INDICE 7 Introduzione 11 CAP. 1 Teorie e prassi dell’orientamento 17 CAP. 2 Migliorare l’orientamento per prevenire l’insuccesso 23 CAP. 3 Il sé nell’orientamento 29 CAP. 4 I protagonisti dell’orientamento 41 CAP. 5 I luoghi 49 CAP. 6 Le esperienze 55 CAP. 7 Professionalità e strumenti per l’orientamento 65 CAP. 8 Progettare l’orientamento 91 CAP. 9 Le politiche per l’orientamento 99 CAP. 10 Al mutare degli assetti istituzionali 109 CAP. 11 L’integrazione dei sistemi formativi 117 CAP. 12 L’orientamento in età adulta 125 BIBLIOGRAFIA INTRODUZIONE Gli aspetti teorici, istituzionali e operativi convergono su una concezione dinamica ed evolutiva dell’orientamento, un processo attraverso il quale l’individuo sviluppa capacità e acquisisce strumenti che facilitano una posizione critica di fronte alla realtà che lo circonda e lo mettono in grado di compiere scelte più responsabili. Per realizzare efficacemente una tale strategia occorre correlare costantemente autostima e profitto scolastico dell’alunno. L’insuccesso è spesso determinato da problemi legati all’autoemarginazione o al senso di rifiuto da parte di altri, alla disapprovazione familiare e degli insegnanti; tutte le «disconferme» ambientali confermano lo studente nelle sue incapacità. La scuola ha un ruolo essenziale nella realizzazione del processo di orientamento, ma perché esso si realizzi pienamente occorre che ci sia un dialogo aperto con gli altri soggetti che nella realtà territoriale esprimono conoscenze e competenze funzionali alle finalità orientative; nel contempo le attività svolte in collaborazione con la scuola devono sapersi confrontare con l’organizzazione didattica, senza sovrapposizioni, combinando proficuamente le diverse risorse. La centralità della formazione e le esigenze di cambiamento del sistema formativo, la ricerca di un’integrazione tra competenze generali e professionali, di un rapporto sempre più stretto con il mondo delle aziende, sono temi riproposti in varia forma da importanti accordi IL SUCCESSO FORMATIVO nazionali e internazionali, dalla legislazione nazionale e regionale. Tali questioni devono però trovare concrete forme di sperimentazione che ne prefigurino altrettanto concrete possibilità di realizzazione. In un’ottica formativa occorre esercitare un intervento orientativo intenzionale a partire dal curricolo scolastico, perché sia utile al consolidamento della scelta e al contenimento della dispersione. Una tale strategia servirà da interfaccia per la costruzione di rapporti stabili tra scuola e territorio, in modo da integrare conoscenze, competenze e risorse a sostegno dei percorsi individuali di apprendimento e di crescita. Si tratterà di condividere un processo orientativo tra tutti i soggetti che vi partecipano e di formalizzarlo per farne prendere coscienza all’interessato, sul quale è oppurtuno basare l’attività didattica. L’orientamento costituirà il filo conduttore con cui i giovani affronteranno le loro tappe evolutive, indagando la dimensione temporale, la loro rappresentazione di futuro e la percezione che hanno di poter intervenire attivamente sul proprio sviluppo, diventando protagonisti consapevoli della loro esperienza storica. Occorre, in tale contesto, favorire un confronto sulle aspettative e sui timori che gli adolescenti vivono nei confronti del loro progetto di vita. Il fatto di lavorare sull’autodeterminazione, cioè sulla capacità di esercitare un controllo attivo sugli eventi in cui la persona è coinvolta, senza tuttavia sottovalutare il peso e i vincoli di condizionamenti oggettivi, è molto importante per la maturazione del processo orientativo dello studente e per la sua motivazione a sostenere attivamente la scelta effettuata, anche rispetto a difficoltà che si potranno presentare. È sempre utile al riguardo non solo lavorare sui prerequisiti, ma anche socializzare i giovani ai nuovi contesti in cui andranno a inserirsi, fino a pervenire a un grado adeguato di maturazione, desumibile dalla risposta a una domanda che potrebbe essere loro rivolta: quale consiglio daresti a un ragazzo che vuole intraprendere la tua stessa strada? In questo libro si cercherà di delineare una proposta riproducibile nella scuola, utilizzando i dispostivi dell’autonomia e mettendo in campo proprie capacità di ricerca e di relazione tra realtà istituzionali e professionali. C’è infatti un versante legato al soggetto, dove l’orientamento guida lo sviluppo e costituisce il più importante riferimento preventivo e di contrasto alla dispersione, e uno di sistema, che si esprime attraverso strutture di servizio affidate a collaborazioni tra scuole, enti territoriali e saperi esperti, oggi sempre più regolate da leggi regionali, stimolate da indirizzi e risorse «comunitarie» ed espresse lungo tutto l’arco della vita degli individui, per l’uscita e il 8 Introduzione rientro in formazione, con modalità di certificazione di competenze, bilanci in entrata e uscita, strumenti di documentazione, riconoscimento di crediti. Siamo di fronte a una nuova sintesi culturale e pedagogica, oltre il determinismo e il sincretismo didattico; un segmento implicito nella strutturazione del sistema scolastico e formativo, quello degli 11-16 anni, molto delicato dal punto di vista dell’età evolutiva e dei risultati in termini di successo formativo, deve mettere in relazione la funzione della scuola, in una più stretta continuità tra il primo e il secondo ciclo — soprattutto per quanto riguarda il passaggio tra scuola secondaria di primo e secondo grado, dal momento che il primo biennio di quest’ultima è oggi obbligatorio — con i servizi alla persona del territorio e con la formazione professionale. Un’alleanza forte centrata sull’orientamento permette di consolidare la formazione personale e la capacità di scelta, accompagnando i soggetti anche oltre l’adolescenza, verso l’età adulta nella quale il «mantenersi in forma» è la condizione per migliorare sia le competenze sia lo «star bene» con se stessi e con gli altri. Orientarsi e riorientare sono i fondamenti di un’organizzazione formativa che vuole mettere al centro il soggetto che apprende e far assumere al sistema stesso la funzione di accompagnamento e di guida del processo, nonché quella di ispirare le scelte politiche e le progettazioni didattiche. 9 3 IL SÉ NELL’ORIENTAMENTO La prospettiva qui sostenuta e promossa è quella dell’orientamento come processo formativo permanente; l’orientamento non è, come si è detto, un evento specifico che si presenta in determinati momenti della vita, ma un atteggiamento complessivo della vita stessa; è una metodologia di sostegno alle decisioni che deve mettere in grado le persone di ridefinire la propria identità e di diventare protagoniste attive delle proprie scelte, in un’ottica di autorientamento. Questo stimolo continuo è importante per favorire nei ragazzi la ricerca di se stessi, l’assunzione delle proprie responsabilità e per consentire loro di «progettare» la propria vita. Tali capacità non vengono affatto intese prevalentemente come cognitive. Soprattutto per gli adolescenti, ma in generale un po’ per tutti, non si può prescindere dall’esistenza dei sentimenti, delle paure, delle angosce, dei sogni. È anche con questi aspetti affettivi che gli insegnanti devono trattare. La crescita, infatti, è possibile se si affrontano i conflitti interni ed esterni, attraverso il confronto con gli altri, sperimentando un accesso all’apprendimento che comprende sia gli aspetti cognitivi che quelli affettivi. Le relazioni che si instaurano tra compagni e con gli insegnanti, così come le riflessioni che maturano negli stessi studenti sono fondamentali. Anche la dispersione scolastica può dunque essere contenuta e prevenuta nella misura in cui gli adulti che lavorano nel- IL SUCCESSO FORMATIVO la scuola riescono a essere dei validi interlocutori rispetto al mondo giovanile. Le difficoltà da parte dei ragazzi ad attuare una scelta scolastica o professionale sintonica con le proprie motivazioni e capacità sono note. Le interferenze riguardano una scarsa consapevolezza di sé e delle proprie capacità (sia in positivo che in negativo) e una visione del ragazzo che, tra gli adulti significativi, risulta frammentata, non condivisa, non confrontata: insegnanti e genitori rimangono sostanzialmente sulle proprie posizioni e quindi tra la valutazione scolastica/didattica dell’insegnante e quella affettiva e talvolta proiettiva dei genitori la sintesi risulta molto difficile. Bisogna agire sulle componenti affettive e cognitive alla base dei comportamenti di scelta e avviare e\o consolidare il processo comunicativo e collaborativo tra genitori, ragazzi e insegnanti, cercando di individuare per questi ultimi anche un ruolo di facilitatori della comunicazione stessa. Occorre che i docenti vengano aiutati a comprendere che tipo di comunicazione favorisce l’espressione autentica dei sentimenti e delle opinioni nello studente e quali atteggiamenti dell’adulto permettono la comprensione dell’altro. Queste attenzioni stimolano nei ragazzi il desiderio di esprimere sentimenti e opinioni e finiscono con il promuovere una maggior fiducia nelle proprie capacità. Bisogna promuovere l’autoesame del concetto di sé anche facendo emergere la rappresentazione del soggetto di amici, compagni di scuola, insegnanti, familiari, ecc., in modo da individuare modelli di influenza delle aspettative personali degli adulti e dei gruppi di riferimento sul concetto di sé. È inoltre necessario un atteggiamento da parte degli adulti stessi scevro da pregiudizi, per comprendere il ragazzo nella sua specificità umana e per individuare i modi per valorizzarne gli aspetti positivi e accettare autenticamente le sue scelte. I docenti devono riscoprire il ruolo del gruppo nei lavori sulle relazioni; ciò si differenzia dal loro stile abituale che privilegia il rapporto a due, insegnamento-apprendimento, nonché la funzione di mediazione dello strumento didattico (schede, temi, letture, ecc.) per far emergere vissuti emotivi. Soggetto e realtà Dal versante oggettivo, di analisi della realtà, più che l’informazione conta l’esperienza, che tenga conto delle aspettative e dei desideri individuali, in modo che i ragazzi possano entrare in contatto con realtà che li interessano. 24 Il sé nell’orientamento Tirocini orientativi per conoscere ambienti e tecniche del lavoro e della produzione, ma anche presso gli istituti scolastici superiori, sono utili occasioni per costruire un circolo virtuoso che culmina con una riflessione comune tra docenti, alunni e genitori, magari con l’aiuto di un operatore specializzato, in previsione dell’espressione del «consiglio d’orientamento». È dal contributo di ciascuna delle predette componenti che si può ottenere un profilo del ragazzo veramente personalizzato. L’orientamento si realizza in primo luogo nell’interazione sociale con figure significative che l’individuo incontra nell’arco della sua esperienza vitale. In questo senso va ribadita l’importanza orientativa della scuola, così come quella della famiglia e del gruppo dei pari, e la funzione (positiva o negativa) che comunque svolge l’insegnante in quanto interlocutore privilegiato all’interno di un processo di sviluppo. Lo studente deve avere dei punti di riferimento, insegnanti e genitori in primo luogo, per la discussione e la verifica delle scelte operate, e ciò implica che l’adulto coinvolto in questo processo, oltre ad acquisire informazioni e competenze professionali, sviluppi abilità psicosociali indispensabili per condurre un’interazione soddisfacente per il preadolescente. Identità e relazione Il sè nell’orientamento si sviluppa nella costruzione della propria identità personale: il ragazzo impara cioè a cogliere un senso di persistenza del proprio essere pur con le modificazioni (struttura corporea, tendenze, abitudini, pensiero, ecc.) che si producono nel corso della vita e a considerarsi progressivamente individuo specifico e autonomo. L’adolescenza è l’età nella quale ci si accorge di detti cambiamenti al punto da essere assaliti da incertezze e andare alla ricerca di un ruolo che sia confacente alle proprie aspirazioni, nell’ottica di un processo di ampliamento e di realizzazione. L’identità personale si rafforza con l’acquisizione della consapevolezza di essere «uno che può» fare qualcosa e di «partecipare del prestigio e del significato connessi nella sua cultura a tale capacità». L’identità è dunque intimamente legata all’autostima, che si rafforza realmente solo attraverso la convinzione di aver fatto delle conquiste ben precise, dotate di significato e di aver consolidato la capacità decisionale. Il divenire adulto non vuol dire adattarsi, integrarsi, conformarsi ai condizionamenti sociali, ma saper scegliere, sia pure in modo non irreversibile, un proprio modo di vita e un proprio campo di attività e impegnarsi in essi, allo scopo di trasformare la scelta in capacità di operare e di incidere effettivamente sulla comunità. 25 IL SUCCESSO FORMATIVO L’identità è tanto più definita quanto più definiti e limitati sono gli schemi socio-culturali e i ruoli che l’individuo può sperimentare; al contrario, quanto più la società e la cultura permettono una sperimentazione variata di mezzi di espressione, tanto più largo è lo spettro delle identità possibili e tanto più lungo e laborioso diviene il processo di formazione dell’identità. Essa va messa in stretta relazione con l’ambiente ed è progressivamente espressione della libertà e della responsabilità dell’individuo. Crescita personale e relazione sociale e lavorativa erano vissuti in passato in maniera antagonistica: l’educazione doveva liberare dai condizionamenti e la formazione veniva prospettata come la foggiatura della personalità. Nella società della conoscenza, dove è il capitale umano a fare la differenza, anche dal punto di vista economico questa dialettica sembra ricomporsi, anzi va verso la complementarità. Il lavoro ha sempre più bisogno di formazione e quest’ultima non deve tanto traghettare il soggetto verso la vita attiva, quanto aiutarlo a decodificare i contesti e a essenzializzare i numerosi stimoli provenienti dall’esperienza per cercare di investire le energie e gli apprendimenti in innovazioni. Su questa lunghezza d’onda ormai si ritrovano sia i processi formativi sia le realtà produttive, che vanno oltre la performance e il funzionalismo per affermare un’idea di formazione attiva che tocca tanto i giovani quanto gli adulti e la ricerca congiunta delle competenze per il lavoro e sul lavoro. Sempre meno gli ambiti formativi tradizionali sono in grado di riprodurre tutte le caratteristiche dell’azienda e sempre più quest’ultima ha bisogno di assumere essa stessa una funzione formativa. L’identità va inquadrandosi in un equilibrato sviluppo di progetti educativi elaborati e realizzati in positivi contesti operativi. Non c’è più da temere, infatti, se le esperienze di alternanza scuola-lavoro vengono utilizzate anche come strumento di selezione del personale, qualora l’azienda si faccia carico assieme alla scuola, all’università, all’educazione degli adulti, ecc., di una dimensione, appunto, formativa. È questa una base concreta per un orientamento maturo della personalità, in modo che l’individuo possa effettuare progressi nell’autonomia, diventando così padrone di utilizzare in forme più evolute le sue forze in rapporto con la realtà. Il dinamismo che caratterizza lo sviluppo, si sa, crea delle instabilità e porta sempre alla ricerca di nuove sintesi nell’incontro di forme sempre più complesse della realtà; certe crisi, tuttavia, sono determinanti per il predetto equilibrio maturativo verso una più autentica realizzazione di sé. 26 Il sé nell’orientamento Dalla restituzione delle attività lavorative da parte dei giovani si nota l’incidenza delle realtà aziendali insieme alla progressiva capacità di controllo della propria esperienza sostenuta dall’incremento di motivazione. Tutto ciò può agire in forma profondamente emendativa per quei giovani che attraversano crisi adolescenziali o situazioni i disagio relazionale, soprattutto in ambito scolastico. Non è il caso di aumentare la conflittualità, ma di ampliare le modalità di esprimere le proprie energie verso l’equilibrio generale. Si pensi ad esempio a come i ragazzi vivono la dimensione dell’autorità a scuola e in azienda. In quest’ultimo caso si tratta di un accompagnamento, culminante in una verifica di prodotto vero che gratifica il produttore, che a sua volta vede nel «tutor» aziendale, l’anziano collega, colui che, avendo a cuore il risultato, interviene a sostegno e miglioramento della prestazione, diversamente dall’atteggiamento di distanza tra le conoscenze raggiunte e quelle attese che spesso caratterizzano la metodologia della scuola. In tale ottica il giovane, prima in presenza dell’adulto e poi in sua assenza, realizza comportamenti di personale autonomia, sempre più responsabile nel perseguimento dei valori. 27 5 I LUOGHI In questo capitolo si intende trattare dei luoghi «formalmente» deputati alle attività di orientamento, pur essendo consapevoli che, spesso, anche per inefficienza di questi ultimi, è l’influenza delle relazioni sociali o addirittura il passa parola a determinare le scelte. Che le scuole abbiano una valenza orientativa ormai è un dato istituzionale; più recente è il riconoscimento di questa funzione ai tirocini, che sempre più assumono in termini formativi la fisionomia dell’incontro tra la domanda e l’offerta di competenze e di opportunità. Non vengono considerati luoghi, perché non hanno una ricaduta di sistema, le attività di consulenza individuale, che comunque sono presenti ovunque sia necessario intervenire a supporto del percorso del soggetto. Le scuole In questa parte del lavoro si intende esaminare l’attività delle scuole sul fronte dell’orientamento, attraverso gli atti che normalmente vengono prodotti per quanto riguarda la programmazione, lo sviluppo e la verifica dell’azione didattica. Si tratta di far emergere il «valore aggiunto» di un intervento orientativo, per sostenere la scelta e per evitare la dispersione. Questo contribuisce a sollecitare una maggiore attenzione alla complessità delle IL SUCCESSO FORMATIVO problematiche dell’orientamento e a potenziare nella scuola idonee misure in tal senso, come peraltro previsto e raccomandato dalle diverse proposte di modifica istituzionale dei sistemi formativi. Sempre in questa direzione è inoltre opportuno impegnarsi a individuare le necessarie forme di collaborazione tra le diverse agenzie e realtà di cui in questo specifico settore il territorio dispone. Non è facile far percepire ai ragazzi l’intenzionalità di tale percorso, in quanto sembra per loro tutto già deciso tra docenti e genitori. Loro però ritengono di sentirsi «grandi» e capaci di decidere, più sicuri nel parlare di sé e dialogare con i pari e con gli adulti. Non è una novità che l’attività orientativa faccia parte sia della relazione educativa, sia dell’organizzazione della didattica e quindi all’insegnante deve essere riconosciuto uno «spazio», in termini di orario e di incentivazione economica, per acquisire e sviluppare simili competenze, da porre sul piano organizzativo in una più efficace collaborazione con la famiglia e con i servizi di supporto sul piano psicologico e sociale. Il principio dell’ampliamento della funzione docente e dell’integrazione delle funzioni va visto in un’ottica di sistema, con una sua positiva ricaduta sull’intero processo educativo-formativo promosso all’interno della scuola. Docenti referenti, tutor, psicologi scolastici, consiglieri di orientamento, sono figure professionali che consentono di migliorare sia la funzione educativa e orientativa, sia l’efficienza complessiva delle istituzioni scolastiche. Tante esperienze hanno dimostrato che gli interventi orientativi posti alla base del progetto educativo e organizzativo dell’istituto scolastico hanno riflessi positivi sui rapporti docenti-alunni-genitori; gli stessi docenti traggono dagli incontri con gli specialisti ulteriori stimoli per la conduzione del gruppo-classe, per un comportamento maggiormente aperto e disponibile nella gestione dei conflitti, per il miglioramento del dialogo educativo, per un più proficuo sostegno agli alunni nell’autorientamento. I «saperi orientativi» incrementano le conoscenze professionali e arricchiscono dunque l’intero sistema scolastico. La scuola rileva che la discontinuità nell’applicazione da parte dell’allievo porta a lacune in molte discipline e, in diversi casi, a insuccessi che determinano mancanza di fiducia in se stessi e, di conseguenza, demotivazione e senso del fallimento. L’intervento deve da un lato essere rivolto alla gestione di un sistema complesso di relazioni e, dall’altro puntare in modo particolare alla conquista dell’autonomia nei processi decisionali e allo sviluppo di una più forte capacità di confronto all’interno del gruppo dei pari. 42 I luoghi È necessario agire sulle condizioni relazionali e metodologiche che condizionano pesantemente gli esiti personali e scolastici: proprio qui, però, si registra la maggiore inadeguatezza da parte della scuola. Si coglie con chiarezza l’esigenza di affrontare le questioni orientative a partire dai processi di base di maturazione e sviluppo del sé personale e scolastico. In tal modo è possibile affrontare nel contempo le dinamiche sottese ai meccanismi decisionali e le tipiche problematiche dell’età evolutiva, spesso viste come condizionamenti nelle capacità di attenzione, di applicazione, di scelta e di un proficuo lavoro scolastico. La maggiore attenzione va riservata dunque alla realizzazione di una didattica attiva, che si esprime concretamente attraverso l’uso dei laboratori, impiegando al meglio la compresenza tra diversi insegnanti e tra questi e operatori esterni. È necessario predisporre una programmazione equilibrata, che comprenda adeguate strategie sia per il sostegno alla relazione educativa e alla motivazione, sia per il perseguimento di obiettivi cognitivi, che non possono essere considerati esiti scontati di una qualsiasi azione didattica. Siamo sempre indecisi tra il latino e Giovannino, ma non c’è dubbio che diverse sono le impostazioni se centrate sulle dinamiche relazionali e motivazionali della persona, o se esclusivamente derivanti dall’analisi culturale o dai risultati attesi in campo sociale o lavorativo. Questo pone anche un problema di protocolli comunicativi tra le diverse fasi e i diversi soggetti dell’organizzazione didattica, tra il curricolo formale e quello reale. L’orientamento traspare continuamente nelle preoccupazioni dei docenti, ma compare raramente nelle programmazioni. Non si vogliono compiere processi sommari alle intenzioni, ma non si può nemmeno sottovalutare il pericolo che tale azione resti nell’implicito individuale del docente e non divenga piuttosto un obiettivo esplicitamente convergente e impegnativo per tutto l’istituto a cominciare dai consigli di classe. In un «sistema aperto» come la scuola un percorso intenzionale come quello orientativo pone il sistema stesso alla ricerca di un nuovo e più efficace equilibrio; gli obiettivi relativi all’area comportamentaleaffettiva vengono in generale raggiunti in modo da aiutare i ragazzi a prendere coscienza di sé e degli altri, a valorizzare le proprie e le altrui capacità, ad accettare le diversità e i contributi personali. Questo ha poi una ricaduta sul piano metodologico ed è evidente il confronto con le realtà didattiche tradizionali. Ancora troppi sono i casi di scuole in cui l’orientamento viene considerato un contenuto scolastico o un’occasione per intraprendere rapporti con l’extrascuola, mentre può essere senz’altro un processo 43 6 LE ESPERIENZE Oggi il filone orientativo diventa coassiale all’intero progetto formativo, dalla scuola primaria per tutto il processo di lifelong learning. Non è più uno «stadio» dell’età evolutiva, ma, anche se mantiene delle accentuazioni a livello di preadolescenza, si evidenzia in tutto il percorso attraverso un’offerta di formazione sempre più legata al divenire della persona. Si tratta perciò di promuovere e sostenere un’impostazione curricolare personalista, senza tuttavia cedere all’individualismo funzionalista. Orientare la persona in un contesto di relazioni significa farle acquisire competenze in ottica sociale e lavorativa e aprire consistenti spazi di pensiero e di scelta nelle discipline e nelle attività didattiche, il tutto in «continuità» tra i gradi di scuola e tra la realtà formativa e quella territoriale. Spesso per le scuole l’orientamento è la «gestione» della scelta, mentre si rivela sempre più decisiva l’educazione alla scelta. Orientare significa sempre meno avere a che fare con oggetti da scegliere, ma con strategie di carattere formativo che fanno avvicinare e trattare gli oggetti: una «competenza» per scegliere, ma anche per mutare orientamento. Si tratta di un insieme di interventi mediante i quali gli educatori (meglio se si tratta di un gruppo coordinato che sviluppa diversi punti di vista sul soggetto e sull’apprendimento) aiutano gli allievi a fare IL SUCCESSO FORMATIVO il migliore uso delle proprie risorse personali (cognitive, operative, relazionali, metacognitive) e a intraprendere attività (progettare, realizzare, documentare, valutare). In generale una programmazione di carattere orientativo deve comprendere: – l’analisi dei bisogni degli allievi nella definizione della loro identità personale e nella dimensione sociale della personalità; – il saper ricorrere alle fonti di informazione per capire i linguaggi e sviluppare le attitudini; – il valore didattico della «pluralità delle intelligenze» nell’unitarietà dello sviluppo e nella garanzia dei diritti di ciascuno; – il collegare l’apprendimento con la comprensione della realtà e con le esigenze sociali e del mondo del lavoro. Tale programmazione deve essere realizzata in costante rapporto con le famiglie e il territorio. Per far sì che i giovani si orientino in modo significativo occorre attrezzare gli adulti, sia singolarmente che nelle diverse comunità locali. In questo ambito è sempre meno convincente, infatti, il prevalere degli insegnamenti formali trasmessi dai docenti agli allievi, mentre questi ultimi sono sempre più sensibili a esperienze vissute in prima persona, modelli ed esempi di come gli adulti vivono particolari situazioni sia sul piano esistenziale, sia relativamente al mondo del lavoro. È allora prioritario fare rete a livello di adulti, se si vuole «presidiare» il territorio dei giovani. La scuola deve aiutare la famiglia a orientare i figli; ciò avviene passando però anche attraverso processi di coesione sociale all’interno di un modello di comunità in cui i giovani possano «costruirsi» il proprio orientamento mutuandolo progressivamente da ciò che gli adulti dicono e fanno. Non bisogna arrogarsi il diritto di decidere al posto dei ragazzi, ma nemmeno demandare ad altri (anche se esperti) il sostegno alla decisione: scuola, famiglia, specialisti, in rete tra di loro, costruiscono la trama in cui il giovane si sente sufficientemente libero e sufficientemente protetto per continuare la sua strada e aprirsi a nuove esperienze e attività. Sul piano metodologico una tale strategia va supportata da: – una capacità di analisi di sé e della realtà;, – una modalità di concettualizzazione strettamente legata alle esigenze dell’esperienza (vedi ad esempio per elementari concetti di economia); – un’educazione al metodo di studio e di lavoro, ponendo attenzione all’interconnessione tra di loro; 50 IL SUCCESSO FORMATIVO formativo, di crescita e di specializzazione, fondato su un continuo intrecciarsi dell’adattarsi e dell’adattare. Occorre quindi saper fare la diagnosi delle risorse personali dell’allievo, soprattutto intercettando il «delta» tra quello che è già consolidato e il tipo di cambiamento che si vuole mettere in atto. Gli strumenti e le tecniche per la rilevazione sono i più diversi, compresi quelli della didattica tradizionale; ciò che però inizia a incidere nel processo orientativo è l’interpretazione della realtà condivisa tra giovane e adulto di riferimento, in una continua interazione tra di loro; proprio per questo diventa molto importante curare la gestione della comunicazione e delle relazioni interpersonali e di gruppo. È necessaria un’informazione orientativa per saper scegliere e consultare i materiali di supporto. I ragazzi devono imparare ad analizzare il sé e la situazione, individuare referenti ai quali rivolgersi per ottenere informazioni strutturate ed essere in grado di selezionarle per sostenere azioni efficaci. Si delineano così due fasi di lavoro: la progettazione di percorsi di sostegno nel passaggio alla vita attiva e l’orientamento nello sviluppo dell’espressività personale. Questi due livelli devono costantemente interagire per favorire l’assunzione di atteggiamenti di apertura e predisposizione ad apprendere, mobilitando energie cognitive ed emotive e consentendo a ciascuno di tradurre espressioni personali e risorse professionali in ambiti di interesse da circoscrivere e sviluppare, fino ad arrivare all’autoimprenditorialità. Così diventa possibile innescare processi di conoscenza e di consapevolezza del sé, di riconoscimento di bisogni e motivazioni. Sono da sostenere le capacità comunicative e relazionali per la valorizzazione delle competenze possedute, fino ad arrivare ad assumere capacità decisionali e di soluzione di problemi in ambiti progressivamente complessi e finalizzati. Il docente orientatore E l’insegnante può o deve essere un orientatore? Le più importanti affermazioni su questo tema ci vengono dalla legislazione sulla scuola «media», fin dalla sua istituzione: scuola orientativa. Questo vuol dire prima di tutto agire sulla persona per promuovere in essa un cambiamento «evolutivo»; lavorare cioè sul bicchiere mezzo pieno di un potenziale che deve trovare la sua strada in relazione dinamica con il contesto in cui la persona vive e dove si troverà a operare. L’orientamento è l’indicatore che non solo connota il processo adolescenziale, ma lo collega anche con la formazione in età adulta, sia che si tratti di riconversione professionale, sia di sempre 56 Professionalità e strumenti per l’orientamento rinnovata cittadinanza. L’alfabetizzazione, infatti, può produrre effetti solo se innestata sul profilo orientativo, che a livello giovanile significa «prender forma» e per l’adulto «rimanere in forma». Nell’era della lieflong learning tutto il sistema formativo deve assumere l’orientamento come asse portante del suo contributo non solo alla crescita delle persone, ma anche al ruolo che la formazione stessa deve avere nello sviluppo economico e sociale; non si tratta di studiare prima e lavorare poi, ma di un circolo virtuoso dove studio e lavoro si richiamano continuamente a vicenda, sia per migliorare le prestazioni, sia per qualificare in modo continuo le occupazioni. Si tratta anche di vedere l’orientamento come asse unificante dei tentativi in atto di riforma del sistema formativo, non solo per avvicinare e integrare i vari segmenti, ma anche per ricercare il successo degli allievi in un processo non statico e lineare nel perseguimento dei titoli di studio, ma dinamico e circolare nell’aver riconosciuto dei crediti, spendibili in ogni momento del proprio percorso in senso riorientativo. Il bilancio di competenze In tale ottica occorre mutare la modalità di valutazione, puntando l’attenzione non tanto sulle conoscenze quanto più sulle competenze; è altrettanto importante passare dalla dimensione sommativa a quella orientativa e di bilancio. Ciò consente infatti di mantenere la dimensione formativa in tensione continua, tra adeguatezza e cambiamento; in tal modo la persona si impegna costantemente nella ricerca di ciò che ha senso fare, dovendo risolvere continuamente il problema del riequilibrio delle proprie capacità. Il bilancio delle competenze, dunque, non solo ha questo aspetto dinamico, ma si apre a una relazione tra formazione e lavoro fondata sul reciproco riconoscimento di crediti. È una metodica di orientamento che si va sempre più diffondendo nei percorsi formativi, atta ad aiutare a identificare potenzialità e competenze appunto, per sostenere un progetto personale di sviluppo professionale e sociale. Così il sistema scolastico e formativo possono avvicinarsi a chi apprende in ogni momento del suo progetto: oggi si parla sempre di più di personalizzazione dei percorsi e di formazione centrata sulla domanda piuttosto che sull’offerta. Gli allievi possono così far proprie autonome capacità di autovalutazione, attivazione e decisione, per la costruzione o la revisione delle scelte occupazionali e di vita. L’elemento fondamentale del bilancio è innanzitutto quello di una forte «attivazione» del soggetto nella ricostruzione, riappropriazione e valorizzazione delle competenze maturate e nella ricerca di informa57 IL SUCCESSO FORMATIVO zioni sul territorio, nonché nella prevalente azione di autovalutazione. Tutto questo interessa al momento soprattutto gli adulti; tuttavia le problematiche della motivazione all’apprendimento, il superamento del modello sequenziale del rapporto tra formazione e lavoro, i percorsi in alternanza che ormai sono istituzionalizzati per gli alunni delle scuole superiori, le sempre più frequenti uscite e rientri tra il sistema scolastico/formativo e la realtà del lavoro, fanno del bilancio un approccio che si diffonderà progressivamente anche presso i giovani. All’interno dei curricoli scolastici diventano perciò meno importanti le competenze in senso professionalmente qualificato, per puntare invece sulle risorse personali da educare mettendo in atto adeguate modalità orientative. Il bilancio, per essere efficace, ha bisogno di un’appropriata «mediazione sociale» (colloqui individuali, incontri con esperti, sessioni di gruppo, indagini e contatti con il territorio, prove di verifica). Questa funzione potrebbe essere affidata a consulenti specializzati per quanto riguarda l’orientamento e il riorientamento degli adulti, mentre durante il percorso formativo andrebbe esercitata dalla scuola e/o dalla formazione professionale. L’esito di questo bilancio, per tutti, giovani e adulti, è, come si è detto, un «progetto» professionale e di vita contenente le ipotesi di sviluppo, le attività da intraprendere per realizzarle e il piano di azione; si tratta, ancora una volta, di rendere dinamico il rapporto tra le persone e il mercato del lavoro, ma anche tra queste e i percorsi formativi dati (ad esempio i programmi scolastici nazionali), per avvicinare nel modo migliore il soggetto al proprio oggetto di studio o di lavoro, per incrementare la motivazione personale e per dare maggiore flessibilità al curricolo e autonomia al sistema formativo. Il portfolio delle competenze individuali Gli esiti dei bilanci sono dei progetti personali e professionali; essi richiedono una certificazione che metta in trasparenza le competenze e i crediti; tale certificazione non è un’approssimarsi al titolo, ma un patrimonio della persona che deve autovalutarsi per decidere se, dove e come spenderlo. Occorre dunque uno strumento valutativo/certificativo che non pianifichi l’accumulazione delle conoscenza, ma faccia emergere diversi aspetti, qualitativi, dell’apprendimento; che non sia legato all’offerta, ma alla domanda; che esca dalle mani dell’operatore per entrare in pieno possesso del fruitore, il quale deve imparare a utilizzarlo al meglio nella vita e nel lavoro. In questa direzione si sta muovendo in modo deciso l’UE con l’Europass e molto più timidamente in Italia spunta qua e là il «libretto 58 8 PROGETTARE L’ORIENTAMENTO Al fine di sostenere l’attività concreta delle scuole e delle realtà formative nella progettazione di azioni orientative si individuano, a scopo esemplificativo, alcune esperienze che offrono la possibilità di ripercorrere tutto l’itinerario e possono essere utilizzate come spunto per la didattica. Tali esperienze si riferiscono sia al primo che al secondo ciclo scolastico, nonché ad agenzie formative che si legano a loro volta alla scuola, ma che presentano anche caratteristiche specifiche del servizio e modalità di transizione. LICEO CLASSICO «GIOIA» DI PIACENZA Si tratta di un istituto pluriindirizzo (classico, linguistico, scientifico) che da anni sperimenta non solo innovazioni didattiche e curricolari, ma anche modelli organizzativi flessibili, nell’ottica dell’autonomia, nonché relazioni efficaci con il territorio. Una parte importante del lavoro condotto riguarda i percorsi di alternanza formazione-lavoro e gli scambi internazionali. L’esperienza, definita «stage curricolare» ai tempi della sostituzione degli esami di riparazione, è nata come insieme di attività di recupero e di approfondimento, realizzate durante l’anno scolastico interrompendo per una settimana il normale corso degli studi. Nell’ambito dei percorsi di approfondimento erano proposti agli allievi del quarto anno brevi stage per esplorare le realtà lavorative del territorio. IL SUCCESSO FORMATIVO Da qui e sotto la spinta di interventi ministeriali che alla fine degli anni Novanta avevano anticipato al quarto anno la «preiscrizione» all’università, queste attività hanno assunto un vero e proprio carattere orientativo. Tale periodo ha mantenuto valore esplorativo, ma si va delineando nel tempo, da parte dei giovani, come un percorso autonomo del tutto personale. Contrariamente allo stage tradizionale, che promuove nel soggetto in formazione l’acquisizione di competenze professionali specifiche e a tal fine richiede una durata superiore ai quindici giorni, che l’istituto peraltro già realizza nel periodo estivo con percorsi di alternanza scuola-lavoro, lo stage della durata di soli quattro giorni costituisce appunto un’attività di orientamento; è infatti strutturato in modo da rappresentare per gli studenti un’occasione di riflessione su se stessi e per proiettarsi nella situazione di lavoro. L’attività si struttra nel modo seguente: Fase 1 Riflessione da parte dello studente su: – tipologia di lavoro: libera professione, organizzazione/direzione, servizio/assistenza, ricerca; – ambito disciplinare di interesse: area umanistica, area scientifica, area socio-economica, area della comunicazione. Fase 2 Individuazione dei partner adatti e definizione delle modalità di realizzazione e «personalizzazione» dello stage. Fase 3 Riflessione sull’attività svolta: compilazione e restituzione di un questionario. Nella propria evoluzione l’esperienza ha tenuto conto di alcune prospettive: – aumento del numero dei partner coinvolti e diversificazione dei settori di attività; – progressiva diminuzione del numero degli studenti nella singola unità di stage: il rapporto studenti/stage è passato in quattro anni da 3,74 a 1,63, per cui nei vari luoghi di lavoro non sono mai presenti gruppi di studenti superiori a due; – personalizzazione dello stage, adeguamento alle caratteristiche e alle aspettative degli studenti; 66 11 L’INTEGRAZIONE DEI SISTEMI FORMATIVI I percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale non hanno rappresentato soltanto un motivo di lotta politica, tra l’innalzamento dell’obbligo di istruzione e il ruolo degli enti di formazione professionale, ma una vera impresa culturale e pedagogica, con proprie metodologie e strategie didattiche e organizzative. Tale esperienza ha ridato ruolo alla dimensione formativa come motore dello sviluppo di politiche più ampie di servizio alla persona, ma anche alle imprese e alla società. Non si è trattato infatti di attingere, come in passato, a nozioni di cultura generale da inserire in percorsi professionalizzanti, ma di mettere alla prova una didattica funzionale sia alla costruzione dell’identità personale, sia all’inserimento nelle problematicità di carattere sociale e lavorativo. Sotto la spinta di progetti europei di «transizione» tra formazione e lavoro incominciano a delinearsi le collaborazioni tra scuole, università, enti di formazione professionale e aziende. Da qui parte un cammino che coinvolge l’analisi dei bisogni formativi, ma anche la progettazione, la realizzazione (docenza) e la verifica. Insieme si mettono a punto le «unità formative» che iniziano a diventare «capitalizzabili» nella misura in cui si ragiona in termini di crediti. La vera innovazione non sta tanto nei profili quanto appunto nella modalità integrata di gestione di un processo: una figura professionale formata per competenze, attraverso metodologie attive, con reciproca conta- IL SUCCESSO FORMATIVO minazione di logiche e filosofie dei diversi sistemi: scuola/università, formazione, lavoro. La strada del «laboratorio» è quella in cui prende veste concreta l’idea stessa di integrazione, attraverso una responsabilità comune sul progetto e sui risultati, pur nella differenziazione dei ruoli e nella complementarità delle azioni, così da portare valore aggiunto al sistema formativo nel suo complesso. È stato in tal modo possibile mettere al centro le esigenze del destinatario, introducendo elementi di flessibilità nell’offerta formativa: formazione a distanza, apprendimento cooperativo, sviluppo dell’autoimprenditorialità; si è iniziato a far cambiare volto alle strutture e alle organizzazioni sia scolastiche che formative. Una collaborazione che non solo interrompe le logiche sequenziali tra formazione, professione e lavoro, ma consente una cogestione di momenti trasversali ai significati, alle ricadute sul piano occupazionale e sul valore personale e sociale. Una tale strategia non si limita a investire pezzi del percorso, ma ne pervade la logica complessiva, entro la quale maturano le caratteristiche evolutive dell’individuo e i diversi livelli di approfondimento e di specializzazione, raccordabili, in orizzontale e in verticale, attraverso il meccanismo dei crediti. Dette attività sono state il banco di prova anche per diverse prestazioni professionali, non soltanto legate ai profili occupazionali, ma anche all’organizzazione, alla gestione delle risorse, alla progettualità e alla diversificazione della domanda formativa, fino alla formazione congiunta degli operatori, passando così dal programma al progetto. Una reciprocità di azioni che sfocia nella definizione degli stessi profili professionali e nella conseguente formazione, integrata appunto da un’istruzione polifunzionale. Si è sviluppata anche la cultura del partenariato centrato sulla collaborazione tra specifiche competenze. È la funzione formativa dei contenuti tecnici a dover rilanciare il saper fare, sia in relazione alle caratteristiche relazionali e motivazionali dei soggetti, sia per quanto attiene alla ricerca metodologico-didattica, anche per far sì che scuola e formazione professionale possano diventare strumenti attivi delle politiche del lavoro. L’integrazione però non si è limitata a instaurare dei rapporti tra formazione di base e professionalizzazione nell’età dell’adolescenza, ma è stato possibile intervenire nel triennio della scuola secondaria di secondo grado, nei percorsi di «alternanza», nella «terza area» degli istituti professionali, nel far prendere forma ai corsi di istruzione e formazione tecnica superiore, con l’intervento dell’università, con la quale si mantengono rapporti di integrazione nei tirocini, nei corsi professionalizzanti post laurea, e nell’educazione degli adulti. 110