Prof. Alberto Gandolla SPUNTI PER UNA STORIA PROBLEMATICA DELL’OCST 1. L’inizio del movimento sindacale in Ticino, la Camera del Lavoro (fine 800 ‐ inizio 900) 2. Il difficile inizio del movimento cristiano‐sociale: le LOC, i primi anni dell’OCST 3. Il vero sviluppo dell’OCST: gli anni 30 4. Una questione di principio: il corporativismo 5. CCL, scioperi, pace del lavoro 6. Durante la guerra nasce una Comunità di lavoro sindacale 7. Il delicato dopoguerra 8. Il boom economico e i lavoratori esteri 9. La fine del boom economico, i nuovi tempi della globalizzazione 10. Alcune questioni storiche aperte per l’OCST: come affrontare i nuovi tempi? * * * * * * 1. L’inizio del movimento sindacale in Ticino, la Camera del Lavoro (fine 800 ‐ inizio 900) • Ticino a lungo tradizionale, agricolo, terra di emigrazione. • Anni 70‐80 (S.Gottardo), primi segnali di decollo economico del Cantone; inizio dell’immigrazione. • Primo associazionismo: movimento cooperativo, associazioni di mutuo soccorso, primi sindacati (tipografi, ferrovieri, muratori, scalpellini, …); importanza degli operai immigrati in questo primo associazionismo. • Camera del Lavoro (CdL), 1902. Prima legge cantonale del lavoro 1904: la CdL riceve un sussidio statale (il segretariato sindacale assume la funzione di ispettore del lavoro; l’azione del sindacato è riconosciuta positiva, tende a regolare i conflitti del lavoro). Per la sinistra il ruolo dello Stato cambia: da “ente padronale” a ente al di sopra delle parti (funzione arbitrale poi istituzionalizzata con l’Ufficio cantonale di conciliazione, 1918). • Ruolo di Guglielmo Canevascini, segretario della CdL (1907‐22), il capo del socialismo ticinese (in Gran Consiglio nel 1913, in Consiglio nazionale nel 1919) che diventa consigliere di Stato nel 1922 (fino al ’59) e guida il Dipartimento del lavoro, artefice di varie leggi sociali. I sindacati di sinistra hanno così un importante punto di riferimento in governo. Fino alla fine degli anni 20 i sindacati “rossi” hanno un monopolio quasi assoluto nel mondo del lavoro in Ticino. 2. Il difficile inizio del movimento cristiano‐sociale: le LOC, i primi anni dell’OCST • Fine ‘800: mondo cattolico ticinese preoccupato della politica, molto meno della questione sociale; l’udienza della Rerum Novarum è limitata. Mons. Molo inizia a sottolineare la necessità di contrapporre associazioni cattoliche a quelle socialiste (1897, 1902); con la fondazione del Circolo cantonale di studi sociali (1902) e delle prime Leghe Operaie Cattoliche (LOC, nel 1902‐3) vi è il primo tentativo pratico di costituire un iniziale movimento cristiano‐sociale. 1 • Le LOC sono associazioni dove l’aspetto religioso e morale prevale sull’aspetto sindacale ‐ rivendicativo. La prima guerra mondiale e la crisi sociale del periodo dello sciopero generale (1918) indicano la necessità di passare a un’azione più decisamente sindacale: nel 1919 nasce l’OCST (con l’organo Il Lavoro, 1920‐26). Gli anni Venti sono però difficili: la crisi e la stagnazione economica, una grossa concorrenza dei sindacati legati alla CdL, più organizzati e aggressivi e una crisi dirigenziale interna impediscono all’OCST di svilupparsi, ma mantiene un’attività essenzialmente di tipo mutualistico. 3. Il vero sviluppo dell’OCST: gli anni 30 Motivi della rinascita effettiva: • Il ruolo, il carisma personale, l’attivismo di don Luigi Del‐Pietro (1906‐77), segretario cantonale nel 1929. Grande personalità, molto attaccata alla dottrina sociale della Chiesa. • La struttura unitaria del sindacato, che favorisce la propaganda e l’efficacia del sindacato (elemento guardato con invidia dalla CdL e dalle sue federazioni). • I vari servizi che il sindacato a mano a mano organizza e offre, in un periodo di crisi economica: la cassa disoccupazione, la cassa malati, la cassa soccorso e prestiti, la consulenza legale, un segretariato del movimento femminile, un segretariato agricolo, le colonie montane e poi marine (le Colonie Leone XIII, istituite nel 1936), ecc. Questi servizi sono considerati da don Del‐Pietro (DP) come opere basate sul principio della sussidiarietà (la classe operaia non deve dipendere dallo Stato, ma deve trovare in se stessa le risorse per migliorare la propria situazione). • Importante nel 1933, la ripresa della pubblicazione de Il Lavoro e l’apertura della Casa del Popolo a Lugano. • A partire dal 1936 nelle file del partito conservatore vi è un primo drappello di cristiano‐ sociali che entrano nel Gran Consiglio. L’ala cristiano‐sociale nel partito conservatore (poi PPD) diventa importante per l’attività del sindacato, e i suoi rapporti con le altre forze e la politica del cantone. Più tardi, con F. Masina, C. Jelmini e M. Robbiani si apre anche la dimensione della politica a livello nazionale. Quali sono i problemi, a questo riguardo, fra impegno politico e sindacale? • Altro punto importante: l’apertura dei segretariati regionali (Locarno, Bellinzona, Mendrisio, …) per meglio far fronte alle necessità sindacali locali. DP sceglie in quegli anni quelli che saranno a lungo i suoi collaboratori: Giovanni De ‐ Giorgi (1911‐1995), Gianni Nessi (1914‐2005), Angelo Pellegrini (1916‐1993), Agostino Bernasconi (1914‐1951), Vittorio Torriani (1915‐1990), … 4. Una questione di principio: il corporativismo • La dottrina sociale della Chiesa (fine 800) da subito rivaluta e cerca di riattualizzare il corporativismo nell’intento di superare la questione sociale eliminando la lotta di classe e cercando una pacifica collaborazione tra capitale e lavoro. • La Quadragesimo Anno (Pio XI, 1931) incoraggia la ricostruzione economica – in piena crisi – sulla base della ricostituzione dei corpi professionali. Il modello corporativo cattolico risulterebbe composto da associazioni miste di lavoratori e datori di lavoro, che, in una volontà indirizzata verso il bene comune, dovrebbero superare il fallimento del liberalismo economico e il modello statalista marxista. 2 • DP si entusiasma per questo progetto, che fa proprio a partire dal 1933. Per vari anni la propaganda teorica a favore di questa impostazione (“il sindacato libero nella corporazione obbligatoria”) è forte, e nel 1935 scrive anche un libretto per illustrare l’idea (“La corporazione. Lineamenti di una riforma sociale ed economica”); risulta una forte polemica soprattutto con le forze di sinistra ma anche quelle di destra esplicita (che hanno in mente il progetto fascista). • Il progetto corporativo rimane però sulla carta, non si verifica nessuna realizzazione precisa. Alla fine della seconda guerra mondiale il crollo dei regimi autoritari fascista e nazista comporta anche il crollo dei rispettivi sistemi corporativi; anche il progetto cattolico‐democratico, pur diverso, risulta squalificato e abbandonato. • DP dopo la guerra abbandona il progetto corporativo (pur senza abbandonare l’ideale di un’autonoma organizzazione delle professioni, in omaggio al principio di sussidiarietà per cui lo Stato non deve sottrarre ai cittadini le iniziative che essi stessi possono promuovere) senza particolari spiegazioni. Anche i Papi abbandonano il progetto corporativo in “silenzio”, senza grande discussione. Forse in questo caso la dottrina sociale della Chiesa aveva avanzato un progetto … fin troppo preciso, in un contesto politico internazionale difficilissimo. 5. CCL, scioperi, pace del lavoro • La ripresa dell’OCST avviene, negli anni 30, in piena crisi economica. DP si impegna in una serie di lotte contro la politica deflazionista del governo (es. contro la Lex Musy, 1933), in occasionali alleanze con i sindacati di sinistra; non arriva però ad appoggiare l’”iniziativa di crisi” lanciata dalle sinistre. • Una lotta importante che fa da sfondo a quel periodo è quella per far sottoscrivere i CCL nei vari posti di lavoro, nelle fabbriche; una gran parte di ditte non aveva ancora i contratti. Attorno alla conclusione di questi contratti si verificano spesso mobilitazioni che portano i lavoratori all’iscrizione nei sindacati; qualche volta sono l’occasione anche di scioperi. • Infatti, alla metà degli anni 30 DP cambia tattica sindacale: in certe situazioni – il padronato che rifiuta il dialogo ‐ è lecito e doveroso arrivare allo sciopero (novità per l’OCST), sempre come ultima arma; vi sono anche scioperi duri, che fanno parlare e sorprendono l’opinione pubblica e anche i sindacati di sinistra). • Proprio in questo periodo alcuni sindacati di sinistra (FOMO) a livello nazionale iniziano a proporre dei CCL implicanti la pace sociale (1937, primo accordo di pace del lavoro); questi accordi si generalizzeranno nel dopoguerra. DP vede con favore questa politica, ma ormai ha deciso che all’occorrenza anche i cristiano‐sociali possono ricorrere ad azioni ben decise; gli scioperi possono essere indetti o da soli o con gli altri sindacati. Da allora il programma dell’OCST resta: migliorare le condizioni dei lavoratori non con la lotta di classe, ma con lo strumento del dialogo e della concertazione, utilizzando anche la mobilitazione e – quando necessario, come ultima arma – lo sciopero. 6. Durante la seconda guerra mondiale: la Comunità sindacale ticinese (CST) • La seconda guerra mondiale: periodo difficile anche per la Svizzera e per i lavoratori. Le tensioni non mancano, la pace sociale non è assoluta, vi sono anche scioperi. • Ottobre 1940 iniziativa di DP: domanda alla CdL la possibilità di una seria collaborazione fra i sindacati per meglio proteggere gli interessi dei lavoratori. Nasce la Comunità sindacale 3 ticinese (CST), interessante momento di collaborazione concreta su singoli problemi (estensione dei CCL, miglioramento assicurazione cassa‐disoccupazione, …). • Da allora i rapporti fra sindacati cristiano‐sociali e quelli di sinistra oscillano secondo la congiuntura, secondo le circostanze e possono variare da forma di collaborazione e Fronte Unico a momenti di aperta divisione. Che cosa causa questa situazione, come affrontarla anche oggi? • Fatto importante: dalla fine degli anni 30/inizio guerra il numero di aderenti dell’OCST raggiunge e poi supera, di poco, quello dei sindacati legati alla CdL. Si tratta di un’eccezione in tutta la Svizzera (… e di un fatto non scontato e irreversibile!). 7. Il delicato dopoguerra • Fine anni 40 – inizio anni 50: momento delicato, di transizione. • 1946, documento “Direttive di marcia” di DP: finito il sogno corporativo, DP traccia nuove prospettive sindacali, sempre basate sulla dottrina sociale della Chiesa. • 1946‐47, fondazione di alcune nuove industrie (es. Monteforno a Bodio); votazioni importanti a livello federale (AVS, nuovi articoli economici). • Inizio dell’intesa di sinistra, liberali‐radicali e socialisti al governo; A. Bernasconi (cristiano‐ sociale) eletto in governo (1947‐51); riprende rivalità con i sindacati “rossi”. • Alcuni scioperi importanti (es. falegnami nel 1949, con l’ottenimento degli assegni familiari). 8. Il boom economico e i lavoratori esteri • Negli anni 50 il Ticino entra nella modernità: prende forma il Boom economico che (pur con varie contraddizioni) durerà fino alla metà degli anni 70. Nuove leggi sociali ed economiche; lenta costruzione (… in ritardo) dello Stato sociale. • Aumento demografico, soprattutto attorno ai centri urbani, crescita delle industrie e principalmente dei servizi, fine dell’emigrazione, ripresa di una forte immigrazione (in particolare dei frontalieri). I ticinesi passano al terziario, i lavoratori stranieri (italiani) costituiscono la classe operaia. • L’aumento dei lavoratori stranieri non è indolore. Anche nei sindacati vi è all’inizio una reazione difensiva, ma poi DP si apre, con spirito di carità e solidarietà cristiana, verso l’accoglienza e la difesa di questi lavoratori (in maniera più grande dell’atteggiamento prudente della CdL, USS e loro sindacati), che hanno poche protezioni (cfr. la risoluzione del congresso OCST del 1961). Inizia la lotta per la parificazione della legislazione sociale. • Dal 1960 comincia la collaborazione con le ACLI a Como, Varese, Novara, con l’istituzione di un patronato a Lugano. • Sorge in Svizzera e anche in Ticino una corrente xenofoba, il sindacato si schiera senz’altro contro questa direzione (votazione Schwarzenbach 1970, …). • Importante cambiamento interno. Il sindacato si è sempre concepito come un’associazione di lavoratori svizzeri che difende anche gli interessi dei lavoratori stranieri presenti nel cantone. A metà degli anni 60 i lavoratori esteri sorpassano ormai quelli svizzeri (1965 sugli oltre 23mila iscritti, gli svizzeri sono un po’ più di 10mila). L’importanza dei lavoratori stranieri per il Ticino rimane fondamentale, è un elemento strutturale; la congiuntura accentua o diminuisce solo un po’ la questione. Che cosa comporta questo fatto? 4 • Importante la convenzione con l’INAM, per provvedere alla sicurezza sociale degli immigranti e delle loro famiglie fino allora molto lacunosa; alla fine degli anni 70 sorge un grosso problema a proposito, e i sindacati devono restituire una forte somma accantonata per via della differenza del cambio lira‐franco, sorta in quel periodo. • A partire dagli anni 70 aumentano i contatti con la CISL, per i problemi comuni legati alla fascia di frontiera (e per la vicinanza anche di ispirazione di principi). • Molti lavoratori non si sindacalizzano … ma grazie ai CCL ottenuti dai sindacati ottengono miglioramenti senza un personale impegno e finanziamento. I sindacati avanzano così la richiesta di poter ottenere un contributo di solidarietà, una carta professionale da parte di questi lavoratori non iscritti; la questione crea varie discussioni, per essere poi accettata. • In questi anni di boom economico. i movimenti di protesta e gli scioperi sono ridotti; le buone condizioni economiche favoriscono un certo miglioramento delle condizioni di lavoro e un certo rialzo delle paghe. Rimangono dei problemi insoluti, per es. la durata del lavoro (alta) e l’importante rivendicazione della partecipazione di lavoratori alla gestione (o cogestione) delle aziende. Quest’ultima proposta viene poi messa in votazione nel 1976, con esito negativo. 9. La fine del boom economico (metà anni 70), i nuovi tempi e temi della globalizzazione • Importanti cambiamenti sociali, economiche e politiche negli anni 60. Anche in Ticino, in tono minore, il 1968: fine dell’“intesa di sinistra”, nasce il PSA, contestazioni nella scuola, gruppi extraparlamentari, un certo dissenso ecclesiale, ecc… • Anche in campo sindacale rinasce un certo dibattito interno; nei tempi dell’alta congiuntura i sindacati avevano un po’ perso l’abitudine a mobilitarsi, a svolgere azioni di lotta. Si sviluppa una discussione sulla pace del lavoro (relativa o assoluta?), vi sono degli “scioperi selvaggi”. Anche l’OCST (con una dirigenza invecchiata …) si trova ad affrontare queste nuove questioni. • 1973‐76 breve ma intensa crisi economica (crisi del petrolio, …); il boom economico è finito. Molti lavoratori stranieri sono licenziati (esportazione della disoccupazione per 300mila persone); si inizia poi a parlare di crisi dello “Stato sociale”. • L’economia si ristruttura (delocalizzazioni, deregolamentazioni,…), finisce il fordismo, inizia un nuovo periodo di liberismo: nasce il fenomeno della globalizzazione dell’economia (favorito anche dalla crisi del comunismo, dal 1989‐91). • In Ticino l’esempio emblematico è quello della Monteforno, che dopo anni di crisi deve chiudere nel 1994, con pesanti ricadute sull’occupazione e sull’economia della Valle Leventina; anche per il sindacato è un duro colpo. • Il settore secondario tende nettamente a perdere importanza numerica a favore del terziario, settore nel quale la sindacalizzazione è più difficile; è una nuova sfida posta ai sindacati. • Altri grossi problemi: fine di un importante elemento storico, per l’OCST, finisce la collaborazione, per la cassa‐malati, con la cassa malati CSS; la ristrutturazione dei servizi pubblici nazionali (Posta, Swisscom, ecc.); la disoccupazione che riprende negli anni 90; la diffusione di un lavoro atipico e precario, … • La costituzione della UE, in particolare la politica degli accordi bilaterali hanno pesanti ripercussioni sul Ticino. Come reagisce il sindacato di fronte a queste nuovi preoccupanti fatti? L’alto numero dei frontalieri, presenti ora anche nel settore terziario, quali problemi pone al sindacato? 5 • Per i sindacati legati all’USS si è detto: da un sindacalismo di rivendicazione (fino agli anni 20) si è passati ad uno di pacificazione (anni 30‐40) e poi di gestione (periodo del Boom economico). Con i nuovi tempi della globalizzazione (dagli anni 80‐90) si è passati ora a un nuovo sindacalismo adatto ai nuovi tempi (fusione, concentrazione di sindacati: es. UNIA; nuove tattiche più aggressive, ecc.). E per l’OCST? 10. Alcune questioni storiche aperte per l’OCST (come affrontare i nuovi tempi?) il ruolo delle persone, dei dirigenti, dei quadri • 1977 muore mons. Del‐Pietro, personalità che ha diretto l’OCST per quasi 50 anni. Difficile per il sindacato il ricambio. Attorno a mons. DP i suoi principali collaboratori sono in parte della sua generazione e il ricambio dei quadri e dei dirigenti non era stato particolarmente pensato. • Il tempo passa … di nuovo una buona parte dei dirigenti è sulla sessantina di anni, negli anni futuri vi saranno importanti avvicendamenti. Come si stanno formando e preparando i quadri? I principi, l’insegnamento sociale della Chiesa, le strategie • Dall’inizio del sindacato e poi con l’azione di mons. DP ‐ e degli altri primi dirigenti, di mons. Biffi, ecc. – l’insegnamento della Chiesa è sempre stato al centro dell’ispirazione. E oggi? Il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà, ecc. possono essere ancora al centro di una rinnovata ispirazione? • Quali strategie, tattiche utilizzare per questi nuovi tempi (vedi anche le recenti nuove strategie più “aggressive” dell’USS e delle sue federazioni)? I rapporti con gli altri sindacati • La vecchia Confederazione nazionale dei sindacati cristiani‐sociali (CNG) non esiste più da anni; nella Svizzera interna l’evoluzione di questi sindacati ha portato alla nascita di formazioni come Travail Suisse e Syna. Quali sono i rapporti e i problemi con loro? • I rapporti con i sindacati legati alla CdL e all’USS sono spesso conflittuali; come comportarsi? Il fatto che da 70 anni l’OCST abbia (un po’) più di aderenti rispetto ai sindacati di sinistra è un’eccezione a livello nazionale, ma non è … necessariamente un dato scontato e eterno. Un ritardo nel lavoro storico‐culturale di ripresa del proprio passato • Malgrado dei buoni libri su mons. DP e l’OCST, il movimento cristiano‐sociale ha accumulato un sicuro ritardo nella ripresa e valorizzazione del suo patrimonio storico‐culturale, rispetto per esempio alle forze di sinistra (cfr. il lavoro della Fondazione Pellegrini‐Canevascini). La recente costituzione della Fondazione mons. Luigi Del‐Pietro dovrebbe costituire una buona possibilità di recupero in questo terreno. La questione politica • Quali i rapporti con il PPD; quali sono gli apporti positivi e quelli problematici dell’impegno politico? • L’UE, i lavoratori stranieri. 6 • • L’evoluzione dell’UE e gli accordi bilaterali stanno portando nuove questioni: come affrontarle? La presenza dei lavoratori stranieri nell’OCST è numericamente molto importante: cosa comporta? 7