Ministero dell’Istruzione , dell’Università e della Ricerca Istituto Comprensivo Borgo di Terzo Largo Vitali 3 - 24069 Luzzana BG Tel: 035 822418 - Fax: 035 820296 email uffici : [email protected] pec : [email protected] Equipe Pedagogica Interculturale Sportello Integrazione Valcavallina – Borgo di Terzo e-mail [email protected] sito: http://sportellointegrazioneborgo.blogspot.com Oggetto: Equipe Pedagogica Interculturale Cos’è l’Equipe Pedagogica Interculturale? L’Equipe Pedagogica Interculturale (EPI) agisce come primo livello di ascolto e di intervento in merito al disagio/difficoltà di apprendimento degli alunni migranti: capita infatti che, sebbene vengano predisposti percorsi di inclusione e attività di accoglienza, alcuni alunni migranti vivano una situazione di evidente disagio, dovuta agli scarsi progressi nell’apprendimento, alla qualità delle relazioni con gli adulti e i coetanei, all’isolamento rispetto al contesto. L’Equipe è’ composta da 4 esperti delle problematiche della migrazione e dell’apprendimento in contesto migratorio: la dott.ssa Eleonora Beschi (responsabile del servizio di mediazione culturale, Cooperativa Progettazione), il dott. Giulio Ciccia (psicologo transculturale, Cooperativa Progettazione), la dott.ssa Alessandra De Fiori (responsabile dello Sportello Integrazione di Borgo di Terzo), la dott.ssa Alessandra Galizzi (psicopedagogista UONPIA di Trescore Balneario. Come opera EPI? EPI applica un modello di lavoro a rete avviando con gli insegnanti ed eventuali figure di supporto una rilettura sistemica dei passaggi del percorso dell’alunno migrante (scolastico, familiare e migratorio), per individuare insieme quali ostacoli si sono opposti al raggiungimento degli obiettivi prefissati e per progettare interventi che favoriscano il ri-orientamento dei dispositivi culturali, relazionali, educativi, didattici messi in atto. EPI sostituisce il servizio di Neuropsichiatria Infantile? Assolutamente no. EPI è un dispositivo pedagogico e non clinico; non procede a valutazioni sugli alunni e non fa diagnosi. Agisce però per intercettare la richiesta di aiuto di insegnanti e famiglie cercando di prevenire invii impropri al servizio di neuropsichiatria infantile. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad un aumento sproporzionato delle segnalazioni riguardanti alunni migranti; però, in un numero significativo di casi, gli accertamenti hanno evidenziato come disagio e difficoltà di apprendimento non fossero imputabili a fattori neuropsichiatrici o psicologici: in questi casi l’Unità di Neuriopsichiatria Infantile non può assegnare un insegnante di sostegno e non ha strumenti per rispondere al bisogno degli alunni e degli insegnanti. È possibile una collaborazione tra EPI e il servizio di consulenza psicopedagogica interno alle scuole? Certo. Anzi, è fortemente auspicata, proprio in virtù del valore attribuito da EPI al lavoro di rete. Per quale motivo rivolgersi ad Epi prima di procedere alla segnalazione in Neuropsichiatria Infantile? Per prima cosa l’accesso ad Epi non richiede tempi di attesa eccessivi (gli appuntamenti vengono fissati entro 15/20 giorni dal contatto) e la ricaduta sugli alunni può essere immediata. Non vi sono limiti alle consulenze, quindi gli insegnanti possono confrontarsi con i consulenti ogni volta che ne sentono l’esigenza. Dopo ogni incontro i docenti ricevono un verbale che riporta quanto è stato detto e che costituisce una sorta di accordo di lavoro in un’ottica operativa/trasformativa, da verificare insieme in incontri successivi (spesso fissati già nel corso della consultazione). Oltre alla consulenza pedagogica, EPI offre ai docenti un affiancamento negli incontri con i genitori degli alunni, avvalendosi dell’ausilio del mediatore linguistico-culturale; vengono inoltre messi a disposizione dei docenti materiali specifici sulla didattica L2 e di approfondimento metodologico. Infine, limitare il numero degli invii impropri rende più efficace lo stesso servizio di Neuropsichiatria, contribuendo a ridurne i tempi di attesa. Se le difficoltà persistono, è possibile procedere all’invio in Neuropsichiatria Intantile? Naturalmente. Peraltro, per alcuni dei casi trattati l’invio è stato concordato già durante la prima consulenza in EPI. Come si accede alla consultazione EPI? Semplicemente telefonando alla dott.ssa Alessandra De Fiori -Sportello Integrazione Valcavallina di Borgo di Terzo da lunedì a venerdì dalle ore 8.00 alle ore 12.45 – tel 035821801. Nel corso del colloquio telefonico la responsabile raccoglierà gli elementi essenziali della situazione e fisserà un appuntamento tra i docenti e l’Equipe. Di norma, gli incontri si terranno il lunedì pomeriggio presso lo Sportello Integrazione di Borgo di Terzo. In caso di motivate esigenze, potranno essere concordate altre modalità di incontro. Il servizio è a pagamento? No, è completamente gratuito. La Referente dello Sportello Integrazione di Borgo di Terzo dott.ssa Alessandra De Fiori DISAGIO SCOLASTICO E DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO DEGLI ALUNNI MIGRANTI PROGETTO EPI (EQUIPE PEDAGOGICA INTERCULTURALE) UONPI TRESCORE BALNEARIO ‐ SPORTELLO INTEGRAZIONE ALUNNI MIGRANTI DI BORGO DI TERZO Premessa: Talvolta, quando un alunno migrante arriva nelle nostre classi, sebbene vengano predisposti percorsi di inclusione e attività di accoglienza, qualcosa non va come ci si aspettava: egli vive una situazione di evidente disagio, dovuta agli scarsi progressi nell’apprendimento, alla qualità delle sue relazioni con gli adulti e i coetanei, all’isolamento rispetto al contesto. Si evidenzia così un bisogno di aiuto che, negli ultimi anni è stato raccolto in via prioritaria attraverso l’invio per accertamenti e valutazione ai servizi di Neuropsichiatria Infantile territoriali, determinando un aumento sproporzionato delle segnalazioni. In un numero significativo di casi, però, gli accertamenti rilevano come disagio e difficoltà di apprendimento non siano imputabili a fattori neuropsichiatrici o psicologici, e pertanto non danno seguito alla richiesta di assegnazione di un insegnante di sostegno. Resta, però, la richiesta di aiuto, sia da parte degli alunni migranti che da parte dei docenti e dei dirigenti scolastici. Convinti che un modello di lavoro a rete renda gli interventi più significativi ed efficaci, già durante l’anno scolastico 2009/2010 il polo territoriale di neuropsichiatria infantile di Trescore Balneraio7 Interlab e gli Sportelli Stranieri di Chiuduno e Borgo di Terzo hanno sperimentato una modalità di rivalutazione dei percorsi di invio di alunni migranti (Progetto Fa‐Re). Dall’interfaccia tra FA‐Re e il Consorzio Servizi Valcavallina (servizio di mediazione culturale), è nata la proposta di costituire un gruppo sperimentale, l’Equipe Psicopedagogica Interculturale, che agisse come primo livello (filtro) di ascolto e raccolta delle segnalazioni dei docenti in merito al disagio/difficoltà di apprendimento degli alunni migranti. EPI, prima di avviare una richiesta di valutazione da parte del servizio di NPI, procederà, con le insegnanti e le figure di supporto presenti all’interno del singolo istituto, ad una rilettura dei passaggi del percorso di base (accoglienza, verifica delle 1 conoscenze/competenze maturate, verifica del livello di competenza iniziale in ItaL2 secondo il QCER, individualizzazione didattica) passandoli al vaglio di una virtuale “lente di ingrandimento” che consenta di individuare gli ostacoli che si sono opposti al raggiungimento degli obiettivi individuati e di progettare interventi che favoriscano la messa in atto di dispositivi complessi (culturali, relazionali, educativi, didattici..), basati su una lettura sistemica del problema. Elementi essenziali di questo processo di rilettura: SULLA SOGLIA DELLA SCUOLA/CLASSE1 1 Riconsiderare quanto detto nel corso dei colloqui iniziali con la famiglia; qualora non fosse stato possibile nella fase di accoglienza, risulta ora fondamentale raccogliere informazioni dettagliate su tutti gli aspetti che possono influenzare il modo con cui l’alunno “vive” la scuola. Dalle famiglie si ottengono le notizie più importanti sul quadro di referenze del bambino, quadro che conosciamo poco, male o che talvolta non conosciamo affatto2. E’ necessario che questi ulteriori colloqui siano condotti SEMPRE in collaborazione con il mediatore. Perché col mediatore? Perché se la competenza in ITaL2 dei genitori non è ottima non consente di esprimere e di comprendere quelle sfumature importantissime che, se fraintese, creano enormi malintesi. Non si possono dire le stesse cose che si dicono nella lingua di origine in una lingua che non si padroneggia; e poi se una delle due parti non ha le stesse possibilità espressive dell’altra, il colloquio non può dirsi tale: iniziare il dialogo nella lingua della famiglia permette di ridurre una delle tante asimmetrie esistenti tra scuola e famiglie migranti, evitando di privarle della genitorialità e della possibilità di avviare uno scambio significativo con le persone alle quali affidano i loro figli, mettendole in condizione di fornire informazioni preziose per la rimozione di eventuali blocchi dell’apprendimento. Inoltre, considerato che un bambino non può assolutamente gestire rapidamente i processi di mediazione tra due culture, fra due lingue, la presenza dell’interprete‐ 1 Le riflessioni che seguono in nota sono tratte da Francine Rosenbaum, Fra il dire e l’essere: uso e rappresentazione del multilinguismo nella migrazione; La famiglia nella migrazione – L’importanza della lingua materna per un biculturalismo felice ed un bilinguismo efficiente. Il misconoscimento dei motivi che sono all’origine e che accompagnano la migrazione possono determinare gravi errori deontologici che convogliano scelte istituzionali le cui conseguenze sono drammatiche; Le rotture del ciclo di vita familiare dovute alla migrazione richiedono ad ogni membro della famiglia molte energie per ricostruire un equilibrio soddisfacente; dunque, la “presa in conto” della storia migratoria della famiglia, dei lutti e dei debiti emozionali che ne conseguono, è di grande importanza 2 2 mediatore può avere il valore aggiunto di una testimonianza positiva di una forma di riuscita proprio di quel processo di mediazione. Su che cosa focalizzare l’attenzione? La costruzione di fiducia reciproca tra famiglie migranti e istituzioni scolastiche ha bisogno di un tempo congruo nel quale poter disporre in modo graduale e non affrettato una serie di interrogativi, da quelli più generali – riferiti al paese e alla cultura di provenienza – a quelli di natura più intima – riferiti alla sfera familiare e alla natura delle relazioni. Si tratta quindi di selezionare e di ordinare in modo progressivo le informazioni che riteniamo indispensabili per affrontare le difficoltà del bambino, che devono quindi essere ottenute con urgenza, rimandando alle successive fasi di reciproca conoscenza gli eventuali approfondimenti che si ritenessero necessari. Informazioni fondamentali: Provenienza (precisamente, non genericamente “dall’India”) città/paese/ mare/campagna/montagna. Storia migratoria del bambino (trasferimenti precedenti). Storia scolastica del bambino nel paese d’origine/di precedente residenza: classe frequentata; quanto e quando (mattina, pomeriggio, entrambi?); composizione gruppo classe (misto? numeroso? classe? pluriclasse?); insegnanti, strumenti, metodologia (per quanto possibile), materie studiate e preferite. C’è stata frequenza della scuola dell’infanzia italiana?; c’è stata o c’è ancora frequenza ad una scuola religiosa? Quali erano e sono le aspettative da parte dei genitori? Che tipo di partecipazione alla vita della scuola era prevista/richiesta dalla scuola precedentemente frequentata? Contesto attuale di vita della famiglia: residenza; (rapporti con i connazionali, con gli autoctoni); composizione del gruppo convivente (familiare e non); posizione del bambino all’interno del nucleo familiare. Storia migratoria di ciascun componente familiare (trasferimenti precedenti etc) e attuale composizione del nucleo familiare convivente; separazione da figure significative; ricongiungimenti. Storia scolastica dei genitori e valori di riferimento (importanza della scolarizzazione, esperienze vissute ed eventuali discrepanze rispetto all’esperienza scolastica dei figli, ri‐inserimenti in percorsi di formazione per adulti. Lavoro dei genitori nel paese di origine e attuale attività lavorativa. Nel caso in cui tutti questi aspetti fossero stati già precedentemente chiariti, è il caso di capire se: Sia successo qualcosa di cui non siamo venuti a conoscenza (perdita del lavoro, ritorno di un componente familiare nel paese di origine; arrivo di un componente familiare dal paese d’origine…). Vi sia una reale e consapevole condivisione degli obiettivi educativi 3. 3 Con particolare riferimento all’apprendimento della L2, ogni bambino è capace, alle giuste condizioni, di assimilare con successo due lingue e due culture: spesso, però, il bilinguismo genera 3 La famiglia abbia compreso le richieste che la scuola le pone e sia stato trovato un accordo su quanto la famiglia può dare (casi di analfabetismo in L1 dei genitori e compiti a casa). La famiglia è invece completamente disorientata rispetto ad un sistema culturale (e scolastico) estremamente diverso rispetto al proprio, che richiede peraltro un’assunzione di ruoli sociali non consueti all’interno della cultura di provenienza (responsabilità delle madri nel sostegno all’apprendimento)4. DENTRO LA SCUOLA/CLASSE 1 Valutare se il percorso di inclusione sta procedendo oppure no, se hanno cominciato a crearsi dei legami con i compagni e con il territorio. 2 I rapporti coi pari funzionano/non funzionano perché?... quando?... cosa succede? chi fa che cosa?; con gli adulti le difficoltà si manifestano in occasione di? Su che cosa focalizzare l’attenzione? Osservare le situazioni di maggiore interazione con l’ambiente fisico e sociale (attività motorie? attività espressive? momenti non strutturati? al chiuso? all’aperto? attività didattiche?). Verificare le modalità di relazione in classe con i pari (cerca i compagni/è cercato dai compagni/è lasciato in disparte; cerca/coglie spazi relazionali; chiede aiuto ai compagni/offre aiuto; gli viene offerto/rifiutato aiuto?). Verificare le modalità di relazione con i pari nei momenti non strutturati. Verificare le modalità di relazione con gli adulti (riconosce l’autorevolezza dell’adulto; cerca un contatto con l’adulto; chiede aiuto quando ne ha bisogno; privilegia la relazione con l’adulto rispetto a quella con i coetanei?). Riflettere sull’opportunità di proporre o ri‐proporre, con o senza l’aiuto del mediatore, attività nel corso delle quali l’alunno migrante abbia occasione di condividere con la classe i propri valori culturali di riferimento, per favorire la conoscenza reciproca . difficoltà nella famiglia legate al problema della salvaguardia della propria identità: se un bambino ha l’impressione che la famiglia consideri in modo sfavorevole l’apprendimento simultaneo di due lingue, può generare conflitti di lealtà che sbarrano l’accesso agli apprendimenti. Lo stesso effetto si determina quando gli insegnanti insistono perché il bambino abbandoni la lingua materna in favore dell’italiano. 4 La famiglia costituisce l’insieme capace di incoraggiare il bambino nel suo sviluppo SE il contesto gli rimanda un’immagine positive delle sue (familiari) competenze 4 Verificare se è stato possibile creare spazi di narrazione per raccontarsi e sentir raccontare; la narrazione aiuta la costruzione o ri‐costruzione dell’identità ed è un importante stimolo all’uso della lingua 5. Verificare quali concrete possibilità di stare “dentro” le relazioni di classe ci siano state: quanto l’alunno migrante rimane in classe e per quali attività, quanto lavora in modo autonomo su compiti diversi da quelli degli altri, quanto è significativa la sua presenza (incarichi? ruoli specifici?), quanto si sente “parte” del gruppo classe. ATTIVITÀ DIDATTICA/EDUCATIVA 1 Il progetto individualizzato è coerente con le esigenze di apprendimento e con l’esperienza di vita del bambino? 2 Un cambiamento metodologico‐didattico potrebbe migliorare la motivazione e l’apprendimento dell’alunno migrante in difficoltà? 3 La sua esperienza di pratica della L2 avviene solo in classe/scuola oppure anche in altri contesti? Eventualmente quali? Su che cosa focalizzare l’attenzione? Verificare che la programmazione individualizzata predisposta per l’alunno migrante abbia tenuto conto adeguatamente delle conoscenze/competenze pregresse (livello di conoscenza lingua italiana secondo il QCER 6, obiettivi raggiunti in scuole eventualmente frequentate nel Paese d’origine7, con quali metodologie). 5 In situazioni di blocchi degli apprendimenti del linguaggio, la riscoperta del piacere nella comunicazione è la scintilla che accende il desiderio e il coraggio di confrontarsi con nuovi apprendimenti. 6 Per la somministrazione di prove di comprensione o per verificare la conoscenza dell’ITaL2 secondo il QCUER , è possibile richiedere materiale specifico agli Sportelli Stranieri di Borgo di Terzo e Chiuduno. 7 Nel caso di adolescenti recentemente immigrati, gli apprendimenti scolastici fatti nel paese d’origine non vengono utilizzati come supporti per gli apprendimenti nel paese ospite, e non vengono nemmeno mantenuti, alimentati, valorizzati in alcun modo; al contrario, sono spesso considerate come la causa delle difficoltà di apprendimento nella lingua seconda. Ciò determina il rischio di perdere le esperienze accumulate e di non poterne costruire altre su basi in via di estinzione. Gli adolescenti diventano così doppiamente incompetenti: rispetto agli apprendimenti fatti nel paese d’origine e rispetto al nuovo sistema scolastico. 5 a. b. c. d. Verificare che ci sia stata una comune definizione del livello di intervento da realizzare (alfabetizzazione/facilitazione/lingua per lo studio), e che obiettivi specifici e metodologie siano stati condivisi dall’intero team docenti. Differenziare gli strumenti e i materiali utilizzati (testi specifici per la facilitazione linguistica, testi ad alta comprensibilità, testo di classe, materiale predisposto dall’insegnante, materiale multimediale, pc..) in relazione agli obiettivi didattici stabiliti, al livello di competenza dell’alunno e al suo stile di apprendimento, anche per favorire il più possibile la motivazione. Alternare lezioni in piccolo gruppo fuori della classe, lezioni individuali fuori della classe, gruppi di lavoro in classe con UD differenziate per i diversi livelli presenti, situazioni di cooperative learning e di tutoraggio tra pari. In un’ottica di assunzione del “compito” di insegnare ITaL2 al compagno migrante da parte di tutta la classe, verificare che siano state predisposte nel corso delle diverse attività della classe occasioni comunicative tra alunni migranti e alunni italiani, per motivare un uso concreto della L2 (momenti di dialogo informale, attribuzione di incarichi specifici…) e che siano state create occasioni di apprendimento linguistico per gli alunni migranti anche nel corso delle lezioni seguite dagli altri, per favorire l’appartenenza, l’inclusione e la motivazione. Cogliere tutti i possibili “agganci” tra le programmazioni delle diverse discipline e la cultura di origine degli alunni migranti 8. Porre particolare attenzione alla predisposizione delle verifiche periodiche (diversificazione del tipo di verifica; strumenti utilizzati; modalità di somministrazione), tenendo conto della possibilità che l’alunno migrante sia in forte imbarazzo di fronte alla verifica orale, perché percepisce le proprie difficoltà linguistiche ( e se ne vergogna) sia perché abituato ad attribuire una valore negativo ad ogni esibizione di sé. Rilevare attraverso l’osservazione quali sono le discipline/attività nelle quali mostra particolari competenze/attitudine/motivazione, e quali metodologie risultano maggiormente efficaci/gradite. Cercare di costruire, con la collaborazione delle famiglie, occasioni di incontro tra pari al di fuori dell’orario scolastico (giocare durante il pomeriggio o svolgere i compiti con qualche compagno/compagna, favorire l’inserimento negli spazi‐ compiti territoriali…). Sul piano organizzativo, potrebbe essere funzionale la definizione di una figura di riferimento che chiameremo tutor all’interno del modulo/CdC; il principale compito del tutor è quello di aiutare l’alunno ad acquisire consapevolezza del suo percorso, a individuare i suoi punti di forza e le sue difficoltà, ad affrontare i propri problemi, a raggiungere l’autonomia. Compiti specifici del tutor sono: il coordinamento delle informazioni dentro il consiglio di classe /con altre figure della scuola / con l’extrascuola; la “tenuta” del percorso individualizzato/personalizzato; l’ascolto – attenzione – cura del minore; il mantenimento di contatti / collegamenti / colloqui con la famiglia, in collaborazione con il mediatore linguistico‐culturale. 8 È utile connotare lo spazio della classe con referenze multiculturali: carte geografiche, tracce scritte in altre lingue, pitture ed immagini che evochino altri contesti. 6 Alessandra De Fiori (I.C. Borgo di Terzo) Alessandra Galizzi (A.O.Bolognini Seriate) Disagio scolastico e difficoltà di apprendimento degli alunni migranti nella scuola dell’obbligo1 Quando il telefono ha squillato e ho sentito la sua voce, mi si è stretto lo stomaco. “Papà? Voglio tornare a casa”, ha detto mia figlia Arden, otto anni. Due ore prima l’avevo lasciata insieme ai due fratelli nella loro nuova scuola: un edificio tozzo, in una foresta di condomini d’epoca sovietica in via Krasnoarmejskaja (dell’Armata Rossa), a Mosca. (...)”Non capisco nulla” mi ha detto. Ho provato a tranquillizzarla, ma non avevo idea di cosa fare. Esortare tua figlia a tenere duro quando cambia scuola nella stessa città è un conto. Ma questa situazione era molto diversa (…) i miei figli non parlavano una parola di russo e non sapevano nemmeno indicare dov’era la Russia su una mappa. Ma erano svegli e sapevano adattarsi. (…) Le lezioni erano tutte in russo. Nessuno traduceva, nessuno guidava gli alunni. Ecco perché quella mattina temevo di aver esposto i miei figli a un esperimento interculturale che li avrebbe segnati a vita. Ho telefonato a mia moglie. Julie era preoccupata e diceva che bisognava fare qualcosa, anche se sapeva che non potevamo togliere i bambini dalla scuola. A un certo punto, dopo una lunga discussione con vari insegnanti, era uscita in lacrime. Stava studiando russo, ma si era resa conto di non aver capito quasi nulla di quello che le avevano detto. Come puoi aiutare i tuoi figli se riesci a malapena a comunicare con i loro insegnanti?2 E viceversa: come possono gli insegnanti prendersi cura di bambini che parlano altre lingue e provengono da mondi linguistici culturali così diversi dal nostro e differenti tra di loro se riescono a malapena a comunicare con i loro genitori? La storia di Arden ha un lieto fine. I suoi genitori, colti e ricchi newyorkesi, sono stati in grado di sostenerla nella sua fatica di bambina non facendole perdere la motivazione. Sono anche riusciti a inserirsi a loro volta nella realtà moscovita, traendone il meglio. Ma d’altra parte questa è la missione di qualsiasi inviato di un grande giornale. Eppure, nonostante le differenze di contesto che possono determinare la riuscita o meno dell’inserimento, la frustrazione, il senso di impotenza e di 1InNuovicontestid’acquisizioneeinsegnamento:l’italianonellerealtàplurilingui,RobertaGrassi(acuradi), 2012,GuerraEdizioni,Perugia. 2 Lezioni in cirillico, Clifford J. Levy, Internazionale, 3/23 Agosto 2012 1 messa in scacco, la seduzione della rinuncia e il crescere dei sensi di colpa sono tutti sentimenti che accomunano i genitori migranti. Siano essi privilegiati oppure no. 1. Una storia locale Quando nel 2006 cominciamo a monitorare le richieste di accesso al polo di NPI3 di Trescore osserviamo che quelle dei bambini migranti crescono in maniera non proporzionata al progressivo aumento dell’intera popolazione migrante. Guardando il fenomeno più da vicino osserviamo che quasi tutti questi invii sono effettuati dalla scuola. Le insegnanti sembrano ritenere che ci sia qualcosa che non va nei bambini, ma quando andiamo a vedere gli esiti delle valutazioni effettuate dai colleghi Neuropsichiatri e Psicologi constatiamo che le ipotesi iniziali che hanno generato gli invii trovano riscontro clinico soltanto in pochi casi. Osserviamo che i bambini migranti che sono inviati al Servizio hanno in comune l’utilizzo della lingua italiana soltanto a scuola, o quasi solo lì, perché tutti parlano le loro lingue madri e quasi tutti hanno scarsissime occasioni di socializzazione extrascolastica. Tuttavia, anche a fronte di questo dato significativo, ci sembra che lo sforzo della scuola nella direzione di modulare i propri programmi, gli obiettivi didattici e la metodologia in funzione di una variabile strutturale come quella linguistica siano troppo sporadici. In linea di massima la scuola individua e segnala alla NPI qualcosa che non va nei bambini – difficoltà nell’apprendimento oppure nel comportamento, più raramente disabilità vere e proprie – senza però aver prima considerato tutti gli elementi in gioco. In una prospettiva che considera l’apprendimento come un “lavoro a più mani”, ovvero non separabile dall’insegnamento e dal contesto in cui le due azioni interagiscono, all’interno dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate, il polo NPI di Trescore mette a punto un progetto sperimentale - Interlab - che propone un approfondimento delle segnalazioni dei bambini migranti in un incontro congiunto con genitori, insegnanti, mediatori LC e i bambini stessi. Una volta superato lo sconcerto determinato da un setting4 a cui non sono abituati, la maggior parte degli insegnanti ha saputo riconoscere le opportunità contenute nella modalità di intervento proposta. Il modello di lavoro permette in primo luogo di rappresentarsi i luoghi di provenienza delle famiglie come qualcosa di molto più specifico di “India” oppure “Marocco”, e di ascoltare i racconti delle partenze e degli arrivi. Nessuno di noi si presenta mai come originario dell’Europa, invece per molti bambini delle nostre scuole il descrittore continentale è spesso l’unico che viene 3 Acronimo semplificato e d’uso corrente di Unità Operativa di Neuropsichiatria Infanzia e Adolescenza. L’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate ha tre poli territoriali di neuropsichiatria infantile, uno dei quali è Trescore. 4 Per setting si intende l'ambiente fisico e l’insieme di regole organizzative e relazionali, esplicite e implicite, che costituiscono la trama portante della relazione d’aiuto. 2 richiesto. Cominciare a entrare nelle specificità delle provenienze aiuta a conoscere le differenze che intercorrono, per esempio, tra Punjab e Kerala, anche solo in termini di altitudine, e a farsi una prima idea delle differenze di esperienze che le famiglie e i bambini hanno fatto nella loro vita precedente. Il contatto ravvicinato con le famiglie, che spesso partecipano all’incontro al completo, con più di due generazioni presenti, consente agli insegnanti di scoprire che i genitori sanno parlare fluentemente nella propria lingua. Grazie al dialogo facilitato dalle nostre domande e dall’intervento dei MLC gli insegnanti possono fare l’esperienza di genitori che parlano e non sono più “muti” o incerti in una lingua straniera che li costringe a modalità comunicative troppo semplificate. Create le condizioni per facilitare la comunicazione i genitori riescono a mostrarsi anche competenti, interattivi, argomentativi, svelti. Resa familiare dalla presenza dei MLC la situazione di consulenza consente ai genitori di comunicare parole e significati, di lasciarsi andare a motti di spirito, perfino a risate vere e proprie. Il contesto dell’esperienza rilassa i genitori, e li legittima come partner educativi venendo riconosciuti nella fatica quotidiana di crescere un bambino in “terra straniera”. Gli insegnanti possono osservare gli scambi comunicativi tra genitori e figli e sperimentare – seppure per poco tempo - come sia faticoso essere esposti a una lingua di cui non si capisce assolutamente niente. Questa esperienza fatta insieme spinge a riconfigurare i rispettivi quadri interpretativi e ci permette di introdurre la questione della didattica in L2 che sarà poi trattata dalle insegnanti “funzioni strumentali”5 o con l’ insegnante referente dello “sportello stranieri”6. In una prospettiva che considera la scuola come “contesto di approdo” per i bambini migranti cerchiamo di facilitare il “transito fra universi linguistico-culturali”, come insegna Beneduce. La letteratura etnopsichiatrica ci dice che questo passaggio costituisce per i migranti, adulti e bambini, una prova quasi sempre dolorosa e dagli esiti incerti. In questa prospettiva anche il servizio di NPI ha dovuto operare un passaggio, una riconfigurazione del suo rapporto con la scuola. Da realtà parallela questa deve diventare, a cominciare dalle nostre rappresentazioni, un vero e proprio partner, col quale elaborare gli eventuali conflitti per provare a entrare in sinergia. Il primo passo di avvicinamento alla scuola ci ha fatto incontrare con gli Sportelli Stranieri della Val Calepio e della Val Cavallina insieme ai quali abbiamo progettato e realizzato nel corso 5 I docenti Funzione Strumentale sono incaricati, all’interno di ciascuna scuola, della realizzazione e della gestione di aspetti specifici dell’offerta formativa. 5Gli Sportelli Stranieri scolastici sono Unità territoriali di riferimento per le problematiche relative all’inserimento scolastico di alunni migranti, che fanno capo all’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo e sono gestite da docenti in distacco. 3 dell’anno scolastico 2010/2011 FA-RE, percorso di conoscenza reciproca e scambio di buone pratiche con gli insegnanti “funzione strumentale” delle due valli. Nel corso dell’anno scolastico 2011/2012 con il supporto del Consorzio Servizi Val Cavallina,7 NPI e Sportello stranieri Val Cavallina hanno proposto alle scuole del comprensorio un modello di intervento che modifica ulteriormente il focus dello sguardo: un’équipe pedagogica interculturale, composta da coordinatrice Interlab NPI, referente sportello stranieri IC, psicologo interculturale e coordinatrice dei mediatori LC, ha supportato gli insegnanti dal momento in cui questi rilevano una difficoltà, un’empasse e cioè prima di qualsiasi invio a un servizio di 2° livello sia esso sanitario che psicosociale. 2. Il metodo di lavoro dell’Equipe Pedagogica Interculturale Il primo passaggio consiste nella “rilettura” della segnalazione stessa da parte della scuola che, invece che rilevazione delle difficoltà del solo bambino, deve essere rideterminata come riconoscimento di una difficoltà del sistema scolastico che, pur avendo predisposto percorsi di accoglienza, prende atto di una situazione di disagio dell’alunno migrante - dovuta agli scarsi progressi nell’apprendimento, alla qualità delle sue relazioni con gli adulti e i coetanei, all’isolamento rispetto al contesto - e sente di non avere strumenti idonei per risolverla. Si evidenzia così un bisogno di aiuto che non appartiene esclusivamente al bambino, ma all’intero contesto. L’Equipe avvia quindi un processo di ascolto dei docenti che delineano una storia scolastica degli alunni migranti connotata, nella quasi totalità dei casi, da alcuni elementi ricorrenti: generale carenza di competenze; lunghi ed inspiegabili silenzi di bambini che “capiscono tutto ma non parlano”; maggiore lentezza rispetto ai coetanei; linguaggio inadeguato rispetto al tempo di permanenza in Italia (assunto come dato assoluto) o al fatto che il bambino sia nato in Italia, ricorrenti errori ortografici e confusione tra suoni; tendenza a mettere in atto strategie di partecipazione inadeguate (imitare i compagni, copiare …); scarsa risposta ai percorsi di alfabetizzazione; frequenti momenti di distrazione, difficoltà nel portare a termine una consegna sebbene questa sia stata “spiegata”, reazioni emotive inappropriate, quali pianti disperati o risate immotivate, generale immaturità e incapacità di adeguarsi ai tempi di concentrazione richiesti e alle consuete modalità di “abitare” lo spazio classe … Emerge una sorta di “standard” specifico dal quale gli alunni migranti, inevitabilmente, si discostano. 7 Consorzio territoriale responsabile della gestione dei servizi alla persona in Valcavallina 4 Le famiglie vengono per lo più descritte come poco collaborative, interlocutrici poco significative e carenti dal punto di vista organizzativo (gestione del materiale scolastico, lettura dell’orario, svolgimento nei compiti); l’uso della lingua di origine nel contesto familiare viene considerato negativamente. La storia migratoria del bambino è quasi completamente sconosciuta. La narrazione delle/degli insegnanti viene allora “interrogata” in modo sistemico, alla luce di un processo di interpretazione trasformativa che conduce inizialmente alla rilettura critica degli interventi della scuola (di accoglienza, di strutturazione del contesto, di inclusione), per individuare cosa non abbia funzionato o non sia stato considerato, partendo da una attenta riflessione su alcuni aspetti particolarmente rilevanti della storia dell’alunno che possono influenzare il modo con cui egli “vive” la scuola: la provenienza, come già specificato, per una determinazione più precisa dell’ambiente che l’alunno ha lasciato e delle differenze che possono ostacolare il suo adattamento al nuovo contesto; i trasferimenti precedenti; la scolarizzazione nel paese d’origine: soprattutto per quanto riguarda alunni migranti provenienti da paesi extraeuropei, i sistemi scolastici di provenienza sono profondamente differenti dal nostro, e questo spesso disorienta sia i bambini/ragazzi che le loro famiglie; la frequenza alla scuola dell’infanzia in Italia, importantissima per l’acquisizione della lingua seconda e di alcuni prerequisiti che, altrimenti, devono essere recuperati nel primo anno della scuola primaria; il contesto relazionale extrascolastico con i connazionali e con i nativi e la composizione del gruppo convivente, riservando particolare attenzione alla separazione da figure significative – per esempio i nonni - e ai ricongiungimenti, nonché al ruolo del bambino all’interno del nucleo familiare. Un altro aspetto determinante sul quale è imprescindibile una modifica del focus dello sguardo è la relazione tra scuola e famiglia; dai racconti dei docenti si evince la necessità di costruire (o ricostruire) un contesto di fiducia reciproca tra famiglia e scuola facendo in modo che vi sia una reale e consapevole co-costruzione degli obiettivi educativi, una comprensione chiara delle richieste della scuola ma anche la giusta restituzione ai genitori migranti del loro ruolo e del loro valore genitoriale, in una valutazione oggettiva delle concrete possibilità di assumere responsabilità non consuete all’interno della cultura di provenienza (per esempio, l’autonomia decisionale da parte delle madri, oppure il sostegno all’apprendimento e alla realizzazione dei compiti a casa da parte di genitori analfabeti). E’ fondamentale che i docenti siano consapevoli dell’importanza della collaborazione del mediatore linguistico culturale nel corso dei colloqui con la famiglia, perché una competenza di base in ITaL2 dei genitori non consente di esprimere e di comprendere quelle sfumature importantissime che, se fraintese, creano enormi malintesi; iniziare il dialogo nella lingua della famiglia permette di ridurre una delle tante asimmetrie esistenti tra scuola e famiglie migranti, 5 evitando di privarle della possibilità di avviare uno scambio significativo con coloro ai quali affidano i loro figli e mettendole in condizione di fornire informazioni sul modo con cui l’alunno “vive” la scuola e sul suo quadro di referenze, che conosciamo poco, male o che talvolta non conosciamo affatto. Informazioni preziose per la rimozione di eventuali blocchi dell’apprendimento. Considerato, inoltre, che un bambino non può gestire rapidamente i processi di mediazione tra due culture, fra due lingue, la presenza dell’interprete-mediatore può avere il valore aggiunto di una testimonianza positiva di una forma riuscita proprio di quello stesso processo che il bambino andrà costruendo nel tempo. Altro significativo tema di confronto tra Equipe e docenti risulta essere la specificità legata al bilinguismo che caratterizza tutti i bambini migranti; nel processo di riconfigurazione dei rispettivi quadri interpretativi che l’Equipe si propone, “l’abitare” contemporaneamente almeno due contesti linguistici non dovrà essere considerato un ostacolo all’apprendimento8; andrà quindi evitato, per esempio, di consigliare alla famiglia l’uso della lingua italiana al posto della lingua madre; sarà inoltre necessario rispettare il “silenzio” del bambino che, inizialmente, preferisce solo ascoltare la comunicazione in L2, facendo in modo di cogliere e valorizzare “altre” modalità comunicative indicative della volontà del bambino di essere partecipe; va poi tenuto ben presente che differenti contesti d’uso della lingua (scuola e famiglia) determinano parole e concetti differenti, che diventano ”interscambiabili” con gradualità e in tempi variabili, correlati non tanto con la permanenza in Italia quanto con le concrete occasioni di immersione nel nostro contesto linguistico. In quest’ottica, anche gli errori da interferenza assumono, agli occhi dei docenti, contorni meno preoccupanti. Vanno infine ri-considerate le concrete possibilità che ha l’alunno migrante di stare “dentro” le relazioni di classe, domandandosi quanto egli si senta “parte” del gruppo e quanto sia significativa la sua presenza; risulta importante prevedere l’introduzione di spazi di narrazione per raccontarsi e sentir raccontare (anche valorizzando le conoscenze e le competenze costruite nei percorsi scolastici nel Paese d’origine9), con il duplice scopo di aiutare la costruzione o ri-costruzione dell’identità e di motivare all’uso della lingua, e verificare quanto tempo l’alunno migrante rimanga in classe e per 8 Non va dimenticato che, alle giuste condizioni, ogni bambino è in grado di assimilare con successo due lingue e due culture: spesso, però, il bilinguismo genera difficoltà legate al problema della salvaguardia della propria identità, che si ingenerano quando la famiglia giudica negativamente l’apprendimento di “un’altra” lingua o quando gli insegnanti insistono perché il bambino abbandoni la lingua materna in favore dell’italiano lingue. 9 Nel caso di adolescenti recentemente immigrati, gli apprendimenti scolastici fatti nel paese d’origine non vengono valorizzati in alcun modo; al contrario, sono spesso addirittura considerati come la causa delle difficoltà di apprendimento nella lingua seconda; ma la scarsa conoscenza iniziale della lingua seconda non consente agli studenti migranti di apprenderete in modo significativo nel nuovo contesto: gli adolescenti diventano così doppiamente incompetenti: rispetto agli apprendimenti fatti nel paese d’origine e rispetto al nuovo sistema scolastico. 6 quali attività, quanto lavori in modo autonomo su compiti diversi da quelli degli altri, quali incarichi e ruoli specifici gli vengano assegnati. Alla luce di quest’analisi, se necessario possono essere ripensate le metodologie didattiche utilizzate all’interno della classe e il percorso personalizzato dell’alunno, nonché ri-orientate le modalità di relazione tra pari, anche cercando di costruire, con la collaborazione delle famiglie native e degli Enti Locali, occasioni di incontro al di fuori dell’orario scolastico. Sul piano organizzativo, viene valutata l’eventuale definizione di una figura di riferimento (tutor) all’interno del team docente; il principale compito del tutor potrebbe essere quello di coordinare gli interventi educativi e didattici, progettati sia dalla scuola che dall’extrascuola, per aiutare l’alunno ad acquisire consapevolezza del suo percorso, ad individuare i suoi punti di forza e le sue difficoltà, ad affrontare i problemi, a raggiungere l’autonomia. Questo approccio sistemico–trasformativo, nella quasi totalità casi trattati, ha determinato un riposizionamento dei docenti rispetto ai problemi precedentemente rilevati, e un impiego più efficace delle loro risorse; dagli incontri di restituzione10 emergono inoltre uno sguardo e una “narrazione” diversa dell’esperienza dell’alunno, nella quale i progressi compiuti prendono il posto degli obiettivi non ancora raggiunti. Spazi e tempi possono essere riconsiderati per renderli maggiormente funzionali alla comunicazione e alla socializzazione. L’esperienza sperimentale dell’Equipe Pedagogica Interculturale racconta del movimento a spirale, ricorsivo, che caratterizza la progettazione quando include i passaggi precedenti ristrutturandoli come punti di partenza per quelli successivi; di una collaborazione tra istituzioni differenti che, attraverso il dialogo, l’ascolto reciproco e il confronto, sono riuscite a creare un’azione innovativa e sinergica, che sta tra le istituzioni e non appartiene in forma esclusiva a nessuna di esse; dell’empowerment che queste trasformazioni hanno prodotto nei soggetti che vi hanno preso parte. Insieme, nonostante la fatica provata a volte nel cercare di entrare in sinergia, è possibile passare da una descrizione lineare del bambino e della famiglia - che ricorda il contenuto di un modulo compilato - ad un rendering tridimensionale, una costruzione plastica, disposta nello spazio, dotata di profondità, viva e come tale a sua volta sinergica. Infine, va sottolineato come, con queste modalità di lavoro, tutti i partecipanti risultino “vincenti”: i bambini, perché vengono considerato come soggetti “funzionanti” pur con le loro differenze; le famiglie, perché collaborano al processo di costruzione della conoscenza e sono messe nella condizione di esprimersi e di raccontarsi; gli insegnanti perché si scoprono nuovamente capaci di 10 Con ciascuno dei team docenti incontrati sono stati pianificati due incontri: il primo di analisi e di rilettura della situazione; il secondo a distanza di qualche mese, di confronto sulle azioni trasformative intraprese e sui risultati conseguiti. In numerosi casi, i docenti si sono avvalsi anche della consulenza EPI nel corso dei colloqui con i genitori degli alunni migranti. 7 risposte efficaci ai bisogni educativi e didattici degli alunni loro affidati; la NPI perché riesce ad orientare meglio le sue risorse cliniche. 3. La storia di L. Incontriamo le insegnanti di L. nel mese di gennaio del 2012. L. ha 7 anni ed è nato nel distretto di Jalandhar, in Punjab; è arrivato in Italia nel gennaio del 2008, ha frequentato per due anni la scuola materna, e sta ripetendo la prima elementare perché non era pronto per affrontare la classe seconda sotto tutti i punti di vista. La mamma di L. lo scorso anno è stata avvertita delle difficoltà del bambino, ma si è ottenuto ben poco; gli incontri non si sono mai svolti alla presenza di un mediatore linguistico, perché di solito la signora veniva accompagnata da uno zio che parla italiano; la signora non sa scrivere in italiano, ma non si sa se sia analfabeta o se sappia scrivere nella sua o in altre lingue. L. usufruisce di un potenziamento di lingua italiana per tre ore e mezza la settimana e frequenza lo spazio compiti comunale. Le insegnanti ritengono che ci siano problemi di apprendimento perché hanno osservato che L.: · fatica a scrivere le sillabe, confonde i suoni simili e la comprensione anche di semplici brani è lacunosa. · comunica in italiano, anche con i compagni indiani, ma la struttura della frase non è adeguata all’età e al tempo di permanenza in Italia. · non sempre comprende le richieste verbali dell’insegnante e quindi tende ad imitare e copiare i compagni; · la partecipazione in classe è limitata; spesso si estranea e frequentemente interviene a sproposito; · fatica a rimanere seduto, si stanca facilmente, si distrae, gioca soprattutto saltellando e buttandosi per terra; corre appena ne ha l’occasione anche se non è consentito. Nel corso della “rilettura” emerge tuttavia anche che: · in matematica sa operare con i numeri aiutandosi con le dita; · il dettato di verifica sulle sillabe, analizzato nel corso dell’incontro, non è affatto disastroso; · nel nominare gli oggetti rappresentati sulle schede di lavoro, in alcuni casi usa dei sinonimi; · sebbene alcuni interventi non siano pertinenti, L. dimostra di voler partecipare ad attività che suscitano il suo interesse; 8 · alcune strategie messe in atto (copiare dai compagni) indicano come il bambino cerchi una soluzione al problema della mancata comprensione della consegna pur nella consapevolezza di dover agire; · viene riconosciuto come ogni compito di apprendimento richieda a L. la doppia fatica di tradurre/interpretare la consegna dall’italiano e poi eseguire il compito cognitivo richiesto; · la collocazione nell’ultima parte della mattinata delle ore di alfabetizzazione non facilita l’apprendimento, e L. tenta di compensare la stanchezza cercando occasioni di movimento. · il bambino ha comunque compiuto dei progressi rispetto allo scorso anno. Concordiamo con le docenti l’utilizzo di materiali specifici per l’insegnamento di Italiano come L2 e di strategie diversificate (diversa disposizione dei banchi, lavoro cooperativo, maggiori occasioni di scambio verbale tra i bambini, associazione costante parola-oggetto…), ed un incontro con la famiglia alla presenza di un mediatore linguistico e di un esperto di EPI. Successivamente al primo incontro con le insegnanti invitiamo i genitori a colloquio: la mamma si presenta puntuale accompagnata dal bambino; il padre aveva comunicato alla mediatrice che non avrebbe potuto partecipare per motivi di lavoro. La signora si dimostra subito molto disponibile allo scambio, chiarendo quanto desideri che L. impari e studi con profitto; è consapevole della fatica da parte del figlio e dichiara di non averlo potuto aiutare come avrebbe voluto perché non è in grado di comprendere le consegne in italiano; giustifica persino la bocciatura dell’anno precedente. Spiega che il bambino è molto sensibile al giudizio delle insegnanti rispetto al suo lavoro e teme il rimprovero per consegne non eseguite correttamente. Dopo aver appurato che la signora parla e scrive hindi e punjabi, le viene consegnato un libretto scuola-famiglia bilingue (hindi-italiano) e un formulario con le principali consegne richieste per lo svolgimento dei compiti, sempre bilingue, che le insegnanti utilizzeranno per le comunicazioni. La mediatrice spiega l’organizzazione delle attività didattiche, i riferimenti usati nell’orario per riconoscere i quaderni necessari, le principali attività richieste a casa. La signora nel corso del colloquio commenta l’enorme differenza tra il sistema scolastico italiano e quello del proprio Paese, ma accoglie tutti i suggerimenti delle docenti (recarsi alla biblioteca comunale per prendere in prestito altri libri in italiano e arricchire il lessico del bambino, mandare L. a casa di qualche compagno e viceversa). Nel corso del colloquio, gli scambi comunicativi con il bambino dimostrano una competenza in lingua italiana più che adeguata: le docenti ripropongono a L. l’esecuzione di un esercizio di 9 matematica che egli svolge correttamente dopo aver ottenuto dalla maestra qualche spiegazione aggiuntiva e la parafrasi della consegna. La stessa cosa anche per alcuni esercizi di italiano. L. dimostra grandissimo interesse per alcuni libri portati dalla referente di EPI, ed è in grado di spiegare alla maestra (in italiano) e alla mamma (in punjabi) che può tenerli qualche giorno, leggerli con la sorellina e infine riportarli all’insegnante (“mi ha detto di leggerlo e quando ho finito di leggerlo lo devo riportare”); nello sfogliare i libri, il bambino riconosce e nomina tutti gli oggetti raffigurati. Emerge molta soddisfazione per gli esiti del colloquio; oltre alla disponibilità della mamma, è ormai chiaro come L. non abbia particolari difficoltà di apprendimento, ma necessiti di stimoli diversificati e tempi più lunghi. Nel corso dell’incontro di fine anno le insegnante descrivono evidenti progressi, sotto tutti i punti di vista: L. è più motivato, interessato e partecipe ed appare molto gratificato dai propri successi; ha raggiunto gli obiettivi minimi per quanto riguarda la lettoscrittura e si mostra desideroso di intervenire nelle conversazioni, con osservazioni pertinenti di livello linguistico adeguato. L. una volta la settimana va a casa di una compagna con la quale gioca, parla italiano, fa i compiti: i risultati sono estremamente positivi, tanto che la mamma di L. ha chiesto di continuare questi incontri anche durante l’estate. Le docenti si sono confrontate con le educatrici dello spazio compiti, e anche in questo caso ci sono stati dei miglioramenti; inoltre, per consolidare l’apprendimento della lingua italiana, verificato che a L. piacciono molto i libri, le insegnanti lo iscriveranno al servizio prestiti della nuova biblioteca comunale. I colloqui con la famiglia tramite la mediatrice linguistica hanno consentito di avviare una migliore collaborazione, anche se per quanto riguarda l’esecuzione dei compiti ci sono ancora alcune lacune. L’inserimento nel gruppo dei compagni è decisamente migliorato e L. ha partecipato alla gita di classe presso un agriturismo, interagendo con entusiasmo: il suo è stato uno dei migliori lavori con la creta. I progressi fatti giustificano la promozione alla seconda classe, sebbene sia senz’altro necessaria una progettazione personalizzata anche per i prossimi anni. 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