti di vitamine, minerali, colesterolo, fibra e alimenti in generale rispetto a quella per i macronutrienti, dovuta in parte alla scarsa frequenza con cui alcuni alimenti vengono assunti. Fattori psicologici - peso corporeo Tra i fattori psicologici che influenzano la risposta della valutazione dei consumi alimentari, comportando perdita di precisione ed accuratezza, il peso corporeo riveste sicuramente un ruolo molto importante: persone obese tendono a sottostimare i propri consumi, diminuendo la grandezza delle porzioni e omettendo il consumo di alcuni alimenti (Turconi, 1993; Lafay et al., 1997). Traduzione in principi nutritivi Nella fase elaborativa esiste la possibilità di errori che possono compromettere l’attendibilità dei risultati delle indagini. Spesso il consumo di alimenti è riportato approssimativamente attraverso il numero e le dimensioni delle porzioni espresse in misure casalinghe, quindi la componente soggettiva da parte dell’operatore che traduce la quantità in grammi va ridotta al minimo (Slimani et al., 1999). Lo stesso problema si riscontra nell’attribuire, per similitudine, una composizione in nutrienti ad alimenti non contemplati nelle tabelle di composizione. Studi condotti per valutare l’entità di questi errori, nell’elaborazione di una stessa scheda dietetica, hanno riscontrato differenze significative da rilevatore a rilevatore, con un coefficiente di variazione nella stima dell’assunzione giornaliera che varia dal 3% per proteine al 17% per il rapporto grassi polinsaturi/grassi saturi (Bingham, 1987). La traduzione in energia e nutrienti viene effettuata mediante l’uso di tabelle di composizione degli alimenti. Si deve considerare che i contenuti in nutrienti delle tabelle sono dati medi che non tengono conto delle variazioni derivanti, sia nei prodotti animali che in quelli vegetali, dalla diversa composizione del terreno o mangime, dal grado di maturazione o età dell’animale, da differenze climatiche o di altro genere; le tabelle si riferiscono per la maggior parte ad alimenti a crudo, per tale ragione il valore di alcuni nutrienti, in particolare quello delle vitamine, può non rispecchiare l’effettivo contenuto negli alimenti consumati dopo cottura (Tabella 2.5.2.1). Tuttavia, nell’ultima edizione delle Tabelle di Composizione degli Alimenti dell’INRAN, edizione 2000, (Carnovale & Marletta, 2000) è stata inclusa la composizione di alimenti cotti e di alimenti industriali o artigianali che hanno subito processi di conservazione. Dati primari 48 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Le tabelle di composizione utilizzate per la traduzione in principi nutritivi sono determinanti agli effetti della validità dei risultati. In base alle esigenze e allo scopo dello studio, devono quindi essere revisionate, ampliate con la composizione degli alimenti locali e conseguentemente completate per tutte le voci necessarie ai fini dell’inchiesta stessa (acidi grassi, colesterolo, ecc.) Ciò può essere fatto sia utilizzando valori ricavati da tabelle di altri paesi con precisi criteri, sia campionando localmente e analizzando gli alimenti di cui non si conosce la composizione. Negli ultimi anni sono stati sviluppati programmi informatici per la traduzione dei consumi alimentari da alimenti a nutrienti per ottenere dati più attendibili, per facilitare le procedure di elaborazione e per ridurre i tempi dell’elaborazione stessa. In particolare nell’ambito di uno studio multicentrico europeo è stato utilizzato un software (Slimani et al., 1999) per la standardizzazione del recall delle 24h e per la traduzione da alimenti e porzioni in nutrienti. Un programma computerizzato è stato sviluppato anche in Italia, per la realizzazione dell’indagine alimentare INRAN-RM-2001 (Leclercq et al., 2002) svolta nell’ambito del progetto europeo “Montecarlo”. Il software permette l’inserimento del diario alimentare, così come riportato dal soggetto in unità di misure casalinghe, su supporto magnetico (Le Donne et al., 2002). Il programma prevede la contemporanea codifica e la quantificazione automatica di ogni alimento mediante l’uso di banche dati contenenti informazioni sia sui singoli alimenti, che sulla composizione di piatti compositi (ingredienti di ricette), prevede inoltre la traduzione da misure casalinghe (tazze, bicchieri, cucchiai, unità, porzioni piccole, medie e grandi, ecc.) in quantità espressa in grammi1. Questi software per l’inserimento dati ed elaborazione delle indagini alimentari, permettono di ridurre al minimo gli errori dovuti ad interpretazioni soggettive ed arbitrarie da parte del rilevatore. Tabella 2.5.2.1 - Composizione in vitamine di alcuni alimenti Fonte: Carnovale & Marletta, 2000 1. Per informazioni in proposito, consultare il sito internet www.inran.it/Ricerca/rischioalimentare o chiedere informazioni all’indirizzo e-mail [email protected] 49 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezza della dieta in una popolazione Nei Paesi industrializzati le carenze nutrizionali sono spesso di natura sub-clinica, vale a dire senza che segni clinici permettano di identificarle. Servono quindi strumenti sensibili per misurare l’adeguatezza della dieta. In alcuni casi si possono usare marcatori biochimici dell’apporto dietetico, ad esempio l’escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore è un indicatore dell’ingestione di sodio nella dieta, i livelli plasmatici di ascorbato sono un indicatore dell’ingestione di vitamina C, ecc… Marcatori biochimici sono stati però sviluppati e validati solo per un numero limitato di nutrienti e la loro misura non è sempre possibile su campioni rappresentativi della popolazione. L’utilizzo dei dati di un’indagine alimentare permette invece di stimare l’assunzione di un numero molto elevato di nutrienti. Ciò permette, inoltre, di individuare situazioni di ingestione eccessiva di alcuni nutrienti o di squilibrio della dieta in termini di macronutrienti o di energia. La valutazione dell’adeguatezza della dieta mediante indagine alimentare può apparire concettualmente facile. I consumi alimentari permettono di stimare i livelli di ingestione dei vari nutrienti che vanno poi confrontati con i relativi fabbisogni. Una situazione di carenza, e quindi di inadeguatezza della dieta, viene evidenziata da livelli di assunzione abituali inferiori al fabbisogno. In realtà il problema è molto più complesso di quanto non sembri in prima analisi, poiché non si dispone generalmente né dell’apporto abituale con la dieta (bensì di una stima più o meno precisa dell’apporto osservato nei soli giorni d’indagine alimentare), né del fabbisogno di ogni individuo (bensì di una stima del fabbisogno medio nella popolazione o del livello di assunzione raccomandato). 2.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e qualità dei dati rilevati Una delle difficoltà nell’ottenere stime dei livelli di ingestione abituale deriva dall’elevata variabilità intra-individuale (da giorno a giorno nello stesso soggetto) dei consumi alimentari. Tale variabilità è particolarmente elevata per i nutrienti che sono distribuiti in modo disomogeneo nei vari alimenti. Un esempio caratteristico è quello della vitamina A. Il contenuto di vitamina A nel fegato di bovino/suino è elevatissimo: da 11.000 a 37.000 Retinolo Equivalenti (R.E.) / 100 g, rispetto ai valori molto bassi (tracce) riscontrati nelle altre carni (Carnovale & Marletta, 1997). Il consumo di una porzione di fegato in un giorno d’indagine crea una fortissima variabilità intra-individuale. Se l’indagine dura una sola giornata, i soggetti che hanno consumato fegato durante il giorno della registrazione avranno un apporto osservato di vitamina A elevatissimo. I soggetti che invece nel giorno d’indagine avranno consumato solo carne e cereali senza nessun alimento fonte di vitamina A (come frutta, verdure, uova, latte e derivati) avranno un apporto osservato pressoché nullo. La distribuzione osservata degli apporti sarà quindi molto larga. La figura 2.6.1.1 illustra come aumentando il numero di giorni d’indagine, diminuisca la variabilità e quindi la distribuzione degli apporti osservati diventa più stretta e con una minore prevalenza di apporti sia molto bassi che molto elevati. Più giorni dura l’indagine più la distribuzione degli apporti osservati si avvicina alla distribuzione degli apporti abituali. L’utilizzo di una distribuzione di apporti osservata in un solo giorno d’indagine porta quindi a sovrastimare la percentuale di popolazione con livelli di ingestione in eccesso e in difetto. Aumentando il numero di giorni d’indagine si riduce l’entità di questa sovrastima. Più la variabilità intra-individuale degli apporti di un nutriente è elevata, maggiore è il numero di giorni necessari per ottenere una distribuzione degli apporti abituali. Un’alternativa può essere quella di realizzare indagini brevi e poi di correggere la distribuzione degli apporti, avendo a disposizione una stima della variabilità intra-individuale degli apporti per i nutrienti d’interesse (National Research Council, 1986). Dati primari 50 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Prima di utilizzare i dati di un indagine alimentare per valutare l’adeguatezza della dieta è fondamentale controllare la qualità dei dati ed in particolare assicurarsi che non ci sia stata una sottostima consistente dei livelli di assunzione. Due cause importanti di sottostima possono essere 1) la presenza di dati mancanti nelle Tabella di Composizione utilizzate per l’elaborazione dei dati e 2) la sottostima dei consumi da parte dei soggetti d’indagine. E’ quindi fondamentale effettuare un controllo su questi due aspetti prima di interpretare i risultati dell’indagine. Per potere controllare la presenza di dati mancanti, occorre avere a disposizione la Tabella di Composizione degli Alimenti utilizzata. Per l’elaborazione dei dati d’indagine non è quindi auspicabile l’utilizzo di un software che non permetta l’accesso alla banca dati di composizione degli alimenti utilizzata. La presenza di dati mancanti va controllata, specie per gli alimenti che potenzialmente possono essere una fonte principale di assunzione dei nutrienti d’interesse. Per questo abbiamo controllato nelle Tabelle di Composizione dell’Istituto Nazionale della Nutrizione (Carnovale & Marletta, 1997) la presenza del dato relativo al ferro nelle carni fresche e trasformate. Il dato manca per il prosciutto crudo di Parma e San Daniele mentre sono ambedue ricchi di ferro. Potrebbero essere consumati regolarmente da alcuni soggetti ed essere quindi per loro una fonte importante di ferro. La dieta di questi soggetti potrebbe quindi risultare erroneamente carente in ferro. E’ quindi auspicabile l’utilizzo di banche dati i cui valori mancanti siano stati completati per analogia con altri alimenti o sulla base di altre tabelle di composizione. E’ disponibile una banca dati di questo tipo per l’Italia (Salvini et al., 1998). Per quel che riguarda la sottostima dei consumi da parte dei soggetti, questa è molto frequente nei soggetti obesi per motivi di ordine psicologico, ma può avvenire in qualunque gruppo di popolazione se i soggetti non sono abbastanza motivati o abbastanza seguiti: il consumo di alcuni alimenti può non essere riportato per dimenticanza o per scarso interesse (vedi paragrafo 2.5.2). Figura 2.6.1.1. - Effetto della variabilità intraindividuale sulla distribuzione degli apporti osservati % di soggetti Media Apporto abituale riferito ad un lungo periodo Apporto misurato con un solo giorno di indagine Apporto eccessivo Apporto insufficiente Apporto 51 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale L’OMS suggerisce un metodo per evidenziare sottostime grossolane (World Health Organization, 1985). Il rapporto tra il contenuto energetico (EI) medio della dieta di un gruppo di popolazione e il suo Metabolismo Basale (MB) medio dovrebbe essere compreso tra 1,5 e 2,1. Secondo l’OMS, un rapporto tra apporto medio di energia osservato e metabolismo di base calcolato (EI/MB) inferiore a 1,27 come media del gruppo di popolazione è indicativo di sottostime grossolane dei consumi. In questo caso i dati di consumo rilevati non possono essere utilizzati per stimare l’adeguatezza della dieta. Il metabolismo basale medio del gruppo di popolazione può essere calcolato a partire dalle equazioni di Schofield riportate anche nei LARN Italiani (SINU, 1996) conoscendo il sesso, l’età media e il peso medio dei soggetti. In un articolo di Goldberg et al. (Goldberg et al., 1991) vengono riportati livelli soglia più specifici da utilizzare a secondo della numerosità della popolazione. 2.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli di assunzione raccomandati Esiste una variabilità dei fabbisogni anche nell’ambito di una ristretta classe di età e sesso. Uno stesso livello di apporto può essere adeguato per alcuni soggetti (che hanno un fabbisogno basso), ma insufficiente per altri soggetti (che hanno un fabbisogno elevato). Un esempio caratteristico è quello del fabbisogno di ferro nelle donne in età fertile. Un apporto di ferro di 12 mg al giorno può essere adeguato per una donna con perdite mestruali contenute, ma insufficiente per una donna con perdite abbondanti. In questo caso la zona di sovrapposizione tra apporti adeguati e inadeguati è molto larga e risulta quindi difficile definire una soglia di apporto al di sopra della quale è garantita l’adeguatezza della dieta. Per questo motivo la misura dell’apporto permette solo di stimare la probabilità che l’apporto sia più o meno sufficiente. Di conseguenza, nella donna in età fertile, mentre al di sotto di una certo apporto di ferro la probabilità che questo sia insufficiente è 100, è difficile stabilire un livello di apporto di ferro al di sopra del quale viene garantita la sua adeguatezza. Per alcuni nutrienti, oltre al rischio di carenza, può esserci un rischio di assunzione eccessiva con la dieta. La figura 2.6.2.1 riporta il tipo di curva che mette in relazione il Figura 2.6.2.1 - Probabilità che un livello di apporto osservato sia insufficiente o in eccesso. APPORTO ECCESSIVO INTERVALLO DI SICUREZZA Rischio di eccesso Rischio di inadeguatezza LIVELLI DI ASSUNZIONE RACCOMANDATO Livello di apporto osservato Nota: Esiste una variabilità individuale, sia nel fabbisogno minimo (da cui la stima del rischio di inadeguatezza) che nella capacità di tollerare apporti eccessivi (da cui la stima del rischio di eccesso). L’intervallo di sicurezza è un intervallo di apporti nel quale sia la probabilità di eccesso che quella di inadeguatezza sono basse. Fonte: modificato da National Research Council, 1986 Dati primari 52 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale livello di apporto con il rischio sia di eccesso che di inadeguatezza. Sulla base di queste due curve può essere stabilito l’intervallo di sicurezza nell’ambito del quale è minimo sia il rischio di eccesso che il rischio di inadeguatezza (World Health Organization, 1990). Esiste una variabilità dei fabbisogni degli individui anche per l’energia. Tuttavia, nel caso dell’energia il rischio per la salute aumenta anche se l’apporto giornaliero si discosta di pochissimo in eccesso (obesità) o in difetto (malnutrizione). Per l’energia, si definisce quindi solo il fabbisogno medio, senza stabilire un apporto raccomandato. Nel caso invece di nutrienti essenziali, viene usato un approccio conservativo poiché i rischi per la salute sono maggiormente legati ad una carenza che non ad un eccesso (Commission of the European Communities, 1993; SINU, 1996). Per definizione, i livelli raccomandati in nutrienti essenziali coprono (cioè superano) i fabbisogni del 97,5% della popolazione (media più due deviazioni standard), allo scopo di assicurare un margine di sicurezza (Figura 2.6.2.2). Figura 2.6.2.2 - Confronto tra due approcci: approccio conservativo per la definizione di un livello raccomandato di un nutriente e approccio normativo per la stima del fabbisogno medio energetico. % di soggetti Fabbisogno medio in energia % di soggetti Livelli di assunzione raccomandato per il nutriente Fabbisogno in energia Fabbisogno per un nutriente Nota: Si ipotizzano distribuzioni normali dei fabbisogni nella popolazione. Fonte: modificato da Gibson, 1993 2.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare l’adeguatezza della dieta Proprio per via del margine di sicurezza prima menzionato, è un errore confrontare direttamente i livelli di assunzione di un individuo o di una popolazione con il livello raccomandato in un dato nutriente (Department of Health, 1991; Institute of Medicine, 2000) 53 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale (Leclercq, 1999). Il livello raccomandato non può essere utilizzato come livello soglia per classificare i soggetti in “carenti” e “non carenti”. Infatti, mentre i soggetti con livelli di assunzione in un dato nutriente superiori al livello raccomandato possono essere considerati “non carenti” con una buona probabilità (97,5%), non si possono invece considerare “carenti” tutti i soggetti i cui livelli di assunzione sono inferiori ai livelli raccomandati. Si sovrastimerebbe così di molto la percentuale di popolazione realmente carente. Nel caso non si disponga di informazioni precise circa i fabbisogni, una soluzione può essere quella di utilizzare come limite i 2/3 del livello di assunzione raccomandato. Viene arbitrariamente classificato carente qualunque soggetto i cui livelli di apporto siano inferiori a questa soglia. Un esempio di utilizzo di questo metodo si trova nel lavoro di Scaccini et al. (Scaccini et al., 1992). Per quanto riguarda invece l’adeguatezza del contenuto in energia della dieta, non può essere stabilita solo sulla base della misura degli apporti, ma è necessaria una stima sufficientemente precisa del fabbisogno energetico dei soggetti in esame. 2.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza della dieta (metodo probabilistico) Il metodo probabilistico può essere applicato per stimare la probabilità che l’apporto osservato sia inferiore al fabbisogno di un singolo soggetto. E’ più utile però applicarlo a gruppi di popolazione per stimare la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Tale proporzione viene utilizzata come “proxy” della prevalenza della carenza. Praticamente il metodo consiste nel moltiplicare la percentuale di popolazione in ogni intervallo di apporto per la probabilità che tale apporto sia inadeguato. Sommando le varie percentuali così calcolate, si ottiene la percentuale di popolazione a rischio di carenza. Nella tabella 2.6.4.1 il metodo viene esemplificato. Dati primari 54 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 2.6.4.1 - Stima della proporzione di uomini adulti i cui apporti di proteine sono inferiori ai rispettivi fabbisogni: un’applicazione del metodo probabilistico (1) La distribuzione degli apporti in proteine è rappresentata dalla percentuale di popolazione in 10 intervalli stabiliti arbitrariamente. (2) In ognuno degli intervalli stabiliti, si calcola lo z score del punto centrale rispetto alla distribuzione dei fabbisogni: z = punto centrale – fabbisogno medio/deviazione standard. Nell’esempio: fabbisogno medio = 42; deviazione standard = 6,3. (3) La probabilità di inadeguatezza in ogni intervallo è data dall’area a destra del valore z nella distribuzione normale standardizzata. (4) Per ogni intervallo la percentuale di popolazione viene moltiplicata per la probabilità di inadeguatezza. Sommando le varie prevalenze ottenute si arriva alla stima della prevalenza di inadeguatezza nell’insieme della popolazione. Fonte: modificato da National Research Council, 1986 55 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Inoltre, questo metodo viene illustrato dettagliatamente in un volume, pubblicato insieme ai Dietary Reference Intakes (DRI) americani (equivalente dei nostri LARN), interamente dedicato all’utilizzo dei DRI per la valutazione della dieta (Institute of Medicine, 2000). Il metodo viene illustrato graficamente nella figura 2.6.4.1. Figura 2.6.4.1 - Area di sovrapposizione tra la curva di rischio di inadeguatezza e la curva di distribuzione degli apporti abituali. Nota: Nell’esempio, l’assunzione media (115 unità) è lievemente più alta del fabbisogno medio (100 unità). La curva di rischio e la distribuzione di assunzione abituale si sovrappongono in maniera significativa. La percentuale di individui a rischio di inadeguatezza (area scura) al livello dell’assunzione media è di circa il 25%. Il rischio di inadeguatezza aumenta man mano che l’assunzione si avvicina al fabbisogno medio. Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000 Per applicare il metodo probabilistico è necessario conoscere il fabbisogno medio per il nutriente d’interesse ed avere informazioni sulla forma della curva di distribuzione dei fabbisogni nel gruppo di popolazione oggetto di studio. Se non si conosce la distribuzione dei fabbisogni si può in prima analisi fare l’ipotesi di una distribuzione normale con una deviazione standard pari al 15% della media. Il risultato non varia molto con la stima della variabilità dei fabbisogni. Va invece presa in considerazione la forma della curva specialmente se la distribuzione dei fabbisogni è molto larga, come nel caso del ferro nella donna in età fertile. Per potere applicare questo metodo si deve inoltre fare l’ipotesi che gli apporti osservati in un individuo abbiano una bassa correlazione con il fabbisogno di quell’individuo (quest’ipotesi non è valida per quanto riguarda l’energia). Nel caso in cui i fabbisogni e gli apporti variano con uno stesso parametro, quale ad esempio il peso corporeo, è necessario esprimere entrambi in funzione di questo parametro (/ kg p.c.) prima di effettuare l’analisi (Department of Health, 1991). Il metodo probabilistico non permette di identificare singolarmente i soggetti carenti, ma presenta il notevole vantaggio di evitare le forti sottostime e/o sovrastime alle quali si va incontro utilizzando dei valori soglia di apporto arbitrari per identificare i soggetti carenti. Purtroppo non viene molto utilizzato anche perché non è ancora stato sviluppato Dati primari 56 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale uno software che permetta facilmente sia di verificare che le ipotesi alla base del metodo siano verificate sia di effettuare la stima probabilistica (Institute of Medicine, 2000). In compenso, una versione semplificata del metodo probabilistico è stata sviluppata: l’”Estimated Average Requirement (EAR) cut-point method”. Questo metodo può essere applicato se la distribuzione dei fabbisogni è simmetrica intorno al fabbisogno medio e se la variabilità degli apporti è più elevata della variabilità dei fabbisogni. In queste condizioni, è stato dimostrato che la prevalenza di soggetti carenti è molto ben stimata dalla proporzione di soggetti i cui apporti sono inferiori al fabbisogno medio che viene quindi utilizzato come livello soglia (Institute of Medicine, 2000). In questo modo non c’è quindi bisogno di conoscere la variabilità dei fabbisogni. La figura 2.6.4.2 illustra graficamente il metodo. In conclusione esistono dei requisiti minimi di qualità dei dati di consumo e dei dati di composizione degli alimenti consumati affinché un’indagine alimentare permetta di stimare la prevalenza di carenze in nutrienti. Inoltre, vanno utilizzate metodologie appropriate e sono necessarie informazioni sia sulla variabilità intra-individuale dei consumi che sulla variabilità inter-individuale dei fabbisogni per potere interpretare correttamente i dati. Figura 2.6.4.2 - La versione semplificata del metodo probabilistico: il metodo del livello soglia”. L’area scura rappresenta il sottogruppo di individui per i quali l’assunzione è inferiore al fabbisogno medio, l’area in chiaro invece rappresenta la parte di individui con una assunzione abituale superiore al fabbisogno. Fonte: modificato da Institute of Medicine, 2000 57 Dati primari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia Andres R (1985): Mortality and obesity: the rationale for age-specific height-weight tables. In: Principles of geriatric medicine., eds. Anrdes R., Bierman EL, Hazzard WR. New York: McGraw-Hill. Barlow SE & Dietz WH (1998): Obesity evaluation and treatment: Expert Committee recommendations. The Maternal and Child Health Bureau, Health Resources and Services Administration and the Department of Health and Human Services. Pediatrics. 102, (3), E29. Bellizzi MC & Dietz WH (1999): Workshop on childhood obesity: summary of the discussion. Am J Clin Nutr. 70, (1), 173S-5S. 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Questi dati non sono sempre coerenti con gli obiettivi del sistema, né sono omogenei o esaurienti. • Un’attenta valutazione della qualità dei dati è necessaria prima del loro uso all’interno di un sistema informativo. Devono essere presi in considerazione gli aspetti tecnici della raccolta (periodicità, livello di aggregazione, dimensioni dell’area di osservazione) e gli aspetti qualitativi della raccolta (sensibilità, specificità, accuratezza). • Con questo sistema, l’acquisizione dei dati può essere fatta in modo relativamente rapido e con costi limitati. I dati possono essere corretti e ottimizzati e così fornire risultati di precisione in qualche modo comparabili con quelli ottenuti usando dati primari. • Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di dati secondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente dai Food Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS). In Italia fonti di dati secondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio dietetico sono banche dati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delle Famiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini Multiscopo ISTAT, gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA), ricerche di mercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc). • Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che forniscono informazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono le schede di morte, le schede di dimissione ospedaliera (SDO), il sistema informativo sanitario (SIS) del Ministero della Salute, le liste di esenzione ticket, il registro dei farmaci, le rilevazioni relative al rinnovo delle patenti. Ulteriori informazioni in area sanitaria possono essere derivate dalle cartelle cliniche dei medici di medicina generale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonché da dati dei laboratori di analisi. Un’alternativa alla raccolta di dati primari è la sorveglianza nutrizionale basata sui dati secondari, ossia su dati già raccolti per altri scopi. Oltre a permettere un notevole risparmio di risorse, questo esercizio ha lo scopo di potenziare e migliorare al massimo la qualità dei dati già raccolti che sono spesso un patrimonio sotto-utilizzato. In questo caso le finalità sono puramente di sorveglianza, dal momento che le relazioni tra patologie e fattori di rischio sono stabilite a priori. Si tratta di creare un flusso di informazioni a partire da fonti di dati secondari relative al rischio dietetico, agli stati pre-clinici e alla mortalità e morbosità per le malattie scelte. 3.1 Analisi e selezione dei dati Un momento estremamente delicato nella progettazione di un sistema informativo è rappresentato, dall’analisi, dalla valutazione e dalla selezione di dati utili per definire lo 65 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale stato di salute della popolazione. Per utilizzare al meglio i dati secondari è necessario assicurarsi che la matrice su cui si intende operare sia pertinente e che le diverse variabili siano codificabili in modo omogeneo; si deve accertare la possibilità di accesso alle fonti dei dati, quindi la loro reperibilità, la loro rilevanza ai fini del problema e la coerenza con gli obiettivi dello studio (Rizzi, 1987). Nella raccolta dei dati secondari bisogna considerare gli aspetti tecnici: • struttura o Ente responsabile del rilevamento; • periodicità della rilevazione; • livello di aggregazione (familiare, regionale, nazionale); • dimensioni dell’area di osservazione (rilevazione parziale, generale o a campione); • serie storica disponibile; • sistema di registrazione delle informazioni (cartaceo, elettronico). e gli aspetti qualitativi: • sensibilità (capacità di registrare piccole variazioni nella risposta di una variabile alla modificazione di un’altra variabile ad essa correlata); • specificità (capacità di rilevare la risposta di una specifica variabile ad un fenomeno); • accuratezza (completezza, standardizzazione, dettaglio nella classificazione e livello di codifica, criteri di stima di variabili derivate1); • precisione (capacità di misurare correttamente il valore di una variabile); • rappresentatività statistica (precisione delle stime). Nella istituzione di un sistema di sorveglianza nutrizionale, la scelta di ricorrere alla raccolta di dati secondari è dettata da numerose considerazioni di ordine pratico. Innanzi tutto la realizzazione di indagini primarie, soprattutto di tipo biochimico, risulta estremamente costosa o non realizzabile su vasta scala, per cui gli elevati investimenti richiesti potrebbero essere utilizzati in altro modo. Inoltre, i dati secondari sono ampiamente disponibili, possono essere acquisiti in modo abbastanza rapido, e possono essere soggetti a correzioni ed ottimizzazioni. Tuttavia, questi dati non sono sempre coerenti con gli obiettivi del sistema, non sono esaurienti, né omogenei, viste le differenti fonti da cui provengono. Si deve cercare, dunque, di incrociare banche dati di provenienza diversa, associando fonti di dati continuative con rilevazioni occasionali, allo scopo di potenziare e rendere i dati più omogenei. Oltre a ciò, la disponibilità di dati statistici da diverse fonti può essere di aiuto nell’interpretazione dei risultati ottenuti con indagini sul campo e nella costruzione di un sistema integrato. Infatti, anche realizzando rilevazioni con dati primari si fa ricorso a informazioni derivanti da dati secondari. Per fare due semplici esempi, si consideri un caso di campionamento e un caso di definizione degli obiettivi. In riferimento al primo, per ottenere un campionamento rappresentativo occorre conoscere la struttura socio-economico e demografica dell’area di appartenenza e i dati possono essere disponibili nelle statistiche fornite dalle Istituzioni locali. Considerando il secondo, di fronte a più aspetti da studiare e in presenza di risorse limitate (budget, tempo, personale, ecc…) la scala di priorità può essere stabilita in base ad un’analisi dei dati su patologie, mortalità, ecc... 1. es. calcolo dell’età (anni, mesi, ecc.), dell’indice di Massa Corporea. Dati secondari 66 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 3.2 Fonti di dati Per quanto riguarda gli studi di sorveglianza nutrizionale basati sulla raccolta di dati secondari, le banche dati utilizzate in Europa sono rappresentate principalmente dai Food Balance Sheets (FBS) e dalle Household Surveys (HHS). I FBS sono ormai raccolti e pubblicati dalla maggior parte dei Paesi Europei, e forniscono informazioni sulle disponibilità alimentari per il consumo individuale, a livello nazionale. La preparazione e la distribuzione dei FBS ai diversi paesi è stata effettuata negli anni ‘40 dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO), e la stessa attività viene svolta dalla Organization for Economic Cooperation and Development (OECD). Nel 1971 la FAO ha reso questi dati disponibili includendoli nel sistema statistico di dati chiamato “Interlink Computer Storage and Processing System of Food and Agricultural Commodity Data” (ICS), che fornisce informazioni sulla produzione primaria, sulla pesca e su 380 prodotti trasformati di circa 200 paesi. E’ interessante notare che sia i singoli paesi che le organizzazioni internazionali utilizzano la stessa procedura generale nella preparazione dei FBS. Il manuale pubblicato dalla FAO nel 1949 ha senza dubbio contribuito a questa uniformità. La procedura è basata sul concetto che la quantità totale annua di cibo prodotto in un determinato paese, aggiunta alla quantità totale importata e aggiustata per cambiamenti negli stocks, dà la fornitura totale disponibile. Sottraendo da questo totale la quantità esportata, quella delle scorte, quella utilizzata per la manifattura e quella persa durante lo stoccaggio ed il trasporto, si ottiene la quantità disponibile per il consumo umano. La quantità di cibo disponibile per il consumo individuale viene calcolata dividendo per la popolazione totale. Gli svantaggi nell’utilizzare i FBS per studi di sorveglianza nutrizionale sono dovuti al fatto che i dati sulla disponibilità di cibo pro-capite sono alquanto approssimativi; inoltre, spesso si ha una sovrastima sul reale apporto nutritivo e non si hanno informazioni sulla distribuzione degli alimenti. In più, questi dati provengono da una varietà di fonti, la cui qualità può variare consistentemente. Pertanto, essi devono essere utilizzati con cautela. L’altra fonte di dati è costituita dalle Household Surveys (o inchieste familiari), generalmente condotte dagli enti statistici nazionali di 18 paesi europei: Austria, Belgio, Cipro, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Regno Unito, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo e Svezia. Le inchieste sui consumi familiari si distinguono in Household Budget Surveys (HHBS) e Household Food Consumption Surveys (inchieste sui consumi familiari). In Europa le inchieste del primo tipo vengono condotte più frequentemente. Francia, Italia, Olanda, Svezia e Regno Unito sono gli unici paesi europei a condurre le Household Food Consumption Surveys, e tra questi solo il Regno Unito le sta effettuando su base annuale. Attualmente in Gran Bretagna questi sistemi di sorveglianza vengono condotti continuamente dal 1940. Uno dei limiti delle inchieste sui consumi familiari consiste nel fatto che la disponibilità alimentare viene in realtà registrata come approvvigionamento; in molti paesi, inoltre, non si considerano lo stoccaggio, le perdite e il deterioramento. Frequentemente non sono disponibili informazioni su alimenti consumati fuori casa. Le indagini non vengono effettuate in modo continuativo avendo una periodicità compresa tra 1 e 7 anni. Nonostante ciò, al momento le HHBS rappresentano la fonte dati più importante ed utilizzata dei paesi industrializzati, in quanto sono basate su campioni familiari rappre- 67 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale sentativi della popolazione, permettono di descrivere la distribuzione del rischio alimentare riferito a fattori socio-economici e geografici, e consentono di identificare modelli di consumi alimentari associati a un rischio particolarmente elevato o basso. Le principali fonti di dati secondari rilevati in Italia in area sanitaria che forniscono informazioni su indicatori di esito e indicatori di stato pre-clinico sono: • banche dati istituzionali, con rilevazione continuativa su tutto il territorio nazionale. Forniscono indicazioni generali sullo stato sanitario della popolazione italiana e consentono di valutare l’andamento nel tempo di alcuni indicatori di mortalità e di morbosità: schede di morte, schede di dimissione ospedaliera (SDO), sistema informativo sanitario (SIS) del Ministero della Salute, liste di esenzione ticket, registro dei farmaci, rinnovo delle patenti. Ulteriori informazioni in area sanitaria possono essere derivate dalle cartelle cliniche dei medici di medicina generale, dalle cartelle cliniche dei pediatri di libera scelta, nonché da dati di laboratorio. A queste informazioni vanno aggiunti i bilanci di salute che sono rilevazioni periodiche del pediatra di libera scelta. In esse sono compresi parametri utili per descrivere lo stato nutrizionale del soggetto (peso e statura). La principale limitazione di questi dati è che hanno una copertura territoriale limitata a seconda del bacino di utenza in cui viene effettuata la rilevazione. Altre fonti di dati secondari che forniscono informazioni su indicatori di rischio dietetico sono: • banche dati che derivano da indagini periodiche quali l’Indagine sul Consumo delle Famiglie (ICF), il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN), le Indagini Multiscopo ISTAT, gli studi condotti da Istituti operanti nel campo agricolo (INEA, ISMEA), ricerche di mercato a carattere quantitativo o motivazionale (Doxa, Nielsen, ecc...). Dati secondari in area sanitaria Le schede di morte vengono compilate dal medico che accerta il decesso e raccolte dall’ISTAT che ne cura l’elaborazione e la diffusione. Esse dovrebbero consentire di risalire non solo alla causa terminale del decesso ma anche alla causa iniziale, ossia a quella patologia che attraverso complicanze o stati morbosi intermedi (causa intermedia), determina l’istaurarsi della causa terminale. Questo sistema ha il vantaggio di avere una copertura totale di rilevazione, ma spesso la compilazione delle schede risente di un certo livello di approssimazione, il che ne limita l’uso per fini epidemiologici. La scheda di dimissione ospedaliera fa parte del sistema statistico nazionale e sostituisce, dall’anno 1995, un’analoga rilevazione effettuata dall’ISTAT limitatamente ai dimessi nella prima settimana del mese. Le informazioni sono ordinate secondo le seguenti tipologie di ricovero ospedaliero: • attività di ricovero per acuti in regime ordinario/diurno • attività di riabilitazione in regime ordinario/diurno • attività di lungodegenza. La composizione della casistica trattata viene classificata secondo il sistema di classificazione internazionale delle malattie versione IX (è in corso l’attuazione della versione X) e secondo il sistema D.R.G. (Diagnosis Related Groups) versione 10.0. La rilevazione è totale ed è effettuata mediante la raccolta di dati da tutti gli istituti di cura pubblici e privati, per ogni paziente dimesso (compresi i deceduti); contengono informa- Dati secondari 68 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale zioni sulle caratteristiche socio-demografiche dell’individuo (età, sesso, luogo di nascita, residenza) e su diversi aspetti del ricovero (durata della degenza, diagnosi alla dimissione, percorso terapeutico, eventuale decesso, ricovero in day-hospital). Un’altra fonte di dati secondari importante è costituita dai Registri Tumori (Zanetti, 1998) nei quali dagli anni ’80 si effettua la registrazione continua dei casi di tumore in 9 province italiane: Torino, Genova, Varese, Trieste, Parma, Forlì/Ravenna, Firenze, Latina, Ragusa. I Registri Tumori aggiornano i loro dati ogni 5 anni e li inviano allo IARC (International Agency for Research of Cancer) a Lione per la pubblicazione (Cancer incidence in five continents): dal mese di Maggio 2001 sono disponibili i dati relativi al periodo 1993-1997. La copertura della raccolta è solo parziale, e riguarda il 10% della popolazione italiana. Tuttavia, la copertura locale è completa anche se la loro distribuzione sul territorio nazionale non è uniforme, in quanto concentrata soprattutto nel Nord Italia. Le principali variabili raccolte sono: dati demografici, localizzazione e caratteristiche istologiche del tumore, data della diagnosi, fonte dell’informazione. La rilevazione consente di determinare stime di prevalenza e di incidenza dei tumori, oltre a fornire informazioni sui tassi di letalità e sui tassi di sopravvivenza medi delle diverse forme tumorali. L’estensione dei dati di incidenza all’intero territorio nazionale va fatta con estre-ma cautela. Dati secondari sui consumi alimentari Il Bilancio Alimentare Nazionale (BAN) effettuato periodicamente dall’ISTAT, viene ricavato mediante indagini sull’agricoltura e sul commercio con l’estero, fornendo dati sugli alimenti disponibili al consumo umano a livello nazionale. In Italia il BAN rappresenta l’equivalente dei Food Balance Sheets (FBS) presentati e standardizzati per tutti i paesi nel 1949 dalla FAO. E’ un metodo che fornisce il calcolo delle disponibilità per i consumi alimentari della popolazione, è abbastanza semplice da realizzare, non costoso e del quale si dispongono serie storiche; tuttavia le informazioni che si ottengono sono solo delle stime approssimative della disponibilità di alimenti pro-capite e, soprattutto, non possono essere disaggregate per piccole aree o per classi di popolazione, non permettendo ad esempio il monitoraggio di sottogruppi di popolazione a rischio. I principali vantaggi nell’utilizzazione del BAN risiedono nel fatto che vengono pubblicati dalla maggior parte dei Paesi Europei, e forniscono informazioni sulle disponibilità alimentari per il consumo delle famiglie, a livello nazionale. L’Indagine sui Consumi delle Famiglie (ICF), anch’essa effettuata dall’ISTAT, rappresenta un buon metodo per la valutazione dei consumi alimentari, poiché permette di rilevare la spesa media mensile familiare totale e ripartita per categoria di alimenti, nonché la spesa media mensile per i pasti fuori casa. L’indagine permette inoltre di monitorare il trend dei consumi medi familiari, consentendo un’analisi comparativa in diverse aree territoriali, in differenti contesti sociali ed a seconda della stratificazione demografica. La principale limitazione di questa rilevazione è che essa riguarda l’acquisto degli alimenti e non propriamente il loro consumo senza tener conto degli scarti, degli alimenti acquistati in grande quantità come scorta e dei pasti fuori casa. Inoltre, il livello di registrazione (libretto familiare) non consente una valutazione individuale dei consumi. Bisogna precisare che l’ICF è l’equivalente italiano dei già menzionati Household Budget Surveys e che il suo principale vantaggio è la possibilità di comparare i dati con quelli di altri Paesi. Un altro vantaggio è che, analogamente al BAN, i dati consentono una 69 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale valutazione dell’andamento temporale dei consumi. Tra l’altro, le stime ottenute dall’ICF sono utilizzate per valutare con maggiore precisione la quota della produzione destinata ai consumi delle famiglie, al netto dei reimpieghi e degli “scarti di sistema”. Le Indagini Multiscopo sulle Famiglie condotte dall’ISTAT affrontano delle tematiche sociali rilevanti come la salute, il tempo libero, la cultura. Vengono prese in considerazione le caratteristiche anagrafiche, sociali e territoriali degli individui per costruire un’immagine della società italiana nella sua complessità, a partire dalla molteplicità e varietà dei comportamenti individuali. Questo tipo di indagine fornisce anche dati di frequenze di consumo alimentare rappresentative della popolazione italiana, suddivise per età e per sesso. Il rilevamento consente una stima orientativa dei consumi, in quanto gli alimenti sono raggruppati in maniera eterogenea e senza tener conto degli scarti. I risultati vengono pubblicati ogni due anni. La tabella 3.2.1 riassume le caratteristiche delle indagini fin qui riportate delineando Tabella 3.2.1 - Valutazione comparativa tra le differenti indagini sui consumi alimentari in Italia Fonte: Turrini, 1999 Dati secondari 70 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale la metodologia, il grado di variabilità e di precisione di ciascuna di esse. Tra gli studi condotti da Istituti che operano nel campo agricolo e delle ricerche di mercato va citato il Panel famiglie ISMEA/AC Nielsen. Il Panel si basa su rilevazioni a cadenza settimanale degli acquisti di prodotti alimentari delle famiglie, stratificate in base a variabili socio-demografiche e territoriali, rappresentative dell’intera popolazione italiana. Questo tipo di indagine permette di valutare l’evoluzione dei consumi familiari ed individuali. Inoltre, consente una suddivisione per grosse aree geografiche. Tuttavia, essendo uno studio “partecipativo”, può essere soggetto ad una distorsione dovuta al condizionamento delle famiglie coinvolte. In sintesi, i dati secondari sui consumi alimentari pur presentando alcune limitazioni come la scarsa disaggregabilità dell’informazione a livello locale, risultano estremamente utili per monitorare le tendenze di consumo a livello nazionale, per macro aree e per regioni. Per completare il quadro delle fonti di dati secondari vanno citate: banche dati non continuative, operanti in aree geograficamente o temporalmente limitate, riferite a specifiche problematiche sanitarie; si tratta di banche dati costruite sulla base di studi condotti su piccola scala, al fine di approfondire particolari aspetti dell’alimentazione o in specifici gruppi di popolazione. 3.3 Campionamento In uno studio basato sulla raccolta di dati secondari, la tecnica di campionamento è variabile: alcune rilevazioni sono a carattere totale (es: registri di mortalità), ma nella maggior parte dei casi si tratta di indagini campionarie. Il disegno del campionamento è realizzato in modo tale da includere tutti i fattori che possono influire sulla variabilità dei caratteri statistici oggetto di analisi, per assicurare una stima della distribuzione. Per gli ICF, ad esempio, il campionamento è a due stadi con stratificazione delle unità del primo stadio. La strutturazione in stadi è funzionale alla definizione del campione quando alcuni fattori sono comuni a fasce di popolazione. Per esemplificare, nelle ICF le unità del primo stadio sono rappresentate dai comuni, che sono estratti per primi, da questi sono poi estratte le famiglie, che costituiscono, quindi, le unità del secondo stadio. I comuni sono stratificati cioè classificati in base a tipologia di comune, dimensione demografica e regione di appartenenza. Sono così individuati 228 strati, di cui 107 sono costituiti da un solo comune (autorappresentativo) e sono sempre inclusi nel campione. I restanti 121 (nonautorappresentativi) sono raggruppati per strati omogenei all’interno di ciascuna regione di appartenenza: tra questi ultimi sono estratti 3 comuni per strato, rispettivamente per il primo, il secondo e il terzo mese di ciascun trimestre. Ogni trimestre vengono rinnovati. Da tutti i comuni selezionati sono estratte con tecnica casuale circa 27.000 famiglie l’anno, ovvero circa 2.250 famiglie al mese residenti nei 228 comuni che sono inclusi di volta in volta nell’indagine. Le famiglie sono estratte dagli elenchi anagrafici dei comuni campionati. In realtà, le liste create sono due: l’elenco degli intestatari e l’elenco delle famiglie suppletive, ossia quelle famiglie che vanno ad integrare quelle unità che dopo l’estrazione rifiutano o sono 71 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale impossibilitate a partecipare oppure risultano irreperibili. In base ad un disegno di questo tipo sono inclusi nel campione, in modo controllato, tutti quei fattori socio-economici e demografici che possono avere effetti sulle modalità osservate. Oltre al disegno di campionamento occorre poi definire la tecnica di estrazione che può variare da una applicazione delle tavole dei numeri aleatori a un’estrazione sistematica. In questo secondo caso, viene estratto casualmente il primo numero e i successivi sono determinati dal passo di campionamento, che è calcolato in base alla proporzione tra popolazione di riferimento e numero di unità da estrarre (es.: per un campione di 100 unità su una popolazione di 10.000, il passo sarà di 100, cioè viene estratto un individuo su 100). Esistono anche tecniche di campionamento non casuale (ragionato, per quote) che vengono in genere utilizzate per universi particolari (es.: indice dei prezzi) o in ambiti particolari (studi pilota, indagini di mercato preliminari). La differenza principale tra campioni estratti con tecnica casuale e non-casuale è la possibilità di determinare l’errore campionario e le stime per intervallo (intervallo di confidenza). Il livello di errore ammesso è spesso del 5%, ma può variare in base al tipo di studio. 3.4 Valutazione della qualità del dato La misura probabilistica dell’errore fornisce informazioni sulla precisione statistica, ma quest’ultima ha un senso applicativo solo se i dati raccolti rispondono anche a criteri di accuratezza, cioè completezza e congruenza. La valutazione della qualità del dato deve essere quindi corredata da un altro insieme di informazioni, in particolare quelle relative al tipo di trattamento dei dati (registrazione su modello di rilevazione, codifica, inserimento su supporto informatico), alle procedure di controllo (revisione manuale, revisione basata su procedure software) e alla tecnica di correzione dei dati registrati (criteri di completamento e criteri di variazione). In generale, i dati più affidabili sono quelli ben documentati per quanto riguarda sia gli aspetti più propriamente statistici che gli errori non campionari. L’ISTAT, ad esempio, pubblica nei volumi statistici le appendici metodologiche e produce anche una serie di testi della collana “Metodi e norme”. Per avere un’idea più chiara della complessità di questo sistema sarebbe utile una descrizione del lavoro di preparazione del personale che effettua il lavoro sul campo. 3.5 Miglioramenti della qualità dei dati Quando si tratta di dati secondari, il miglioramento dei dati grezzi non è più possibile. Quello che è, invece, possibile è una validazione incrociata di dati analoghi forniti da diverse fonti. Questo tipo di analisi mette in evidenza eventuali slineature determinate da significati diversi attribuiti alla stessa variabile o da diversi livelli di aggregazione di modalità. In sintesi, è possibile aumentare il potenziale informativo, più che migliorare la qualità del dato in sé, facendo attenzione alla descrizione di come il dato viene ottenuto nei diversi studi. Se le fonti di dati forniscono informazioni comparabili è possibile ricostruire il quadro di un fenomeno oggetto di studio, congiungendo le informazioni complementari. Dati secondari 72 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Dati sui consumi alimentari e dati su patologie possono essere inseriti in una base di dati se sono relativi ad una stessa popolazione e sono entrambi rilevati con indagini rappresentative. Se non tutte le fonti sono rappresentative i dati possono essere utilizzati solo in modo limitato e, non fa male ripeterlo, documentato. Questo approccio può essere utile soprattutto per la formulazione di ipotesi di partenza per il disegno di uno studio di approfondimento che preveda una rilevazione ad hoc, in cui le ipotesi stesse potranno essere sottoposte a test. Poiché i dati secondari non sono necessariamente coerenti tra loro e possono provenire dalle fonti più disparate, vanno tenuti in considerazione tutti quegli elementi che permettono di selezionare indicatori più specifici rispetto alla definizione del fenomeno considerato. Altri elementi utili da considerare e che consentono di ottenere un miglioramento della qualità del dato sono: • Conoscenza delle metodologie di raccolta dati: l’utilizzazione di metodologie di studio diverse si riflette sulle tipologie di dati prodotti, particolarmente per quel che riguarda le quantità di consumo. Questa valutazione permette di selezionare l’indagine più coerente con gli obiettivi definiti nello studio di sorveglianza. • Applicazione di fattori di correzione: le valutazioni sui consumi alimentari effettuate all’interno delle rilevazioni ISTAT non tengono conto della componente di edibilità degli alimenti e degli scarti. Entrambi i fattori determinano una sovrastima di alcuni gruppi di alimenti. La correzione dei consumi può essere effettuata per quanto riguarda la componente di edibilità e degli scarti (Tabella. 3.5.1) secondo quanto risultante dalle tabelle di composizione e dai dati dell’indagine sui consumi alimentari dell’INRAN. • Valutazione critica del dato in relazione alle caratteristiche sanitarie e sociodemografiche della popolazione in esame: la riproducibilità di un indicatore va valutata in base al confronto tra le caratteristiche della popolazione in cui il dato viene misurato e le caratteristiche dei gruppi al suo interno. Popolazioni con caratteristiche socio-sanitarie dissimili non consentono l’estrapolazione del dato. • Accurata definizione dell’indicatore e del livello soglia per quell’indicatore con rielaborazione dei dati di incidenza e prevalenza: ad esempio, considerando il numero di dimessi con diagnosi di osteoporosi si avrebbe una sottostima della prevalenza di questa patologia in quanto tale voce diagnostica non compare quasi mai nelle Schede di Dimissione Ospedaliera. Ma anche considerando il solo dato di incidenza delle fratture ossee, non si è in grado di stimare quanta parte di esse dipenda dalla osteoporosi. Selezionando tra i diversi casi di fratture traumatiche le donne di età superiore a 50 anni e gli uomini di oltre i 75 anni e le sedi di frattura maggiormente legate all’evento osteoporotico, si otterrà una stima più corrispondente alla realtà della prevalenza di tale patologia (Ferro-Luzzi et al., 1994). • Definizione dei fattori bio-fisiologici legati alla incidenza della patologia: la conoscenza della storia biologica della malattia consente di selezionare gli indicatori più utili per la sorveglianza di una specifica patologia a componente nutrizionale. Tornando all’esempio precedente sull’osteoporosi, alcuni distretti ossei caratterizzano in maniera più peculiare di altri la presenza della patologia osteoporotica. 73 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 3.5.1 – Correttivi relativi alla componente di edibilità e agli scarti. Fonte: Ferro-Luzzi et al., 1994 Dati secondari 74 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia Ferro-Luzzi A, Martino L, Leclercq C & Branca F (1994): Relazione scientifica del Progetto Pilota di Sorveglianza Nutrizionale elaborata per il Ministero della Sanità. Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione. Roma: Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN). Rizzi A (1987): Introduzione ed analisi dei dati. Quaderno n°B1. Roma: Dipartimento di Statistica, Probabilità e Statistiche Applicate. Turrini A (1999): Metodologie di indagine dei consumi alimentari. In: Argomenti di igiene della nutrizione, eds. Cairella G, Leclercq C, Tarsitani G, 155-164. Roma: Futura Grafica. Zanetti R (1998): Fatti e cifre dei tumori in Italia. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore. 75 Dati secondari Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 76 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 4. IL PASSAGGIO DALLA SORVEGLIANZA AGLI INTERVENTI • La valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione di interventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. L’intervento può essere di carattere preventivo o correttivo, può riguardare singoli individui, alcuni gruppi o l’intera popolazione. • Un altro concetto particolarmente importante nel passaggio dalla sorveglianza agli interventi è quello della definizione dei livelli soglia per l’intervento oltre i quali è necessario mettere in atto misure per la correzione di un problema di sanità pubblica. Per disegnare gli interventi infatti è necessario disporre di un quadro teorico che leghi l’esito – la patologia – ai fattori di rischio e che contestualizzi ciascun fattore di rischio nella particolare situazione temporale e spaziale in cui si deve intervenire. • Gli interventi preventivi possono essere di prevenzione universale, se diretti a tutta la popolazione; di prevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popolazione che presentano un rischio particolare di insorgenza di patologie correlate con l’alimentazione; di prevenzione mirata, se diretti agli individui che presentano un problema o una patologia legata all’alimentazione. • Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elemento essenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamento alimentare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire o favorire eventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati. Per intervenire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo la tecnica del “social marketing” definito come “l’applicazione delle tecniche di marketing commerciale ai problemi sociali”. • L’Educazione Alimentare è un modello di intervento di salute pubblica. Essa comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari corretti e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano, vissuto non come costrizione, ma come valore condiviso. 4.1 Introduzione La valutazione del rischio nutrizionale deve essere legata alla programmazione di interventi correttivi, che tendano a ridurre il rischio di popolazione. Svolgere attività di sorveglianza fine a se stesse è inappropriato, allo stesso modo non è etico fare una diagnosi in un individuo e non trattare la patologia identificata. Questo passaggio pone alcuni problemi metodologici, legati alla decisione su quando considerare un intervento e sulla progettazione dell’intervento, in relazione all’efficacia attesa. La sorveglianza può anche avere un ruolo preliminare di richiamo dell’interesse dell’opinione pubblica e dei responsabili delle istituzioni, così da persuadere circa l’opportunità di mobilitare risorse. L’intervento può essere di carattere preventivo o di carattere correttivo, può riguardare singoli individui, alcuni gruppi o l’intera popolazione. 77 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 4.2 Quando intervenire? 4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito Nel capitolo 1 di questo manuale sono già state identificate alcune aree prioritarie, ossia quelle patologie che – in virtù della loro diffusione – sono considerate problemi importanti per la sanità pubblica. La valutazione delle priorità è stata effettuata in rapporto al costo sociale della patologia (la somma dei costi diretti, ossia la spesa per la cura della patologia, e dei costi indiretti, ossia il carico di mortalità, morbosità e disabilità indotta da quella patologia). Questi stessi criteri possono essere utilizzati per stabilire quando si vuole scegliere di intervenire. Nel caso degli interventi preventivi, una considerazione importante infatti è legata alla prevenibilità di una certa condizione. Per alcune patologie, come l’osteoporosi e le malattie neurodegenerative, il dato di mortalità non rende conto del costo sociale, che risiede prevalentemente nella disabilità indotta. In tal caso, è preferibile utilizzare dati di morbosità. La tabella 4.2.1.1 indica il tipo di dati utili a descrivere il costo sociale di una serie di alcune patologie a componente nutrizionale. Tabella 4.2.1.1 - Patologie a componente nutrizionale misurate con indicatori di mortalità e morbosità Un primo criterio per la decisione può essere basato sulla comparazione geografica tra i tassi di mortalità e morbosità tra diversi Paesi del mondo o tra diverse regioni dello stesso Paese. A questo proposito si può fare l’esempio dei grandi interventi per la prevenzione delle patologie cardiovascolari, come il progetto della North Karelia, in Finlandia, per il quale la decisione fu presa in relazione alla comparazione dei tassi di mortalità per infarto. Per effettuare le comparazioni è necessario utilizzare i tassi standardizzati per età, oppure standardizzare i tassi per la struttura della popolazione, usando una popolazione di riferimento. Un secondo criterio per la decisione può essere la variazione nel tempo. Se l’incidenza di una patologia è in crescita, è necessario prendere contromisure prima che si verifichi un’emergenza per la sanità pubblica. Per le analisi longitudinali, la base di popolazione e la metodologia di raccolta dei dati deve essere coerente. Inoltre, la variazione nel tempo può essere calcolata quando si dispone di serie storiche di dati suffi- Interventi 78 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale cientemente lunghe. Probabilmente, è inappropriato dare giudizi sulla tendenza nel tempo quando si dispone di dati per meno di quattro-cinque anni. La scelta su quando intervenire è in ogni caso determinata da quanto la società ritiene accettabile e da quanto il Sistema Sanitario è in grado di investire per risolvere il problema. Esiste probabilmente un punto di equilibrio tra queste due categorie, ma il livello soglia può essere estremamente variabile. Inoltre è possibile selezionare all’interno della popolazione alcuni gruppi per i quali si vuole ottenere il minimo del carico di malattia, come per i bambini o le donne in gravidanza. Gli indicatori di esito consentono di dare un giudizio sull’intera popolazione, e quindi non consentono di effettuare azioni preventive sui singoli individui a rischio. 4.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie Quando possibile, è preferibile non attendere la comparsa della patologia per decidere un intervento, perché quanto più a monte è l’azione preventiva, tanto più è efficace. La scelta del quando intervenire si lega pertanto alla misura delle variabili intermedie (o indicatori di stato pre-clinico), che sono indicative di un processo che aumenta la probabilità di comparsa della patologia. Esempi di queste variabili sono, per le patologie cerebrovascolari, la pressione arteriosa; per l’infarto, la colesterolemia totale e HDL; per il diabete di tipo 2, il sovrappeso e l’obesità; per la frattura del femore, la densità ossea. La scelta di questi indicatori dipende dal valore predittivo che essi hanno, dalla precocità della loro capacità predittiva, dalla capacità di essere influenzati da modifiche dello stile di vita, e dalla praticità della loro misura. Il vantaggio dell’uso di questi indicatori intermedi è di poter svolgere interventi preventivi sui singoli individui. Per la colesterolemia e la pressione arteriosa è stata documentata una relazione graduale con il rischio cardiovascolare e cerebrovascolare, ed è quindi possibile calcolare il rischio cui ogni individuo, nonché l’intera popolazione, sono esposti. Tuttavia, nel caso delle patologie a eziologia multifattoriale, l’utilizzazione di una sola variabile intermedia potrebbe portare a sottostimare il rischio reale. Sono stati quindi sviluppati algoritmi di calcolo del rischio che combinando le diverse variabili riescono a predire la maggioranza degli eventi patologici. La tabella 4.2.2.1 illustra il calcolo del Framingham Health Score, basato sulla misura della pressione arteriosa, della colesterolemia totale, della colesterolemia HDL e sul riscontro dell’abitudine al fumo di sigaretta, con il quale è possibile valutare se un individuo ha un rischio da 0 al 30% di avere un infarto del miocardio nei dieci anni successivi. Per altre variabili la capacità predittiva è minore. La determinazione con la migliore capacità predittiva per l’osteoporosi è la densitometria ossea (DEXA) effettuata al collo del femore. Tuttavia, in donne bianche di 50-59 anni, sarebbero necessari 750 esami densitometrici per predire una sola frattura del femore o delle vertebre in un periodo di cinque anni. Non ci sono dati che indicano che la valutazione periodica della densità ossea o la somministrazione precoce di farmaci preventivi abbia un buon rapporto costo-efficacia. E’ allora preferibile una valutazione individualizzata dell’insieme dei fattori di rischio. La diagnosi e il trattamento delle donne a rischio di osteoporosi sarebbe più efficace indirizzando il trattamento solo alle donne con i valori di massa ossea più bassi. Le donne nel terzile più basso di Densità Minerale dell’osso (Bone Mineral Density – BMD) senza altri fattori di rischio avevano un’incidenza delle fratture pari a 2,6 per 1000 anni-donna, rispetto a 27,3 per 1000 anni-donna nelle donne con cinque o più fattori di rischio. 79 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Nel caso dei tumori, le variabili intermedie adeguate sono disponibili solo per alcune forme. Ad esempio, la presenza di alterazioni della morfologia dell’epitelio vaginale predice il cancro della cervice uterina e la presenza di alterazioni dei dotti ghiandolari visibile alla mammografia predice il cancro della mammella. In questi casi, l’identificazione di una lesione precoce suggerisce di intraprendere azioni preventive. Tabella 4.2.2.1 – Stima del rischio (nell’arco di 10 anni) per individui di sesso maschile (Framingham Health Score) La tabella 4.2.2.2 indica le variabili intermedie utili alla valutazione del rischio delle più importanti patologie a componente nutrizionale. Tabella 4.2.2.2 - Patologie a componente nutrizionale e variabili intermedie Interventi 80 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale La misura delle variabili intermedie può essere utilizzata per decidere su interventi preventivi a carattere individuale e di popolazione. In questo secondo caso è bene considerare sia la prevalenza del fattore di rischio che la capacità che quel fattore ha di predire la comparsa della patologia. Queste due grandezze possono essere combinate nel rischio relativo di popolazione, calcolato con la formula RR/(p * RR + (1 – p)), dove p è la prevalenza del fattore di rischio e RR è il rischio relativo. La tabella 4.2.2.3 mostra la variazione del rischio in relazione a diverse prevalenze del fattore di rischio nella popolazione. Tabella 4.2.2.3 - Stime del rischio relativo derivate dal rischio relativo osservato in studi epidemiologici in relazione alla prevalenza del fattore di rischio nella popolazione Quando si usano le variabili intermedie per prendere decisioni sugli interventi è necessario stabilire quali livelli sono considerati indicativi di un problema di sanità pubblica, ossia i livelli di attenzione per i quali si consiglia un intervento. Si parla dunque anche di livelli soglia per l’intervento. La tabella 4.2.2.4 indica la prevalenza di anemia, bassi livelli plasmatici di retinolo e bassa escrezione urinaria di iodio necessari a dare inizio a programmi di intervento correttivi. Anche in questo caso, il razionale della scelta di questi livelli è basato sull’esperienza e sulla valutazione di alcuni Comitati di Esperti. Tuttavia, alcuni Paesi potrebbero non ritenere accettabili tali livelli. Naturalmente, una determinante importante per la decisione di intervenire è la quantità delle risorse disponibili. Tabella 4.2.2.4 – Valori di prevalenza di carenze di alcuni micronutrienti necessari per dare inizio a interventi di sanità pubblica Emoglobina < 12 g/dL Grave Moderato Lieve ≥ 40% 15.0 - 39.9% 5.0 - 14.9% Retinolo plasmatico < 20µg/dL Grave Moderato Lieve ≥ 20% ≥ 10 - < 20% ≥ 2 - < 10% Iodio urinario < 100µg/dL ≥ 20% 81 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Stabilire un obiettivo in relazione a una patologia non consente di prendere in esame la qualità della vita, per la quale sarebbero più appropriati indicatori funzionali relativi al possesso di autonomia, di un buona capacità di risposta immunitaria, di una capacità riproduttiva, di una adeguata funzione intellettiva, e così via. Per questi aspetti l’uso delle variabili intermedie è essenziale. In virtù di questo livello più elevato di benessere anche i livelli soglia potrebbero essere modificati. Ad esempio, è stato dimostrato che anche leggere carenze di ferro sono in grado di influenzare la funzione intellettiva e dunque in virtù dell’ottimizzazione di quest’ultima anche le situazioni di carenza marginale possono giustificare interventi tesi a migliorare lo stato di nutrizione per il ferro. La misura delle variabili intermedie consente interventi preventivi della comparsa delle patologie e consente di verificare l’effetto degli interventi sulle stesse coorti in cui gli indicatori sono stati misurati. 4.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita Anche gli indicatori dello stile di vita possono essere utilizzati per stimare un rischio individuale e un rischio di popolazione. La decisione di intervenire sulla base dei soli indicatori di stile di vita, dipende dal livello di evidenza del rapporto tra il fattore di rischio e l’incidenza delle patologie. Il progetto Eurodiet ha analizzato la letteratura relativa al rapporto tra il livello dei fattori di rischio nutrizionale e il rischio di sviluppare diverse patologie, indicandone anche il livello di evidenza (stabilito secondo il sistema Cochrane). Il livello di evidenza più elevato, per il quale sono necessari Trial Clinici Randomizzati, è presente solo per l’energia, gli acidi grassi saturi e il sodio. Per gli altri nutrienti vi sono studi isolati condotti in doppio cieco o studi ecologici, non condotti in doppio cieco. La tabella 4.2.3.1 riporta gli obiettivi raccomandati per la popolazione per ridurre globalmente le patologie croniche. I livelli di evidenza sono stabiliti in rapporto alle malattie cardiovascolari, cerebrovascolari, al diabete, al cancro. Interventi 82 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 4.2.3.1 – Obiettivi nutrizionali raccomandati a livello di popolazione dalla commissione di esperti EURODIET basati su differenti livelli di evidenza. Per alcuni sottogruppi di popolazione, come i bambini, vengono riportati i fabbisogni specifici. Assunzione raccomandata di nutrienti e obiettivi nutrizionali per gruppi di popolazione specifica (gravidanza, allattamento, menopausa) 1. ++++ Informazione derivata da studi randomizzati controllati. +++ Informazione derivata da un singolo studio con disegno in doppio cieco oppure, per l’allattamento al seno, da una serie di esperienze non in doppio cieco. ++ Studi ecologici non in doppio cieco e studi fisiologici. + Integrazioni di livelli multipli di evidenze da parte di gruppi di esperti. 2. Intervallo di normalità (18.5-25) stabilito dall’OMS. 83 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale In questo caso, la decisione di intervenire è legata a quale percentuale della popolazione si trova a un livello inadeguato. Alcune metanalisi hanno dimostrato e quantificato il rapporto esistente tra la variazione dell’esposizione a un nutriente e la riduzione del rischio. Questo è stato finora possibile solo per il consumo di grassi saturi e per il consumo di sodio. L’analisi di dati osservativi riguardo diverse comunità ha indicato che una riduzione dell’assunzione dietetica di sodio di 100 mmol/24 h (3 g di sale) riduce la presione sistolica negli individui di 50-65 anni di età di 10 mmHg in media. Questa riduzione della pressione ridurrebbe la mortalità specifica per età per ictus del 22% e della mortalità cardiovascolare del 16% (Law, 2000). Questi valori dovranno guidare il giudizio dei responsabili della sanità pubblica sul rapporto costo-efficacia di interventi per la riduzione dei consumi di sodio. 4.3 Disegno degli interventi Per disegnare gli interventi è necessario disporre di un quadro teorico che leghi l’esito e la patologia ai fattori di rischio e che contestualizzi ciascun fattore di rischio nella particolare situazione temporale e spaziale in cui si deve intervenire. In particolare, sarà necessario conoscere la distribuzione dei fattore di rischio e le caratteristiche socioeconomiche dei gruppi di popolazione in cui il rischio si manifesta in misura più rilevante. Dovranno poi essere stabiliti gli obiettivi dell’intervento e i tempi in cui si vuole raggiungere questi obiettivi. Secondo la metodologia definita dalle iniziali delle parole che la descrivono VMOSA (Vision Mission Objectives, Strategies, Actions) (Kansas Health Foundation), il disegno di un intervento richiede in primo luogo di definire una Vision, ossia le condizioni ideali che si vogliono raggiungere (es. “bambini sani”), poi una Mission, ossia il cosa e perché (es. “Promuovere la salute dei bambini attraverso un’iniziativa familiare e comunitaria integrata”), quindi gli Obiettivi, ossia cosa, quanto e quando verrà raggiunto; le Strategie, ossia come gli obiettivi saranno raggiunti, e un piano d’Azione, che definisca le azioni, le responsabilità, il calendario, le risorse necessarie e disponibili, le barriere e i modi per aggirarle, le collaborazioni. Nel contesto in cui si muovono gli operatori regionali, la Mission e gli obiettivi che ne derivano saranno con ogni probabilità legati alle modifiche dello stile di vita. Altre categorie di intervento, più appropriate a livello nazionale, sono quelle relative alla produzione alimentare, quali le modifiche della produzione primaria per manipolare la composizione dei prodotti (es. selezione delle varietà, uso di OGM, selezione dei mangimi); le modifiche dei processi per mantenere le caratteristiche del prodotto (es. mild technologies), per evitare l’aggiunta di componenti indesiderati (es. riduzione dei contenuti di sodio), per ridurre o eliminare componenti indesiderati (es. riduzione dei contenuti di grassi, fortificazione); gli interventi sulla distribuzione e la disponibilità dei prodotti, quali le modifiche dei sistemi di conservazione (es. refrigerazione) e le modifiche dei sistemi di distribuzione (es. supermercati). Le strategie di un intervento di sanità pubblica a livello di una comunità sono tipicamente quelle di fornire informazione e formazione, migliorare i servizi, modificare accesso, barriere e opportunità, modificare le politiche. Per quanto riguarda il piano d’Azione, è necessario definire il luogo in cui svolgere gli Interventi 84 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale interventi, che possono essere le strutture sanitarie, le comunità, le scuole, i luoghi di lavoro e il target di popolazione, ossia adulti, bambini o l’intera popolazione. A questo proposito sarà necessario decidere se modificare la distribuzione del fattore di rischio nell’intera popolazione o solo negli individui ad alto rischio. Gli interventi preventivi possono essere di prevenzione universale, se diretti a tutta la popolazione di prevenzione selettiva, se diretti a sottogruppi di popolazione che presentano un rischio particolare di insorgenza di patologie correlate con l’alimentazione, di prevenzione mirata, se diretti agli individui che presentano un problema o una patologia legata all’alimentazione. La scelta può essere operata in relazione alla distribuzione del fattore di rischio e a valutazioni di costo-efficacia. Inoltre, è necessario verificare che gli individui che non traggono beneficio dall’intervento – perché il loro rischio è basso – non ne traggano al contrario dei danni. Ad esempio, nel caso della iodurazione generale del sale, è necessario valutare quanto possano correre rischi gli individui portatori di ipertiroidismo. Nel caso degli interventi tesi a ridurre la colesterolemia, si è a lungo discusso del possibile rischio di una riduzione eccessiva in individui con livelli bassi di colesterolo, finché si è dimostrato che l’associazione tra bassa colesterolemia, e depressione era del tutto casuale e non legata a relazioni di causa ed effetto. Gli interventi si possono poi classificare in base alle risorse e alla durata a bassa, a media ed ad alta intensità. Per quanto riguarda gli operatori, gli interventi possono essere autosomministrati (ad es. quelli che utilizzano Internet), condotti da professionisti non sanitari (insegnanti, gruppi di pari specificamente istruiti), da professionisti sanitari (medici e infermieri) o da specialisti della nutrizione, quali dietisti o nutrizionisti. Gli interventi possono avere impatto diverso se includono una componente familiare (ossia le famiglie sono il target principale degli interventi oppure le famiglie del target primario sono coinvolte in qualche aspetto dell’intervento) o se è previsto il coinvolgimento di una componente di supporto sociale (es. organizzazioni che distribuiscono alimenti). Il raggiungimento degli obiettivi è legato sia all’appropriatezza dell’intervento che al modo con cui esso è condotto. Si parla quindi di efficacia degli interventi, che può essere verificata attraverso la realizzazione di attività pilota, e di efficienza degli interventi, legati alla operatività su larga scala. La realizzazione di attività pilota è indispensabile nelle fasi iniziali di un intervento. Infatti gli interventi di sanità pubblica sono processi iterativi fondati su un metodo di prova ed errore e, in questo quadro, i dati della sorveglianza sono essenziali. Le informazioni che derivano dalle attività di sorveglianza sono parte di un ciclo di sorveglianza e intervento che può essere rappresentato dalla spirale contenuta nella figura 4.3.1. La figura si riferisce in particolare agli interventi di educazione alimentare, ma può essere utilizzata per illustrare la circolarità di questo processo, che si conclude con un altro uso dei dati di sorveglianza, ossia la valutazione della efficacia degli interventi. 85 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 4.3.1 Disegno degli interventi Fonte: Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), 2001 Il disegno degli interventi potrà essere guidato dall’analisi di precedenti schemi di intervento che si sono dimostrati efficaci. La figura 4.3.2 illustra i cambiamenti nel livello di consumo di grassi che si sono ottenuti in diversi interventi svolti in ambiente scolastico. Il messaggio che se ne trae è, in primo luogo, che è possibile ottenere questo risultato e, in secondo luogo, che l’intensità della risposta è in rapporto alla durata del follow-up. Figura 4.3.2 – Cambiamenti nel livello di consumo di grassi ottenuti in diversi interventi svolti in ambiente scolastico Scuola #1, 5 anni f/u* (Walter, 1988) Scuola #2, 5 anni f/u (Luepker, 1988 Lytle, 1966) Scuola #3, 2 anni f/u (Reynolds, 1998) Risultati unificati (3 studi) Interventi 86 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale La tabella 4.3.1 mostra quanto sia variabile il risultato degli interventi per la promozione del consumo di frutta e verdura. Negli interventi analizzati si può andare da nessun effetto ad aumenti del 73% per la frutta e del 153% per la verdura. L’analisi delle caratteristiche degli interventi dirà quali formule sono più efficaci, anche se sarà in ogni caso necessaria la conduzione di studi pilota per verificare l’applicabilità e la coerenza di risultati nello specifico contesto in cui ci si muove. Tabella 4.3.1 - Differenze tra gruppo di intervento e gruppo di controllo nella percentuale di cambiamento dell’assunzione di frutta e verdura Un altro elemento importante per la scelta degli interventi è il dato sul rapporto tra costo ed efficacia. Nello Stanford five-city project (Farquhar et al., 1990; Fortmann & Varady, 2000), che aveva per obiettivo la riduzione del rischio di infarto e ictus, è stato realizzato un intervento di comunità su 2 città (N= 122.800) con 2 città controllo (N=197.500). L’intervento ha utilizzato la social learning theory, un modello di comunicazione-cambiamento comportamentale, principi di organizzazione comunitaria e metodi di marketing sociale. Nei cinque anni di progetto ciascun individuo è stato esposto a 527 episodi educativi per un totale di 26 ore, attraverso TV e radio, giornali, opuscoli e comunicazione personale. I risultati sono riportati nella figura 4.3.3. Questo intervento, giudicato dagli ideatori di basso costo, ha determinato variazioni piccole, ma significative, su una grande popolazione. L’esperienza dimostra che è possibile ridurre complessivamente il rischio di popolazione per le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari. La sostenibilità e la fattibilità di questo tipo di intervento in contesti diversi deve essere valutata. 87 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale R is ch io FC co ro na R is ric ch o io gl ob al e IM C Fu m o PA D PA S C on os ce C nz ol es e te ro lo m ia Figura 4.3.3 - Variazioni delle conoscenze e dei fattori di rischio nei 51-73 mesi dopo l’intervento educativo Un aspetto importante da considerare nel disegno degli interventi è quello della collaborazione tra diversi settori e diverse istituzioni. Promuovere le partnership consente sia di integrare le competenze che di creare sinergie di risorse. Per quanto riguarda l’integrazione delle competenze, paradigmatico potrebbe essere il punto della promozione dell’attività fisica. La Figura 4.3.4 indica quali complesse influenze ambientali influenzino il livello di attività fisica di una popolazione. La promozione dell’attività fisica deve passare attraverso l’eliminazione sia di barriere di carattere personale e comportamentale (mancanza di motivazione, percepita mancanza di tempo, obblighi familiari) che di barriere di carattere ambientale (mancanza di strutture dove si può effettuare esercizio fisico, di percorsi per i pedoni e per le biciclette, di parchi pubblici, sicurezza dell’ambiente). Pertanto, oltre agli interventi di carattere educativo sarà necessario coinvolgere i pianificatori urbani. Per quanto riguarda la sinergia delle risorse, si può pensare alla collaborazione tra regioni nell’impostazione di programmi con maggiore ampiezza, al fine di ottenere una economia di scala, a partnership con organizzazioni di volontariato, il cosiddetto Terzo Settore, e con privati. Interventi 88 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Figura 4.3.4 – Modello delle influenze ambientali sul livello di attività fisica di una popolazione 4.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per le strategie di intervento Lo studio dei fattori che influenzano le scelte alimentari, costituisce un elemento essenziale ai fini di una maggiore conoscenza del fenomeno del comportamento alimentare, poiché consente di individuare gli elementi che possono impedire o favorire eventuali modifiche di comportamenti alimentari inadeguati. La ricerca psico-sociale ha contribuito significativamente alla comprensione di tale fenomeno e ha suggerito diversi modelli teorici relativi ai determinanti delle scelte alimentari (Stafleu et al., 1991). In questo contesto si inserisce la “Teoria dell’Azione Ragionata”, TRA, (Ajzen & Fishbein, 1980) estesa e completata con la “Teoria del comportamento pianificato”, TPB (Ajzen, 1991). Tale approccio teorico sostiene che il comportamento di un soggetto dipende dalla sua predisposizione verso un comportamento, dalle sue convinzioni, dalle norme soggettive (la considerazione delle aspettative altrui rispetto al proprio comportamento), dalle sue intenzioni comportamentali (la decisione di impegnarsi in un determinato comportamento), dalla percezione di poter esercitare un controllo su quel comportamento. In generale, tale teoria assume che gli esseri umani sono generalmente razionali e fanno uso delle informazioni disponibili in un determinato contesto, prima di decidere se agire o meno in relazione ad un certo comportamento. 89 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Numerosi sono gli studi che hanno applicato le teorie TRA e TPB per lo studio dei determinanti del comportamento alimentare (Shepherd et al., 1992; Sparks et al., 1995). Alcuni studi hanno messo in evidenza che una misura soggettiva dell’abitudine alimentare, che incorpora l’idea che il comportamento alimentare abituale possa essere non solo il risultato di un comportamento frequentemente ripetuto, ma anche il risultato di un comportamento non completamente controllato, ha un ruolo importante nel determinare l’intenzione a consumare alimenti dolci e grassi (Towler & Shepherd, 1991). In particolare, l’abitudine alimentare è risultata essere più importante degli atteggiamenti nella predizione del consumo di alimenti ad alto contenuto di grassi in Italia (Saba et al., 2000). Gli atteggiamenti e le opinioni/conoscenze sembrano avere lo stesso ruolo nella scelta di alimenti contenenti grassi sia per i soggetti normopeso che per i soggetti sovrappeso (Saba et al., 1999). Alcune piccole differenze sono, invece, emerse nell’attribuzione dell’importanza all’aspetto “salutistico”, legato all’aumento del peso ed all’elevato contenuto di grassi, di alcuni alimenti. Una maggiore considerazione di tale aspetto si ha, infatti, nei soggetti sovrappeso, al momento della scelta di alcuni alimenti quali la carne rossa, il burro ed il formaggio. 4.4.1 Le scelte alimentari in Europa I risultati di uno studio realizzato nel 1996 su 15 Paesi Europei (Kearney et al., 1997a), indicano che la qualità e la freschezza degli alimenti, il prezzo, il gusto, il “desiderio di mangiare sano”, e le “preferenze della famiglia” sono i cinque fattori più importanti per la scelta alimentare in Europa (Lennernas et al., 1997). Per gli Italiani, invece, le “preferenze della famiglia”, il prezzo e “il desiderio di mangiare sano” sono, rispettivamente, al terzo, quarto e quinto posto in ordine di importanza. Anche il fattore socio-demografico sembra avere un peso nella scelta alimentare. In particolare, sono le donne, gli anziani e coloro che hanno un livello d’istruzione più alto, ad essere spinti dal desiderio di mangiare sano nello scegliere i cibi. Il gusto e l’abitudine sembrano, invece, essere più importanti per i maschi (Lennernas et al., 1997). I dati dell’indagine pan-EU hanno evidenziato che la maggioranza della popolazione, nei diversi Paesi Europei, è in grado di citare quali siano gli aspetti che descrivono una dieta salutare: più frutta e vegetali, meno grassi, e una dieta bilanciata e variata (Margetts et al., 1997). Le maggiori difficoltà al cambiamento del comportamento alimentare sembrano essere la mancanza di tempo e di autocontrollo (che include “forza di volontà” e “rinunciare a cibi che piacciono”). Dall’indagine pan-Eu emerge che la maggioranza degli europei tra cui anche gli italiani, crede che non ci sia necessità di cambiare le proprie abitudini alimentari in quanto ritengono siano sufficientemente adeguate (Kearney et al., 1997b). Tale risultato evidenzia la necessità di comprendere come il pubblico percepisce la propria dieta, al fine di prevedere più mirate ed efficaci strategie di promozione di comportamenti alimentari corretti. 4.4.2 Social marketing Per intervenire sui comportamenti individuali è stata utilizzata con successo la tecnica del social marketing. Il social marketing è definito come “l’applicazione delle Interventi 90 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale tecniche di marketing commerciale ai problemi sociali” (Andreasen, 1995). In altre parole, si usano le stesse tecniche utilizzate per vendere prodotti per convincere le persone a cambiare i loro comportamenti. Mentre nel marketing tradizionale si cerca di convincere ad acquistare un prodotto per convenienza, per moda o per il suo valore, nel caso del marketing sociale la motivazione è il beneficio del consumatore o della società. Gli elementi importanti per pianificare una campagna di marketing sociale sono i comportamenti che si vogliono cambiare, l’identificazione del gruppo del quale si vogliono modificare i comportamenti, l’identificazione delle barriere al cambiamento. L’intervento deve ridurre il più possibile le barriere, sperimentare la comunicazione del messaggio su di un piccolo gruppo e infine pubblicizzare i benefici e il cambiamento ottenuto. I cardini del marketing sociale sono Prodotto, Prezzo, Posto, Promozione, cui solitamente si fa riferimento come le “4P”. Nel marketing sociale il Prodotto è un certo comportamento che si vuole modificare. Il Prezzo è quanto costa a una persona abbandonare un certo comportamento o assumerne un altro. Modificare un comportamento è una questione di tempo e di impegno personale. Una buona campagna di marketing sociale cercherà di ridurre questi costi, ad esempio dando varie forme di supporto, organizzativo, psicologico e pratico. Il Posto, ossia le caratteristiche ambientali in cui si svolge l’intervento, deve essere tenuto in considerazione, perché può presentare una serie di ostacoli al cambiamento, quali, ad esempio, l’accesso ai servizi. Infine, la Promozione è la diffusione dell’informazione, attraverso i metodi della pubblicità, attraverso la comunicazione di massa, ma anche attraverso la comunicazione personale. 4.5 Esempi di legame tra sorveglianza e interventi In questa sezione si riassumono due esempi di programmi di prevenzione rivolti a fattori di rischio nutrizionale e realizzati dal National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion degli Stati Uniti. 4.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS) Il PedNSS segue la crescita, il livello di anemia e l’allattamento al seno dei bambini americani di basso livello socio-economico che partecipano ai programmi per la difesa della salute finanziati dal governo federale. I dati raccolti comprendono la data di nascita, la data di visita, l’etnia di appartenenza, il peso, statura, emoglobina o ematocrito in tutti i bambini dalla nascita a 18 anni, il peso alla nascita e l’allattamento al seno fino all’età di due anni. I dati sono inviati ai governi regionali che li inviano mensilmente oppure ogni tre mesi al Center of Disease Control and Prevention, che genera tabelle periodiche. Le regioni possono analizzare indipendentemente i propri dati. Le informazioni del PedNSS sono legate alle seguenti azioni: • erogazione di servizi di attenzione nutrizionale pre-concezionale integrati nell’assistenza sanitaria di base, per occuparsi del rischio nutrizionale prima della gravidanza, quale il sottopeso, l’obesità e l’anemia; • attività di ricerca attiva per l’identificazione precoce della gravidanza e dell’ingresso in attività di cura prenatale, tra cui i servizi del programma WIC (Special Supplemental Nutrition Program for Women, Infants and Children), rivolti alla buona alimentazione (includendo un adeguato apporto di ferro), un adeguato guadagno di peso in gravidanza e l’interruzione del fumo e del consumo di alcool; • promozione della crescita dei bambini (inclusa l’educazione dei genitori sull’alimenta- 91 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale zione dei bambini), fornitura di alimenti a elevata densità nutrizionale per integrare la dieta dei bambini a rischio di inadeguata assunzione di nutrienti e assistenza sanitaria; • realizzazione di strategie innovative per far regredire la crescente tendenza al sovrappeso tra i bambini, tra cui l’identificazione precoce di bambini a rischio di obesità (ad es. bambini con genitori soprappeso) e l’educazione dei genitori sulle scelte alimentari e l’attività fisica; • promozione di un adeguato livello di assunzione di ferro e identificazione dei bambini a rischio di carenza di ferro; • affermazione dell’allattamento al seno come pratica accettata dalla società; • promozione di politiche per il supporto dell’allattamento al seno nei luoghi di lavoro e nei locali pubblici; • continuo sviluppo e realizzazione di strategie efficaci e culturalmente appropriate per promuovere l’inizio e la continuazione dell’allattamento al seno. 4.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction Con il supporto tecnico del CDC, gli Stati dell’Unione raccolgono informazioni sui comportamenti che conducono all’ictus, al cancro e al diabete: non svolgere abbastanza attività fisica, consumare una dieta ad alto contenuto in grassi e a basso contenuto in fibra, uso del tabacco e dell’alcool, non avere sufficiente accesso ai servizi sanitari. Scopo del programma di sorveglianza è di determinare aspetti prioritari per la salute, identificare popolazioni a rischio per malattie, disabilità e morte; sviluppare piani strategici e orientare i programmi di prevenzione; sorvegliare l’efficacia degli interventi e i progressi verso il raggiungimento di obiettivi di prevenzione; educare il pubblico, la comunità e i pianificatori sulla prevenzione; sostenere le politiche di promozione della salute e di prevenzione delle malattie. Queste informazioni sono legate a diversi programmi di sanità pubblica. Ne citiamo in particolare due, che potrebbero essere rilevanti per la situazione italiana, il Five-a-day e l’Active Community Environments. Il Five-a-day è un programma promosso dal National Cancer Institute (NCI) e dalla Fondazione Produce for Better Health (PBH), un’organizzazione senza scopo di lucro che rappresenta i produttori di frutta e verdura. Il NCI ha promosso coalizioni di dipartimenti sanitari regionali per sviluppare, realizzare e valutare interventi comunitari di educazione sanitaria. Il programma comprendeva una campagna sui mezzi di comunicazione di massa, un programma di sensibilizzazione ai punti di vendita e interventi comunitari. Il programma è costato 27 milioni di dollari e ha determinato, per il momento, una crescita da 19 a 23% dei consumatori di 5 o più porzioni di frutta e verdura. Il programma Active Community Environments (ACEs) è un’iniziativa promossa dal CDC per promuovere il camminare, l’andare in bicicletta e lo sviluppo di centri ricreativi attivi. Il programma prevede interventi sull’ambiente e le politiche tra cui il disegno urbano, la densità abitativa, la disponibilità di trasporti pubblici, di piste ciclabili e di percorsi pedonali. Questi obiettivi sono raggiunti grazie alla partnership con l’agenzia di protezione dell’ambiente. All’interno dell’ACE è stato sviluppato il programma Kids walk to school, un programma di comunità che ha l’obiettivo di aumentare le opportunità di attività fisica quotidiana, incoraggiando i bambini ad andare a scuola a piedi in gruppo accompagnati dagli adulti. E’ stata inoltre stabilita una collaborazione con le polizie locali, politici e commercianti per agevolare l’andare a scuola a piedi e in bicicletta senza pericolo. Interventi 92 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 4.6. Educazione Alimentare in età scolare: un modello di intervento L’Educazione Alimentare comprende ogni attività che miri allo sviluppo di comportamenti alimentari corretti e consapevoli del consumatore, nonché ad uno stile di vita sano, vissuto non come costrizione, ma come valore condiviso. La sua finalità ultima è quella di condurre ad una autonoma capacità di gestione corretta della propria alimentazione e dunque di difesa nei confronti di ogni forma di malnutrizione. 4.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi Numerose sono le ricerche epidemiologiche, su base nazionale e internazionale, che attribuiscono ad una alimentazione squilibrata (sotto il profilo qualitativo e quantitativo) e ad uno stile di vita sedentario, un ruolo preminente nell’insorgenza delle malattie cronichedegenerative (Rippe et al., 1998; Takashima et al., 1998). Tali patologie, oggi molto diffuse in Italia e in tutti i Paesi ricchi, compaiono in età adulta, ma mettono le loro radici già durante l’infanzia e l’adolescenza (Guo et al., 1994; Public Health Service, 1994). Infatti, è stato chiaramente dimostrato che l’adiposità infantile influenza la morbosità e la mortalità nella vita adulta (Must et al., 1992; Power et al., 1997): i bambini in sovrappeso hanno maggiori probabilità di divenire degli adulti obesi (Guo et al., 1994). Di conseguenza, più esposti al rischio di malattie cardiovascolari, all’ipertensione, al diabete e ad alcuni tumori (Pi-Sunyer, 2002; Prentice, 2001). Uno dei fattori che favorisce l’insorgenza di tali patologie è l’eccessiva assunzione di grassi, specialmente di quelli saturi (National Research Council and Food and Nutrition Board, 1989; Public Health Service, 1989). Infatti, molti sono gli interventi che, per modificare le abitudini alimentari della popolazione infantile in senso preventivo, hanno adottato come uno degli obiettivi primari, “la riduzione dei grassi” (Chang Ma & Contento, 1997; Dixon et al., 1997; Hunt et al., 1997). Va rilevato, tuttavia, che i pareri sull’opportunità di limitare l’assunzione di grassi in età evolutiva sono piuttosto controversi. Secondo alcuni Autori (Pugliese et al., 1987; Vobecky et al., 1995) tale limitazione, se non ben controllata, può riflettersi negativamente sulla crescita e sullo stato nutrizionale del bambino. Inoltre, i risultati di un’indagine conoscitiva (National Health and Nutrition Examination Survey) condotta negli USA, indica che, sebbene l’assunzione dei lipidi nella razione alimentare media della popolazione infantile sia diminuita, la prevalenza dell’obesità è comunque aumentata (McDowell et al., 1994; Troiano & Flegal, 1998). Al contrario, numerose organizzazioni preposte alla salute pubblica, hanno ampiamente riconosciuto il ruolo protettivo della fibra (Anderson, 1986; Public Health Service, 1989; US Depts of Agriculture and Health and Human Services, 1995). Molti studi hanno suffragato questa ipotesi e cioè che l’assunzione di adeguate quantità di fibre, diminuisce il rischio di insorgenza di malattie croniche quali, appunto, l’obesità, il diabete e il cancro del colon (Anderson, 1986; Anderson & Gustafson, 1987; Council on Scientific Affairs, 1989). Una dieta ricca in fibra si caratterizza normalmente per una ridotta presenza di grassi e colesterolo (ADA Report, 1999) e si associa ad un minor rischio d’insorgenza di diversi tumori (Block et al., 1992; Serafini et al., 2002; Steinmetz & Potter, 1991) e di malattie coronariche (Block et al., 1992; Gey, 1990). Ma, nelle società industrializzate, oltre ad un’alimentazione incongrua, è anche lo stile di vita estremamente sedentario e con livelli assai ridotti di attività fisica a costituire 93 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale un altro importante fattore di rischio: contribuisce cioè alla preoccupante diffusione del sovrappeso e dell’obesità tra gli adulti e i bambini (Going et al., 1999; Sallis et al., 1992). Per quanto riguarda i bambini italiani, per esempio, si è riscontrato che già all’età di 6 anni trascorrono quasi due ore al giorno davanti alla televisione. In tal modo occupano gran parte del loro tempo libero in passatempi passivi e sedentari, trascurando tutti quei giochi che, al contrario, comportano un certo impegno fisico (Caldarone et al., 1995). Inoltre, è stato riscontrato che solo una modesta percentuale di bambini e di ragazzi esercita una regolare attività sportiva. Nei bambini con bassi livelli di attività fisica si associa un aumento dell’IMC (Indice di Massa Corporea) (Andersen et al., 1998). Al contrario, l’attività fisica può aiutare i bambini a: • mantenere un peso ideale (Troiano et al., 1995); • ottenere uno stato ottimale di salute delle ossa (Ulrich et al., 1996); • contrastare la tendenza all’obesità e all’osteoporosi in età adulta (Ulrich et al., 1996). Tuttavia, a causa delle difficoltà incontrate nel valutare il profilo motorio dei bambini (Richardson et al., 1994; Sallis, 1993), alcuni studi forniscono dati contrastanti sul legame tra attività fisica e obesità infantile (Corbin et al., 1994; Pangrazi et al., 1996; Ward & Evans, 1995). In realtà, senza trascurare la partecipazione ad attività sportive organizzate ma piacevoli, sembra molto più influente uno stile di vita nel complesso più attivo (Urbinati et al., 1997). Sostanzialmente è necessario sollecitare i ragazzi, sin da piccoli, al moto spontaneo (es.: camminare, salire e scendere le scale a piedi, andare in bicicletta, ecc.) e all’attività fisica di tipo ludico (giochi in movimento), senza per questo trascurare l’abituale pratica di uno sport. Quest’ultimo tipo di attività, comunque, non sempre produce gli effetti desiderati. Uno studio condotto nella Provincia di Latina (Urbinati et al., 1997) rivolto alla popolazione scolastica, non ha dimostrato differenze significative tra i soggetti “sedentari” e gli “sportivi” a livello morfo-funzionale. Gli Autori concludono che gli effetti prodotti dall’attività sportiva organizzata sono quasi nulli, rispetto alle risposte adattative molto più pronunciate che l’inattività è in grado di indurre a causa della continuità con cui incide sull’organismo. Tali constatazioni fanno chiaramente emergere la necessità di promuovere e diffondere, nei soggetti in età evolutiva, una maggiore coscienza critica alimentare e, soprattutto, l’importanza di adottare uno stile di vita più attivo e, quindi, più sano. D’altra parte l’educazione alimentare, pur senza trascurare l’universo del consumatore in senso lato, ha sempre riconosciuto nei bambini e nei ragazzi i destinatari privilegiati di una attività che sia al contempo “educativa” e “preventiva”. Innanzitutto perché i giovani, anche in tenera età, costituiscono un terreno particolarmente recettivo a nuove conoscenze, ma anche perché sono più disponibili all’introduzione di miglioramenti e cambiamenti sul piano comportamentale. Il mondo della scuola, nelle sue varie componenti, è certamente la sede più idonea per attuare attività informative ed educative nel campo dell’alimentazione e della nutrizione: essa infatti riesce a coinvolgere non soltanto i ragazzi che la frequentano, ma anche le famiglie di appartenenza, nonché tutto lo staff scolastico. 4.6.2 Obiettivi prioritari In tema di educazione alimentare la letteratura scientifica riporta numerosi lavori riguardanti interventi che hanno avuto come gruppi bersaglio bambini e adolescenti. Dalla Interventi 94 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale loro analisi emerge che, per attuare una reale prevenzione primaria, nei confronti delle malattie croniche, le strategie di intervento più idonee a migliorare lo stile alimentare e di vita in generale della popolazione scolastica, sono quelle indirizzate prevalentemente a: • incrementare il consumo di fibra e quindi di prodotti provenienti dal modo vegetale (Harvey-Berino et al., 1998; Lowe et al., 2001; Perry et al., 1998). • aumentare l’attività fisica (Harris et al., 1997; Manios & Kafatos, 1999; Muller et al., 1999). Sulla base di tali considerazioni, e partendo dall’assunto che consumi di adeguate quantità di frutta, verdura e legumi, grazie alla presenza di generose quantità di fibra, contribuiscono ad un maggiore senso di sazietà e, conseguentemente, ad una riduzione del consumo di prodotti ad elevata densità energetica (Giacosa et al., 2000), sembra lecito porsi come primo obiettivo prioritario “l’incremento dei consumi di frutta, verdura e legumi”, la cui assunzione si attesta nella fascia italiana giovanile al di sotto dei livelli raccomandati (Ariano et al., 1997; Beelu et al., 1996; Leclercq et al., 2002). L’importanza di un adeguato consumo di questi alimenti, con la dovuta attenzione a quantità non eccessive di condimento, è legata alla fondatezza scientifica, ma anche alla semplicità con la quale in talune situazioni si può tradurre sul piano pratico (esempio: sostituzione di merendine di elevata densità energetica con frutta). Peraltro, il consumo di questi alimenti non solo agevola la riduzione degli introiti calorici e dei grassi, ma favorisce l’assunzione di vitamine, di elementi minerali e di una molteplicità di componenti ad attività antiossidante (ADA Report, 1999). Il secondo obiettivo prioritario può essere “l’incremento dell’attività motoria” e cioè la necessità e l’importanza di svolgere una maggiore attività fisica. Ma, soprattutto, tale obiettivo deve tendere al recupero per i giovani di quel patrimonio di attività e di giochi tradizionali che comportano movimento. La loro pratica quotidiana consentirà di: • creare i prerequisiti funzionali e strutturali utili all’apprendimento di nuove e più complesse abilità; • favorire lo sviluppo organico-muscolare. 4.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi Le indicazioni che ci vengono dalla letteratura sull’argomento, sono abbastanza univoche nel considerare che, per il raggiungimento dei suddetti obiettivi, l’Educazione Alimentare debba essere vista in un’ottica multidisciplinare e che debba mirare essenzialmente a “stimolare” e/o “disincentivare” comportamenti specifici, più che ad ampliare la semplice acquisizione di conoscenze (Contento et al., 1995; Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), 2001). Tutto ciò tenendo nella giusta considerazione l’insieme dei fattori personali, culturali e ambientali che interagiscono nel determinare i comportamenti alimentari (Kearney et al., 1997b; Tibbs et al., 2001). Ciò è tanto più importante quanto più il destinatario dell’azione educativa è giovane. Nonostante strategie comportamentali e approcci cognitivi costituiscano parte integrante di ogni attività pedagogica, tuttavia è possibile affermare che la componente comportamentale è di primaria importanza. La componente cognitiva infatti, diventa progressivamente influente con la crescita del bambino. La ricerca evidenzia che per i bambini più piccoli la scelta del cibo è regolata da fattori emotivi, affettivi e ambientali, quali familiarità e sapore. Essi sono più propensi ad esperienze concrete piuttosto che ad associazioni astratte sugli alimenti. L’elaborazione di processi cognitivi e concetti astratti di “prevenzione” e di “salute” vanno affrontati gradualmente, quando il bambino approda alla scuola media (Contento et al., 1995), insieme all’adozione di strategie che aiutino a promuovere l’autostima (ADA Report, 1999). 95 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Per sviluppare attività educative appropriate e messaggi nutrizionali mirati, sono di grande utilità i risultati di due indagini distinti e complementari sui consumi e sui determinanti del comportamento alimentare da condurre sulla popolazione scolastica interessata. Tali dati consentiranno di conoscere e stimare non solo le abitudini alimentari, in termini di frequenza, qualità e quantità e le tipologie dei prodotti vegetali preferite o rifiutate, ma anche l’insieme dei fattori motivazionali che sono alla base delle scelte alimentari. Inoltre, la conoscenza del profilo motorio può essere di ausilio all’impostazione delle attività volte a incrementare il dispendio energetico. Ma, di grande importanza per il successo degli interventi, è l’ampio coinvolgimento di tutti coloro che ruotano intorno al bambino: personale docente, famiglie e operatori della mensa. A livello scolastico è fondamentale il ruolo svolto dagli insegnanti (Tibbs et al., 2001), la loro collaborazione richiede una idonea preparazione e il diretto coinvolgimento nella impostazione e realizzazione del progetto. A tal fine assume particolare rilievo la loro formazione. Essa deve includere sia attività teoriche che lavori di gruppo. I contenuti del modulo formativo devono vertere essenzialmente su: • Linee Guida per una Sana Alimentazione dell’INRAN viste nel loro complesso. In particolare, l’attenzione va focalizzata sulle caratteristiche nutrizionali e sul ruolo degli alimenti frutta, verdura e legumi. Vanno fornite indicazioni concrete e di facile attuazione sul come e quando assumerli; va sottolineata l’importanza della loro qualità, varietà, stagionalità e quantità, anche in termini di riferimento al concetto di porzione. • Ruolo della prima colazione e opportunità di assumere la frutta a merenda e possibilmente, anche durante il primo pasto della giornata. • Aspetti sensoriali legati agli alimenti e importanza dell’educazione del gusto. • Ruolo dell’attività fisica e necessità di promuovere tra i ragazzi l’abitudine al movimento e ad attività fisiche di loro gradimento. • Individuazione delle metodologie da adottare. Esse dovranno essere tali da motivare e coinvolgere attivamente i ragazzi in operazioni in cui si vedano protagonisti. La ricerca in proposito indica che quando nelle attività di Educazione Alimentare sono presenti elementi quali “sfida”, “fantasia” e “curiosità” -contemplati dalla “Theory of Intrisecally Motivating Instruction (TIMI)- le probabilità che il target sia intrinsecamente più motivato ad imparare sono maggiori (Matheson & Spranger, 2001). Tali attività possono, ad esempio, prevedere: • realizzazione di schede sulla frutta, verdura e legumi; • selezione di ricette ad elevato contenuto degli alimenti interessati; • esperienze in cucina per la preparazione di piatti a base di frutta, verdura e legumi; • elaborazione di piatti dove gli alimenti vegetali siano protagonisti, ponendo la giusta enfasi sugli aspetti sensoriali; • rinforzo di comportamenti corretti e incentivazione di situazioni in cui assaggiare alimenti vegetali mai consumati prima (per es.: organizzazione di giornate con merende a base di frutta) ed altre esperienze di educazione del gusto; • ricerca e valorizzazione di piatti tradizionali a base di verdura, ecc.; • organizzazione di menù ricchi di prodotti vegetali, da realizzare a casa per il fine settimana, assieme ai genitori; • altre attività che aiutino a dare una immagine positiva ad un concetto legato ai vegetali, percepito troppo spesso come negativo; • anche la realizzazione, insieme ai ragazzi, di giochi e spettacoli e di prodotti quali Interventi 96 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale videocassette, opuscoli, posters, ecc., può rappresentare non solo il risultato tangibile di un processo di studio e di lavoro, ma costituire al tempo stesso un valido tramite di comunicazione tra gli stessi ragazzi, la scuola e il mondo esterno. 4.6.4 Coinvolgimento della famiglia La partecipazione dei familiari, e in particolare quella dei genitori, è essenziale affinché si sentano corresponsabili di tutto il processo educativo. Tale coinvolgimento non dovrà limitarsi a semplici messaggi informativi, ma dovrà includere attività stimolanti che i genitori attueranno insieme ai figli e agli insegnanti (Contento et al., 1995). Gli incontri con i genitori dovranno prevedere innanzitutto la presentazione e la discussione dei risultati dell’indagine sui consumi alimentari dei bambini e sul monitoraggio del loro stato nutrizionale. Saranno loro illustrate: le Linee Guida per una Sana Alimentazione; l’importanza nutrizionale di quegli alimenti di cui si vuole incentivare il consumo, nonché la qualità, la quantità e le modalità per la loro assunzione. Un altro essenziale messaggio da trasferire ai genitori, è quello riguardante la necessità di ampliare il ventaglio delle preferenze dei loro figli attraverso reiterate esposizioni a quei cibi non graditi (Johnson & Birch, 1994), in una atmosfera serena e non coercitiva. Per sviluppare l’accettabilità di un alimento non gradito, sembra sia necessario un minimo di 8-10 esposizioni a quel determinato alimento (Birch & Marlin, 1982). Infine, andrà posta la giusta enfasi sulla necessità che i loro comportamenti innanzitutto, dovrebbero essere improntati su sani e corretti principi: essi, infatti, rappresentano “modelli” in grado di influenzare lo stile di vita della loro prole (Fisher & Birch, 1995; Tibbs et al., 2001; Vauthier et al., 1996). 4.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica Il coinvolgimento degli operatori si può realizzare mediante iniziative che supportino: • la diffusione di conoscenze sull’importanza degli alimenti vegetali; • implementazione nella ristorazione delle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana dell’INRAN; • preparazione di piatti più salutari, ma accattivanti nella presentazione; • collaborazione alla realizzazione di piatti ideati dagli allievi, con la guida degli insegnanti; • collaborazione alla realizzazione di esperienze di educazione del gusto. 4.6.6 Verifica La verifica è una fase importante di ogni processo di comunicazione. Per cui, ogni progetto di educazione alimentare esige una verifica utile per valutare l’impatto delle attività svolte. E’ possibile valutare il cambiamento o l’incremento delle conoscenze, il cambiamento degli atteggiamenti o dei comportamenti effettivi (SINU, 2001). Ovviamente in relazione ai parametri che si vogliono valutare saranno predisposti gli appositi strumenti. 4.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative • Kit “Cultura che nutre” (kit didattico per gli insegnanti)*; • CD-Rom “Navigando tra alimenti e Nutrizione: guida per una sana alimentazione 97 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale italiana” (per docenti e studenti delle scuole medie inferiori e superiori)**; • Opuscoli di tipo informativo-educativo sui prodotti del mondo vegetale (per studenti, genitori, docenti)**; • “La terra delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti stagionali per le scuole elementari)*; • “La fiera delle cose buone” (quaderno interattivo sui prodotti della terra per le scuole elementari)*; • Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana (per famiglie e docenti)**; • Prevenire l’obesità in Italia (Indicazioni metodologiche per docenti e operatori sanitari)**; • Alla scoperta del gusto (per gli insegnanti)***; • Pagine web “Nutrirsi con fantasia “, percorso interattivo di educazione alimentare disponibile nel sito web della Regione Lombardia (www.sanita.regione.lombardia.it) e in quello della ASL della Provincia di Lodi (www.asl.lodi.it); • Sito web (www.etuoweb.com/asl/nef.html)***; • Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate con Decreto della Direzione Generale della Sanità 01/08/2002 n. 14833 - pubblicate nel sito (www.sanita.regione.lombardia.it)***; • Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica - approvate con DGR 17 luglio 1998 n.6/37435 - pubblicate nel BURL 1° supplemento straordinario al n°33 del 18/08/1998 ***; • Linee Guida per la Ristorazione Ospedaliera - approvate con Decreto Dirigente Unità Organizzativa n.16901 del 11/07/2001- pubblicate nel BURL 2° supplemento straordinario al n°31 del 02/08/2001***; • Linee Guida della Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizione dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL - approvate con Decreto Dirigente Unità Organizzativa n.9922 del 30/04/2001 - pubblicate nel BURL estratto dalla serie editoriale ordinaria n°23 del 04/07/2001***; Materiale disponibile presso: * Assessorati Regionali all’Agricoltura. ** Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN - ROMA). *** U.O. Prevenzione Direzione Generale sanità Regione Lombardia- ASL della Provincia di Lodi 4.6.8 Strumenti realizzabili • • • • • Giochi, fumetti, cartelloni, mostre, ecc. Materiale audiovisivo o elettronico interattivo. Calendari che riportino la stagionalità dei prodotti alimentari. Ricettari. Altro. 4.6.9 Programmazione delle attività formative ed informative • Attività formativa per gli insegnanti (tempo proporzionato alla tipologia progettuale e agli obiettivi). Interventi 98 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • Attività formativa sugli scolari (minimo 25-30 ore). • Attività formativa per gli operatori della mensa (minimo 2-3 incontri). • Attività informativa per i genitori (3-4 incontri). 4.6.10 Figure professionali coinvolte • Figure professionali con competenze nutrizionali e in analisi sensoriali. • Docenti. • Figure professionali con competenze psicologiche (la presenza di uno psicologo come supporto alle suddette figure professionali, può contribuire a garantire azioni più incisive). Un gruppo più ristretto di esperti formatori dovrà assistere gli insegnanti nel loro percorso didattico. 99 Interventi Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia ADA Report (1999): Position of the American Dietetic Association: dietary guidance for healthy children aged 2 to 11 years. J Am Diet Assoc. 99, (1), 93-101. Ajzen I (1991): The theory of planned behaviour. Org Behav Hum Dec Proc. 50, 179-211. 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In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, a queste si sono aggiunte altre tre Unità Operative Regionali (Campania, Toscana e Calabria). • La definizione del campione rappresentativo dei bambini di 8 anni è stata la prima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari. I bambini sono stati quindi sottoposti ad una valutazione antropometrica (peso e altezza) che è stata effettuata con procedure di rilevamento standardizzate. Ai bambini è stato somministrato un questionario di frequenza di consumo alimentare teso a definire il loro profilo dietetico. Ai genitori è stato fatto compilare un questionario sulla attitudine al cibo per valutare i fattori motivazionali che sono dietro alle scelte alimentari dei genitori nei confronti della alimentazione dei bambini. • Un terzo dei bambini esaminati risulta in sovrappeso con un 11% di bambini obesi. Le aree del Sud Italia incluse nel progetto mostrano una prevalenza maggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del Nord. La situazione migliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% dei bambini erano sovrappeso od obesi. • L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambito di progetti coordinati centralmente e la necessità di un coordinamento delle attività di sorveglianza rende importante creare strumenti che permettano una integrazione e una sinergia delle attività. 5.1 La proposta progettuale Il progetto “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione di malattie cronico-degenerative” ha preso avvio nel 2000 nell’ambito dei progetti di Ricerca Finalizzata finanziati dal Ministero della Salute. La sorveglianza nutrizionale e gli interventi di prevenzione delle patologie a componente nutrizionale nella popolazione sono una competenza dei SIAN, come stabilito nel loro decreto istitutivo. Non esistono, tuttavia, linee guida nazionali dedicate all’operatività ed alla scelta di idonee metodologie per l’individuazione delle priorità di intervento e per la valutazione dell’impatto sulla salute della popolazione e nemmeno una raccolta sistematica di informazione sugli eventi morbosi e sulla distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione, attraverso idonei sistemi di sorveglianza. In particolare non è stata a tutt’oggi condotta una iniziativa globale nelle AASSLL, che restano un grande potenziale 105 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale inutilizzato. Infatti sono molte le iniziative di raccolta dati a livello locale, ma a causa della mancata standardizzazione delle metodologie di raccolta dell’informazione e delle procedure di analisi, i risultati sono spesso poco comparabili. Nell’ottica dello sviluppo di un sistema informativo integrato a livello nazionale e di un intervento di politica nutrizionale che sia globale ma che consideri anche le specificità locali, risultava evidente la necessità di una sperimentazione in regioni con diverso quadro epidemiologico, disponibilità dei dati e tipologia delle strutture che li producono. Il progetto inizialmente era articolato in 4 Unità Operative che hanno collaborato allo sviluppo ed alla sperimentazione del sistema informativo nutrizionale e allo svolgimento di programmi di formazione e educazione: un’Unità Operativa Tecnico-Scientifica e tre Unità Operative Regionali. In corso d’opera e utilizzando mezzi propri, a queste Unità Operative si sono poi aggiunte altre tre Unità Operative Regionali. Le professionalità che hanno partecipato al progetto avevano già svolto attività sia nel campo della sorveglianza nutrizionale che in quello dell’educazione nutrizionale. Hanno quindi potuto mettere in comune le proprie esperienze per sviluppare metodologie standardizzate che tenessero conto delle diverse realtà territoriali. Il progetto aveva i seguenti obiettivi: • Progettazione di sistemi informativi primari e secondari utili alla delineazione di un profilo di salute rispetto alle malattie cronico-degenerative, con speciale attenzione all’obesità. • Stesura di un “Manuale di sorveglianza” che riporti le basi concettuali e metodologiche del sistema informativo. • Definizione della prevalenza dell’obesità in età pediatrica e valutazione di alcuni suoi fattori di sviluppo e di rischio in tre diversi ambiti regionali. • Formazione di personale medico e docente delle scuole elementari nello specifico campo dell’epidemiologia, della sorveglianza e della prevenzione nutrizionale. • Formulazione di progetti pilota per conseguire una riduzione dei fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cronico-degenerative e soprattutto per l’obesità. • Promozione di una sana alimentazione con l’incremento dell’assunzione di alimenti vegetali. La scelta di concentrare l’attenzione sull’obesità in età pediatrica è motivata da valutazioni oggettive: importanza del fenomeno e delle sue conseguenze ed effettive possibilità di prevenzione. Nei paesi industrializzati si sta verificando negli ultimi anni un rapido incremento nella prevalenza dell’obesità che riguarda sia l’età adulta, che l’età infantile (World Health Organization, 1998). Questo fenomeno è attribuibile soprattutto a cambiamenti ambientali e sociali verificatesi negli ultimi decenni, che influenzano il comportamento alimentare, lo stile di vita e l’attività fisica e che riguardano gran parte della popolazione mondiale (World Health Organization, 1998). Tali cambiamenti favoriscono in special modo la tendenza ad uno stile di vita sempre più sedentario e ad un consumo di alimenti ad alto contenuto energetico, fattori che favoriscono l’instaurarsi di un bilancio energetico positivo, con conseguente accumulo di tessuto adiposo. Nell’obesità, l’aumento di peso è tale da compromettere lo stato di salute, con conseguenze che vanno da un aumento del rischio di morte prematura, a complicanze più o meno invalidanti, che influiscono sulla qualità della vita e che comportano degli elevati Progetto pilota italiano 106 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale costi sociali. Data la tendenza al rapido incremento della prevalenza dell’obesità, considerando anche la grande difficoltà nel trattamento di tale patologia, è fondamentale lo sviluppo di piani di prevenzione. Particolare considerazione va rivolta alla prevenzione dell’obesità in età infantile, in quanto la presenza di un eccesso di grasso corporeo in tale fascia di età può essere già associata a fattori di rischio di malattia e può aumentare la probabilità che l’obesità e le patologie ad essa correlate persistano anche in età adulta (Fisch et al., 1975; Guo et al., 1994; Rolland-Cachera et al., 1987; World Health Organization, 1998) Quest’attività rientrava perfettamente negli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale per l’anno 2000-2002 che stabiliva tra le sue priorità la riduzione dell’obesità e delle patologie ad essa correlate. 5.2 L’Unità Operativa Tecnica L’INRAN, in qualità di Unità Operativa Tecnica, ha svolto il ruolo di consulente scientifico circa gli aspetti metodologici della sorveglianza. Ha collaborato con le sei Unità Operative Regionali (UUOORR) nello sviluppare piani di sorveglianza, nel valutare le fonti di dati secondari utilizzabili e nell’impostare la raccolta dei dati primari. La standardizzazione del rilevamento di dati antropometrici nelle scuole elementari è stata effettuata tramite la formazione e standardizzazione dei rilevatori e la stesura dei protocolli per il rilevamento dei dati antropometrici, nel quale è prevista la misura del peso e dell’altezza. Infatti per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentano confronti cronologici e geografici dei risultati, è essenziale la standardizzazione dei rilevatori e l’utilizzo di strumenti di adeguata precisione ed accuratezza. L’UO INRAN ha quindi predisposto l’invio di un esperto antropometrista nelle rispettive sedi delle UUOORR coinvolte nel progetto. Anche il sistema di codifica dei bambini è stato predisposto centralmente dall’INRAN, al fine di potere, una volta unite le banche dati, identificare facilmente la sezione, il plesso, la scuola e l’ASL di appartenenza dei soggetti. L’Unità Operativa Tecnica si è anche occupata della messa a punto di un programma per l’inserimento dei dati primari. Il software comune ha consentito di avere una banca dati unica con una codifica unitaria per tutte le variabili. Sono state quindi predisposte le istruzioni per la pulizia dei dati. I dati primari sono stati quindi trasformati in indicatori di stato nutrizionale sui quali sono state effettuate le analisi statistiche. Inoltre, sulla base delle proprie banche dati, l’INRAN ha predisposto un questionario finalizzato all’analisi dei modelli alimentari dei bambini di 8 anni offrendo inoltre supporto per l’elaborazione statistica dei dati raccolti nei bacini di sperimentazione. L’INRAN ha inoltre collaborato con le Unità Operative Regionali alla realizzazione di strumenti informativi per la popolazione ed ha predisposto il presente Manuale di Sorveglianza. Infine, con lo scopo di dare la massima divulgazione al progetto è stato creato uno spazio sul Sito Web dell’INRAN in cui si è evidenziata l’attività del gruppo di lavoro. Nella pagina relativa a questo progetto (www.inran.it/Ricerca/sorveglianza/sorveglianza.htm) vengono brevemente riportati gli obiettivi e la metodologia del lavoro. Vengono indicate le istituzioni e le persone coinvolte nel progetto con la possibilità di contattarle. Questa 107 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale operazione di pubblicizzazione ha determinato la richiesta da parte di altre regioni di aderire al progetto. 5.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR) Il progetto, nella sua fase iniziale, comprendeva le AASSLL di 3 Regioni: Brindisi (Puglia, Regione capofila del progetto), Bologna e Provincia: Bologna Città, Bologna Sud, Bologna Nord, Imola (Emilia-Romagna), Lodi (Lombardia). Ad esse si sono aggiunte, in corso d’opera e con propri fondi, tutte le Aziende Sanitarie della regione Toscana (n° 12), l’Azienda Sanitaria di Pomigliano D’Arco (Campania) e l’Azienda Sanitaria di Lamezia Terme (Calabria) (Figura 5.3.1). Ognuna di queste Unità Operative Regionali aveva già effettuato ricerche in settori collegati al progetto. Le rilevazioni sono state effettuate nel bacino di utenza delle Aziende Sanitarie (Tabella 5.3.1). Oltre agli aspetti comuni del progetto, le Unità Operative Regionali (UUOORR) hanno inserito nel progetto una loro specificità di obiettivi e di metodologie. La banca dati di base è stata comune a tutte le UUOO e le procedure di raccolta dati sono state rese standardizzate e comparabili. In ogni caso, nell’ottica dell’autonomia delle UUOORR e della specificità dei protocolli nei confronti delle particolari esigenze territoriali si è lasciato ai partecipanti la libertà di decidere quali parti aggiuntive includere nei propri piani di raccolta dati. Figura 5.3.1 - Le Unità Operative Regionali Progetto pilota italiano 108 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 5.3.1 - Bacini di sperimentazione delle Unità Operative Regionali 5.3.1 L’ UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila) Prima dell’inizio del progetto la Regione Puglia, ed in particolare la ASL BR 1, aveva già espletato diversi progetti di ricerca e monitoraggio nel campo dell’obesità nel suo territorio. Gli alti valori di prevalenza riscontrati nella popolazione sia adulta che pediatrica costituivano un problema di sanità pubblica che necessitava di approfondimento ed intervento. Nel 1999, quindi, la Regione Puglia ha presentato il progetto “Sorveglianza ed educazione alimentare basati su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative” al Ministero della Salute e sin dall’inizio ha affidato la conduzione del lavori all’UO di Igiene della Nutrizione della ASL BR1. Il progetto finalizzato può essere considerato una delle attività più importanti messe in atto dalla Regione Puglia per il conseguimento degli obiettivi nutrizionali espressi come prioritari dagli ultimi due Piani Sanitari Nazionali. Nell’ambito del progetto la Regione Puglia ha svolto la funzione di Regione Capofila. Ogni sei mesi le Unità Operative Regionali e l’Unità Operativa Tecnica hanno inviato al Capofila una relazione tecnico scientifica delle attività svolte, nonché un dettagliato rendiconto finanziario delle spese all’interno del progetto. E’ stato poi compito della Regione Puglia riassumere, integrare e rendere omogenee le varie relazioni scientifiche in un’unica relazione inviata al Ministero della Salute. Il Ministero della Salute, tramite il Dipartimento della Programmazione Ufficio IV, ha sempre approvato in toto le attività svolte nel progetto. Dal punto di vista della raccolta e della valutazione dei dati secondari disponibili a livello territoriale la ASL BR1 ha lavorato sui dati regolarmente rilevati su ricoveri ospedalieri e mortalità per la stesura annuale della Relazione sullo Stato di Salute. Su questi sono stati estratti gli stessi dati per le malattie a concausa nutrizionale. Per quanto riguarda i dati primari, anche in Puglia è stato misurato un numero rappresentativo di bambini frequentanti la III classe elementare, ma in questa UO il questionario sui consumi alimentari ai bambini è stato somministrato da personale addestrato e 109 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale standardizzato a gruppi di 4-5 bambini per volta. Ad un sottogruppo di 120 genitori è stato chiesto di compilare, oltre il questionario sulle abitudini ed attitudini alimentari, anche il questionario delle frequenze alimentari, senza che i genitori fossero a conoscenza delle risposte dei figli, allo scopo di verificare la coerenza delle risposte e quindi poter validare l’uso del questionario indifferentemente con i genitori e/o con i bambini. Per quanto riguarda gli aspetti della formazione l’UO Puglia ha lavorato di concerto con l’associazione del Pediatri di Libera Scelta organizzando incontri formativi per la conoscenza dell’obesità dell’età evolutiva nei suoi vari aspetti e con l’Ufficio Scolastico Provinciale per l’organizzazione di corsi di formazione per i docenti e di educazione con gli alunni e le famiglie. A livello regionale il coordinatore scientifico e parte del gruppo di lavoro hanno contribuito alla stesura delle “Linee guida regionali per la ristorazione collettiva e l’educazione alimentare” pubblicate nel Bollettino Ufficiale Regione Puglia (n. 44 dell’8/4/02). Infine, nell’ambito della comunicazione, l’UO Puglia ha proceduto alla preparazione di un calendario dove per ogni mese sono stati trattati gruppi di alimenti nei loro aspetti storici, bromatologici, umoristici, culinari e salutari, utilizzando parte degli elaborati dei bambini che hanno partecipato alla rilevazione dei dati primari. La decisione per questa forma di comunicazione è scaturita dalla necessità di non attuare un’azione di comunicazione solo per un breve e ristretto periodo di tempo, ma che si estendesse nel tempo e che entrasse nelle famiglie e nella vita giornaliera. 5.3.2 L’UO Lombardia: Lodi Il Progetto di ricerca “Sorveglianza ed educazione nutrizionale basate su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative “ rappresenta un importante tassello nel percorso strategico della prevenzione in Regione Lombardia. Il progetto, coordinato dalla UO Prevenzione, ha come riferimento territoriale per le fasi operative l’ASL della Provincia di Lodi. Lo scenario in cui il progetto si inserisce riconosce come coordinate le “Linee Guida della Regione Lombardia per i Servizi di Igiene degli alimenti e Nutrizione dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL” (Decreto n.9922 del 30-04-2001), il “Progetto di definizione operativa del sistema di accreditamento del Dipartimento di Prevenzione in Regione Lombardia” (DGR n.4057 del 30-03-2001) ed il Piano Socio Sanitario 20022004 della Regione Lombardia che indica, tra gli obiettivi strategici, il controllo dei fattori di rischio per malattie legate all’alimentazione, il miglioramento delle abitudini alimentari, la riduzione dell’obesità infantile. La forte attenzione della UO Lombardia alla tematica dell’alimentazione e della nutrizione è inoltre testimoniata dalle Linee Guida della Regione Lombardia per la Ristorazione Scolastica (DGR 17 LUGLIO 1998 N.6/37435) aggiornate con Decreto Dirigente UO Prevenzione 1 agosto 2002 n. 14833, dalle Linee Guida per la Ristorazione Ospedaliera (decreto della Direzione Generale Sanità n.16901 dell’11-7-2001). La sorveglianza nutrizionale, la comunicazione ed educazione, la consulenza dietetica in collettività sono, per l’UO Lombarda, fasi integrate e interattive dello stesso processo di promozione della salute. In particolare il Progetto Ministeriale rappresenta un contesto strategico per validare e divulgare, anche a livello interregionale, un modello educativo messo a punto e speri- Progetto pilota italiano 110 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale mentato nell’ambito territoriale dell’ASL della Provincia di Lodi, teso a promuovere il consumo di alimenti protettivi della salute nella popolazione infantile. In tale ambito si sono condotti interventi educativi di promozione del consumo di vegetali nelle collettività scolastiche, valutando i consumi di verdura prima e dopo l’intervento educativo. Strumenti e canali di comunicazione si sono inoltre fortemente sviluppati sul fronte delle iniziative editoriali e informatiche, con la creazione di pagine web di nutrizione. Per quanto riguarda le fonti di dati secondari, si è operata a livello locale, in relazione alle patologie target legate all’alimentazione, l’analisi dei dati di mortalità e la stima della frequenza (prevalenza ed incidenza). Gli interventi operativi sono stati coordinati e svolti dal SIAN del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL della Provincia di Lodi. Il ruolo delle professionalità attinenti le competenze dell’osservatorio epidemiologico dell’ASL è stato cruciale. 5.3.3 L’ UO Emilia-Romagna: Bologna I tempi della ricerca hanno coinciso in Emilia Romagna con l’approvazione del Piano Sanitario Regionale “Patto di solidarietà per la salute” comprensivo del rapporto tecnico per la definizione di obiettivi e strategie: Dossier 51 Alimentazione. In attuazione del Piano Sanitario l’UO Epidemiologia ha lavorato alla stesura del “Profilo di salute” del territorio sistematizzando dati relativi ai flussi informativi sanitari correnti: sono stati analizzati i ricoveri e calcolato il tasso di ospedalizzazione, è stata esplorata la Banca Dati delle prescrizioni farmaceutiche per descrivere la frequenza di alcune patologie (diabete, ipertensione). Da qui la disponibilità di dati secondari, locali e recenti, riconducibili a patologie legate all’alimentazione. L’integrazione di queste informazioni ha fornito un importante supporto conoscitivo sia nella fase di disegno della ricerca che nella programmazione degli interventi. Ampiamente riconosciuto il ruolo decisivo della prevenzione nutrizionale nel Piano Sanitario, si è reso necessario da parte dell’UO Nutrizione uno sforzo di elaborazione e sintesi di una materia tanto complessa. L’attività di formazione “Continuing Nutrition Education” ha dato avvio a tale processo: la questione nutrizionale è stata affrontata in modo trasversale sulla base degli aspetti tecnici e professionali che le sono propri. Intorno alla tematica sono state raccolte e organizzate conoscenze provenienti da ambiti culturali diversi, riguardanti aspetti sanitari, ambientali e comportamentali. La formazione a carattere interdisciplinare, è stata rivolta a tutti gli interessati alla ricerca il cui profilo professionale si prestasse ad inserire competenze nutrizionali. La complessità per l’UO Emilia Romagna ha riguardato il coordinamento delle AAUUSSLL corrispondenti al territorio della Provincia di Bologna. La pianificazione ha richiesto una sinergia dei quattro Dipartimenti di Sanità Pubblica, al cui interno operano i SIAN, motori della ricerca. Si è costituita una rete i cui nodi inizialmente erano rappresentati da SIAN, Dipartimenti di Pediatria di Comunità e Università di Bologna (Facoltà di Scienze Statistiche e Dipartimento di Antropologia). Una campagna Provinciale interistituzionale di educazione alimentare “..c’è il tempo per mangiare?” ha arricchito i nodi della rete con ulteriori interlocutori: il Policlinico Sant’Orsola - Malpighi, il Provveditorato agli Studi, le Farmacie Comunali, l’Assessorato all’Agricoltura dell’Amministrazione Provinciale - e l’Osservatorio Epidemiologico del Comune di Bologna, coordinatore 111 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale nazionale del Progetto OMS “Città Sane”. Ciascuno degli Enti ha assunto un ruolo nella ricerca per la parte di competenza. La metodologia adottata: interistituzionalità, partecipazione dei 9 Quartieri di Bologna e dei 60 Comuni provinciali, coinvolgimento diretto degli studenti attraverso la Consulta, intergenerazionalità fra giovani e adulti, progettazione per obiettivi, creazione di uno slogan, istituzione di un Centro di Documentazione, progettazione e realizzazione di siti Web interattivi: www3.iperbole.bologna.it/educazionealimentare; www.auslbonord.it/Spre/index.htm; www.auslbosud.emr.it/obiettivo_salute/educazione_alimentare; www.luxemburg.bo.it/weblux/aliment/index.htm L’UO dell’Emilia Romagna parallelamente ha sperimentato un disegno di sorveglianza nutrizionale con rilevazioni dall’età prescolare alla Scuola Elementare, Media Inferiore e Media Superiore. E’ stato individuato un campione rappresentativo per la fascia di età d’interesse, adattando sensibilmente le domande dei questionari, per i ragazzi e per le famiglie, senza alterare gli obiettivi conoscitivi. I presupposti per lo studio sperimentati dal gruppo bolognese sono stati quelli di rispettare la sensibilità dei genitori circa la riservatezza dei dati e di superare la preoccupazione degli insegnanti che temevano un uso strumentale della scuola. Le AAUUSSLL Bolognesi hanno messo a disposizione, a tal fine, un numero telefonico per dare trasparenza alla ricerca. 5.3.4 L’UO Toscana La Regione Toscana è stata la prima Unità Operativa aggiuntiva del progetto. Prima di entrare in questo progetto comunque la Regione Toscana era già impegnata in una diffusa attività di rilevazione epidemiologica dei profili nutrizionali di diverse fasce di popolazione, prevalentemente infantile e giovanile, e di interventi di educazione alla salute. I Servizi di Igiene degli Alimenti e Nutrizione (SIAN) e di Educazione alla Salute (EAS), operanti su tutto il territorio regionale, svolgono queste attività in collaborazione con altri enti, istituzioni e associazioni nell’ottica di un’azione organizzata ed integrata, prevista dai Piani Sanitari Regionali. La motivazione ad aderire al progetto Nazionale nasce dalla chiara volontà di superare la frammentazione delle attività di prevenzione delle patologie a componente nutrizionale, con un intervento coordinato, continuativo e riproducibile a partire dalla raccolta di dati confrontabili con quelli provenienti da altre realtà italiane. Tale scelta è consequenziale alle indicazioni del Piano Sanitario Regionale 1999-2001, ribadite dal Piano Sanitario Regionale 2002-2004, che prevede esplicitamente lo sviluppo di inziative coordinate e programmate che partano da un sistema di sorveglianza nutrizionale per realizzare interventi di prevenzione nutrizionale anche con azioni incisive di educazione alla salute. Per la realizzazione del progetto in Toscana, il Dipartimento del Diritto alla Salute e delle Politiche di Solidarietà della Regione Toscana ha consolidato il rapporto con Progetto pilota italiano 112 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale l’Università di Siena, attraverso la stipula di una convenzione con il Centro Ricerche Educazione e Promozione della Salute (CREPS), al quale è stato affidato il coordinamento del progetto stesso. Dato l’interesse suscitato presso tutte le Aziende Sanitarie è stato deciso di proporre al gruppo di coordinamento nazionale del progetto la partecipazione della Toscana con un campione di tutte le 12 aziende. Sette aziende (Arezzo, Empoli, Massa, Pisa, Prato, Siena e Viareggio) si sono impegnate a concludere entro Dicembre 2001 le attività sul campo previste nella prima fase del progetto. Le altre cinque aziende (Firenze, Grosseto, Livorno, Lucca e Pistoia) hanno proceduto alla rilevazione dei dati primari nella prima metà del 2002. Da questa comune esperienza di lavoro coordinato fra le AAUUSSLL della Toscana è sorta l’esigenza di organizzare una risposta ai bisogni formativi specifici relativi all’attivazione di un sistema di sorveglianza nutrizionale. A livello di singole AUSL e, successivamente, di Area Vasta (aggregazione funzionale di più Aziende Sanitarie prevista dal piano sanitario regionale) è stato avviato un percorso di formazione, che assicuri il necessario supporto scientifico, tecnico ed operativo all’implementazione del sistema regionale di sorveglianza nutrizionale. Inoltre, per aggiornare il quadro della situazione, sempre nell’ottica di superare la frammentarietà degli interventi in ambito nutrizionale, è stata effettuata una ricognizione di tutte le attività svolte in Toscana nel biennio 2000-2001, mediante un apposito questionario on-line inviato a tutte le aziende sanitarie, a tutti i Comuni e alle associazioni e cooperative che operano nell’ambito regionale. Nel mese di Dicembre 2002 è stato organizzato un convegno regionale, al quale hanno partecipato le altre UUOO del Progetto Nazionale, per rendere pubblici i risultati del progetto in Toscana. 5.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli Anche la ASL Napoli 4 era già impegnata in progetti di valutazione dello stato nutrizionale in età pediatrica prima del suo ingresso nel progetto. Nella realtà campana è stata fondamentale la collaborazione tra il SIAN e Il Servizio Materno Infantile che ha contribuito all’opera di sensibilizzazione dei genitori, delle scuole e dei Comuni coinvolti. La specificità della UO Campania è stata quella di aggiungere al piano di raccolta antropometrica il rilievo della plica tricipitale e l’esame bioimpedenziometrico per la valutazione della composizione corporea, al fine di confrontare l’Indice di Massa Corporea con altri indici di adiposità. Per il rilievo delle pliche cutanee e dell’esame bioimpedenziometrico sono stati utilizzati strumenti e tecniche già validate scientificamente (Caliper Holtain T.W. e BIA tetrapolare monofrequenza a 50khz). Dopo l’elaborazione dei dati primari, tutti i genitori sono stati invitati presso le strutture della ASL per ritirare la scheda sulla valutazione dello stato nutrizionale dei propri figli. Si è osservata una grande partecipazione e interesse all’iniziativa da parte di genitori e insegnanti. L’inserimento nel progetto ha rappresentato per questa UO l’occasione per un rinnovato interesse nel campo della ricerca in nutrizione. Sono state avviate iniziative di educazione alimentare che hanno previsto la realizzazione di corsi di formazione per gli 113 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale insegnanti delle Scuole Elementari ed incontri di senbilizzazione sul tema alimentazione e salute con i genitori degli alunni. Inoltre sono stati realizzati Progetti Formativi, accreditati con il sistema della formazione continua in medicina (ECM), per gli operatori del sistema sanitario, sulle problematiche della sorveglianza nutrizionale e degli interventi preventivi nei confronti dell’istaurarsi dell’obesità. Per queste attività di formazione l’ASL Napoli 4 sta collaborando attivamente con il Dipartimento di Neuroscienze – Area di Dietetica dell’Università di Napoli “Federico II”. 5.3.6 L’UO Calabria: ASL n°6 Lamezia Terme L’Azienda Sanitaria N° 6 di Lamezia Terme (CZ) è stata l’ultima unità operativa ad essere inclusa nel progetto, al quale ha aderito con fondi propri. La partecipazione al progetto ha rappresentato per l’Azienda l’occasione per potenziare e coordinare le attività di rilevazione antropometrica e di educazione alimentare già in atto in alcune realtà locali, e per codificare il lavoro di un gruppo multidisciplinare, già spontaneamente costituitosi. L’Azienda ha aderito al progetto accettando il protocollo nella sua globalità, senza prevedere aggiunte o specificità, anche in considerazione dei tempi ridotti di operatività. Il campione di popolazione scolastica è risultato rappresentativo di tutte le realtà esistenti sul territorio aziendale e ha fornito dati generali sull’intera popolazione scolastica; la numerosità campionaria inferiore a quella delle altre UUOORR deve essere vista in relazione al fatto che l’Azienda ha un bacino di utenza piuttosto piccolo (Tabella 5.3.1). La popolazione scolastica coinvolta ha aderito nella sua globalità (alunni, insegnanti, genitori) con entusiasmo ed immediatezza al progetto, la cui eco ha suscitato forte interesse anche nella popolazione generale. Sono quindi stati programmati e portati a termine numerosi progetti di educazione alimentare e nutrizionale, rivolti sia alla popolazione in generale che a molte scuole di ogni ordine e grado, con azioni relative alla realizzazione di corsi di formazione per gli insegnanti ed i genitori e con il coinvolgimento attivo degli studenti (drammatizzazione, rappresentazioni musicali, laboratori, visite guidate presso aziende alimentari). Sono state messe a punto procedure di prevenzione secondaria relative a diagnosi precoce e trattamento dell’obesità infantile. La partecipazione al progetto ha suscitato inoltre l’interesse di altre aziende regionali, con le quali si è aperto un dialogo per la definizione di modalità di lavoro condivise e la circolazione continua di dati confrontabili, a cui il presente manuale darà un notevole contributo. In conclusione bisogna ricordare che molte altre Aziende Sanitarie Locali hanno chiesto di partecipare al progetto. Il principale limite all’Adesione di altre UUOO è stato quello di evitare una raccolta dati troppo in ritardo rispetto alla chiusura dei lavori progettuali. Dover rifiutare l’adesione di altri partecipanti è stato un compito difficile; ci si augura di poter continuare ed espandere queste attività di collaborazione con gli operatori territoriali. 5.4 La stesura dei protocolli Durante tutto l’arco del progetto sono stati svolti numerosi incontri tra l’UO Tecnica e Progetto pilota italiano 114 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale le UUOORR per concordare le scelte circa lo svolgimento della raccolta dei dati primari. I protocolli e i questionari sviluppati dall’INRAN venivano di volta in volta esposti e discussi per poi essere raffinati in base alle osservazioni delle UUOORR. Le modifiche e le integrazioni sono sempre state fatte tenendo in considerazione l’obiettivo finale del progetto e cioè la realizzazione di un progetto pilota che ponga le basi per l’istituzione del sistema di sorveglianza. La raccolta di dati primari, in un tale sistema, è un processo oneroso sia dal punto di vista dei costi che del personale. La filosofia che è stata seguita è stata quindi quella di scegliere poche variabili, semplici ed essenziali affinché il rilevamento dei dati potesse essere effettuato in modo continuativo e con modalità facilmente estendibili in maniera standardizzata ad altre realtà regionali. I protocolli e i questionari presentati in questo manuale possono essere utilizzati per ripetere la rilevazione in bambini della stessa fascia di età residenti in altre aree, dopo una opportuna formazione e standardizzazione degli operatori da parte di personale esperto. E’ molto importante sviluppare questo tipo di questionari con la collaborazione di esperti nel settore dei consumi alimentari e delle rilevazioni antropometriche. Infatti, questionari sviluppati “in casa” rischiano di produrre dati inutili o da cui si possono trarre interpretazioni erronee. Occorre infatti ricordare che i questionari vanno sempre messi a punto tenendo conto degli obiettivi specifici del progetto. In questo progetto si è scelto di concentrare l’attenzione sui bambini di 8-9 anni di età, di terza elementare, sulla base delle seguenti considerazioni: • evidenze scientifiche suggeriscono che l’obesità in questa fascia di età ha un moderato valore predittivo riguardo all’obesità dell’adulto (Guo et al., 1994); • diversi studi hanno evidenziato un rischio di obesità più elevato in questo gruppo di età (Dietz, 1997; Olivieri et al., 1998; Rolland-Cachera et al., 1984; Wittaker et al., 1998); • il bambino di 8-9 anni è sufficientemente in grado di recepire messaggi preventivi ed orientare il proprio comportamento alimentare; • la fascia di età considerata precede la pubertà consentendo l’eliminazione delle interferenze nella valutazione dello stato nutrizionale legate alla comparsa dello sviluppo adolescenziale che è un fenomeno biologico estremamente poco prevedibile e con una forte variabilità inter-individuale. 5.4.1 Campionamento La definizione del campione rappresentativo della popolazione target ha costituito la prima fase della pianificazione dello studio basato sulla raccolta dei dati primari. Nel caso del progetto si è trattato dei bambini di 8 anni che frequentavano la terza elementare. La differenziazione delle realtà locali, sia in termini di caratteristiche demografiche e socioeconomiche che in termini di dati disponibili per la selezione, impone un trattamento specificatamente adattato a ciascuna situazione. Questo, che potrebbe in prima battuta apparire una limitazione, in realtà ci consente di fornire ulteriori indicazioni metodologiche per l’impostazione dello schema generale di procedura, e pertanto costituisce un elemento di arricchimento per future applicazioni. In sintesi, le tre prime aree coinvolte hanno avuto un campione “personalizzato”. In particolare: • la sperimentazione della regione Lombardia che riguarda il bacino di utenza della provincia di Lodi, si è basata su un campione ragionato, in quanto si tratta di un’area 115 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale a limitata estensione con realtà demografiche e socioeconomiche ben identificate e con caratteristiche di omogeneità al loro interno ben note ai ricercatori. • per l’ASL di Brindisi e l’ASL Bologna Nord si è proceduto mediante campionamento casuale, sia pure con differenziazione dovuta ai dati di base forniti. 5.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione dei campioni casuali In assenza di altre stime, le numerosità campionarie sono state calcolate tenendo conto della media e della deviazione standard dell’Indice di Massa Corporeo (IMC) determinato in uno studio condotto dall’INRAN nel 1999 nella regione Lazio, su un campione rappresentativo di bambini di 8 anni (Pomponi et al., 2000). Tra i valori possibili, è stato assunto come livello di precisione l’1.5%. Per il calcolo della numerosità campionaria sono state utilizzate le seguenti modalità a partire dalle stime ottenute nella regione Lazio (Tabella 5.4.2.1): • campione casuale stratificato per sesso: la popolazione è suddivisa nei due gruppi (strati) definiti dal sesso e la numerosità totale risulta dalla somma delle numerosità calcolate per ciascuno strato; • campione casuale semplice: è definita la numerosità totale e, per includere l’influenza del fattore sesso, il campione viene successivamente ripartito in proporzione della popolazione di ciascuno strato. Tabella 5.4.2.1 – Caratteristiche del campione studiato nella Regione Lazio Campione del Lazio Fonte: Pomponi, 2000 Al fine di illustrare come può essere determinata la numerosità campionaria minima (n0) per ottenere il livello di precisione desiderato, riportiamo di seguito i diversi passi: • si può fare riferimento alla curva normale, poiché si tratta di una variabile antropometrica • la formula di partenza è quella dell’ampiezza del semi-intervallo di confidenza con P=0,95 della media (χ) Progetto pilota italiano 116 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • si decide la precisione, cioè l’ampiezza del semi-intervallo (δ) δ è calcolato come percentuale della stima disponibile della media (1%, 5%, …); più limitato è l’intervallo, maggiore sarà la precisione della stima e, conseguentemente, più elevata la numerosità n; • la numerosità del campione sarà quindi: ≥ La tabella 5.4.2.2 riporta i valori che si otterrebbero utilizzando diversi livelli di precisione con un campionamento casuale stratificato per i due sessi (a) e con un campionamento casuale semplice in cui si tenga conto della proporzione maschi/femmine emersa dallo studio della Regione Lazio.(b) Come si può osservare la numerosità minima varia in funzione della precisione (10%, 1,5%,…), della variabile di interesse, della variabilità relativa, ossia della deviazione standard (σ) e della strategia di campionamento. In particolare, la numerosità è più elevata per il campione stratificato, cresce con il livello di precisione (δ) e con la variabilità relativa (espressa dalla deviazione standard). Infatti, nel caso del campione stratificato, in cui le numerosità sono calcolate separatamente per i maschi e le femmine, si può osservare che la numerosità richiesta per il livello di precisione definito, risulta sempre più alta rispetto alla numerosità campionaria calcolata con il sistema casuale semplice, che tiene conto della proporzione dei due sessi emersa dallo studio della Regione Lazio. (b) 117 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Tabella 5.4.2.2 – Calcolo della numerosità campionaria minima con diversi livelli di precisione e con campione stratificato per i due sessi (a) e con campione casuale semplice (b) n0 = numerosità campionaria minima χ = IMC medio stimato dallo studio della Regione Lazio δ = ampiezza dell’intervallo di precisione che tenga conto della media stimata dell’IMC e del livello di precisione desiderato (10%, 1,5%, ...) Progetto pilota italiano 118 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 5.4.3 Adattamento del protocollo alle singole regioni I diversi sistemi presentano vantaggi e svantaggi. Il campione stratificato permette una migliore rappresentatività delle sottopopolazioni, ma richiede numerosità più elevate. Nella scelta della strategia di campionamento, si è dovuto tenere conto di: • budget • disponibilità di personale • minimizzazione dei tempi di spostamento sul campo. La scelta è perciò caduta su un campionamento casuale semplice con un riproporzionamento del campione in base a strati definiti da ciascuna singola ASL per rispecchiare le caratteristiche del territorio considerate importanti ai fini della variabilità. Si è, inoltre, scelto un livello di precisione intermedio (1,5%). Allo scopo di evitare frequenti spostamenti dei rilevatori, la selezione del campione di bambini è stata effettuata tramite l’estrazione delle scuole, secondo il procedimento di seguito illustrato: a) analisi della distribuzione della popolazione target b) stima del numero di scuole in ciascuno strato, basato sul numero medio di alunni per classe e sul numero medio di classi per scuola • n0 / numero medio di alunni per classe = numero di classi • numero di classi / numero medio di classi per scuola = numero di scuole L’estrazione dei numeri casuali per identificare le scuole da inserire nel campione è stata effettuata con il programma EXCEL (Analisi dei dati - Generazione di numeri casuali) considerando come peso la frequenza relativa degli alunni di ciascuna scuola sul totale delle scuole appartenenti allo stesso strato. Sono stati estratti due elenchi di scuole per ciascuna ASL formando un elenco di titolari (prima estrazione) e di riserve (seconda estrazione) al fine di poter rimpiazzare le scuole che non volevano o non potevano partecipare allo studio. ASL di Brindisi Per effettuare il campionamento della l’ASL BR1 ci si è basati sull’ampiezza demografica dei comuni afferenti all’Azienda che corrisponde anche al territorio provinciale. I ventidue comuni della Provincia differiscono poco fra loro dal punto di vista delle risorse economiche e degli stili di vita. Tutte le municipalità hanno una base di attività agricola (fatta eccezione per Brindisi) e presentano una buona percentuale di attività industriale, prevalentemente di trasformazione ortofrutticola e tessile, unite ad attività di carattere turistico. Il campionamento quindi ha tenuto conto di queste differenze di densità di popolazione ed è stato eseguito estraendo un solo comune fra quelli con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, ed un altro fra quelli con popolazione fra 30.000 e 40.000; è stata quindi inclusa la città di Brindisi, capoluogo di provincia e unico nucleo abitativo con una popolazione superiore a 90.000 abitanti. Dal momento che i paesi con una densità fra 10.000 e 20.000 abitanti sono i più numerosi, in questa fascia di densità di popolazione, sono stati campionati due paesi. La nota positiva da evidenziare è che ogni scuola contattata ha immediatamente aderito non solo formalmente, ma impiegando anche forze proprie nelle attività del progetto. Anche le famiglie hanno aderito in blocco ed hanno anzi auspicato una prose- 119 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale cuzione del progetto anche negli anni successivi ed un coinvolgimento dei bambini di età inferiore in programmi di valutazione e prevenzione dell’obesità. La conferma dell’accettazione e della collaborazione delle scuole e delle famiglie si evidenzia nell’altissima percentuale di adesione al progetto pari al 96% del totale campionato. ASL di Lodi La popolazione dell’ASL della Provincia di Lodi ammonta a circa 200.000 abitanti, distribuiti su un territorio di 62 comuni, nessuno dei quali ha dimensione metropolitana. La città con più abitanti è Lodi, che conta circa 40.000 abitanti. Il territorio di afferenza della ASL è caratterizzato da un profilo prevalentemente agricolo, con modesta industrializzazione. Si tratta di un territorio omogeneo da punto di vista culturale, che non ha risentito del processo migratorio degli anni ‘60, e che risulta caratterizzato da un notevole pendolarismo verso Milano. La popolazione ha composizione e profilo demografico piuttosto uniforme con un decentramento dal capoluogo verso la periferia in rapporto ai parametri economici del mercato dell’edilizia abitativa. In base alle connotazioni demografiche, geografiche e culturali si è deciso di effettuare un campionamento di convenienza, definendo un campione di alunni frequentanti la terza elementare. Il campionamento è stato effettuato in modo da garantire la rappresentatività della popolazione in relazione al numero di alunni nei tre distretti tra le aree Nord (più direttamente gravitante sull’area metropolitana milanese) e Sud (confinante con la provincia di Piacenza), alla loro ripartizione per aree rurali ed urbane e alla copertura di diversi quartieri della città di Lodi. Il campione è stato ristretto alle scuole statali con ambulatorio di medicina scolastica, ed alle classi con dimensione medio-grande. L’indagine è stata realizzata definendo un campione “di convenienza” pari al 24% circa della popolazione di riferimento, coniugando così ampiezza e rappresentatività del campione con i requisiti di fattibilità ed efficienza, in relazione alle caratteristiche del territorio. In totale sono state inserite 20 classi con numerosità compresa tra 16 e 26 alunni. Bologna e provincia In questo caso i dati forniti dall’UOR hanno riguardato la popolazione per età al 1 gennaio 1999 dei comuni appartenenti ai distretti scolastici provinciali e alla Comunità Montana. L’INRAN ha fornito la proporzione di alunni da selezionare in ciascun distretto per ciascun fattore di stratificazione (fascia di ampiezza demografica, comunità montana), in loco sono poi state estratte scuole e sezioni, per garantire rappresentatività a tutti i quartieri della città di Bologna (centro e periferie) e a tutti i distretti sanitari distribuiti sulla provincia, che disegnano geograficamente specifici bacini di utenza. Il campionamento ha considerato i bambini che avevano 7 anni al 1 gennaio 1999 (seconde classi) che, hanno avuto 8 anni nel 2000 e, quindi, erano iscritti alla terza elementare, salvo casi di abbandono o trasferimento, recuperabili nelle riserve previste. I fattori di stratificazione utilizzati sono 1) classe di ampiezza demografica e 2) appartenenza o meno alla Comunità Montana, più due strati formati dal comune di Imola e dal comune di Bologna, che rappresentano realtà numericamente superiori in termini abitativi rispetto all’insieme dei comuni della provincia di Bologna. Progetto pilota italiano 120 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Toscana Le 12 AASSLL della regione Toscana hanno aderito in blocco al progetto e pertanto in questa area si è avuta la rappresentatività regionale nello studio nazionale. Le rilevazioni sono state effettuate su oltre 3.000 bambini. Per non sbilanciare numericamente il campione complessivo rispetto alle altre UUOORR, si è proceduto ad un campionamento in blocco, mediante il metodo del campionamento casuale a grappolo stratificato ad uno stadio. Con tale procedura, con il grado di precisione dell’1,5% previsto, e’ stato estratto il campione. ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco La popolazione dell’ASL Napoli 4 ammonta a circa 550.000 abitanti, distribuiti su un territorio di 35 comuni eterogenei per estensione territoriale e numerosità di popolazione con un intervallo di densità abitativa compreso tra 2000 e 50.000 abitanti. Il territorio, caratterizzato tradizionalmente da un profilo prevalentemente agricolo, oggi vede una compresenza, a volte disordinata, anche di una certa realtà industriale. Si tratta di un territorio omogeneo dal punto di vista culturale ad eccezione di alcuni comuni confinanti con la città di Napoli, che risentono di una recente urbanizzazione dovuta più che altro ad una elevata migrazione dall’area metropolitana. L’adesione al progetto della ASL Napoli 4, è stata successiva rispetto alle UUOORR che hanno dato vita al progetto stesso, per cui c’era l’esigenza di effettuare il rilievo dei dati primari entro la fine dell’anno 2001. Sono state campionate le scuole che hanno dato la disponibilità ad aderire all’iniziativa anche se non rientrava nella programmazione prevista per l’anno scolastico in corso. Le scuole sono state invitate a partecipare dietro comunicazione scritta inviata a tutte le scuole del territorio della ASL. Il campionamento è stato effettuato, comunque, in modo da garantire la rappresentatività della popolazione in relazione alla distribuzione geografica dei comuni nel territorio afferenti alla ASL. Due scuole campionate infatti, sono confinanti con la città di Napoli, mentre le altre si spostano verso le zone interne. Il campione è stato ristretto alle scuole statali con ambulatorio di medicina scolastica ed a quelle scuole che avevano la possibilità di trasferire gli alunni negli ambulatori dei Distretti Sanitari. Sono state visitate un totale di 27 classi. Lamezia Terme La ASL di Lamezia Terme ha un bacino di utenza di circa 131.000 abitanti distribuiti su 21 comuni. Il campione, costituito da 212 bambini, rappresenta circa il 20% della popolazione scolastica di riferimento (alunni della 3° elementare) ed è stato così ripartito: 144 alunni provenienti da tre circoli didattici del comune di Lamezia Terme, dove risiede più dei 2/3 della popolazione scolastica interessata (pari quindi a circa i 2/3 del campione totale), e 68 alunni provenienti dai comuni dell’hinterland, in modo da garantire la rappresentatività di tutte le realtà sociali ed economiche esistenti sul territorio aziendale. 5.4.4 Antropometria e scelta delle misure La definizione di un protocollo comune delle procedure di rilevamento dei dati antro- 121 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale pometrici è fondamentale per la valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva. Ciò è necessario per ottenere dati omogenei e scientificamente validi, che consentano confronti cronologici e geografici dei risultati. Per ottenere dati omogenei è essenziale la standardizzazione dei rilevatori dei dati antropometrici e l’utilizzo di strumenti di adeguata precisione ed accuratezza. Queste considerazioni di carattere generale sono state tenute presenti nella messa a punto del protocollo per il rilevamento delle misure antropometriche utilizzato nel progetto nazionale.Tale protocollo viene presentato in dettaglio nell’Allegato A. In questa sede si vuole sottolineare che in esso vengono descritte le tecniche per il rilevamento delle misure antropometriche secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, 1995). Inoltre vengono riportate le tecniche della standardizzazione dei rilevatori e per la revisione, calibrazione e manutenzione degli strumenti di misura. In un progetto di sorveglianza nutrizionale è opportuno limitare la scelta delle misure antropometriche a quelle strettamente necessarie, in modo da assicurare la correttezza e l’omogeneità dei dati raccolti, la fattibilità del progetto e la sua ripetibilità. Per questo motivo in questo progetto sono stati scelti il peso corporeo e la statura, in quanto sono le misure fondamentali, negli studi antropometrici, per la valutazione dello stato nutrizionale. Queste misure sono infatti sufficientemente semplici da rilevare e la strumentazione richiesta è relativamente economica e di facile manutenzione. 5.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche La qualità delle misure antropometriche dipende soprattutto dalla precisione e dall’accuratezza con cui sono rilevate. La precisione, o riproducibilità, di una misura dipende dalla differenza tra le misure ripetute in sequenza da uno stesso osservatore o da osservatori diversi. L’accuratezza rappresenta la dimensione di quanto l’osservazione s’avvicina al “valore reale” della misura. Sia la riproducibilità, che l’accuratezza sono determinate dalla capacità di misura dello strumento utilizzato e dall’esperienza del rilevatore. Di conseguenza, per assicurare la correttezza dei dati raccolti è necessario utilizzare strumenti di misura di appropriata precisione ed accuratezza. Inoltre è fondamentale che gli osservatori abbiano raggiunto un’adeguata esperienza nel rilevamento delle variabili antropometriche in studio. Qualora più rilevatori partecipino ad uno studio antropometrico, è opportuno che questi siano “standardizzati” per i siti e le tecniche di rilevamento, perchè le misure siano omogenee e confrontabili. A tale scopo ogni studio deve essere preceduto da una fase di training, durante la quale gli operatori vengono formati da parte di un operatore più esperto. La “standardizzazione” per i siti e le tecniche di misura viene, poi, effettuata tramite rilevamento in doppio delle varie misure antropometriche su uno stesso gruppo di soggetti (es. 10 soggetti), sia da parte dell’operatore da formare, che dell’operatore più esperto. Dal confronto tra l’errore di misura dell’operatore da formare e quello dell’osservatore più esperto, viene valutato il livello di esperienza raggiunto (vedi in Allegato A, il paragrafo “La standardizzazione delle misure”). E’ opportuno che il grado di accordo tra le misure dei vari osservatori sia rivalutato periodicamente durante lo svolgimento dello studio e che sia anche ritestata la precisione dei singoli operatori. Riassumendo quindi, è fondamentale, per ottenere dati omogenei e scientificamente Progetto pilota italiano 122 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale validi, utilizzabili sia a livello clinico che epidemiologico, che le misure vengano effettuate da personale tecnicamente preparato e standardizzato secondo le procedure raccomandate a livello internazionale, e, ovviamente, utilizzando adeguati strumenti di misura. Riguardo alla strumentazione, come viene meglio dettagliato nell’Allegato A, è necessario effettuare periodicamente una revisione e calibrazione. 5.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e sui comportamenti Per questo progetto sono stati predisposti appositamente questionari per la raccolta di dati primari sui consumi alimentari e sui comportamenti alimentari. Per quanto riguarda i consumi, è stato sviluppato un questionario di frequenza non quantitativo che permettesse di tracciare il profilo alimentare dei bambini di 8 anni oggetto di questo studio. Il questionario sulle frequenze di consumo alimentare viene riportato nell’Allegato B. Il questionario è stato compilato dai bambini sotto la guida degli insegnanti e la validità è stata testata mediante confronto con i dati di consumi registrati per 3 giorni consecutivi su un campione di scolari romani della stessa età di quelli inclusi nel progetto. Per facilitare il compito dei maestri è stata stilata una guida alla compilazione del questionario che viene riportata nell’Allegato B. Come si può vedere, sono stati indicati una serie di suggerimenti pratici quali l’accertamento dell’uso del carattere stampatello e la presenza del codice su tutte le pagine. Inoltre si è chiesto agli insegnanti di spiegare al bambino il significato di alcuni termini per l’identificazione degli alimenti che potessero risultare di difficile comprensione e che non era stato possibile semplificare durante la messa a punto del questionario stesso. Nella guida sono state indicate le diciture che potevano ingenerare confusione suggerendo anche come spiegare al bambino di che cosa si trattasse. L’altro questionario che è stato messo a punto per questo progetto è stato quello sui comportamenti e l’attitudine al cibo che viene presentato nell’Allegato C. La raccolta delle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del comportamento alimentare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppare progetti di Educazione Nutrizionale più mirati, e a formulare messaggi più calibrati (De Almeida et al., 1997). In tale ottica, è stato messo a punto il presente questionario che è stato somministrato ai genitori dei bambini di terza elementare coinvolti nello studio ed è stato importante per la valutazione delle abitudini alimentari, delle motivazioni nelle scelte alimentari e dei livelli di attività fisica dei bambini esaminati. Il numero delle domande e il loro stile coniuga l’esigenza di semplicità nella raccolta dei dati con una quantità di informazioni che non sia troppo onerosa rischiando di andare a scapito della qualità. Inoltre è stata scelta una veste grafica più chiara possibile per non indurre disattenzione e stanchezza di lettura da parte del compilatore. Tale questionario, articolato in più di 20 domande raggruppate per temi, ha avuto lo scopo di esplorare e indurre il genitore ad esprimere: • preferenze e rifiuti dei loro figli, in merito all’alimentazione, nonché i fattori che l’influenzano e le reazioni individuali dei genitori a tali comportamenti; • abitudine e frequenza dei bambini a fare degli spuntini tra i pasti principali davanti alla TV, frequenza delle richieste di cibi pubblicizzati e se, e perché, tali richieste vengono soddisfatte; • parere personale sulla opportunità di effettuare variazioni alle abitudini alimentari dei loro bambini e la loro personale percezione circa i benefici e gli ostacoli (Lappalainen 123 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale et al., 1997; Zunft et al., 1997) che possono favorire o limitare l’adozione di una alimentazione ricca di frutta, verdura e legumi; • fonti delle informazioni riguardanti una corretta alimentazione e livello di fiducia personale nelle diverse fonti informative (De Almeida et al., 1997); • profilo di attività fisica del bambino nell’arco della giornata, per valutare il livello di sedentarietà; • percezione dell’immagine corporea del proprio figlio, utilizzando sette silhouette, da sottopeso ad obeso (Hill & Silver, 1995) e individuazione di un’immagine che a loro giudizio, esprima meglio il concetto di salute; • indicazioni riguardanti: peso, altezza, età e grado di scolarità dei genitori. Queste sono in sintesi le variabili tenute presenti nella formulazione delle domande, poste in modo “chiuso” con strutturazione a risposta multipla. Le informazioni che emergono da questo tipo di valutazione possono essere di aiuto nell’affrontare in maniera idonea atteggiamenti negativi e barriere potenziali che spesso si riscontrano nella realizzazione di interventi di Educazione Alimentare volti a determinare modifiche sul piano del comportamento. Nello spirito dell’aderenza alla realtà locale, richiamata anche nel titolo della Ricerca, l’UO Emilia Romagna ha sviluppato questionari propri. Ha coinvolto nella stesura degli stessi famiglie, bambini, l’intero Gruppo Rete aderente al Progetto (Scuola, Sanità, Agricoltura, Farmacie, Enti Locali, ecc...). A partire dallo schema di questionario proposto dall’UO Tecnico-Scientifica e nell’ottica dell’Autonomia delle UUOORR, è stato messo a punto un modello di indagine leggermente diverso che tendesse a rispettare meglio la dimensione bolognese con tutta la ricchezza di contributi delle Istituzioni Locali che a diverso titolo dialogano costantemente con la realtà del territorio. I questionari (quello per i bambini e quello destinato ai genitori) utilizzati dalla UO Emilia Romagna vengono riportati nell’Allegato D. 5.5 Le analisi dei dati 5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati) Presupposto basilare per l’elaborazione dei dati è il loro trasferimento su supporto informatico. Questa attività richiede che i dati, opportunamente codificati, siano inseriti in fogli elettronici o database. L’elaborazione successiva risulterà estremamente semplificata se tale inserimento avviene in modo controllato, ossia predisponendo un programma di data entry corredato di istruzioni e preferibilmente contenente procedure di controllo automatico (tenendo conto della capacità di memoria dei computer e della facilità d’uso da parte degli operatori). In particolare, questo assicura la standardizzazione della codifica delle informazioni specialmente nel caso in cui l’inserimento sia effettuato in luoghi e tempi diversi, come è avvenuto nel presente progetto. L’unità operativa INRAN ha predisposto un software utilizzando il programma del Pacchetto Office ACCESS. Mediante una guida all’inserimento dei dati sono state fornite le indicazioni sulle operazioni da effettuare, la loro sequenza e per ogni tipo di quesito il metodo di codifica. Come spiegato nell’Allegato A, i bambini vengono identificati con un codice letterale e numerico. La trasformazione in codice dei dati personali è un requisito Progetto pilota italiano 124 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale essenziale di questo tipo di studi in quanto permette di assicurare il segreto statistico (d.lgs 6/9/89 n. 322) e di rispettare la legge sulla privacy (675/96). La maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del programma è riportata in figura 5.5.1.1. I dati inseriti sono organizzati in tante tabelle ACCESS quante sono le maschere. Il codice del bambino viene riportato solo sulla prima maschera con un doppio controllo di inserimento; poi automaticamente e senza possibilità di modifica il codice si ritrova su ciascuna maschera. Con questa procedura, il codice del bambino viene digitato solo all’inizio limitando la possibilità di errori. Un ulteriore filtro in fase di inserimento non permetteva di inserire codici duplicati. Questo sistema così controllato su una variabile cruciale come il codice, ha semplificato le procedure di pulizia e di analisi dei dati. Le tabelle sono state esportate sia in Dbase IV (calcolo di indicatori antropometrici) che su EXCEL (controllo e generazione file BAMBINI e GENITORI) per poi essere trasferite in formato SAS (1990) per le elaborazioni statistiche. Figura 5.5.1.1 - Maschera iniziale visualizzata all’atto dell’apertura del software 5.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi Le analisi dei dati costituiscono il mezzo attraverso cui i dati grezzi (matrice dei dati) forniscono risultati sintetici che descrivono il fenomeno in esame e che consentono l’identificazione e/o la costruzione di indicatori. Le analisi sono realizzate, in generale, a diversi livelli. Il primo di essi è l’analisi effettuata sui dati registrati per verificarne completezza (tutte le variabili sono registrate) e congruenza (i valori sono coerenti). Nel caso dello studio pilota qui presentato, il controllo ha riguardato l’aggancio dei diversi file inseriti nel programma ACCESS con le diverse maschere per formare un unico database, da analizzare con un pacchetto statistico (in questo caso il SAS). L’aggancio dei diversi file è stato 125 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale effettuato in EXCEL, generando due cartelle di lavoro (BAMBINI e GENITORI), nei quali sono state inserite variabili derivate, come l’Indice di Massa Corporea (IMC) del bambino e di ciascun genitore, la classe di IMC del bambino con metodo IOTF (Cole et al., 2000) e quella dei genitori (World Health Organization, 1995; World Health Organization, 1998), la classe di età dei genitori (fino a 29, 30-39, 40-49 e 50 anni e oltre), il range di percentili di Luciano et al. (Luciano et al., 1997), e, in seguito, la codifica del livello di istruzione di ciascun genitore (nessun titolo+elementare bassa; media inferiore+media superiore media; laurea alta). Il secondo livello di analisi è quello esplorativo semplice (descrittivo) e analitico (basato su più variabili), con l’identificazione di connessioni tra diversi caratteri, di cui il principale è la classe di IMC del bambino, poiché lo studio era finalizzato alla valutazione dell’obesità infantile. L’analisi è stata essenzialmente di connessione poiché la quasi totalità delle variabili era di tipo qualitativo e la significatività dei legami è stata effettuata mediante il test χ2. La comparazione geografica ha messo in evidenza differenze di comportamento che collimano con atteggiamenti e tradizioni diverse nei riguardi della percezione del problema. Alcuni risultati preliminari relativi ai dati raccolti nel progetto ministeriale vengono riportati nel paragrafo 5.5.4. Il terzo livello di analisi riguarda l’approfondimento di aspetti salienti emersi dalla prime esplorazioni e dall’applicazione di tecniche multivariate per l’identificazione delle dimensioni che caratterizzano i modelli di comportamento alimentare e l’identificazione dei gruppi di bambini/genitori che sono detentori di tali comportamenti. L’uso di una tecnica piuttosto che un’altra o la scelta del set di variabili dipenderà da quali fattori sono stati evidenziati come più importanti. 5.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione dei dati Al di là dell’obiettivo di analisi, possono risultare utili alcune indicazioni pratiche nell’uso dei diversi tipi di software disponibili per l’elaborazione dei dati (fogli elettronici, pacchetti statistici). Occorre fare attenzione a come vengono trattati i dati mancanti. Ad esempio, mentre in SAS o SPSS il vuoto (mancata digitazione) o il valore che il programma attribuisce come nullo sono entrambi considerati “dato mancante”, in EXCEL sono trattati come valori diversi quando si riepilogano i dati utilizzando le tabelle pivot. Risultano, tuttavia, ”dati mancanti” quando si calcolano medie, deviazioni standard e altri indici sintetici statistici. Un secondo esempio riguarda il calcolo dell’indice χ2 (descrittivo) e dell’applicazione del test χ2 (probabilistico) sulle tabelle riassuntive della frequenza di due caratteri (es.: classe di IMC del bambino e classe di IMC di un genitore). Nelle tabelle pivot le celle che non contengono frequenze risultano vuote. Il calcolo dell’indice descrittivo non presenta problemi, mentre il valore della probabilità (significatività) del test cambia se le caselle sono lasciate vuote o se in esse viene inserito il valore zero (cosa possibile solo dopo aver effettuato “copia” e “incolla speciale – valori”). In sintesi, conviene effettuare delle prove per verificare le condizioni dei dati ai fini di ottenere l’effettiva rispondenza alle esigenze dell’analisi. 5.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello stato nutrizionale Al fine di descrivere l’uso del metodo proposto dall’IOTF (Cole et al., 2000) per la valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva, viene riportata la procedura utilizzata Progetto pilota italiano 126 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale nell’elaborazione dei dati relativi al peso e alla statura dei bambini di terza elementare, raccolti nell’ambito del progetto pilota di sorveglianza nutrizionale e vengono riportati alcuni risultati preliminari. Il percorso concettuale che ha portato alla metodologia riportata da Cole et al (Cole et al., 2000) è descritto in dettaglio nel capitolo 2. La trattazione dei risultati dei dati raccolti nell’ambito del progetto ministeriale sarà oggetto di pubblicazioni scientifiche e di trattati divulgativi. In questa sede vengono riportati a titolo di esempio i dati di prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini esaminati divisi per sesso e per area geografica. Per ciascun soggetto è stata rilevata la data di nascita, da cui è stata calcolata l’età esatta (in anni decimali) al momento del rilevamento delle misure antropometriche. Quindi sono stati applicati i valori soglia relativi a tale età, ottenuti per interpolazione lineare. Per ogni soggetto la valutazione dello stato nutrizionale è stata effettuata tramite un programma di calcolo appositamente elaborato utilizzando il software EPI 6. Nella tabella 5.5.4.1 viene riportata la numerosità campionaria per area geografica e per sesso. Come si vede sono stati misurati un totale di 5479 bambini di cui 2829 maschi e 2650 femmine. Per le modalità con cui è stato effettuato il campionamento, la numerosità campionaria per ciascuna area geografica è proporzionale al bacino di utenza delle AASSLL coinvolte nel progetto. Tabella 5.5.4.1 – Numerosità campionaria per area geografica e per sesso dei bambini esaminati nel progetto ministeriale Nella figura 5.5.4.1 vengono riportate le prevalenze di sovrappeso e obesità nelle aree geografiche incluse nel progetto. Un terzo dei bambini esaminati ha un peso troppo elevato rispetto all’altezza con l’11% di bambini obesi. Le aree del Sud Italia incluse nel progetto mostrano una prevalenza maggiore di obesità e sovrappeso rispetto a quelle del 127 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Nord. In particolare Lamezia Terme e Pomigliano D’Arco risultano particolarmente interessate a questo fenomeno con più della metà dei bambini in sovrappeso o obesi. La situazione migliore da questo punto di vista si riscontra a Lodi in cui solo il 23% dei bambini esaminati è obeso o sovrappeso. Le prevalenze osservate sono relative alle aree geografiche di interesse e l’analisi effettuata è di carattere assolutamente descrittivo. Non vengono effettuati test statistici di differenze tra le prevalenze. Anche la prevalenza totale non può essere considerata una prevalenza nazionale ma rappresenta la prevalenza nel campione totale. Nella figura 5.5.4.2 viene riportata la prevalenza di sovrappeso e obesità nei maschi e nelle femmine. I due sessi non sono caratterizzati da indici antropometrici nettamente differenti e le prevalenze globali di sovrappeso e obesità non sembrano differire significativamente tra maschi e femmine. Diversa nei due sessi è la prevalenza di obesità, che nei maschi è generalmente più elevata. Anche analizzando i dati a livello regionale non si osservano differenze molto marcate fatta eccezione per Lamezia Terme in cui le bambine (64%) sono molto più colpite dal sovrappeso rispetto ai maschi (48%). Figura 5.5.4.1 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso e dell’obesità nei bambini di terza elementare distinti per area di appartenenza Maschi e Femmine Normopeso/Sottopeso Puglia (Brindisi) Emilia Romagna (Bologna) Progetto pilota italiano Sovrappeso Lombardia Campania Calabria (Lodi) (Pomigliano (Lamezia D’arco) Terme) 128 Obesità Toscana (Tutta) Totale Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Figura 5.5.4.2 - Risultati preliminari relativi alla prevalenza del sovrappeso e obesità nei maschi e nelle femmine per area di appartenenza Maschi Normopeso/Sottopeso Puglia (Brindisi) Emilia Romagna (Bologna) Sovrappeso Lombardia Campania Calabria (Lodi) (Pomigliano (Lamezia D’arco) Terme) Obesità Toscana (Tutta) Totale Femmine Normopeso/Sottopeso Puglia (Brindisi) Emilia Romagna (Bologna) Sovrappeso Lombardia Campania Calabria (Lodi) (Pomigliano (Lamezia D’arco) Terme) 129 Obesità Toscana (Tutta) Totale Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 5.6 Rappresentatività dei risultati, discussione La rappresentatività dei risultati di un’indagine campionaria dipende essenzialmente dall’estensione dello studio e dalla tecnica di campionamento utilizzata. La stima della numerosità campionaria è stata effettuata considerando un livello di precisione dell’1,5% in termini di ampiezza dell’errore standard, utilizzando una stima precedente della distribuzione dell’IMC relativa allo stesso tipo di popolazione (bambini di 3a elementare - 8 anni di età - della Regione Lazio). Un eventuale riporto all’universo dovrebbe quindi riguardare i bambini della ASL in cui lo studio è stato effettuato. La rappresentatività dei campioni è quindi in generale per singola ASL, se si eccettua il caso della Regione Toscana in cui le AASSLL hanno partecipato in blocco. Occorre tenere conto che le unità campionate sono state le scuole e le unità di rilevazione e analisi sono stati i bambini e un loro genitore. E’ il caso di accennare al fatto che una estensione ad altre aree e un aumento della numerosità campionaria, aumenterebbero il grado di precisione delle stime per la popolazione italiana e consentirebbero di effettuare test di confronto al di là dell’analisi descrittiva. Un eventuale problema di rappresentatività è legato all’esclusione dal piano di campionamento delle scuole private. Infatti, il campionamento è stato fatto sulla base dell’elenco delle scuole pubbliche fornito dal Provveditorato agli Studi. Il gruppo di popolazione che afferisce a queste scuole fa parte di una specifica classe sociale che potrebbe venir poco rappresentata nel campionamento fatto solo sulle scuole pubbliche. La scelta è stata motivata da un problema pratico nel reperimento degli elenchi degli alunni delle scuole private e della loro attendibilità. 5.7 Il contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema di sorveglianza integrato Gli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale per l’anno 2002-2004 assegnano un ruolo di primaria importanza alla nutrizione e alla sicurezza alimentare. Il citato documento si sofferma sulla necessità di attivare una “rete di sorveglianza epidemiologica nazionale in ambito nutrizionale”. Essa potrà costituire un “osservatorio del rischio associato alle abitudini e/o modificazioni alimentari della popolazione”, soltanto una volta che: • siano state assunte e standardizzate le metodologie per la valutazione dell’impatto dello stato nutrizionale sulla salute della popolazione; • sia stata effettuata una raccolta sistematica di informazione sugli eventi morbosi e sulla distribuzione dei fattori di rischio nella popolazione; • sia condotta un’iniziativa globale a livello delle organizzazioni istituzionalmente preposte a gestire l’attività sanitaria preventiva, nonchè di controllo e monitoraggio (Servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende UUSSLL per la diffusione, il collegamento ed il coordinamento delle attività delle unità locali. Oltre all’inserimento di AASSLL che hanno aderito al progetto con fondi propri, le numerose richieste di collaborazione pervenute all’INRAN durante lo svolgimento del progetto pilota sono state una chiara conferma dell’esistenza di alcuni bisogni specifici da Progetto pilota italiano 130 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale parte delle AASSLL per lo svolgimento dell’attività di sorveglianza ed educazione alimentare. Tale collaborazione è già in parte avviata con altre due Aziende: Palermo (Sicilia) e Catanzaro (Calabria). In particolare sono emersi chiaramente: • Un bisogno formativo da parte degli operatori dei SIAN, in particolare, circa le tecniche di rilevamento dei consumi alimentari, di valutazione dello stato nutrizionale e di raccolta e trattamento dei dati secondari per la creazione di profili nutrizionali e di intervento. • L’importanza per le strutture regionali e locali di poter lavorare in rete nell’ambito di progetti coordinati centralmente. Il coordinamento delle attività di sorveglianza fa si che i dati raccolti a livello locale in maniera continuativa e con tecniche standardizzate permettano comparazioni tra aree e consentano valutazioni per scelte di politica nutrizionale basate su dati locali ma integrate a livello nazionale. Esistono presso l’INRAN competenze specifiche che sono già state sfruttate nell’ambito del progetto biennale e che potrebbero essere utilizzate da un numero più ampio di AASSLL. Oltre al vasto patrimonio tecnico-scientifico, l’INRAN ha un ruolo istituzionale centrale nel campo degli Alimenti e della Nutrizione. Le singole attività delle strutture locali e regionali, opportunamente coordinate, risulterebbero potenziate nella loro efficacia consentendo quindi la realizzazione di una vera e propria politica nutrizionale, basata su dati locali ma integrata a livello nazionale. Allo scopo di attivare una rete di sorveglianza nazionale nel settore della nutrizione e della sicurezza alimentare, che permetta di coordinare ed ottimizzare gli sforzi delle Aziende Sanitarie, si è quindi evidenziata l’opportunità di offrire a tutte le regioni italiane la collaborazione dell’INRAN e di predisporre strumenti idonei alle necessità dei singoli SIAN attraverso l’attivazione di un Servizio Consulenza Alimenti e Nutrizione (SCAN). Lo SCAN si propone come uno strumento che permetta alle AASSLL e ad altre strutture private e pubbliche di fruire della conoscenza e dei servizi disponibili presso l’INRAN. Tramite lo SCAN, l’INRAN intende quindi fornire strumenti validati, conoscenze scientifiche, assistenza tecnico-scientifica per il disegno e la realizzazione di progetti di sorveglianza e di intervento. Un gruppo esteso e multidisciplinare di ricercatori dell’INRAN sono disponibili a prestare attività di servizio nell’ambito dello SCAN a seconda dei propri ambiti di competenza. Le richieste d’informazioni vanno inoltrate tramite e-mail a [email protected]. La divulgazione dell’iniziativa è iniziata a termine del 2002 e il piano di lavoro in questi primi mesi di attivazione dello SCAN consiste in: • Identificazione da parte dell’INRAN dei bisogni formativi e di consulenza da parte delle strutture regionali (AASSLL e Assessorati all’Agricoltura). • Realizzazione di un pacchetto formativo, che includerà sia il trasferimento di conoscenze scientifiche sia la fornitura di strumenti di supporto. • Predisposizione di un dossier illustrativo dell’offerta tecnico-scientifica dell’INRAN. • Svolgimento di attività di consulenza scientifica nell’ambito di specifici progetti territoriali. Un primo elenco di settori in cui lo SCAN può assicurare il proprio supporto tecnico viene illustrato nella Figura 5.7.1. Queste sono solo alcune delle attività per le quali si osserva una corrispondenza tra i servizi offerti dallo SCAN e le necessità delle strutture territoriali che operano in ambito nutrizionale e che sicuramente trarrebbero un gran vantaggio dall’essere messi in rete per sviluppare strumenti adeguati alle loro necessità. Il futuro della sorveglianza nutrizionale è senz’altro in questo tipo di integrazione, a livello sia nazionale che internazionale. 131 Progetto pilota italiano Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Figura 5.7.1 - Alcune attività di servizio dell’INRAN disponibili tramite lo SCAN Progetto pilota italiano 132 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia Cole TJ, Bellizzi MC, Flegal KM & Dietz WH (2000): Establishing a standard definition for child overweight and obesity worldwide: international survey. BMJ. 320, (7244), 1240-3. 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METODI DI MISURAZIONE Le misure antropometriche vanno determinate secondo le istruzioni di seguito riportate, e trascritte, per ciascun soggetto, nella scheda allegata al presente protocollo. PESO CORPOREO Preparazione del soggetto: il bambino viene pesato in condizioni standard: • Dopo la minzione. • A digiuno (anche se questa condizione spesso non è realizzabile e si rileva la misura dopo l’assunzione di una comune colazione). • Senza scarpe. • Indossando soltanto la biancheria intima. Strumento La misura del peso è più semplice e veloce utilizzando bilance pesa persone elettroniche, con divisione 100 g, dotate di display a cristalli liquidi. E’ necessario effettuare la revisione della bilancia prima di ogni sessione di misure. E’ opportuno revisionare la bilancia periodicamente anche durante lo svolgimento della raccolta dati. Misura del peso • Prima di ogni sessione di pesate controllare la carica delle batterie. • Posizionare la bilancia su una superficie piana. • Accendere la bilancia toccando con un piede la sua superficie, o l’interruttore (secondo il modello della bilancia utilizzata) ed attendere che lo zero “000.0” compaia sul display. • Il soggetto a questo punto può salire sulla bilancia e deve restare immobile, distribuendo il proprio peso equamente sui due piedi. 135 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • Quando la lettura è stabile, leggere il peso. • Il peso è registrato ai più vicini 100 grammi (es. kg 35,4). • Il soggetto può scendere dalla bilancia, che si spegnerà automaticamente. STATURA Strumento La statura è misurata con uno stadiometro fisso o portatile, con una precisione di 0,1 cm. Uno stadiometro si compone di un’asta verticale graduata e di una mobile, orientata ad angolo retto rispetto a quella verticale, da appoggiare alla testa del soggetto. Lo strumento può essere fissato ad una parete, o può essere usato senza supporto; in ogni caso ci si deve accertare che l’asta verticale sia correttamente allineata. L’uso di un apparecchio che consenta la misurazione della statura col soggetto in piedi su una bilancia basculabile è assolutamente sconsigliato. Si raccomanda, inoltre, qualora si utilizzi uno stadiometro portatile di utilizzare una parete senza battiscopa e di accertarsi che il soggetto non poggi i piedi su un tappeto o su qualsiasi altra struttura che lo sollevi da terra. Per posizionare correttamente lo stadiometro portatile occorre fissare alla parete la sua estremità superiore (con un chiodo oppure con un nastro adesivo), dopo aver esteso completamente la fettuccia graduata, fino a toccare il pavimento con la barra mobile orizzontale. E’ fondamentale che lo stadiometro sia correttamente sistemato. Lo strumento per la misura della statura deve essere regolarmente controllato e calibrato (vedi il paragrafo: Revisione e Calibrazione degli Strumenti). Misura della statura La misura è effettuata dal rilevatore, mentre l’assistente collabora nel controllare che il bambino mantenga la posizione corretta. • Il bambino deve essere scalzo o indossare calze leggere. I piedi debbono poggiare su una superficie piana ed il peso deve essere equamente distribuito sui piedi. • La testa deve essere orientata secondo il piano orizzontale di Francoforte: in modo che il margine inferiore dell’orbita ed il margine superiore del meato acustico siano sullo stesso piano orizzontale. • Le braccia pendono liberamente ai lati del tronco con il palmo delle mani rivolto verso le cosce. • i talloni, uniti poggiano contro la base della tavola verticale, mentre le punte dei piedi sono leggermente divaricate, formando un angolo di circa 60°. • Le scapole e le natiche devono essere in contatto con la tavola verticale. • Il rilevatore esercita con le mani una leggera trazione verso l’alto, sui processi mastoidei del soggetto per assicurarsi che stia ben eretto e porta la barra mobile dello stadiometro in contatto col capo esercitando una pressione sufficiente a comprimere i capelli. • La misura è approssimata al più vicino 0,1 cm e si annota sulla scheda di rilevamento (es. 135,3 cm). Allegato A 136 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale COMPILAZIONE DELLA SCHEDA INDIVIDUALE NEL CORSO DELLA VISITA La scheda individuale per il rilevamento delle misure andrà accuratamente compilata in ogni sua parte nel corso della visita, con grafia comprensibile in stampatello. I numeri vanno trascritti all’interno delle rispettive caselle in modo chiaro, così da non essere confusi l’uno con l’altro (per esempio il numero 1 con il 7, il 2 con il 4, lo 0 con il 6, il 4 con il 9). Per questo si suggerisce di riportare i numeri nel modo seguente: Uno - come una linea verticale singola, senza mettere sotto una linea orizzontale; Due e Tre - vanno scritti senza riccioli; Quattro - va scritto aperto, in modo da non essere confuso con il nove; Cinque - va scritto senza chiudere l’occhiello, per non essere confuso con il sei; Sei - va scritto in modo da non confonderlo con lo zero; Sette - barrare la stanghetta verticale, in modo che non si confonda con il numero uno; Otto - scrivere due occhielli sovrapposti, uniti. Può essere confuso con lo zero; Nove - chiudere l’occhiello, altrimenti può essere confuso con il quattro; Zero - barrare con una linea diagonale. Nel compilare la scheda utilizzare una penna ad inchiostro e non una matita. Per eventuali correzioni durante la compilazione della scheda, barrare il numero sbagliato e riscrivere completamente quello corretto accanto alle caselle con la cifra sbagliata (non correggere direttamente sopra alla cifra sbagliata). Voci contenute nella scheda di misura • Scuola (nome). • Sezione. • Nome e Cognome del bambino. • Codice del bambino (da attribuire secondo le indicazioni descritte di seguito). • Sesso del bambino. • Data di nascita (giorno, mese ed anno). • Data ed ora del rilevamento delle misure. • Rilevatore (cognome). • Codice della bilancia utilizzata (attribuito prima dell’inizio delle misure, al momen-to della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicata sulla bilancia). • Codice dello stadiometro utilizzato (attribuito prima dell’inizio delle misure, al momento della revisione dello strumento e trascritto su un’etichetta applicata sullo stadiometro). • Peso (in kg ai più vicini 100 grammi, es. kg 41,1). • Statura (in centimetri ai più vicini 0,1 cm: es. cm 135,3). • Nelle Note vanno indicate tutte le informazioni che il rilevatore riterrà utili e/o necessarie alla corretta interpretazione dei dati. 137 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Attribuzione del Codice Bambino Il Codice Bambino va riportato su tutti i fogli dei moduli di raccolta dati relativi al progetto di sorveglianza nutrizionale. Il Codice, composto da lettere e numeri, va attribuito secondo le seguenti indicazioni, come riportato nell’esempio: • nelle caselle 1 e 2 vanno trascritte le due lettere che identificano la sigla automobilistica della provincia; • nelle caselle 3 e 4 vanno riportate le due cifre che compongono il numero di codice della scuola: tale codice sarà un numero progressivo specificatamente assegnato ad ogni scuola selezionata per il campione in studio; • nella casella 5 va riportato il numero che indica il plesso della scuola; • nella casella 6 va riportata la lettera dell’alfabeto che identifica la sezione della classe frequentata dal bambino; • nelle caselle 7 e 8 vanno riportate le due cifre del numero progressivo che identifica il bambino nel registro di classe. Modalità di rilevamento delle misure antropometriche Durante la rilevazione delle misure, il rilevatore legge ogni misura ad alta voce. La misura viene registrata dall’assistente sulla scheda individuale. L’assistente ripete, poi, ad alta voce il valore registrato al fine di evitare errori di trascrizione o di interpretazione. E’ opportuno che ciascun bambino sia sottoposto alle misure singolarmente, in un ambiente tranquillo, evitando la presenza di altri bambini nel locale. Ciò al fine di evitare, soprattutto, che la visita crei disagio al bambino (vergogna nello svestirsi, battute di spirito dei compagni, etc...) e che la confusione possa incrementare la possibilità di errori di trascrizione delle misure. Gli alunni assenti nel giorno in cui vengono effettuate le misure, andranno misurati in un giorno diverso. Gli alunni portatori di handicap saranno ugualmente sottoposti alle misure, in modo da non creare loro un disagio psicologico, anche se non sarà possibile eseguire tali misure secondo le raccomandazioni. L’handicap andrà riportato nella scheda di misura nelle note. Se il bambino non fosse in grado di salire sulla bilancia, potrà essere pesato Allegato A 138 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale in braccio ad un’altra persona. Il peso di quest’ultima verrà indicato nelle note, mentre il peso cumulativo di tale persona più il bambino andrà riportato sulla scheda nella casella riservata al peso. Il calcolo del peso del bambino potrà essere effettuato successivamente in fase di elaborazione dei dati. STANDARDIZZAZIONE DELLE MISURE I rilevatori sono stati standardizzati con il metodo suggerito da Zerfas (Zerfas, 1986). L’esperto antropometrista dell’INRAN ha il ruolo di riferimento (“golden standard”) per la standardizzazione. Prima di effettuare la standardizzazione è necessario che l’operatore da formare abbia acquisito una buona pratica nel rilevamento delle misure antropometriche. Per la standardizzazione sono necessari n° 10 soggetti, con caratteristiche simili ai soggetti in studio (per questo studio bambini di 8-9 anni). Il test deve essere eseguito sotto la supervisione di un esaminatore esperto. Sia l’esaminatore, che il rilevatore da formare effettueranno, in rapida successione, due serie di rilevamenti delle misure antropometriche sugli stessi soggetti, secondo le modalità descritte di seguito. Tale test permette di valutare sia la precisione che l’accuratezza del rilevatore da formare. La precisione viene valutata per confronto delle misure ripetute in doppio sugli stessi soggetti, mentre l’accuratezza viene valutata tramite confronto tra le misure rilevate dall’operatore da formare con quelle rilevate sugli stessi soggetti dall’esaminatore. Valutazione della precisione (replicabilità inter-osservatore) Utilizzare la scheda per il Test della replicabilità • Codificare i soggetti da 1 a 10. • Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropometrica che si sta testando. • Misurare tutti i soggetti e registrare i dati nelle caselle corrispondenti alla “Prima misura” nella parte 1 della scheda. • Dopo avere misurato tutti i soggetti consegnare all’esaminatore la parte 1 della scheda, dopo averla ritagliata lungo la linea tratteggiata (in modo che l’operatore da testare non sia influenzato nel secondo rilevamento delle misure da quelle rilevate la prima volta). • Ripetere le misure sugli stessi soggetti e trascrivere i dati nelle caselle corrispondenti alla “Seconda misura” nella parte 2 della scheda. • Trascrivere i dati della parte 1 della scheda nelle caselle corrispondenti alla “Prima misura” nella parte 2 della scheda. • Calcolare per tutti i soggetti misurati la differenza tra la Prima e la Seconda misura e riportarla nelle caselle “Differenza” con il relativo segno (+ o -). INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST: L’interpretazione dei risultati va effettuata in base ai valori riportati nella tabella 1. • Segnare con cerchio le differenze comprese tra 6 e 9 mm (per la statura) e uguali a 0,2 kg (per il peso); segnare invece con un quadrato le differenze superiori a 139 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 10 mm (per la statura) e superiori a 0,3 kg (per il peso). La distinzione tra cerchio e quadrato è importante per riconoscere errori tecnici di minore entità, da errori di entità più marcata, in modo che l’esaminatore possa correggere adeguatamente l’operatore da formare nel rilevamento delle misure. Per lo stesso motivo è anche importante la differenza tra i segni meno ed i segni più tra la prima e la seconda misura, per il riconoscimento di errori sistematici (prevalenza di segni positivi o negativi). • L’operatore da formare supera il test quando il numero di cerchi nella scheda del test è zero o uguale ad uno; passa il test, ma è al limite dell’errore consentito, quando il numero di cerchi nella scheda del test è pari a due; deve ripetere il test, dopo avere ricevuto le adeguate correzioni nel rilevamento delle misure da parte dell’esaminatore, quando i cerchi sulla scheda sono almeno tre o quando è presente un quadrato. Valutazione dell’accuratezza (replicabilità intra-osservatore) Da effettuare dopo avere superato il test della replicabilità. Utilizzare la scheda per il Test dell’Accuratezza • Compilare la scheda nella sua parte superiore e specificare la variabile antropometrica che si sta testando (statura o peso). • Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il test della replicabilità dal rilevatore da formare nelle caselle corrispondenti all’Osservatore. • Trascrivere per ogni soggetto la prima delle due misure già effettuate per il test della replicabilità dall’Esaminatore nelle caselle corrispondenti all’Esaminatore. • Calcolare la differenza tra la media delle due misure effettuate dall’Osservatore e la media delle due misure effettuate dall’Esaminatore e riportarla nelle caselle “Differenza” con il relativo segno (+ o -). Allegato A 140 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL TEST Come per il test della replicabilità, va effettuata in base ai valori riportati nella tabella 1, come precedentemente descritto. Tabella 1 - Valutazione dei test di replicabilità ed accuratezza dei rilevatori delle misure antropometriche Fonte: modificato da Zerfas, 1986 REVISIONE E CALIBRAZIONE DEGLI STRUMENTI DI MISURA Bilancia La revisione della bilancia va effettuata prima di ogni sessione di misure; è, tuttavia, opportuno ricontrollare la calibrazione della bilancia periodicamente, durante lo svolgimento della raccolta dati. La verifica della calibrazione di una bilancia si effettua utilizzando dei pesi standard di riferimento, compresi nell’intervallo di peso atteso dei soggetti in esame. Se, ad esempio, si vogliono pesare degli individui di peso compreso tra i 20 kg ed i 50 kg, come nel caso di bambini di 8-9 anni, si dovrà testare la bilancia utilizzando pesi compresi in tale intervallo. 141 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Il peso standard deve essere stato determinato mediante uno strumento di classe di precisione superiore rispetto alla bilancia che si deve testare. Masse di riferimento in ghisa, di cui sia nota l’indeterminazione (generalmente indicata sul bollino stampigliato sulla massa stessa: x kg ± y g), possono essere acquistati presso i rivenditori di bilance. L’indeterminazione della massa di riferimento deve essere almeno di un ordine di grandezza inferiore alla precisione della bilancia che si deve testare; ad esempio se la bilancia ha una divisione di 100 g la massa di riferimento dovrebbe avere un’ indeterminazione inferiore o uguale a ± 10 g. Pesi da 5, 10, 20 kg possono essere combinati insieme, in modo da arrivare al peso necessario (es. 3 pesi di ghisa da 10 kg impilati, per raggiungere il peso di 30 kg). E’ possibile anche utilizzare mezzi alternativi “di fortuna”, come ad esempio dei bidoni o delle taniche, di cui sia nota la tara ed i litri di acqua contenuti, riempiti possibilmente con acqua distillata, considerando che 1 litro di acqua distillata corrisponde ad 1 kg. Per qualsiasi peso di riferimento considerato è importante che questo sia posto in modo da gravare al centro della pedana della bilancia e, ovviamente, che non sia sorretto dall’operatore. Procedura per la verifica della calibrazione e della linearità della bilancia nell’intervallo da zero a 50 kg Per la verifica della calibrazione della bilancia, si controlla, innanzitutto, lo “zero” ed eventualmente si calibra. Poi si verifica la calibrazione a fondo scala (in questo caso a 50 kg), effettuando n° 5 misure ripetute con il peso di riferimento di 50 kg. I valori misurati dalla bilancia vanno riportati sulla scheda per la revisione delle bilance. Se la differenza tra la media delle 5 misure ed il peso di riferimento è superiore a ± 0,1 kg, la bilancia va ricalibrata, nell’eventualità che sia dotata di tale possibilità, altrimenti ne è sconsigliato l’utilizzo. Le modalità per effettuare la calibrazione sono, generalmente, riportate nel manuale d’uso della bilancia, o possono essere richieste al costruttore o al rivenditore della bilancia. Successivamente si verifica la linearità della bilancia nell’intervallo tra 0 e 50 kg, effettuando misure ripetute 5 volte a 20 kg, 30 kg e 40 kg, tramite i pesi di riferimento e si riportano sulla scheda per la revisione delle bilance i valori misurati. Poi, si calcolano (e si trascrivono sulla scheda), per ciascun peso di riferimento, la media e la deviazione standard delle 5 misure. Si calcola e si riporta sulla scheda, anche la differenza tra il peso di riferimento ed il valore medio delle 5 misure a 20 kg, 30 kg, 40 kg. La bilancia potrà essere utilizzata qualora sia tale differenza, che la deviazione standard tra le 5 misure ripetute siano comprese entro ± 0,1 kg, per tutti i pesi dell’intervallo considerato. Stadiometro Lo stadiometro deve essere installato correttamente e revisionato prima di ogni sessione di misura, tramite una fettuccia metrica metallica, o un metro metallico di riferimento, con divisione 1 mm. Se la misura fornita dallo stadiometro si discosta di più di ± 1mm dalla misura di riferimento, sarà necessario riposizionare correttamente lo stadiometro ed il lettore (quest’ultimo nel caso dello stadiometro fisso). Per ricalibrare il lettore occorre smontarlo e riportare le cifre alla lettura corretta corrispondente allo zero (il punto più basso che raggiunge la barra orizzontale dello stadiometro, che corrisponde in genere circa ad 85,0 cm). Allegato A 142 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 143 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato A 144 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 145 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato A 146 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Bibliografia Zerfas, A. J. (1986) Checking continous measures. In D.o.E. School of Public Heath, ed. Manual for Manual for anthropometry UCLA, Los Angeles. 147 Allegato A Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 148 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • ALLEGATO B • IL QUESTIONARIO SULLE FREQUENZE DI CONSUMO ALIMENTARE Guida alla compilazione del questionario sui consumi alimentari La presente nota è destinata agli insegnanti, ai quali è richiesto di guidare i bambini nella compilazione del questionario sul profilo alimentare. Il questionario ha lo scopo di dare un quadro dei consumi alimentari regionali dei bambini di 8 anni. La raccolta di questi dati rientra in un progetto nazionale di sorveglianza ed educazione nutrizionale basate sui dati locali per la prevenzione delle malattie cronico degenerative associate all’obesità. Sulla pagina di copertina del questionario, nella quale sono indicate le strutture che stanno contribuendo alla realizzazione del progetto, il bambino segnerà i dati relativi alla scuola di appartenenza e le proprie specifiche anagrafiche. Nota importante: Si raccomanda agli insegnanti di guidare il bambino a scrivere in stampatello per evitare errori nell’interpretazione della grafia. In fondo a ciascun foglio che compone il questionario, verrà riportato un codice sintetico composto da numeri e lettere. Questo codice permetterà l’identificazione del bambino senza dover ricorrere al nome; inoltre nel codice sarà prevista l’identificazione della provincia e della scuola di appartenenza. Nelle pagine successive il bambino segnerà con una crocetta il quadratino che corrisponde alle proprie abitudini alimentari. Le frequenze di consumo sono settimanali e quindi i bambino dovrà riportare quante volte nell’arco di una settimana abitualmente consuma gli alimenti indicati. Questo significa che il questionario non si riferisce ad una precisa settimana ma che deve rispecchiare i consumi abituali del bambino. Nota importante: Sarà cura degli insegnanti spiegare al bambino il significato di alcuni termini per l’identificazione degli alimenti che possano risultare di difficile comprensione. Vengono di seguito riportate le diciture che possano generare confusione: “Crema spalmabile al cioccolato” (vedi le sezioni “Prima Colazione”, “Merenda del Mattino”, “Merenda del Pomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Nutella” o simili. “Creme spalmabili salate” (vedi le sezioni “Merenda del Mattino”, “Merenda del Pomeriggio”) si intendono le conserve spalmabili quali “Spuntì” o simili. 149 Allegato B Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato B 150 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 151 Allegato B Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato B 152 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 153 Allegato B Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato B 154 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 155 Allegato B Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato B 156 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • ALLEGATO C • IL QUESTIONARIO SUI COMPORTAMENTI E L’ATTITUDINE AL CIBO La raccolta delle informazioni relative alle motivazioni che sono alla base del comportamento alimentare, è legata alla possibilità che tali informazioni siano utili a sviluppare progetti di Educazione Nutrizionale più mirati, ed a formulare messaggi più calibrati. In tale ottica, è stato messo a punto un questionario somministrato ai genitori dei bambini di terza elementare coinvolti nello studio. 157 Allegato C Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato C 158 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 159 Allegato C Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato C 160 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 161 Allegato C Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato C 162 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 163 Allegato C Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato C 164 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale • ALLEGATO D • IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I BAMBINI DALLA UO EMILIA ROMAGNA So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza 165 Allegato D Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato D 166 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 167 Allegato D Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato D 168 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale IL QUESTIONARIO UTILIZZATO PER I GENITORI DALLA UO EMILIA ROMAGNA So.N.I.A: Sorveglianza Nutrizionale Infanzia Adolescenza 169 Allegato D Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato D 170 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 171 Allegato D Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Allegato D 172 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale INDICE Capitolo 1 – I principi della sorveglianza nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1 1.2 1.3 1.4 1 La sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il rapporto tra sorveglianza ed epidemiologia . . . . . . . . . . . . . . . . . Le politiche nutrizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I soggetti coinvolti nella politica nutrizionale e gli utenti della sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Progettazione di un sistema di sorveglianza . . . . . . . . . . . . . . . . . Scelta degli indicatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Modalità di raccolta dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7.1 Esperienza italiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.7.2 Esperienze di sorveglianza a livello internazionale . . . . . . . . Indicazioni per la costruzione di una sistema italiano . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 5 17 17 18 19 22 28 Capitolo 2 – Dati Primari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 1.5 1.6 1.7 1.8 2.1 Categorie di dati: socio-economici, stato nutrizionale, comportamenti alimentari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Metodologie d’indagine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Strumenti per la raccolta dei dati antropometrici . . . . . . . . . . . . . . 2.4.1 Valutazione dello stato nutrizionale nell’adulto . . . . . . . . . . . . 2.4.2 Valutazione dello stato nutrizionale in età evolutiva . . . . . . . . 2.5 Strumenti per la raccolta di dati relativi ai consumi alimentari . . . . 2.5.1 Metodologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.5.2 Fonti di errore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6 Gli indicatori di rischio dietetico per la valutazione dell’adeguatezza della dieta in una popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6.1 Stima degli apporti: variabilità intra-individuale e qualità dei dati rilevati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6.2 Definizione degli intervalli di sicurezza e definizione dei livelli di assunzione raccomandati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6.3 Uso dei livelli di assunzione raccomandati (LARN) per valutare l’adeguatezza della dieta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.6.4 Uso della curva dei fabbisogni per valutare l’adeguatezza della dieta (metodo probabilistico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 2 3 31 32 32 33 33 35 41 42 47 50 50 52 53 54 58 Capitolo 3 – Dati Secondari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 3.1 Analisi e selezione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Fonti di dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 67 173 Indice Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 3.3 Campionamento . . . . . . . . . . . . . 3.4 Valutazione della qualità del dato 3.5 Miglioramenti della qualità dei dati Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71 72 72 75 Capitolo 4 – Il passaggio dalla sorveglianza agli interventi . . . . . . . . . . . . 77 4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Quando intervenire? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.1 Decisioni basate sulle variabili di esito . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.2 Decisioni basate sulle variabili intermedie . . . . . . . . . . . . . . . 4.2.3 Decisioni basate su indicatori dello stile di vita . . . . . . . . . . . 4.3 Disegno degli interventi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4 I fattori determinanti del comportamento alimentare per le strategie di intervento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4.1 Le scelte alimentari in Europa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.4.2 Social marketing . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.5 Esempi di legame tra sorveglianza ed interventi . . . . . . . . . . . . . . 4.5.1 Pediatric Nutrition Surveillance System (PedNSS) . . . . . . . . 4.5.2 Nutritional and Behavioral Risk Factor Reduction (CDC) . . . . 4.6 Educazione alimentare in età scolare: un modello di intervento . . . 4.6.1 Analisi della letteratura e identificazione degli obiettivi . . . . . 4.6.2 Obiettivi prioritari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6.3 Proposte operative per il raggiungimento degli obiettivi . . . . . 4.6.4 Coinvolgimento della famiglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6.5 Coinvolgimento degli operatori della mensa scolastica . . . . . 4.6.6 Verifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6.7 Strumenti attualmente disponibili per le attività formative . . . 4.6.8 Strumenti realizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6.9 Programmazione delle attività formative e informative . . . . . . 4.6.10 Figure professionali coinvolte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77 78 78 79 82 84 89 90 90 91 91 92 93 93 94 95 97 97 97 97 98 98 99 100 Capitolo 5 – L’esperienza italiana: progetto pilota basato sui dati locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 5.1 La proposta progettuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2 L’Unità Operativa Tecnica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Le Unità Operative Regionali (UUOORR) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.1 L’UO Puglia: Brindisi (Regione Capofila) . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.2 L’UO Lombardia: Lodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.3 L’UO Emilia Romagna: Bologna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.4 L’UO Toscana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3.5 L’UO Campania: ASL Napoli 4 Pomigliano D’Arco Napoli . . . 5.3.6 L’UO Calabria: ASL n° 6 Lamezia Terme . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4 La stesura dei protocolli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 107 108 109 110 111 112 113 114 114 Indice 174 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 5.4.1 Campionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4.2 Calcoli preliminari per sviluppare il protocollo di estrazione dei campioni casuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4.3 Adattamento dei protocolli alle singole regioni . . . . . . . . . . . 5.4.4 Antropometria e scelta delle misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.4.5 Controllo di qualità delle misure antropometriche . . . . . . . . . 5.4.6 Disegno dei questionari sui consumi alimentari e sui comportamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.5 Le analisi dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.5.1 La generazione dei dati di partenza (matrice dei dati) . . . . . . 5.5.2 Problematiche legate ai vari livelli di analisi . . . . . . . . . . . . . . 5.5.3 Indicazioni pratiche nell’uso di software per l’elaborazione dei dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.5.4 Analisi dei dati antropometrici per la valutazione dello stato nutrizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.6 Rappresentatività dei risultati, discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.7 Contributo del progetto pilota all’impostazione di un sistema di sorveglianza integrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115 116 119 121 122 123 124 124 125 126 126 130 130 133 Allegati Allegato A. Il protocollo per il rilevamento delle misure antropometriche utilizzato nell’ambito del Progetto Ministeriale . . . . . . . . . . 135 Allegato B. Il questionario sulle frequenze di consumo alimentare . . . . 149 Allegato C. Il questionario sui comportamenti e l’attitudine al cibo . . . . 157 Allegato D. Il questionario utilizzato dall’UO Emilia Romagna . . . . . . . 165 175 Indice Manuale di Sorveglianza Nutrizionale 176 Manuale di Sorveglianza Nutrizionale Finito di stampare nel mese di marzo 2003 LITOTIPOGRAFIAZESISRLROMA 177 www.inran.it