L'elegia erotica di Ovidio Lezioni 15‐16: i Medicamina 1. Est mihi, quo dixi vestrae medicamina formae, Parvus, sed cura grande, libellus, opus; Hinc quoque praesidium laesae petitote figurae; Non est pro vestris ars mea rebus iners. Ars Amatoria 3.205‐8 (C'è un mio libretto ‐ ma è un'opera grande, per cura ‐ in cui ho illustrato i cosmetici per la vostra bellezza: anche lì traete un aiuto per i danni subiti dal vostro aspetto; la mia dottrina non è insensibile ai vostri interessi.) 2. composita est aliis facundi cura coloris Tristia 2.487 (Altri hanno composto un trattato sui belletti) 3. Trattati cosmetici prima di Ovidio: quello di Elefantide (citato da Galeno, Plinio il Vecchio, e il medico romano Sorano d'Efeso), di Critone (il medico di Plotina, moglie dell'imperatore Traiano, citato di nuovo da Galeno), e di 'Cleopatra' (anche se questa sarà stata l'opera di un medico della sua corte). 4. La cosmesi e 'l'universo' della poesia elegiaca Greco kósmos = ordine / il mondo, l'universo (Lat: modus/mundus) kósmesi = l'atto di mettere in ordine/abbellire vocab. latino: cosmos, ‐i = l'universo, cosmetes, ‐ae. m. = schiavo addetto alla toeletta cosmicus, a, um = profumato/cosmopolita cosmopoeia, ae. f. = creazione del mondo 3. I poeti elegiaci romani sull'arte di farsi bella Properzio 1.2.1‐8 (cf. Ovidio Am.1.14); Tibullo 1.8.9‐16. (vedi handout 6) 4. Senofonte, Economico 10.1013 (Isomaco racconta a Socrate come è riuscito a dissuadere sua moglie dall'uso dei cosmetici, e parla della 'vera bellezza' cui una buona moglie deve aspirare) ...Il suo aspetto, quando lo si confronti a quello di una domestica, è seducente per la sua pulizia e il suo abbigliamento dignitoso, soprattutto se vi si aggiunge il desiderio di piacere e il fatto che ella non è obbligata ad accondiscendere. Quanto a quelle che se ne stanno tutto il giorno sedute, con aria altera, esse si espongono al rischio di essere classificate fra le donne imbellettate e piene di artifici ingannevoli. 5. Dietro le quinte a. Marziale 9.37 (cf. Plauto, Mostellaria 274ss) 1 Cum sis ipsa domi mediaque ornere Subura, fiant absentes et tibi, GalIa, comae, nec dentes aliter quam Serica nocte reponas, et iaceas centum condita pyxidibus, nec tecum facies tua dormiat, innuis illo 5 quod tibi prolatum est mane supercilio, et te nulla movet cani reverentia cunni, quem potes inter avos iam numerare tuos. promittis sescenta tamen; sed mentula surda est, et sit lusca licet, te tamen illa vide (Te ne stai rintanata in casa, ti fai bella nel cuore della Suburra, dove ti fabbricano una parrucca per sostituire i capelli che non hai più, Galla; metti via di notte i denti non diversamente dagli abiti di seta; ti corichi riposta in cento vasetti senza che assieme a te dorma la tua faccia: e poi hai il coraggio di farmi l'occhietto con quel sopracciglio che al mattino hanno tolto dalla scatola per te, senza portar per niente rispetto a quella tua fica canuta che puoi ormai annoverare tra i cimeli di famiglia. Mi prometti ciò che nonostante mille voluttà; ma la mia minchia non ci sente, e anche se è guercia, ti vede bene.) b. Orazio, Epodi 12.7‐12 qui sudor vietis et quam malus undique membris crescit odor, cum pene Soluto indomitam properat rabiem sedare, neque illi iam manet umida creta colorque stercore fucatus crocodili iamque Subando tenta cubilia tectaque rumpit. (ahi, che sudor si espande, che odor dalle vecchie sue carni / quando, a pene già floscio, ella s'affanna / a saziar l'indóma libidine; e intanto si sfanno / tinte e belletti con lo sterco intrisi / del cocodrillo, ed ecco, di foia invasata, ella squassa / tutto il letto, dal fondo al baldacchino..) c. Petronio Satyricon 23 Intrat cinaedus, homo omnium insulsissimus et plane illa domo dignus, qui ut infractis manibus congemuit, eiusmodi carmina effudit: Huc huc convenite nunc, spatalocinaedi, pede tendite, cursum addite, convolate planta, femore facili, clune agili et manu procaces, molles, veteres, Deliaci manu recisi. Consumptis versibus suis immundissimo me basio conspuit. Mox et super lectum venit atque omni vi detexit recusantem. Super inguina mea diu multumque frustra moluit. Profluebant per frontem sudantis acaciae rivi, et inter rugas malarum tantum erat cretae, ut putares detectum parietem nimbo laborare. (Entra il culattone ebete quant'altri mai, degno proprio di quella casa, e fattesi crocchiare le dita fino a guairne, intona un canto di tal fatta. "Qui, qui radunetevi ora miei morbidi finocchi, avanti il pie', più veloce la corsa, il passo un volo, veloci di coscia, agili di natiche, sfrontati di mano, o molli miei veterani castrati direttamente dal Delio". Esaurita l'ispirazione poetica, mi sbava con un lurido bacio. Poi si tuffa sul mio letto, e a tutta forza mi scopre mentre invano cerco di resistergli. Molto e a lungo macina invano le mie inguini. Insieme col sudore gli scoprevvano giù dalla fronte rivoli di unguento di acacia, che l'avresti preso per una parete scrostata sotto la sferza d'un acquazzone.) 2 d. Virgilio Eneide 4.215ss (Iarba, un conteggiatore di Didone, si rivolge a Giove) et nunc ille Paris cum semiviro comitatu, Maeonia mentum mitra crinemque madentem subnexus, rapto potitur: nos munera templis quippe tuis ferimus famamque fovemus inanem.' ('Adesso quel Paride, col suo corteggio di eunuchi, di mitra meonia fasciato la barba e i capelli stillanti, il suo furto si gode: io nei tuoi templi t'offro vittime, e nutro una stolida fede.') e. Remedia Amoris 351‐6 Tum quoque, compositis cum collinet ora venenis, Ad dominae vultus (nec pudor obstet) eas. Pyxidas invenies et rerum mille colores, Et fluere in tepidos oesypa lapsa sinus. Illa tuas redolent, Phineu, medicamina mensas: Non semel hinc stomacho nausea facta meo est. (Vai a vedere che aspetto ha la tua donna ‐ non ti far mettere freni dal pudore! ‐ anche quando s'impiastra il viso con misure artificiali: vi troverai vasetti di mille colori e untume che sciogliendosi cola sui suoi tiepidi seni. O Fineo, tutti quei preparati hanno l'odore della tua mensa: più di una volta mi diedero nausea allo stomaco!) f. Ars Amatoria 3.209‐30 Non tamen expositas mensa deprendat amator Pyxidas: ars faciem dissimulata iuvat. 210 Quem non offendat toto faex inlita vultu, Cum fluit in tepidos pondere lapsa sinus? Oesypa quid redolent? quamvis mittatur Athenis Demptus ab inmundo vellere sucus ovis. Nec coram mixtas cervae sumpsisse medullas, 215 Nec coram dentes defricuisse probem; Ista dabunt formam, sed erunt deformia visu: Multaque, dum fiunt, turpia, facta placent; Quae nunc nomen habent operosi signa Myronis Pondus iners quondam duraque massa fuit; 220 Anulus ut fiat, primo conliditur aurum; Quas geritis vestis, sordida lana fuit; Cum fieret, lapis asper erat: nunc, nobile signum, Nuda Venus madidas exprimit imbre comas. Tu quoque dum coleris, nos te dormire putemus; 225 Aptius a summa conspiciere manu. Cur mihi nota tuo causa est candoris in ore? Claude forem thalami! quid rude prodis opus? Multa viros nescire decet; pars maxima rerum Offendat, si non interiora tegas. 230 g. Lo specchio. Amores 2.17.7‐12 dat facies animos. facie violenta Corinna est— me miserum! cur est tam bene nota sibi? 3 scilicet a speculi sumuntur imagine fastus, nec nisi conpositam se prius illa videt! Non, tibi si facies animum dat et omina regni— o facies oculos nata tenere meos!— cf. Prop.1.1, Cynthia prima suis miserum me cepit ocellis e Ov.Am.1.10.10, nec facies oculos iam capit ista meos (La bellezza insuperbisce; per la sua bellezza Corinna è proterva. Me infelice, perché si conosce così bene? Senza dubbio assume orgoglio dalla sua immagine nello specchio, né ella vi si guarda prima di essersi truccata. Se la tua bellezza ti dà un eccesso di potere su tutto (o bellezza fatta per tenere schiavi i miei occhi!).) cf. Amores 1.14.35‐8 quid male dispositos quereris periisse capillos? quid speculum maesta ponis, inepta, manu? non bene consuetis a te spectaris ocellis; ut placeas, debes inmemor esse tui. (Perché ora lamenti la perdita dei capelli che ti sembravano male acconciati? Perché, stolta, deponi lo spechio con mano mesta? Non è giusto che ti guardi con i soliti occhi: per piacerti devi essere dimentica di te stessa.) e Ars 3.507‐8 (cf. Seneca, de Ira 2.36.3) Vos quoque si media speculum spectetis in ira, Cognoscat faciem vix satis ulla suam. (Guardatevi voi pure nello specchio, quando vi scuote l'ira: a malapena la vostra faccia riconoscerete.) 6. Il 'trucco' delle parole Ars Amatoria 2.657‐663 Nominibus mollire licet mala: fusca vocetur, Nigrior Illyrica cui pice sanguis erit: Si straba, sit Veneri similis: si rava, Minervae: Sit gracilis, macie quae male viva sua est; Dic habilem, quaecumque brevis, quae turgida, plenam, Et lateat vitium proximitate boni. (E' bene poi le mende raddolcire con paroline adatte. Dirai "bruna" anche lei che avrà la pelle nera più di pece d'Illiria; quella losca dirai che rassomiglia a Citerea [cioè Venere]; la scialba paragonala a Minerva; chiama snella colei che non si regge da tanto è magra; svelta la picina; bene in carne la grassa: ogni difetto col pregio copri che più assomiglia.) 7. I medicamina in Ovidio ad es. • • • • Ars 2.489‐90 (ergo age et iratae medicamina fortia praebe: / illa feri requiem sola doloris habent.)= 'E dunque avanti, offri a lei irata rimedio rigoroso: questo solo darà sollievo al suo crudo dolore'. Met.4.388‐9 (motus uterque parens nati rata verba biformis / fecit et incesto fontem medicamine tinxit.) = 'commossi i due genitori alle frasi dell'ibrido figlio [Ermafrodite], l'esaudirono e sciolsero nello stagno un filtro malefico.' Met.7.262 (interea validum posito medicamen aeno / fervet) = 'Nel frattempo il filtro potente bolle nella pentola di bronzo' [si riferisce alla magia di Medea, con cui riesce a ringiovanire il vecchio Esone, padre di Iasone.] Met.15.533‐4 (Apollinae valido medicamine.../reddita vita) = [Ippolito racconta come ha riavuto la vita grazie al farmaco del figlio di Apollo, Asclepio]. 4 Medicamina faciei femineae Discite, quae faciem commendet cura, puellae, Et quo sit vobis causa tuenda modo! Cultus humum sterilem Cerealia pendere iussit Munera: mordaces interiere rubi; Cultus et in pomis sucos emendat acerbos, 5 Fissaque adoptivas accipit arbor opes. Culta placent: auro sublimia tecta linuntur; Nigra sub inposito marmore terra latet; Vellera saepe eadem Tyrio medicantur aeno; Sectile deliciis India praebet ebur. 10 Forsitan antiquae Tatio sub rege Sabinae cf. Ov.Am.1.8.39s., 2.4.15, 3.8.61, Virg. G.2.532, Maluerint quam se rura paterna coli, e Orazio, C.3.6.37ss. Cum matrona, premens altum rubicunda sedile, cf. candida ...ora (v.52) Assiduo durum pollice nebat opus, Ipsaque claudebat, quos filia paverat, agnos, 15 Ipsa dabat virgas caesaque ligna foco; At vestrae matres teneras peperere puellas: Vultis inaurata corpora veste tegi, Vultis odoratos positu variare capillos, Conspicuam gemmis vultis habere manum; 20 Induitis collo lapides Oriente petitos, Et quantos onus est aure tulisse duos. Nec tamen indignum: sit vobis cura placendi, Cum comptos habeant saecula nostra viros; Feminea vestri poliuntur1 lege mariti, 25 Et vix ad cultus nupta, quod addat, habet...... +Pro se quaeque parent et quos venerentur amores+ Refert: munditia crimina nulla merent. Rure latent finguntque comas: licet arduus illas Celet Athos, cultas altus habebit Athos! 30 Est etiam placuisse sibi quaecumque voluptas: Virginibus cordi grataque forma suast; Laudatas homini volucris Iunonia pennas Explicat, et forma muta superbit avis. Sic potius nos urget2 amor quam fortibus herbis, 35 Quas maga terribili subsecat arte manus; Nec vos graminibus nec mixto credite suco Nec temptate nocens virus amantis equae: Nec mediae Marsis finduntur cantibus angues, Nec redit in fontes unda supina suos, 40 Et, quamvis aliquis Temesaea removerit aera, Numquam Luna suis excutietur equis. Prima sit in vobis morum tutela, puellae! 1 poliuntur è l'emendamento di Heinsius, accettato da Rosati (i codici hanno potiuntur) 2 Qui c'è un serio problema testuale (la lezione quasi unanime dei ms. è vos urget; Rosati accetta l'emendamento di Heinsius nos urget). 5 Ingenio facies conciliante placet. cf. Heroides 6.94; Remedia 73, Ars 2.107ss. Certus amor morumst: formam populabitur aetas, 45 Et placitus rugis vultus aratus erit; Tempus erit, quo vos speculum vidisse pigebit, cf. passi sull'handout sopra (5g) Et veniet rugis altera causa dolor; Sufficit et longum probitas perdurat in aevum, Perque suos annos hinc bene pendet amor..... 50 * * * Dic age, cum teneros somnus dimiserit artus, Candida quo possint ora nitere modo. Hordea, quae Libyci ratibus misere coloni, Exue de palea tegminibusque suis; Par ervi mensura decem madefiat ab ovis, 55 Sed cumulent libras hordea nuda duas. Haec ubi ventosas fuerint siccata per auras, Lenta iube scabra frangat asella mola; Et quae prima cadent vivaci cornua cervo, Contere (in haec solidi sexta fac assis eat),3 60 Iamque ubi pulvereae fuerint confusa farinae, Protinus innumeris omnia cerne cavis; Adice narcissi bis sex sine cortice bulbos, Strenua quos puro marmore dextra terat, marmor = per metonimia, 'il mortaio' Sextantemque trahat cummi cum semine Tusco4; 65 Huc novies tanto plus tibi mellis eat: Quaecumque afficiet tali medicamine vultum, Fulgebit speculo levior illa suo. Nec tu pallentes dubita torrere lupinos, Et simul inflantis corpora frige fabas:5 70 Utraque sex habeant aequo discrimine libras, Utraque da nigris comminuenda molis; Nec cerussa tibi nec nitri spuma rubentis Desit et Illyrica quae venit iris humo; Da validis iuvenum pariter subigenda lacertis; 75 Sed iustum tritis uncia pondus erit; Addita de querulo volucrum medicamina nido Ore fugant maculas (alcyonea vocant); Pondere, si quaeris, quo sim contentus in illis: Quod trahit in partes uncia secta duas; 80 Ut coeant apteque lini per corpore possint, Adice de flavis Attica mella favis. 3 Il testo di questo verso è stato molto discusso. Kenney lo ritiene insanabilmente corrotto nella sua parte centrale. Rosati accetta l'emendamento solidi per il tràdito solida, che è metricamente impossibile. 4 Testo incerto; il codice più autorevole ha bulli invece di gummi, che fu emendato in bulbi dal Lenz. Rosati si trova d'accordo con Kenney, che suggerisce l'emendamento gummi/cummi (una ripetizione di bulbus dopo v.63 sembra improbabile). 5 Uno dei versi più incerti del componimento (i ms. hanno l'incomprensibile instantis; inflantis è l'emendamento di Heinsius, accettato da Rosati 1985). 6 Quamvis tura deos irataque numina placent, Non tamen accensis omnia danda focis: Tus ubi miscueris radenti corpora nitro, 85 Ponderibus iustis fac sit utrumque triens; Parte minus quarta direptum cortice gummi Et modicum e murris pinguibus adde cubum; Haec ubi contrieris, per densa foramina cerne; Pulvis ab infuso melle premendus erit. 90 Profuit et marathros bene olentibus addere murris, (Quinque parent marathri scripula, murra novem) Arentisque rosae quantum manus una prehendat, Cumque Ammoniaco mascula tura sale; Hordea quem faciunt, illis affunde cremorem; 95 Aequent expensas cum sale tura rosas: Tempore sis parvo mollis licet inlita vultus, Haerebit toto nullus in ore color. Vidi, quae gelida madefacta papavera lympha Contereret teneris inlineretque genis..... 100 7