ALIMENTI
Massimo Renato Micheli - Dirigente Veterinario
L'esperienza di osservazioni
e analisi dei processi produttivi
messi in atto nel caseificio
Coop. Caseario San Pietro
in Riotorto Comune
di Serramazzoni (MO)"
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ALIMENTI
COME NASCE IL PARMIGIANO REGGIANO
aminoacidi (glicina, isoleucina, ac. glutammico) aumentano con la maturazione; altri, quale ad esempio la tirosina,
non aumentano ma si insolubilizzano cristallizzando.
Quest’ultimo aminoacido è responsabile della formazione
dei caratteristici cristalli visibili ad occhio nudo ed avvertibili per la lieve sabbiosità della pasta. La fase lipolitica, di
lieve entità, determina formazione di acidi grassi liberi
(ac. Acetico, butirrico, caprilico, capronico, propionico ed
isobutirrico) per un valore del 4% del grasso totale. Gli
acidi acetico e propionico derivano dalle fermentazioni
microbiche. Il butirrico, il capronico ed il caprilico dall’idrolisi del grasso; l’isobutirrico dalla proteolisi della valina. Il corretto svolgimento delle fasi glicolitica, proteolitica
e lipolitica riveste notevole importanza nel determinare le
caratteristiche del prodotto per quanto riguarda la struttura, il sapore e l’aroma, la conservabilità e la tipicità.
SUA MAESTÀ IL PARMIGIANO REGGIANO
Formaggio semigrasso, a pasta dura, cotta e a lunga stagionatura, il parmigiano reggiano è prodotto con coagulo ad acidità di fermentazione dal latte di vacca proveniente da animali la cui alimentazione base è costituita da
foraggi di prato polifita o di medicaio. Nel ciclo produttivo non è ammesso l’impiego di sostanze antifermentative,
il prodotto stagionato è usato da tavola o da grattugia e
presenta le seguenti caratteristiche:
• forma cilindrica, a scalzo leggermente convesso o
quasi diritto, con facce piane, leggermente orlate;
• dimensioni: diametro da 35 a 45 cm., altezza dello
scalzo da 18 a 24 cm.;
• peso minimo di una forma: Kg.24 (massimo Kg.40);
• confezione esterna: tinta oscura ed oleatura o giallo
dorato naturale;
• colore della pasta: da leggermente paglierino a
paglierino;
• aroma e sapore della pasta caratteristici: flagrante,
delicato, saporito, ma non piccante;
• struttura della pasta: minutamente granulosa, frattura
a scaglia;
• occhiatura: minuta, appena visibile;
• spessore della crosta: circa 6 millimetri;
• grasso sulla sostanza secca: minimo 32%.
CENTRO E PERIFERIA DEL PARMIGIANO
A prodotto stagionato ultimato esistono, normalmente, differenze di composizione tra la zona centrale e la zona
periferica della forma. La zona centrale presenta una percentuale di acqua superiore alla zona periferica, mentre
minore è invece il contenuto in grasso ed in proteina grezza. Ciò si spiegherebbe col fatto che in questa sede la proteolisi è più intensa; inoltre, si verifica una migrazione
delle sostanze lipidiche verso la periferia della forma. I
valori di pH risultano più elevati mentre il contenuto di sale
appare distribuito in modo omogeneo su tutta la forma.
Queste differenze tra “centro” e “periferia”, mentre sono
di lieve entità nel parmigiano detto di “scelta”, divengono
più marcate nel prodotto cosidetto di “scarto”. In quest’ultimo avviene una proteolisi più spinta nella zona centrale
con conseguente maggior produzione di azoto (N) ammoniacale rispetto all’azoto sotto forma di peptoni. Questa
possibilità di discordanza dei parametri chimico-fisici ci
permette di capire quanto sia importante e determinante
per la buona riuscita del prodotto, sia la conformità della
materia prima (latte), sia la adeguatezza delle procedure
tecnologiche. Un latte paucimicrobico o dismicrobico può
essere responsabile dell’insorgenza di alterazioni e difetti
al pari di errate manualità da parte degli operatori.
TECNOLOGIA DEL PARMIGIANO
La tecnologia di produzione del formaggio parmigiano
reggiano non consente la crescita e la sopravvivenza dei
batteri potenzialmente patogeni per il consumatore. I risultati ottenuti nel corso di una sperimentazione in tal senso
(ricerca qualitativa di germi quali: salmonella spp, listeria
monocytogenes, campylobacter spp, yersinia enterocolitica; nonché quantitativa di germi quali:staphylococcus
aureus, clostridi solfito-riduttori, bacillus cereus, coliformi
fecali ed escherichia coli) ha dato esito costantemente
negativo.
Si tratta di un formaggio a maturazione glicolitica, proteolitica e lipolitica. Nella fase gligolitica il lattosio viene
trasformato in acido lattico il quale a sua volta viene metabolizzato dai propionici con formazione di acido propionico, CO2, H2. Questo tipo di fermentazione, insieme a
quella eterolattica, è responsabile della “micrococchiatura” di dimensione inferiore alla capocchia di spillo, che è
caratteristica di pregio. La fase proteolitica, che avviene
non solo per la presenza degli enzimi del caglio ma anche
ad opera di endoenzimi dei batteri lattici che si liberano
via via che le cellule muoiono, porta alla formazione di
polipeptidi, peptidi ed infine aminoacidi, per i quali si
hanno i valori più elevati verso i 12 mesi di maturazione.
La fase proteolitica è caratterizzata anche dalla produzione di piccolissime quantità di ammoniaca (NH3). Alcuni
FASI
DELLA PRODUZIONE
• Conferimento e trasporto del latte
Il latte, prerefrigerato in sala mungitura intorno ai 20-22
°C, viene conferito sia a mezzo di bidoni (Kg.50), sia a
mezzo di cisterne dotate di impianto di refrigerazione ed
all’uopo autorizzate, e scaricato nel locale preposto adeguatamente protetto da possibili contaminazioni. Dopo
ogni svuotamento l’addetto alla lavorazione procede al
lavaggio delle cisterne degli automezzi e delle tubazioni
utilizzate per la raccolta e lo scarico, e al lavaggio dei
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• Immissione in caldaia
Il caseificio dispone di n.7 caldaie di cottura a doppio
fondo. Una volta miscelati in caldaia i latti della sera e del
mattino, questi vengono mantenuti in agitazione continua
ad una temperatura di circa 20°C che corrispondono a
circa 16°R (con l’affioramento serale si ha una riduzione
della carica batterica poiché gran parte dei microrganismi
vengono intrappolati dalle maglie di grasso e vanno a
finire prevalentemente nella crema; inoltre si favorisce il
rapporto ideale tra grasso e caseina che è uguale a 1:1).
Il pH del latte miscelato è intorno ai 6,6-6,75 (3,2-3,3° SH
soxhlet), mentre durante l’affioramento arriva fino a 0,10,2 SH. Successivamente si avvia la fase di riscaldamento.
• Aggiunta del siero-innesto e coagulazione
Raggiunti i 22-23°C, si aggiunge siero-innesto della lavorazione del giorno precedente mantenuto in contenitori di
acciaio termostatati il quale avendo un pH che si aggira
intorno ai 3,10-3,20 (acidità SH circa 30°), abbassa l’acidità del contenuto della caldaia fino a valori di pH 6,406,45. Raggiunta, in caldaia, la temperatura di 33°C
(26°R) viene aggiunto il caglio (si usa esclusivamente quello di vitello lattante, liquido oppure in polvere come nel
nostro caso: ditta Clerici di Cadoraco prov. CO) e si lascia
dai 7,30 ai 12 minuti (in media 9-10 minuti) affinché
avvenga la coagulazione. Il siero-innesto impiegato per la
produzione di parmigiano reggiano è una coltura di
germi gram positivi omofermentanti termofili (106/ml
circa), prevalentemente costituiti da lattobacilli appartenenti alle specie Lact. Elveticus e Lact. Bulgaricus (le forme
cocciche sono considerate inquinanti). L’impiego del sieroinnesto naturale (o siero-fermento o latto-fermento) risponde a diverse esigenze: a) quella di fornire una adatta ed
attiva flora microbica che sia in grado di attaccare rapi-
bidoni, utilizzando acqua calda e detergenti specifici e
macchina lavabidoni. Dopo il risciacquo con acqua gli
automezzi vengono depositati nella apposita rimessa mentre i bidoni sono posti ad asciugare in ripiani situati nel
locale scarico.
• Ricevimento del latte serale
Per il ricevimento del latte serale il caseificio dispone di n.
14 vasche di affioramento installate nella sala di lavorazione nelle quali lo stesso viene mantenuto alla temperatura di circa 20-22°C. Gli addetti (tre operatori) provvedono allo scarico del latte dalle cisterne direttamente entro le
vasche di affioramento, servendosi di un apposito tubo in
plastica alimentare collegato ad una pompa. Il latte scaricato dalla cisterna viene filtrato attraverso un apposito filtro montato all’estremità della tubazione che dal camion
convoglia il latte all’interno delle vasche di affioramento.
L’addetto alla lavorazione procede al lavaggio del filtro
dopo ogni utilizzo e controlla l’integrità del filtro prima
dell’utilizzo successivo. Analogamente avviene per lo
svuotamento dei bidoni. Al fine di una corretta gestione per
la rintracciabilità dei lotti in affioramento, le partite di latte
sono poste ad affiorare sempre nelle stesse vasche di affioramento che vengono contrassegnate con appositi simboli.
La rintracciabilità è garantita da un’apposita scheda compilata tutte le volte che il lotto viene modificato.
• Ricevimento del latte del mattino
Gli addetti provvedono allo scarico del latte del mattino,
prerefrigerato, servendosi della medesima attrezzatura
utilizzata per lo scarico della sera ed inviandolo direttamente nelle caldaie di lavorazione. L’addetto alla lavorazione, analogamente a quanto avviene la sera, procede al
lavaggio del filtro e ne controlla l’integrità.
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damente i componenti del latte per dare il giusto avvio ai
processi di trasformazione del lattosio e della caseina; b)
la necessità di creare un’alta acidità della pasta in tempi
brevi, per avere una maggiore possibilità di controllare le
fermentazioni con produzione di gas comprese quelle
butirriche, quindi azione antagonista nei confronti di quei
microrganismi responsabili di fermentazioni anomale e
causa di scadimenti qualitativi; c) la possibilità di utilizzo
di latti crudi a bassa carica microbica (attualmente, infatti, la microflora lattica presente nei latti conferiti al caseificio tende all’1% della microflora totale, a differenza di
quanto si riscontrava in passato quando i valori si aggiravano intorno ai 20-30% di quella totale. La percentuale dei
lattici varia notevolmente a seconda delle diverse realtà
produttive; importante, per esempio, è il tipo di stabulazione: quella tradizionale con la lettiera di paglia crea
sicuramente maggiori problemi dal punto di vista igienicosanitario, ma garantisce un adeguato apporto di lattici
(60-70%). Oggi, con l’introduzione del sistema di allevamento a stabulazione libera e la maggior concentrazione
del numero dei capi allevati, il rapporto tra germi ad attività anticasearia (sporigeni e coliformi) ed i lattici è sfavorevole nei confronti di questi ultimi.
• Rottura della cagliata, spurgo e cottura
Una volta avvenuta la coagulazione si opera la rottura
della cagliata con lo spino (la durata della spinatura varia
dai 2 ai 3 minuti ed il movimento, inizialmente lento,
diventa via via sempre più vigoroso fino a che siano rag-
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giunte dimensioni della cagliata pari alla grandezza di un
chicco di grano) operando, così, la separazione della
massa cagliata dal siero. Si riscalda, gradualmente, fino a
raggiungere la temperatura di 55-56°C (44,8 R), quindi si
sospende l’erogazione di calore e l’agitazione della massa
caseosa, favorendo così il deposito, sul fondo della caldaia di forma tronco-conica, prima delle particelle più
pesanti e poi di quelle più leggere.
• Estrazione della cagliata e messa in fascera
Trascorsa 1 ora (la massa caseosa diviene compatta e continua il processo di disidratazione) con la pala viene
estratta la massa caseosa e raccolta in tele di lino in forma
unica. Lasciati passare circa 5 minuti, durante i quali la
massa è lasciata appesa semi immersa al centro della caldaia, la stessa viene gemellata (divisa in due) e le due
forme vengono raccolte sempre in tele di lino, mentre la
caldaia viene svuotata. Dopo altri 5 minuti (il tempo necessario per un migliore assestamento) le due forme, di Kg.
45 circa cadauna, per ciascuna vasca, vengono trasferite
sugli spersoli (carrelli semoventi rivestiti da assi di legno)
ed immesse all’interno di stampi di plastica (raramente di
legno di ciliegio) chiamati fascere sempre all’interno delle
tele di lino. Viene posto su ciascuna forma un tondello di
compressione (plastica o legno) di peso di Kg.5-6 circa.
Durante il primo giorno di lavorazione sono sottoposte ad
un ciclo di voltature variabile di numero, dalle 3 alle 5
volte con intervalli di rempo di circa 2 ore. L’ultima voltata (serale) è associata all’inserimento dei marchi consortili
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(la tela viene rimossa). Il mattino successivo alla giornata
di produzione le forme vengono trasferite in un altro locale con temperatura ed umidità controllata (intorno ai 18°C
a 80-85%), si cambia il tipo di fascera che diventa metallica e si sottopone solamente a 3 voltature (1 la mattina,
1 a mezzogiorno e 1 la sera).
nelle stesse caldaie che vengono contrassegnate con
appositi simboli. La rintracciabilità è garantita da un’apposita scheda compilata tutte le volte che il lotto caldaia
viene modificato. Il simbolo che riconosce la caldaia viene
apposto sulle forme prodotte. Si riesce così ad identificare
la caldaia in cui la forma è stata prodotta e di conseguenza le partite di latte che sono servite per la produzione di quest’ultima.
• Salatura
La salatura che viene effettuata per 20-30 giorni (in genere 1 giorno per Kg. di forma) circa, vede l’impiego di sale
alimentare (salgemma o sale di cava). Il caseificio dispone di un salatoio dove sono installate vasche di salatura di
materiale idoneo allo scopo (vetroresina). le vasche contengono una soluzione satura di acqua e cloruro di sodio
per uso alimentare (salamoia). Il locale è provvisto di un
impianto di condizionamento d’aria dove la temperatura
è mantenuta a circa 15-16°C e nel quale le forme vengono voltate giornalmente (se sono immerse in gabbia non è
necessario) per facilitarne la penetrazione del sale. La
salamoia viene rinnovata dal casaro mediamente ogni sei
mesi oppure ogniqualvolta i controlli ne evidenzino la
necessità (la rigenerazione delle salamoie avviene tramite
pompa aspirante e filtrazione attraverso farine fossili. Il
laboratorio stabilisce l’idoneità in base ai parametri di:
densità; acidità non superiore ai 3°SH; pH almeno di
5,40-5,50 (quello del formaggio è intorno ai 5,10-5,20);
limpidezza; assenza odori sgradevoli; C.B.T. inferiore a
100.000 u.f.c. relativamente ai germi alofili).
LA GESTIONE DELL’IGIENE
• Idoneità del personale
Il personale addetto alla produzione, preparazione e vendita di parmigiano reggiano è munito del libretto di idoneità sanitaria così come previsto dall’art. 37 del dpr
n.327/1980, rinnovato annualmente dall’autorità sanitaria locale.
• Igiene, abbigliamento e pulizia del personale
Il personale addetto alla produzione, preparazione e vendita di formaggio parmigiano reggiano cura la propria
pulizia ed in particolare quella delle mani e braccia, che
lava prima di intraprendere ogni operazione di lavoro. Lo
stesso, prima di iniziare il lavoro indossa le divise di lavoro ed il copricapo di contenimento della capigliatura.
Evita, inoltre, di indossare monili (bracciali, collane, orecchini, ecc.) che potrebbero cadere nel latte e comunque
contaminarlo. A fine lavorazione il personale deposita la
divisa di lavoro nell’armadietto dello spogliatoio sostituen-
• Stagionatura
Dopo circa 20 giorni le forme vengono lasciate sgocciolare per 1 giorno e rifilate meccanicamente o manualmente.
Una volta portate nel locale di stagionatura, che ne può
contenere fino a 4.500, le forme vengono voltate due volte
la settimana per i primi tre mesi, poi una volta ogni 10
giorni circa. La maturazione (in ambienti a t° controllata
non superiore ai 20°C e umidità non iferiore all’80%) è
naturale e deve protrarsi per almeno 12 mesi dopodiché
le forme vengono sottoposte ad espertizzazione, cioè alla
verifica di conformità da parte dei tecnici esperti del marchio consortile e, se idonee, viene impresso a fuoco (indelebile) il marchio del Consorzio del Parmigiano Reggiano.
Nel prodotto finito, pronto al consumo (18-24 mesi), il pH
ha un valore intorno a 5,4; il calo peso dovuto prevalentemente a perdite di umidità fino al 15% circa, ne assicura una umidità finale del 30% circa ed Aw inferiore allo
0,92. La consistenza e spessore della crosta sono tali da
garantire una naturale protezione del formaggio dagli
agenti esterni.
QUESTIONE DI CALDAIE
Al fine di una corretta gestione della rintracciabilità dei
lotti in lavorazione, le partite di latte sono lavorate sempre
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dola ogniqualvolta è necessario. Rispetta il divieto di
fumare e di consumare cibi e bevande nel locale di lavorazione.
• Igiene delle strutture, degli impianti e delle attrezzature di caseificio
Il caseificio è mantenuto dagli addetti costantemente in
stato di ordine ed igiene, mediante la costante sanificazione dopo ogni lavorazione. Ogni utensile, non direttamente
connesso all’attività di trasformazione, è mantenuto fuori
dal locale di lavorazione, per evitare rischi igienici ed
intralcio ai lavori. Alla fine delle lavorazioni gli addetti eseguono le operazioni di sanificazione: asportazione dei
residui organici grossolani dalle superfici delle strutture ed
attrezzature; lavaggio con acqua calda; abbondante
risciacquo con acqua fredda; valutazione del grado di
pulizia raggiunta con eventuale ripetizione del procedimento. Per la sanificazione delle vasche di affioramento e
delle caldaie di lavorazione, del canale in acciaio, dei vari
utensili (spini, rotelle, pala, bastoni, filtri, coltelli, ecc.) sono
utilizzati: acqua potabile, siero innesto, spugne abrasive. Il
siero-innesto viene utilizzato sia come detergente (pH 3,0),
sia per il mantenimento ambientale di flora lattica notoriamente (antagonista) competitiva con la maggior parte dei
patogeni (inclusa salmonella spp). Per il lavaggio delle
cisterne di trasporto del latte, ed i relativi tubi di scarico,
COME NASCE IL PARMIGIANO REGGIANO
vengono usati appositi detergenti per i quali è a disposizione apposita scheda tecnica. Per il lavaggio delle tele di
contenimento delle forme viene usata acqua calda, mentre
per il lavaggio della scrematrice e dei pavimenti dei locali
lavorazione, viene utilizzato siero innesto ed acqua calda.
Particolare attenzione viene posta al problema dei residui
dei detergenti e dei disinfettanti; infatti la loro presenza, in
seguito ad inidoneo risciacquo delle strutture ed attrezzature del caseificio, può provocare un rallentamento o parziale inibizione dell’attività dei batteri lattici. Tra i tanti
disinfettanti utilizzati, i più significativi sono i sali di ammonio quaternario i quali agiscono, sull’attività acidificante
degli starters, anche a dosi di 1-2 mg./Kg. per cui il loro
uso è sconsigliato nell’industria casearia fermentativa.
L’approvvigionamento idrico avviene tramite l’acquedotto
comunale, l’acqua utilizzata ha le caratteristiche chimicofisiche e microbiologiche di potabilità previste dal DPR
n.236/1988 ed è controllata annualmente.
Per la sanificazione del salatoio, della camera calda e
della stanza di riposo vengono impiegati appositi prodotti,
mentre per le assi di legno, dove vengono appoggiate le
forme, viene utilizzata esclusivamente acqua calda. Per la
verifica della corretta esecuzione delle procedure di sanificazione, il casaro compila e conserva, quotidianamente,
apposita check list; così come pure per le non conformità
rilevate provvede ad apposita registrazione.
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