“ORGANI DEL FALLIMENTO”
PROF. FABRZIO DI MARZIO
Università Telematica Pegaso
Organi del fallimento
Indice
1 PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 TRIBUNALE FALLIMENTARE ------------------------------------------------------------------------------------------- 4 3 GIUDICE DELEGATO ------------------------------------------------------------------------------------------------------- 5 4 RECLAMO CONTRO I DECRETI DEL GIUDICE DELEGATO E DEL TRIBUNALE ---------------------- 7 5 COMITATO DEI CREDITORI --------------------------------------------------------------------------------------------- 8 6 FUNZIONE DEL COMITATO -------------------------------------------------------------------------------------------- 10 7 IL CURATORE---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12 8 GESTIONE DELLA PROCEDURA -------------------------------------------------------------------------------------- 13 9 RECLAMI CONTRO GLI ATTI DEL CURATORE E SOSTITUZIONE --------------------------------------- 14 10 RESPONSABILITÀ DEL CURATORE---------------------------------------------------------------------------------- 15 11 RESPONSABILITÀ PER CULPA IN VIGILANDO ED ELIGENDO. -------------------------------------------- 20 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 Premessa
Gli organi preposti al fallimento sono: il tribunale fallimentare, il giudice delegato, il curatore, il
comitato dei creditori.
Taluni di questi organi sono collegiali (Tribunale, comitato dei creditori), altri monocratici (giudice
delegato e curatore). Gli uni esercitano funzioni di controllo e di indirizzo (organi giudiziari e
comitato dei creditori), gli altri funzioni gestorie (curatore).
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Tribunale fallimentare
Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare.
In primo luogo, provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli
organi della procedura, quando non è prevista la competenza del giudice delegato.
Inoltre, decide le controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice
delegato, nonché i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato (art. 23 l.f.).
La competenza del tribunale fallimentare concerne tutte le azioni che derivano dal fallimento (art.
24 l.f.).
Può dirsi “derivante” l’azione configurabile esclusivamente in ragione dell’intervenuto fallimento,
il quale ultimo costituisce il presupposto necessario per la prima. In tale ambito, sono ricondotte
non soltanto le azioni effettivamente costituite dall’evento fallimento (come le azioni di inefficacia
e le azioni revocatorie fallimentari) (1); ma anche le azioni, pur indipendenti dal fallimento, che
tuttavia assumono in forza dello stesso una speciale configurazione (come l’azione in cui si dibatta
sul potere del curatore di sciogliersi da un contratto in corso) (2). Per un terzo, ulteriormente
espansivo, livello di lettura possono dirsi egualmente derivanti dal fallimento le azioni comunque
incidente sullo stesso (come le pretese creditorie vantate dal fallito e le azioni che costituiscono
presupposto per l’ammissione del credito al passivo: quali l’azione di risoluzione o di annullamento
del contratto) (3).
(1) Sullo strettissimo nesso di derivazione tra fallimento e azione revocatoria fallimentare, cfr., esemplarmente, Cass.
Sez. un., 7 febbraio 2007, n. 2692, in Foro it., 2007, I, 2815; in dottrina, cfr. Rago, Manuale della revocatoria
fallimentare, Padova, 2001, 330.
(2) Cfr., oltre alle pronunce prima citate, anche Cass. 2 giugno 1978, n. 2765; Cass. 21 ottobre 2005, n. 20350 cit.;
Cass. 15 dicembre 2006, n. 26935; Cass. 13 settembre 2007, n. 19165; Cass. 5 dicembre 2008, n. 28867; App. Firenze,
13 febbraio 1989, in Dir. fall., 1990, II, 167. Nella dottrina meno recente cfr. Caselli, Organi del fallimento, in Comm.
Scialoja-Branca, Legge fallimentare, diretto da Bricola-Galgano-Santini – art. 23-41, Bologna-Roma, 1977, 46 ss.;
nella dottrina più prossima, cfr. Fabiani, Art. 24 l.f., in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Jorio e
coordinato da Fabiani, Bologna, 2006, 427; Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 20083, 92; Cavalli, Gli organi
del fallimento, in Ambrosini, Cavalli, Jorio, Il fallimento, cit., 254; Pagni, Le azioni di massa e la sostituzione del
curatore ai creditori, in questa Rivista, 2007, 1038.
(3)
La tesi più espansiva trova scarso riscontro nella giurisprudenza pratica; tuttavia, in alcuni casi l’indirizzo
prevalente dimostra di accogliere proprio l’avviso più largheggiante: così per l’azione di simulazione promossa dal
curatore (cfr., tra le recenti, Cass. 20 luglio 2004, n. 13496, in Mass. Giust. civ., 2004, n. 7-8; Cass. 8 agosto 2007, n.
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3 Giudice delegato
Stabilisce l’art. 25 l.f. che il giudice delegato dal tribunale fallimentare alla trattazione della singola
procedura esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura.
In particolare, e nell’ambito di tale generale funzione:
1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del
patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto
incompatibile con l’acquisizione;
3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo
ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;
4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito
alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento;
5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del
comitato dei creditori;
6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto.
L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata
per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca
dell’incarico conferito ai difensori nominati dal medesimo curatore;
7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla
legge;
8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi.
17388; per una critica, cfr. Fabiani, Art. 24 l.f., cit., 431). A ben vedere, anche escludendo questa posizone estrema, e
dunque, anche condividendo l’accezione del “nesso di derivazione” per come recepita in giurisprudenza ci si imbatte in
una struttura concettuale non pienamente soddisfacente: alquanto incoerentemente, infatti, si trovano in essa
accomunate sia le azioni dipendenti dal fallimento per fondamento e ragione (quale, appunto, l’azione revocatoria
fallimentare) sia azioni indipendenti dal fallimento ma la cui disciplina resta parzialmente condizionata dall’intervenuto
fallimento. Di modo che è apparso legittimo distinguere, nella corrente interpretazione, un duplice livello di significato,
così da poter raggruppare in due diversi insiemi le azioni comunque ‘derivanti’ dal fallimento: includendo nel primo le
azioni effettivamente derivanti e nel secondo le azioni semplicemente conformate.
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Per una regola fondamentale, introdotta con la recente riforma ed ispirata al principio del giusto
processo sancito nell’art. 111 Cost., il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia
autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.
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4 Reclamo contro i decreti del giudice delegato e
del tribunale
Per regola generale, stabilita nell’art. 26 l.f., e salvo che sia diversamente disposto, contro i decreti
del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello,
che provvedono in camera di consiglio.
Legittimati a proporre reclamo sono: il curatore, il fallito, il comitato dei creditorie, inoltre,
chiunque vi abbia interesse (ai sensi della regola generale dell’art. 100 c.p.c.).
Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla
notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi
ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine
decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato o dal tribunale, se
quest’ultimo ha emesso il provvedimento.
Esigenze di celerità nella gestione della procedura giustificano la regola secondo cui il reclamo non
sospende l’esecuzione del provvedimento.
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5 Comitato dei creditori
Il comitato dei creditori – disciplinato nell’art. 40 s. l.f. - è l’organo rappresentativo del ceto
creditorio. Composto esclusivamente da creditori, esso svolge funzioni di vigilanza e autorizzazione
della gestione fallimentare riservata al curatore garantendo che la stessa si sviolga nell’intyeresse
dei creditori concorsuali.
Il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato entro un termine molto breve: trenta giorni
dalla sentenza di fallimento.
Per la decisione su quali creditori scegliere per la composizione del comitato, il giudice delegato si
avvale delle risultanze documentali a quel momento disponibili nella procedura (e da cui possono
emergere le identità dei creditori: come la documentazione contabile).
Prima di decidere, il giudice delegato deve acquisire il parere del curatore e deve interpellare i
creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la
disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi aventi i requisiti
previsti.
La composizione del comitato può essere modificata dal giudice delegato in relazione alle
variazioni dello stato passivo o per altro giustificato motivo (quali, tipicamente, stati di conflitto di
interessi e inerzia operativa).
Il comitato è composto di tre o cinque membri che, come anticipato, devono essere scelti tra i
creditori.
In criterio che deve essere seguito nella scelta – sempre sulla base dei nomi emersi dalla
consultazione della documentazione disponibile e sulla base dei pareri raccolti – deve assicurare la
rappresentanza in misura equilibrata della quantità e della qualità dei crediti, avuto riguardo alla
possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi. Deve perciò distinguersi tra crediti garantiti e
chirografari (dando la precedenza, nel comitato, ai creditori non assistiti da garanzia,e dunque
maggiormente interessati al buon esito delle operazioni fallimentari), deve valorizzarsi la
partecipazione dei creditori maggiormente esposti (e dunque più interessati alla procedura e meno
condizionabili da altri interessi esterni diversi dalla massimizzazione dei risultati nel fallimento).
Deve, infine assicurarsi la rappresentatività per categorie di creditori (lavoratori, finanziatori,
fornitori, ecc.)
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Una volta costituito, il comitato provvede, su convocazione del curatore, a nominare a maggioranza
il proprio presidente.
Il componente del comitato che si trova in conflitto di interessi si astiene dalla votazione.
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6 Funzione del comitato
Le funzioni del comitato sono dettagliatamente disciplinate dell’art. 41 l.f.
Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore e in particolare ne autorizza gli atti.
Inoltre, esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice
delegato.
La procedura per l’assunzione delle decisioni è quella della deliberazione maggioritaria che si
conclude con una decisione motivata.
Più specificamente, il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando
sia richiesto da un terzo dei suoi componenti. Le deliberazioni del comitato sono prese a
maggioranza dei votanti, nel termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la
richiesta è pervenuta al presidente. Il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per
mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova
della manifestazione di voto.
Dunque, la prassi tuttora seguita in molti casi, e derivata dalla precedente versione della legge
fallimentare, di raccogliere il parere del comitato dei creditori per singole manifestazioni di volontà
desumibili anche dal silenzio-assenso non è conforme a legge per più ragioni. Primo: perché la
singola manifestazione di volontà è cosa opposta alla deliberazione collegiale. Secondo, perché la
volontà collegiale deve risultare da provvedimento scritto e non può avere carattere tacito. Terzo
perché la decisione deve essere motivata.
La legge prevede infine il caso in cui il comitato non possa essere costituito (per mancanza di
creditori disponibili ad assumere l’incarico) o resti inerte o non possa funzionare (per le più varie
ragioni addebitabili ai \creditori). In caso di inerzia, di impossibilità di costituzione per insufficienza
di numero o indisponibilità dei creditori, o di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il
giudice delegato.
Per poter assolvere in maniera informata alle proprie funzioni, è previsto che il comitato ed ogni
componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della
procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.
I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre a un possibile compenso.
Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’art. 2407, primo e terzo
comma, del codice civile sulla responsabilità dei sindaci. L’azione di responsabilità può essere
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proposta dal curatore durante lo svolgimento della procedura. Con il decreto di autorizzazione il
giudice delegato sostituisce i componenti del comitato dei creditori nei confronti dei quali ha
autorizzato l’azione.
Contro le autorizzazioni o i dinieghi del comitato dei creditori e i relativi comportamenti omissivi, il
fallito e ogni altro interessato possono proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge,
entro otto giorni dalla conoscenza dell’atto o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine
indicato nella diffida a provvedere. Il giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato,
omessa ogni formalità non indispensabile al contraddittorio.
Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale che decide con decreto
motivato non soggetto a gravame.
Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del comitato dei creditori, il
giudice delegato provvede in sostituzione di quest’ultimo con l’accoglimento del reclamo (cfr. art.
36 l.f.).
Conclusa l’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello
stesso, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti
ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori
nel rispetto dei criteri di cui all’art. 40.
Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli ammessi,
indipendentemente dall’entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato
dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all’art. 41, un compenso per la loro
attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore.
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7 Il curatore
Il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con
decreto del tribunale (art. 27 l.f.).
Circa le caratteristiche da possedersi per essere nominati curatori, dispone l’art. 28 l.f. che possono
essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:
a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i
requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve
essere designata la persona fisica responsabile della procedura.
c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni,
dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti
dichiarazione di fallimento;
Invece, non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado
del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori
alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.
Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, accettare
l’incarico altrimenti il tribunale provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
Il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale (art. 30 l.f.).
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8 Gestione della procedura
Come anticipato, il curatore è l’organo gestorio della procedura.
Per la regola dell’art. 31 l.f., il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie
tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei
creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite.
Per alcune delicate attività il curatore deve munirsi della preventiva autorizzazione degli organi di
vigilanza del suo operato.
In particolare, egli non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che
in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al
fallimento, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del
tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.
Inoltre, l’art. 35 l.f. stabilisce che le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie
alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo
svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria
amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori.
Nel richiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le proprie conclusioni
anche sulla convenienza della proposta.
Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio; tuttavia, può delegare ad altri
determinate e specifiche operazioni (e non già l’interezza dell’attività gestoria o specifici settori
della stessa), previa autorizzazione del comitato dei creditori, con esclusione di alcuni adempimenti
non delegabili per legge (come quelli relativi all’accertamento dei crediti).
Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre
persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità.
La differenza tra delegato e coadiutore è nel fatto che mentre il primo svolge funzioni spettanti al
curatore, invece il secondo svolge funzioni diverse, e di supporto alle prime.
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9 Reclami contro gli atti del curatore e sostituzione
Dispone l’art. 36 che contro gli atti di amministrazione del curatore il fallito e ogni altro interessato
possono proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge, entro otto giorni dalla
conoscenza dell’atto o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine indicato nella diffida a
provvedere. Il giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato, omessa ogni formalità
non indispensabile al contraddittorio.
Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale, che decide con decreto
motivato non soggetto a gravame.
Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del curatore, questi è tenuto a dare
esecuzione al provvedimento della autorità giudiziaria.
Conclusa l’adunanza per l’esame dello stato passivo e prima della dichiarazione di esecutività dello
stesso, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti
ammessi, possono chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della
richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale, valutate le ragioni della richiesta di sostituzione del
curatore, provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i
criteri di cui all’art. 28 l.f..
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10 Responsabilità del curatore
L’ art. 38 l.f. fissa una regola di carattere generale secondo la quale, ogni qualvolta il curatore -a cui
la legge affida la gestione del patrimonio del fallito- pone in essere una condotta contraria ai doveri
a lui imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione, o comunque non adempie, con la
dovuta diligenza,
ai doveri relativi all’incarico assunto,
è responsabile se tale condotta ha
pregiudicato il patrimonio fallimentare.
Il presupposto della responsabilità è rappresentato dalla attribuzione al curatore di poteri gestori sul
patrimonio del fallito e dal potere di attivarsi nel corso della procedura fallimentare allo scopo di
recuperare quella liquidità che dovrà, in sede di riparto, soddisfare le pretese di ciascun creditore
ammesso al passivo del fallimento.
Per maggiore chiarezza argomentativa e per una questione di metodo, è necessario individuare i
presupposti di fattispecie della responsabilità alla cui analisi ci accingiamo. A tale fine, è essenziale
verificare in via preliminare:
a)
doveri e poteri del curatore;
b)
natura della responsabilità ed elementi di fattispecie;
c)
effetti della responsabilità.
Si tratta di un criterio metodologico che trae spunto proprio dall’ordine espositivo della legge
fallimentare.
Infatti, l’art. 31 l.f.,4 che precede l’art. 38 della medesima legge sulla responsabilità del curatore,
attribuisce al curatore il potere di amministrazione del patrimonio fallimentare, potere che dovrà
essere esercitato secondo criteri di ragionevolezza tipici della gestione dell’altrui patrimonio, ben
potendo l’inottemperanza di tali criteri dare luogo a responsabilità risarcitoria del curatore
obbligato.
L’atto di conferimento della potestas gerendi al curatore, come sancito dal citato art.31 l.f., viene
4
Art. 31,modificato dal D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, pubb. in Gazz. Uff. n. 91 del 16 gennaio 2006, : “il curatore
ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del
giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite.Egli non può stare in giudizio
senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di
diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice
delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.Il curatore non può assumere la
veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento”.
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completato dal successivo art. 35 l.f. rubricato “integrazione dei poteri del curatore”5.
Una lettura sistematica delle citate disposizioni di legge conduce a suddividere e distinguere
l’attività del curatore in:
- atti di ordinaria gestione, eseguibili da curatore senza la necessità di preventive autorizzazione;
- atti di straordinaria gestione, potenzialmente idonei a determinare la diminuzione o la dispersione
dei beni destinati alla liquidazione, rispetto ai quali occorre la condivisione e l’approvazione del
comitato dei creditori;
- atti di straordinaria gestione economicamente rilevanti (art. 35, comma 3, l.f.) per i quali occorre
l’autorizzazione del comitato dei creditori, previa informazione del giudice delegato.
Richiamando i criteri di indagine, va osservato che da un complessivo esame della legge
fallimentare, si rintracciamo alcune specifiche attività che il curatore è tenuto a compiere
nell’esercizio delle proprie funzioni, e precisamente :
d)
procedere all’inventario dell’attivo fallimentare;
e)
redigere la relazione informativa ai sensi dell’art. 33 l.f.;
f)
provvedere alla trascrizione della sentenza di fallimento nei pubblici registri, in caso di
acquisizione di beni mobili o immobili, registrati all’attivo fallimentare (art.88 l.f.);
g)
compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei crediti e dei diritti di prelazione,
nonché l’elenco di coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari (art.89 l.f.);
h)
proporre la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a
specifici rami d’azienda (art. 104 l.f.);
i)
esaminare preventivamente le domande di ammissione al passivo, depositando un progetto
5
Art.35, modificato dal D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal lgs. 12 settembre 2007, n. 169, pubb. in Gazz. Uff. n.
241 del 16 ottobre 2007, con effetto dal 1 gennaio 2008: “le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie
alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni,
l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa
autorizzazione del comitato dei creditori.Nel richiedere l’autorizzazione del comitato dei creditori, il curatore formula le
proprie conclusioni anche sulla convenienza della proposta. Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila
euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già
stati autorizzati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter comma ottavo.
Il limite di cui al secondo comma può essere adeguato con decreto del Ministro della giustizia.”
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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di stato passivo (art.95 l.f.);
j)
assistere il G.D. nella verifica dello stato passivo, sollevando le eccezioni che ritiene
opportune in relazioni a quelle formulate dagli interessati (art.95 l.f.);
k)
tenere un registro, vidimato dal almeno uno dei componenti del comitato dei creditori, dove
annotare tutte le operazioni contabili compiute nell’esercizio delle sue funzioni (art. 38 l.f.);
l)
compiere tutti gli atti necessari per cercare di reintegrare il patrimonio del fallito (come la
revocatoria fallimentare, quella ordinaria, ecc.);
m)
procedere alla liquidazione delle attività fallimentari, vendendo i beni e depositando le
somme a qualsiasi titolo riscosse presso un istituto di credito scelto dal curatore ma con facoltà di
prelievo sempre vincolata all’ordine del giudice (art.34);
n)
presentare ogni quattro mesi dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo, un
prospetto delle somme disponibili, insieme ad un progetto di riparto delle stesse (art.110 l.f.);
o)
presentare, all’esito della liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, il rendiconto
della gestione (art.116 l.f.);
p)
promuovere la chiusura del fallimento al ricorrere di una delle ipotesi dell’art. 118 l.f..
Le funzioni sopra elencate, attribuite al curatore dalla legge fallimentare, non costituiscono una
elencazione tassativa ma semplificativa dei passaggi essenziali dell’intera procedura fallimentare:
inventariare l’attivo, accertare il passivo, liquidare l’attivo, ripartire l’attivo sul passivo, rendere il
conto della gestione.
Accanto ad un potere – dovere di gestione del patrimonio, funzionalmente rivolto alla liquidazione,
si collocano ulteriori attività collaterali, anch’esse espressione della potestas gerendi, quali, sempre
a titolo esemplificativo:
- l’escussione a norma dell’art. 151 l.f. della polizza assicurativa o della fideiussione bancaria
rilasciate ai sensi dell’art. 2464 c.c.;
- il diritto di ottenere dalla banca qualsivoglia documento in originale o in copia attinente i conti
corrente intrattenuti dall’imprenditore fallito;
- il potere di aprire un conto corrente intestato alla procedura;
- il potere di nominare soggetti la cui opera professionale si impone nell’interesse del fallimento;
dalle funzioni amministrative conferite si distinguono poi funzioni di tipo processuale (quali, a
titolo esemplificativo, il potere di proporre reclamo avverso i dinieghi di autorizzazioni ed i
comportamenti omissivi del comitato dei creditori (art.36 l.f.), la legittimazione ad esperire azioni di
responsabilità nei confronti del comitato dei creditori (art.41 l.f.),
il potere di sollecitare la
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liquidazione dell’attivo (art.19 l.f.)) e funzioni di carattere consultivo (cfr. art. 47, comma 1 l.f.; art.
53, comma 2 l.f.; art. 125 comma 1 l.f.)
Nell’esecuzione dell’incarico - e quindi nello svolgimento di tutte le attività che sono proprie del
ruolo di “amministratore” riconosciuto al curatore dalla riformata normativa sulle procedure
concorsuali -
il curatore è tenuto ad osservare, da un lato, il dovere generico di corretta
amministrazione, cui si ricollega la responsabilità risarcitoria ogni qual volta il danno scaturisce da
scelte palesemente irrazionali - ovvero in caso di mancata adozione di cautele, verifiche e
informazioni preventive necessarie in occasione del compimento di una precisa scelta gestoria dall’altro, l’obbligo di amministrare in modo soddisfacente il patrimonio fallimentare, che, invece,
se non osservato può indurre alla revoca del curatore.
Il curatore risponde, dunque, qualora con dolo o colpa , in violazione dei doveri inerenti il proprio
ufficio, abbia posti in essere una condotta, anche omissiva, che abbia determinato un danno al
patrimonio fallimentare.
E, dunque, qual è la natura della responsabilità del curatore?
L’esame di tale aspetto involge il secondo profilo di indagine .
In un primo momento, la natura extracontrattuale della responsabilità era stata affermata da Cass. 24
maggio 1991 n. 5882 e Cass. 8 novembre 1979 n. 5761: peraltro, mentre quest'ultima sentenza
aveva escluso l'applicabilità dell'art. 2236 c.c., in quanto riferibile soltanto al contratto di
prestazione d'opera professionale, la prima aveva ritenuto che la responsabilità del curatore dovesse
essere valutata anche alla stregua della predetta disposizione, sul presupposto che la natura di
funzione pubblica della sua attività non sottraesse la stessa alla disciplina delle professioni
intellettuali.
Nella giurisprudenza più recente, prevale invece l'assimilazione del rapporto derivante dal
conferimento dell'ufficio di curatore a un mandato, intuitivamente “con rappresentanza” e quindi
l'affermazione della natura contrattuale della responsabilità del curatore, con la conseguente
assoggettabilità della relativa azione ai i criteri di diligenza, prudenza e professionalità, prescritti
dall'art. 38 L.F. e dalle norme generali che disciplinano l'adempimento delle obbligazioni, di cui agli
artt. 1176, 1218 e 2236 c.c. ed all'ordinario termine di prescrizione decennale, decorrente dalla
sostituzione del curatore revocato: cfr., in proposito, Cass. 5 aprile 2001 n. 5044 e Cass. 11 febbraio
2000 n. 1507, nonché Cass. 4 ottobre 1996 n. 8716 .
Al riguardo, merita attenzione la recente sentenza della Suprema Corte con la quale si è a statuito
che, se il fatto non incide sul patrimonio fallimentare, ma danneggia direttamente beni del fallito
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rimasti estranei alla procedura concorsuale, l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del
curatore del fallimento è fondata sull'art. 2043 c.c ed è esercitabile dal fallito; tale azione va distinta
dall'azione di responsabilità prevista dall'art. 38 l. fall., ricollegabile invece alla violazione degli
obblighi posti dalla legge a carico del curatore e spettante esclusivamente alla massa dei creditori.
(Cass. n.16214/2007)
Detta pronuncia, afferma dunque che se il fatto illecito coinvolge il patrimonio fallimentare siamo
nella sfera della responsabilità ex art. 38 l.f. di tipo contrattuale, in caso contrario opera invece l’art.
2043 c.c..
L’inosservanza dei doveri imposti al curatore in ragione della funzione amministrativa prevista dalla
legge legittima, quale effetto, l’esercizio dell’azione di responsabilità che può essere esercitata nel
corso della procedura soltanto dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato e del
comitato dei creditori, mentre con la chiusura del fallimento viene meno ogni effettivo impedimento
dagli effettivi titolari degli interessi amministrati. Solo in tale momento il fallito ed i creditori
possono pertanto liberamente agire contro il curatore per ottenere il risarcimento dei danni derivanti
dall’attività del curatore medesimo.
Difatti, una volta chiuso il fallimento ed approvato il rendiconto presentato dal curatore, non è
ipotizzabile nei confronti del curatore un’azione di responsabilità, ma unicamente un’azione
aquiliana extracontrattuale ispirata al principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c..
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11 Responsabilità per culpa in vigilando ed eligendo.
Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio, potendo però delegare alcune
specifiche operazioni previa autorizzazione del comitato dei creditori.
La delega non può concernere la compilazione dell’elenco dei creditori del fallito e di coloro che
vantano diritti reali e personali su cose in possesso o nella disponibilità del fallito medesimo (art.
89 l.f.), le comunicazioni di cui all’art. 92 l.f. , relative all’accertamento del passivo e dei diritti
reali mobi,liari dei terzi, , l’esame delle domande di ammissione al passivo e le attività connesse
(art. 95 l.f.), la predisposizione del programma di liquidazione e la presentazione dei supplementi
di programma (art. 104 ter l.f.).
Si tratta in fatti di adempimenti “intrasmissibili” .6 che connotano, significativamente, la funzione
dell’organo gestorio, e per tale motivo la devoluzione a terzi vanificherebbe la potestà di nomina di
tale organo ex lege demandata al tribunale.
Il curatore può inoltre essere autorizzato dal comitato dei creditori a nominare coadiutori, ovvero
tecnici o persone comunque retribuite, compreso il fallito, che lo affianchino nell’espletamento
dell’incarico.
Sia nel caso di nomina di ausiliari che di coadiutori, il curatore risponde anche dell’attività
compiuta da questi ultimi.
Tuttavia, dottrina e giurisprudenza diversificano la responsabilità del curatore, limitandola alla
culpa in vigilando nei confronti del coadiutore, il quale agisce nell’interesse della procedura,
estendendola invece alla culpa in eligendo rispetto all’ausiliario.
6Cfr. Cass. Civ. n.15668/07: “ in tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, costituiscono illecito sia la
violazione dei doveri specifici di intrasmissibilità delle proprie funzioni, ai sensi degli art. 32 e 34 l. fall., ove manchi
un'apposita autorizzazione giudiziale, sia la inosservanza del dovere di diligenza, ex art. 38 l. fall., ove il professionista
si sia avvalso di collaboratori non autorizzati né poi dal medesimo controllati, non abbia riferito mensilmente al
giudice delegato sull'amministrazione ed abbia omesso di custodire personalmente il libretto bancario del fallimento, a
lui intestato. Alla stregua del principio di cui alla massima, la S.C. ha ritenuto la sussistenza dell'autonomo illecito
extracontrattuale in un caso di concorso di colpa e di responsabilità solidale ex art. 1292 e 2055 c.c. del curatore con
la banca cui erano imputabili le operazioni di sottrazione della provvista destinata al fallimento, non ricorrendo in tale
circostanza un avvenimento estraneo alla sfera di prevedibilità e prevenibilità del soggetto su cui gravava l'obbligo di
custodia.”
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Bibliografia
Si rinvia alla bibliografia generale e alle note.
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