Vol. 4 - n. 2 - Maggio-Agosto 2006 Indexed in EMBASE/Compendex Geobase/Scopus La transizione dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale Giuseppe Roberto Burgio La contraccezione d’emergenza in adolescenza. Considerazioni generali e proposte di un gruppo di lavoro Laura Serra, Mara Musconi, Deborah Silvestrini, Marcello Lanari Acne volgare: guida al trattamento Periodico quadrimestrale - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) - Art. 1, comma 1 DCB Milano Vincenzo Bettoli, Alessandro Borghi, Annarosa Virgili L’ANGOLO DELLO SPECIALISTA Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell’adolescente dopo trauma cranico Claudia Bondone, Silvia Einaudi, Paola Ragazzi, Roberto Grossetti, Carlo de Sanctis CASO CLINICO Descrizione di un caso di trombosi venosa profonda in un adolescente diabetico Patrizia Banin, Fiorenza Rimondi, Michele Rubini, Donato Gemmati, Stefano Moratelli, Vincenzo De Sanctis FRONT LINE Il medico dell’adolescente Chiara Chiavetta L’umanizzazione dell’assistenza al paziente con patologia cronica: il ruolo dell’assistenza infermieristica Patrizia Farina, Laura Rosatti Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease Christos Kattamis, Antonis Kattamis Editoriale Negli ultimi 30 anni molta attenzione è stata riservata, da parte della Comunità scientifica internazionale, al traumatizzato cranico (TCE). Numerosi gruppi di studio e Società Scientifiche in ambito pediatrico-adolescentologico, endocrinologico, neurochirurgico ed anestesiologico hanno discusso il follow-up dei pazienti che hanno subito un TCE di varia severità. Gli studi endocrinologici hanno permesso di individuare, in alcuni soggetti con TCE, una disfunzione ipotalamo-ipofisaria e più raramente una attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi. La pubertà precoce ha una frequenza variabile (dallo 0% al 54% nelle femmine e dallo 0% al 4.5% nei maschi). Le alterazioni endocrine sono state documentate sia precocemente che a distanza di tempo dal trauma, possono essere transitorie o permanenti e possono essere indipendenti dall’entità del trauma. Un ipopituitarismo è stato documentato nel 28%-68% dei soggetti adulti. Il deficit di GH è di frequente osservazione (30.1%) ed è seguito dal deficit di gonadotropine (28.8%), deficit di TSH (18.5%), deficit di ACTH (18.5%), diabete insipido (2.7%). La presenza di deficit multipli varia del 17% al 37% dei pazienti ipopituitarici. I dati disponibili, in letteratura, per l’età adolescenziale sono limitati a casistiche meno ampie. Il lavoro pubblicato in questo numero della RIMA da Bondone e coll riporta una disfunzione ipotalamo-ipofisaria nel 14% degli adolescenti, di età compresa tra 10 e 18 anni, che avevano subito un anno prima un TCE, secondario a trauma sportivo, incidente stradale o di arma da fuoco. In particolare, il deficit riscontrato più frequentemente è stato quello di GH (3/43), seguito dal deficit di ACTH (1 caso) e gonadotropine (1 caso). La frequenza della disfunzione ipotalamo-ipofisaria post TCE è stata percentualmente più bassa rispetto agli adulti probabilmente a causa della minore suscettibilità al danno meccanico-vascolare e del peduncolo ipofisario negli adolescenti. Anche in questa fascia di età non sono state osservate correlazioni significative tra entità del trauma ed ipopituitarismo. In passato, i criteri di valutazione utilizzati per i pazienti che avevano subito un trauma cranico venivano stabiliti sulla base delle turbe della coscienza e la presenza o meno di lesioni cerebrali. Attualmente, per valutare il livello della turbe della coscienza viene comunemente utilizzato il Glasgow Coma Scale (GCS). Utilizzando questa scala di valutazione il trauma cranico viene definito: minore, quando il GCS è compreso tra 13 e 15 moderato, quando il GCS è compreso tra 9 e 12 severo, quando il GCS è compreso tra 3 e 8. I traumi cranici minori, sulla base dei dati clinico-anamnestici, possono essere ulteriormente classificati in 4 categorie: 1. traumi asintomatici o con cefalea locoregionale, senza perdita di coscienza e senza amnesia (GCS = 15 ed esame neurologico negativo) 2. traumi cranici con vomito e cefalea diffusa, senza perdita di coscienza e senza amnesia (GCS = 15 ed esame neurologico negativo) 3. traumi con amnesia post-traumatica e/o perdita di coscienza, anche di breve durata (GCS = 14-15 ed esame neurologico negativo). In questi casi la percentuale di lesioni intra-craniche riscontrabili alla TAC varia dallo 0% al 7% 4. traumi con cefalea ingravescente associata a traumatismi facciali. Nel nostro Paese, due a tre bambini-adolescenti su 10 vengono accompagnati o trasportati in Pronto Soccorso Pediatrico per un trauma cranico. La fascia di età più interessata dal TCE è quella compresa tra i 5 e 24 anni di età, con un rapporto maschi: femmine di 1.2:1. Le cause più comuni del TCE sono rappresentate dalla: caduta accidentale incidente domestico maltrattamento incidente stradale traumatismo secondario ad attività sportiva. In considerazione di ciò, tutti coloro che si occupano della assistenza ai bambini ed adolescenti con trauma cranico dovranno effettuare una serie di valutazioni che dovranno comprendere: la valutazione del GCS l’esame neurologico: orientamento temporo-spaziale, memoria ed attenzione, esame dei nervi cranici, riflesso pupillare alla luce, tono-forza e sensibilità degli arti superiori ed inferiori, valutazione stazione eretta e deambulazione, stato psichico o la raccolta accurata della anamnesi, con particolare riferimento alle modalità del trauma, persistenza della cefalea e/o vomito, comparsa di crisi convulsive, antecedenti neurologici, presenza di turbe ematologiche o storia di politraumatismo, perdita di coscienza e/o amnesia. Ai genitori del paziente che ha subito un TCE di lieve entità, dovranno essere fornite le seguenti informazioni: osservazione per almeno 48 ore necessità di effettuare un periodico e regolare controllo della crescita staturo-ponderale (ogni 6 mesi), valutazione della età di comparsa dello sviluppo puberale e sua progressione, valutazione della entità dello spurt puberale necessità di segnalare al Medico curante una eventuale comparsa, ingiustificata, di astenia, polidipsia o incremento ponderale. In presenza di segni o sintomi clinici suggestivi di patologia endocrina bisognerà richiedere una valutazione specialistica. Per i pazienti ricoverati per un trauma moderato-severo dovranno essere richiesti i dosaggi basali del cortisolo (dopo 1-7 giorni dal TCE), una valutazione funzionale anteipofisaria (GH, IGF1, PRL, LH, FSH, steroidi sessuali, FT4 e TSH, dopo 6-12 mesi dal TCE), un controllo semestrale della velocità di crescita e dello sviluppo puberale. Il precoce riconoscimento di una patologia endocrina, secondaria a TCE, consentirà di stabilire un adeguato follow-up diagnostico e terapeutico. È auspicabile che l’osservazione di queste raccomandazioni possa fornire ulteriori informazioni sulla epidemiologia delle complicanze endocrine, entità delle complicanze, eventuale correlazione tra le caratteristiche ed entità del trauma cranico e la comparsa della patologia endocrina. Nell’ambito delle attività di collaborazione tra S.I.M.A., M.A.G.A.M. e S.I.E.D.P. potrebbe essere utile raccogliere le casistiche dei cari Centri per un ulteriore approfondimento di questa interessante problematica endocrinologica in età adolescenziale. Vincenzo De Sanctis 1 Vol. 4 - n. 2 - Maggio-Agosto 2006 Sommario DIRET TORE SCIENTIFICO Vincenzo De Sanctis (Ferrara) COMITATO DI REDAZIONE Silvano Bertelloni Giampaolo De Luca Bernadette Fiscina Giuseppe Raiola Tito Livio Schwarzenberg COMITATO EDITORIALE Antonietta Cervo Salvatore Chiavetta Michele De Simone Ettore De Toni Teresa De Toni Piernicola Garofalo Maria Rita Govoni Carlo Pintor Luigi Ranieri Giuseppe Saggese Calogero Vullo INTERNATIONAL EDITORIAL BOARD Magdy Omar Abdou Mujgan Alikasifoglu Hala Al Rimawi Thaana Amer Mike Angastiniotis German Castellano Barca Yardena Danziger Oya Ercan Helena Fonseca Daniel Hardoff Christos Kattamis Nogah Kerem Praveen C. Sobti Ashraf Soliman Joan-Carles Suris Editoriale pag. 1 V. De Sanctis (Pisa) (Amantea, Cosenza) (New York, USA) (Catanzaro) (Roma) La transizione dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale pag. 5 G. R. Burgio La contraccezione d’emergenza in adolescenza. Considerazioni generali e proposte di un gruppo di lavoro pag. 11 (Pagani, Salerno) (Palermo) (L’Aquila) (Genova) (Genova) (Palermo) (Ferrara) (Cagliari) (Catanzaro) (Pisa) (Ferrara) L. Serra, M. Musconi, D. Silvestrini, M. Lanari Acne volgare: guida al trattamento pag. 23 V. Bettoli, A. Borghi, A. Virgili L’angolo dello specialista Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell’adolescente dopo trauma cranico pag. 29 C. Bondone, S. Einaudi, P. Ragazzi, R. Grossetti, C. de Sanctis Caso clinico Descrizione di un caso di trombosi venosa profonda in un adolescente diabetico pag. 34 (Alexandria, Egypt) (Istanbul, Turkey) (Irbid, Jordan) (Jeddah, South Arabia) (Nicosia, Cyprus) (Torrelavega, Spain) (Petah-Tiqva, Israel) (Istanbul, Turkey) (Lisbon, Portugal) (Haifa, Israel) (Athens, Greece) (Haifa, Israel) (Ludhiana - Punjab, India) (Doha, Qatar) (Lausanne, Switzerland) P. Banin, F. Rimondi, M. Rubini, D. Gemmati, S. Moratelli, V. De Sanctis Front Line Il medico dell’adolescente pag. 38 C. Chiavetta L’umanizzazione dell’assistenza al paziente con patologia cronica: il ruolo dell’assistenza infermieristica pag. 41 P. Farina, L. Rosatti Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease pag. 46 SEGRETARIA DI REDAZIONE Gianna Vaccari (Ferrara) C. Kattamis, A. Kattamis STAFF EDITORIALE Direttore Responsabile Direzione Marketing Sviluppo e Nuove Tecnologie Consulenza grafica Impaginazione Scripta Manent s.n.c. Pietro Cazzola Armando Mazzù Antonio Di Maio Piero Merlini Clementina Pasina Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091 - 0270608060 / Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Nel Consiglio Direttivo della S.I.MA, per il prossimo triennio, sono stati eletti: Giuseppe Raiola (Presidente), Silvano Bertelloni (Vice Presidente), Luigi Ranieri (Segretario), Salvatore Chiavetta (Tesoriere), Michele De Simone, Piernicola Garofalo, Maria Rita Govoni (Consiglieri). In accordo alle norme statutarie, Vincenzo De Sanctis, per il 2006, continuerà a far parte del CD della S.I.M.A. in qualità di Past-Presidente. Registrazione Tribunale di Milano n. 404 del 23/06/2003 Stampa: Cromografica Europea s.r.l. Rho (MI) Abbonamento annuale (3 numeri) Euro 30,00. Pagamento: conto corrente postale n. 20350682 intestato a: Edizioni Scripta Manent s.n.c., via Bassini 41, 20133 Milano È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano 3 00267_FIERA_ADV 210x280 28-06-2006 12:24 Pagina 1 Nasce MilanoCheckUp. La nuova rassegna della salute e sanità. MilanoCheckUp è la nuova rassegna della salute e sanità rivolta alle imprese, agli operatori professionali e alla comunità medico-scientifica e sanitaria, organizzata da Fiera Milano Tech. In un unico appuntamento di grande respiro internazionale il visitatore potrà aggiornarsi sulle tecnologie più innovative e partecipare ai qualificati congressi The Future of Medical Sciences, che coinvolgeranno i più autorevoli rappresentanti delle diverse specialità clinico-mediche e dell’imprenditoria. Quando salute e scienza si mettono in mostra, esserci conviene. MilanoCheckUp Rho, 6 - 9 giugno 2007 www.milanocheckup.com MilanoCheckUp Medical Science Expo 2007 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 La transizione dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale Giuseppe Roberto Burgio Dipartimento di Scienze Pediatriche, Pavia Riassunto La transizione degli(delle) adolescenti dalle cure pediatriche a quelle erogate da medici degli adulti può essere, in qualche modo, problematica. Se un(a) adolescente sano(a) può vivere questa transizione con qualche preoccupazione e rammarico per il distacco dal suo pediatra, molto più ne soffre un(a) adolescente con malattia cronica che dovrà confrontarsi in un nuovo rapporto medico-paziente. Viene, infatti, spesso, mal tollerata l’interruzione del rapporto con il pediatra che lungo molti anni aveva supportato(a) con solidale sensibilità, oltre che con specifica competenza, un(a) ragazzo(a) con cronici problemi di salute. In ogni caso, alla transizione (che va motivata come necessaria), l’adolescente va tempestivamente e accuratamente preparato(a), anche da parte del pediatra. La presentazione, da parte di quest’ultimo, al “nuovo” curante deve essere esplicitamente ispirata alla realizzazione del «migliore interesse del(la) paziente». Vengono riferite alcune esperienze della realtà italiana. Parole chiave: transizione-problemi, malattia cronica, rapporto medico-paziente. The transition from the primary care paediatrician to the adult general practitioner Summary Transition from pediatric care to the care of adult general practitioners may be problematic for adolescents. If an healthy adolescent may face this transition with concern for the estrangement from the pediatrician, the distress will be greater for an adolescent with chronic disease entering a new patient-physician relationship. The interruption of a longlasting relationship with the pediatrician that has provided support with sensitivity and specific competence is badly endured by an adolescent with chronic health problems. In any case, the adolescent needs to be prepared accurately and in good time to the transition (which has to be justified as necessary), also with the help of the pediatrician. An introduction by the latter to the “new” physician in care will have to be made with the “best interest for the patient” in mind. Italian experiences regarding this issue will be outlined. Key words: transition concern, chronic disease, patient-physician relationship. L’«essere bambino» richiede e motiva uno stile di contatto, di «rapporto medico-paziente» tutt’affatto peculiare rispetto a quello che abitualmente caratterizza il dialogo fra il medico e il suo paziente adulto. Dopo la nascita del bambino, e per molti anni, il pediatra si con- fronta, infatti, elettivamente con i genitori del bambino, almeno fino a quando questo non è diventato adolescente; poi, si confronterà anche con quest’ultimo (Figura 1), spesso in un dialogo particolarmente meditato e curato. In ogni caso - e del tutto diversamente da quanto è “naturalmente” proprio del medico 5 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 vi (assistenza pediatrica “in esclusiva” da 0 a 6 anni, preferenziale fino a 14 anni, prorogabile a 16 per determinate malattie), in parte inerenti ad un numero di pediatri progressivamente insufficiente, penalizza larghe fasce di bambini nell’età della crescita, del loro diritto al modello ideale di assistenza pediatrica. Peraltro, la deprivazione dell’assistenza Figura 1. Flusso della comunicazione pediatra-paziente nell’infanzia e nell’adolescenza. Il dialogo tra pediatrica dell’adolescente è epipediatra e bambino (a) è abitualmente limitato, prevalendo quello con i genitori (c), mentre il dialogo demiologicamente diffusa in tra pediatrae adolescente (b) sarà molto più diretto, pur potendo essere coinvolti i genitori (d). Europa (3) e, segnatamente Comunque (b) potrà risultare tanto più facile quanto più sarà stato cercato e curato (a) negli anni anche in Italia, a dispetto di reiteprecedenti (lungo tutta l’età scolare). rati pronunciamenti a favore di (da Burgio GR. – La comunicazione in Pediatria – UTET Milano, 1999, pag. 42, con autorizzazione) questa assistenza. Deprecare un passaggio anticipato del bambino o del giovaneadolescente dal pediatra al medico dell’adulto dovrebbe suonare di monito ai responsabili della dell’adulto (“internista” o specialista) - il pediatra affronterà la salute. protezione della salute del bambino sano o malato (per quest’ulIn ogni caso, per noi, nel considerare la transizione dei ragazzi timo, il recupero al massimo possibile della salute stessa) nella (ovviamente maschi e femmine) dal pediatra al medico dell’aprospettiva, a lungo termine, di: «in puero homo». Il pediatra produlto (la «Health Care Transition») converrà privilegiare, di base, il teggerà lo sviluppo del bambino nella conoscenza della sua modello ideale: quello dell’adolescente maturo (cioè in età di genetica e del suo ambiente quali premesse al suo modo di creoltre 14 anni) come soggetto della «transizione»; modello che, scere, di reagire e di maturare. Su queste premesse si configucentrato sull’adolescente con malattia cronica, assiduamente in ra, in particolare, l’attività del pediatra di famiglia completata questi ultimi anni, è oggetto di riflessione e revisione specie negli dalla sua sensibilità di tutore del bambino per il suo diritto al USA (4-10), ma non solo (11-15). pieno benessere familiare e sociale di esso (1). Al medico dell’aVi saranno non pochi adolescenti “quattordicenni” fra quelli in dulto, istituzionalmente, dovrebbe pervenire una persona i cui buona salute che vivranno il passaggio dal pediatra al medico problemi di crescita e maturazione il pediatra ha già compiutadell’adulto come una sorta di emancipazione dall’infanzia; e il mente gestito e controllato. Nel nostro sistema sanitario la figura passaggio potrà svolgersi in modo pressocché inavvertito - al del medico di famiglia (del medico degli “adulti di casa”) potrà limite automatico - trattandosi, in fondo, da parte del medico di essere vissuta già dal bambino-preadolescente come altra rispetto a quella del suo pediatra; persino forse - in prospettiva famiglia di accogliere un nuovo assistito, valorizzandone, magacome quella del suo medico «per quando sarà diventato “granri, la scheda elettronica relativa al “vissuto pediatrico” (o ancora, de”». E saremmo, allora, alla premessa implicita (ma tutt’altro qua e là, il suo «libretto sanitario»). Ma risulta estesamente che vi che superflua) di un “passaggio”: un tassello nel mosaico degli sono, non pochi “quattordicenni” che si rammaricano di questa eventi fisiologici collegati alla crescita. transizione, vivendola come la perdita di un gratificante rapporto dialogico con la “figura di riferimento” del pediatra che, per lunghi anni, li ha attentamente seguiti. Potrà essere, d’altronde, 1) L’età della transizione spesso molto impegnativa la transizione di un adolescente che il pediatra ha seguito per una particolare sofferenza cronica, di Stante che la “Pediatria” nella sua vera indole è la “Medicina organo o di sistema, molto spesso con la prevalente assistenza della crescita”, sarebbe logico (e “fisiologico”) - in un Paese clinica di un pediatra superspecialista, in un Centro Ospedaliero come il nostro che (diversamente da altri) onora per il bambino e o Universitario specificamente dedito a quella particolare patolol’adolescente un “sistema (organicamente) pediatrico delle cure gia. Viene facile esemplificare: un diabete di tipo 1, una fibrosi primarie” (2) - fare subentrare al pediatra il medico dell’adulto cistica, una cardiopatia congenita, una talassemia, una malattia quando è venuta a concludersi la crescita (riferendoci, qui, ovviainfiammatoria cronica del connettivo, per non parlare di altri mente, a quella somatica: quindi, convenzionalmente, a 18 anni). ambiti: patologie cromosomiche, trapianti di organo... Purtroppo, il peso di limiti - in parte opzionali e in parte normatiE viene altrettanto facile ammettere che, nella complessa e spes- 6 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza La transizione dal pediatra di famiglia al medico di medicina generale Volume 4, n. 2, 2006 so sofferta evoluzione psicomaturativa della personalità cui va incontro l’adolescente (Figura 2), questo(a) “si pensa nella sua proiezione a venire”. D’altra parte, con qualche licenza terminologica, si potrebbe pensare anche che “la malattia conica cresce con il bambino che diviene adolescente: si veste di futuro, si connota di prognosi, si colora di incerto”, ve: in altri termini, “transizione” e “trasferimento” non sono sinonimi (10). Infatti, secondo una corrente di pensiero fortemente sostenuta negli USA, in particolare riguardo a fibrosi cistica (16) e a cardiopatie congenite (17), una pedagogia di preparazione alla transizione, tempestivamente applicata verso l’adolescente (quattordicenne) (16) o già verso il bambino (17), da parte del suo team pediatrico aiuterebbe l’uno e l’altro ad accettare con minori difficoltà la transizione stessa nel momento cronologico in cui dovrebbe avvenire. Non si vorrà al riguardo comunque trascurare che «molti adolescenti e giovani adulti, in condizioni che limitano le loro abilità funzionali e compromettono la loro vita emotiva e sociale, sperimentano difficoltà transizionali al passaggio dalle cure pediatriche a quelle dell’adulto» (4) Questa pedagogia riflette, a sua volta, la ormai acquisita conoscenza che, per effetto dei progressi terapeutici, molte malattie, già ritenute «dell’infanzia», iniziano nell’infanzia ma continuano poi nell’adulto (6, 12). Ma potremmo anche annotare come «paradigmaticamente», proprio negli USA, dopo circa 20 anni di esperienze, vari aspetti gestionali della “transition” rimangono oggetto di discussione. Si è parlato persino di transizioni con «destinazioni ignote» (5); si esorta, suggestivamente, a sviluppare “un piano di vita (non di malattia)...”(9) e si propongono, in realtà, modelli che privilegiano flessibilità e individualizzazione, orientate sia sulle famiglie, sia 2) Modalità della transizione Compete segnatamente al pediatra di famiglia che “trasferisce” al medico dell’adulto un adolescente con una realtà clinica segnata da qualcuna delle suddette patologie (o di altre) di metterne a conoscenza il nuovo curante “nel migliore interesse del paziente”; ma competerà anche al pediatra superspecialista del Centro pediatrico coinvolto da protagonista nell’assistenza del ragazzo di “curarne” la transizione verso lo specialista della rispettiva struttura attiva per gli adulti. Con riferimento alla necessaria sensibilità dei medici (dei pediatri, soprattutto) impegnati a gestire questo “trasferimento” di un adolescente al “nuovo curante” non viene trascurato il ruolo di supporto che anche i familiari possono svolgere e vengono onorati due concetti espressi da poeti americani. Il primo recita: “Iniziare avendo in mente il fine, per partire con la chiara comprensione della destinazione; per conoscere dove si sta per andare, in modo da capire meglio dove si è, in modo da muovere i passi nella giusta direzione” (S.R.Covey, XX secolo). Il secondo ammette che “Possiamo sperare di dare ai nostri bambini solo due eredità durature. Una di esse è costituita dalle radici, l’altra dalle ali” (le radici rappresentando le loro origini, le ali lo strumento di realizzazione dei loro ideali) (W.H. Carter 1907-1972). Oltre che nella considerazione della variabilità dei contesti ambientali-locali e, ovviamente, delle strutture disponibili, di per sé sarà l’indole della malattia in primo luogo a condizionare l’attuazione del trasferimento, ma non senza tener conto di componenti temperamentali individuali del paziente, della sua emotività e insicurezza (malattia-dipendenti e meritevoli di particolare supporto), del suo Figura 2. Tassonomia della psicologia dell’adolescenza: 1) preoccupazioni in merito livello di maturazione psichica, di un suo al proprio accrescimento corporeo: dismorfofobia; 2) genitori considerati come eventuale attaccamento particolare alla strutesempio da seguire; 3) «conformizzazione» al gruppo dei coetanei; 4) crisi di identità; tura pediatrica, in ultima analisi, ancora, della 5) paura di non essere all’altezza degli impegni di lavoro, scuola, ecc.; 6) acquisizione sua età (e non solo di quella anagrafica). del sé coerente e unitario. – Questa raffigurazione (Muuss R.E. Kinderarzt. 10, 1801; Contrasterebbe con il valore di tutti questi ele1979) è da considerarsi solo orientativamente valida non potendo aderire a tutti menti la programmazione di percorsi transii modelli societari, né – altrettanto – nel tempo, a tutti i contesti socioculturali. zionali uniformi e “codificati”. La “transizione” (da Burgio GR. – Pediatria essenziale – 4^ edizione - UTET Torino, 1997, pag.747, con autorizzazione) richiede una valida “preparazione” al “trasferimento” e non poche “attenzioni” successi- 7 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Esiste un gruppo di studio in comune tra Società Italiana di Nefrologia e Società Italiana di Nefrologia Pediatrica, (“gruppo adulto-bambino”): nel registro delle biopsie renali della Società Italiana di Nefrologia esiste una parte pediatrica, con una notevole interazione tra i due gruppi; altrettanto si realizza anche per quanto riguarda le attività di dialisi. (F. Perfumo). Questa collaborazione è foriera di una transizione facile. Considerazioni analoghe attengono alla cardiologia pediatrica, funzionalmente pianificata (S. Giunti) - anche in aderenza alla letteratura internazionale (24-25) - “in rete” con le strutture cardiologiche di riferimento attive sul territorio (26-27). La continua assistenza cardiologico-pediatrica ai bambini con cardiopatie congenite ispira il più opportuno razionale per la loro “transizione” (S. Giusti).Non sembra evocare note differenziative particolari la “transizione” dell’adolescente affetto da una “connettivite reumatica”. Non di rado, però, la disabilità richiede un particolare, sostegno psicologico (A. Martini). Anche per queste malattie, per altro, (segnatamente per l’artrite giovanile idiopatica) la letteratura anglo-americana, in particolare, (28-29), rivolge attenzione a specifici accorgimenti transizionali - possibilmente ad “ambulatori transizionali” (v. anche prima) - e insiste anche molto su una preparazione pedagogica dei familiari. L’obiettivo bioetico di agire sempre e soltanto «nel migliore interesse del paziente» (per la migliore qualità della sua vita) deve ispirare ogni pratica medica; quindi, anche quella, meramente organizzativa, della “transizione di un paziente dal pediatra al medico dell’adulto”. In realtà, tutta la letteratura che a questa “transizione” si dedica, onora il suddetto obiettivo; ma, quel che conta non meno è che lo onorano, in pratica, i pediatri, consapevoli che il progresso delle cure, di per sé foriero di incremento della durata della vita, configura la “transizione” stessa come una realtà in continua espansione e, anche per ciò, meritevole di continua attenzione. sulla scelta di personale con affinata preparazione pedagogica e “vocazionale” (5, 8). Possiamo venire adesso - e solo esemplificativamente - a talune esperienze “di casa nostra”. Per il diabete tipo 1 (1989) un gruppo di pediatri e internisti elaborò, per la Società Italiana di Diabetologia (SID) alcune linee guida (18) e S.Bernasconi (2001) costituì un paradigma per la “transizione dei pazienti dal pediatra endocrinologo all’endocrinologo degli adulti”. Ma anche ad un ambulatorio per varie altre endocrinopatie, gestito insieme da pediatri endocrinologi e auxologi e da endocrinologi dell’adulto si fa riferimento (19). Ovviamente, l’indiscutibile vantaggio del modello di un “ambulatorio transizionale” (termine spesso impiegato nella letteratura anglosassone) sarà proporzionale alla popolosità del bacino di utenza. Diversamente rispetto al diabete, per malattie con fisiopatologia particolarmente complessa e con rischio incombente di sofferenza multiorgano - ci riferiamo alla talassemia - l’indicazione alla transizione è aleatoria. Salvo qualche felice eccezione (Milano), i talassemici rimangono, da noi, “in gestione” ai loro pediatri che fruiranno, al bisogno, di consulenze specialistiche di medici dell’adulto. In linea di massima non è diversa la prospettiva per gli adolescenti affetti, o già affetti, da oncoemopatie o sottoposti a trapianti di cellule staminali (F. Locatelli). Viceversa, un apposito Comitato di Studio Strategico dell’AIEOP, che ha reso accessibile a tutti i medici in un web site le conoscenze diagnostico-terapeutiche per numerose immunodeficienze, ne prospetta strutture ambulatoriali comuni al pediatra e all’internista dell’adulto (21). Altre volte, i passaggi avvengono, in funzione di scelte dei pazienti (e/o dei familiari), a seguito di colloqui con il pediatraspecialista (del Centro, della Clinica, dell’Ospedale). Spesso, qui, è anche il bisogno di privacy che fa privilegiare una siffatta scelta concordata con il proprio pediatra-specialista: accade così in ambito di malattie del sistema nervoso e, in particolare, di epilessia; ma a livello dei colleghi di neurologia pediatrica il problema delle transizioni risulta, come, del resto, recentemente nel Regno Unito (13), particolarmente sentito (P. Iannetti). E, sebbene su ben altro versante, in tema di privacy - peraltro, oggetto di normativa - essa viene a complicare, in qualche modo, il percorso della “transizione” dell’adolescente con AIDS; il criterio ne è, di regola, l’età anagrafica (A. Guarino). Da questi pochi esempi si confermerebbe, quindi, che “naturalmente”, per la “tipologia della transizione” è indicativa la peculiare indole clinica della malattia nell’ispirare diversi modelli. Se ci rifacciamo però, andando ancora solo per esempi, all’ambito della gastroenterologia (e pneumologia) considerando la fibrosi cistica, un modello sperimentato accredita il passaggio dei ragazzi al medico dell’adulto su base anagrafica; ma anche quello della “gestione unitaria” (pediatrica) si dimostra pienamente funzionale (R. Padoan). Vorremmo tuttavia soggiungere che, negli USA, proprio la transizione di questi malati (22) alimenta un vivace dibattito (16, 23). Bibliografia 8 1. Burgio GR, Lo Giudice C, Marinello R. Promoting the health of children and adolescents in Europe: the duty of pediatricians and institutions. Ital J Pediat 2004; 30: 19-24. 2. Katz M, Rubino A, Colliér J, et al. Demography of pediatric primary care in Europe: delivery of care and training. Pediatrics 2002; 109: 788-96. 3. Burgio GR. Dal pediatra al medico dell’adulto. Relazione al 60° Congresso della Società Italiana di Pediatria, Napoli, 4 Ottobre 2004. Quaderni di Pediatria, Pacini Edit, Pisa 2004; 3: 287-90. 4. American Academy of Pediatrics, American Academy of Family Physicians, American College of Physicians-American Society of Internal Medicine. A consensus statement on health care transition for young adults with special health care needs. Pediatrics 2002; 110: 1304-06. 5. Reiss J, Gibson R. Health care transition: destinations unknown. Pediatrics 2002; 110: 1307-14. 6. Rosen DS. Transition to adult health care for adolescents and young adults with chronic conditions. J Adolesc Health 2003; 35: 309-11. 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Prof. Giuseppe Roberto Burgio Dipartimento di Pediatria Università di Pavia Policlinico S. Matteo IRCCS Piazzale Golgi, 2 – 27100 Pavia e-mail: [email protected] 20. Tsamasiros J, Bartsocas CS. Transition of the adolescent from the children’s to the adult’s diabetes clinic. J Pediatr Endocrinol Metab 2002; 15: 363-7. S.I.M.A . notizie In data 16 febbraio 2006 si è tenuta a Roma, presso la sede della Società Italiana di Pediatria, la 1a riunione del gruppo di studio “Promozione alla Salute” della S.I.M.A. Gli obiettivi che tale gruppo di studio si pone sono quelli di favorire il mantenimento di uno stato di salute buono attraverso la prevenzione, riducendo l’incidenza dei diversi fattori di rischio prevedibili. In tale prima riunione sono stati particolarmente analizzati i diversi e possibili approcci metodologici di intervento e sono stati discussi alcuni progetti specifici già proposti alle diverse istituzioni, in particolare i progetti rivolti alla scuola. La proposta operativa che si è determinata, al termine dei lavori, è quella di elaborare un progetto di semplice esecuzione che potrà essere di valido aiuto al pediatra che opera sul territorio. Tale progetto ha come obiettivo da raggiungere quello di migliorare “l’approccio psicorelazionale all’adolescente nel corso dell’esecuzione dei bilanci di salute”. Le difficoltà di comunicazione e relazione del medico nei confronti dell’adolescente costituiscono spesso una barriera di difficile superamento. Un corretto approccio psicorelazionale costituisce un momento indispensabile per una corretta esecuzione dei bilanci di salute nell’adolescente. Giampaolo De Luca 9 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 La contraccezione d’emergenza in adolescenza. Considerazioni generali e proposte di un gruppo di lavoro Laura Serra*, Mara Musconi^, Deborah Silvestrini*, Marcello Lanari* * Unità Operativa di Pediatria e Neonatologia, Ospedale S. Maria della Scaletta, Imola ^ Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale S.Maria della Scaletta, Imola Riassunto La prevenzione delle gravidanze nelle adolescenti dovrebbe essere considerata un obiettivo prioritario in termini di salute pubblica da perseguire, in primis, con la diffusione di programmi di educazione sessuale e l’accesso facilitato ai servizi per la contraccezione e comunque rispondendo in maniera organizzata alla richiesta di contraccezione d’emergenza. La maggior parte delle gravidanze in questa fascia di età risultano“indesiderate”ed è pertanto molto elevato il ricorso all’interruzione volontaria delle stesse. Per quanto riguarda la contraccezione d’emergenza ormonale, il metodo che utilizza preparati a base di solo levonorgestrel è ritenuto il più efficace riducendo, con scarsi effetti collaterali il rischio di gravidanza dell’80-85% se assunto precocemente dopo il rapporto a rischio (entro 72 ore). Esso è inefficace (e pertanto controindicato) in caso di gravidanza, tuttavia se l’impianto dell’uovo fecondato è già avvenuto il farmaco non induce l’interruzione della gestazione in corso né produce effetti teratogeni sul feto. Vengono qui esposte le indicazioni alla contraccezione d’emergenza, discussi gli aspetti medico-legali connessi alla sua prescrizione nell’adolescente e descritte le modalità organizzative convenute nell’Azienda USL di Imola per la somministrazione del levonorgestrel che in Italia è dispensabile esclusivamente a seguito di prescrizione medica. Parole chiave: gravidanza indesiderata, contraccezione d’emergenza ormonale, levonorgestrel, adolescenti. Emergency contraception for adolescents Summary Pregnancy and its consequences for the adolescent age group remain a focus of individual and public health concern. Most teen pregnancies are unintended and ended in induced abortion. Reduction of unintended teen pregnancy should imply improving knowledge, accessibility and availability of contraceptive services including emergency contraception. Oral progestogen-only emergency contraception (levonorgestrel-only pills) is the hormonal emergency contraception regimen of choice for teens because of higher efficacy and lower side effects. Levonorgestrel reduce the risk of pregnancy after unprotected sex, preventing approximately 80 to 85% of pregnancies that would otherwise occur. Levonorgestrel is effective when taken as soon as possible and within 72 hours after unprotected sex or potential contraceptive failure. Emergency contraception pills should not be given to a woman who has a confirmed pregnancy primarily because will not be effective. There are no other absolute contraindications to the use of hormonal emergency contraception. However, levonorgestrel does not interfere with an established pregnancy or harm a developing embryo. In Italy access to hormonal emergency contraception is limited by the need for a prescription. We review the medical and legal issues relating to providing emergency contraception to girls under 18 years and include our purpose to ensure its availability when required. Key words: unintended pregnancy, hormonal emergency contraception, levonorgestrel, adolescents. 11 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Premessa counselling contraccettivo ed alla reperibilità dei contraccettivi stessi (3), compresa la contraccezione d’emergenza, in molti casi solo in parte si possono intuire le motivazioni di queste differenze e la lettura di questi dati deve essere pertanto attuata con cautela. Da varie indagini condotte negli ultimi anni sul comportamento sessuale degli adolescenti italiani è emerso che, concordemente a quanto riportato in tutti i paesi industrializzati,l’inizio dei rapporti sessuali risulta anticipato e si colloca prevalentemente in una fascia di età compresa tra i 15 e i 18 anni. In oltre il 50% dei casi esso avviene senza adozione di alcun metodo anticoncezionale e l’intervallo medio di tempo che intercorre tra l’inizio dell’attività sessuale e l’uso di un contraccettivo è di circa un anno: è in questo periodo di latenza che si verificano circa la metà delle gravidanze indesiderate (3,4). Per quel che riguarda la Regione Emilia-Romagna, da dati recenti forniti dal Servizio Sistema Informativo Sanità e Politiche Sociali e desunti dai Certificati di assistenza al parto (CEDAP) del periodo 2002-2004, il tasso di gravidanze nella fascia di età 14-19 anni è risultato variabile da 4,5 a 4,9 per 1000 ragazze residenti di pari età; dai dati pubblicati dall’Assessorato alla Sanità relativi all’anno 2002 le interruzioni di gravidanza in donne di età < 18 anni sono risultate 208, pari al 3,5% del totale (5). Nel nostro territorio, dai dati emersi dalla “Ricerca sugli stili di vita degli adolescenti che vivono nei Comuni del Circondario imolese”, effettuata dal Consorzio Servizi Sociali, l’esperienza della sessualità sembra collocarsi come esordio o molto precocemente (13-14 anni) o oltre i 18 anni. Dai dati raccolti retrospettivamente dal Gennaio 2000 al Giugno 2005 presso la U.O. di Ostetricia e Ginecologia si sono registrati 55 parti in minorenni (0,9% di tutti i parti); nello stesso periodo, nella fascia di età 1418 anni compiuti, dal Consultorio Familiare e dalla U.O. di Ostetricia sono state evase 148 prescrizioni di contraccezione Secondo l’ordinamento legislativo italiano vigente si intendono per “adolescenti” i minori di età compresa tra 15 anni compiuti ed il diciottesimo anno di età; nella successiva trattazione con il termine di adolescenti intenderemo tuttavia, se non altrimenti specificato, i soggetti di età compresa tra 13 e 18 anni, appartenenti alla fascia dell’adolescenza media e avanzata secondo la suddivisione proposta dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza nel 1992. Introduzione In Europa il tasso di gravidanza in età adolescenziale non è omogeneo, bensì varia nei diversi Paesi dell’Unione. Secondo stime riportate nella “Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi” approvata dal Parlamento Europeo nel Giugno 2002 (1), esso è pari a 12/25 gravidanze ogni 1000 ragazze tra i 15 e i 19 anni : i Paesi Bassi, il Belgio e l’Italia vantano il tasso più basso, mentre la Svezia , l’Irlanda , l’Inghilterra e i paesi dell’Est quello più alto (2). Nella maggior parte dei casi si tratta di gravidanze indesiderate ed è pertanto molto elevato il numero di ragazze che preferiscono interromperle. I tassi più bassi delle interruzioni volontarie di gravidanza praticate legalmente nella Comunità Europea sono stati registrati in Belgio, Paesi Bassi e Germania (7/1000); il gruppo intermedio comprende la Finlandia, la Francia e l’Italia; i tassi più elevati riguardano la Svezia, la Gran Bretagna e la Danimarca (17/1000) (2). Tuttavia, mentre in alcuni casi, come ad esempio nei Paesi Bassi, il minor tasso di gravidanze ed aborti è associabile all’ampia diffusione di programmi di educazione sessuale, al tipo di metodo utilizzato per l’educazione alla contraccezione, caratterizzato dal carattere aperto della discussione sulla sessualità, alla facile accessibilità ai servizi di Tabella 1. Indicazioni all’utilizzo del levonorgestrel a seguito di rapporto “a rischio”. (da PRODIGY Guidance 2005, modificata) Metodo contraccettivo utilizzato Indicazioni alla contraccezione d’emergenza Contraccettivo orale contenente 20 microgrammi di etinilestradiolo mancata assunzione di 2 pillole delle prime 7 della confezione e rapporto non protetto in quella settimana o nella precedente settimana “di pausa” Contraccettivo orale contenete 30-35 microgrammi di etinilestradiolo mancata assunzione di 2 o più pillole nei gg. 15-21 del ciclo mancata assunzione di 3 o più pillole delle prime 7 della confezione e rapporto non protetto in quella settimana o nella precedente settimana “di pausa” mancata assunzione di 3 o più pillole nei gg. 15-21 del ciclo Cerotto transdermico ritardato posizionamento Condom presidio scaduto, rottura o dislocazione durante il rapporto Coitus interruptus eiaculazione in vagina o sui genitali esterni Metodi naturali errore nel calcolare il periodo fertile Diaframma errata inserzione, dislocazione, rimozione precoce Dispositivo intrauterino espulsione completa o parziale 12 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza La contraccezione d’emergenza in adolescenza. considerazioni generali Volume 4, n. 2, 2006 e proposte di un gruppo di lavoro d’emergenza e si è registrato un progressivo aumento della richiesta di tale prestazione (6). Da quanto esposto si evince come nell’adolescenza la gravidanza e/o la contraccezione/interruzione della stessa, rappresentino un problema reale e come, in questa fascia di età la prevenzione della gravidanza “indesiderata”con tutti i risvolti negativi ad essa connessi, dovrebbe essere considerata una priorità in termini di salute pubblica. Giovani donne con scarse conoscenze ed esperienza riguardo all’accesso ai servizi socio-sanitari sono particolarmente a rischio di gravidanza indesiderata. La risoluzione del Parlamento Europeo sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi (1) per quanto riguarda la contraccezione, raccomanda pertanto di “sviluppare una politica nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva di alta qualità” ed inoltre: “invita i Governi degli Stati membri ad adoperarsi per fornire contraccettivi e servizi per la salute sessuale e riproduttiva a titolo gratuito, o ad un costo molto basso, per i gruppi meno abbienti come i giovani, le minoranze etniche e gli emarginati”; chiede ai Governi degli Stati membri di promuovere la contraccezione d’emergenza, favorendone la fruibilità senza prescrizione medica, a prezzi accessibili, “a titolo di prassi standard nell’ambito dell’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva “. La dizione “contraccezione d’emergenza”riunisce alcune pratiche contraccettive che, se utilizzate dopo un rapporto non protetto entro definiti limiti di tempo (72-120 ore), possono significativamente ridurre il rischio di gravidanza indesiderata. La contraccezione d’emergenza ormonale è particolarmente richiesta dalle adolescenti, che spesso non utilizzano alcun metodo contraccettivo o se ne servono sporadicamente e talvolta in maniera inadeguata. Due diversi schemi posologici risultano efficaci come contraccezione d’emergenza ormonale: il primo, noto come metodo Yuzpe (dal nome del medico canadese che lo propose nel 1974), prevede l’associazione di etinilestradiolo e levonorgestrel, il secondo del solo levonorgestrel (7). Quest’ultimo è preferibile, in quanto presenta maggior efficacia e minor incidenza di effetti collaterali (8). In 25 paesi e stati, tra cui Regno Unito, Francia, Norvegia, Danimarca, Svezia, Belgio, Olanda, Finlandia, Portogallo, Canada, Nuova Zelanda, California, Hawaii, New Mexico, stato di Washington, Israele, il levonorgestrel è dispensabile in farmacia senza prescrizione medica (9,10). L’Adolescent Health Committee della Canadian Paediatric Society invita i pediatri, i medici di famiglia e gli altri professionisti che si interessano di adolescenti, ad avere nel proprio studio la pillola contraccettiva d’emergenza, al fine di poterla dispensare direttamente in caso di necessità (11).L’American Academy of Pediatrics (12) e la Società di Medicina dell’adolescenza statunitense (13) raccomandano di fornire informazioni agli adolescenti in merito alla contraccezione d’emergenza nel corso dei bilanci di salute previsti e ribadiscono l’importanza di promuoverne la facile accessibilità, abolendo la necessità di prescrizione medica e senza porre limiti di età. Nel Regno Unito uno degli obiettivi governativi esplicitati per ridurre l’alto tasso di gravidanze nelle adolescenti è quello di facilitare il più possibile la fruizione della contraccezione d’emergenza ed è pertanto possibile reperire presso il Dipartimento di Emergenza-Urgenza il farmaco, dispensato anche nelle farmacie senza prescrizione medica dai 16 anni di età. Seppur da alcuni paventato, non vi sono prove che suggeriscano che la contraccezione d’emergenza conduca o favorisca comportamenti sessuali promiscui (14,15); al contrario questa può rappresentare “un ponte” di primo contatto tra operatori sanitari ed adolescenti verso il counselling riguardo ai metodi contraccettivi ed alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Infatti, sebbene in caso di richiesta di contraccezione d’emergenza occorra porsi l’obiettivo di salvaguardare la minore da una gravidanza indesiderata, è altrettanto importante adoperarsi per fornirle le informazioni necessarie a promuovere future scelte procreative consapevoli e responsabili. La contraccezione d’emergenza con levonorgestrel Indicazioni alla prescrizione Lo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 1998 (8,16) ha dimostrato la superiorità del levonorgestrel (LNG) quale contraccettivo di emergenza ormonale rispetto all’assunzione combinata di Estrogeni + Progestinici . In Italia sono in commercio due prodotti a base di levonorgestrel con analogo costo (11 Euro) dispensabili con presentazione di ricetta medica : Levonelle 2 cpr 750 mcg Norlevo 2 cpr 750 mcg Dopo un singolo rapporto sessuale non protetto il rischio “globale”di gravidanza è di circa il 2-4%, ma varia notevolmente in rapporto al periodo del ciclo mestruale: è più alto (20-30%) durante la “finestra fertile” che teoricamente comprende i 5 giorni che precedono l’ovulazione fino al giorno dopo l’ovulazione (dal 10° al 17° giorno di un ciclo di 28 giorni) e raggiunge il massimo nel periodo ovulatorio, comunque difficilmente prevedibile nelle donne con cicli spesso irregolari quali le adolescenti (9,17). L’assunzione di LNG riduce tale rischio al 5% circa nel periodo della “finestra fertile”, a meno dell’1% nei periodi di minor rischio. Nelle adolescenti più del 90% delle gravidanze sono “indesiderate “ed in oltre il 50% dei casi esitano in aborto spontaneo o indotto; l’uso tempestivo della contraccezione d’emergenza potrebbe prevenire il 70% degli aborti (11,18). Le indicazioni all’utilizzo della contraccezione d’emergenza (9,12,19) sono rappresentate da: rapporto senza utilizzo di alcun di metodo contraccettivo fallimento del metodo contraccettivo o inappropriato utilizzo (Tabella 1) violenza sessuale in assenza di protezione contraccettiva 13 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Meccanismo d’azione Modalità di assunzione Il meccanismo d’azione del LNG non è del tutto conosciuto: mentre è ampiamente dimostrata l’interferenza del prodotto sugli eventi pre-fertilizzazione è discussa e da alcuni confutata un’azione post-fertilizzazione, in grado di impedire lo sviluppo o l’impianto dell’ovulo fecondato (20-22). Secondo la Food and Drug Administration (FDA) (8) il LNG può agire : ritardando/inibendo l’ovulazione (effetto più frequente e comprovato) inibendo la fertilizzazione per interferenza con la mobilità/ funzionalità spermatica e degli ovociti nelle tube; ostacolando l’impianto dell’ovulo fecondato (azione post-fertilizzazione) attraverso un’alterazione della recettività endometriale (meccanismo contestato). L’efficacia del LNG come metodo contraccettivo ha dei rigidi limiti temporali ed è tanto maggiore quanto minore è il tempo trascorso tra il rapporto non protetto e l’assunzione (Tabella 2). L’efficacia si riduce del 50% per ogni intervallo di 12 ore (9,23); a 120 ore sembra sovrapponibile a quella riportata a 72 ore (7). Se l’impianto dell’uovo fecondato è già avvenuto, il farmaco non esplica nessuna azione: quindi, se si è stabilita una gravidanza non può interromperla (24). Non sono inoltre noti effetti teratogeni e studi epidemiologici a seguito di uso accidentale della pillola d’emergenza in gravidanza hanno dimostrato che essa non induce effetti dannosi sul feto (24,25). LNG può essere assunto in qualsiasi momento del ciclo mestruale. Il foglio illustrativo del farmaco prevede l’assunzione di due compresse ad intervallo di 12 ore l’una dall’altra (la seconda comunque non oltre le 24 ore dalla prima) tuttavia, secondo le più recenti indicazioni, la modalità di assunzione più efficace prevede la somministrazione di 2 compresse di LNG in dose unica (31). In caso di vomito entro 2 ore dall’assunzione vanno ingerite nuovamente 2 compresse. Quali effetti collaterali transitori sono riportati (9): nausea (25%) vomito (5%) dolori addominali (18%) mal di testa (17%) astenia (17%) tensione mammaria (11%) vertigini (11%) spotting nei giorni successivi all’assunzione (10%). Follow-up Dopo l’assunzione del farmaco la mestruazione successiva inizia di solito alla data attesa, tuttavia può essere anticipata o ritardata di qualche giorno (9,25). Qualora dopo l’assunzione si verifichi un ritardo mestruale di 7 giorni dalla data attesa od in presenza di un flusso mestruale più abbondante o più scarso del solito è raccomandata l’esecuzione di un test di gravidanza. Si sconsiglia il ricorso al LNG più di una volta nello stesso ciclo mestruale. Poiché l’assunzione di LNG non comporta la copertura contraccettiva del rimanente ciclo mestruale deve essere consigliata l’astinenza o l’uso di contraccettivi di barriera finchè non si sia ripresa da almeno 7 giorni la somministrazione della precedente contraccezione ormonale continuativa che può essere riassunta entro 12 ore dalla somministrazione di LNG. Qualora non si facesse uso di alcun di metodo contraccettivo Requisiti per la prescrizione Secondo i criteri formulati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la prescrizione della contraccezione d’emergenza basati sui rischi e benefici per donne in varie condizioni di salute, i preparati combinati e quelli contenenti solo levonorgestrel sono considerati privi di restrizioni d’uso ( Classe 1) (26). Poiché il dosaggio degli ormoni assunti è relativamente basso ed il tempo di utilizzo è molto breve, le controindicazioni normalmente associate all’uso regolare della contraccezione ormonale (combinata o progestinica) non sono applicabili alla contraccezione d’emergenza; in particolare non esiste associazione tra l’uso della pillola post-coitale ed episodi tromboembolici (27,28). In caso di precedenti episodi di malattia cardiovascolare (tromboflebite, ischemia miocardica, episodio acuto cerebrovascolare), di angina, di emicrania, l’uso della contraccezione d’emergenza è considerato vantaggioso rispetto ai rischi provati o teorici. L’uso della pillola d’emergenza è “controindicato” in caso di gravidanza in atto, in quanto inefficace, o in caso allergia nota verso i componenti. L’assunzione del farmaco è sconsigliata in caso di: precedente gravidanza extrauterina (possibile associazione tra uso di LNG e gravidanza ectopica) (29,30) precedente salpingite disfunzione epatica grave nota e sindrome da grave malassorbimento (ridotta efficacia). Tabella 2. Efficacia del Levonorgestrel in relazione al tempo intercorso tra rapporto non protetto e assunzione. 14 Intervallo tra LNG e rapporto non protetto % prevenzione di gravidanza ≤ 24 ore 95 25-48 ore 85 49-72 ore 58 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza La contraccezione d’emergenza in adolescenza. considerazioni generali Volume 4, n. 2, 2006 e proposte di un gruppo di lavoro legislativo, si può affermare che la pillola contraccettiva d’emergenza non possieda effetti abortivi (35). Infatti l’esame sistematico della regolamentazione dedotta dalla legge 194 del 1978 recante “norme a tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” conduce a ritenere che il legislatore abbia inteso quale intervento interruttivo della gravidanza quello che interviene in fase successiva all’annidamento nell’utero materno (evento che si verifica in un lasso di tempo temporale di circa 6 giorni dalla fecondazione), richiamando come definizione di gravidanza quella enunciata dall’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), secondo la quale debba riferirsi al periodo compreso tra l’annidamento dell’embrione in utero e il parto. Di conseguenza un prodotto che agisca impedendo l’impianto o l’annidamento dell’embrione in utero, non porrebbe termine a una gravidanza, non essendo questa ancora iniziata: si tratterebbe pertanto di un prodotto contraccettivo e non abortivo. Tenendo conto di tale assunto, la sentenza del TAR del Lazio del 12 Ottobre 2001(36) ha fugato ogni dubbio in merito alla legittimità del provvedimento che ha autorizzato la diffusione commerciale del farmaco. Tabella 3. Farmaci che possono ridurre l’efficacia del Levonorgestrel. antiepilettici: fenitoina, fenobarbital, primidone, carbamazepina, topiramato antitubercolari: rifampicina, isoniazide anti-HIV: ritonavir, nevirapina, nelfinavir antibiotici/antimicotici: penicillina, cefalosporine, tetracicline, trimetroprim, griseofulvina prodotti di erboristeria contenenti iperico continuativo è opportuno effettuare il counselling contraccettivo. È indicato proporre, soprattutto a donne sessualmente attive di età < 25 anni, i test per la ricerca di malattie sessualmente trasmesse, in particolare per Chlamydia Trachomatis. Interazione con altri farmaci In caso di assunzione contemporanea (o nei precedenti 28 giorni) di alcuni farmaci (tabella 3) che possono ridurre l’efficacia del LNG, in particolare gli induttori delle attività enzimatiche epatiche, alcuni Autori propongono l’utilizzo di una dose aggiuntiva del farmaco (750 mcg) dopo 12 ore dalla prima (9,11). Contraccezione d’emergenza e obiezione di coscienza Altro tema ampiamente dibattuto riguarda la possibilità di porre “obiezione di coscienza” alla prescrizione della “pillola postcoitale” (37). Tale facoltà, infatti, prevista dall’articolo 9 della legge 194/78 dovrebbe essere riservata unicamente alla IVG e non essere arbitrariamente estesa alla somministrazione della contraccezione d’emergenza per i motivi esposti nel precedente paragrafo. Il Comitato Nazionale di Bioetica, organismo consultivo a componente mista laica e cattolica, sollecitato ad esprimersi in merito al quesito sollevato dall’ordine dei Medici di Venezia, nel maggio 2004 ha riconosciuto tuttavia “la legittimazione deontologica al rifiuto della prescrizione della contraccezione d’emergenza rispetto al comprensibile e legittimo desiderio da parte del medico di potersi astenere da prestazioni che contrastino con la propria coscienza e/o con il proprio convincimento clinico”. Nel contempo in una nota dello stesso Comitato si precisa che nell’analisi delle questioni bioetiche “gli interessi di tutti i soggetti coinvolti devono essere tenuti in debita considerazione” e che “l’eventuale ampliamento della libertà del medico non è scevro di conseguenze per la possibilità da parte delle donne di accedere senza disagi aggiuntivi al principio farmacologico in questione”. Nella nota si invitano autorità e istituzioni competenti a “vigilare ed eventualmente provvedere affinchè su tutto il territorio nazionale l’esercizio della clausola di coscienza da parte dei medici operanti nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale non implichi difficoltà rilevanti e una restrizione di fatto delle libertà e dei diritti civili e sociali delle donne” (38). Il consiglio Direttivo dell’Ordine dei Medici di Firenze (39) ha formulato a sua volta le seguenti considerazioni: “.. al di là delle Aspetti medico-legali Contraccezione d’emergenza e interruzione volontaria di gravidanza L’immissione in commercio della pillola contraccettiva d’emergenza, a base di Levonorgestrel (a seguito dell’autorizzazione rilasciata nel settembre del 2000 dal Ministero della Sanità, al fine di adeguare i prontuari farmaceutici italiani a quelli europei), ha suscitato e continua a suscitare numerose polemiche. Infatti, poiché tra i vari meccanismi d’azione è stata ipotizzata un’ azione sull’endometrio uterino, tale da impedire l’annidamento dell’ovulo fecondato, secondo alcuni sarebbe da considerarsi non un metodo contraccettivo, bensì abortivo e quindi assoggettabile alle norme che disciplinano i casi di interruzione volontaria della gravidanza (IVG), previsti dalla legge n. 194 del 22 Maggio 1978. Tuttavia, mentre esistono evidenze scientifiche che l’azione del levonorgestrel favorisca l’inibizione o il ritardo dell’ovulazione (21,22,32,33) non ne esistono di altrettanto certe in merito alla possibilità di un’azione sull’endometrio capace di contrastare l’impianto dell’uovo fecondato, anzi in una recente pubblicazione Croxatto et al. (20) negano la possibilità di tale effetto. Per un maggior approfondimento si rimanda comunque all’ampia trattazione sull’argomento del Prof. Carlo Flamigni (34). Sul piano puramente giuridico, secondo il nostro ordinamento 15 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 pano ad una età inferiore ai 18 anni la possibilità di compiere lecitamente atti rilevanti per il proprio status giuridico. Nella fascia di età tra i 14 e i 18 anni il diritto penale considera il minore “imputabile “(art.98 C.P.) ossia “ idoneo “ ad essere imputato di un reato, se al momento in cui ha commesso il fatto egli aveva capacità di intendere e di volere; è possibile per il sedicenne, contrarre matrimonio (art. 81 C.C.) e riconoscere i figli naturali (art. 250 C.C.); alcuni articoli del Codice Civile forniscono riferimenti che fanno assumere rilevanza alla volontà espressa dal minore che ha compiuto 10 anni in tema di tutela (art. 371), 12 anni in tema di adozione (art. 79 legge 184/1983), 14 anni nel proprio interesse e in quello del mantenimento dell’unità familiare (art. 316); al compimento del sedicesimo anno è possibile esprimere l’assenso (o il dissenso) in vita ai fini dell’espianto di organi o tessuti del proprio corpo per donazioni (DPR 10 luglio 1989, n. 241); in relazione alle tossicodipendenze, la legge del 22 dicembre 1975 n. 685 e successive modifiche inserite nel DPR n. 309 del 9 ottobre 1990 all’articolo 120 consente al minore di chiedere autonomamente accertamenti diagnostici, di fruire di interventi terapeutici e riabilitativi, di scegliere i luoghi di cura e i medici curanti, di godere della più assoluta riservatezza anche nei rapporti col personale sanitario e con chi esercita su di lui la potestà o la tutela; nella recente legge sulla violenza sessuale (Legge 15 Febbraio 1996, n. 66) non è punibile il minore che compie atti sessuali con una minorenne che abbia compiuto i 13 anni, se la differenza di età tra i detti non è superiore ai tre anni. Emergendo chiaramente l’ampia potestà decisionale riconosciuta dal legislatore al soggetto minorenne, stimato in grado di valutare la portata e il significato delle proprie azioni in materia di tutela della propria salute e di liceità nel compiere atti sessuali, risulterebbe alquanto contraddittorio non considerarlo altrettanto idoneo a prendere autonomamente decisioni in merito all’utilizzazione di metodi contraccettivi, per evitare gravidanze non desiderate (41,42). Facendo riferimento alla già menzionata legge sulla violenza sessuale alcuni Autori ritengono che il limite minimo per la prescrizione di un contraccettivo ad un minore, in assenza dei genitori o dei legali rappresentanti, possa fissarsi a 13 anni; secondo altri tale limite coinciderebbe con l’età minima alla quale una donna è in grado di concepire, variabile tuttavia da caso a caso (41-43). Un’ultima riflessione sulla problematica relativa alla tutela del segreto professionale (Art. 9, Codice di Deontologia medica): la possibilità di rivelare il segreto ai legali rappresentanti prevista dallo stesso articolo 9 non va intesa, come ben esplicitato da Tridenti, nel senso che il legale rappresentante sia legittimato a richiedere tassativamente al medico curante del minore la rivelazione del segreto, ma che tale possibilità debba essere lasciata alla cauta discrezionalità del sanitario, caso per caso, nell’adeguata valorizzazione della riservatezza e confidenzialità valida anche per l’utente adolescente” (42). Poiché al momento attuale in Italia non esiste una precisa norma di legge chiarificatrice e liberatoria la posizione del medico è estremamente complessa in quanto “solo e da solo deve, di volta considerazioni puramente scientifiche riguardanti il meccanismo d’azione del Levonorgestrel, il punto fondamentale riguarda il fatto che non si è di fronte ad una problematica riconducibile alla interruzione volontaria di gravidanza, ragion per cui l’obiezione di coscienza, prevista espressamente dalla legge 194 del 1978, non riguarda casi come quello di cui trattasi. Ciò non toglie che il medico, invocando l’art.19 del vigente Codice di Deontologia Medica possa rifiutarsi di eseguire prestazioni che contrastano con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, ma in tal caso il suo rifiuto non deve essere di immediato nocumento per la salute della persona assistita”. Questo significa che il medico che intende rifiutarsi di prescrivere farmaci contenenti LNG, deve comunque garantire all’assistita la possibilità di fruirne mediante prescrizione da parte di un altro collega disponibile. Contraccezione d’emergenza e prescrizione ai minori Nella legge 405 del 1975, che assicura tramite un servizio pubblico l’assistenza psicologica e sociale per la maternità responsabile, non è contenuto alcun divieto giuridico che neghi al minore la fruizione delle prestazioni erogate dal consultorio familiare; l’articolo 2 della legge 194, 22 maggio 1978 “norme sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza enuncia che “la somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori”. Assunto che secondo la vigente legislazione l’effetto del farmaco è da ritenersi di tipo contraccettivo, si può desumere che per la prescrizione dello stesso possano valere i criteri espressi per i “contraccettivi”, non risultando necessari il coinvolgimento e il consenso dei legali rappresentanti del minore. Tuttavia la legittimazione alla prescrizione del LNG senza assenso del genitore può derivare anche dall’urgenza connessa allo stretto limite temporale in cui deve essere somministrato il farmaco. Si deve infatti contemplare l’articolo 12 della legge n.194 sull’aborto, il quale autorizza il medico ad operare “indipendentemente dall’assenso di chi esercita la patria potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare qualora ravvisi l’urgenza dell’intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni” (40). In merito alla opportunità del coinvolgimento dei genitori o dei legali rappresentanti, ritenuta comunque necessaria da alcuni, occorre riflettere sul fatto che una delle principali richieste esplicitate dai giovani che si rivolgono a strutture per la salute sessuale e riproduttiva è la garanzia della riservatezza. Negli Stati Uniti il 35% circa degli adolescenti ha dichiarato che non si rivolgerebbe ai servizi sanitari per contraccezione e malattie sessualmente trasmesse, se non fosse loro garantita la “privacy” anche nei confronti dei genitori. Riguardo all’età, sono molteplici i riferimenti legislativi che antici- 16 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza La contraccezione d’emergenza in adolescenza. considerazioni generali Volume 4, n. 2, 2006 e proposte di un gruppo di lavoro in volta e sotto la propria responsabilità, valutare la competenza, la comprensione e la capacità decisionale del minore nell’esprimere il proprio assenso o dissenso all’intervento sanitario” (43). te esecuzione di test di gravidanza, prima di procedere alla somministrazione del farmaco; il Consultorio Familiare sia il luogo privilegiato di prescrizione, ma nell’impossibilità di accesso a tale struttura, altre sedi Aziendali di riferimento possano essere: il Pronto Soccorso, l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia, la U.O. di Pediatria, la Medicina di Continuità Assistenziale; in caso di accesso attraverso il Pronto Soccorso il codice colore debba essere “verde” in quanto prestazione urgente (e pertanto esente da ticket), riportando nel referto la dizione generica di “problemi ginecologici” nel rispetto della privacy; ogni medico abbia la possibilità di rispondere alla richiesta di prescrizione liberamente, secondo la propria coscienza, nel rispetto dell’articolo 19 del vigente Codice di Deontologia Medica; spetti al medico che non condivida la prescrizione il compito di individuare un altro collega in grado di evadere la richiesta della contraccezione d’emergenza nel più breve tempo possibile, al fine di non causare ritardi nella prescrizione e precluderne così l’efficacia; trattandosi di una minore, sia indispensabile sollecitare il soggetto ad informare i genitori e in caso di rifiuto, se di età ≥ 14 anni, valutato il grado di capacità di intendere e di volere, si possa egualmente procedere alla prescrizione, alla luce dei riferimenti legislativi citati; per le minori di 14 anni, in caso non si ottenga l’assenso ad informare i genitori si lascia al singolo professionista la scelta, operando “secondo scienza e coscienza”; la giovane venga invitata a recarsi in tutti i casi nelle 2-3 settimane successive presso il Consultorio Giovani al fine di: verificare la presenza di una eventuale gravidanza in atto e in tal caso fornirle il supporto necessario per aiutarla nella scelta se proseguire o interrompere la gestazione; fornire all’adolescente le informazioni in merito all’utilizzo dei metodi contraccettivi e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, perché possa operare scelte procreative consapevoli e responsabili, senza incorrere in situazioni che mettano in serio pericolo il suo equilibrio psico-fisico. Proposta operativa del gruppo di adolescentologia** della AUSL di Imola L’adozione di programmi di educazione sessuale e l’ampia disponibilità di accesso ai servizi per il counselling contraccettivo costituiscono i cardini della prevenzione della gravidanza “indesiderata” nelle adolescenti; tuttavia di fronte alla richiesta di contraccezione d’emergenza crediamo sia prioritario l’obiettivo di salvaguardare la minore da un evento che potrebbe seriamente compromettere il suo futuro, sia che decida di proseguire la gravidanza, che di interromperla. Dai dati rilevati, frutto del monitoraggio operato nell’ambito del Consultorio Giovani, della Unità Operativa di Ostetricia e Ginecologia e del Pronto Soccorso della nostra AUSL, abbiamo documentato nell’ultimo anno un incremento nella richiesta di contraccezione d’emergenza ormonale in questa fascia d’età. Dalla disamina delle letteratura emerge che LNG è da considerarsi un farmaco altamente efficace a questo scopo, con scarsi effetti collaterali e nessuna controindicazione assoluta; i dati anamnestici richiesti al momento della prescrizione sono la data di inizio dell’ultima mestruazione, per escludere una possibile gravidanza in corso e la valutazione del tempo intercorso dal rapporto non protetto, per valutare l’indicazione al trattamento. In Italia l’acquisto di prodotti a base di LNG è condizionato dal possesso di ricetta medica. Pur tenendo conto delle controversie medico-legali derivanti dalla mancanza di chiari riferimenti legislativi in merito alla contraccezione d’emergenza nella minore, alla luce di quanto esposto precedentemente, sintesi delle attuali conoscenze scientifiche, abbiamo definito, in risposta alle perplessità espresse da alcuni professionisti in merito alla liceità della prescrizione, alcuni punti dai quali derivare comportamenti condivisi e omogenei tra Operatori della nostra Azienda nei confronti della prescrizione del metodo contraccettivo. È stato, pertanto, convenuto che: qualora sussistano le indicazioni e i requisiti all’utilizzo della contraccezione d’emergenza, in accordo con le raccomandazioni delle Società Scientifiche Internazionali (11-13) debba essere assicurata la prescrizione del LNG a chi ne faccia richiesta, previa valutazione clinico-anamnestica, seguita da colloquio informativo e valutazione della capacità di intendere e di volere del soggetto; in presenza di ritardo mestruale è opportuno accertare un’eventuale gravidanza in atto median- Bibliografia 1. Van Lancker AEM. Relazione sulla salute i diritti sessuali e riproduttivi (2001/2128 INI). Commissione per i diritti della donna e le pari opportunità. Parlamento Europeo, 6 Giugno 2002. 2. Singh S, Darroch JB. Adolescent pregnancy and childbearing. Levels and trends in developed countries. Fam Plann Perspect 2000;32:14-23. 3. De Sanctis V, Vergine G, Pedretti S, Fiscina B. Sessualità ed educazione sessuale nell’adolescente. 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Corrispondenza: Dott.ssa Laura Serra U.O. di Pediatria Ospedale Civile di Imola AUSL 23 Via Montericco 4 - 40026 Imola (Bo) Tel. 0542/662805/08 - Fax 0542/662810 e-mail: [email protected] 18 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza La contraccezione d’emergenza in adolescenza. considerazioni generali Volume 4, n. 2, 2006 e proposte di un gruppo di lavoro Scheda informativa A cura di Stefania Pedretti, Vincenzo De Sanctis* Scuola di Specializzazione di Pediatria, Università degli Studi di Ferrara *Divisione di Pediatria ed Adolescentologia, Arcispedale S. Anna - Ferrara Informazioni per l’adolescente che richiede la “pillola del giorno dopo” (PGD) Questo foglietto è stato preparato allo scopo di fornirti alcune informazioni sulla pillola del giorno dopo, non sostituisce quanto ti verrà detto e consigliato dal tuo medico di fiducia, a cui dovrai rivolgerti in tutti i casi in cui vorrai ricorrere alla PGD o “pillola d’emergenza” per ridurre la probabilità di una gravidanza indesiderata e per ricevere il tuo consenso informato al suo impiego. che la PGD sopprima l’ovulazione e impedisca l’impianto dell’ovulo se è stato fecondato. Al contrario, se al momento dell’assunzione del farmaco, l’ovulo fecondato si è già impiantato nell’utero, la “pillola del giorno dopo” non è più efficace. La probabilità di rimanere incinta dopo un singolo rapporto sessuale è pari all’8%. Tale probabilità aumenta fino al 20-30%, durante il periodo fertile, che è compreso da 5 giorni prima ad un giorno dopo l’ovulazione. Come effettuarla Entro 72 ore dal rapporto non protetto, puoi assumere 2 compresse della PGD da 750 mcg, in un’unica somministrazione o a distanza di 12 ore l’una dall’altra (non oltre le 16 ore). In Italia abbiamo 2 preparazioni: Levonelle® e Norlevo®. La confezione contiene due compresse e costa 11 euro. È possibile acquistarla in farmacia dietro prescrizione medica (ricetta non ripetibile) ed è a carico dell’acquirente. Ricordati di informare il medico se hai… 1. una malattia infiammatoria cronica intestinale (ad es. Crohn) 2. una severa patologia epatica 3. ipertensione O se assumi… 1. barbiturici e altri farmaci per il trattamento dell’epilessia 2. antitubercolari 3. antifungini 4. ciclosporina 5. erba medicinale contenente Hypericum perforatum (erba di San Giovanni) Quando assumerla Nel caso di: rapporto sessuale non protetto eiaculazione nell’area dei genitali femminili rottura o sfilamento del profilattico dimenticanza, per due giorni, della pillola contraccettiva ritardo, di più di due giorni, nella ripresa dell’assunzione della pillola contraccettiva abuso o violenza sessuale in assenza di protezione contraccettiva. Controindicazioni Non esistono controindicazioni assolute. L’unica situazione in cui l’assunzione deve essere evitata è la presenza di una gravidanza in atto. In questo caso, l’assunzione della pillola, risulterebbe inefficace, ma non dannosa. Dove rivolgersi Al Consultorio, Medico o Pediatra di Famiglia, Guardia Medica o Pronto Soccorso. È possibile che ti venga richiesto un test di gravidanza. Effetti collaterali Sono transitori e di breve durata: Nausea (23%) Dolore addominale (18%) Astenia (17%) Cefalea (17%) Tensione mammaria (10%) Vomito (6%) Diarrea Disturbi dell’umore. Nel 10% dei casi si possono avere piccole perdite ematiche vaginali o alterazioni del flusso mestruale. Efficacia terapeutica Se assunta tempestivamente (entro 12-24 ore dal rapporto sessuale non protetto), riduce la probabilità di rimanere incinta fino al 90-95%. Successivamente l’efficacia diminuisce. Come funziona Il meccanismo d’azione non è ben conosciuto, si ritiene 19 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Se il vomito compare nelle 2-3 ore successive all’assunzione del farmaco, si raccomanda di ripetere l’assunzione immediata della PGD. esempio, l’HIV. Pertanto, ti ricordiamo che è necessario utilizzare sempre il preservativo. 4. Il prodotto non va usato oltre la data di scadenza. 5. La confezione va conservata ad una temperatura inferiore ai 25 gradi. Il ciclo mestruale successivo La comparsa della mestruazione dopo l’assunzione della pillola del giorno dopo si verifica, di solito, senza grandi variazioni (anticipo o ritardo), rispetto alla data prevista. Nel caso dovesse verificarsi un ritardo del flusso mestruale di 5-7 giorni o il flusso mestruale dovesse risultare scarso, abbondante o doloroso, è consigliabile consultare il medico. Lo stesso provvedimento dovrà essere preso se, nonostante il proseguimento della pillola contraccettiva, il flusso mestruale non dovesse comparire durante la settimana di sospensione. Consenso informato Ho preso visione delle informazioni riportate nel foglio che mi è stato consegnato dal Dott./Dott.ssa……………………………….………………. ed ho ben compreso i contenuti e le modalità di azione del farmaco. Sono stata informata che non sono disponibili indagini strumentali o di laboratorio per la diagnosi di gravidanza, prima della settima giornata dal momento fecondante, chiedo che mi venga prescritta la PDG nella consapevolezza di utilizzare questo preparato per una situazione di necessità non differibile. È importante ricordare che: 1. Se hai assunto la pillola del giorno dopo e ti succede di avere altri rapporti sessuali dovrai ricorrere all’uso del preservativo. Sarebbe opportuno, tuttavia, evitare altri rapporti sessuali fino alla comparsa del flusso mestruale. 2. La pillola del giorno dopo non può essere usata come metodo contraccettivo di routine. L’uso ripetuto nello stesso ciclo, va evitato perché comporta irregolarità mestruali. In questi casi è opportuno ricorrere alla pillola contraccettiva, meno costosa e più sicura. 3. La pillola contraccettiva e la PGD non proteggono dalle malattie sessualmente trasmesse come, ad Firma………………………………………………………… Bibliografia essenziale C. 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L’aspetto clinico e la severità dell’acne sono estremamente eterogenei, in relazione al numero, dimensioni e tipologia delle lesioni acneiche (infiammatorie, non infiammatorie, cicatriziali). Le ripercussioni di ordine psicologico e sociale ascrivibili alla malattia possono essere rilevanti: gli adolescenti frequentemente presentano riduzione dell’autostima, ansietà, depressione e isolamento sociale. Il presente lavoro riporta le strategie terapeutiche per il trattamento dell’acne nelle adolescenti. Parole chiave: acne volgare, linee guida, trattamento. Acne vulgaris: guidelines for treatment Summary Acne vulgaris is a common skin disease affecting about 70-90% of adolescents. It is a multifactorial disease of the pilosebaceous units of the face, neck, chest and back, characterised by ductal hyperkeratinization, androgenmediated seborrhoea, Propionibacterium acnes colonization of the follicle and inflammation. The features and the severity of acne are variable, depending on number, size and predominant type of lesions (inflamed lesions, non-inflamed lesions, scars). Significant psychosocial disabilities can arise from the disease. Frequently adolescents may experience poor self image, anxiety, depression and social isolation. As a consequence, an effective management of the disorder can have a considerable impact in patients with acne. The purpose of this paper is to help physicians in selecting an appropriate treatment among the vast number of therapeutic options available according to acne clinical presentation. Key words: acne vulgaris, guidelines, treatment. L’acne volgare è una patologia, multifattoriale, dell’annesso pilosebaceo che si presenta con lesioni non infiammatorie (comedoni), infiammatorie (papule, pustole, noduli) o di entrambe le varietà. Predilige le aree seborroiche del corpo: volto, torace e regione interscapolare. L’aspetto clinico e la severità dell’acne sono estremamente eterogenei, in relazione al numero, dimensioni e tipologia delle lesioni acneiche (infiammatorie, non infiammatorie, cicatriziali) (Tabella 1). Le ripercussioni di ordine psicologico e sociale ascrivibili alla malattia possono essere rilevanti: gli adolescenti frequentemente presentano riduzione dell’autostima, ansietà, depressione e isolamento sociale. Il presente lavoro riporta le strategie terapeutiche per il trattamento dell’acne nelle adolescenti. Epidemiologia Per quanto gli studi epidemiologici relativi all’acne siano difficilmente comparabili tra loro a causa dell’estrema eterogeneità dei parametri e delle metodologie utilizzate, alcuni aspetti, riportati in letteratura, sono costanti. In particolare: La stretta correlazione tra acne e pubertà con una prevalenza negli adolescenti del 70-87% (1); 23 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Tabella 1. Varianti cliniche dell’acne. Varianti cliniche C a r a t t e r i s t i ch e Acne neonatale Comedoni e lesioni infiammatorie alle guance (si risolve abitualmente entro il 3° mese di età) Acne infantile Acne in epoca prepuberale (frequente l’associazione con endocrinopatie) Acne dell’età adulta Sesso femminile; persistente o a esordio tardivo Acne conglobata Presenza di grossi noduli, cisti, ascessualizzazioni, tragitti fistolosi; costante esito cicatriziale; estensione a collo, tronco, radice degli arti Acne fulminans Forma severa di acne infiammatoria; compromissione sistemica (febbre, artralgie, lesioni osteolitiche) Acne inversa Acne nodulare; suppurazione delle aree dotate di ghiandole apocrine (ascelle, genitali, area gluteo-perineale); seni e cisti pilonidali del solco intergluteo Acne meccanica Lesioni acneiche in aree sottoposte a frizione (casco, cinghie di elmetti e copricapi) Acne occupazionale Indotta dall’esposizione ad agenti tossici industriali (oli minerali, idrocarburi alogenati–cloracne) Il progressivo aumento della prevalenza tra i 10 ed i 18 anni, con percentuali del 27.7% tra i 10-12 anni e del 93% nei soggetti tra i 16 ed i 18 anni. Nel primo gruppo l’acne risulta più frequente nelle ragazze, nel secondo gruppo sono i maschi a essere più colpiti (2). Uno studio di Rademaker et al. (3) ha riportato la presenza di lesioni acneiche nel 61% delle ragazze di 12 anni e nell’83% delle sedicenni, con una prevalenza massima tra i 15 e i 17 anni. Tra i ragazzi la percentuale di acneici risultava essere del 40% a 12 anni e del 95% a 16 anni; La tendenza alla risoluzione dopo i 20 anni. Negli adulti la prevalenza di acne di una certa rilevanza clinica (grado >0.75 della scala di Leeds) è stata documentata nel 12% delle donne e nel 3% degli uomini di età superiore ai 25 anni (4). In età adulta l’acne può rappresentare la persistenza di un quadro a esordio adolescenziale mai completamente risolto (acne persistente) o può rappresentare una forma ad esordio tardivo (late onset). nate a carico dei recettori per gli androgeni, localizzati nella sede dell’annesso pilo-sebaceo, siano alla base della esagerata sensibilità all’azione ormonale negli acneici (7). Diagnosi La diagnosi di acne volgare è clinica. Nella diagnosi differenziale bisognerà considerare la rosacea, la dermatite periorale, le follicoliti batteriche, le eruzioni acneiformi da farmaci. Un elemento clinico che depone per la diagnosi di acne è la presenza di comedoni. Trattamento dell’acne volgare La scelta del trattamento è in rapporto alla severità clinica dell’acne. La stadiazione può essere fatta, se si prendono in considerazione il numero, il tipo e la distribuzione delle lesioni acneiche (Tabella 2), utilizzando i criteri di Cunliffe et al. (8). A tutto ciò bisogna aggiungere l’entità dell’impatto psicologico, correlato alle manifestazioni acneiche, e la tendenza allo sviluppo di cicatrici, che si realizza, sul piano clinico con ampio polimorfismo, fino al 95% dei casi (9). Patogenesi A livello dell’annesso pilosebaceo, la patogenesi delle lesioni acneiche riconosce l’azione di quattro fattori: 1. l’alterata proliferazione e differenziazione dei cheratinociti di rivestimento dell’epitelio follicolare all’altezza dell’infrainfundibolo (ipercheratinizzazione duttale) e successiva ostruzione del follicolo; 2. l’iperplasia della ghiandola sebacea e iperseborrea, indotte dagli androgeni; 3. la colonizzazione del follicolo da parte del Propionibacterium acnes; 4. l’infiammazione e la risposta immunitaria (5). I presupposti genetici della patogenesi dell’acne trovano conferma in primo luogo nella familiarità dell’affezione (6). In aggiunta, è verosimile che modificazioni strutturali geneticamente determi- Acne comedonica In caso di acne comedonica (Figura 1), la terapia di scelta è rappresentata dai retinoidi topici: tretinoina, adapalene, tazarotene, isotretinoina (Tabella 3). Sono derivati della vitamina A che agiscono inibendo la formazione delle lesioni primarie dell’acne ed i microcomedoni attraverso la normalizzazione della desquamazione dell’epitelio follicolare. Ai retinoidi topici viene riconosciuta anche un’attività antinfiammatoria diretta, più spiccata per l’adapalene (10) a cui va aggiunta anche un’azione meno irritante (11). Per ottimizzare gli effetti dell’impiego dei retinoidi topici nella terapia dell’acne si consiglia di iniziare precocemente l’uso del 24 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Acne volgare: guida al trattamento Volume 4, n. 2, 2006 (Tabella 3), quali il benzoilperossido, la clindamicina, l’eritromicina e l’acido azelaico. Il razionale dell’impiego nella terapia dell’acne di agenti antimicrobici, topici o sistemici, è secondario ad una duplice azione: riduzione del numero dei microrganismi (Propionibacterium acnes) e diretto effetto antinfiammatorio. Le attuali linee guida raccomandano l’impiego combinato di eritromicina o clindamicina e benzoilperossido o, in alternativa, l’associazione di un antimicrobico con un retinoide topico (13). L’uso indiscriminato di antibiotici nella terapia dell’acne ha prodotto nel corso degli anni la selezione e la diffusione, su scala mondiale, di un numero sempre più crescente di ceppi di Propionibacterium acnes resistenti alla terapia. Nella nostra casistica (dati in corso di pubblicazione) la percentuale di ceppi di Propionibacterium acnes antibiotico-resistenti raggiunge il 56.5% della totalità dei ceppi isolati nei pazienti acneici. In considerazione di ciò, viene sconsigliato l’impiego di antibiotici topici in monoterapia, poiché favorirebbero la selezione di ceppi resistenti. Un criterio clinico per sospettare tale evenienza è l’assenza di un miglioramento dopo 6-8 settimane di terapia con un antibiotico topico. Il benzoilperossido garantisce un’efficacia rapida. La formulazione in gel al 2.5% ha un’efficacia, nel ridurre il numero di lesioni infiammatorie, sovrapponibile alle concentrazioni al 5% e al 10%. L’impiego del gel al 2.5% determina, inoltre, minori fenomeni irritativi locali, quali ad esempio l’eritema, la desquamazione ed il prurito (14). Interessante risulta l’associazione degli antimicrobici con i retinoidi topici in quanto agiscono su tre dei quattro principali fattori patogenetici dell’acne: la proliferazione del Propionibacterium acnes, l’infiammazione e l’ipercheratinizzazione duttale (15). Le attuali linee guida e la nostra personale esperienza concordano nel raccomandare l’impiego dell’antibiotico topico al mattino, fino all’adeguata risoluzione delle lesioni infiammatorie (per una durata massima del trattamento di 3 mesi), e l’applicazione del retinoide topico alla sera, da proseguire anche oltre i 3 mesi, per ottenere il mantenimento dei risultati ottenuti e per prevenire le recidive (5). Figura 1. Acne comedonica. Figura 2. Acne papulo-pustolosa di grado moderato. farmaco e di estendere l’applicazione all’intero distretto cutaneo interessato dall’affezione (12). Nel caso di acne del volto, ad esempio, il retinoide va applicato anche alle superfici apparentemente rispettate, per sfruttare l’azione preventiva sulla formazione dei microcomedoni (5). I retinoidi topici vanno rigorosamente evitati in gravidanza per il possibile rischio di embriotossicità/teratogenicità (13). Acne infiammatoria lieve-moderata (Figura 2) In questi casi potranno essere utilizzati gli antimicrobici topici Tabella 2. Classificazione clinica dell’acne. S e v er i t à D e sc ri z i on e Lieve Predominano i comedoni. Possibili papule e pustole, di piccole dimensioni ed in numero limitato (<10). Moderata Le papule e pustole (10-40) e comedoni (10-40) sono presenti in numero moderato. Possibile, modesto, coinvolgimento del tronco Moderata-severa Numerose papule-pustole (40-100) e numerosi comedoni (40-100); possibili lesioni nodulari (fino a 5). Di solito esteso coinvolgimento del viso, torace e dorso Severa Acne nodulo-cistica e acne conglobata, lesioni nodulari e pustolose profonde, voluminose e dolenti. Possibile presenza di papule, pustole e comedoni di piccole dimensioni 25 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Tabella 3. Algoritmo terapeutico per l’acne. Forma clinica Trattamento I scelta Acne lieve Alternativa Alternativa nelle donne Mantenimento Comedonica Retinoidi topici e rimozione fisica dei comedoni Altro retinoide Acido azelaico Retinoide topico Papulo-pustolosa Retinoide topico + Antimicrobico topico Altro retinoide + Antimicrobico topico o Acido azelaico Retinoide topico Acne Papulo-pustolosa Altro antibiotico per os + Antibiotico per os + Antiandrogeni + Retinoide topico +/moderata Retinoide topico +/- BPO Retinoide topico +/- BPO Retinoide topico o BPO Acido azelaico +/Antimicrobico topico Nodulare Acne severa Antibiotico per os + Retinoide topico + BPO Isotretinoina sistemica o Antiandrogeni + Altro antibiotico per os + Retinoide topico +/Retinoide topico +/- BPO Antibiotico per os Isotretinoina sistemica Antibiotico per os + Retinoide topico + BPO Retinoide topico +/BPO Antiandrogeni + Retinoide topico +/Retinoide topico +/- BPO Antibiotico per os Abbreviazione: BPO = benzoilperossido Acne infiammatoria moderata-severa ostacolato dalla concomitante assunzione di cibo. Questo effetto non è rilevante per le tetracicline di seconda generazione (minociclina, doxiciclina, limeciclina). Gli effetti collaterali associati all’assunzione di minociclina comprendono la cefalea, le vertigini, la pigmentazione della cute fotoesposta e delle mucose ed eccezionalmente ipertensione intracranica benigna (pseudotumor cerebri) e disordini autoimmunitari (lupus-like syndrome ed epatite autoimmune). Pertanto, durante il trattamento con minociclina gli indici di funzionalità epatica e gli anticorpi antinucleo vanno controllati ogni 3-4 mesi. Alla doxiciclina è imputabile un’azione fotosensibilizzante, che è dose-dipendente. In questi casi gli antibiotici orali rappresentano la terapia d’elezione (Tabella 3). Le tetracicline e l’eritromicina orale vantano comprovate azioni di efficacia e sicurezza terapeutica. È tuttavia da segnalare che la crescente resistenza del Propionibacterium acnes all’eritromicina ne limiti l’impiego ai casi in cui le tetracicline siano controindicate o non tollerate (16). Le tetracicline possono interferire con lo sviluppo osseo del feto e determinare pigmentazione dei denti nei soggetti di età inferiore a 10-12 anni, pertanto non vanno somministrati in corso di gravidanza e nei bambini. L’assorbimento della tetraciclina è Figura 4. Acne nodulo-cistica. Figura 3. Acne papulo-pustolosa severa. 26 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Acne volgare: guida al trattamento Volume 4, n. 2, 2006 I dosaggi quotidiani raccomandati sono pari a 500-1000 mg per la tetraciclina e l’eritromicina, 300 mg per la limeciclina, 50-200 mg per la minociclina e la doxiciclina (17). La durata consigliata della terapia antibiotica è di 3-6 mesi. Al fine di intervenire contemporaneamente su più meccanismi patogenetici alcuni studi randomizzati, in doppio cieco, sembrano indicare l’opportunità di combinare la terapia antibiotica sistemica con un retinoide topico (18) ed il benzoilperossido allo scopo di limitare il potenziale sviluppo di ceppi resistenti di Propionibacterium acnes (5). Noi consigliamo l’applicazione al mattino del retinoide e alla sera del benzoilperossido, per tutta la durata dell’assunzione dell’antibiotico per via sistemica. Se la compliance da parte del paziente non è adeguata, l’applicazione dei due topici viene consigliata a sere alterne. Gli antibiotici alternativi per il trattamento (3-6 mesi) dell’acne infiammatoria sono: l’azitromicina, 250 mg/die (3 volte alla settimana)(19), il sulfametossazolo/trimethoprim, 800 mg SMX/160 mg TMP, il trimethoprim, 300 mg per due volte die. nel mantenere la remissione clinica dell’acne moderata-severa, trattata con isotretinoina orale, se confrontata con i pazienti non trattati con questa associazione. Gli effetti collaterali ascrivibili all’assunzione di isotretinoina orale includono: secchezza delle labbra (100%), cute (50%) e mucose (20-50%), epistassi, cefalea e, meno frequentemente, ipertensione intracranica benigna, dolori osteo-muscolari e calo della visione notturna. Le indagini di laboratorio (indici epatici, trigliceridi, colesterolo, emocromocitometrico) vanno eseguite prima di incominciare il trattamento e dopo 4 e 8 settimane dall’inizio della terapia; il monitoraggio ematochimico va ulteriormente protratto solo se vengono documentate alterazioni degli esami di laboratorio. L’isotretinoina sistemica è un potente teratogeno (l’assunzione in gravidanza esita in un aborto spontaneo nel 50% dei casi e in una malformazione neonatale, cardiovascolare o scheletrica nel 25%-40%) (22, 23). Nelle donne in età fertile la terapia va intrapresa solo dopo avere escluso una gravidanza e dopo avere prescritto un contraccettivo per tutta la durata del trattamento e fino alla sesta settimana dall’interruzione del farmaco. La secchezza cutanea che scaturisce dall’assunzione di isotretinoina orale o che consegue all’applicazione di topici, in particolare retinoidi e benzoil perossido, può causare al paziente acneico un disturbo tale da rappresentare il principale motivo di autosospensione del trattamento. La prescrizione di un prodotto idratante costituisce pertanto un provvedimento di importanza primaria, da ritenere parte integrante del piano terapeutico. Considerando l’iperseborrea che caratterizza la cute acneica, è consigliabile prescrivere emulsioni olio in acqua, non untuose, facilmente spalmabili e di conseguenza cosmeticamente bene accettate, prive dell’effetto occlusivo proprio degli emollienti a maggiore contenuto oleoso, potenzialmente comedogenici. Prodotti contenenti un filtro solare sono particolarmente indicati durante la stagione estiva in caso di applicazione di un retinoide. È opportuno invitare il paziente a un impiego regolare dell’idratante, anche più volte al giorno se necessario per l’attenuazione della secchezza cutanea. Acne papulo-nodulare severa In presenza di acne papulo-nodulare severa (Figura 3), nodulocistica, conglobata (Figura 4) o nei casi di fallimento di precedenti terapie, di tendenza alla cicatrizzazione, di frequenti recidive o di forte coinvolgimento psicologico, si ricorre alla isotretinoina orale (Tabella 3). La isotreinoina orale ha la prerogativa di intervenire su tutti e quattro i fattori patogenetici dell’acne (20) ed è al momento il più efficace trattamento disponibile, in grado di garantire una remissione a lungo termine nel 70-80% dei casi trattati (17). Le attuali linee guida consigliano dosaggi quotidiani di 0.5-1 mg/kg/die. È preferibile iniziare con la dose più bassa, almeno per il primo mese di trattamento, allo scopo di ridurre il rischio di possibili effetti collaterali. La somministrazione di norma va proseguita fino al raggiungimento di una dose cumulativa totale di 120-150 mg/kg, in un periodo di 4-6 mesi. Un follow-up di 10 anni in 88 pazienti, trattati ai dosaggi di 0.5 mg/kg/die o di 1 mg/kg/die, ha mostrato che il 23% dei pazienti ha richiesto un secondo ciclo di isotretinoina sistemica, in genere entro i primi 3 anni dall’interruzione del primo trattamento; in particolare, si è registrata una recidiva nel 39% dei pazienti trattati alla dose di 0.5 mg/kg/die vs il 22% dei trattati con 1 mg/kg/die. La maggiore frequenza di recidiva si verifica dopo 12-18 mesi dall’interruzione del retinoide e sembra essere influenzata da diversi fattori, quali la severità clinica dell’acne, l’età molto giovane dei pazienti, la localizzazione al tronco delle lesioni acneiche, i bassi dosaggi di isotretinoina orale (intesi sia come dose giornaliera sia come dose complessiva totale), l’esordio tardivo, la lunga durata dell’acne e l’associazione con disordini endocrinologici (21). La nostra esperienza suggerisce che l’impiego di adapalene in crema, allo 0.1% (una applicazione al dì per 12 mesi) è efficace Terapia ormonale La terapia ormonale (cipropterone acetato, spironolattone, flutamide, contraccettivi orali) rappresenta una valida scelta terapeutica per le donne affette da acne, seborrea severa, alopecia androgenetica, seborrhea/acne/hirsutism/alopecia (SAHA) syndrome, iperandrogenismo ovarico o surrenalico. L’efficacia di questi composti varia dal 50% al 90% (24-27). Le associazioni estro-progestiniche riducono la frazione libera del testosterone plasmatico e di conseguenza hanno un effetto benefico sulla seborrea e sull’acne. Sono da privilegiare i contraccettivi orali che associano etinilestradiolo (20-35 µg) con il cipropterone acetato o progestinici a ridotta attività androgenica. 27 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Bibliografia 1. Dreno B, Poli F. Epidemiology of acne. Dermatology 2003; 206: 7-10. 2. Kilkenny M, Merlin K, Plunkett A et al. The prevalence of skin conditions in Australian school students: 3. Acne vulgaris. Br J Dermatol 1998; 139: 840-845. pharmacological properties and therapeutic efficacy in acne and other skin disorders. Drugs 1984; 28: 6-37. 22. Layton AM, Knaggs H, Taylor H, et al. Isotretinoin for acne vulgaris10 years later: a safe and successful treatment. Br J Dermatol 1993; 129: 292-296. 23. Mitchell AA, Van Bennekom CM, Louik C. 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Isotretinoin: a review of its 28 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell'adolescente dopo trauma cranico Volume 4, n. 2, 2006 Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell’adolescente dopo trauma cranico Claudia Bondone, Silvia Einaudi, 1Paola Ragazzi, 2Roberto Grossetti, Carlo de Sanctis Dipartimento Specialistico - Endocrinologia - Neurochirurgia1- Rianimazione2 Ospedale Infantile Regina Margherita - Torino Riassunto Il trauma cranico (TBI) rappresenta in età adolescenziale una delle principali cause di morte e disabilità. Tra le sequele vanno ricercate anche disfunzioni ipotalamo – ipofisarie che sono state descritte in una percentuale del 28-68 % di pazienti adulti post – TBI. Scarsi e preliminari sono gli studi sulla popolazione pediatrico – adolescenziale. È stata valutata la presenza di disfunzione ipotalamo ipofisaria in 65 pazienti di età tra 10 e 18 anni ricoverati presso la Neurochirurgia e Rianimazione dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino: 22 pazienti sono stati esaminati nelle prime 72 ore dal TBI, 43 pazienti a distanza di almeno 1 anno dalla dimissione. I parametri clinici – auxologici e ormonali basali volti a esplorare la funzionalità ipotalamo ipofisaria sono stati completati dai test dinamici nei casi con segni/sintomi clinici o alterazione dei parametri basali.. Dei 22 pazienti valutati in acuto, 6 (27%) mostravano alterazioni ipotalamo - ipofisarie: 2 hanno presentato low T3 syndrome, 2 cerebral salt wasting syndrome ed altri 2 entrambe le condizioni. Dei 43 pazienti analizzati a distanza da TBI, 6 (14%) presentavano disfunzione ipotalamo ipofisaria: 3 hanno manifestato deficit di GH, 1 deficit di ACTH, 1 deficit di LH e FSH, 1 pubertà precoce. La frequenza di disfunzione ipotalamo - ipofisaria post - TBI appare ridotta nell’adolescente rispetto alle casistiche degli adulti. Tale differenza può essere subordinata alla differente selezione dei pazienti, alle diverse procedure diagnostiche impiegate, ma anche alla minor suscettibilità al danno meccanico - vascolare dell’ipofisi e del peduncolo negli adolescenti. La severità del coma, la presenza di fratture craniche affossate e la disabilità conseguente a TBI non sembrano rappresentare fattori di rischio per la comparsa di ipopituitarismo. Al contrario la presenza di lesioni cerebrali alla TAC potrebbe avere una rilevanza prognostica nell’insorgenza della patologia endocrina. Questi dati suggeriscono l’opportunità dello studio della funzionalità ipotalamo – ipofisaria in tutti gli adolescenti ricoverati nelle Strutture di Neurochirurgia e Rianimazione per TBI, con particolare attenzione ai pazienti con lesione neuroradiologica documentata. Parole chiave: trauma cranico, adolescenza, ipopituitarismo. Hypothalamo-hypophysial dysfunction in adolescents after traumatic brain injury Summary Traumatic brain injury (TBI) represents one of the main causes of death and disability during adolescence. Among sequelae hypothalamic-hypophysial dysfunctions (HHD) have been described in 28-68 % of cases in adult population, while data on children and adolescents are still scarce. We have studied the occurrence of HHD in 65 patients (age: 10-18 years) hospitalized in the Neurosurgical and Intensive Care Unit of Regina Margherita Children’s Hospital: 22 patients have been evaluated within the first 72 hours from TBI, 43 patients 1 year or more after TBI. Clinical, auxological and basal hormonal parameters HHD-related were followed by dynamic tests in the presence of clinical signs or symptoms or basal values alterations. Among the 22 patients evaluated in the acute phase of TBI, 6 (27%) had HHD: 2 had low T3 syndrome, 2 cerebral salt wasting syndrome and 2 both the conditions. Among the 43 patients evaluated 1 or more years after TBI, 6 (14%) had HHD: 3 had GH deficiency, 1 ACTH deficiency, 1 LH e FSH deficiency, 1 precocious puberty. HHD prevalence seems lower in adolescents than in the adult population. Such a difference may be due to different selection criteria and diagnostic procedures, but also to the reduced susceptibility of adolescents to the mechanical vascular damage of pituitary and stalk. Coma severity, depressed cranial fractures and bad outcome don’t apparently represent risk factors for HHD, on the contrary, cerebral lesion on CT scan might have a prognostic relevance for endocrine sequelae. These data suggest that hypothalamic-pituitary function deserve a study in all the adolescents hospitalized for TBI in Neurosurgical or Intensive Care Unit, mostly in patients with a cerebral damage confirmed by CT scan. Key words: traumatic brain injury, adolescence, hypopituitarism. 29 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Mentre la letteratura si arricchisce di studi sulla popolazione adulta e i dati sulla popolazione pediatrica sono sporadici(13-15) o preliminari(16), sono ancora pochi, ad oggi, gli studi rivolti ad indagare negli adolescenti questa problematica, che genericamente viene riportata in casistiche di pazienti adulti(6-9) o di pazienti nella fase di transizione(17). Nel presente studio si vuole valutare la presenza di disfunzioni ipotalamo-ipofisarie in adolescenti ricoverati per TBI in Neurochirurgia e/o in Rianimazione dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino ed esaminati in fase acuta e a distanza dall’evento traumatico. Vengono, peraltro, presi in considerazione se specifici fattori di rischio possano favorire l’insorgenza dell’ipopituitarismo postraumatico. L’età dell’adolescenza rappresenta un periodo di particolare vulnerabilità al trauma cranico: la libertà, la ricerca di conferme della propria capacità di autodeterminarsi, il muoversi, il vivere esperienze anche estreme portano a trovarsi in situazioni a rischio di trauma cranico (TBI). Questo rappresenta una delle principali cause di morte e disabilità in questa fascia di età e sempre più spesso viene causato da un incidente di traffico su strada, coinvolgente pedoni o ciclisti o veicoli a motore. Si arriva a una frequenza di 250:100000, che rappresenta un vero picco rispetto alle età precedenti e successive(1,2). Se gli effetti del TBI sono molteplici, spesso è misconosciuto l’impatto funzionale del trauma sulla ghiandola ipofisaria, vulnerabile per la fragilità della struttura infundibolare ipotalamica e della rete vascolare(3,4). Studi recenti(5-9) riportano la presenza di disfunzione ipotalamo – ipofisaria nel 43% (range 28% – 68%) di pazienti adulti che hanno subito un TBI di media o severa entità. Possono insorgere deficit isolati o multipli della funzione ipofisaria, tra i quali i più comuni sono il deficit di GH e di gonadotropine(5,9). Fattori di rischio legati al trauma che sostengono la successiva comparsa di disfunzione ipotalamo – ipofisaria sono in discussione. Bondanelli et al.(7) hanno riscontrato una correlazione tra la severità del trauma, classificata secondo la scala di Glasgow (GCS)(10) e la comparsa di ipopituitarismo, evenienza negata da altri Autori(6,8,9). Questi ultimi non hanno rilevato correlazioni tra la comparsa di ipopituitarismo post – TBI con il reperto TAC, classificato secondo Marshall(11), con l’outcome dopo il trauma, classificato secondo la Outcome Coma Scale (GOS)(12), e con la presenza di fratture cranio – facciali, mentre il Gruppo di Kelly(5) ha dimostrato una frequenza maggiore di ipopituitarismo post – TBI in pazienti con swelling o insulto ipossico evidenziato alla TAC. Casistica e metodi Sono stati esaminati 65 pazienti in età adolescenziale ricoverati per TBI presso le strutture di Neurochirurgia e Rianimazione dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. Di questi, 22 casi sono stati valutati nelle prime 72 ore dopo il trauma e 43 a distanza dal trauma. I 22 pazienti, studiati in fase acuta e ricoverati nel periodo 1° gennaio 2002 – 1° gennaio 2005, sono 19 maschi e 3 femmine, hanno età media 12.7 anni (range 10.3 – 16.5 anni), 20 sono puberi e 2 prepuberi. Secondo la classificazione di Glasgow, il coma era grave in 3 casi, di moderata entità in 2 e lieve in 17. Le lesioni evidenziate alla TC, secondo la classificazione di Marshall, erano di grado 1 in 7 casi, 2 in 6, 3 in 2, 5 in 7. Fratture craniche affossate erano presenti in 3 casi. La causa del trauma Tabella 1. Dati neuroradiologici di 6 pazienti affetti da disfunzione ipotalamo ipofisaria presente in fase acuta dopo trauma cranico. Caso Sesso (n°) Età alla valutazione Causa del trauma (anni) GC S (1) Frattura cranica affossata (punteggio) TAC (2) Disfunzione ormonale (punteggio) 1 F 10.7 Incidente stradale 7 No 3 Cerebral salt wasting syndrome 2 M 12.4 Sport 15 No 1 Cerebral salt wasting syndrome 3 M 12 Sport 5 Sì 5 Low T3 syndrome 4 F 12 Sport 14 No 1 Low T3 syndrome 5 M 12.6 Sport 14 No 5 Cerebral salt wasting syndrome + low T3 syndrome 6 M 14.4 Incidente stradale 12 No 1 Cerebral salt wasting syndrome + low T3 syndrome (1) punteggio dell’entità del coma secondo la scala di Glasgow (GCS): 13 - 15 coma lieve, 9 - 12 coma moderato; 3 - 8 coma grave (2) punteggio del reperto TAC secondo la classificazione di Marshall: 1. non patologico; 2. cisterne presenti con shift della linea mediana di 0 - 5 mm; 3. cisterne compresse o assenti con shift della linea mediana di 0 - 5 mm; 4. shift della linea mediana >5 mm; 5. qualsiasi lesione evacuata chirurgicamente, 6. lesioni non evacuate chirurgicamente 30 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell'adolescente dopo trauma cranico Volume 4, n. 2, 2006 Tabella 2. Dati clinici e neuroradiologici di 6 pazienti affetti da disfunzione ipotalamo - ipofisaria dopo trauma cranico. Caso Sesso (n °) Età Intervallo Causa del GC S (1) Frattura TAC (2) GOS(3) Altezza Velocità BMI Età Volume Altezza alla di tempo trauma cranica di ossea testicolare parentale valutazione dal trauma affossata crescita media (anni) (anni) (punteggio) (punteggio) (punteggio) (SDS) (SDS) (centile) (anni) (ml) (SDS) 1 M 14,1 1,4 Sport 12 No 2 5 0.2 -5.4 50° 12.6 10 1 2 M 14.6 1 Sport 13 No 2 5 -0.6 -2.8 >98° 14 4 -0.8 3 M 15 1 Incidente stradale 14 No 5 5 -1.2 -2.1 25° - 50° 14 6 0.4 4 M 13 0.75 Sport 9 No 5 5 1.3 -2.9 75° - 91° 14 5 M 13.6 1 Sport 14 No 5 5 2.9 1.3 \6 M 10.5 5.3 Arma da fuoco 5 Sì 5 4 1.9 6.7 >98° - 91° - 98° 13.6 3 2.2 20 0.3 10 -0.3 (1) punteggio dell'entità del coma secondo la scala di Glasgow (GCS): 13 - 15 coma lieve, 9 - 12 coma moderato; 3 - 8 coma grave (2) punteggio del reperto TAC secondo la classificazione di Marshall: 1. non patologico; 2. cisterne presenti con shift della linea mediana di 0 - 5 mm; 3. cisterne compresse o assenti con shift della linea mediana di 0 - 5 mm; 4. shift della linea mediana >5 mm; 5. qualsiasi lesione evacuata chirurgicamente, 6. lesioni non evacuate chirurgicamente (3) punteggio dell’outcome secondo la scala di Glasgow (GOS): 5. buon recupero funzionale; 4. moderata disabilità; 3. severa disabilità era stata un incidente stradale in 9 di loro, un incidente sportivo in 9 casi, una caduta in 4 casi. I 22 pazienti sono stati sottoposti a dosaggio di fT3, fT4, TSH, sodiemia, sodiuria, bilancio dei liquidi introdotti ed eliminati, osmolarità plasmatica e urinaria, densità urinaria. Cortisolo, ACTH e prolattina sono stati presi in considerazione soltanto nei pazienti non trattati rispettivamente con cortisonici e farmaci dopaminergici. I 43 pazienti, studiati a distanza di almeno 1 anno dalla dimissione (range 1 – 9.1 anni) e reclutati revisionando le cartelle cliniche dei ricoveri avvenuti nelle Strutture di Neurochirurgia e di Rianimazione tra il 1° giugno 1994 e il 1° gennaio 2005, sono 36 maschi e 7 femmine, hanno età media al momento del trauma di 11.1 anni (range 1.2 – 16,5 anni) ed età media al momento della valutazione di 13.3 anni (range 10 – 18,5 anni), 7 sono prepuberi e 36 puberi. Secondo la classificazione di Glasgow il coma era stato severo in 9, moderato in 7 e di lieve entità in 27. Sulla base della classificazione di Marshall le lesioni evidenziate alla TAC erano state definite di grado 1 in 12 pazienti, di grado 2 in 11, di grado 3 in 2 casi e di grado 5 in 18. Fratture craniche affossate o comminute erano presenti in 8 dei 43 pazienti. L’outcome a 6 mesi, secondo la scala di Glasgow, era stato valutato di grado 5 in 37 pazienti e di grado 4 in 6 casi. La causa del trauma era stata un incidente stradale in 18 di loro, un incidente sportivo in 16 casi, una caduta in 8 casi, altro evento in 1 caso. I 43 pazienti sono stati sottoposti a misurazioni auxologiche ed a valutazioni di laboratorio. I parametri auxologici considerati sono stati l’altezza, il peso, lo stadio puberale, secondo le tabelle di Tanner(18), il body mass index (BMI) rapportato ai dati di normalità di Cole(19), e la velocità di crescita dopo un periodo di osservazione di 6 - 12 mesi. Nei pazienti con velocità di crescita < 25° centile delle curve di riferimento di Tanner è stata studiata la secrezione spontanea notturna di ormone della crescita e quella dopo stimolo con GHRH + arginina. In questi casi e nei pazienti che presentavano segni clinici di pubertà precoce o tarda è stata inoltre valutata l’età scheletrica mediante radiogramma della mano sinistra(20). In tutti i casi sono stati determinati i livelli basali di ACTH e cortisolo, di fT3, fT4, TSH, prolattina, somatomedine, LH, FSH, di estradiolo nelle femmine e di testosterone nei maschi. Lo studio della funzione dell’ipofisi posteriore è stato effettuato mediante quantificazione dei liquidi introdotti ed eliminati nelle urine delle 24 ore e mediante misura della sodiemia, sodiuria, osmolarità plasmatica e urinaria e della densità urinaria. Nei casi con segni e/o sintomi clinici o alterazione dei dati basali venivano effettuati test da stimolo con glucagone per lo studio della secrezione di cortisolo, con LHRH per la secrezione di LH e FSH e si faceva ricorso al test di deprivazione idrica con il controllo della diuresi, osmolarità serica ed osmolarità urinaria per valutare la funzione della neuroipofisi. Risultati Dei 22 pazienti valutati in acuto, 6 mostravano alterazione dei parametri esaminati (Tabella 1). Si era in presenza in 2 soggetti (casi 1 e 2) di cerebral salt wasting syndrome(CSWS) per il rilievo di un aumento della diuresi e ridotti valori della sodiemia e della sodiuria, in 2 soggetti (casi 3 e 4) low – T3 syndrome per il riscontro di valori ridotti di fT3, in altri 2 pazienti (casi 5 e 6) coesistevano segni e sintomi di CSWS e low – T3 syndrome. Tra i 43 pazienti adolescenti, valutati a distanza dal TBI, si evidenziava disfunzione ipofisaria in 6 casi, i cui dati clinici e neuroradiologici sono presentati in Tabella 2 e quelli ormonali in Tabella 3. 31 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 Tabella 3. Dati ormonali e RM encefalo di 6 pazienti affetti da disfunzione ipotalamo - ipofisaria dopo trauma cranico. Caso Cortisolo Cortisolo GH picco IGF1 LH LH picco FSH FSH picco testosterone RM encefalo/ Disfunzione basale picco dopo dopo GHRH+ basale dopo LHRH basale dopo LHRH Ipotalamo - ipofisi ormonale Glucagone Arginina (n °) (mcg/dl) (mcg/dl) (ng/ml) (SD) (IU/l) (IU/l) (IU/l) (IU/l) (ng/ml) 1 = ↓ ↓ = = = Normale Deficit di GH 2 = ↓ ↓ = = = Normale Deficit di GH 3 = ↓ ↓ = = = Normale Deficit di GH 4 = = ↓ ↓ Normale Deficit di LH, FSH = Normale Deficit di ACTH ↑ Atrofia cerebrale Pubertà precoce 5 ↓ 6 = ↓ = = = = ↓ ↓ ↓ = ↑ = ↑ Legenda: = valori normali; ↓ valori ridotti; ↑ valori elevati In 3 pazienti (caso 1, 2, 3) era presente deficit di GH, in 1 soggetto (caso 4) deficit di LH e FSH, in 1 paziente (caso 5) deficit di ACTH, in 1 soggetto (caso 6) pubertà precoce. re di riconoscere le disfunzioni ipotalamo-ipofisarie che notoriamente possono anche presentarsi a distanza di molti anni dal trauma(3). In accordo con la letteratura, anche in questa esperienza, il deficit di GH è risultata l’alterazione più comune(5,8). Anche se il ridotto numero dei casi sottoposti allo studio non ci permette valutazioni statistiche conclusive, la severità del coma, la presenza di fratture depresse e la disabilità conseguente al trauma non sembrano rappresentare fattori di rischio per la comparsa di ipopituitarismo. Difatti nella casistica studiata la disfunzione ipotalamo ipofisaria è stata riconosciuta in adolescenti che avevano presentato coma di grado mite (3 su 6 casi), non avevano riportato fratture depresse (5 su 6 casi) e avevano avuto un ottimo recupero funzionale (5 su 6 casi). Al contrario la presenza, nei 6 casi con disfunzione ipofisaria, di lesioni cerebrali alla TAC potrebbe avere una rilevanza prognostica nell’insorgenza della patologia endocrina, come d’altra parte viene sostenuto in alcune esperienze(5). Per quanto riguarda lo studio della funzionalità endocrina in fase acuta dopo TBI, il 27% dei pazienti ha presentato dati patologici. È stata evidenziata una condizione di low-T3 syndrome, già riportata in pazienti post - TBI e ritenuta una reazione adattativa favorevole in quanto permette una riduzione delle spese energetiche(25). Tra i casi con iponatremia è stata riconosciuta una condizione di CSWS già evidenziata nello studio di Berkenbosch(26) e risultata, in questi casi, più frequente della sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico(27). In conclusione, la frequenza di disfunzione ipotalamo – ipofisaria rilevata dopo TBI, pur inferiore a quella segnalata nella popolazione adulta, suggerisce la necessità dello studio anche in pazienti in epoca puberale nei quali l’alterazione endocrina può portare conseguenze particolarmente negative. L’indagine va svolta, generalmente, mediante monitoraggio clinico – auxologico e con opportuni accertamenti diagnostici, e va eseguita in tutti i pazienti ricoverati per TBI nelle strutture di Neurochirurgia e Rianimazione e con particolare attenzione ai casi con lesioni neuroradiologiche documentate. Discussione Il trauma cranico in età adolescenziale rappresenta un serio problema di salute pubblica in quanto, a questa età, le sequele a lungo termine sono potenzialmente più rilevanti, presentandosi in un soggetto che deve ancora completare il suo percorso di crescita e pubertà. Evidenze di ipopituitarismo dopo TBI, note dagli anni ’50 grazie a studi autoptici condotti su vittime di traumatismo cranico(21,22), sono confermate anche recentemente da Autori(3,23) che sottolineano le gravi implicazioni di un ipopituitarismo misconosciuto sulla sopravvivenza e la qualità di vita di questi pazienti. Nella nostra esperienza su pazienti in età adolescenziale, valutati a distanza dal TBI, la disfunzione ipotalamo-ipofisaria è presente nel 14% dei casi, percentuale inferiore alle segnalazioni della letteratura che riportano, su casistiche di adulti, una frequenza tra il 28 e il 68 %. Queste differenze possono essere subordinate alle diverse selezioni delle casistiche studiate ed alle diverse procedure diagnostiche impiegate, ma anche alla maggiore plasticità neuronale degli adolescenti(24) per cui l’ipofisi ed il peduncolo ipofisario risultano essere meno suscettibili al danno meccanico o vascolare. I pazienti esaminati, selezionati in base alla necessità di ricovero presso strutture di Neurochirurgia e di Rianimazione e sono stati sottoposti a valutazioni diagnostiche meno invasive che potrebbero quindi comportare una sottostima di alcuni difetti secretori ipotalamo-ipofisari. In particolare, per la diagnosi del deficit di GH si è fatto ricorso al test da stimolo solo in quei pazienti con ridotta velocità di crescita, a differenza di altri studi(3,5,8) su pazienti adulti che eseguono di routine la valutazione dinamica. Inoltre, in alcuni soggetti le valutazioni cliniche e di laboratorio sono state eseguite dopo solo 1 anno dal TBI, periodo di tempo non sufficientemente lungo da poter permette- 32 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Disfunzione ipotalamo-ipofisaria nell'adolescente dopo trauma cranico Volume 4, n. 2, 2006 È importante che la valutazione endocrina abbia inizio in una fase precoce, al momento del ricovero, soprattutto allo scopo di evidenziare uno stato di iposurrenalismo ed un alterato equilibrio idrosalino, e prosegua con controllo distanziati di 6 mesi, tenendo presente che difetti secretori ipofisari possono presentarsi tardivamente, anche dopo anni, ed essere transitori o permanenti, isolati o multipli. Accanto a segni e sintomi classici dell’ipopituitarismo, particolare rilevanza nel follow-up di questi pazienti deve essere data a quei casi che dopo TBI presentano deficit di performance scolastica con alterata o diminuita capacità nell’esecuzione di compiti, facile stancabilità, variazione dell’umore, aggressività, svogliatezza, irritabilità, cefalea, vertigini, disturbi della memoria, tenendo presente che questi segni e sintomi, spesso interpretati come sindrome post traumatica, possono far parte, in realtà, di un quadro sintomatologico di pazienti con ipotiroidismo, ipocorticismo, ipogonadismo e deficit di GH. 12. Jannet B, Bond M. Assessment of outcome after severe brain damage. Lancet 1975, 1: 480-485 Bibliografia 19. Cole TJ, Bellizzi MC, Flegal KM, Dietz WH. Establishing a standard definition for child overweight and obesity worldwide: international survey Br Med J 2000; 320: 1240-1243 1. Mooney D, Forbes P. Trends in pediatric trauma care in New England. 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Riportiamo il caso di un adolescente diabetico che in benessere e in assenza dei comuni fattori di rischio protrombotici ha sviluppato una trombosi a carico della vena succlavia destra. Il paziente è stato sottoposto a terapia anticoagulante, inizialmente con eparina a basso peso molecolare e successivamente con dicumarolici. L’ecoDoppler di controllo eseguita a un anno di distanza dall’evento acuto mostra esiti stabilizzati della TVP con ricanalizzazione completa del vaso. È stata, pertanto, sospesa la terapia anticoagulante e completato lo studio dell’assetto coagulativo e delle anomalie genetiche predisponenti alla PTE. Le indagini hanno mostrato la presenza in forma omozigote di due mutazioni (C677T e A66G) determinanti un aumento moderato dei livelli di omocisteina plasmatica, condizione riconosciuta come fattore di rischio per patologia cardiovascolare e tromboembolica. La supplementazione con folati ha permesso la normalizzazione dei valori di omocisteinemia. Patrizia Banin1, Fiorenza Rimondi2, Michele Rubini3, Donato Gemmati3, Stefano Moratelli4, Vincenzo De Sanctis1 1 U.O. di Pediatria ed Adolescentologia, Azienda Ospedaliera Universitaria S. Anna di Ferrara 2 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università degli Studi di Ferrara 3 Genetica Medica, Università degli Studi di Ferrara 4 Centro per lo studio dell'emostasi e della trombosi, Università degli Studi di Ferrara Parole chiave: patologia tromboembolica, iperomocisteinemia, metilentetraidrofolato reduttasi, metionina sintasi reduttasi, diabete in adolescente. Introduzione La patologia tromboembolica (PTE) è una condizione estremamente rara in età evolutiva. Nella fascia 0-18 anni l’incidenza è pari a 0,7-1:100.000 individui (1-3) (circa un decimo di quella osservata in età adulta) (4). Sembrano più colpite due fasce d’età: i bambini di età inferiore ad un anno e gli adolescenti (3-6). In oltre il 95% dei casi sono stati individuati alcuni fattori predisponesti: il cateterismo venoso centrale e la presenza dei cosiddetti “fattori protrombotici” congeniti (deficit di proteina C, deficit di proteina S, deficit di antitrombina, la mutazione G1691A del fattore V e la mutazione G2021A del fattore II) e acquisiti (anticorpi antifosfolipidi) (5, 7-9). Altri fattori favorenti che possono agire da soli o in sinergia ai precedenti sono: l’obesità, i traumi, l’immobilizzazione, gli interventi chirurgici, le patologie renali o cardiache, l’assunzione di estroprogestinici, i tumori e le severe infezioni (10). L’evento tromboembolico può coinvolgere, con incidenze nelle diverse casistiche, tutti i distretti venosi: cerebrale, del tronco, degli arti sia superiori che inferiori (6-8). Un primo episodio di PTE si associa a mortalità in meno del 1% dei casi, a rischio di ricorrenza nel 8% dei casi (dopo un periodo di 2-3 anni) e allo sviluppo della sindrome post-trombotica (qualora siano interessati gli arti inferiori) nel 12% circa dei casi (6). In particolare il rischio di sviluppare nuovi fenomeni trombotici è più elevato nei pazienti che hanno uno o più fattori protrombotici (6, 11). L’ incidenza di nuovi episodi aumenta con la durata del follow-up; nell’adulto può raggiungere un rischio di ricorrenza del 30% (12). Riportiamo il caso di un adolescente che in apparente benessere ha sviluppato una trombosi venosa profonda. A deep vein thrombosis in an adolescent diabetic boy: a case report Summary Venous thromboembolism in adolescent age is an uncommon clinical disorder. We report a eighteen diabetic adolescent boy, who developed a left succlavia vein thrombosis. The patient was treated initially with heparin following by dicumarol. A complete recovery was observed after one year of therapy. The laboratory investigations showed an homozygous state for the C677T and A66G mutations. This condition results in mild hyperhomocysteinemia, which is considered a risk factor for cardiovascular disease and venous thrombosis. The folate supplementation induced a normalization of homocysteinemia levels. Key words: venous thromboembolism, hyperhomocisteinemia, methylenetrahydrofolate reductase, methionine synthase reductase, diabetes in adolescent. Caso clinico Il ragazzo è regolarmente seguito nel nostro DH Endocrinologico per diabete mellito tipo 1 (DMT1), dall’età di 14 anni. È esente da complicanze acute e croniche, il controllo metabolico è mediocre (Hb glicata 8,4-10%) e l’adesione alle norme dietetiche e all’attività fisica è scarsa. 34 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Descrizione di un caso di trombosi venosa profonda in un adolescente diabetico Volume 4, n. 2, 2006 presenza in forma omozigote delle mutazioni C667T del gene codificante per l’enzima metilentetraidrofolato-reduttasi (MTHFR) e A66G del gene codificante per l’enzima metionina sintasi reduttasi (MTRR) con livelli di omocisteinemia moderatamente aumentati e di folati eritrocitari normali (Tabella 1). Tali indagini sono state estese anche ai genitori, risultati entrambi portatori in forma eterozigote della mutazione C677T e in forma omozigote della mutazione A66G. All’età di 18 anni, in condizioni cliniche di apparente benessere e in assenza di evidenti fattori di rischio per patologia trombotica (familiarità, fumo, ipertensione, obesità, dislipidemie), giunge al PSP perché l’intero arto superiore destro improvvisamente si è presentato tumefatto e dolente. Non presente altra obiettività di rilievo. Gli esami di laboratorio (emocromo e assetto coagulativo) sono risultati nella norma, evidenziando solo un lieve aumento della PCR (1,2 mg/dl, v.n. 0-0,6), mentre l’eco-Doppler e l’indagine TAC ha evidenziato “Trombosi venosa profonda (TVP) della vena succlavia destra con trombo occludente completamente il lume vasale”. L’elettromiografia degli arti superiori e l’RX torace per coste soprannumerarie sono risultati normali. Il paziente è stato sottoposto a terapia anticoagulante, inizialmente con eparina a basso peso molecolare e successivamente con dicumarolici. L’eco-Doppler di controllo eseguita a un anno di distanza dall’evento acuto mostra esiti stabilizzati della TVP con ricanalizzazione completa del vaso. È stata, pertanto, sospesa la terapia anticoagulante e completato lo studio dell’assetto coagulativo e delle anomalie genetiche predisponenti alla PTE. Gli indici di coaugulazione, la conta piastrinica e lo studio dei comuni fattori protrombotici congeniti e acquisiti sono risultati nella norma. Le indagini genetiche hanno invece evidenziato la Discussione Nella popolazione diabetica adulta la PTE si presenta con un’incidenza nettamente superiore alla popolazione generale (4), per la presenza in questi pazienti di una condizione di ipercoagulabilità. Tale associazione non è invece stata osservata nei bambini e negli adolescenti diabetici (13). Il nostro paziente ha sviluppato l’evento trombotico in assenza dei fattori di rischio per PTE comunemente noti. Numerose sono le evidenze epidemiologiche che mettono in relazione l’iperomocisteinemia moderata con la patologia arteriosa e la trombosi venosa sia in età adulta che in età pediatrica (14-16). Le due mutazioni riscontrate nel paziente sono a carico di geni che codificano per due enzimi, la MTHFR e la MTRR, che sono coinvolti nel metabolismo dell’omocisteinametionina (17-19). Nella Figura 1 viene sintetizzato il metabolismo di questi aminoacidi. L’omocisteina si forma a seguito della perdita del gruppo metilico della metionina, un aminoacido essenziale che viene introdotto con la dieta. L’omocisteina si trova all’intersezione di due importanti vie del metabolismo della metionina: la via della rimetilazione e quella della transulfurazione. Nella via di rimetilazione l’omocisteina è riconvertita a metionina per azione dell’enzima metionina sintetasi (MS) che utilizza come cofattore la vitamina B12 e come donatore di gruppi metilici il 5 metiltetraidrofolato ( 5-MTIF). L’ enzima MTHFR è necessario per avere disponibilità di 5-MTIF. L’enzima MTRR è fondamentale per rigenerare la vitamina B12 nella forma attiva. Nella via di transulfurazione l’omocisteina in eccesso è convertita a cistationina per azione dell’enzima cistationina beta-sintetasi (CBS), che richiede come cofattore la vitamina B6 (17-19). Un ottimale funzionamento degli enzimi coinvolti nelle due vie metaboliche e un adeguato apporto di cofattori vitaminici con la dieta (vitamine B6, B12 e folati) sono essenziali per il mantenimento di livelli plasmatici normali di omocisteina (18, 20). Le mutazioni C677T e A66G determinano la formazione di varianti enzimatiche rispettivamente della MTHFR e della MTRR, con ridotta attività (circa il 50% del normale) e conseguente moderato aumento dei livelli plasmatici di omocisteina (21). Queste condizioni, tuttavia, si differenziano dall’Omocistinuria (con iperomocisteinemia severa e omocistinuria) in quanto in quest’ultima il Tabella 1. Risultati delle determinazioni dei fattori protrombotici effettuati nel nostro paziente diabetico con patologia tromboembolica. Test della coagulazione e dell’emostasi Risultato PT / APTT / Fibrinogeno normali Piastrinemia normale Studio fattori protrombotici Esito Deficit di antitrombina III assente Deficit di proteina C assente Deficit di proteina S assente Anticoagulante lupico assente Anticorpi antifosfolipidi assenti Mutazione G1691A fattore V assente Mutazione G20210A fattore II assente Mutazione C677T dell’enzima MTHFR presente in forma omozigote Mutazione A66G dell’enzima MTRR presente in forma omozigote Altri esami Risultato Omocisteinemia 21,4 micromoli/l (v.n. 5-15) Acido folico eritrocitario 352 ng/ml (v.n. 55-1102) 35 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Volume 4, n. 2, 2006 METIONINA VIA DI RIMETILAZIONE 5MTIF MTHFR MS B12 MTRR OMOCISTEINA VIA DI TRANSSULFURAZIONE hanno nella popolazione diabetica la stessa incidenza osservata della popolazione generale. Nella popolazione diabetica è stato comunque osservato che livelli moderatamente aumentati di omocisteina agiscono come fattore favorente l’insorgenza della macroangiopatia, mentre ancora controverso appare il suo ruolo nel concorrere alle insorgenze delle complicanze microangiopatiche. Fino ad oggi è stata segnalata solo una possibile associazione con la nefropatia diabetica (18, 26). CISTATIONINA Figura 1. Ciclo metabolico dell’omocisteina/ metionina. Conclusioni CB S B6 Anche se il preciso ruolo dei fattori protrombotici congeniti nel determinare la CISTEINA α−CHETOBUTIRRATO PTE nei soggetti in età evolutiva non è ancora completamente chiarito, risulta importante identificare nei pazienti con Abbreviazioni MS: Metionina Sintetasi; MTHFR: Metilentetraidrofolato Reduttasi; trombosi venosa i fattori che possono MTRR: Metionina Sintasi Reduttasi; CBS: Cistationina Beta Sintetasi avere favorito tale evento per poter mettere in atto un piano preventivo specifico a seconda delle anomalie presenti (adeguata supplementazione con vitamina B e folati) allo scopo di evitare il ricorrere di altri episodi. difetto enzimatico è molto più grave (meno del 20% dell’attività È possibile che nel nostro paziente il controllo metabolico non normale) (22). ottimale abbia rappresentato un fattore aggravante. In realtà i polimorfismi C677T e A66G sono abbastanza comuni A causa della trasmissione genetica di questi fattori, appare utile nella popolazione, con prevalenze diverse a seconda del gruppo estendere lo studio ai familiari per poter individuarne la presenza etnico. Nella popolazione caucasica viene riportata una prevadi una alterazione anche nei parenti di primo grado al fine di lenza del 15% e del 30% rispettivamente (18, 23, 24). A causa attuare un adeguato counseling. dell’alta frequenza di queste mutazioni diversi autori hanno Il nostro paziente è stato avviato ad un follow-up per valutare se messo in dubbio la correlazione di questi polimorfismi con l’aula correzione del controllo metabolico insieme all’adeguato supmentato rischio di PTE, ma sono numerosi gli studi a favore della porto di acido folico è in grado di prevenire lo sviluppo di evenloro significatività (25). tuali ricorrenze trombotiche. I livelli di omocisteinemia riscontrati nel nostro paziente, al termine della terapia anticoagulante, erano moderatamente aumentati. I valori di folati risultarono nel range di normalità, ma in realtà Bibliografia inadeguati a causa della ridotta attività enzimatica. Alla luce di queste considerazioni, al ragazzo è stata prescritta una supple1. Van Ommen CH, Peters M. Venous thromboembolic disease mentazione di folati per os e il controllo, eseguito a un anno di in childhood. Semin Thromb Hemost 2003; 29: 391-404. distanza, ha evidenziato una normalizzazione dei livelli di omociLee AC, Li CH, Szeto SC, Ma ES. Symptomatic venous 2. steina plasmatici. Sono in corso ulteriori indagini genetiche per thromboembolism in Hong Kong Chinese children. Hong Kong verificare se coesistono altri difetti genetici relativi al metabolismo Med J 2003; 9: 259-262. dell’omocisteina e dei folati ed è stato esteso lo studio alla sorel3. Monagle P, Adams M, Mahoney M, Ali K, et al. Outcome of pediatric la in considerazione della familiarità. thromboembolic disease: a report from the Canadian Childhood Per quanto riguarda l’associazione tra iperomocisteinemia e Thrombophilia Registry. Pediatr Res. 2000; 47: 763-766. patologia diabetica i dati epidemiologici sino ad oggi disponibili 4. Petrauskiene V, Falk M, Waernbaum I, Norberg M, Eriksson JW. sembrano indicare che la condizione diabetica non influenza i The risck factor of venous thromboembolism is markedly elevated in patient with diabetes. Diabetes 2005; 48: 1017-1021. livelli plasmatici di omocisteinemia. I polimorfismi sopracitati 36 Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza Descrizione di un caso di trombosi venosa profonda in un adolescente diabetico Volume 4, n. 2, 2006 5. Rask O, Bertorp E, Lyumg R. Risk factor for venous thromboembosis in Swedish children and adolescents. Acta Paediatric 2005, 94: 717-722. 6. Chan AK, Deverber G, Monagle P, Brooker LA, Masicotte PM. Venous thrombosis in children. J Thromb Haemost 2003; 1: 14431455. 7. polymorphisms of methylenetetrahydrofolate reductase (MTHFR) and methionine synthase reductase (MTRR) in ethnic populations in Texas; a report of a novel MTHFR polymorphic site, G1793A. Am J Med Genet 2002 15;107:162-168. 25. Gemmati D, Serino ML, Trivellato C, Fiorini S, Scapoli GL. C677T substitution in the methylenetetrahydrofolate reductase gene as a risk factor for venous thrombosis and arterial disease in selected patients. Haematologica 1999;84:824-828. Van Ommen CH, Heijboer H, Van Den Dod EJ, Hutten BA, et al. Pediatric venous thromboembolic disease in one single center: congenital prothrombotic disorder and the clinical outcome. J Thromb Haemost 2003; 1: 2516-2522. 8. Bonduel M, Hepner M, Sciuccati G, Torres AF, et al. Prothrombotic abnormalities in children with venous thromboembolism. J Pediatr Hematol Oncol 2000; 22: 66-72. 9. Schmidt B, Andrew M. Neonatal thrombosis: report of a prospective Canadian and international registry. 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Genetic 37 Il medico dell’adolescente Chiara Chiavetta Palermo Ogni adolescente ha bisogno di una guida di riferimento, per poter crescere fisicamente, psicologicamente e culturalmente. Tramite questi test sono arrivata alla conclusione che ognuno di noi adolescenti, spesso e volentieri, non può contare sulla figura dei genitori per tanti motivi: 1. perché sono separati, 2. perchè non sanno affrontare la crescita fisica e psicologica dei propri figli, 3. o ancora, perchè noi figli ci vergogniamo a parlare con loro dato che ogni adolescente vuole la propria libertà anche con chi confidarsi. Eppure noi non possiamo certamente contare sulla figura di un nostro pari dato che egli sta crescendo insieme a noi! Per tanti aspetti la figura di un medico è sempre importante, ma provate a mettervi dal nostro punto di vista: sareste in grado di parlare apertamente con un medico qualsiasi? Ecco questa è la domanda fondamentale. Se ogni ragazzo riuscisse a confidarsi con un adulto sarebbe tutto fantastico, per cui, escludendo i genitori , a mio parere il medico personale sarebbe una buona figura con cui parlare: ma quali sono i mezzi che il medico si serve per farci crescere anche psicologicamente?? Noi passiamo dal medico pediatra al medico dell’adulto all’età di 14 anni, proprio al centro della nostra adolescenza… e questo mi ha dato modo di riflettere!! Perché non creare anche un medico dell’adolescente?? Un medico che, prendendo una specializzazione, e studiando anche la psicologia, riuscisse ad andare incontro a noi ragazzi, ma non solo in quanto medico, ma anche come amico, confidente, psicologo! Non solo chi ha problemi ha bisogno di uno psicologo!! Voi adulti non sapete quanti complessi si può fare una ragazza della mia età : “se non porto i capelli con la riga in questo modo le mie compagnie mi vedranno come una diversa”, “se non metto i jeans sotto la vita non sono al top!” E non credo di dire cavolate… li vivo anch’io questi problemi, ma chi ci può far comprendere quali sono le cose giuste e quelle sbagliate?? Ecco che, allora, il medico potrebbe essere una possibilità. Ma ogni ragazzo pensa al pediatra come il medico dei bambini, (guai se ancora io stessi con lui: sarei etichettata come una bambina piccola), il medico dell’adulto invece, a mio parere, non ci conosce veramente, può non sapere come siamo cresciuti, e a volte può servire solo per far ricette e per farti il certificato per andare in palestra o rientrare a scuola. Personalmente, infatti, non conosco il mio medico, in quanto rientro nella fascia di chi ha il medico dell’adulto, ma io sono figlia di un pediatra e quindi non faccio testo! E tutti gli altri miei amici? Comunque mi viene da pensare che sarebbe meglio dividere le categorie dei medici di famiglia in: medico pediatra, medico dell’adolescente e medico dell’adulto. E se questo non fosse possibile sarebbe preferibile che il pediatra conoscesse un pò di psicologia dell’adolescenza e potesse occuparsi di noi fino a quando non compiremo la maggiore età. Ma sarebbe opportuno che nel proprio lavoro egli riuscisse a trovare il tempo da dedicare a qualche appuntamento per ogni ragazzo o ragazza che abbia l’esigenza di parlare e confidarsi, anche sul proprio sviluppo fisico oltre che psicologico, dato che il proprio pediatra lo si conosce e lui ci conosce da quando siamo nati! 38 Agosto 2006 L’umanizzazione dell’assistenza al paziente con patologia cronica: il ruolo dell’assistenza infermieristica Patrizia Farina, Laura Rosatti Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Terapia delle Talassemie ed Emoglobinopatie U.O. di Pediatria ed Adolescentologia - Azienda Ospedaliera Universitaria Arcispedale S. Anna - Ferrara Riassunto Gli Autori riportano la loro esperienza acquisita nella assistenza infermieristica di 310 pazienti talassemici affetti da talassemia major. Viene stressata l’importanza della comunicazione, umanizzazione della assistenza e della privacy. Inoltre, vengono riportati i risultati di un questionario anonimo distribuito ai pazienti seguiti presso il Centro della Talassemia della U.O. di Pediatria dell’Arcispedale S. Anna di Ferrara per verificare il loro grado di soddisfazione per le cure prestate, le necessità e le aspettative per raggiungere il massimo benessere psico-fisico. Parole chiave: umanizzazione della assistenza infermieristica, patologie croniche Humanity health care for patients with chronic diseases: the role of hospital nurse Summary The Authors report their experience on hospital nurse care in 310 thalassaemic patients followed at Thalassaemia Unit of Arcispedale St. Anna – Ferrara (Italy). They stress the importance of communication, humanity health care and privacy. In addition, the results of a questionnaire on the quality of care, patients’ needs and expections are reported. Comitato Editoriale Key words: humanity health care, chronic diseases, hospital nurse Direttore Scientifico Vincenzo De Sanctis (Ferrara) Comitato di Redazione Vincenzo Caruso (Catania), Maria Concetta Galati (Catanzaro), Maria Rita Gamberini (Ferrara), Aurelio Maggio (Palermo) Comitato Editoriale Maria Domenica Cappellini (Milano), Marcello Capra (Palermo), Paolo Cianciulli (Roma), Gemino Fiorelli (Milano), Alfio La Ferla (Catania), Turi Lombardo (Catania), Carmelo Magnano (Catania), Roberto Malizia (Palermo), Giuseppe Masera (Monza), Lorella Pitrolo (Palermo), Michele Rizzo (Caltanisetta), Leopoldo Ruggiero (Lecce), Calogero Vullo (Ferrara) Segretaria di Redazione Gianna Vaccari (Ferrara) International Editorial Board Athanasios Aisopos (Athens, Greece), Mike Angastiniotis (Nicosia, Cyprus), Yesim Aydinok (Izmir, Turkey), Duran Canatan (Antalya, Turkey), Slahe Ddine Fattoum (Tunis, Tunisia), Christos Kattamis (Athens, Greece), Duru Malyali (Istanbul, Turkey), Praveen C. Sobti (Ludhiana, India), Theodoros Spanos (Athens, Greece) Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 In questi ultimi decenni fra gli obiettivi perseguiti dal Servizio Sanitario sono state incluse nei processi di miglioramento della qualità delle prestazioni sanitarie “l’umanizzazione” e “la personalizzazione” dell’assistenza. Per la prima volta la cosiddetta “cultura del servizio” è stata inserita fra gli “indicatori” che ogni Regione dovrebbe utilizzare per verificare il livello di soddisfacimento dell’utente-cliente(1). Il grado di soddisfazione di chi accede ai servizi sanitari comprende la “dimensione oggettiva” che corrisponde alla qualità delle cure erogate, all’alto livello di specializzazione, all’uso di tecnologie e strumenti all’avanguardia ma anche una “dimensione soggettiva” che esprime le percezioni positive sperimentate dall’utente-cliente. L’umanizzazione e la personalizzazione dell’assistenza infermieristica comportano quindi per il personale sanitario un vero e proprio invito al cambiamento organizzativo (l’ospedale dovrebbe diventare più umano, più accogliente meno burocratico, più confortevole e caldo meno impersonale e freddo) ma anche un adattamento dell’azione infermieristica ai bisogni soggettivi che la persona esprime(2). Oggi, l’infermiere viene chiamato sempre più a modulare il proprio intervento professionale e l’organizzazione del servizio in cui opera non solo in funzione dei problemi di salute della persona ma anche in base al suo contesto psichico e socio-culturale. A Ferrara, la Divisione Pediatrica dell’Arcispedale Tabella 1. Questionario anonimo distribuito ai ragazzi e ragazze del DH talassemici (D.H.T.) della U.O. di Pediatria ed Adolescentologia di Ferrara. Chiediamo la Vostra collaborazione e disponibilità per rispondere alle domande del questionario che abbiamo compilato. Il questionario rimarrà anonimo. I dati raccolti saranno presentati con il rispetto di quanto previsto dalla legge sulla privacy. Vi ringraziamo per la preziosa collaborazione. Patrizia Farina e Laura Rosatti Questionario Sesso : M ❑ F❑ Età aa ……………………….. Il personale infermieristico del D.H.T. ti aiuta ad affrontare le difficoltà relative alla cura della malattia? molto ❑ abbastanza ❑ poco ❑ per nulla ❑ Il personale infermieristico del D.H.T. è disponibile all’ascolto dei tuoi problemi ? molto ❑ abbastanza ❑ poco ❑ per nulla ❑ Ritieni opportuno che accanto al personale medico ed infermieristico del D.H.T ci siano figure non mediche (associazioni di “volontariato”) per creare momenti ricreativi e stimolare i rapporti di amicizia? molto ❑ abbastanza ❑ poco ❑ per nulla ❑ Ritieni necessario che nell’équipe medica ed infermieristica del D.H.T sia inserita la figura dello psicologo per evidenziare e gestire le varie situazioni emotive collegate alla tua malattia? abbastanza ❑ poco ❑ per nulla ❑ molto ❑ Per soddisfare le tue esigenze cosa dovrebbe fare l’Ospedale? Indica con i numeri 1-2-3-4 il livello di priorità delle seguenti azioni organizzare le attività assistenziali in modo da farti rimanere il meno possibile in Ospedale migliorare il confort alberghiero migliorare la comunicazione relativa alla gestione della malattia migliorare la comunicazione relativa al supporto psicologico e relazionale della persona 42 Emothal Patrizia Farina, Laura Rosatti L’umanizzazione dell’assistenza al paziente con patologia cronica: il ruolo dell’assistenza infermieristica Composizione per classi di età dei 100 pazienti intervistati Range 14-48 anni. Età media aa 32 4° quesito: riterresti utile che nell’èquipe del DH fosse presente uno psicologo? 36 40 40 30 30 n. 20 n. 20 10 10 0 24 molto 0 10-20 21-25 26-30 31-35 classi di età 36-40 40 19 36 abbastanza poco basso 20 per nulla Miglioramento della qualità della comunicazione relativa alla gestione della malattia 24 n. alto 53 2° quesito: gli infermieri sono disponibili all’ascolto dei tuoi problemi? 60 massimo 8 2 0 molto per nulla medio 10 20 poco 5° quesito: per soddisfare le tue esigenze cosa dovrebbe fare l’ospedale? Indica il grado di priorità relativo alle seguenti azioni: • riduzione del tempo di ospedalizzazione 52 60 21 41-50 1° quesito: gli infermieri ti aiutano nella gestione della terapia della tua malattia? n. abbastanza 19 7 massimo 26 alto 52 medio 39 40 basso 20 7 2 poco per nulla 43 0 molto abbastanza Miglioramento del comfort alberghiero 41 3° quesito: ritieni opportuno che oltre a medici e infermieri nel DH siano presenti associazioni di volontariato per creare momenti ricreativi e stimolare rapporti di amicizia? 27 30 n. 20 massimo 22 alto medio basso 27 36 40 10 Miglioramento della comunicazione relativa alla sfera relazionale 25 12 44 11 10 massimo 15 alto medio 0 molto abbastanza poco basso per nulla 30 43 Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 S. Anna (ex Istituto Provinciale per l’Infanzia) è stata la struttura sanitaria che ha assicurato l’assistenza e la terapia trasfusionale ai bambini affetti da morbo di Cooley. In questo Istituto, negli anni successivi alla seconda guerra Mondiale, il Prof. Marino Ortolani fu tra i primi nel mondo a comprendere l’importanza della presenza materna a fianco del bambino durante tutta la degenza e a creare nel proprio reparto spazi per ospitare le madri giorno e notte. Oltre alle madri anche le maestre in attesa di impiego furono coinvolte in pediatria per i bambini che rimanevano ricoverati per lunghi periodi. Questa filosofia di umanizzazione dell’assistenza in ospedale è stata successivamente proseguita ed arricchita con la direzione della Divisione Pediatrica del Prof. Calogero Vullo e quella attuale del Dott. Vincenzo De Sanctis. Il personale infermieristico che ha operato presso la Divisione Pediatrica ha sempre assistito numerosi pazienti affetti da talassemia major e ha potuto svolgere un ruolo importante per adeguare la qualità delle cure alle nuove conoscenze scientifiche e ai nuovi protocolli terapeutici che nel corso degli anni sono stati proposti. Nell’anno 2004 presso il Day Hospital Talassemici sono stati seguiti 310 pazienti, 148 maschi e 162 femmine, con un range di età che va da 2 a 57 anni. Di questi 101 (32%) risiedono nella provincia di Ferrara, 33 (11%) risiedono in altre province dell’Emilia Romagna e 176 (57%) provengono da altre regioni dell’Italia. 155 pazienti (50%) sono stati ricoverati per eseguire regolarmente la terapia trasfusionale, i controlli ematologici e il trattamento delle complicanze, gli altri 155 (50%) sono stati ricoverati per eseguire i controlli ematologici e l’inquadramento diagnostico-terapeutico delle complicanze. Il miglioramento delle cure ed in particolare l’esecuzione di regimi trasfusionali più appropriati e la terapia ferrochelante regolare hanno comportato per i pazienti affetti da b- talassemia major che risiedono e vengono curati nella nostra città una diminuzione del numero e della gravità delle complicanze della malattia ed un miglioramento della qualità di vita con un progressivo aumento dell’età media(3). Il personale infermieristico ha quindi dovuto adeguare i piani assistenziali in funzione dell’età dei pazienti, bambini ieri ma quasi tutti adulti oggi, per conciliare l’erogazione delle cure con l’inserimento dei pazienti nella vita sociale come la frequenza scolastica, l’attività lavorativa, il matrimonio, la nascita di propri figli(4). I cambiamenti più importanti delle attività assistenziali sono stati quelli relativi all’esecuzione della terapia trasfusionale(5). Negli anni 70 i bambini e i ragazzi talassemici, sempre accompagnati da un genitore, rimanevano ricoverati anche per più giorni per eseguire la trasfusione. Dal 1979 con l’istituzione del Day Hospital Talassemici i pazienti venivano in ospedale solo per eseguire il prelievo per la compatibilità, tornavano al domicilio e il giorno seguente eseguivano la trasfusione senza dover pernottare in ospedale. Negli ultimi anni un numero sempre più elevato di pazienti viene trasfuso nella stessa giornata in cui viene eseguito il prelievo per la compatibilità, sia al mattino che al pomeriggio. L’assistenza infermieristica dei pazienti con patologie croniche non si è limitata alla sola erogazione delle prestazioni sanitarie ma abbiamo cercato di avere una attenzione particolare alle relazioni umane e alla comunicazione per riuscire a comprendere tutti i bisogni dei pazienti. Particolare attenzione abbiamo utilizzato per il rispetto della privacy, il senso del pudore, la riservatezza dei dati personali e per instaurare un approccio empatico con i pazienti e i loro familiari. Per verificare il grado di soddisfazione dei nostri pazienti relativamente alla qualità dell’assistenza da noi erogata, abbiamo chiesto ai ragazzi che eseguono regolarmente la terapia trasfusionale nel nostro DH di compilare un questionario relativo a: aiuto e disponibilità forniti dal personale infermieristico per affrontare le difficoltà soggettive relative alla cura della malattia, necessità di inserire nell’èquipe medico-infermieristica persone delle associazioni di volontariato per creare momenti ricreativi e stimolare i rapporti di amicizia, esigenza di inserire nell’èquipe medico-infermieristica uno psicologo per evidenziare e gestire le varie situazioni emotive legate alla malattia, livello di priorità degli interventi organizzativi necessari per migliorare la qualità dell’assistenza ricevuta relativamente al tempo di ospedalizzazione, al comfort alberghiero e alla comunicazione. Al questionario anonimo (Tabella 1) hanno risposto 100 pazienti, 44 femmine e 56 maschi. I risultati dell’indagine sono riportati nelle Figure 1-9. 44 Emothal Patrizia Farina, Laura Rosatti L’umanizzazione dell’assistenza al paziente con patologia cronica: il ruolo dell’assistenza infermieristica I risultati dei questionari dimostrano che l’umanizzazione e la personalizzazione dell’assistenza sono fondamentali. Una assistenza adeguata non può prescindere dal considerare anche i problemi psicologici e sociali dell’individuo. Purtroppo le rigidità organizzative di una struttura ospedaliera, l’eccessiva burocratizzazione, la formazione non adeguata degli operatori, le risorse umane ed economiche che anno dopo anno si riducono ostacolano il raggiungimento di questo obiettivo. Nonostante tutte queste difficoltà occorre impegnarsi quotidianamente in questo processo di miglioramento della qualità dell’assistenza per assicurare ai nostri pazienti il massimo del benessere psico-fisico. Corrispondenza: Sig.ra Patrizia Farina U.O. di Pediatria e Adolescentologia Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Anna Corso Giovecca 203 - 44100 Ferrara Tel. 0532/237327 - Fax 0532/247107 45 Bibliografia 1. D. Lgv. 502/92, art. 14; D. Lgv. 517/93, art. 15; D. Lgv. 229/99. 2. Motta PC. Personalizzazione dell’assistenza infermieristica e dolore: un inquadramento metodologico. Università “Vita Salute” San Raffaele Milano. 3. Borgna-Pignatti C, Rugolotto S, De Stefano P, Piga A et al. Prognosi della talassemia major trattata con terapia convenzionale. Atti della riunione scientifica: Novità in tema di emoglobinopatie, Ferrara 2002. 4. Vullo C, De Sanctis V. Curare gli adolescenti. La Nuova Italia Scientifica, 1992. 5. Vullo C, Argiolu F, Borgatti L, De Sanctis V et al. Il destino dei pazienti affetti da talassemia major. Riv. Ital. Ped. (I.J.P.) 1998; 14: 553-564. Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease Christos Kattamis, Antonis Kattamis First Department of Pediatrics, University of Athens School of Medicine, Athens, Greece Summary Sickle cell disease is a group of heterogeneous disorders characterized by genetic and clinical heterogeneity associated with production of HbS. The severity of the clinical phenotype is basically related to the genotype and can be altered by a number of modifier genes. The majority of these genes induce HbF production. Clinical and experimental studies demonstrated that coexistence of HbF in sickle cells prevents HbS from polymerization on deoxygenation. Polymerization of HbS seems to be the main determinant in the pathogenesis of vaso-occlusive episodes that underlie SCD acute and chronic clinical symptoms. The function of HbF in preventing HbS polymer formation stimulated research to develop drugs capable of inducing HbF to be used in treatment. Hydroxyurea (HU), a cytotoxic drug with a relatively safe profile, proved effective, at first in adults, and later in children and young adults with SCD. At present it is recommended for patients with frequent and severe painful crises, acute chest syndrome, severe anemia and severe complications of vaso-occlusion. Its main beneficial effects include reduction in the rate and severity of painful crises, acute chest syndrome, transfusions and hospital admissions. There is also convincing evidence of decrease in the incidence of stroke, and in mortality and morbidity, with parallel improvement in survival and quality of life. In addition to increasing HbF and preventing cell deformity, HU has beneficial effects on the extracellular factors involved in the vaso-occlusive process. Its toxic effects are generally mild, transient and reversible. The main disadvantages are the high proportion of non-responders, the need for contraception during treatment and discontinuation of drug before conception. It is expected that combined treatment with other HbF-inducing drugs will reduce the proportion of non-responders. Key words: hydroxyurea, sickle cell disease. Introduction Sickle cell disease (SCD) and thalassemias are the most common single gene inherited disorders, with a wide heterogeneity in a geographical distribution. The sickle gene is predominantly found in Africa and to a lesser extent in Mediterranean and other populations. The severity of clinical symptoms in SCD is basically related to the genotype, although additional genetic and environmental factors may influence phenotypic expression. The clarification of the function of these factors in the pathophysiology of SCD initiated experimentation with novel therapies. Among the drugs used, hydroxyurea (HU) became known as a miracle drug, as clinical trials demonstrated a remarkable reduction in morbidity of treated patients (1). Despite the benefits and the apparent safety of the drug the proportion of patients with SCD receiving HU is still limited. For a better understanding of the mechanism of action of HU in SCD, it is worthwhile to review in brief relevant aspects of SCD related to HU treatment. These include the characterization of main genotypes and phenotypes, the pathophysiology of SCD and the pathogenesis of vasoocclusive episodes. Genotypes and Phenotypes of SCD The term sickle cell disease denotes all disorders which include at least one chromosome 11 affected with the sickle β globin gene (βs), while the allele chromosome carries the nor- 46 Emothal Christos Kattamis, Antonis Kattamis Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease mal β gene (βA) (heterozygote), the sickle gene (homozygote), or other mutated β gene (compound heterozygote). The mutated β gene can lead either to an abnormal Hb or to β or δβ thalassemia. The combination of sickle with β-thal gene is known as microdrepanocytic disease (2). Excluding the heterozygotes that, as a rule, have no clinical signs, all other genotypes have clinical symptoms which vary in severity. The severity of SCD is related to the genotype, the composition of the hemoglobin, and much more so to the concentration of HbS. The hemoglobin composition and the relative concentration of HbS in the main genotypes of SCD are shown in Table 1. The more severe phenotypes are related to the homozygous sickle cell genotype (sickle cell anemia, SCA) and compound heterozygotes with β thalassemias, mainly the βo thal, with low HbF and the highest HbS concentration. In addition to the sickle and thalassemia genes, the phenotype is influenced by a number of genetic modifiers (3). The more common and important are the haplotypes of the sickle gene, the 158 C->T mutation upstream from the Gγ gene which enhances HbF expression, other mutations of the β gene cluster which also enhance HbF (HPFH, (δβ)o high Fth, Hb Lepore), the coexistence with αo thalassemia, and others. Of interest are the haplotypes of the sickle gene, which are characterized by restriction endonuclease analysis. Based on the polymorphisms of the β globin gene cluster, three distinct African haplotypes have been identified and are localized exclusively to one of three geographical areas of Africa. These are the Bantu, the Benin, and the Senegal haplotypes; a fourth haplotype, the Indian-European (Arab-India) is distributed throughout India and Arab countries. The ArabIndia haplotype, and to a lesser extent that of Senegal, are clinically mild. The decreased severity of symptoms in the Indian haplotype has been attributed to the higher concentration of HbF (>20%) in the homozygotes, as compared to the low HbF (<10%) in the other haplotypes (4). In addition to modifier genes in SCD, pleotropic or secondary effector genes, not linked to the β gene locus, may also modify the clinical phenotype. These genes participate in the process of pathologic events such as the rapid destruction of sickle cells, the formation of dense cells, adhesion to the endothelium, and others. At present the identification and the precise function of the pleotropic genes, especially of the mutated ones, have not yet been clarified (5, 6). It is of interest that extensive epidemiological and molecular studies disclosed that SCD phenotypes have a population specificity, and wide heterogeneity in their geographical distribution. The βS/βS genotype affects mainly African populations, while βS/βthal is found in the Mediterranean. In Eastern Mediterranean populations the βS/β+th genotype prevails (with IVSI-110 the more common mutation), while in the Western populations the βS/βoth genotype and CD39 mutation is the most common. As a rule, the βS/β+th genotype is milder. Because of population specificity there Table 1. Hemoglobin composition and hemoglobin S concentration in common genotypes-phenotypes of SCD. Phenotype Genotype Types of Hb HbS% Heterozygote Homozygote β /β βS/βS A≥ S>A2 S>F>A2 20-40 80-95 Compound with abnormal Hb S/C S/D S/E S/O S/rare variants βS/βC βS/βD βS/βE βS/βO S~C>F>A2 S~D>F>A2 S~E>F>A2 S~O>F>A2 40-60 40-60 40-60 40-60 βS/βOth βS/β+th βS/β++th βS/β(δβ)th βS/βHPFH S>F>A2 S>F≥ A>A2 S≥ A≥ F>A2 S>F>A2 S>F≥ A>A2 80-95 60-70 40-60 70-90 40-60 Compound heterozygotes with β thal S/βth S/(δβ)0th S/HPFH S 47 A Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 Table 2. Severe chronic organ impairment in patients with SCD. System-Organ Main Clinical Manifestations Renal Failure Hematuria, proteinuria Hypertrophy Tubular deficiencies Cardiopulmonary Recurrent ACD Pulmonary hypertension (>25 mmHg) Heart failure Pulmonary infarct, embolism Reticuloendothelial Functional asplenia Splenic sequestration Autosplenectomy Central Nervous Cerebral hemorrhage Seizures Cerebral infarction (children and adults) Hepatobiliary Cholelithiasis Mild and severe hepatic crisis with intrahepatic cholestasis Musculoskeletal Leg ulcers Osteomyelitis Avascular necrosis Eyes Retinitis proliferans Retinal hemorrhage is variability in the severity of clinical phenotypes. Thus, characterization of the prevailing genotype in a population is of primary importance for the prediction of clinical severity and application of appropriate treatment. Clinical Symptoms The main symptoms of SCD are recurrent episodes of vaso-occlusive hemolytic and aplastic crises, chronic hemolytic anemia and chronic organ damage and dysfunction. The protean manifestations are the acute painful crises resulting from occlusions in microvasculature, which induce pain, inflammation and disability. The severity of the clinical phenotype is directly related to the frequency and severity of vaso-occlusive episodes. These episodes arise predominantly in localized areas of the bone marrow and other organs. Based on the site of vaso-occlusion, diverse manifestations are recognized. The more common severe presentations include the acute chest syndrome (ACS), cerebrovascular accidents, abdominal pain mimicking acute abdomen, splenic sequestration and asplenia, and priapism. In children and young adults the leading causes of mortality are the acute chest syndrome and cerebrovascular accidents (7). The organ systems most frequently and seriously impaired are listed in Table 2. Pathophysiology The basic determinant of clinical symptomatology in SCD is the presence of HbS. HbS is the result of the substitution of adenine (A) for thymidine (T) at codon 6 of the β-globin gene (GAG->GTG) and replacement of the glutamic acid residue by valine in the β globin molecule. The change in the β globin molecule gives HbS the property of polymerizing when deoxygenated. The time elapsing from HbS deoxygenation to polymer formation (delay time), though short (milliseconds to seconds), exceeds the transit time needed for the red cells to get through the microcirculation. Thus, under normal conditions HbS is only mildly polymerized. In contrast, in the presence of factors that reduce the delay time, or increase the transit time, polymerization 48 Emothal Christos Kattamis, Antonis Kattamis Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease occurs and accumulation of a critical amount of HbS polymer causes deformation and injury of sickle cells. A variety of deformed cells appear in the circulation. The morphology of sickle cells varies from round dense cells to severely deformed and irreversibly sickled cells (ISCs). The ISCs have seriously damaged membranes, which do not permit reconstitution of shape on reoxygenation of HbS, and the cells remain fixed in the microcirculation (8). Originally, it was thought that the pathogenesis of vaso-occlusion in SCD was based entirely on the trapping of deformed ISCs in the microcirculation. It was soon realized that the pathogenesis of vaso-occlusion is complex, and many factors are involved in the process. These factors relate to the composition and function of sickle cells, the endothelium activity, the interaction of endothelial cells with blood cells and plasma components, the vascular tone and other events. They may affect the vaso-occlusive process through reduction of delay time to HbS polymer formation, prolongation of transit time in the microcirculation or modification of other functions. The reduction in delay time is caused by intraerythrocytic factors such as the red cell deoxygenation status, the high HbS concentration, the low concentration of protective hemoglobins and particularly of HbF, the drop in pH, and dehydration of cells by dysregulation of cation homeostasis. The prolongation of transit time is related to enhanced adhesion of red cells, leucocytes, and platelets to the endothelium, formation of heterocellular aggregates, dysregulation of vasomotor tone and vasoconstriction, inhibition of cation homeostasis and formation of dehydrated and severely deformed red cells. Other modulators may also enhance the vaso-occlusion process. Among the most important are the release of free radicals, perfusion injury to endothelium, coagulation activation with proadhesive thrombin formation, hypoxia, and infection. In the first steps of the vaso-occlusion process the polymer-containing sickle cells are trapped predominantly in the slow flowing venular side of the microcirculation. The primary crucial event includes adhesion of erythrocytes (mainly reticulocytes and deformed dense cells) to the endothelium of the post capillary venule. Adhesion of leucocytes to the endothelial cells 49 and formation of heterocellular aggregates (leucocytes and ISCs) intensifies obstruction and causes local hypoxia. Hypoxia increases HbS polymer formation, and occlusion is extended in the adjacent vasculature. Furthermore, neutrophil transmigration through the endothelial gap junctions increases inflammation. There is also impairment of nitric oxide bioavailability and dysregulation of vasomotor tone (9). The endothelium has a central role in the pathogenesis of vaso-occlusive episodes in SCD. During crises and infections many activators of the endothelium are generated. Even in steady state disease, biological indices of endothelial cell activation have been reported. Among them are the elevation of chemokines, the adhesion molecules of Ig immunoglobulin superfamily, such as the intercellular adhesion molecule 1 (ICAM-1) and vascular cell adhesion molecule 1(VCAM-1) and E and P selectins (10). In our Unit the levels of five adhesion molecules were estimated in 35 patients with thalassemia intermedia, 22 patients with SCD and 20 controls matched for age and sex. The adhesion molecules studied were ICAM-1, VCAM-1, P and E selectins and thrombomodulin (TM). With the exception of thrombomodulin the other four adhesion molecules were significantly increased in steady state patients with thalassemia and SCD. Furthermore ICAM-1 was significantly higher in SCD compared to thalassemia intermedia (11). New Trends in the Treatment of SCD Advances in the understanding of the pathophysiology of SCD motivated research on novel therapeutic approaches for prevention, modification or resolution of vaso-occlusion. These include the use of: I) ion channel blockers (magnesium pidolate, clotrimazole, l-arginine and others) to prevent dehydration and HbS polymerization; II) anti-inflammatory drugs (glucocorticosteroids, anti-P selectin antibodies and others); III) anti-adhesion drugs (monoclonal antibodies against endothelial and platelet integrins, antagonists to leucocytes of the β and CD18 subfamily); IV) vasodilators such as nitric oxide. Though research with some of these drugs is Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 active, and preliminary findings promising, in vivo trials are still limited. Further experience with clinical trials and precise evaluation of their efficacy are urgently needed. On the other hand, the protective role of HbF in inhibition of HbS polymerization was postulated initially on clinical observations that were later confirmed in vitro. The protective hypothesis was first advanced by Watson in 1948; he noted that affected infants had no symptoms during the first months of life because of high HbF levels. The amelioration of clinical symptoms in SCD patients with high HbF levels was later confirmed in compound heterozygous patients with hereditary persistence of fetal hemoglobin (HPFH), and in homozygous S/S patients with India and Senegal haplotypes who had high HbF levels >20% (12). The clinical and experimental evidence of the beneficial effects of the high concentration of HbF in sickle cells paved the way for research on compounds that could induce HbF synthesis. Several compounds were identified and tested in patients with SCD and thalassemia intermedia; these are 5-azacytidine and its derivatives, hydoxyurea, butyrate and erythropoietin. For each drug a different mechanism to enhance HbF synthesis has been postulated; 5-azacytidine causes hypomethylation of the promoter of the γG globin gene, activating transcription. Hydroxyurea and other cytotoxic drugs increase the population of erythroid precursor cells that have the capacity to synthesize HbF, while the short chain fatty acids inhibit histone deacetylases and promote histone acetylation and γ gene expression (13). 5-azacytidine was tested in a limited number of patients with positive results in increasing HbF (14). However its use was restricted because of potential toxicity and inconvenience of potential administration. Parenteral use, non-compliance and limited efficacy also characterize butyrate. Hydroxyurea in SCD Hydroxyurea is an S-phase cytotoxic drug, given orally, with a relatively safe profile. The clinical experience is extensive, as it has been used in myeloproliferative disorders for both short and long periods. Initial testing in adults, in small non-randomized clinical trials, proved its efficacy to increase HbF concentration in sickle cells. The general acceptance of HU treatment in SCD followed the reporting of the results of a large, randomized, placebo controlled, multicenter study with welldefined clinical parameters. The study was prematurely terminated, when interim analyses demonstrated significant reduction in the rate of painful crises, ACS, transfusions, and hospital admissions in treated patients. Based on these data the Food and Drug Administration approved HU for the treatment of SCD in adults. Since then the drug has been widely used in the USA and Europe (8). Following the demonstration of beneficial effects in adults, short and long-term randomized trials in children and young adults were organized in the United States and other countries (Multicentre Pediatric HU Trial HUG-KID (15), Belgian Registry (16), others (17)). Based on the results and experience gained in these studies, the principles of treatment with HU for children and young adults with SCD were formulated. HU is recommended for patients with frequent and severe painful crises, acute chest syndrome, complications of vaso-occlusion, and profound anemia. Patients predisposed to severe clinical courses are those with βS/βS and βS/βthal genotypes with low HbF. There is also strong clinical evidence that hand foot syndrome, severe anemia and leucocytosis in the absence of infection in infancy are early life predictors for adverse outcome (18). The proposed schedule starts with an initial dose of 10-15mg/kg/day, and increases by escalating doses every 6-8 weeks up to the maximum tolerated dose (MTD), usually 20-30mg/kg/day. Dosage monitoring includes the close follow-up of patients for compliance, effectiveness and toxicity. Hematological and biochemical examinations are done every two weeks. The beneficial clinical effects in children and young adults treated with HU on this schedule include reduction in the rate and severity of painful crises, acute chest syndrome, number of transfusions and total blood consumption. There is also convincing evidence of reduced rate of stroke, preservation of spleen function, amelioration of chronic organ damage, reduction in mortality and morbidity, with improvement of survival and quality of life. As evaluated in the HUG-KID study, the efficacy of HU in inducing HbF varies. With a mean max- 50 Emothal Christos Kattamis, Antonis Kattamis Efficacy of treatment with hydroxyurea in young patients with sickle cell disease imum tolerated dose (MTD) of 26.2±5.6 mg/kg/day HbF increased above 17.2% in 50% of patients, while in 25% HbF levels remained lower than 12%. It was also found that the higher HbF levels were positively related to baseline HbF, to MTD of HU, to compliance and to the number of reticulocytes and leucocytes. In fact, HbF response to HU was variable and complex; even children with low baseline %HbF developed a substantial increase of HbF on MTD. On this schedule, as a rule the optimum dose coincided with the MTD (18). In addition to increasing HbF, hydroxyurea increases the level of total Hb and MCV values and reduces the absolute number of reticulocytes and leucocytes. Even more important are the beneficial effects of HU demonstrated on intraand extra erythrocytic parameters and functions. In erythrocytes, in addition to increase of F cells, per cell HbF and reduction of reticulocytes, HU inhibits cation depletion preventing the cells from dehydration and deformability. It also inhibits sickle cell adhesion to the endothelium and to the extracellular matrix components including fibronectin, thrombospondin and others. Among the extra-erythrocytic effects of importance are the reduction in granulocytes and the qualitative changes of leucocytes, such as the reduction in free radical production and activation markers, decreased VCAM-1, and in vivo release of nitric oxide (8). The experience with children and young adults on short and long term treatment with HU demonstrated that, as in adults, the toxic effects are mild, transient and reversible upon discontinuation of the drug. Furthermore, no life threatening adverse event was noted and no child experienced growth failure (15-17). The transient toxic effects were mainly related to bone marrow suppression. They include severe anemia (Hb <5 g/dL), absolute neutrophils less than 2000 /ml, decreased reticulocytes, and platelets less than 80,000/ml. Non-hematological toxicity referred to the elevation of serum alanine aminotransferase and serum creatinine twice above the upper normal limits. Disadvantages of HU treatment were the high proportion of non-responders, the need for contraception during treatment and the discontinuation of the drug before conception, and the potential long-term carcinogenic or leukaemogenic effects. Teratogenicity was seen in animals, but the effects in human fetuses are 51 unknown. Up to now no apparent increase in birth defects among infants born to mothers or fathers who were on the drug on conception has been reported. Likewise, the risk of triggering neoplastic transformation appears exceptional and reported cases do not exceed the expected frequency in untreated patients. In our series a child with microdrepanocytic anemia presented with generalized lymphadenopathy six months after initiation of HU. Hodgkin’s lymphoma was diagnosed and successful bone marrow transplantation cured both lymphoma and SCD. Careful retrospective analysis of patient’s records disclosed that lymphadenopathy was present prior to HU treatment but escaped clinical evaluation (19). Conclusions and Future Prospects Extensive clinical studies with hydroxyurea in children and young adults with SCD confirmed the beneficial effects reported in adults, which consist of amelioration of the clinical course in parallel with the drug’s complex intervention in the pathogenesis of the vasoocclusive process. The effectiveness of HU to increase HbF is related to its cytoreductive property and to the capacity of the bone marrow to withstand moderate doses of the drug for long periods. In responders HU reduces the cellularity of bone marrow and increases the proportion of nucleated red cells which produce HbF. In the blood, in addition to a variable increase in HbF resulting from the increase in F cells and the per cell increase of HbF, there is an increase in MCV as indicated from the presence of macrocytes, prevention of dehydration and dense cell formation, and reduction of sickle cells, reticulocytes and granulocytes. Equally important are the positive effects of HU on the microvasculature. The function of endothelium is improved; adherence is reduced, as well as the number of sickle cells, mainly ISCs. In addition, HU induces quantitative reduction and qualitative changes in leucocytes, reduction of activation of endothelial cells, promotion of release of nitric oxide and other beneficial functions. It is hoped that in the near future, the parallel beneficial effects of HU in the microvasculature Emothal Rivista Italiana di Medicina dell’Adolescenza - Volume 4, n. 2, 2006 will be properly evaluated and supplementary therapy will be used for the prevention, amelioration and resolution of vaso-occlusion in SCD. At present, in a limited number of nonresponder adults combination therapy with arginine butyrate induced HbF increase in an additive or synergistic manner. Similar results were reported with combination therapy of HU with erythropoietin, and sodium phenylbutyrate (20). Decitabine, a new DNA hypomethylating drug that increases HbF concentration at non toxic doses, is worthy of further investigation. As all patients do not have a good HbF response to HU, research for additional HbF inducing drugs must continue (21). References 1. Carache S, Barton FB, Moore RD, Terrin ML, et al. Hydroxyurea and sickle cell anemia: clinical utility of a myelosuppressive “switching” agent. 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